Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 12 agosto 2005– www.coni.it Decisione impugnata: Non ammissione della A.C. Prato spa al Campionato di Serie C1 per la stagione sportiva 2005/2006 - www.figc.it Parti: A.C. Prato Spa contro F.I.G.C. Massima: E’ inammissibile alla Camera di Conciliazione, per tardività, il ricorso con il quale la società chiede l’annullamento della clausola di esclusione dal ripescaggio per i campionati di serie C 2005-2006 contenuta nel C.U. 13 giugno 2005 n. 224/A e già nel Comunicato Ufficiale n. 148/A del 20 dicembre 2004 relativa alle Società che avessero fruito di analogo meccanismo premiale nel precedente quinquennio. Il termine, inizia a decorrere dalla data di pubblicazione del C.U. col quale il Consiglio federale ha dettato i criteri per la sostituzione delle Società non ammesse ai campionati e vengono escluse dalla procedura le Società già ripescate nel quinquennio precedente. Ciò comporta che la clausola andava immediatamente contestata, senza possibilità di differire l’impugnazione a momenti successivi. In tal senso, si osserva, in primo luogo, che la clausola di esclusione è formulata in modo assolutamente non equivoco, di talchè non è ipotizzabile che di essa fosse disagevole l’interpretazione: si tratta dunque di una clausola espressa ed univoca, dalla quale l' esclusione scaturisce automaticamente in virtù della stessa imperatività della scelta provvedimentale operata a monte dal Consiglio. In secondo luogo, come chiarito dalla Corte Federale nel parere 20.7.2005 n. 2/Cf, la clausola introduce una preclusione fondata su un criterio esclusivamente soggettivo, indipendentemente dal contesto nel quale il precedente ripescaggio sia avvenuto. Da ciò consegue che la clausola - individuando un requisito negativo di partecipazione alla procedura collegato senza possibilità di equivoci ad una situazione giuridica storicamente definita e conclusa – ha leso irrimediabilmente l’interesse sostanziale dei soggetti che aspiravano a partecipare alla selezione. Sotto questo profilo, deve allora richiamarsi la tradizionale opinione della giurisprudenza amministrativa che vede negli atti generali (bandi di gara, di concorso o come nel caso norme di selezione) dei provvedimenti destinati alla cura concreta degli interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti dei destinatari: in sostanza, le clausole che identificano requisiti soggettivi di partecipazione degli interessati, provvedono esse stesse direttamente alla cura dell'interesse pubblico per la realizzazione del quale il bando è stato emanato, escludendo immediatamente dalla platea dei partecipanti - e quindi dalla possibilità dell'aggiudicazione o della collocazione utile nella graduatoria - quei soggetti il cui esito positivo nella procedura selettiva non sembra realizzare, con una valutazione formulata direttamente con il bando, l'interesse pubblico perseguito. L'eventuale atto applicativo, volto ad escludere l'interessato privo dei requisiti dalla procedura concorsuale avrà, pertanto, valore meramente dichiarativo e ricognitivo di un effetto e di una lesione già prodottasi nei confronti del destinatario direttamente inciso ( cfr. Cons. Stato, Ap., 29.1.2003 n. 1). Nè può ipotizzarsi, come sostenuto dalla parte istante, che l’interesse alla contestazione sia sorto in capo alla Società solo in epoca successiva alla pubblicazione del C.U., e quando cioè la possibilità per la stessa di essere ripescata, prima meramente potenziale, è divenuta concretamente ipotizzabile. Al riguardo si osserva che l’atto in questione, rivolgendosi ad una platea rigorosamente circoscritta di destinatari, comportava per quanti tra questi versavano nella condizione di esclusione una attitudine preclusiva, e perciò lesiva, immediatamente percepibile, con conseguente contestuale insorgenza – secondo criteri di ragionevole normalità – sia dell’interesse a ricorrere che, soprattutto, dell’onere di impugnazione. Massima: Ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Regolamento la controversia tra una Federazione sportiva ed un soggetto affiliato e/o tesserato è sottoposta alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport con istanza da presentare – a pena di decadenza – entro e non oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia. Secondo i principi generali del vigente ordinamento, come desumibili dall’art. 152 c.p.c., i termini procedimentali e processuali hanno generalmente carattere sollecitatorio, a meno che la loro natura perentoria e decadenziale sia espressamente dichiarata dalla norma che li prevede o che detta natura possa essere chiaramente desunta dalla funzione che in concreto il lasso di tempo previsto è chiamato ad assolvere. Nel caso in esame, non sembrano ipotizzabili dubbi in ordine alla perentorietà di un termine che la norma espressamente qualifica come tale ed al