CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 12/5/2003 TRA Giampaolo Bocci e Federazione Italiana Pallacanestro L’Arbitro Unico, dott. Giovanni ARIOLLI

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 12/5/2003 TRA Giampaolo Bocci e Federazione Italiana Pallacanestro L’Arbitro Unico, dott. Giovanni ARIOLLI Riunito in conferenza personale in Roma, ha deliberato il seguente LODO nella controversia promossa da sig. Giampaolo Bocci, residente in Riano (RM), viale Parigi, n. 31, rappresentato e difeso dall’avv. Emanuele Ricci, con studio in Roma, via Cavour, n. 211 int. 12 parte attrice nei confronti di Federazione Italiana Pallacanestro, con sede in Roma, via Vitorchiano, n. 113, in persona del legale rappresentante pro-tempore presidente federale prof. Fausto Maifredi, domiciliato per la carica ove sopra ed elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie, n. 106 presso lo studio degli avvocati Guido Valori e Paola M.A. Vaccaro parte convenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con istanza depositata presso la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. in data 2 gennaio 2003, Giampaolo Bocci, premesso di essere tesserato quale giocatore di pallacanestro non professionista per la società “Eur Colorado” (cod. F.I.P. 2714) con sede in Morlupo - Roma - via Cesare Battisti, n. 133, esponeva che, nel corso della stagione sportiva 2001/2002, al termine della gara n. 5929 del 22 maggio 2002, disputatasi a Morlupo nell’ambito del campionato di serie C girone M, al quale la società “Eur Colorado” partecipava, si verificavano incidenti che, a detta dell’esponente, “trovavano la loro origine causale nel comportamento del secondo arbitro Giumarra il quale, durante la gara, provocava gravemente gli atleti sino a minacciarli di percosse e ciò senza connessione alcuna con le azioni di gioco”; che, sulla base del referto arbitrale il Giudice Sportivo Nazionale della F.I.P. comminava ai tesserati della predetta società sanzioni di rilevante gravità e, in particolare, all’istante veniva irrogata l’inibizione (rectius la squalifica) per anni cinque sino al 31 maggio 2007 “per avere aggredito insieme agli altri il secondo arbitro, colpendolo con pugni, calci e schiaffi e minacciandolo di ulteriori ritorsioni”; che, a seguito del ricorso della società alla Commissione Giudicante Nazionale della F.I.P., veniva disposta istruttoria sui fatti, demandata alla Procura Federale, in esito alla quale la Commissione, dopo discussione dibattimentale, con decisione n. 86 del 9.8.2002, riduceva “drasticamente” le squalifiche a tutti gli atleti condannati in primo grado, comminando loro non più di tre giornate di squalifica e manteneva invece all’esponente la sanzione dell’inibizione (rectius squalifica), riducendola a due anni e sei mesi cioè sino al 22.11.2004; che, con la stessa decisione, la C.G.N. rimetteva gli atti al Comitato Italiano Arbitri della F.I.P. affinché sottoponesse a giudizio l’arbitro Giumarra per le lesioni inferte e le minacce rivolte al figlio dell’istante Giampaolo Bocci; che tale decisione della C.G.N. era ingiusta, in quanto caratterizzata da un’evidente disparità di trattamento, relativamente alla quantificazione della sanzione, rispetto al metro di giudizio adottato nei confronti degli altri tesserati: questi, pur assuntivamente coinvolti nei fatti accaduti al termine della gara, erano stati prosciolti dall’accusa più grave (aggressione all’arbitro) sul presupposto che “non fosse stata acquisita la prova certa delle conseguenze dei comportamenti dei singoli tesserati”; all’esponente, invece, pur permanendo anche nei suoi confronti il dubbio in ordine al rapporto di causalità tra le lesioni riportate dall’arbitro Giumarra e l’aggressione, era stata comminata la pesante sanzione di anni due e mesi sei di inibizione, con la motivazione “contravvenendo ai propri doveri di deontologia sportiva ed al senso di responsabilità