Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 12 aprile 2007– www.coni.it Decisione impugnata:  Decisione della Corte Federale n. 2/CF del 4/08/06 - www.figc.it Parti: I.M. Contro F.I.G.C. Massima: Il Collegio Arbitrale della Camera di Conciliazione, è competente a decidere sulla controversia quando per effetto dell’accordo, raggiunto in sede di conciliazione, le parti hanno aderito al Regolamento della Camera, senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio. Pertanto, il Regolamento conferisce alla Camera il potere integrale di riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso posti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i poteri sono di volta in volta fondati, legati al tipo di vizio denunciabile, con la conseguenza che innanzi al Collegio sono deducibili questioni attinenti non solo alla legittimità, ma anche al merito della decisione impugnata. Il meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva è esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1. del D. L. n. 220 del 18 agosto 2003, convertito nella L. n. 280 del 2003). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, competono al Collegio tutti i poteri in forza del principio devolutivo del giudizio avanti la Camera, come già espresso nel lodo arbitrale reso tra la A.C.F. Fiorentina S.p.A. e la F.I.G.C., in data 27 ottobre 2006: “tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità della sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata”. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006– www.coni.it Decisione impugnata:  Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 6/CF del 1 settembre 2006  - www.figc.it Parti: Reggina Calcio S.p.A. contro F.I.G.C. Massima: All’esito del tentativo di conciliazione, innanzi alla Camera di Conciliazione le parti possono concludere un patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni dell’art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale fondano la competenza di un collegio arbitrale, sempre innanzi alla stessa Camera di Conciliazione da costituirsi in base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC, affermando il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale. Il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata. Il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. L’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale; esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006– www.coni.it Decisione impugnata:  Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 7/CF del 1 settembre 2006  - www.figc.it Parti: A.C. Arezzo S.p.A. contro F.I.G.C. Massima: All’esito del tentativo di conciliazione, innanzi alla Camera di Conciliazione ed a seguito di ricorso arbitrale la FIGC può presentare dichiarazione del commissario straordinario legale rappresentante pro tempore di espressa accettazione dell’arbitrato, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 27 St. FIGC, con il quale fondano la competenza di un collegio arbitrale, sempre innanzi alla stessa Camera di Conciliazione da costituirsi in base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC, affermando il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale. Il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata. Il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. L’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale; esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006– www.coni.it Decisione impugnata:  Delibera della Corte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: A.C.F. Fiorentina S.p.A.  contro F.I.G.C. Massima: All’esito del tentativo di conciliazione, innanzi alla Camera di Conciliazione le parti possono concludere un patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni dell’art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale fondano la competenza di un collegio arbitrale, sempre innanzi alla stessa Camera di Conciliazione da costituirsi in base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC, affermando il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale. Il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata. Il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. L’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006– www.coni.it Decisione impugnata:  Delibera della Corte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: A.C. Milan S.p.A. contro F.I.G.C. Massima: All’esito del tentativo di conciliazione, innanzi alla Camera di Conciliazione le parti possono concludere un patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni dell’art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale fondano la competenza di un collegio arbitrale, sempre innanzi alla stessa Camera di Conciliazione da costituirsi in base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC, affermando il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale. Il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata. Il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. L’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale; esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale. Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 ottobre 2006– www.coni.it Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: S.S. Lazio S.p.A. contro F.I.G.C. Massima: All’esito del tentativo di conciliazione, innanzi alla Camera di Conciliazione le parti possono concludere un patto arbitrale ad hoc, integrativo delle previsioni dell’art. 27 dello Statuto della FIGC, con il quale fondano la competenza di un collegio arbitrale, sempre innanzi alla stessa Camera di Conciliazione da costituirsi in base al Regolamento della Camera per la soluzione della controversia tra di esse insorta in relazione alla decisione della Corte Federale della FIGC, affermando il potere di piena cognizione sulla controversia, in ragione del carattere devolutivo del giudizio arbitrale, atteso senza riserva alcuna in ordine ai poteri del Collegio arbitrale. Il Regolamento conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni, se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati, legate al “tipo” di vizio denunciabile, con la conseguenza che di fronte al Collegio arbitrale sono deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” della decisione impugnata. Il Regolamento espressamente prevede infatti il possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero la nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio, che mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. L’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, un meccanismo di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria (ai sensi dell’art. 3.1 del d.l. 18 agosto 2003 n. 220, convertito in l. 17 ottobre 2003 n. 280). L’attività della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto organo della federazione. Dunque, oggetto di giudizio ai sensi del Regolamento, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. siffatta soluzione è coerente con quella adottata nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivatigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi; acquisiti ed esaminati gli atti e i documenti tutti riversati nel procedimento endofederale; esaminate le posizioni individuali in via meramente incidentale ai soli fini della valutazione della istanza della società ricorrente; ritenuto in fatto e in diritto, con esclusione di qualsiasi valutazione in termini genericamente equitativi o di clemenza per il solo fatto della proposizione di istanza arbitrale.
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