Decisione C.S.A.: Comunicato ufficiale n. 124/CSA del 10 Giugno 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 131/CSA del 24 Giugno 2015 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque – Com. Uff. n. 733 del 18.5.2015
Impugnazione – istanza:1. RICORSO DELL’A.S.D. AUGUSTA 1986 AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PLAY OFF “SERIE A2” SECONDO TURNO CARLISPORT COGIANCO/AUGUSTA 1986 DEL 15.5.2015 (
Massima: Corretta è la decisione che ha disposto la disputa dell’incontro in quanto “la partita non è stata disputata per il diniego formulato dalla questura all’utilizzo dell’impianto, in quanto non era stato esibito alla autorità richiedente il relativo certificato di agibilità dell’impianto medesimo” fattispecie che, a giudizio del Giudice Sportivo “non rientra tra le ipotesi che possano dare luogo a responsabilità oggettiva, in quanto la mancata produzione del documento richiesto dall’autorità di Polizia fa carico esclusivamente al Sindaco del Comune, non investendo minimamente responsabilità alcuna a carico della società. La Corte evidenzia che la disciplina federale di riferimento, costituita dalle previsioni contenute nel Com. ffU. n. 909 del 16.6.2014 della Divisione Calcio a 5 della L.N.D. (richiamato dal Com. Uff. n. 1 della Stagione Sportiva 2014/2015) prevede espressamente che, ai fini dell’iscrizione al Campionato nazionale di serie A2 della Divisione Calcio a 5, le società debbono depositare, tra gli altri documenti, “la dichiarazione di responsabilità sottoscritta dal Presidente e Legale Rappresentante, in merito alla sicurezza ed agibilità anche nell’eventualità che gli organi preposti assumano particolari disposizioni in relazione all’utilizzo dell’impianto ed all’effettuazione delle medesime gare”. Con la sottoscrizione della predetta dichiarazione di responsabilità, il Presidente e legale rappresentante della società e, tramite esso, la stessa Società “dichiara di assumersi ogni responsabilità in merito alle gare che saranno disputate presso l’impianto….. in modo specifico ai fini della sicurezza ed agibilità anche nell’eventualità che gli organi preposti assumano particolari disposizioni in relazione all’utilizzo dell’impianto ed all’effettuazione delle medesime gare”. Tale dichiarazione è stata regolarmente sottoscritta dal Presidente della società ed è agli atti del presente procedimento. Ad avviso di questa Corte, la predetta previsione non può che essere intesa nel senso che sulla società ospitante grava l’obbligo di assicurare, per tutta la durata del Campionato, la sicurezza e agibilità dell’impianto nel quale dovranno essere disputate le gare. Di ciò è conferma il fatto che, sempre nell’ambito federale ma con riferimento ad altro settore calcistico, la previsione in argomento è stata ulteriormente riempita di contenuto, onerando le società, al momento dell’iscrizione al Campionato, di trasmettere agli Organi federali la licenza di agibilità dell’impianto, rilasciata dall’apposita Commissione di Vigilanza Comunale, o Provinciale, sui Pubblici Spettacoli (cfr. Com. Uff. n. 30 del 16.10.2014 del Comitato Regionale Campania della L.N.D. della F.I.G.C.). Ciò posto, per potere affermare la responsabilità di una Società per non avere assolto di cui più sopra, con conseguente sanzione della perdita sportiva della gara non disputatasi per inagibilità dell’impianto, occorra verificare che la società sia stata posta in grado, in concreto, di assumere tutte le iniziative che, secondo i canoni della ordinaria diligenza, sarebbero state in grado di assicurare la disputa della gara. Orbene, nel caso di specie, tale verifica ha dato esito negativo. Come si evince, infatti, dalle risultanze degli accertamenti effettuati dalla Procura Federale in esecuzione dell’ordinanza istruttoria, adottata dalla Corte, il Commissariato Distaccato di P.S. ha richiesto, in data 14.5.2015, al Comune o il provvedimento autorizzatorio relativo all’agibilità del Palazzetto dello Sport “; richiesta che veniva riscontrata dal Comune nella medesima data del 14.5.2015, con l’invio del solo certificato di idoneità statica del Palazzetto. Della predetta interlocuzione, la società non ha avuto alcuna conoscenza, né diretta (ovvero dagli Organi di P.S.) né indiretta (dal Comune); una circostanza, quest’ultima, che non ha, pertanto, consentito, nel caso concreto, alla predetta Società di attivarsi (per esempio, ricercando tra i propri atti l’eventuale copia della licenza di agibilità) al fine di garantire l’agibilità dell’impianto, in assolvimento di quell’obbligo assunto con la dichiarazione di responsabilità più sopra richiamata.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 7 del 03/04/2013 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. pubblicata sui C.U. n. 94/CGF del 20 novembre 2012
Parti: Cagliari Calcio S.p.a./A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Corretta è la decisione della Corte di Giustizia Federale che ha confermato la decisione del Giudice Sportivo che aveva a sua vola inflitto alla società la sanzione della perdita della gara per 0-3 per non aver disputato la stessa a seguito di un provvedimento prefettizio che disponeva il differimento della gara intervenuto in risposta ad un comunicato stampa apparso sul sito internet della società, con il quale si invita(va) e chiede(va) ai tifosi della squadra titolari di biglietti e di abbonamento” (titoli di accesso di cui il Prefetto aveva disposto il rimborso o l’annullamento a cura della società) “a recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari – Roma nel rispetto dell’ordine e della civiltà”, disattendendo di fatto il precedente provvedimento del prefetto che aveva disposto lo svolgimento della gara a porte chiuse.
