F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 84/CGF del 19 Dicembre 2008 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 162/CGF del 6 Aprile 2009. 1) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEI SIGNORI: D’AMICO ANDREA, AGENTE DI CALCIATORI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 3, COMMA 4 E 15 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI; PASQUALIN CLAUDIO, AGENTE DI CALCIATORI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 3, COMMA 4 E 15 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI; RAIOLA CARMINE (DETTO MIMMO), AGENTE DI CALCIATORI PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 10 E 13 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI.

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 84/CGF del 19 Dicembre 2008 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 162/CGF del 6 Aprile 2009. 1) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEI SIGNORI: D’AMICO ANDREA, AGENTE DI CALCIATORI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 3, COMMA 4 E 15 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI; PASQUALIN CLAUDIO, AGENTE DI CALCIATORI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 3, COMMA 4 E 15 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI; RAIOLA CARMINE (DETTO MIMMO), AGENTE DI CALCIATORI PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO SPECIFICO A QUANTO PREVISTO DAGLI ARTT. 10 E 13 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI. Con atto 24.9.2008 la Procura Federale deferiva alla Corte di Giustizia Federale gli Agenti di Calciatori: - il signor Andrea D’Amico per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. in relazione a quanto previsto dall’art. 3 comma 4 e dall’art. 15 del Regolamento Agenti di Calciatori sia per la specifica violazione di obblighi deontologici-comportamentali inerenti alla sua qualifica di agente calciatori, sia per aver reso dichiarazioni erronee agli organi di giustizia; - il signor Claudio Pasqualin per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. in relazione a quanto previsto dall’art. 3 comma 4 e dall’art. 15 del Regolamento Agenti di Calciatori, per violazioni di obblighi deontologici-comportamentali inerenti alla sua qualifica di Agente di Calciatori; - il signor Carmine Raiola, per violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1 comma 1 C.G.S. con riferimento agli artt. 10 e 13 del Regolamento Agenti di Calciatori, nella versione vigente all’epoca dei fatti, per aver svolto attività di intermediazione in favore del calciatore Cesare Natali senza aver preventivamente ricevuto regolare mandato in termini formali. Tutti i deferiti presentavano memorie scritte, che i rispettivi difensori illustravano anche oralmente nell’udienza di discussione. In particolare, il signor Andrea D’Amico eccepiva la violazione dell’art. 32 comma 11 C.G.S., la violazione dell’art. 32 comma 6 C.G.S., la violazione dell’art. 18 comma 4 C.G.S. 2001/2003 (prescrizione) ed in ogni caso, contestava integralmente nel merito le contestazioni ascrittegli. Il signor Claudio Pasqualin riproponeva tutte le eccezioni pregiudiziali e preliminari già sollevate dal signor D’Amico, sollevava altresì il difetto di giurisdizione ed in ogni caso, contestava anch’egli il merito di quanto a lui ascritto. Il signor Carmine Raiola eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione di questa Corte per essere lo stesso titolare di licenza rilasciata da Federazione nazionale diversa da quella italiana (nella specie la Federazione olandese), nonché in relazione al combinato disposto degli artt. 15 e 22 del Regolamento Agenti F.I.F.A. del 2001; sempre in via preliminare contestava poi il difetto di potestà disciplinare di questa Corte nei suoi confronti per non avere egli sottoscritto, né accettato alcuna clausola compromissoria attribuente gli organi di Giustizia Sportiva federali tale potestà. Nel merito, subordinatamente, contestava comunque la rilevanza disciplinare dei fatti lui ascritti nell’atto di deferimento. La Procura Federale ribadiva tutte le contestazioni mosse, replicava alle eccezioni preliminari e pregiudiziali degli incolpati chiedendone la declaratoria di infondatezza e concludeva per la condanna del signor D’Amico alla pena della sospensione per anni 1; al signor Pasqualin alla pena della sospensione per mesi 3; chiedeva altresì dichiararsi la sussistenza di potestà disciplinare della Corte di Giustizia Federale in relazione alla posizione del signor Raiola per il quale concludeva con richiesta di sospensione per mesi 3 e, da ultimo, l’espunzione dagli atti del giudizio dell’esposto presentato dal signor D’Amico 6.4.2008. