CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 26/04/2005 TRA S.S. VALLATABAGALADI S. LORENZO contro FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 26/04/2005 TRA S.S. VALLATABAGALADI S. LORENZO contro FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
Il Collegio Arbitrale composto da:
Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente Prof. Avv. Massimo Coccia Arbitro Avv. Ciro Pellegrino Arbitro ha deliberato all’unanimità il seguente
nel procedimento arbitrale promosso da:
LODO
S.S. VALLATABAGALADI S. LORENZO, in persona del Presidente, sig. Giovanni Villari, rapp.ta e difesa dall’avv. Carmelo Fiorino del Foro di Palmi ed elett.te dom.ta presso il suo studio in Palmi alla Via Dante, 30
contro
- ricorrente –
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del Presidente, dr. Franco Carraro, rapp.ta e difesa dall’avv. Mario Gallavotti ed elett.te dom.ta presso il suo studio in Roma alla Via Po, 9
FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO
- resistente –
Con istanza di arbitrato ex art. 7 del Regolamento della Camera di Conciliazione e
Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., la società S.S. Vallatabagaladi S. Lorenzo,
esauriti i gradi interni della Giustizia Federale, impugnava la decisione della C.A.F.
pubblicata nel Comunicato ufficiale del 24.9.2004.
Con detta decisione, alla società Vallatabagaladi era stata inflitta la sanzione della
penalizzazione di punti 2 nella classifica della stagione 2004/5. La C.A.F. aveva
comminato la sanzione suddetta in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore
Federale della F.I.G.C. avverso la decisione della Commissione Disciplinare, Com. Reg.
Calabro del 9.9.2004, con la quale veniva archiviato il procedimento esperito nei
confronti della società Vallatabagaladi.
La presente procedura arbitrale veniva avviata a seguito della conclusione in data
11.2.2005, per mancato accordo, del procedimento di conciliazione instaurato su istanza
della Vallatabagaladi in data 4.10.2004 (n. prot. 1490).
La vicenda trae origine dagli accertamenti effettuati dall’Ufficio Indagini della F.I.G.C.,
che acquisiva dalle Procure della Repubblica di Napoli ed Ancona documentazione nella
quale si dava conto di alcune intercettazioni telefoniche, ed in particolare, per quanto qui
rileva, quella tra il Sig. Farinella, calciatore tesserato con la società U.S. Scalea 1912 e il
Sig. Ambrosino, calciatore tesserato con la società Grosseto (telefonata avvenuta in data
18.4.2004). Nel corso della conversazione telefonica il Sig. Farinella riferiva
all’Ambrosino che la sua squadra, lo Scalea, aveva perso in casa perché “abbiamo
dovuto dare la partita alla squadra della regina per farla salvare”. La procura federale
contestava alla Vallatabagaladi la “responsabilità presunta ex art. 9, comma 3, del
Codice di Giustizia Sportiva per avere Passalacqua Antonio, D.S. dello Scalea 1912,
posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Scalea
1912- Vallatabagaladi S.L. del 18 aprile 2004”. In sostanza la società istante era stata
ritenuta responsabile in via “presuntiva” per l’illecito sportivo commesso a proprio
vantaggio (la gara era stata vinta per 3 a 1) da persone ad essa estranee.
Nell’istanza arbitrale la Vallatabagaladi sosteneva che l’intercettazione risultava essere
solo “un indizio di prova e non una prova”, che non vi si rinvenivano i caratteri della
gravità, della precisione e della concordanza e che comunque l’indizio
dell’intercettazione non aveva trovato alcun serio ed obiettivo riscontro “esterno”.
A fondamento della propria tesi, la società istante richiamava i precedenti incontri
disputati con lo Scalea, escludendo che potesse essere intervenuto un accordo tra le parti
“per ripagare il favore ricevuto l’anno prima” (come aveva dichiarato il Farinella alla
Procura federale). Infatti non solo l’incontro in questione era finito in pareggio, ma la
Vallatabagaladi non avrebbe potuto “favorire” lo Scalea, trovandosi la prima in una
posizione di classifica inferiore (di ben 5 punti) e rischiando di dover disputare le gare di
play out, come in effetti poi accaduto.
