F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 7/CF del 31/8/2004 RICHIESTA DEL PRESIDENTE FEDERALE DI PARERE INTERPRETATIVO ART. 27 STATUTO FEDERALE
	
                F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it
e sul
Comunicato ufficiale n. 7/CF del 31/8/2004
RICHIESTA DEL PRESIDENTE FEDERALE DI PARERE INTERPRETATIVO ART. 27
STATUTO FEDERALE
Con nota del 27 agosto 2004 il Presidente Federale ha chiesto a questa Corte, ai sensi e per gli effetti  dell’articolo  22,  comma  1  del  Codice  di  Giustizia  Sportiva,  parere  relativamente  alla possibilità che “enti o organi federali, soggetti affiliati o tesserati federali, convenuti in giudizi penali, civili   o   amministrativi   da   altro   soggetto   appartenente   all’ordinamento   federale,   senza   che quest’ultimo abbia ottenuto la deroga prescritta dall’art. 27 dello Statuto, possano tempestivamente esercitare  il  proprio  diritto  di  difesa,  esperendo  ogni  utile  attività  a  tal  fine  senza  richiedere autorizzazione ad adire le vie legali”.
La Corte osserva che la norma di cui all’articolo 27 dello Statuto federale contempla un complesso sistema di disposizioni volte all’assoggettamento dei tesserati all’ordinamento federale sia sotto il profilo dell’obbligo di osservanza dei provvedimenti generali e delle decisioni federali sia sotto il profilo del necessario percorso – salva motivata deroga del Consiglio Federale – delle istanze di   Giustizia   Sportiva   per   far   valere   diritti   collegati   alla   propria   posizione   nell’ambito dell’ordinamento particolare.
Il  presupposto  della  norma  è  evidentemente  quello  dell’autosufficienza  dell’ordinamento federale a risolvere ogni controversia attraverso i propri gradi di giustizia interna; la norma stessa è, a propria  volta,  oggetto  di  accettazione  implicita  –  per  il  solo  fatto  dell’inerenza  soggettiva  alla Federazione – da parte dei destinatari, che ne rimangono, così, vincolati. Il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – di cui la disposizione in parola è un ineliminabile riflesso  – non solo non ha subìto disconoscimenti normativi (avendo, anzi, ricevuto implicito consolidamento in recenti provvedimenti del 2003) ma è stato beneficiario dell’avallo della giurisprudenza di legittimità ed amministrativa, con conseguente determinazione dei limiti e delle aree di cognizione del giudice statale su atti o provvedimenti delle Federazioni sportive.
Coerentemente, lo Statuto federale attribuisce espresso carattere di illiceità disciplinare alle violazioni o alle azioni comunque tendenti all’elusione degli obblighi posti dall’articolo 27 citato.
Ciò  non  toglie,  tuttavia,  che,  seppur  radicata  per  effetto  di  una  violazione  disciplinare, l’azione  giudiziaria  intrapresa  in  difetto  della  deroga  concessa  dal  Consiglio  Federale  presenti caratteri e struttura del tutto coincidenti, quanto alla posizione del vocato in giudizio, a quelli di un ordinario  processo  pendente  tra  soggetti  estranei  alla  Federazione  o  preceduto  dalla  necessaria autorizzazione all’attore da parte del Consiglio Federale.
In altri termini, l’ente o organo federale, il soggetto affiliato o tesserato federale, chiamato in giudizio da altro soggetto appartenente all’ordinamento federale, pur in violazione della disposizione dell’articolo 27 citato, è titolare di tutte le posizioni soggettive attive e passive (diritti, facoltà, oneri, obblighi) incombenti su ogni soggetto dell’ordinamento di diritto comune.
Egli  ha,  quindi,  il  diritto-dovere  di  esercitare  tali  posizioni  allo  scopo  di  non  subire pregiudizio dall’azione altrui, intentata in dispregio della normativa federale, e per non incorrere in tutte le sanzioni decadenziali, preclusive e di accoglimento della domanda avversaria, cui andrebbe incontro in caso di inerzia.
Ciò  del  resto  obbedisce  alla  logica  della  incondizionata  giustiziabilità  dei  diritti  e  degli interessi legittimi scolpita dall’art. 113 della Costituzione, la cui deroga non sarebbe in nessun caso ed a nessun livello concepibile.
Ora, una volta riconosciuto come certo ed incomprimibile il diritto di difesa del convenuto – naturalmente includendo in esso, in primo luogo e se del caso, l’eccezione di incompetenza derivante dalla violazione della clausola compromissoria – in azioni del tipo di quelle che costituiscono oggetto del quesito, sarebbe arbitrario ed irrazionale circoscriverlo al mero esercizio di attività difensive in senso stretto o di semplice eccezione, con esclusione di quelle ulteriori facoltà che traggono origine, ai sensi dell’articolo 36 del cod. proc. civ., dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione o che comunque risultano collegate alla domanda. Questa  conclusione  non  trova  solo  alimento  dalla  necessaria  pienezza  della  posizione processuale spettante ad ogni soggetto chiamato a difendersi, ma si nutre di almeno due ulteriori,
concorrenti ragioni.
La prima è che le difese così spiegate dal convenuto traggono origine, ed ad esse sono geneticamente  collegate,  dalla  domanda  avversaria  e  dal  suo  titolo,  sicché  non  v’è  ragione  per premiare l’attore inadempiente al precetto federale paralizzando l’incolpevole convenuto, tanto più che, ormai, con la vocatio in ius lo strappo all’ordinamento federale si è irretrattabilmente consumato. In  secondo  luogo,  se  per  assurdo  il  convenuto  dovesse  essere  privato  della  facoltà  di ampliamento necessario ed indotto dall’altrui domanda del proprio diritto di difesa (divenendo “in excipiendo actor”), dovrebbe altrettanto incongruamente ammettersi che  egli possa esercitare tale azione  –  che  in  nessun  modo  può  essergli  preclusa  –  all’interno  della  giustizia  sportiva,  con l’abnorme conseguenza del possibile contrasto tra giudicati e della violazione del principio del simultaneus processus. Senza, peraltro, considerare che verosimilmente si determinerebbero ipotesi di litispendenza o continenza di cause che condurrebbero, ai sensi dell’ articolo 39 cod. proc. civ.,
all’affermazione certa della competenza del giudice (statale) per primo adito.
Alla stregua del complesso delle ragioni concorrenti illustrate, deve escludersi che i soggetti convenuti di cui al quesito abbiano l’onere, al fine di esercitare il diritto di difesa secondo la latitudine descritta prima, di richiedere l’autorizzazione al Consiglio Federale.
PQM
esprime il parere che enti o organi federali, soggetti affiliati o tesserati federali, convenuti in giudizi penali, civili o amministrativi da altro soggetto appartenente all’ordinamento federale, senza che   quest’ultimo   abbia   ottenuto   la   deroga   prescritta   dall’art.   27   dello   Statuto,   possano tempestivamente esercitare il proprio diritto di difesa, esperendo ogni utile attività a tal fine senza richiedere autorizzazione ad adire le vie legali.
                
                
                
                
                
                
                
                
                
                
                
                                
				
                
            