Massima: Deve essere disattesa la censura della società ricorrente che assume che il mancato svolgimento della partita non dovrebbe essere addebitato alla soc. Cagliari, ma fatto risalire al factum principis (il provvedimento prefettizio che ha vietato lo svolgimento della partita il 23 settembre 2012). La determinazione del Giudice Sportivo, che ha disposto la sconfitta a tavolino del Cagliari nei confronti della Roma per 0 a 3, espone con chiarezza le ragioni per le quali si riteneva di addebitare alla società Cagliari la mancata disputa della partita. Nella prima parte, di natura espositiva, dell’atto (primo e terzo periodo), si menzionano le vicende, fino a quel momento intervenute, concernenti la partita Cagliari - Roma: il provvedimento prefettizio che aveva disposto la disputa della partita a porte chiuse a salvaguardia della incolumità pubblica; il comunicato del presidente del Cagliari che istigava la tifoseria a violare le dette prescrizioni; il successivo provvedimento prefettizio con il quale, per ragioni di ordine pubblico, si negava lo svolgimento della partita. Nella seconda parte, di carattere dispositivo (secondo e, soprattutto, quarto periodo), il Giudice Sportivo - facendo leva sul fatto che il comunicato del presidente del Cagliari sollecitava i tifosi a violare norme delle quali l’art. 12, n. 2, C.G.S. impone l’inderogabile rispetto (quelle dettate a salvaguardia dell’ incolumità e della sicurezza negli stadi), riconduceva alla società Cagliari il fatto che la partita non avesse potuto conseguire svolgimento. Era, infatti, da attribuire – si legge nel provvedimento - alla “provocatoria” iniziativa assunta dalla società Cagliari, rivolta a sobillare la sua tifoseria ad infrangere la prescrizione prefettizia dello svolgimento della partita senza presenza di pubblico, dettata a salvaguardia della incolumità e sicurezza pubblica, il fattore che aveva condotto a vietare la disputa del confronto tra le due squadre il 23 settembre 2012 nello stadio “Is Arenas” di Quartu S. Elena. È da negare poi che, nella specie, ricorressero le condizioni perché il Giudice Sportivo disponesse, nell’ esercizio dei poteri speciali di cui all’art. 17, quarto comma, C.G.S. (presenza di eventi di carattere non strettamente tecnico o di natura eccezionale), in sostituzione della sanzione della sconfitta a tavolino, la mera ripetizione della gara. Non è esatto anzitutto – per quanto attiene alla ricostruzione dei fatti - che la società Cagliari si sia dichiarata disponibile (come afferma, invece, oggi nelle sue difese) a rinunciare alla disputa della partita Cagliari – Roma nello stadio Nereo Rocco di Trieste (sede ordinaria delle competizioni domestiche per l’indisponibilità in Cagliari di uno stadio adeguato) solo a condizione che la disputa della partita nello stadio di Quartu S. Elena fosse stata autorizzata con accesso pur se limitato di pubblico (il c.d. pubblico fidelizzato). Dalla nota del 7 settembre 2012, proveniente proprio dalla società Cagliari, risulta che quest’ultima ha chiesto, invece, di espletare la partita allo stadio di Quartu S. Elena con le stesse modalità della partita disputata con l’Atalanta il precedente 2 settembre e, perciò, a porte chiuse. È, comunque, assorbente rilevare che, quando pure gli eventi accaduti potessero ritenersi avvenuti (e ciò non è) secondo quanto afferma la società ricorrente (rilascio di autorizzazione, da parte del Prefetto, per la disputa della partita a porte chiuse in luogo della autorizzazione richiesta per lo svolgimento della partita con presenza di pubblico sia pure limitato), in nessun caso la delusione delle aspettative della società Cagliari potrebbero farsi assurgere a causa giustificativa o attenuante di un comunicato - quale quello del Presidente del Cagliari - capace di condurre alla violazione delle norme di sicurezza e, addirittura, ad uno scontro tra la tifoseria e le forze dell’ordine tenute a far rispettare il provvedimento prefettizio che consentiva, per le condizioni di insicurezza dello stadio, la disputa della partita solo a porte chiuse.
