CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 58 del 21/11/2016 – Luigi Piangerelli/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 58 del 21/11/2016 – Luigi Piangerelli/Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE Composta da Attilio Zimatore - Presidente Angelo Piazza - Relatore Maurizio Benincasa Enrico Del Prato Oreste Michele Fasano - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 35/2016, presentato, in data 11 luglio 2016, dal Sig. Luigi Piangerelli, rappresentato e difeso dall’Avv. Mattia Grassani; contro - la F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli; avverso la decisione della Corte d’Appello FIGC, di cui al C.U. n. 141/CFA del 16 giugno 2016, che - nel respingere il reclamo avverso la decisione della Commissione Disciplinare c/o Settore tecnico FIGC, pubblicata sul C.U. n. 264 dell’11 maggio 2016 - ha confermato l’irrogazione della sanzione della squalifica di 5 mesi in capo al ricorrente; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell’udienza del 23 settembre 2016, l’Avv. Grassani per il ricorrente e gli Avv.ti Medugno e Mazzarelli per la resistente F.I.G.C., nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Livia Rossi, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva; udito, nella successiva Camera di Consiglio dello stesso giorno, il relatore, Prof. Avv. Angelo Piazza; Ritenuto in fatto In data 20.11.2015 il Sig. Luigi Piangerelli, allenatore professionista, iscritto all’albo della FIGC e tesserato per l’A.C. Cesena S.p.A., è stato deferito dalla Procura Federale, dinanzi al Tribunale Federale Nazionale - Sezione disciplinare, per rispondere, ai sensi dell’art. 1 bis, co. 1, CGS della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva, in relazione all’art. 96 delle NOIF. Secondo la Procura Federale, infatti, il Sig. Piangerelli avrebbe pianificato, insieme al Sig. Marcello Foschi, dirigente dell’ASD Virtus Cesena 2010, di tesserare in quest’ultima Società il calciatore Zaggia Marco, pur prevedendo il suo immediato trasferimento all’A.C. Cesena. E ciò, al solo fine di eludere il pagamento del premio di preparazione (pari a euro 19.000,00 circa, invece di euro 1.086 circa effettivamente corrisposto alla cedente), dovuto ai sensi dell’art. 96 NOIF ed in base al quale la società richiedente per la prima volta il tesseramento di soggetti tesserati nella precedente stagione come “giovani” è tenuta a versare alla società cedente un premio di preparazione, calcolato in base a vari parametri che contemplano, tra gli altri, anche la categoria di appartenenza della cessionaria, accrescendosi il premio al crescere del livello di quest’ultima. A seguito dell’eccezione di incompetenza promossa dall’odierno ricorrente, il TFN, con C.U. n. 52 del 12.2.2016, ha rimesso gli atti alla Procura Federale la quale, in data 19.2.2016, ha elevato nuovo atto di deferimento innanzi alla Commissione Disciplinare c/o Settore Tecnico F.I.G.C. La Commissione Disciplinare ha ritenuto il Sig. Piangerelli responsabile della violazione ascrittagli, infliggendo al medesimo, con la decisione pubblicata su C.U. n. 264 dell’11.5.2016, la sanzione della squalifica per cinque mesi. Tale decisione è stata impugnata innanzi alla Corte Federale D’Appello con reclamo del 25.5.2016, con il quale il Sig. Piangerelli ha chiesto annullarsi la decisione del giudice di prime cure e, conseguentemente, la sanzione inflittagli, asserendo l’improcedibilità del deferimento alla Commissione Disciplinare c/o Settore Tecnico per violazione dell’art. 34 bis del Codice della Giustizia Sportiva e, in via subordinata, l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti per violazione dell’art. 32 quinquies CGS. In via ulteriormente subordinata e nel merito, l’inesistenza di comportamenti elusivi. La Corte Federale d’Appello, con pronuncia adottata con C.U. n. 141/CFA del 16.6.2016, ha rigettato il reclamo, confermando la decisione della Commissione disciplinare e la relativa sanzione irrogata. Con ricorso presentato in data 11 luglio 2016, il Sig. Luigi Piangerelli ha, dunque, impugnato la suindicata decisione. Con memoria del 15 luglio 2016, si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C., contestando i motivi di ricorso e chiedendone la reiezione. Considerato in diritto Il ricorso è affidato a tre motivi: 1) Violazione dell’art 34 bis CGS F.I.G.C. e dell’art. 38 CGS CONI; 2) violazione dell’art 32 quinquies CGS e 47 CGS CONI; 3) violazione dell’art 96 NOIF – omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Il primo motivo è fondato e merita accoglimento, con assorbimento degli ulteriori motivi d'impugnazione. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto l’improcedibilità del deferimento innanzi alla Commissione Disciplinare per essere decorso il termine previsto dagli artt. 34 bis CGS F.I.G.C. e 38 CGS CONI, i quali prevedono che “il termine per la pronuncia di primo grado è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare”, individuando nell’estinzione del giudizio disciplinare e nella inefficacia degli atti del procedimento, inclusa ogni eventuale decisione di merito, la conseguenza dell’inosservanza del termine anzidetto. Il Sig. Piangerelli, deferito per la prima volta dalla Procura al Tribunale Federale Nazionale FIGC in data 20 novembre 2015, a seguito dell’accoglimento, da parte del detto Tribunale, della sollevata eccezione di incompetenza, è stato destinatario, il successivo 19 febbraio 2016, di un secondo atto di deferimento innanzi alla Commissione Disciplinare-Settore Tecnico. Il ricorrente ha, dunque, rilevato che, essendo la decisione stata emessa in data 11 maggio 2016, sarebbero stati superati i termini per la definizione del procedimento, da computare, in ossequio al dettato letterale della normativa di riferimento, a partire dalla data dell’atto di esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura. Tale censura è fondata. Va