esigibile dalla qualità di capitano rivestita – con il lancio dell’asciugamano e la successiva spinta all’arbitro ha dato origine ad un’aggressione collettiva cui partecipavano altri compagni di squadra e vari tifosi”; il Bocci censurava altresì la decisione della C.G.N. sotto il profilo della non corretta applicazione delle normativa sanzionatoria, sostenendo che, al caso di specie, non fosse applicabile l’art. 163.24a del regolamento esecutivo “che invece prevede la sola squalifica base per tre giornate a meno che non si sia in presenza di violenze intenzionali (163/24b), quali quelle probatoriamente escluse a carico dell’istante; che, l’applicazione dell’art. 163/24a R.E., in relazione al comportamento posto in essere dal Bocci (lancio di un asciugamano verso l’arbitro e uno spintone a quest’ultimo) avrebbe dovuto tutt’al più comportare una sanzione complessiva di sei gare di squalifica (sanzione base di tre giornate a cui dovevano aggiungersi altre tre per le aggravanti della qualità di capitano e per la turbativa dell’ordine pubblico); tutto ciò premesso, chiedeva alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport di ridurre a più equa misura la sanzione comminata dalla C.G.N., rimettendone la determinazione alla Camera ovvero indicandola con un numero di giornate di squalifica corrispondenti a quelle intercorse tra la data del 22.5.2002 e quella di pronuncia dell’emanando lodo, con onorari e spese di lite a carico della F.I.P. In data 24.1.2003 veniva nominato, dal Presidente della Camera, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento, quale arbitro unico, il dott. Giovanni Ariolli che il 3.2.2003 accettava la nomina, tenendo la prima riunione, nel corso della quale nominava segretario dell’organo arbitrale il dott. Arpino, stabiliva la sede dell’arbitrato presso la Camera e fissava, quale prima udienza, il giorno 17.2.2003, concedendo alle parti, in un’ottica di maggiore speditezza del procedimento arbitrale, termine sino all’8.2.2003 per il deposito di memorie difensive e sino al 15.2.2003 per il deposito di repliche. Con atto depositato in data 4.2.2003 si costituiva la Federazione Italiana Pallacanestro, sostenendo che la prospettazione dei fatti fornita dal Bocci “era frutto di una personale elaborazione riguardo la gravità dell’infrazione”; che la normativa regolamentare era stata correttamente applicata dalla C.G.N. sia riguardo alla misura della sanzione che in relazione alla gravità del fatto, considerato anche la qualità di capitano rivestita dal Bocci Giampaolo; chiedeva pertanto il rigetto dell’istanza nonché la condanna dell’esponente al pagamento delle spese ed onorari di causa. Con memoria dell’8.2.2003, il Bocci ribadiva di non avere mai aggredito alcuno degli arbitri (pur ammettendo, come già dichiarato in sede di giustizia sportiva, di avere lanciato contro il Giumarra un asciugamano e di avergli dato una spinta, con ciò suscitando la incredibile reazione dell’arbitro che lo colpiva provocandogli lesioni debitamente refertate in sede ospedaliera); contestava l’adeguatezza della sanzione comminata soprattutto riguardo alla mancanza di prova del nesso causale tra la sua condotta e le lesioni patite dall’arbitro (neppure ad esso ascrivibili a titolo di concorso morale in assenza di qualsiasi previsione regolamentare, non mutuabile dal diritto penale) e insisteva nelle conclusioni del ricorso introduttivo. La F.I.P., con memoria di replica depositata in data 13.2.2003, evidenziava la correttezza della sanzione applicata, in quanto la pena era stata calcolata sulla scorta di tutte le violazioni commesse, comprese le circostanze aggravanti e potendo il giudice anche determinare la sanzione oltre il minimo edittale e non compiere una mera somma algebrica delle pene : “argomentando diversamente si svuoterebbe di contenuto il compito del giudice sportivo .. nel caso di specie la C.G.N., nell’irrogare la sanzione