F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2001-2002 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 10/C del 18/10/01 1 – APPELLO DEL CALCIATORE MEGNA IVAN AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 31.12.2002, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1. C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lombardia – Com. Uff. n. 49 del 30.6.2001)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2001-2002 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 10/C del 18/10/01 1 - APPELLO DEL CALCIATORE MEGNA IVAN AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO AL 31.12.2002, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1. C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lombardia - Com. Uff. n. 49 del 30.6.2001) La U.S. Mariano Calcio denunziava il 29 settembre 2000 alla Lega Nazionale Dilettanti che il calciatore non professionista Ivan Megna. tesserato per la società, insieme ad un collega (Bolzonaro FabioJ aveva sottoscritto, in data 20 luglio 2000, una domanda di 'transfert internazionale" al solo scopo di eludere il vincolo, passando alla Federazione Svizzera e tesserandosi subito dopo per altra società dilettantistica italiana (N.C.P Football Club Pero). Dagli accertamenti compiuti dall’Ufficio Indagini emergeva che in effetti il predetto cal¬ciatore non aveva disputato alcuna gara, anche amichevole, con l’Ascona F.C. (società Svizzera per la quale si era tesserato), né aveva preso parte ad alcun allenamento, e che si era recato due sole volte, in Svizzera, in entrambi i casi per risolvere problemi proce¬durali Inerenti al nuovo trasferimento in Italia risultava altresì che il calciatore si era avvalso, per il trasferimento all'Ascona e il successivo rientro in Italia, dell'operato di un mediatore non autorizzato, tale Mario Luigi Ribaldi. Il Procuratore Federale, sulla base di quanto accertato e relazionato dall'Ufficio Indagini, con atto del 13 aprile 2001 deferiva alla Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lombardia, tra gli altri, anche il calciatore in argomento, imputando¬gli la violazione degli articoli 1, comma 1, e 4, comma 1, C.G.S., e quindi per il comporta¬mento antiregolamentare posto in essere in elusione del vincolo con la società di origina¬ria appartenenza. La Commissione Disciplinare, contestati ritualmente gli addebiti e assegnati I termini per la presentazione di deduzioni a difesa e per chiedere di essere sentiti, con delibera pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 49 del 30 giugno 2001 ha affermato la responsabi¬lità dell'incolpato e alla luce della gravità della violazione perpetrata, viste anche le richie¬ste della Procura Federale, ha comminato al Megna la squalifica a tutto il 31 dicembre 2002. Il calciatore reclamante, che ha partecipalo, con l'assistenza di un difensore, all'u¬dienza dibattimentale presso questa Commissione (alla quale ha peraltro partecipato anche un rappresentante della Procura Federale), con l’appello in trattazione ha chiesto la riforma della decisione emessa in prima istanza dalla Commissione Disciplinare nel senso del proscioglimento ovvero, in via subordinata, della riduzione della sanzione com¬plessivamente irrogata, mediante scomputo di quella parte di essa (quantificata presumi¬bilmente in un periodo di sei mesi di squalifica) comminata specificamente per la viola¬zione dell’art 1, comma 1, C.G.S.. All’uopo ha comunque contestato la sussistenza di entrambi i presupposti posti a base della declaratoria di responsabilità, ovvero la violazione del generalissimo dovere di leal¬tà, probità e correttezza di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S., nonché del divieto di avvalersi di mediatori, di cui all’art.4, comma 1, C.G.S.. il reclamo merita parziale accoglimento, con riferimento però alla sola quantificazione della sanzione. Le argomentazioni rese nel merito dall'Organo di prima istanza non vengono, infatti efficacemente scalfite dalle lagnanze del calciatore appellante. I primi giudici hanno correttamente utilizzato il cospicuo materiale probatorio acquisito e riversato dall'Ufficio Indagini, pervenendo alla logica, obiettiva ed incontrovertibile con¬clusione che il calciatore Incolpato, con l'ausilio di un mediatore non autorizzato, si sia ado¬perato, con agire nel suo complesso elusivo della normativa federale, al fine di svincolarsi dalla società non professionistica di appartenenza ed accedere ad un'altra società median¬te un rapido quanto fittizio tesseramento di società affiliata a Federazione estera. Proprio al fine di porre rimedio a simili espedienti utilizzati per liberarsi dal vincolo elu¬dendo le norme regolamentari della L N.D. (in particolare l’art.36, commi 2 e 3), in forza delle quali all'atto del tesseramento i calciatori non professionisti e giovani dilettanti assu¬mono con le società un vincolo a tempo indeterminato, salvi i casi scioglimento del vinco¬lo espressamente previsti dalle N.O.I.F, con Comunicato Ufficiale n. 22 del 15 febbraio 2001 la F.I.G.C. ha aggiunto, con efficacia immediata, all’articolo 40, comma 11, punto n.3, delle N.O.I.F. un ulteriore comma in base al quale "i calciatori non professionisti, di citta¬dinanza italiana, trasferiti all'estero non possono essere nuovamente tesserati per socie¬tà Italiane nella stessa stagione sportiva in cui avevano ottenuto il transfert internaziona¬le" (salva l’ipotesi di richiesta