decorso del quale ricollega la decadenza dal potere di contestazione spettante al soggetto che si pretende leso. Sotto il profilo funzionale, la perentorietà del termine in questione è anzi tutto volta a garantire l’interesse dell’ordinamento sportivo e dei consociati ad esprimersi in un quadro di regole di riferimento caratterizzate da stabilità e destinate a tradursi tempestivamente in provvedimenti applicativi alle stesse conformi, evitando quello stato di incertezza che la pendenza di termini di impugnazione troppo ampi o addirittura indeterminati finirebbe inevitabilmente per causare. D’altra parte, come chiarito in varie occasioni, il sistema di soluzione delle controversie sportive amministrato dalla Camera postula – proprio in quanto garantisce una celere definizione dalle stesse con limitati oneri per le parti – che le domande siano tempestivamente proposte, onde evitare che il ricorso al conflitto perda il suo carattere di rimedio autenticamente giustiziale venendo a configurarsi invece come mezzo improprio di pressione rispetto al normale svolgimento delle vicende federali. (cfr. ex multis lodo Atalanta c. Figc 6 dicembre 2004). Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 12 agosto 2005– www.coni.it Decisione impugnata: Non ammissione della Cisco Lodigiani srl al campionato di Serie C1 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it Parti: Cisco Lodigiani S.r.l. contro F.I.G.C. Massima: E’ inammissibile alla Camera di Conciliazione, per tardività, il ricorso con il quale la società chiede l’annullamento della clausola di esclusione dal ripescaggio per i campionati di serie C 2005-2006 contenuta nel C.U. 13 giugno 2005 n. 224/A e già nel Comunicato Ufficiale n. 148/A del 20 dicembre 2004 relativa al le Società che avessero fruito di analogo meccanismo premiale nel precedente quinquennio. Il termine, inizia a decorrere dalla data di pubblicazione del C.U. col quale il Consiglio federale ha dettato i criteri per la sostituzione delle Società non ammesse ai campionati e vengono escluse dalla procedura le Società già ripescate nel quinquennio precedente. Ciò comporta che la clausola andava immediatamente contestata, senza possibilità di differire l’impugnazione a momenti successivi. In tal senso, si osserva, in primo luogo, che la clausola di esclusione è formulata in modo assolutamente non equivoco, di talchè non è ipotizzabile che di essa fosse disagevole l’interpretazione: si tratta dunque di una clausola espressa ed univoca, dalla quale l' esclusione scaturisce automaticamente in virtù della stessa imperatività della scelta provvedimentale operata a monte dal Consiglio. In secondo luogo, come chiarito dalla Corte Federale nel parere 20.7.2005 n. 2/Cf, la clausola introduce una preclusione fondata su un criterio esclusivamente soggettivo, indipendentemente dal contesto nel quale il precedente ripescaggio sia avvenuto. Da ciò consegue che la clausola - individuando un requisito negativo di partecipazione alla procedura collegato senza possibilità di equivoci ad una situazione giuridica storicamente definita e conclusa – ha leso irrimediabilmente l’interesse sostanziale dei soggetti che aspiravano a partecipare alla selezione. Sotto questo profilo, deve allora richiamarsi la tradizionale opinione della giurisprudenza amministrativa che vede negli atti generali (bandi di gara, di concorso o come nel caso norme di selezione) dei provvedimenti destinati alla cura concreta degli interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti dei destinatari: in sostanza, le clausole che identificano requisiti soggettivi di partecipazione degli interessati, provvedono esse stesse direttamente alla cura dell'interesse pubblico per la realizzazione del quale il bando è stato emanato, escludendo immediatamente dalla platea dei partecipanti - e quindi dalla possibilità dell'aggiudicazione o della collocazione utile nella graduatoria - quei soggetti il cui esito positivo nella procedura selettiva non sembra realizzare, con una valutazione formulata direttamente con il bando, l'interesse pubblico perseguito. L'eventuale atto applicativo, volto ad escludere l'interessato privo dei requisiti dalla procedura concorsuale avrà, pertanto, valore meramente dichiarativo e ricognitivo di un effetto e di una lesione già prodottasi nei confronti del destinatario direttamente inciso ( cfr. Cons. Stato, Ap., 29.1.2003 n. 1). Nè può ipotizzarsi, come sostenuto dalla parte istante, che l’interesse alla contestazione sia sorto in capo alla Società solo in epoca successiva alla pubblicazione del C.U., e quando cioè la possibilità per la stessa di essere ripescata, prima meramente potenziale, è divenuta concretamente ipotizzabile. Al riguardo si osserva che l’atto in questione, rivolgendosi ad una platea rigorosamente circoscritta di destinatari, comportava per quanti tra questi versavano