complessiva ha comunque inflitto una sanzione più bassa del minimo edittale previsto per la violazione immediatamente più grave (ossia le lesioni all’arbitro, anche di lieve entità, punite con squalifica per almeno tre anni) che era stata invece applicata dal Giudice Sportivo Nazionale”. All’udienza del 17.2.2003, verificata la rituale costituzione delle parti, l’arbitro, al fine di verificare la legittimità della decisione adottata dalla C.G.N. (sia in diritto che in fatto, con particolare riferimento anche all’adeguatezza della misura della sanzione), disponeva, su istanza della parte attrice, l’acquisizione degli atti della C.G.N.; procedeva all’interrogatorio libero del Bocci Giampaolo, comparso personalmente; esperiva il tentativo di conciliazione, rinviando all’udienza del 10.3.2003, per la precisazione delle conclusioni, in difetto di conciliazione. A tale udienza, la parte istante, tenendo anche conto delle osservazioni formulate dall’Arbitro e del contenuto dei precedenti accordi conciliativi relativi a fattispecie similari, formulava una proposta conciliativa di massima. La F.I.P. si riservava di valutarla. Veniva, pertanto, rinviato il giudizio all’udienza del 26.3.2003 per gli stessi incombenti, nel corso della quale l’Arbitro, prendendo atto che non si era pervenuti alla conciliazione (a tale riguardo, l’istante depositava copia della corrispondenza intercorsa), invitava le parti alla precisazione del conclusioni. L’attore insisteva nell’accoglimento della domanda riportandosi integralmente al contenuto dell’istanza di arbitrato, chiedendo termine di giorni dieci per il deposito di una memoria. La parte convenuta insisteva per il rigetto della domanda, riportandosi integralmente alla comparsa. L’Arbitro Unico, su accordo delle parti, stabiliva che entro il 7 aprile 2003 venisse depositata copia dell’intero fascicolo della C.N.G. necessario ai fini del decidere (adempimento osservato dalla F.I.P.) e che entro il 17 aprile 2003 le parti potessero presentare una memoria. Queste rinunziavano alle repliche e si stabiliva dal 17.4.2003 la decorrenza del termine per il deposito del lodo. In data 17.4.2003 la F.I.P. depositava note conclusive con cui ribadiva la legittimità della decisione adottata dalla C.G.N., spiegava le ragioni che avevano determinato la mancata conciliazione tra le parti e insisteva per il rigetto integrale della domanda, con vittoria di spese, competenze ed onorari. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve darsi atto della ritualità dell’istanza di arbitrato presentata dal Bocci Giampaolo: la procedura di arbitrato dinanzi a questa Camera è espressamente prevista dallo statuto della F.I.P.; risultano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale; all’istante è stata comminata una sanzione disciplinare non inferiore a 120 giorni per violazioni estranee alla normativa antidoping; è stato infruttuosamente esperito il tentativo di conciliazione di cui all’art. 3 del regolamento della Camera. Ciò premesso e venendo al merito, l’oggetto della controversia riguarda la corretta applicazione al caso di specie, da parte della C.G.N., delle norme del regolamento esecutivo della F.I.P. e, conseguentemente, della misura della sanzione comminata. Dalla lettura della motivazione della decisione del 9 agosto 2002, n. 86 della C.G.N. risulta chiaramente che al Bocci Giampaolo è stata comminata la sanzione della squalifica (“applica a Bocci Giampaolo la sanzione della squalifica..”) per la durata di anni due mesi sei (sino al 22.11.2004), ritenendosi il tesserato responsabile della violazione di cui all’art. 163/24a che punisce gli “atti di violenza contro gli arbitri, qualora non siano derivate conseguenze di alcun genere (neppure ai fini della regolare prosecuzione dell’incontro)”. La sanzione prevista per tale illecito comportamento è quella della squalifica o inibizione per almeno tre gare. La misura indicata si riferisce