di tesseramento a favore della stessa società italiana percui siano stati tesserati immediatamente prima del trasferimento all'estero). In disparte la specifica prescrizione organizzativa da ultimo introdotta e il problema della sua compatibilità con la normativa generale F.I.F.A., va detto che, ad ogni modo, l'im¬propria utilizzazione del tesseramento presso un società estera, di per sé lecito, all'evi¬dente unico scopo di eludere ed aggirare la normativa federale relativa allo svincolo dei calciatori non professionisti Integra la fattispecie della violazione dell'art. 1, comma 1, C.G.S., accertata e sanzionata dalla Commissione Disciplinare. Le argomentazioni rese dal Giudice di prima istanza risultano pienamente condivisibi¬li e non vengono intaccate dalle deduzione del reclamante, ad avviso del quale nell’ambi¬to della formulazione della generalissima Torma di principio Iniziale, appena menzionala. verrebbe a mancare oltre alla previsione sanzionatoria anche quella precettiva in senso stretto. La portata di tale disposizione andrebbe dunque delimitata mediante il invio alle disposizioni particolari dell'ordinamento sportivo che sanzionano come illeciti condotte specifiche. In realtà una volta affermato che l'art. 1. comma 1, C.G.S. costituisce una regola gene¬rale di condotta e una norma cardine di chiusura dell'ordinamento sportivo, l'amplissima portata del dovere di lealtà, probità e rettitudine sportiva non può essere limitata median¬te il rinvio alle disposizioni particolari che sanzionano come illeciti condotte specifiche, ma al contrario occorre affermare che un comportamento contrario al suddetti doveri acquisi¬sce comunque il connotato di atteggiamento antiregolamentare e come tale va persegui¬to e sanzionato. Senza contare che in caso di illecito di tipo disciplinare (si vedano anche esempi in materia di disciplina professionale) non va pretesa una rigida correlazione tra precetto e sanzione. Cosi non è un caso che l'art. 28. comma 3, del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva, ribadendo, nella sostanza, quanto originariamente previsto dall'art. 22, comma 3, C.G.S., preveda espressamente il deferimento, a cura della Procura Federale, alla competente Commissione Disciplinare del soggetti incolpati di 'avere tenuto una condotta comunque non aderente al principi di lealtà, correttezza e probità, di cui all’art. 1" Le sanzioni da applicarsi in caso di violazione dei generalissimi doveri sanciti dalla richiamata disposizione sono rimesse alla valutazione discrezionale dell’organo giudicante. in relazione alla gravità dell'infrazione, e vanno individuate in quelle attualmente previ¬ste. nel nuovo Codice, dall’ art 13, per le società, e dall'art. 14 peri dirigenti, I soci di asso¬ciazione e i tesserati. Peraltro anche il secondo profilo di reclamo, relativo alla violazione dell'art. 4, comma 1, C.G.S. e quindi del divieto di avvalersi di mediatori, non merita, nel merito, adesbne. Il termine 'mediatore" non va In effetti Inteso negli stretti termini Indicati dalla discipli¬na civilistica (art. 1754 cod.civ). ma - ai fini cha qui interessano -vuole indicare in gene¬re un soggetto che intervenga senza avere titolo, né apposita abilitazione o riconosci¬mento, per mettere in contatto un calciatore con una società o viceversa. Ciò posto, dalla documentazione versata in atti, ed alla stregua degli accertamenti dis¬posti, non può essere revocato in dubbio che ilSig. Riboldi, su incarico del tesserato recla¬mante, abbia svolto, senza titolo, una non autorizzata attività di mediatore, integrandosi pertanto una violazione della richiamata disposizione del Codice. Appurata la sussistenza dei profili sostanziali di responsabilità a carico del calciatore incolpato, nei termini correttamente evidenziati dall’Organo di prima istanza, relativamen¬te alla violazione degli artt. 1 e 4 del Codice, richiede nondimeno un'opera di rimeditazione la quantificazione, in concreto, della sanzione da applicarsi al danni del calciatore, al quale in primo grado è stata inflitta la squalifica a tutto il 31 dicembre 2002. Non può, infatti, non tenersi conto al riguardo che l'art. 8. comma 4. del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva, applicabile In quanto più favorevole per l'incolpato, e che ha preso luogo dell'art. 4, comma 5, C.G.S., non prevede più la durata minima della sanzione, già individuata in un anno. in più. la circostanza che norme organizzative apposite siano intervenute ad arginare espressamente la prassi deplorevole di cui si discute, adottata finora non in diretta viola¬zione quanto inelusione delle norme federali sul tesseramento e sullo svincolo, dequali¬fica almeno in parte il pur necessario momento preventivo che deve connettersi all’infli¬zione di una sanzione. Alla stregua anche dei suddetti elementi, valutate tutte le circostanze del caso. Il Collegio ritiene congrua che venga inflitta al reclamante la sanzione della squalifica a tutto 1131 dicembre 2001. In tal senso il reclamo merita parziale accoglimento, ai fini della riduzione della pena originariamente inflitta. La relativa tassa va restituita. Per questi motivi la C.A.F.. in parziale accoglimento dell'appello come sopra proposto dal calciatore Megna Ivan, riduce al 31.12.2001 la sanzione della squalifica già inflitta dal primi giudici. Ordina la restituzione della tassa versata.
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