nella condizione di esclusione una attitudine preclusiva, e perciò lesiva, immediatamente percepibile, con conseguente contestuale insorgenza – secondo criteri di ragionevole normalità – sia dell’interesse a ricorrere che, soprattutto, dell’onere di impugnazione. Massima: Ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Regolamento la controversia tra una Federazione sportiva ed un soggetto affiliato e/o tesserato è sottoposta alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport con istanza da presentare – a pena di decadenza – entro e non oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia. Secondo i principi generali del vigente ordinamento, come desumibili dall’art. 152 c.p.c., i termini procedimentali e processuali hanno generalmente carattere sollecitatorio, a meno che la loro natura perentoria e decadenziale sia espressamente dichiarata dalla norma che li prevede o che detta natura possa essere chiaramente desunta dalla funzione che in concreto il lasso di tempo previsto è chiamato ad assolvere. Nel caso in esame, non sembrano ipotizzabili dubbi in ordine alla perentorietà di un termine che la norma espressamente qualifica come tale ed al decorso del quale ricollega la decadenza dal potere di contestazione spettante al soggetto che si pretende leso. Sotto il profilo funzionale, la perentorietà del termine in questione è anzi tutto volta a garantire l’interesse dell’ordinamento sportivo e dei consociati ad esprimersi in un quadro di regole di riferimento caratterizzate da stabilità e destinate a tradursi tempestivamente in provvedimenti applicativi alle stesse conformi, evitando quello stato di incertezza che la pendenza di termini di impugnazione troppo ampi o addirittura indeterminati finirebbe inevitabilmente per causare. D’altra parte, come chiarito in varie occasioni, il sistema di soluzione delle controversie sportive amministrato dalla Camera postula – proprio in quanto garantisce una celere definizione dalle stesse con limitati oneri per le parti – che le domande siano tempestivamente proposte, onde evitare che il ricorso al conflitto perda il suo carattere di rimedio autenticamente giustiziale venendo a configurarsi invece come mezzo improprio di pressione rispetto al normale svolgimento delle vicende federali. (cfr. ex multis lodo Atalanta c. Figc 6 dicembre 2004). Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it Decisione impugnata: Non ammissione della Polisportiva Rosetana Calcio Srl al campionato di calcio professionistico di Serie C2 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it Parti: Polisportiva Rosetana Calcio Srl contro F.I.G.C. Massima E’ inammissibile la domanda rivolta alla Camera di Conciliazione con la quale la società chiede l’ammissione al campionato professionistico qualora la stessa non si è tradotta in specifiche censure della normativa federale presupposta dai provvedimenti federali di diniego dell’iscrizione della società al campionato di competenza, risultando, per ciò stessa, priva di oggetto, e dunque inammissibile ed anche qualora la normativa federale censurata dalla Ricorrente non è stata tempestivamente impugnata e deve pertanto ritenersi pienamente valida ed efficace.  Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.itDecisione impugnata: Non ammissione della Salernitana Sport spa al campionato professionistico di serie B, per la stagione sportiva 2005/2006 - www.figc.itParti: Salernitana Sport Spa contro F.I.G.C. Massima: E’ inammissibile alla Camera di Conciliazione il ricorso con il quale la società chiede l’annullamento delle norme che stabiliscono i requisiti e gli adempimenti per l’ammissione ai campionati professionistici per la stagione 2005-2006. La legge 23 marzo 1981 n. 91, recante norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, all’art. 12 (“Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi”), nel testo oggi vigente, dispone che: “1. Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui all’articolo 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l’equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e principi da questo approvati”. In tale quadro, le regole stabilite dal CU n. 189/A, imponendo un “reale” (e non meramente “contabile”) risanamento finanziario, attraverso il pagamento dei debiti scaduti verso l’Erario, gli enti previdenziali, i tesserati e gli altri soggetti del sistema sportivo (ovvero, in alternativa, l’esistenza di un contenzioso non temerario relativo a tali debiti), nonché presupponendo precisi parametri di consistenza patrimoniale, appaiono pienamente legittime, giustificate e congrue rispetto allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, sulla base di uguali condizioni di partecipazione per le varie società professionistiche, ed in linea con parametri costituzionalmente orientati.
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