F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1997/1998 Comunicato ufficiale n. 2/CF del 6 novembre 1997 – pubbl. su www.figc.it DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. CELLINO MASSIMO CONSIGLIERE DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI E PRESIDENTE DEL CAGLIARI CALCIO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S., PER AVER STAZIONATO NEL CAMPO PER DESTINAZIONE NEL CORSO DELLA GARA CAGLIARI/SAMPDORIA OEL 25.5.1997 ED IL CAGLIARI CALCIO, AI SENSI DELL’ART. 6 COMMA 1 C.G.S., PER RESPONSABILITA’ DIRETTA.

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1997/1998 Comunicato ufficiale n. 2/CF del 6 novembre 1997 – pubbl. su www.figc.it DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. CELLINO MASSIMO CONSIGLIERE DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI E PRESIDENTE DEL CAGLIARI CALCIO, PER VIOLAZIONE DELL'ART. 1 COMMA 1 C.G.S., PER AVER STAZIONATO NEL CAMPO PER DESTINAZIONE NEL CORSO DELLA GARA CAGLIARI/SAMPDORIA OEL 25.5.1997 ED IL CAGLIARI CALCIO, AI SENSI DELL'ART. 6 COMMA 1 C.G.S., PER RESPONSABILITA' DIRETTA. Con nota del 18 luglio 1997, i1 Procuratore Federale deferiva alla Corte Federale il Presidente della Società Cagliari Calcio e Consigliere della Lega Nazionale Professionisti Massimo Cellino e la società Cagliari Calcio, contestando loro gli addebiti in epigrafe riportati. Il deferimento - ruolo 1/97-98 - veniva trasmesso alla Corte Federale. I1 Cellino e la società Cagliari Calcio, con atto del 25 agosto 1997, rimettevano deduzioni a difesa. Nella seduta del 12 settembre 1997, 1a Procura Federale era rappresentata dell'avv. Carlo Porceddu; i deferiti erano rappresentati dell'avv. Fabio Fazzo, giusta procura dell'8 settembre 1997, esibita in udienza e depositata in atti. Nella udienza di discussione, la Procura Federale e la difesa degli i incolpati hanno svolto rispettivamente le loro tesi. Il Cellino e la Società Cagliari Calcio, con le loro memorie, illustrate in sede di discussione, adducono due motivi di doglianza: il primo di natura processuale ed i1 secondo di merito. Con il primo motivo, gli incolpati eccepiscono l'incompetenza dell'Ufficio Indagini a rilevare le violazioni dedotte in giudizio. Secondo gli stessi, l'Ufficio Indagini sarebbe "privo dei poteri di referto e denuncia" (cfr. pag. 2 della memoria). Il motivo proposto è privo di fondamento, in quanto l'Ufficio Indagini è investito, a norma del primo comma dall'art. 21 del Codice di Giustizia Sportiva, proprio delle funzioni che le parti deferite indebitamente contestano. Invero, 1a disposizione citata suona nel seguente modo: "l'Ufficio Indagini della F.I.G.C. ha il compito di svolgere, d'ufficio o su denuncia o richiesta, indagini nelle materie di cui agli arti. 1, 2, 3 e 4 del presente Codice, eccezion fatta per le indagini riflettenti i casi di tesseramento nell'ambito regionale, che sono demandati ai relativi Comitati Regionali, i cui organi possono, in casi particolari, richiedere l'intervento dell'Ufficio. L'Ufficio Indagini svolge altresì, ogni altra indagine richiestagli espressamente dagli Organi Federali". E - poiché, per il primo comma dall'art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva, "le persone e gli organismi comunque soggetti alla osservanza delle norme federali devono mantenere condotta conforme ai principi sportivi della lealtà, della probità e della rettitudine,nonché della correttezza morale e materiale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e sociale", e, per i1 primo comma dall'art. 2 dello stesso Codice, "rispondono di illecito sportivo le società, i loro dirigenti, i loro soci ed i tesserati in genere, i quali compiono o consentono che altri a loro nome o nel loro interesse, compiano con qualsiasi mezzo, atti diretti ad alterare lo svolgimento od il risultato di una gara..." - deve ritenersi che, in base al coordinato disposto delle norme contenute negli arti. 21, 1 e 2 del Codice di Giustizia Sportiva, non possa non riconoscersi il potere dell'Ufficio Indagini della Federazione Italiana Giuoco Calcio di svolgere le indagini volte a riconoscere e sanzionare i comportamenti vietati dalle norme federali, posti in essere dai dirigenti sportivi. Il primo motivo di censura è, quindi, da respingere. Con il secondo motivo, il Cellino sostiene la legittimità del suo comportamento. Al fine di comprendere esattamente le linee difensive prospettate dall'incolpato, occorre muovere dalla definizione, data, con le Regole del Giuoco del Calcio, al c.d. "campo per destinazione". ' Con le disposizioni di carattere generale sui campi di giunco, si stabilisce, tra l'altro, in seno alla regola n. 1, che "Tra le linee perimetrali del terreno