F.I.G.C. – COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE – 1997/1998 Comunicato ufficiale 37/C Riunione del 26 Giugno 1998 – pubbl. su www.figc.it APPELLO DELL’A.C. MILAN AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI L. 25.000.000 INFLITTALE IN RELAZIONE ALLA GARA MILAN/PARMA DEL 10.5.1998 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 378 del 29.5.1998)

F.I.G.C. – COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE – 1997/1998 Comunicato ufficiale 37/C Riunione del 26 Giugno 1998 – pubbl. su www.figc.it APPELLO DELL'A.C. MILAN AVVERSO LA SANZIONE DELL'AMMENDA DI L. 25.000.000 INFLITTALE IN RELAZIONE ALLA GARA MILAN/PARMA DEL 10.5.1998 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 378 del 29.5.1998) II Milan A.C. ricorre a questa C.A.F. avverso il C.U. n. 378 del 29 maggio 1998 nella parte in cui la Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti ha confermato la sanzione dell'ammenda di L. 25.000.000 inflitta dal Giudice Sportivo presso la Lega medesima in relazione alla gara Milan/Parma del 10.5.1998 di cui al C.U. n. 361 del 13 maggio 1998. Oggetto d'incriminazione prima e di affermazione di responsabilità poi è il comportamento tenuto dai sostenitori dall'A.C. Milan in occasione della gara su citata. II fatto non è contestato nella sua materialità dalla reclamante, per cui oggetto esclusivo dell'attuale procedura d'impugnazione è la ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti di diritto normativamente richiesti ai fini dell'applicabilità dall'art. 6 C.G.S. nella parte in cui sancisce la responsabilità oggettiva anche dell'operato dei propri sostenitori sia sul proprio campo sia su quello della società avversaria. Sostiene la reclamante che nel caso di specie non si possa e non si debba configurare la fattispecie rappresentata dalla norma in quanto la condotta incriminata, e quindi suscettibile di sanzione anche nei confronti della società, non sarebbe stata posta in essere da sostenitori della squadra bensì da persone che sarebbero state invece ispirate dall'esclusivo fine di nuocere, eventualmente compromettendo l'incolumità fisica dei "propri" giocatori, in quanto delusi, amareggiati ed indignati, per il mancato apporto alla realizzazione del successo sportivo. In sostanza, il tifoso che manifesta i propri sentimenti mediante atti di violenza che compromettano il bene giuridico che la norma intende tutelare e cioè la regolarità dello svolgimento della gara e l'incolumità fisica di coloro che alla stessa partecipano, non possono essere definiti "sostenitori" in quanto la loro condotta, oggettivamente sanzionabile secondo il dettato normativo, sarebbe antitetica ed incompatibile con il concetto che presidia il ruolo di sostenitore. Secondo la ricorrente, chi manifesta il proprio tifo con un'azione violenta indirizzata nei confronti dei giocatori della propria squadra, essendo consapevole del danno che il proprio comportamento può determinare sotto ogni profilo alla società "non sostiene" e quindi non può essere individuato come soggetto destinatario della norma ai fini della configurazione della fattispecie. In altri termini, basterebbe avere.riguardo al danno che potenzialmente e concretamente deriva alla società a causa del comportamento del tifoso perché costui, conseguenzialmente, venga privato della qualifica di sostenitore e quindi si renderebbe inapplicabile la norma che sancisce la responsabilità oggettiva della. società. Se si volesse liquidare il tema si potrebbe replicare con efficacia esaustiva ai fini della decisione che, nel caso di specie, è stata affermata la responsabilità oggettiva prendendo in esame tutti i comportamenti tenuti dai tifosi dall'A.C. Milan e quindi anche quelli che - comunque ed indipendentemente dai destinatari della protesta - hanno compromesso "il mantenimento dell'ordine pubblico sul proprio campo, creando così i presupposti per l'applicazione dall'art. 6 n. 4 C.G.S.. E' di tutta evidenza che non viene esclusa la responsabilità oggettiva dal fatto di avere richiesto e sollecitato l'intervento preventivo della Forza Pubblica, essendo l'eventuale omissione solo motivo di aggravamento della sanzione e non già di esclusione della stessa. E' comunque giusto ed opportuno che venga affrontato e risolto l'altro tema e cioè quello relativo all'esigenza di chiarire e definire ai fini dell'applicabilità della norma (art. 6 n. 3) chi si debba identificare come sostenitore della propria squadra. La definizione è agevole ed ovvia solo che si prenda come riferimento,il significato lessicale dell'espressione; ancora più agevole se si vuole una definizione dell'espressione nel contesto normativo dall'art. 6.C.G.S., e cioè nel contesto di una norma che si propone di dettare una disciplina che raggiunga ed impegni tutti coloro che operino, stando vicini alla propria squadra,con la finalità di sostenerla comunque e dovunque. Tale qualifica e tale ruolo permane anche quando il sostenitore per sostenere la squadra non disdegni l'adozione di comportamenti non ortodossi è perfino violenti nei confronti dei giocatori. Ed infatti non è chi non veda la compatibilità di detti atteggiamenti con la finalità di conseguire, mediante l'adozione di essi; un maggiore impegno e quindi una sollecitazione ad operare nell'interesse della squadra. Chiarito questo concetto, è di tutta evidenza che resta privo di significato e di rilevanza concreta tutto il discorso relativo alla pretesa assimilazione del regolamento sportivo agli atti amministrativi non solo perché detta assimilazione non è consentita dalla diversità della fonte normativa, ma anche perché la responsabilità oggettiva prevista dalla norma non si distacca dai parametri indicati dalla ricorrente. Per questi motivi la C.A.F. respinge l'appello come in epigrafe proposto dell'A.C. Milan di Milano ed ordina l'incameramento della relativa tassa.
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