CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 28 marzo 2008 – Paolo LUZI contro FEDERAZIONE ITALIANA PALLA TAMBURELLO

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 28 marzo 2008 – Paolo LUZI contro FEDERAZIONE ITALIANA PALLA TAMBURELLO Il Collegio Arbitrale composto da Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente Prof. Avv. Ferruccio Auletta Arbitro Prof. Avv. Maurizio Benincasa Arbitro riunito in conferenza personale in Roma, sede della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in data 28 marzo 2008, ha deliberato all’unanimità il seguente LODO nel procedimento arbitrale promosso da: Paolo LUZI, rapp.to ed assistito dall’avv. Marco Yeuillaz ed elettivamente dom.to presso il suo studio in Roma alla via XX Settembre, 26 -ricorrente- contro FEDERAZIONE ITALIANA PALLA TAMBURELLO, in persona del Presidente, prof. Emilio Crosato, rapp.to e difeso dall’avv. Lina Musumarra ed elettivamente dom.to presso il suo studio in Roma alla via G. Pisanelli, 2 -resistente- FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO Con istanza di arbitrato del 9.1.2008, prot. n. 0032, il sig. Luzi ha dedotto che: - nella seduta del Consiglio Federale dell’8.7.2006 si è rifiutato di approvare una consistente variazione al bilancio della F.I.P.T. per contenere le perdite di esercizio verificatesi; - nella medesima seduta si è anche opposto all’assunzione a tempo indeterminato del figlio del Presidente federale; - ha ribadito le proprie posizioni il 13.7.2006 nel corso di una conferenza stampa; - i giornali hanno riportato la notizia con commenti critici nei confronti dell’ operato della Federazione; - su iniziativa del Procuratore Federale, è stato aperto nei suoi confronti un procedimento disciplinare per violazione dell’art. 2, secondo alinea, del Regolamento di Giustizia Federale; - all’esito di tale procedimento, la Commissione di Giustizia Federale gli ha irrogato la sanzione dell’inibizione a rappresentare gli affiliati in ambito federale per il periodo di sei mesi, sanzione poi confermata dalla Commissione d’Appello Federale. Tutto ciò premesso, ha chiesto di “dichiarare nulla, annullare o comunque ritenere invalida e in ogni caso inefficace la decisione pronunciata in via definitiva dalla Commissione d’Appello Federale della F.I.P.T. in data 17 ottobre 2007 . . . e per l’effetto ed in ogni caso annullare la sanzione inflitta. . . subordinatamente, derubricare la sanzione inflitta ad altra sanzione di grado inferiore ovvero, in via di ulteriore subordine . . . ridurre la sanzione inflitta”. Con memoria del 17.1.2008, prot. n. 0075, la Federazione Italiana Palla Tamburello, nel contestare in fatto ed in diritto tutte le avverse deduzioni, ha concluso per il rigetto dell’istanza, perché infondata, ed ha spiegato domanda riconvenzionale volta ad ottenere il risarcimento dei danni (per asserita perdita d’immagine e di reputazione) subiti a causa dell’illegittimo comportamento tenuto dal sig. Luzi. Tenuta in data 7.3.08 la riunione con la partecipazione delle parti, il Collegio arbitrale, ascoltata la discussione, si è riservata la decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dal sig. Luzi secondo cui la Commissione d’Appello Federale “ha operato una illegittima mutatio nella contestazione disciplinare rispetto a quella formulata dal Procuratore Federale”. In sostanza il ricorrente lamenta che - a fronte della contestazione originaria, basata sulla violazione dell’art. 2 del Regolamento di Giustizia Federale, seconda proposizione - la Commissione d’Appello Federale ha emesso il provvedimento impugnato fondandolo però sulla prima proposizione del predetto art. 2: tutto ciò con evidente compromissione del diritto di difesa. Il rilievo muove da un presupposto non ricorrente. 