al minimo edittale, come si desume dall’espresso inciso “per almeno” che precede l’indicazione della sanzione, con ciò differenziandola dalle altre già predeterminate nella misura da comminarsi (ad esempio vedi l’art. 163/23b, laddove, in caso di comportamento offensivo posto in essere da tesserati nei confronti degli arbitri, è stabilita la sanzione della squalifica “per una gara”, con ciò vincolandosi il giudice sportivo nella determinazione della pena base, salva la ricorrenza di circostanze attenuanti o aggravanti o della recidiva). Il Giudice sportivo, pertanto, nei casi in cui la sanzione sia determinata soltanto nel minimo edittale ha la facoltà di aumentare la pena tenendo conto del limite massimo stabilito, dallo stesso regolamento, per tale tipo di sanzione. E’ un dato della comune esperienza giuridica che, laddove venga indicato soltanto il minimo della pena, per stabilire il massimo deve necessariamente farsi riferimento alle stesse norme regolamentari che disciplinano, a mò di “catalogo”, le sanzioni, così vincolandosi la discrezionalità del giudice nell’applicazione della pena a parametri edittali ben precisi. Ebbene, al riguardo, il regolamento esecutivo della F.I.P. disciplina specificamente il “tipo” di sanzioni che il giudice sportivo può comminare nel titolo II della Parte Terza, dedicato, appunto, alle “sanzioni”. Tra queste, all’art. 153 del R.E., viene disciplinata proprio “la squalifica” che consiste nel divieto di svolgere attività federale o sociale per un determinato numero di gare dello stesso campionato o di altra manifestazione ufficiale o per un determinato periodo di tempo, non superiore a cinque anni. La misura della sanzione comminata dalla C.G.N. risulta quindi legittima in relazione alla ritenuta violazione regolamentare (nel prosieguo della motivazione ci si soffermerà poi sull’adeguatezza della misura). Quanto alla applicabilità di tale sanzione al caso di specie, dagli atti dell’istruttoria svoltasi dinanzi alla C.G.N. e compiuta anche dalla Procura Federale, risulta che il Bocci Giampaolo non si limitò a lanciare verso l’arbitro un asciugamano e a dargli uno spintone ma partecipò attivamente all’aggressione subita dall’arbitro Giumarra (come ritenuto dalla stessa C.G.N., laddove precisa “che i referti arbitrali e le risultanze dell’indagine espletate dalla Procura Federale consentono di ritenere confermata l’aggressione al termine della gara dell’arbitro Giumarra da parte di Bocci Giampaolo”). In tal senso rilevano, innanzitutto, le precise e circostanziate dichiarazioni riportate nel referto arbitrale, sottoscritto da entrambi gli arbitri, Luca Cristina e Giumarra Emanuele, laddove si da atto che il Bocci Giampaolo, all’esito della gara e nel corridoio che porta agli spogliatoi, “si avventava di corsa verso gli arbitri minacciando di colpirli con un pugno e dicendo: tanto è la mia ultima partita e mi voglio passare questo piacere, ti lascio per terra morto; riusciva poi a colpire con violenza e ripetutamente il II° arbitro alla testa e alla schiena ferendolo in più parti..”. La circostanza è stata poi concordemente confermata dagli arbitri, anche riguardo all’esatta successione temporale degli eventi così come indicati in precedenza nel referto, in sede di istruttoria svolta dalla Procura Federale. Quanto riportato nel referto dal Giumarra (e, quindi, la precisa accusa da questi rivolta al Bocci Giampaolo) risulta altresì avvalorato: a) dal contenuto della certificazione medica del pronto soccorso acquisita agli atti che attesta, a carico dell’arbitro, “contusioni multiple, escoriate al capo, al collo e alla regione anteriore del torace”, lesioni pienamente compatibili con un’aggressione svoltasi nei modi riferiti dalla parte offesa. La sussistenza delle lesioni, al di là della questione relativa all’esatta individuazione del tesserato che le abbia provocate (sulla quale la C.G.N. ritiene non avere raggiunto