Massima: È pure infondata la doglianza con la quale si sostiene che al Giudice sportivo era interdetta la facoltà di considerare disputata la partita Cagliari – Roma, con assegnazione del punteggio di 0-3, dal momento che il provvedimento autoritativo del Prefetto non aveva disposto la non disputabilità della partita (come erroneamente ritenuto dal Giudice Sportivo), ma solo il rinvio della stessa ad altra data. Negli stessi sensi si era, inoltre, espressa pure la Lega con determinazione di analogo tenore. Del provvedimento prefettizio la società ricorrente offre una lettura troppo letterale, senza conferire il necessario risalto alle competenze che sono proprie del Prefetto e agli interessi che quest’ultimo è chiamato a tutelare. Il provvedimento del Prefetto ha il suo fulcro nella statuizione che dispone la chiusura dello stadio il 23 settembre 2012 per ragioni di ordine pubblico. Il “rinvio” della partita, del quale si parla effettivamente nel provvedimento, non costituisce una statuizione autoritativa rivolta a disporre la ripetizione sotto altra data dell’incontro, ma solo l’affermazione della disponibilità del Prefetto, chiamato a garantire la sicurezza degli impianti e l’ordine pubblico, a verificare di nuovo, in caso fosse stata disposta, da parte delle autorità sportive (le sole competenti in materia), la ripetizione della gara, la sussistenza sotto la nuova data delle occorrenti condizioni di sicurezza dello stadio e dell’ordine pubblico. Quello che viene, poi, qualificato provvedimento della Lega di rinvio della partita (l’atto del 22 settembre 2012) costituisce mera comunicazione della Lega rivolta a render nota la decisione assunta dal Prefetto.
Massima: È infondata la doglianza con la quale la società, per contrastare la legittimità della sanzione irrogata sostiene, che il giudizio, ancora in corso, promosso dalla Procura Federale nei confronti del presidente della società avrebbe dovuto precedere quello definito nei riguardi della società, di cui si discute in questa sede, in vista di prevenire valutazioni contraddittorie sugli stessi fatti in separati giudizi. La sanzione della perdita della partita a tavolino risulta inflitta alla società per fatto proprio, con riferimento a comportamenti della stessa tenuti attraverso i propri organi societari (Presidente, vice capo ufficio stampa, ecc.) chiamati ad esprimere le volizioni della società ed a manifestarne l’attività. La parallela procedura promossa nei riguardi del presidente ha per oggetto, invece, l’accertamento, sul piano soggettivo ed oggettivo, di responsabilità facenti capo a quest’ultimo come autonomo soggetto diverso e distinto dalla società, la sola sanzionata con il provvedimento di cui si discute nel presente giudizio. Ed è evidente, proprio per questa ragione, che l’’autorità che dovrà pronunciare sul presidente potrà farlo senza soggezione a vincoli derivanti dal presente contenzioso.
