F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 21/CF del 28 giugno 2007 4. RICORSO DELLA SOCIETÀ TERNANA CALCIO S.P.A. EX ART. 22 COMMA 3 CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it
e sul Comunicato ufficiale n. 21/CF del 28 giugno 2007
4. RICORSO DELLA SOCIETÀ TERNANA CALCIO S.P.A. EX ART. 22 COMMA 3 CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA
Svolgimento del procedimento Con ricorso del 23 maggio 2007 la Ternana Calcio S.p.A. chiedeva a questa Corte, ai sensi dell’art. 22, comma 3, C.G.S., l’annullamento del provvedimento emesso il precedente 16 marzo dalla Lega Professionisti di Serie C, ribadito a distanza di 14 giorni, con cui, a seguito della decisione adottata il 13 marzo 2007 dal Collegio Arbitrale della stessa Lega, veniva confermata la decadenza, decorrente dal 1 luglio 2006, del tesseramento del calciatore Houssine Kharja nei confronti della società ricorrente. Questa esponeva a sostegno della propria domanda che, con comunicazione diretta anche al calciatore, in data 13 gennaio 2007 il Presidente della medesima Lega si era pronunciato nel senso che il Collegio Arbitrale, chiamato a decidere nel novembre precedente su due ricorsi proposti dalla ricorrente nei confronti del calciatore per l’irrogazione di sanzioni economiche conseguenti a dichiarazioni lesive del decoro e dell’onorabilità della società, nonché alla mancata risposta alle convocazioni, aveva dichiarato solo in via incidentale la nullità del contratto intercorrente tra le parti per le stagioni 2006/2007 e 2007/2008 ed ai soli fini del rigetto dei ricorsi “senza quindi, efficacia di giudicato, riguardo alla validità del contratto”, anche alla luce della circostanza che la questione della validità del contratto pendeva davanti all’autorità giudiziaria di Firenze. La ricorrente esponeva, inoltre, che successivamente alla ricezione della menzionata comunicazione il calciatore aveva adito il Collegio Arbitrale chiedendo la correzione dell’errore materiale presente nei due lodi precedenti che sarebbe consistito nella mancata trasposizione nel dispositivo della dichiarazione di invalidità contrattuale racchiusa nella motivazione. Il Collegio, con ulteriore lodo del 9 marzo 2007, dichiarava ammissibile l’istanza ai sensi dell’art. 826 Cod. Proc. Civ. e nel merito dichiarava non luogo a provvedere in ordine alla stessa. Di seguito alla pronuncia di quest’ultimo lodo, la Lega Professionisti Serie C adottava il provvedimento impugnato, poi ribadito con successiva lettera del 30 marzo 2007 in cui si affermava che il lodo stesso si era pronunciato nel senso appena indicato in quanto i lodi del novembre 2006 avevano “già inequivocabilmente accertato e dichiarato la nullità ex tunc del contratto inter partes e la conseguente attuale inefficacia del contratto stesso”. Contro tale coppia di provvedimenti la ricorrente insorgeva in quanto al tempo stesso lesivi del diritto fondamentale al mantenimento del vincolo di tesseramento del calciatore e in suscettibili di altra forma di impugnazione a carattere rimediale, deducendone la illegittimità sotto il profilo che essi erano stati adottati assumendo come loro base costitutiva il lodo del 9 marzo 2007 viziato da un’erronea ammissibilità dell’istanza del calciatore volta alla correzione di un preteso errore materiale da cui sarebbero stati affetti i precedenti lodi: non sarebbe ricorso, infatti, ad avviso della Società, alcuna delle ipotesi legittimanti la richiesta ai sensi del combinato disposto degli art. 826 e 823 Cod. Proc. Civ. Tale originario errore si sarebbe riflesso in un’esorbitanza del lodo rispetto al mandato conferito dalla parte che si era rivolta al Collegio. Derivativamente sarebbe scaturita l’illeggitimità dei provvedimenti della Lega Professionisti di Serie C adottati sul presupposto di un lodo nullo ed in contraddizione con il proprio precedente