prova certa), rende credibile la ricostruzione effettuata dall’arbitro, avvalorandone, nel complesso, l’attendibilità (a diverse conclusioni si sarebbe invece giunti qualora, nonostante l’affermazione del Giumarra di essere stato aggredito con calci e pugni, non fosse stato possibile, dal punto di vista medico-legale, riscontrare alcuna lesione); b) dalla presenza del Bocci Giampaolo al momento in cui l’arbitro Giumarra venne colpito (circostanza ammessa dallo stesso tesserato; c) da quanto riferito dai testi Calvani Marco, il quale ha precisato che al termine della gara, mentre gli arbitri uscivano dal campo, il giocatore Bocci si è avvicinato al II° arbitro e lo ha colpito con spintoni e pugni; La Torre Sergio, ufficiale di campo, il quale ha dichiarato che il Bocci Giampaolo, appena entrato nel corridoio dello spogliatoio, colpì il Giumarra con diversi pugni al volto ed al corpo; Galassini Giuseppe, il quale ha affermato di essere stato presente alla “colluttazione” tra l’arbitro Giumarra e Giampaolo Bocci; d) dal contenuto della lettera in data 29.7.2002 depositata dal Giampaolo Bocci alla C.G.N. con cui ammette di avere sferrato un pugno all’arbitro Giumarra. Tali elementi confermano pienamente l’accusa mossa dal Giumarra al Bocci Giampaolo ed il contenuto del referto. Per completezza, va anche osservato che la versione riportata nel referto arbitrale riguardo la partecipazione all’aggressione del Bocci Giampaolo nei confronti del Giumarra, è ulteriormente avvalorata da un elemento di carattere logico. Il Bocci Giampaolo, dinanzi la C.G.N., ha dichiarato di essere stato ripetutamente provocato e offeso dall’arbitro nel corso della gara, tanto che venne da questi colpito, riportandone lesioni; risulta logico come il giocatore fosse portatore di un forte rancore contro l’arbitro, ritenuto, a torto o a ragione, “responsabile” dell’andamento negativo della partita per l’Eur Colorado. Se questo era dunque lo stato d’animo con cui il Bocci dapprima lanciò un asciugamano all’arbitro spintonandolo e poi si portò all’interno del corridoio, è assai verosimile che abbia colpito l’arbitro, tenuto conto che, salvo lo sporadico tentativo dei due proprietari della palestra di difendere il Giumarra, questi non venne affatto protetto. Anzi, dalla successione temporale degli eventi così come ricostruita dinanzi alla C.G.N. risulta chiaramente che tutti coloro che si trovarono all’interno del corridoio antistante gli spogliatoi ebbero il tempo necessario e la concreta possibilità di colpire l’arbitro: alcuni giocatori dell’Eur Colorado si erano, infatti, posizionati all’ingresso del corridoio, impedendone l’accesso agli ufficiali di campo proprio allo scopo di consentire agli altri tesserati presenti o sopraggiunti di “punire” il direttore di gara (vedi dichiarazioni degli ufficiali di campo Longo, La Torre e Papa, quest’ultima colpita a sua volta da alcuni calci e ginocchiate, proprio allorché cercò di entrare nel corridoio). La circostanza, infine, che anche il Bocci abbia riportato lesioni e che l’arbitro, al momento di lasciare l’impianto di gioco abbia manifestato rancore verso il giocatore, dimostra ancora una volta che tra i due vi fu una colluttazione scaturita dall’aggressione del (calciatore) cestista . Deve pertanto ritenersi provato che il Bocci Giampaolo compì atti di violenza consumata nei confronti dell’arbitro, partecipando alla sua aggressione. In assenza di una prova certa che l’atto posto in essere dal Bocci Giampaolo abbia cagionato proprio le lesioni di cui alla certificazione medica ed escludendosi, a livello regolamentare, che possa affermarsi una sua responsabilità a titolo di concorso morale o materiale (certamente ravvisabile, ad esempio, in campo penale, nei confronti di chi, con altri, partecipa ad una aggressione o istiga a farlo), deve ritenersi corretto il ragionamento logico-giuridico seguito dalla C.G.N. che ha ricondotto il comportamento