Massima: È infondata la doglianza con la quale la società fa presente che il 13 febbraio 2013, il provvedimento prefettizio che ha disposto la non disputabilità della partita il 23 settembre 2012 per ragioni di ordine pubblico è stato annullato dal TAR Sardegna innanzi al quale era stato impugnato all’indomani della sua emanazione. La separazione tra ordinamento statale e ordinamento sportivo vale ad escludere ogni diretta ripercussione delle vicende che si producono nell’ordinamento statale sulle sanzioni irrogate nell’ordinamento sportivo, che restano, conseguentemente, in vita in quest’ultimo continuando a spiegare in esso i propri effetti (sent. Corte Cost. n. 59 del 2011). Deve ritenersi interdetta, in questa situazione, all’Alta Corte – giudice dell’ordinamento sportivo – ravvisare un’automatica caducazione nell’ordinamento sportivo della sanzione irrogata per l’asserito venir meno del provvedimento (la chiusura dello stadio) che ne costituiva il presupposto. Ripiegando su di una doglianza subordinata sembra sostenersi che questa Alta Corte dovrebbe prendere atto, comunque, dell’illegittimità sopravvenuta della sanzione sportiva irrogata alla società (la perdita a tavolino della partita con la Roma) e disporre l’annullamento della sanzione stessa per il fatto nuovo dell’annullamento, da parte del TAR Sardegna, della determinazione prefettizia di chiusura dello stadio di Quartu S. Elena. L’annullamento di quest’ultima determinazione - sostiene la società - muta il quadro di circostanze in presenza delle quali si è ritenuto di poter addebitare alla società, la chiusura dello stadio e la mancata disputa della partita. La censura qui in discussione investe un atto (la sanzione della perdita a tavolino della partita Cagliari - Roma) impugnato, oltreché per ulteriori e diverse doglianze (quelle fin qui esaminate), anche per un altro asserito vizio di illegittimità suscettibile di sopravvenire – come è poi accaduto - nel corso del presente giudizio: l’annullamento da parte del TAR della Sardegna – su ricorso sempre della soc. Cagliari - della determinazione prefettizia che vietava l’effettuazione della partita il 23 settembre 2012. Va subito rilevato che la nuova illegittimità denunciata avrebbe potuto essere fatta valere con motivi aggiunti dopo la pubblicazione della sentenza del TAR avvenuta solo lo scorso 13 febbraio 2013. Di tali motivi aggiunti – non proposti dopo la sentenza – svolge, però, utilmente le veci la censura con la quale fu rappresentata anticipatamente a questa Alta Corte la nuova illegittimità che avrebbe potuto investire, in pendenza del giudizio, la sanzione irrogata. Resta, perciò, senza rilievo – nei riguardi di una censura che sarebbe stata tempestiva anche se proposta, in questa sede, dopo la conoscenza della sentenza del TAR Sardegna - il fatto che tale doglianza non sia stata avanzata nel precedente grado del giudizio federale. Va rilevato, anzitutto, che il provvedimento impugnato sembra rivolto a far risalire alla società la mancata disputa della partita non tanto per ragioni di ordine pubblico (quelle che, per timore di disordini, hanno condotto il Prefetto a disporre la chiusura dello stadio), quanto per il fatto che il comunicato della società sollecitava i tifosi ad assistere ad una partita che non avrebbe potuto ottenere seguito perché da realizzare in violazione delle norme di salvaguardia della incolumità pubblica, di cui l’art 16, n. 2, C.G.S. impone l’inderogabile rispetto. Potrebbe, perciò, non arbitrariamente sostenersi l’ininfluenza, sulla sanzione irrogata alla società, della decisione giurisdizionale sopraggiunta relativa ad un presupposto (la chiusura dello stadio per motivi di ordine pubblico per il pericolo di scontri tra tifoseria e forze dell’ordine) non riconducibile tra le cause giustificative della sanzione adottata dal giudice sportivo. Sebbene le anzidette conclusioni debbano ritenersi decisive e assorbenti, va rilevato che non farebbe approdare a conclusioni favorevoli alla società ricorrente anche una lettura del provvedimento sanzionatorio che conducesse ad affermare che la sanzione della perdita a tavolino della partita sia da attribuire alla responsabilità del Cagliari per le temute turbative dell’ordine pubblico. Le vicende poste a base, in punto di fatto, del provvedimento sanzionatorio, che la società ricorrente non è riuscita a smentire, rendono rigorosamente consequenziali le deduzioni tratte dal Giudice Sportivo in ordine alla riferibilità, alla società dalla quale proviene l’improvvida comunicazione, della responsabilità per il mancato svolgimento della partita e l’irrogazione alla stessa, per tale ragione della sconfitta a tavolino. Resta, infatti, non smentita - nonostante la caducazione nell’’ordinamento statale, in sede giurisdizionale, per un vizio formale del provvedimento prefettizio di chiusura dello stadio – l’articolato quadro di circostanze valorizzate, nell’ordinamento sportivo, dal Giudice sportivo per ricondurre alla responsabilità della società Cagliari la mancata disputa della partita. La pronuncia del TAR Sardegna non contesta, infatti, né che la partita Cagliari - Roma non abbia avuto svolgimento né che il comunicato del presidente della società Cagliari debba considerarsi la causa di quei motivi d’ordine pubblico che hanno impedito di far disputare la partita, né che i predetti accadimenti vadano ascritti in via “diretta ed esclusiva” alla responsabilità della società Cagliari. L’ autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale non consente, poi, di mettere in discussione accertamenti e valutazioni eseguiti nell’ordinamento sportivo dal giudice sportivo –svincolato dall’osservanza di regole procedimentali dettate nell’ordinamento statale - per il solo fatto che accertamenti coincidenti nel risultato curati dall’autorità statale (Prefetto di Cagliari) siano stati annullati dal Giudice Amministrativo (TAR della Sardegna) per un vizio di carattere solo formale, incapace d’investire gli accertamenti del Giudice Sportivo (l’acquisizione, da parte del Prefetto, del parere favorevole espresso dal competente comitato provinciale in composizione irregolare).