provvedimento del 13 gennaio 2007 con cui si era negata ai lodi del 25 novembre 2006 l’efficacia costitutiva dell’annullamento del contratto sportivo tra le parti, anche nelle due stagioni 2006/2007 e 2007/2008. Nelle conclusioni la ricorrente chiedeva che, per effetto della caducazione richiesta, la Corte ripristinasse il vincolo di tesseramento del calciatore Kharja “con conseguente dichiarazione di invalidità di tutti gli atti successivamente compiuti al provvedimento annullato”. Si costituiva con memoria il calciatore il quale deduceva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per il difetto delle condizioni volute dall’art. 22, comma 3, C.G.S. ed in particolare per l’esistenza all’interno dell’ordinamento federale di un rimedio e di una competenza tipici nella materia in esame, riconducibili all’intervento della Commissione Tesseramenti non adita dal ricorrente. Nel merito eccepiva l’infondatezza del ricorso e la legittimità dei provvedimenti impugnati. Si costituiva, altresì, la Lega Nazionale Professionisti per resistere al ricorso di cui eccepiva l’inammisibilità per il difetto delle condizioni legittimanti il suo promuovimento, ed in particolare di quella della residualità del rimedio ben surrogabile attraverso l’intervento della competente Commissione Tesseramenti; eccepiva, altresì, la genericità della domanda di annullamento di non specificati provvedimenti successivi a quelli impugnati in via principale, nonché l’infondatezza nel merito del ricorso. Si costituiva, infine, per resistere al ricorso anche la società Piacenza F.C. S.p.A. che in data 30 marzo 2007 aveva depositato presso la Lega Nazionale Professionisti – che vi diede tempestiva esecuzione – il contratto di prestazione sportiva stipulato nella stessa data con il calciatore, nonché la relativa variazione tesseramento quale conseguenza della decadenza del precedente tesseramento dello stesso con la Società odierna ricorrente. In particolare l’interveniente sollevava gli stessi argomenti esposti dalla L.N.P. al fine della dichiarazione di inammissibilità e, comunque, del rigetto del ricorso. Non si costituiva la Lega Professionisti Serie C. All’udienza di discussione intervenivano tutte le parti costituite ad eccezione della L.N.P.. Motivi della decisione Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto delle condizioni che ne avrebbero dovuto legittimare la proposizione ai sensi dell’art. 22, comma 3, C.G.S.. Ed invero, se può convenirsi circa la rilevanza che, nell’economia delle posizioni tutelabili facenti capo ai soggetti dell’ordinamento sportivo, assume la titolarità di un contratto di prestazioni sportive, attesane l’importanza delle conseguenze, patrimoniali e non e dei vincoli obbligatori che ne discendono e che contribuiscono a connotarne lo status nell’ambito dell’ordinamento stesso, è da escludere che, nel caso di specie, ricorra il presupposto della sussidiarietà del rimedio invocato rispetto ad una pretesa lacuna ordinamentale nonché di quello, implicito ma inequivocabile, del possesso, da parte della ricorrente, di una situazione astrattamente tutelabile. L’indagine cui la Corte è chiamata a tal proposito deve logicamente muovere dalla qualificazione dell’oggetto e del fine della pretesa avanzata dalla società ricorrente. Ora, questa apparentemente limita il raggio della propria azione alla richiesta di una pronuncia caducatoria del provvedimento con cui il 16 marzo 2007 la Lega Professionisti di Serie C “confermò la decadenza del tesseramento del calciatore Kharja Houssine nei confronti di codesta società a far data dall’1.7.2006”. Tuttavia, la lettura dell’intero telaio delle difese della società ricorrente porta all’agevole conclusione che, a fondare la richiesta dell’eliminazione dal mondo del diritto sportivo del provvedimento impugnato, si pone la sua lamentata illegittimità, derivata a propria volta dall’illegittimità originaria dell’atto presupposto, e cioè il lodo del Collegio Arbitrale di sette giorni precedente. Ed infatti, il ricorso analiticamente ed espressamente denuncia i vizi da cui il lodo stesso sarebbe insanabilmente affetto, identificandoli apertamente nella carenza dei requisiti che avrebbero potuto indurre il Collegio a dichiarare ammissibile l’istanza di correzione del precedente lodo del 25 novembre 2006 proposta dal calciatore e, quindi, a pervenire ad una conclusiva decisione di non