del Bocci Giampaolo alla previsione illecita di cui all’art. 163/24a (atti di violenza consumati nei confronti degli arbitri dai quali non siano derivate conseguenze) e non all’art. 163/23b. Ed invero, per applicarsi quest’ultima fattispecie sanzionatoria (c.d. ipotesi aggravata) occorre che sia accertato il verificarsi di un danno all’integrità fisica dell’arbitro (lesioni) e che si dia prova che questo sia causalmente ascrivibile al comportamento del singolo tesserato che ha partecipato all’aggressione. In difetto di tale prova, l’aver comunque aggredito l’arbitro o compiuto atti di violenza, anche a livello di spinte o percosse (azioni comunque violente produttive soltanto di sensazioni fisiche dolorose, senza conseguenze morbose di alcun genere) senza che ne siano derivate lesioni, è correttamente riconducibile alla previsione regolamentare di cui all’art. 163/24a (atti di violenza consumata nei confronti degli arbitri da cui non siano derivate conseguenze o di cui non vi sia prova certa relativamente all’ascrivibilità). Resta, infine, da valutarsi l’adeguatezza della misura della sanzione comminata al caso di specie dalla C.G.N., soprattutto in considerazione del fatto che ad altri tesserati (vedi ad es. lo Scuotto a cui è stata applicata la sanzione della squalifica per tre gare), seppur riconosciuti responsabili della stessa fattispecie (partecipazione all’aggressione), sono state comminate ben altre sanzioni. Ebbene, sotto tale profilo ritiene questo Arbitro che il ricorso debba, in parte, essere accolto, riducendosi la sanzione applicata. Non vi è dubbio che il comportamento tenuto dal Bocci Giampaolo, per la particolare qualità rivestita all’interno della squadra (capitano), sia stato contrario al rispetto dei principi di probità, lealtà e correttezza sportiva contenuti sia nel regolamento esecutivo della F.I.P. che nello stesso statuto di quella Federazione, principi, del resto, propri e fondamentali allo stesso ordinamento sportivo. Lo sport, del resto, va inteso non solo come momento essenziale della formazione fisica dell’individuo, ma anche morale e parte integrante dell’educazione e della cultura nazionale. Pertanto, il capitano, a differenza degli altri compagni di squadra, assurge, sul campo di gioco, a garante del rispetto di tali principi. E’ lui, infatti, che deve rappresentare, soprattutto nei confronti dell’arbitro e dei giocatori avversari, i valori di cui ciascuna federazione è portatrice, assicurando anche la correttezza del comportamento dei singoli atleti. Non può sottacersi che proprio l’atteggiamento del Bocci Giampaolo ha contribuito all’aggressione e alla turbativa che è seguita alla fine dell’incontro (fu tra i primi a scagliarsi contro l’arbitro). Di conseguenza, questi non poteva essere sanzionato alla stregua degli altri partecipanti. La particolare carica rivestita gli imponeva, al contrario, di attivarsi, per quanto possibile, al fine di evitare il verificarsi di episodi quale quello accaduto che rischiano anche di mettere in discussione la stessa credibilità del movimento sportivo e di tutti coloro che, per passione, ne fanno parte e vi partecipano a vario titolo (classe arbitrale, ufficiali di campo, atleti, dirigenti ecc.). Pertanto, il fatto risulta particolarmente grave. Avvalorano ulteriormente la gravità dell’illecito commesso dal Bocci Giampaolo anche altri elementi: la partecipazione all’aggressione si inserisce in un contesto illecito più ampio, avendo questi dapprima anche minacciato gli arbitri, così fomentando contro i direttori di gara i propri sostenitori e gli altri atleti (condotte che di per sé integrano altre fattispecie di illecito sportivo ritenute verosimilmente assorbite dalla C.G.N. nella sanzione più grave comminata); la gravità del pericolo cagionato alla persona offesa, tanto che entrambi i direttori di gara dovettero lasciare il campo di gioco scortati dai Carabinieri, non potendo