Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 novembre 2007– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dello Sporting Gatteo A.S.D al Campionato di Promozione per la stagione sportiva 2007/2008 - www.figc.it
Parti: Sporting Gatteo A.S.D.contro Federazione Italiana Giuoco Calcio - Lega Nazionale Dilettanti - Comitato Regionale Emilia Romagna FIGC / LND
Massima: Avverso la decisione del Comitato Regionale del mancato accoglimento della domanda di iscrizione al Campionato di competenza per violazione dell’art. 19, comma 2, N.O.I.F, la società può proporre istanza di conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, prima dell’instaurazione del procedimento arbitrale dinanzi al medesimo organo
Massima: Per quanto concerne la mancata iscrizione al campionato di competenza, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Regolamento C.C.A. « La controversia è sottoposta alla Camera dal soggetto affiliato […] entro e non oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia […]». Il caso di specie: Con il C.U. n. 8 del 22 agosto 2007 è stato deliberato il diniego all’iscrizione della società al campionato di promozione 2007/2008. La società entro 30 giorni ricorreva alla Camera di Conciliazione, a nulla rilevando il fatto che con comunicazione del 17 luglio 2007 la L.N.D. informava la società che in caso di inadempimento, nel termine stabilito, si provvederà al formale rigetto della domanda di iscrizione al Campionato di competenza.. È evidente che la stessa L.N.D. non abbia assegnato alla comunicazione del 17 luglio 2007 il carattere di definitività dell’esclusione, rimandando l’adozione del provvedimento definitivo (id est formale) ad un momento successivo.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 5 novembre 2007– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’ A.S. Latina S.p.A al campionato nazionale di serie D per la stagione sportiva 2007-2008 - www.figc.it
Parti: A.S. Latina S.p.A. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio - Lega Nazionale Dilettanti - Comitato Regionale Lazio FIGC/LND
Massima: E’ inammissibile l’istanza di arbitrato ex art. 8 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. proposta dalla società avverso la decisione del Consiglio Direttivo del Comitato Interregionale della F.I.G.C. con la quale è stata deliberata l’esclusione dal campionato di serie D 2006/2007, perché in difetto dei requisiti previsti dal C.U. n. 179 del 01.06.2006, per intervenuta decadenza del potere di impugnazione, in violazione del disposto di cui all’art. 5 del Regolamento della Camera, con la conseguente declaratoria di improponibilità della domanda, allorquando l’istanza è stata inoltrata oltre il termine di 30 giorni dalla conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia. Il Regolamento della Camera, infatti, è disciplina di un valido sistema di “decadenze stabilite contrattualmente” (art. 2965 c.c.), per effetto del quale “entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla data di conoscenza del fatto o dell’atto da cui trae origine la controversia”, quest’ultima (individuata nei suoi estremi di massima), onde impedire la decadenza dal diritto di proporre l’azione presso gli arbitri, deve andare soggetta al compimento di un atto, l’istanza preventiva di conciliazione, senza del quale rimane precluso l’avveramento di una vera e propria condizione di proponibilità dell’ arbitrato (artt. 2969 c.c.; 382, ult. co., c.p.c.); non di sola procedibilità del giudizio, dunque, poiché il carattere perentorio del termine per l’accesso alla fase di conciliazione impedisce, allorché sia spirato, e diversamente da altri luoghi normativi che pure delineano tentativi obbligatori di negoziato in funzione pre-contenziosa [artt. 410-412 bis c.p.c.], di concepirne l’esperimento come accessibile sine die al fine di garantire la mera procedibilità ulteriore dell’azione (cfr. la giurisprudenza della Camera, già espressa nel lodo arbitrale Avella c. F.I.G.C., prot. n. 1854 del 02.11.2006, pronunciato in data 27.04.2007). (Il caso di specie: La società in data 08.03.2007, inoltrava istanza, alla L.N.D. ed ai Comitati Regionale del Lazio e Interregionale, avente ad oggetto l’ammissione della medesima al campionato nazionale di serie D, ovvero in subordine al campionato di eccellenza, per la stagione 2007/2008. In tale istanza, la società concedeva ai destinatari termine perentorio per adempiere, entro e non oltre il termine perentorio di 15 giorni, precisando, altresì, che il mancato riscontro alla predetta istanza era da intendersi quale diniego della domanda. Le resistenti non provvedevano al riscontro dell’istanza inoltrata in data 08.03.2007 dalla società, nel termine concesso, dunque, veniva definitivamente a formarsi il diniego tacito della domanda. Diniego tacito che doveva essere impugnato, con le modalità ed entro i termini perentori, previsti dal Regolamento della Camera. L’istante, anziché impugnare il diniego all’istanza in data 08.03.2007, ormai scaduti i termini perentori previsti dal Regolamento della Camera, reiterava irritualmente la richiesta, con una nuova istanza in data 26.06.2007, nella quale però ribadiva in toto il contenuto della prima istanza, formulando le medesime richieste.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 23 novembre 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della società AS Roma S.p.A. al Campionato di Serie A-Tim 2003/2004 ed ammissione della società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. al Campionato di Serie A-Tim 2003/2004 - www.figc.it
Parti: Aalanta Bergamasca Calcio S.p.A. contro F.I.G.C.