osservato, infatti, che le disposizioni citate dal ricorrente, nel prevedere che tra l’esercizio dell’azione disciplinare e la decisione debba intercorrere un termine non superiore a novanta giorni, sono evidentemente poste a tutela della posizione dell’incolpato. La ratio immanente a tale previsione deve essere infatti individuata nel diritto dell’incolpato a non restare in una situazione di incertezza e a vedere definita la propria posizione entro un termine determinato e ragionevole, termine al quale deve riconoscersi natura perentoria proprio in quanto previsto a tutela e garanzia dell’accusato che, al contrario, resterebbe soggetto indeterminatamente o, comunque, per un tempo eccessivamente lungo all’accusa e alla possibilità di essere sottoposto a sanzione. Vengono in rilievo le fondamentali esigenze di certezza e ragionevole durata dei tempi di definizione dei procedimenti disciplinari, espressamente riconosciute nel CGS (art. 2, co. 3), le quali sarebbero inevitabilmente disattese da un’interpretazione della disciplina di riferimento che consentisse, all’opposto, di lasciare il soggetto accusato in attesa, “sine die”, della decisione. Le rilevate esigenze di tutela del diritto di difesa dell’incolpato, cui le disposizioni in commento sono preordinate, impongono di individuare quale dies a quo, per il computo del termine, la data del primo atto di esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura, consistita nel deferimento innanzi al Tribunale Federale Nazionale: è questo, infatti, l’atto con il quale è stata elevata, per la prima volta, l’accusa a carico del Sig. Piangerelli. Non è meritevole di condivisione la decisione della Corte Federale d’Appello secondo la quale il dies a quo deve individuarsi non nel momento di esercizio dell’azione disciplinare, ma in quello diverso nel quale viene trasmesso il fascicolo al giudice competente. Ratio della norma non è, infatti, quella di consentire all’organo giudicante un tempo adeguato per la valutazione della vicenda sottoposta al suo esame, bensì quella di garantire e tutelare l’accusato, assicurando il suo diritto a non rimanere soggetto alla possibilità di essere sottoposto a sanzione per un tempo indeterminato. D’altra parte, la stessa Corte Federale d’Appello, con decisione assunta a Sezioni Unite (C.U. n. 63/CFA 28 maggio 2015), ha, sul punto, espressamente statuito che “è evidente che le inequivoche e innegabili esigenze di certezza dei tempi di definizione dei procedimenti disciplinari, e nel contempo di sollecita definizione degli stessi, perdono di significato ove non sia individuato con certezza il dies a quo per il decorso del termine di 90 giorni. Non sussistono dubbi che detto termine iniziale, che la disposizione riferisce alla data di esercizio dell’azione disciplinare, sia da individuare nella data in cui la Procura Federale deferisce con proprio formale atto al Tribunale il soggetto incolpato. La Corte è dell’avviso che il termine, allo stato, e quindi con riguardo alla normativa vigente, decorre dall’esercizio dell’azione disciplinare, sia detto esercizio validamente operato o meno”. La finalità di garanzia del soggetto accusato, cui la disciplina dei termini prevista dagli artt. 34 bis CGS F.I.G.C. e 38 CGS CONI risponde, nonché la natura perentoria di tali termini, verrebbe irrimediabilmente travolta nel caso in cui si dovesse ritenere che il dies a quo per il decorso del termine dei 90 giorni potesse ricominciare a decorrere nuovamente in ragione della circostanza che l’esercizio dell’azione disciplinare non sia stato validamente operato dalla Procura. Ciò, come detto, contrasterebbe sia con l’interpretazione letterale delle norme in questione sia con la ratio legis sottesa alle stesse, rendendo così impossibile prevedere la durata del procedimento e il tempo di assoggettamento dell’incolpato allo stesso. Deve, dunque, affermarsi che il termine di novanta giorni, posto a tutela delle anzidette esigenze di difesa e certezza della posizione dell’incolpato, comincia a decorrere dall’avvio originario dell’azione disciplinare, cioè dal primo atto con cui formalmente viene elevata l’accusa. D’altronde, l’errata individuazione, da parte della Procura - in possesso di tutti gli strumenti necessari all’accertamento della qualifica dell’incolpato - del giudice cui deferire l’accusato non può determinare un allungamento dei termini previsti per la definizione del procedimento proprio in ragione della funzione garantistica cui detti termini sono preordinati. Non può, infatti, ricadere sul Sig. Piangerelli l’errore della Procura che lo ha deferito innanzi ad un giudicante sprovvisto di competenza. Alla luce del ragionamento sin qui condotto, deve, quindi, conclusivamente affermarsi che il termine di novanta giorni per l’emissione della decisione, di cui agli artt. 34 bis CGS F.I.G.C. e 38 CGS CONI, deve considerarsi perentorio a garanzia del soggetto incolpato, decorrendo dalla data del primo atto di esercizio dell’azione disciplinare. Per le suesposte ragioni, deve trovare accoglimento il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi. Nulla per le spese. PQM Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione definitivamente pronunciando sulla controversa in epigrafe: - accoglie il ricorso per violazione degli artt. 34 bis C.G.S. F.I.G.C. e dell’art. 38 C.G.S. CONI e dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; - dichiara l’estinzione del procedimento disciplinare in esame, annullando la decisione della Corte Federale d’Appello di cui C.U. 141/CFA del 16 giugno 2016 e la sanzione a mesi cinque di squalifica ivi irrogata nei confronti del ricorrente. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 23 settembre 2016 Il Presidente F.to Attilio Zimatore Il Relatore F.to Angelo Piazza Depositato in Roma in data 21 novembre 2016 Il Segretario F.to Alvio La Face
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