contare sull’aiuto dei dirigenti; il ripetersi della condotta illecita, considerato che l’intento aggressivo sarebbe stato manifestato dapprima con minacce, lancio di un asciugamano e spintoni, poi con calci e pugni. Sussistono, infine, le aggravanti di cui all’art. 147/5 lett. b) e d) (“l’aver la propria azione causato turbativa dell’ordine pubblico; per infrazioni relative a comportamenti tenuti durante lo svolgimento della gara costituirà sempre e comunque aggravante rivestire la carica di .. capitano”). Del resto, la gravità del fatto era stata evidenziata dalla stessa C.G.N. che ha valutato negativamente il comportamento del Bocci Giampaolo “il quale – contravvenendo ai propri doveri di deontologia sportiva ed al senso di responsabilità esigibile dalla qualità di capitano rivestita - ha dato origine ad un’aggressione collettiva cui partecipavano altri compagni di squadra e vari tifosi”. Quanto alla misura della sanzione, ritiene tuttavia questo Arbitro che la C.G.N. non abbia considerato il buon comportamento processuale tenuto dal Bocci Giampaolo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (di cui non si fa alcun cenno in motivazione). Il giocatore, infatti, sin da quando è stato sentito, ha sostanzialmente ammesso le proprie responsabilità (anche con lettera del 29.7.2002 indirizzata alla C.G.N.), dando segno di sincero pentimento. Tale circostanza trova conferma anche nel comportamento tenuto dal Bocci Giampaolo dinanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato. Sebbene la condotta successivamente tenuta alla decisione della C.G.N. non possa assumere rilievo ai fini di una diminuzione della sanzione, tuttavia può essere considerata per valutare correttamente il comportamento tenuto in precedenza dal tesserato. Ebbene, il Bocci Giampaolo, in sede arbitrale, non solo ha più volte manifestato il sentito rammarico per l’accaduto, ma ha dichiarato di essere disponibile a conciliare la controversia attraverso un impegno concreto nell’interesse dei valori sportivi di cui è portatrice la F.I.P. e la stessa società che egli rappresenta. In tal senso, ha anche prospettato, con l’ausilio dell’arbitro, un accordo conciliativo non solo a contenuto strettamente economico ma anche volto a realizzare, mediante una forma di impegno diretto, proprio quegli scopi istituzionali perseguiti dalla F.I.P., impegnandosi a partecipare ad una serie di incontri presso la Sezione C.I.A. territorialmente più vicina, al fine di favorire sia la corretta conoscenza dell’attività arbitrale sia la prevenzione di episodi di violenza in occasione di manifestazione sportive. Si è impegnato, altresì, anche a collaborare ad attività federali anche a carattere strumentale e a svolgere attività di insegnamento gratuito per l’avviamento dei giovanissimi al basket. Ciò dimostra come il Bocci Giampaolo avesse già intrapreso un percorso di serio reinserimento all’interno dei canoni della lealtà e del rispetto dell’ordinamento sportivo sin dall’avvio del procedimento disciplinare. Pertanto, può escludersi che la confessione resa all’epoca in cui il giocatore fu sentito dagli organi di giustizia sportiva fosse strumentale ad ottenere una riduzione della sanzione comminata. A conferma di ciò anche il contenuto della lettera in data 29.7.2002 inviata prima che la C.G.N. emettesse la decisione, con cui il giocatore dichiara di essere pronto ad accettare “la giusta inibizione” per i fatti realmente commessi. Il Bocci, poi, ha anche precisato di essersi attivato, nel corso della partita e prima di “perdere la testa”, per calmare i tifosi della propria squadra che inveivano – verosimilmente incitati dal Bocci Eraldo – contro gli arbitri. Pertanto, l’illiceità del proprio comportamento ha riguardato, a differenza di quello tenuto da altri tesserati (tra cui il Bocci Eraldo), soprattutto la fase finale dell’incontro disputatosi. Né tale prospettazione è smentita dal contenuto del