di giunco ed il pubblico od un ostacolo qualunque (muro, rete, fossato, alberi od altro) vi deve essere una striscia di terreno piena e al medesimo livello del terreno di giunco, della larghezza minima di metri 1,50, denominata "campo per destinazione". Alla luce di tale normativa, va valutata la difesa del Cellino. Sostiene i1 Cellino di essersi sistemato, nel corso della partita Cagliari/Sampdoria del 25 maggio 1997, su di una tribunetta corredata da poltroncine mobili, posta all'interno della recinzione, ma (secondo la difesa del Cellino) al di fuori del c.d. "campo per destinazione" (cfr. pag. 4 della memoria difensiva). Inoltre, i1 Cellino adduce che per collocarsi in tale posizione non era necessario il suo inserimento nella lista, da consegnarsi a11'arbitro, di persone autorizzate a11'ingresso in campo (regola n. 5). La tesi difensiva del Cellino non è condivisibile, in quanto, ai sensi e per i riflessi del richiamato testo della regola 1 delle Regole del Giuoco, è possibile desumere che il requisito richiesto per 1a delimitazione del c.d. "campo per destinazione" debba essere costituito da un ostacolo quale: una recinzione, un albero, un fossato, atto ad interrompere la continuità tra il campo di giunco (ivi ricompreso il c.d. "campo per destinazione") e gli spettatori. Nel caso del campo sportivo di Cagliari, l'unico preteso "momento interruttivo" sarebbe, secondo la difesa dell'incolpato, costituito dalla pista di atletica. Ma poiché la pista non costituisce un ostacolo atto ad interrompere la continuità rispetto al campo di giunco, deve ritenersi che la giustificazione addotta non colga nel segno. Dal che la sua indiscutibile infondatezza. Va rilevato, infatti, che, nella fattispecie in esame l'ostacolo di cui si discute è costituito esclusivamente dalla recinzione che separa, al di là della pista di atletica, il campo di giunco (ivi compreso quello c.d. per destinazione) dalla tribuna. Per modo che, alla luce di quanto innanzi detto, può ritenersi, evidente come il c.d. "campo per destinazione", costituito dallo spazio intercorrente tra il campo di giunco e l'ostacolo che interrompe la continuità fra lo stesso e le tribune, destinate ad ospitare gli spettatori, debba considerarsi ricompreso nel campo di giunco, sì da formare con lo stesso un tutt'uno. Ora, poiché, nel caso dello stadio di Cagliari, l'ostacolo, tra questo e le tribune, è costituito dalla recinzione, posta, oltre la pista di atletica, a separazione della stessa tribuna destinata al pubblico, deve ritenersi che tutto quanto sia situato all'interno di tale recinzione sia da considerarsi ricompreso nel campo di giuoco anche se insistente nel c.d. "campo per destinazione". Alla luce di quanto, sin qui, prospettato, può, quindi, affermarsi, la responsabilità del Cellino. Questi, predando posto, senza esserne autorizzato, all'interno del c.d. "campo per destinazione", e, pertanto, del campo di giunco, sì da trovarsi, senza la sussistenza di alcun ostacolo, in dirette contatto con i protagonisti della gara (come risulta chiaramente dalla relazione del 27.5.1997 del collaboratore dell'Ufficio Indagini signor Gior9io Cossu),ha contravvenuto alle regole poste dalle Carte Federali in ordine ai comportamenti dei dirigenti. Conseguentemente, deve considerarsi accertata la responsabilità diretta della società Cagliari Calcio, di cui il Cellino è Presidente. In base a detta constatazione, appare opportuno trasmettere conia della presente decisione alla Commissione Campi Sportivi, affinché verifichi la regolarità della tribunetta eretta all'interno della recinzione, posta sul campo della società Cagliari Calcio, ordinandone eventualmente la rimozione o una modificazione di assetto corrispondente alle regole sopracitate. Per 1e suesposte ragioni, va dichiarata la responsabilità del dott. Massimo Cellino, Presidente della società Cagliari Calcio e (all'epoca dei fatti) Consigliere della Lega Nazionale Professionisti, per la violazione dall'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dall'art. 66 della N.O.I.F. e la conseguente responsabilità, diretta, ai sensi dall'art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, della società Cagliari Calcio. Per questi motivi la Corte Federale, pronunciando sul deferimento come sopra proposto dal Procuratore Federale, dichiara il Dott. Massimo Cellino responsabile delle violazioni a lui ascritte e gli infligge la sanzione dell'inibizione temporanea per 20 giorni; dichiara, inoltre, 1a società Cagliari Calcio responsabile delle violazioni ascritte ad essa a titolo di responsabilità diretta, infliggendole la sanzione della pena pecuniaria di L. 2.000.000.
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