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene la Corte di esaminare in maniera analitica le varie eccezioni mosse dalle parti nei termini che seguono: DIFETTO DI GIURISDIZIONE Va preliminarmente esaminata, in quanto assorbente, l’eccezione di potestas iudicandi di questa Corte di Giustizia formulata dal signor Raiola, per essere lo stesso – circostanza peraltro pacifica agli atti del giudizio – titolare di licenza rilasciata dalla Federazione Olandese (KNVB) e non da quella Italiana. La formulata eccezione appare meritevole di accoglimento e trova fondamento, ad avviso di questa Corte, nella considerazione che dall’analisi delle norme del Regolamento Agenti F.I.F.A. applicabili al caso di specie (artt. 15 e 22 Regolamento del 2001 e art. 32, comma 1, Regolamento del 2008) emerge, anche da una comparazione delle diverse versioni idiomatiche con la fonte originale in lingua Inglese, che mediante l’utilizzo della locuzione “relevant association” - riferita alle associazioni o federazioni aventi potestà disciplinare e competenza per l’irrogazione delle relative sanzioni nei confronti degli agenti licenziatari - il legislatore F.I.F.A. abbia inteso indicare l’associazione o federazione che abbia rilasciato la licenza all’agente, alla quale lo stesso deve quindi reputarsi affiliato ed alla giurisdizione domestica della quale egli deve ritenersi unicamente sottoposto, indipendentemente dal luogo presso il quale egli abbia effettivamente prestato la propria attività di agente e dalla associazione o federazione di appartenenza dei tesserati oggetto di tale attività. In conseguenza di ciò, gli organi di Giustizia Sportiva della F.I.G.C., e dunque questa stessa Corte, appaiono sforniti di potestas iudicandi nei confronti dell’agente titolare di licenza rilasciata da altra federazione o associazione calcistica, indipendentemente dal fatto che l’attività oggetto di potenziale violazione di norme disciplinari interne alla Federazione Italiana sia stata dall’agente posta in essere con riferimento a calciatori tesserati o società affiliate alla medesima Federazione. Ciò nondimeno, rileva questa Corte come neppure la Federazione Olandese sarebbe dotata nella fattispecie di competenza giurisdizionale nei confronti del Raiola, per avere l’attività dallo stesso svolta interessato soggetti tesserati per la F.I.G.C. ne consegue che, trattandosi di attività svolta da un agente licenziatario di una federazione nei confronti di soggetti tesserati per altra federazione, gli unici organismi forniti della potestà di giudicare l’eventuale violazione di norme disciplinari poste in essere dall’agente nello svolgimento di tale attività è quella sopranazionale, da individuarsi nella Commissione Disciplinare della FIFA, ai sensi dell’art. 32, comma 2, Regolamento Agenti F.I.F.A. 2008. Questa Corte, pertanto, non può che ordinare la trasmissione degli atti del giudizio nei confronti del signor Carmine Raiola alla Segreteria Federale affinché ne investa i competenti organi F.I.F.A. Per ciò che concerne la posizione del Pasqualin, poi, questi asserisce di non essersi mai assoggettato pattiziamente alla giurisdizione domestica ed in ogni caso, di non poterla subire, essendosi volontariamente sospeso dall’Albo degli Agenti di Calciatori. L’eccezione appare infondata sotto il duplice profilo illustrato. Ed invero, quanto all’accettazione pattizia, la stessa si desume in via diretta dall’art. 30 dello Statuto Federale primo e secondo comma, a mente del quale, hanno l’obbligo di osservare lo statuto medesimo ed ogni altra norma federale, i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’Ordinamento Federale. Giusta il disposto degli artt. 1 e 2 del regolamento per l’esercizio dell’attività di agente di calciatori, non può certo sostenersi che la figura dell’agente di calciatori sia irrilevante per l’Ordinamento Federale, atteso che la relativa attività può esercitarsi previa autorizzazione della F.I.G.C., presso la quale è istituito l’Albo degli Agenti e la relativa Commissione. Non di meno, l’agente può operare se ed in quanto munito di regolare licenza e se lo stesso trae la legittimazione del proprio operato dall’accettazione del potere autorizzatorio della Federazione, non può in pari tempo sostenere di essere però svincolato dal suo potere regolamentare. Del pari infondato deve ritenersi il difetto di giurisdizione in relazione alla sospensione dall’albo. La Giustizia Sportiva è applicabile a tutti coloro che hanno un determinato status e detto status come innanzi detto, deriva dal semplice fatto di operare nell’ambito chiaramente delineato dell’art. 30, commi 1 e 2 dello Statuto Federale. Non può dubitarsi che il Pasqualin sia un Agente di Calciatori e come tale, rientrante nello status di colui che svolge attività “comunque rilevante per l’Ordinamento Federale”. Si tratta di esaminare, quindi, con riferimento al caso concreto, se lo stesso, in virtù dell’autosospensione