Ancora, la società sottolineava come dalla “lettura dei numeri del campionato” si poteva
evincere che i rapporti tra il Farinella e la sua società “non erano dei migliori”,
aggiungendo alcune considerazioni sull’attendibilità delle dichiarazioni del giocatore.
L’istante eccepiva altresì la disparità di trattamento tra la decisione impugnata “ed altre
ipotesi ben più gravi non punite o punite in maniera benevola”, prospettando di
assurgere a “capro espiatorio per tutta la vicenda”.
La Vallatabagaladi chiedeva, in conclusione, l’annullamento della decisione emessa
dalla C.A.F., ovvero, in via subordinata la riduzione della sanzione (anche mediante
conversione), con vittoria di spese e competenze di giudizio.
Si costituiva ritualmente in giudizio la F.I.G.C. –Federazione Italiana Giuoco Calcio
contestando la domanda della Vallatabagaladi, rilevando la correttezza della decisione
della C.A.F. e chiedendone l’integrale conferma.
La difesa della F.I.G.C., in particolare, sosteneva la piena attendibilità del Farinella, in
quanto soggetto terzo indifferente rispetto ai fatti di causa, le cui prime dichiarazioni
risultavano essere state pronunciate in un contesto di assoluta attendibilità (propria del
soggetto che ignora di essere intercettato e nell’immediato dopo-gara), poi confermate
innanzi agli organi inquirenti della F.I.G.C.. Inoltre, la difesa contestava le
argomentazioni della Vallatabagaladi, ritenendole mere congetture ed ipotesi, o
comunque prive di pregio, come per esempio quelle relative alle precedenti gare tra le
squadre in questione.
All’udienza del 15.4.2005 il Collegio ascoltava i difensori delle parti, nonché il Sig.
Giovanni Villari, Presidente della società istante; non ammetteva la prova per testi così
come articolata poiché, da un lato, vertente su valutazioni, e quindi inammissibile,
dall’altro, superata dal documento ufficiale rappresentato dal referto arbitrale, mentre
riteneva necessaria l’audizione del Sig. Farinella.
All’udienza del 21.4.2005 veniva ascoltato il Sig. Farinella, il quale spiegava il “senso”
della telefonata intercettata e precisava le sue dichiarazioni dinanzi all’Ufficio Indagini
Federale, sostanzialmente smentendole.
All’esito della discussione il Collegio, riunito in conferenza personale in data 26.4.2005,
emetteva la decisione per i motivi di seguito esposti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto della ritualità dell’istanza di arbitrato presentata dalla
società Vallatabagaladi S. Lorenzo: la procedura di arbitrato dinanzi a questa Camera è
prevista espressamente dallo statuto della F.I.G.C.; risultano previamente esauriti i
ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale; l’oggetto della controversia rientra tra
le materie di competenza della Camera; è stato infruttuosamente esperito, in data
11.2.2005, il tentativo di conciliazione di cui all’art. 3 del Regolamento della Camera.
Venendo al merito, l’oggetto della controversia riguarda la corretta applicazione o meno
da parte della C.A.F. delle norme di giustizia sportiva della F.I.G.C. e in particolare
dell’art. 9 comma 3, in relazione all’art. 6 comma 4, che prevede un’ipotesi di
responsabilità presunta nei confronti delle società che hanno ricevuto un vantaggio da
illeciti sportivi commessi da persone ad esse estranee.
Dalla lettura della motivazione della decisione della C.A.F. risulta che la società
Vallatabagaladi è stata ritenuta presuntivamente responsabile “sotto il profilo di cui
all’art. 9 comma 3 C.G.S.” in quanto “è provato al di là di ogni ragionevole dubbio che
il risultato di 1-3 della gara Scalea-Vallatabagaladi è stato il frutto di un accordo
illecito e non di una partita di calcio giocata con correttezza e lealtà” e
conseguentemente le è stata comminata la sanzione di punti 2 di penalizzazione da
scontare nel campionato in corso 2004-5.