referto che ascrive al Bocci Eraldo e al Magrini le iniziali offese e le minacce rivolte agli arbitri e, durante lo svolgimento della gara, al giocatore Grassetti, per tale motivo espulso (non risultano, infatti, adottati provvedimenti disciplinari in gara nei confronti del Bocci Giampaolo). Per completezza poi, va anche precisato che, sebbene non risulti compiutamente dimostrata la sussistenza dell’attenuante della provocazione invocata dal ricorrente (i testi Galassini e Cassieri riferiscono di insulti e minacce del Giumarra dopo la colluttazione avuta con il Bocci Giampaolo; i testi Mannoni e Santi riferiscono di una reazione verbale dell’arbitro dopo che il Bocci gli lanciò contro l’asciugamano e a fine partita mentre il Giumarra lasciava scortato il campo di gioco), la C.G.N. ha disposto l’inoltro degli atti alla C.I.A. per le determinazioni di competenza riguardo al comportamento lesivo e minaccioso che il Giumarra avrebbe tenuto nei confronti del Bocci Giampaolo. Pertanto, in assenza delle determinazioni degli organi competenti (del cui esito non è dato sapere) non può escludersi che la condotta dell’arbitro, seppur successiva al primo atto di violenza (quale è quello del lanciare un asciugamano bagnato), abbia concorso a determinare quello “stato emotivo che fece perdere la testa” al Bocci Giampaolo dopo il lancio dell’asciugamano (così escludendo un dolo di premeditazione riguardo l’aggressione). Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il comportamento del Giampaolo Bocci, seppur dotato di maggiore gravità rispetto a quello degli altri giocatori, risulta, in concreto, meno grave di quello posto in essere dall’altro tesserato, Bocci Eraldo. Pertanto, la sanzione comminata, anche per una esigenza di non contraddizione riguardo al contenuto della stessa decisione della C.G.N. riguardo lo Scotto (che, nel referto, viene chiaramente indicato come colui che lanciò una bomboletta spray colpendo alla schiena l’arbitro e che vi si scagliava contro colpendolo con violenti pugni in teste, schiaffi in faccia e calci”), dovrà necessariamente attestarsi a metà strada tra quanto comminato al Bocci Eraldo e quanto agli altri giocatori rei di avere partecipato all’aggressione. In tal senso, in applicazione dei principi di cui al Regolamento Esecutivo della F.I.P. si ritiene sanzione conforme al caso concreto quella della squalifica di anni uno e mesi quattro (sino al 22.9.2003). L’esito del giudizio che ha visto un parziale accoglimento del ricorso con la conseguente reciproca soccombenza parziale delle parti costituisce giusto e sufficiente motivo per la integrale compensazione di tutte le spese processuali Quanto alla misura degli onorari da corrispondere all’organo arbitrale secondo la tabella allegata al regolamento, in applicazione dell’art. 23 del regolamento, tenendo conto del tempo occorso e della capacità finanziaria delle parti, pur avendo l’impegno profuso superato ampiamente le 30 ore (udienze svolte, studio degli atti e delle memorie, delle note di replica, della normativa generale e particolare della F.I.P. e stesura della motivazione), si ritiene equo comunque commisurarli nei limiti del contributo spese già interamente versato dalle parti. P.Q.M. L’Arbitro, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore eccezione e deduzione disattesa, così statuisce: 1) In parziale accoglimento della domanda di arbitrato proposta da Giampaolo Bocci, riforma, limitatamente detto tesserato, la decisione n. 86 del 9 agosto 2002 della Commissione Giudicante Nazionale della Federazione Italiana Pallacanestro, riducendo la squalifica sino al 22.9.2003; 2) Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali (sia gli onorari di arbitrato sia quelli legali); 3) I diritti amministrativi versati dalle parti sono incamerati dal C.O.N.I. Roma, lì 12 maggio 2003. L’Arbitro Unico dott. Giovanni ARIOLLI
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