Massima: L’istanza arbitrale avanzata alla Camera di Conciliazione dalla società va dichiarata improponibile, in quanto avanzata senza il rispetto del termine di cui all’art. 4, comma 1 del Regolamento, ferma restando eventuale diversa valutazione da parte di altri ordini giurisdizionali, anche in connessione o a seguito degli esiti dei procedimenti penali in corso. L’art. 4, co. 1, del Regolamento della Camera (nel testo approvato dalla Giunta nazionale del CONI il 21 ottobre 2003, questo stabilisce che una controversia può essere sottoposta alla Camera «entro sessanta giorni dalla data di conoscenza dell’atto contestato». Si tratta, evidentemente, di un termine perentorio di azione, che, deve essere inquadrato nel generale istituto della decadenza, disciplinato dagli artt. 2964 e ss. c.c., e valutato alla luce di tali parametri normativi. Né, a smentire questa conclusione, può valere l’argomento, sollevato peraltro soltanto nell’ultima udienza del 23 novembre, fondato sulla presunta derogabilità di tale termine, ai sensi dell’art. 6. co. 3, del Regolamento (da cui discenderebbe, ai sensi del codice di procedura civile, la inconfigurabilità dello stesso quale decadenziale). La collocazione sistematica dell’art. 6, co. 3, del Regolamento, infatti, rivela chiaramente che i termini astrattamente derogabili in base a tale previsione sono esclusivamente quelli successivi all’esercizio dell’azione e non quello per la proposizione della stessa. Ai fini della soluzione bisogna dunque verificare:a) se la previsione regolamentare sia idonea a stabilire un termine di decadenza, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico;b) se tale termine di decadenza sia destinato ad operare per qualsiasi controversia;c) se, nel caso in esame, tale termine sia effettivamente spirato.Con riguardo al primo punto, bisogna necessariamente muovere dalla premessa che i termini i decadenza possono essere stabiliti esclusivamente dalla legge o dal contratto. Il ricorrere della prima ipotesi, deve essere radicalmente escluso, non potendo certo il Regolamento della Camera configurarsi come atto avente forza di legge, né ad esso rinviando altra fonte normativa primaria o secondaria. Deve, invece, affermarsi il carattere schiettamente contrattuale del rinvio che le parti del contratto associativo, nell’apposita clausola compromissoria contenuta nell’art. 27 Statuto Figc, operano al Regolamento della Camera. Questo, in tal modo, viene a costituire oggetto della volontà contrattuale delle parti, le quali, come riconosciuto dalla stessa parte attrice, ben possono prevedere consensualmente termini di decadenza. Del tutto inconferente, in proposito, è l’eccezione secondo cui una previsione del genere richiederebbe la sottoscrizione specifica della clausola, ai sensi dell’art. 1341 c.c. Secondo giurisprudenza costante della Cassazione, infatti, la disciplina delle condizioni generali di contratto non trova applicazione in caso di adesione a contratti associativi (Cass., 30 marzo 1981, n. 1826; Cass 19 giugno 1990, n. 6167; Cass. 9 aprile 1993, n. 4351). La seconda questione riguarda l’applicabilità del termine di decadenza a qualsiasi genere di controversia o, invece, soltanto a quelle volte all’annullamento dell’atto federale. Il collegio, in proposito, ritiene che all’atto emanato da una federazione sportiva non possano automaticamente trasporsi le categorie interpretative e gli istituti propri dell’atto amministrativo. Il termine dei sessanta giorni, dunque, non deriva dal regime generale di impugnazione degli atti amministrativi. Si tratta, invece, di un termine coerente con il carattere endoassociativo del conflitto, che trova significative conferme in relazione ad altri fenomeni ‘comunitari’ (le delibere condominiali devono essere impugnate entro trenta giorni, quelle societarie entro novanta). Proprio questi esempi confermano che l’analogo termine di decadenza introdotto contrattualmente nei