luogo a provvedere che, al tempo stesso, ribadiva la previa dichiarazione di “nullità ex tunc del contratto inter partes e la conseguente attuale inefficacia del contratto stesso” ed affermava che “l’efficacia precettiva del lodo debba inevitabilmente portare la Lega a considerare nullo il contratto ed a dichiarare l’insussistenza del vincolo”. Proprio in quest’ultima statuizione si colloca il pregiudizio dedotto dalla ricorrente, che vi ha visto la chiara sollecitazione alla Lega competente a pronunciare la decadenza del tesseramento. Ed in effetti, la sollecitazione, incontrovertibile e precisa, fu puntualmente raccolta dalla Lega stessa che, con il provvedimento impugnato, si determinò alla dichiarazione di decadenza, facendo “seguito ai provvedimenti assunti in data 13.3.2007 dal Collegio Arbitrale di questa Lega”. È, pertanto, evidente, da un canto e coerentemente con le disposizioni che regolano l’efficacia delle decisioni pronunciate dai collegi arbitrali il carattere puramente esecutivo del lodo del 9 marzo 2007 che il provvedimento impugnato rivestiva, e, d’altro canto, che proprio in virtù della natura attuativa del provvedimento stesso la relativa impugnazione è logicamente e finalisticamente destinata a risolversi nell’impugnazione dell’atto presupposto ed originario, e cioè, il lodo stesso. Ed a questo concretamente tendeva il ricorso odierno, alla rimozione degli effetti che dal lodo scaturirono e, primo e decisivo tra essi, del provvedimento della Lega del 16 marzo 2007. Ma il sistema ordinamentale non attribuisce ai soggetti che vi appartengono alcuna posizione tutelabile, nemmeno nella perseguita logica sussidiaria, che si traduca in un’impugnazione, non solo dei lodi arbitrali ma anche dei provvedimenti doverosamente applicativi adottati nel medesimo ambito ordinamentale. Il complesso sistema giustiziale, risultante dalle varie disposizioni federali, a partire da quella dell’art. 47 C.G.S., ha operato una consapevole scelta circa la sorte delle decisioni pronunciate dai Collegi Arbitrali prevedendo un obbligo di conformazione a carico della Federazione, e con scelta insindacabile, perché sfugge a qualunque rilievo di irrazionalità, non contemplando rimedi o reazioni rispetto a tali decisioni. In altri termini non si è sul punto in presenza di una lacuna ordinamentale ma di una coerente e logica opzione a favore della riconosciuta capacità di immissione dei lodi arbitrali nell’ordinamento federale. Ora, poiché, per le ragioni prima esposte, il ricorso va interpretato come oggettivamente indirizzato al conseguimento della caducazione del lodo e, quindi, ad un esito contraddittorio rispetto alle previsioni generali dell’ordinamento, ed in particolare di quella racchiusa nel citato articolo 47, la conclusione non può che essere nel senso della sua eccentricità rispetto a spirito e lettera dell’art. 22, comma 3. C.G.S. e, pertanto, della sua inammissibilità con conseguente incameramento della tassa. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie, che trae origine anche dal modificato atteggiamento della Lega di competenza in merito ai propri compiti riguardo ai lodi succedutisi nel tempo, la Corte reputa equo compensare tra tutte le parti costituite le spese di difesa e di procedimento. P.Q.M. La Corte Federale dispone la inammissibilità del ricorso e ordina incamerarsi la tassa reclamo.