abbia perso il detto status, ovvero, continui a conservarlo. Ritiene la Corte che la sospensione ponga solo in momentanea quiescenza lo status, ma non lo faccia perdere, potendosi ipotizzare la perdita dello status solo a seguito di un comportamento abdicativo di tipo definitivo ovvero di radiazione. Se, quindi, in capo al soggetto persiste lo status, sia pur momentaneamente quiescente, di persona che opera stabilmente in ambito federale, i suoi eventuali comportamenti di rilevanza disciplinare rimangono indefettibilmente assoggettati al vaglio della Giustizia Sportiva. Consegue da ciò l’infondatezza delle proposta eccezione di difetto di giurisdizione. VIOLAZIONE DELL’ART. 32 COMMA 11 C.G.S. La norma in esame prevede che le indagini relative a fatti denunciati nel corso di una Stagione Sportiva debbono chiudersi, salvo proroghe eccezionali concesse dalla Sezione Consultiva di Codesta Corte, prima dell’inizio della Stagione Sportiva successiva. Nelle disposizioni del previgente C.G.S, la chiusura delle indagini e l’atto di deferimento trovavano un loro naturale iato nella circostanza che le relative attività erano demandate a due uffici separati, l’Ufficio Indagini e la Procura Federale, dove il primo svolgeva attività propedeutica per il secondo ed era facilmente individuabile la conclusione della prima attività rispetto alla seconda. Più complessa appare l’attività dell’interprete nella vigenza dell’attuale C.G.S., atteso che l’attività inquirente e requirente sono confluite nell’unico Ufficio e l’Ordinamento non ha individuato alcun criterio di separatezza tra le due funzioni limitandosi a porre solo un termine temporale all’attività inquirente (deve terminare, salvo proroghe autorizzate, prima dell’inizio della stagione successiva). Ritiene la Corte di interpretare che il disposto dell’art. 32 n. 11 C.G.S. sia un termine nell’ambito del generale principio del favor rei e del suo imprescindibile diritto alla difesa, affinché l’incolpato possa individuare un momento finale delle indagini che lo riguardano e la preclusione vada a colpire ogni attività inquirente espletata dopo la consumazione del detto termine. Senonché, l’art. 32 comma 11 C.G.S. pone una “raccomandazione” priva di efficacia in quanto mancante delle relativa sanzione. Quand’anche, virtualmente, si volesse rinvenire nell’ordinamento generale una conseguenza dovremmo fare riferimento analogico alle disposizioni processuali penalistiche, che, nell’ipotesi in discussione, pone l’inutilizzabilità come sanzione. Nella fattispecie, mentre è certo che l’atto di deferimento sia intervenuto in un momento postumo al termine di cui all’art. 32 comma 11 C.G.S. non vi è nessun elemento che possa portare a ritenere che ulteriori indagini siano state compiute successivamente alla scadenza del termine. Conclusivamente, non risultando da alcun elemento probatorio che possa essere stato violato il termine di cui all’art. 32 comma 11 C.G.S., non può affermarsi la conseguente eccepita nullità. VIOLAZIONE DELL’ART. 32 COMMA 6 C.G.S. Quanto dedotto nel punto precedente porta a rigettare anche l’eccezione in esame. Ritenuto infatti per fermo che l’atto di deferimento non rappresenta in pari tempo l’atto di chiusura delle indagini, ed anzi, i due atti sono necessariamente distinti e posti in necessaria consecuzione temporale, atteso che il deferimento può sussistere solo ed in quanto siano ontologicamente terminate le indagini, non è dato rilevare un’espressa sanzione all’omessa comunicazione delle conclusioni delle indagini, se non a mezzo della preclusione temporale di cui al successivo comma 11 del medesimo articolo. Resta però il fatto, assorbente, che nessuna prova è stata data in relazione ad indagini eventualmente esperite dopo il termine ultimo dell’inizio della stagione successiva o di quello in ipotesi prorogato, per cui, deve respingersi la proposta eccezione. ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE L’eccezione è infondata perché la prescrizione invocata è quella che attiene a pattuizioni economiche o comunque alle stesse connesse, mentre nella fattispecie, trattasi esclusivamente di infrazione disciplinare del tutto autonoma, che non può neanche essere posta in connessione con i semplici aspetti economici, laddove peraltro, non può trascurasi che sia il Pasqualin che il D’Amico, hanno, in tutte le maniere per loro possibili, tentato di impedire l’accertamento dei loro colpevoli comportamenti. Non rileva quindi che il conflitto di interessi sia stato posto in essere in relazione a pattuizioni economiche, quanto il fatto, elemento qualificante dell’attività svolta, che l’agente di calciatori possa agire solo nell’interesse di calciatori o di società, ma non nell’interesse di entrambi. L’agente infatti non può essere assimilato al mediatore, che esaurisce