1.1. Per stabilire se la contestazione mossa al sig. Luzi sia stata seguita dalla ritenzione di un fatto diverso o di una pretesa punitiva altra da quella originaria, è necessario esaminare le circostanze di fatto che ne hanno costituito l’oggetto, dato che, com’è noto, la loro ulteriore qualificazione è attività riservata al giudice. Orbene, il Procuratore Federale, con atto del 29.11.2006, ha contestato al ricorrente sia di aver rilasciato dichiarazioni ai giornalisti, sia di aver consegnato alla stampa un comunicato nel corso della conferenza del 13.7.2006. Si legge, infatti, nell’atto di incolpazione a firma del Procuratore: “Nel corso del mese di Luglio u.s., pervenivano a questo Ufficio, tramite il Consigliere federale Luzi e tramite il Responsabile Ufficio Stampa Musmeci, copie di articoli di giornale (che allego) contenenti dichiarazioni rilasciate agli Organi di Stampa. In detti articoli, il Consigliere Luzi esprimeva i propri ‘dubbi’ sull’operato del Consiglio Federale (in particolare sulla gestione finanziaria, definita, tra le altre cose, ‘allegra’) e sull’assunzione del figlio del Presidente Crosato, ritenuta inopportuna e moralmente riprovevole. Il Consigliere Luzi, nella riunione dell’ultimo Consiglio federale, esibiva copia delle dichiarazioni asseritamente consegnate alla Stampa per la conferenza tenuta il 13 luglio 2006”. All’indicazione dei suddetti fatti segue, poi, la individuazione della norma violata, vale a dire l’art. 2 del Regolamento di Giustizia, senz’altre specificazioni. Nella decisione della Commissione di Giustizia Federale sono state richiamate e valutate le due predette contestazioni (dichiarazioni rese ai giornali e comunicato consegnato alla stampa) ed i fatti oggetto di esse, per come accertati nel corso dell’istruttoria, sono stati giuridicamente qualificati nel senso della violazione dell’art. 2 del Regolamento di Giustizia nella parte in cui sancisce il divieto, per i soggetti dell’ordinamento federale, di “esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di altre persone o di altri Enti operanti nell’ambito federale”. Anche la Commissione d’Appello Federale ha fatto riferimento ad entrambe le contestazioni, in relazione alle quali, però, ha operato una separato giudizio: - quanto alle dichiarazioni rese ai giornalisti, ha escluso la sussistenza del fatto per insufficienza di prove (nel provvedimento sanzionatorio dedotto innanzi a questo Collegio è scritto: “Le risultanze dell’istruttoria testimoniale non sono parse univoche. I testimoni escussi non hanno confermato a chiare lettere la condotta attribuita dal Giudice di primo grado all’incolpato; gli stessi sono risultati ambigui, in qualche caso contraddittori e quindi per nulla dirimenti in ordine alle circostanze di fatto riportate. In ogni caso, non si è raggiunta la prova, chiara ed inconfutabile, che il consigliere Paolo Luzi . . . abbia proferito giudizi lesivi di alcuno”); - in ordine alla consegna del comunicato per la conferenza stampa del 13.7.2006, circostanza, questa, pacificamente emersa, vi ha ravvisato, con motivazione -peraltro- non implausibile, gli estremi della violazione dell’art. 2 del Regolamento di Giustizia laddove è stabilito che “Le persone e le Società affiliate o comunque tenute all’osservanza delle norme Federali devono mantenere condotta conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine . . . in ogni rapporto di natura agonistica, economica e sociale”. 1.2. Ripercorse le fasi del procedimento endofederale, rimane dunque evidente che nella fattispecie in esame non vi è stato alcun mutamento della contestazione. In particolare, dall’atto di incolpazione emerge che la contestazione originaria – lungi dall’essere incentrata esclusivamente sulla seconda proposizione dell’art. 2 del Regolamento di Giustizia – contiene, da un lato, un generico riferimento a tale disposizione e, dall’altro, la specifica indicazione dei due addebiti (le dichiarazioni rese oralmente ai giornalisti ed il comunicato scritto consegnato alla stampa) in cui si sarebbe concretizzato il comportamento disciplinarmnete rilevante di P. Luzi. 1.3. Nel suddetto quadro fattuale, allora, la Commissione d’Appello Federale non ha affatto ritenuto in decisione un fatto diverso da quello già contestato all’incolpato, ma si è limitata ad esercitare il potere di qualificazione giuridica del fatto che compete a ciascun giudice, benchè doverosamente obbligato a cor-rispondere alla pretesa (punitiva) specificamente avanzata dalla parte che promuove l’azione (sanzionatoria). In tema di qualificazione giuridica del fatto, invero, la giurisprudenza più di ogni altra prossima alle esigenze di garanzia del soggetto esposto a sanzione, quella della Suprema corte penale, ha costantemente