Ciò premesso, al fine di valutare compiutamente la legittimità o meno della decisione
assunta dalla C.A.F., occorre soffermarsi, seppur brevemente, sulla ratio della norma
che è stata ritenuta violata; tale norma, peraltro, è stata oggetto di esauriente analisi –
con argomentazioni che si condividono e vengono qui sostanzialmente ribadite – in altre
questioni sottoposte al vaglio dei collegi arbitrali di questa Camera.
L’art. 9 comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva ha introdotto, nell’ambito
dell’ordinamento sportivo, una particolare forma di responsabilità presunta delle società
per gli “. . . . . illeciti sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad
esse estranee”. Si tratta di una disposizione che mira ad evitare che le società possano
ricorrere all’opera di terzi per commettere illeciti sportivi dai quali traggono vantaggio,
assicurandosi così il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto
riferibile all’attività sportiva. La previsione è stata interpretata in modo particolarmente
rigoroso dalla giurisprudenza di questa Camera: infatti è stato affermato che, sebbene la
responsabilità si fondi su una presunzione iuris tantum, che ammette quindi la prova
contraria, resterebbe il fatto che la società è chiamata a difendersi in relazione ad un
comportamento che non solo è posto in essere da un estraneo, ma potrebbe essere stato
realizzato senza alcuna compartecipazione morale o materiale della società. La stessa
casistica sportiva annovera ipotesi in cui la commissione dell’illecito, seppur con
ricadute favorevoli per una società estranea, è stata realizzata unicamente per perseguire
finalità di arricchimento personale dell’autore (si pensi al calcio scommesse) o per altre
ragioni (grave inimicizia, ecc.), con la conseguente mancanza di ogni collegamento tra
il soggetto agente e la società. In relazione a tali casi, per scongiurare il rischio di
configurare una sorta di responsabilità per fatto altrui incolpevole – che costituisce una
deroga non solo alla regola generale di imputazione della responsabilità civile di cui
all’art. 2043 c.c. (che richiede il dolo o la colpa), bensì anche a quelle ipotesi che, in
veste di eccezione, sono specificamente disciplinate nel titolo IX del codice civile – e
quindi al fine di evitare applicazioni “inique” della norma, il legislatore sportivo ha
previsto che “La presunzione di responsabilità si ha per superata se dalle prove fornite
dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento risulti,
anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato
all’illecito e lo ha ignorato” (art. 9, comma 3, secondo periodo, C.G.S.).
La presunzione di responsabilità può essere quindi superata non solo quando si accerti
l’estraneità della società a qualunque forma di compartecipazione materiale o morale,
bensì anche nel caso in cui la prova della partecipazione sia insufficiente o
contraddittoria. Si vuole cioè dire che, laddove il Giudice sportivo abbia fondati e seri
dubbi sulla partecipazione della società alla commissione dell’illecito, non potrà
applicarsi la disciplina in tema di responsabilità presunta e quindi alla società stessa non
potrà essere imputato alcunché.
E’ evidente quindi che si è in presenza di una disciplina particolarmente garantista, alla
cui ratio il Collegio Arbitrale deve necessariamente attenersi.
Applicando i principi innanzi indicati al caso di specie, questo Collegio ritiene che
dall’esame dei risultati dell’istruttoria svolta dall’Ufficio Indagini e degli elementi
probatori acquisiti nel presente procedimento non può dirsi raggiunta una prova tale da
fugare i dubbi in ordine alla partecipazione all’illecito da parte della società
Vallatabagaladi e neppure in ordine alla conoscenza di esso.