la sua funzione nella semplice conclusione dell’affare, ma ad un mandatario professionale che deve massimizzare l’interesse del mandante, laddove è in re ipsa che non possa ottenere detta massimizzazione, laddove operi nell’interesse di più parti in pozione contrattualmente contrapposta. NEL MERITO E’ incontestato in atti che Andrea D’Amico e Claudio Pasqualin abbiano sempre operato congiuntamente, se non altro, sotto il profilo squisitamente economico, atteso che entrambi hanno sempre fatto confluire i relativi personali introiti, dapprima nella A.P.M. S.a.s. e quindi nella P.D.P. S.r.l. della quale entrambi erano e sono soci in parti pressoché uguali e titolari di cariche operative in grado di impegnare le società. E’ altresì acclarato che i due abbiano operato pressoché in parallelo, D’Amico quale Agente del calciatore Cesare Natali e Pasqualin quale consulente delle società con cui via via, in un lungo arco temporale, il detto calciatore ha militato. Premesso che nel rapporto professionale a fronte dell’opera di natura intellettuale il sinallagma è rappresentato dal compenso in denaro e che i proventi economici di entrambi i professionisti confluiscono in un’unica società che poi provvede a distribuirli fra i medesimi in relazione alle rispettive partecipazioni, il D’Amico trae guadagni da ogni propria attività ed in pari tempo da quella del partner ed in maniera esattamente identica e reciproca, ciò accade anche per il Pasqualin. Appare quindi evidente la situazione di conflitto permanente in cui entrambi gli agenti si sono venuti a trovare. Il D’Amico traeva proventi economici dalle provvigioni che doveva a lui versare il calciatore Natali e delle dette provvigioni, confluite in società di capitali, una parte andavano all’agente Pasqualin, ma in pari tempo, le provvigioni del Pasqualin andavano a vantaggio del medesimo ed in parte, all’agente D’Amico. Nulla di rilevante per i due professionisti, se gli stessi non avessero assistito entrambi, su posizione contrapposte, il calciatore e tutte le squadre di rispettiva appartenenza succedutesi nel lungo arco temporale oggetto di esame. Gli illeciti disciplinari risultavano peraltro comprovati anche dai comportamenti collaterali posti in essere dagli incolpati in esame. Ed invero, il D’Amico ha dapprima negato agli stessi organi inquirenti d’aver mai avuto, personalmente o tramite la P.D.P. S.r.l., rapporti con le società sportive, Bologna, Atalanta ed Udinese, risultando poi smentito da precise evenienze documentali ed ha inoltre convinto il calciatore Natali ad accettare il rapporto contrattuale con la società Udinese, nonostante vi fosse un precedente rapporto in essere con emolumenti di gran lunga superiori, inducendolo altresì a rifiutare contemporanea offerta migliorativa di altra squadra, mentre è appena il caso di evidenziare altresì la circostanza che a convincere il calciatore ad accettare il rapporto contrattuale con l’Udinese, ha concorso in misura paritetica il figlio del Pasqualin. Quest’ultimo peraltro ha operato in maniera occulta con l’Udinese Calcio S.p.A., omettendo di sottoscrivere apposito contratto su modulo federale (forse perché si era autosospeso?) e facendosi sottoscrivere una mera ricognizione di debito che non aveva nessun carattere pubblico o accessibile a terzi. Quando peraltro la detta ultima circostanza ha costituito oggetto di indagini da parte della Procura Federale, con un improprio ed infondato richiamo alla tutela della privacy ha diffidato la Udinese Calcio S.p.A. a non produrre la ricognizione di debito. Qual’era il perseguito fine di non far conoscere la sua attività in favore della richiamata società, se non quello di occultare il conflitto con la contemporanea attività svolta dal D’Amico (alla quale si è aggiunta la collaterale attività di suo figlio), in favore del calciatore Natali? Da quanto fin qui dedotto, emerge la piena responsabilità dei sigg.ri Andrea D’Amico e Claudio Pasqualin, che vanno condannati alle sanzioni di cui in dispositivo, mentre deve espungersi dagli atti di codesto giudizio l’esposto a firma Andrea D’Amico in data 6.4.2008, perché del tutto in conferente ai fini del decidere. Per questi motivi la C.G.F.: 1) dichiara il difetto di potestà disciplinare nei confronti del signor Carmine Raiola e dispone la trasmissione degli atti alla Segreteria Federale affinchè ne investa i competenti organi F.I.F.A.; 2) accertata la responsabilità in ordine ai fatti loro ascritti, infligge: a) al signor Andrea D’Amico la sanzione della sospensione per la durata di anni 1; b) al signor Claudio Pasqualin la sanzione della sospensione per la durata di mesi 9; 3) dispone l’espunzione dagli atti del giudizio dell’esposto presentato dal signor D’Amico Andrea in data 6.4.2008.
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