stabilito (cfr. -tra altre- Cass., sez. VI, 5.11.2003) che “il giudice dell’impugnazione […] ha il potere-dovere di dare una qualificazione giuridica più grave, oltre che al fatto per come descritto nell’ imputazione, anche al fatto per come accertato nella sentenza impugnata, salvo il divieto di reformatio in peius”. E in senso conforme ha operato anche la giurisprudenza di merito, per cui “la possibilità di dare al fatto una diversa qualificazione giuridica, quando appellante è il solo imputato, rientra fra i poteri del giudice di secondo grado” (così App. Roma, 13.4.1996, in Rass. Avv. Stato, 1996, I, 171). D’altra parte, l’art. 14 del Regolamento di Giustizia, dedicato alla disciplina del procedimento innanzi alla Commissione d’Appello Federale, alla lett. a) del paragrafo intitolato “Norme procedurali”, attribuisce espressamente a tale organo giudicante il potere di qualificazione giuridica del fatto: “La Commissione d’Appello Federale . . . se valuta diversamente in fatto o in diritto le risultanze dei procedimenti di prima istanza riforma in tutto o in parte le decisioni impugnate decidendo nuovamente nel merito, con divieto di inasprimento delle sanzioni a carico dell’appellante, ad eccezione degli appelli presentati dal Procuratore federale”. La predetta norma regolamentare è in perfetta sintonia con i principi ai quali è improntato il divieto di mutatio e di infrazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e non può essere letta nel senso preteso dal ricorrente, secondo il quale -poiché la decisione della Commissione di Giustizia Federale, quanto all’entità della sanzione, è stata confermata (e non riformata)- la Commissione d’Appello Federale non avrebbe potuto valutare diversamente le risultanze del procedimento di primo grado. Tale interpretazione, però, non può essere condivisa perché muove dal presupposto, invero incerto, che l’espressione (“riforma in tutto o in parte le decisioni impugnate”) contenuta nella disposizione de qua sia da riferire soltanto all’ipotesi del venir meno della sanzione nella misura concretamente irrogata. Al contrario, la suddetta espressione deve essere riferita alla decisione di primo grado complessivamente considerata, con la conseguenza che la riforma di essa - purché sia rispettato il limite della reformatio in peius - può riguardare anche uno solo degli elementi costitutivi della stessa decisione: ciò che si è verificato nel caso di specie in cui l’accertamento di responsabilità ha finito per riguardare una soltanto tra più condotte già ritenute parimenti suscettibili di generare la sanzione. Infatti, la Commissione d’Appello Federale, nel rivalutare i fatti oggetto del procedimento di primo grado, ha parzialmente riformato la decisione della Commissione di Giustizia Federale, riducendo il fatto punibile a uno dei più comportamenti sub judice, pur confermando in relazione a quest’unico fatto la sanzione nella medesima misura già stabilita in prime cure. 2. Sebbene nella fattispecie in esame non vi sia stata, dunque, alcuna violazione del genere denunciato dalla parte attrice, la decisione sanzionatoria -legittima nell’an- appare viziata nella stima della misura. Il giudice di secondo grado, dopo un’attenta valutazione delle risultanze istruttorie, ha escluso la riferibilità al sig. Luzi delle dichiarazioni comparse sugli organi di stampa. E a questa conclusione il Collegio ritiene di dover aderire, dato che sul punto non si è raggiunta alcuna prova sufficiente. La Commissione d’Appello Federale, però, nel ritenere che la condotta del sig. Luzi -circoscritta, in base ai rilievi appena evidenziati, al solo fatto di aver consegnato alla stampa un comunicato per la conferenza del 13.7.2006- abbia violato il principio di lealtà codificato nella prima parte dell’art. 2 del Regolamento di Giustizia, è incorsa in una irragionevole stima della sanzione, la cui misura non seconda l’operata riduzione del comportamento ritenuto punibile rispetto all’accertamento raggiunto in primo grado. Ora, se si conviene con quanto di recente prounciato in sede arbitrale -e cioè che “se le ragioni della domanda non sono tali da portare necessariamente alla rideterminazione sanzionatoria […], al Collegio insediato presso la Camera di conciliazione e arbitrato