Il caso di specie: Con C.U. n. 48 del 20 settembre 2012, il Presidente della Lega Nazionale di Serie A – preso atto della determinazione del 19 settembre 2012 dell’Osservatorio nazionale delle manifestazioni sportive sedente presso il Ministero dell’Interno e del provvedimento, emesso sotto la stessa data dal Prefetto di Cagliari, con i quali venivano segnalate le carenze sul piano della sicurezza dello stadio “Is Arenas” di Quartu S. Elena – disponeva che la gara Cagliari – Roma della quarta giornata di andata del Campionato di calcio di Serie A, si svolgesse il successivo 23 settembre 2012 nel detto stadio in assenza di pubblico, nella osservanza delle prescrizioni cautelative enunciate nei menzionati provvedimenti delle dette autorità amministrative. In data 22 settembre 2012, sul sito internet della società Cagliari appariva un comunicato a firma del Presidente della società Cagliari, M. C., nel quale quest’ultimo – a nome dei “tesserati e di tutti coloro che lavorano per la società” - visto il perdurare di una “situazione che porta a non vedere più un futuro per via delle difficoltà burocratiche e il disinteresse collettivo delle istituzioni - invita(va) e chiede(va) ai tifosi della squadra titolari di biglietti e di abbonamento” (titoli di accesso di cui il Prefetto aveva disposto il rimborso o l’annullamento a cura della società) “a recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari – Roma nel rispetto dell’ordine e della civiltà”. Si aggiungeva che la società e i suoi ingegneri ritenevano la struttura dello stadio agibile e sicura. Il comunicato si concludeva affermando che il provvedimento “assolutamente pacifico” era suscitato “dal dolore e dalla frustrazione per difendere il diritto di esistere” della società. Con atto del 22 settembre 2012 il Prefetto di Cagliari, rilevato che il comunicato diramato dalla società, che invitava la tifoseria a presenziare alla partita, da disputare a porte chiuse, era in condizione di provocare “iniziative ed atti rivolti a disattendere il provvedimento […] coinvolgendo in situazione di disordine oltre le forze di polizia, gli abitanti delle aree circostanti lo stadio e i beni pubblici e privati ivi esistenti”, disponeva il differimento della partita, per motivi di ordine pubblico, ad altra data. Il Giudice Sportivo con C.U. del successivo 24 settembre 2012 – menzionati l’originario provvedimento prefettizio con il quale si era disposto, in considerazione dei caratteri della struttura, l’espletamento della partita nello stadio di Quartu S. Elena a porta chiuse, il comunicato indirizzato dalla società Cagliari per sollecitare la presenza sugli spalti dei tifosi della squadra, la successiva determinazione prefettizia che per ragioni di ordine pubblico aveva negato l’espletamento della partita – rilevava che la “provocatoria” iniziativa assunta dalla società Cagliari, conducendo alla violazione di cogenti prescrizioni dettate, ai sensi dell’art. 16, n. 2, C.G.S., a salvaguardia della pubblica sicurezza finiva per manifestarsi come la causa “diretta ed esclusiva” della mancata disputa della gara alla data e con le modalità stabilite. La società Cagliari, responsabile della non effettuazione della competizione, andava sanzionata, pertanto, con la perdita per 0-3 della gara non disputata. Contro la detta determinazione del Giudice Sportivo è insorta la società Cagliari innanzi alla Corte di Giustizia federale, che ha respinto il ricorso.