In quest’ottica, peraltro, nessuna rilevanza può essere attribuita alla circostanza che la
società istante abbia comunque potuto trarre un qualche vantaggio dalla vicenda oggetto
di indagine. Infatti, non sfugge di certo a questo Collegio che la società Vallatabagaladi
abbia oggettivamente ricavato una certa utilità dall’episodio in questione, ma ciò non
implica automaticamente la compartecipazione della stessa ad un illecito accordo. In
altri termini, si vuole dire che, in via di mera deduzione logica, dall’utilità ricavata si
potrebbe risalire a tale compartecipazione. Tuttavia, un simile procedimento logico-
deduttivo, in assenza di precisi riscontri, resta del tutto neutro e privo di rilievo sul piano
processuale, non potendo assurgere al rango di prova della partecipazione della
Vallatabagaladi alla commissione dell’illecito sportivo e non essendo neppure idoneo a
dimostrare che la detta società ne fosse a conoscenza.
Ciò detto, va sottolineato che la vicenda prende le mosse dalle dichiarazioni effettuate
dal calciatore dello Scalea, sig. Italo Farinella. In tali dichiarazioni – sia quelle rilevate
attraverso l’intercettazione telefonica, sia quelle rese nell’audizione davanti a questo
Collegio Arbitrale – a prescindere dalla contraddittorietà delle stesse, non è rinvenibile
alcun elemento idoneo a fondare un coinvolgimento diretto della società
Vallatabagaladi.
Nell’intercettazione telefonica tra il Farinella e l’Ambrosino, che è stata considerata
nelle varie fasi del procedimento del tutto attendibile, poiché fornita in un contesto
“spontaneo”, considerato che i due calciatori erano ignari di essere ascoltati, non è stato
fatto alcun riferimento diretto ad una compartecipazione della società istante e neppure
nei successivi interrogatori è emerso alcun elemento di prova idoneo ad escludere il
“fondato e serio dubbio” richiesto dalla norma dell’art. 9 comma 3.
Infatti, per un verso, l’espressione “abbiamo dovuto dare la partita”, utilizzata dal
Farinella nell’intercettazione telefonica, non comprova automaticamente l’esistenza di
un accordo illecito fra le due società che hanno disputato la partita, ben potendo esservi
alla base di tale fatto le più diverse motivazioni (ad esempio, scommesse sulla partita,
danneggiare altre società sportive, situazioni personali tra calciatori, ecc.); per altro
verso, nel corso della sua audizione davanti a questo Collegio Arbitrale, il Farinella ha
addirittura ritrattato, anche se con discutibili giustificazioni, quanto dichiarato nelle altre
sedi.
Né il coinvolgimento della società Vallatabagaladi può ritenersi certamente provato, alla
stregua dei principi garantistici sopra enunciati, in virtù dell’ulteriore affermazione del
Farinella davanti alla Procura federale secondo cui il motivo posto a base della decisione
di perdere la gara da parte dello Scalea sarebbe stato quello di ricambiare il favore
ricevuto dalla società Vallatabagaladi nel corso del campionato della stagione
precedente.
Infatti, dagli elementi emersi ed addotti dalla difesa della società istante è risultato che
ben difficilmente poteva essere stato concesso l’anno prima un “favore” allo Scalea, in
quanto la Vallatabagaladi non era in condizione di regalare punti ad alcun avversario,
essendo in condizioni di classifica particolarmente precarie.
Le risultanze istruttorie considerate nel loro complesso conducono questo Collegio a
ritenere che la società istante non ha posto in essere – ed in ogni caso vi sono seri e
fondati dubbi che lo abbia posto in essere - un comportamento sleale e antisportivo
rientrante nella previsione dell’art. 9 comma 3.
PQM
il Collegio Arbitrale all’unanimità, definitivamente pronunciando, così decide:
1) Accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla ogni sanzione comminata nei confronti
della società ricorrente con la decisione della Commissione di Appello Federale della
Federazione Italiana Giuoco Calcio di cui al comunicato ufficiale 10/c del 23/24.9.2004;
2) Compensa tra le parti le spese di lite e dispone di porre a carico di entrambe le parti
nella misura del 50% per ciascuna le spese per il funzionamento del Collegio Arbitrale
che saranno liquidate come da separata ordinanza.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2005, nella conferenza personale degli arbitri e con
voti unanimi.
F.to Avv. Marcello de Luca Tamajo
F.to Prof. Avv. Massimo Coccia
F.to Avv. Ciro Pellegrino