non può essere sollecitato un puro e semplice esercizio rinnovato dei poteri discrezionali che il singolo Ordinamento federale attribuisce agli inerenti organi di giustizia, di talchè quando questi ne hanno fatto esercizio legittimo e non eccedente i parametri normativi e logici che presidiano la speciale attività di giudizio non è consentita alcuna altra sovrapposizione valutativa in quanto tale, dalla quale -pertanto- anche questi arbitri doverosamente si astengono” (in causa Tavoleto vs F.I.G.C., 2008)- si comprende altresì quanto qui si viene stabilendo. La consegna alla stampa di un comunicato concernente l’andamento e l’esito di una riunione del Consiglio Federale è comportamento che può assumersi tenuto in violazione del principio di lealtà per le connotazioni peculiarmente capziose che non implausibilmente sono state rilevate nella fattispecie dal Giudice federale; ma certo non può -altrettanto ragionevolmente- il più ridotto segmento della condotta del sig. Luzi rimanere censurabile negli stessi termini afflittivi in cui una condotta più ampiamente connotata era già stata ritenuta meritevole di censura. Quindi, la condotta punibile non appare grave nella stessa misura in cui una diversa e maggiore responsabilità aveva determinato l’inibizione per il periodo di sei mesi di P. Luzi. In altri termini, la sanzione inflitta al sig. Luzi è sproporzionata rispetto alla oggettivamente minore gravità del comportamento di cui è stato riconosciuto responsabile. Il Collegio, pertanto, ritiene di applicare la diminuente nella misura di un terzo, da sei a quattro mesi riducendo la sanzione da applicare. 3. Per quanto riguarda la domanda riconvenzionale spiegata dalla Federazione Italiana Palla Tamburello, essa non poteva essere proposta, tanto meno il procedimento relativo proseguito. Infatti, ai sensi degli artt. 5, comma 1, e 8, comma 6, competeva alla Federazione, “a pena di decadenza”, promuovere la controversia, mediante istanza per il tentativo di conciliazione, “entro e non oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia”; quindi, “entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di chiusura della procedura di coniliazione” la stessa F.I.P.T. sarebbe stata ulteriormente onerata di proporre domanda di arbitrato. Perciò, La F.I.P.T. è decaduta dal diritto di promuovere la domanda perché è mancato, entro i termini di decadenza, l’avveramento dei necessari presupposti dell’azione. Non vale obiettare che in ipotesi di decadenza convenzionale, ai sensi dell’art. 2969 c.c. sarebbe necessaria l’eccezione di parte che qui è, in concreto, mancata. Infatti, la fonte della decadenza rilevata nella fattispecie integra una della “norme […] dell’ordinamento sportivo nazionale” che ai sensi dell’art. 7 del Regolamento di questa Camera il Collegio è tenuto ad applicare ai fini della decisione: norma, peraltro, assolutamente conforme al principio di favore per la rapida stabilizzazione delle situazioni giuridiche che è massimamente immanente alle relazione dell’ordinamento dello sport. In ogni caso, la domanda riconvenzionale appare assolutamente infondata poiché nessun elemento asseverativo conforta l’assunto di cui si sostanzia. 4. Il parziale accoglimento della domanda principale e la dichiarazione di improponibilitàdella della domanda riconvenzionale comportano la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Collegio, all’unanimità dei voti, definitivamente pronunciando, così decide: 1) in riforma della decisione della Commissione d’Appello Federale, applica a Paolo Luzi la sanzione dell’inibizione per la durata di mesi quattro; 2) dichiara improponibile la domanda riconvenzionale; 3) dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva; 4) dichiara le parti tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente liquidati, nonché dei diritti della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport; 5) manda alla Segreteria di comunicare alle parti il presente lodo. Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti in Roma in data 28 marzo 2008, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati: Il Presidente F.to Marcello de Luca Tamajo Arbitro F.to Ferruccio Auletta Arbitro F.to Maurizio Benincasa
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