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 046/C Riunione del 12 Aprile 2007 - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Interregionale - Com. Uff. n. 137 del 9.3.2007 Impugnazione - istanza: 7. RECLAMO A.S. PISONIANO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA PISONIANO/SCAFATESE DEL 7.1.2007 Massima: Viene disposta la disputa dell’incontro in impianto ritenuto idoneo dagli organi competenti poiché la gara non era stata disputata in quanto, con ordinanza 5.1.2007, notificata il 6 successivo, il Prefetto di Roma, per i motivi ivi specificati, aveva dichiarato che “il Campo Sportivo di Pisoniano e privo della prescritta agibilità”. Nel caso di specie è, infatti, fondamentale tenere nel dovuto conto il contenuto dei documenti prodotti dall’appellante ai fini del regolare svolgimento dell’attività calcistica della A.S.D. Pisoniano e cio con specifico riferimento (uno per tutti) alla certificata omologazione dell’impianto sportivo rilasciata dal competente Comitato Interregionale che ha autorizzato, seppure in via provvisoria, lo svolgimento di partite di calcio del Campionato Nazionale Dilettanti Stagione Sportiva 2005/2006. Impianto sul quale, come attestato con certificato 17/03/2007 dal Sindaco del Comune di Pisoniano, sono in corso lavori di adeguamento ex D.M. 18.3.1996 N¢X 61 come da progetto 21.9.2006 portato all’attenzione del Comando Provinciale dei VV.FF. di Roma che, con nota 24/11/2006 indirizzata alla Prefettura di Roma, al Comune di Pisoniano ed alla A.S.D. Pisoniano, ha espresso parere favorevole preventivo. Per effetto di ciò, infatti, l’appellante ha disputato le gare casalinghe utilizzando l’impianto sportivo comunale “Don Antonio Aureli” sito nel Comune di Pisoniano. In tale situazione e, peraltro, intervenuto il provvedimento del Prefetto di Roma che inopinatamente ha ordinato “di non far disputare la gara del 7.1.2007 Pisoniano - Scafatese. Di talché, pur rimanendo la C.A.F. estranea alle motivazioni Prefettizie enunciate, non può, al contempo, non valutare le determinazioni adottate sia dal competente Organo Federale, che dal Sindaco del Comune di Pisoniano. Con la conseguenza che appare del tutto ineluttabile la posizione dell’odierna appellante, compressa tra tre imposizioni sovraordinate (sindacale e sportiva, favorevoli, e la terza, amministrativa, contraria, ma limitata ad una sola gara) ma contrapposte le une all’altra, ove la A.S.D. Pisoniano è stata posta nell’assoluta impotenza e/o impossibilita di reperire prontamente altro impianto alternativo idoneo a far disputare la gara in questione, atteso che l’ordinanza Prefettizia 5.1.2007 e stata notificata il 6.1.2007 rispetto alla data di disputa della gara fissata, come da Calendario, il 7 successivo. E pertanto e d’uopo affermare che in alcun modo possono essere addebitate alla odierna appellante, sul piano sportivo, le conseguenze negative della non effettuazione della gara di Campionato in oggetto. Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 38/C Riunione del 15 Marzo 2004 n. 5 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Interregionale - Com. Uff. n. 104 del 20.2.2004 Impugnazione - istanza: Appello della Pol. Monterotondo Calcio avverso decisioni merito gara Monterotondo/Isola Liri dell’11.1.2004 Massima: La gara deve essere ripetuta quando non si è svolta a seguito dell’emissione da parte del Prefetto, due giorni prima della gara e teletrasmesso alle parti il giorno prima della gara, di un’ordinanza con la quale si disponeva di non far disputare la gara, tenuto conto che il potenziale arrivo di un numero cospicuo di tifosi al seguito della squadra ospite in uno stadio inidoneo, causa lavori di ristrutturazione in corso, avrebbe potuto costituire pericolo per la pubblica incolumità, per l’ordine e la sicurezza pubblica. Tale provvedimento non può essere sindacato nelle motivazioni e nei presupposti di fatto (seppur, a detta delle parti, palesemente erronei), né interpretato, a cura degli Organi Sportivi tenuti ad applicarlo, ma doveva essere solamente eseguito, con l’obbligo di non disputare la gara nel giorno prestabilito (anche eventualmente a porte chiuse).