confronti degli atti federali non determina la nullità del patto, ai sensi dell’art. 2965 c.c. Nei contesti ‘comunitari’, dunque, termini relativamente brevi non appaiono certo tali da rendere «eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto». Né alcuna confusione, in proposito, può farsi tra regime legale della prescrizione, termine legale per l’azione in giudizio e termine convenzionale per l’accesso alla procedura arbitrale (Cass., n. 8700/2000). Rimane da verificare se il termine possa valere indifferentemente per le azioni volte all’annullamento dell’atto e per quelle risarcitorie. La lettera e la ratio del Regolamento della Camera depongono in questo secondo senso. Nessuna differenza, infatti, è fatta nel regolamento tra le due ipotesi: già il semplice dato letterale, dunque, suggerisce chiaramente l’indicata conclusione. Ciò, d’altra parte, appare coerente con la funzione del termine nel sistema di soluzione delle controversie amministrato dalla Camera. Il sistema, infatti, garantisce una tempestiva soluzione delle controversie, a condizione che queste siano tempestivamente proposte: ciò anche per evitare che la facilità del meccanismo procedurale e il contenimento dei costi del giudizio consentano un esasperato ricorso al conflitto, anche come mezzo improprio di pressione rispetto al normale svolgimento delle vicende federali. È, dunque, coessenziale alla natura stessa dei rimedi speciali previsti dall’ordinamento sportivo la tempestività dei relativi interventi in modo che rimanga garantito l’ordinato corso delle manifestazioni e delle competizioni agonistiche e la civile e serena convivenza all’interno della comunità sportiva. Non sussiste, d’altra parte, alcuna presunta incompatibilità tra termine di decadenza ed azione risarcitoria. Proprio l’esempio evocato da parte attrice, relativo al regime delle delibere societarie di cui all’art. 2377 c.c., conferma questa impostazione. La norma, infatti, nel prevedere che «le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dal collegio sindacale», nonché che «i soci che non rappresentano la parte di capitale indicata nel comma precedente e quelli che, in quanto privi di voto, non sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto», stabilisce che «l’impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di novanta giorni dalla data della deliberazione». Da ciò si trae un’insuperabile conferma sistematica della piena ammissibilità di un termine di decadenza, comune alle azioni impugnatorie e a quelle risarcitorie, e relativamente breve, ma non per questo tale da rendere eccessivamente oneroso l’esercizio del diritto. Bisogna, a questo punto, verificare come debba essere calcolato il termine decadenziale così configurato. L’origine della controversia si radicherebbe nella comunicazione della Figc con la quale essa dichiarava di non poter prendere in esame la richiesta di risarcimento avanzata dalla società. La controversia, infatti, nel caso di specie, non può che trovare la sua fonte nell’atto asseritamente illegittimo di iscrizione al campionato di altra società. È nel termine (previsto dal Regolamento della Camera e oggetto del rinvio contenuto nella clausola compromissoria federale) di sessanta giorni dalla conoscenza di quell’atto (verificatasi il 28 agosto e pertanto trascorsi il 27 ottobre 2003) che andava proposta l’azione (attraverso, innanzi tutto, l’istanza di conciliazione, presentata, invece, soltanto in data 27 marzo 2004). Non può dunque valere a rimettere in termini la società la richiesta successivamente avanzata di annullamento del campionato e di risarcimento del danno e la lettera di risposta della Figc. Da un lato, questa non assume alcuna valenza provvedimentale. Dall’altro, fonte della pretesa risarcitoria è l’asseritamente illegittimo atto di iscrizione al campionato dell’altra società, non il presunto diniego di annullamento del campionato in sede di autotutela (trattandosi, comunque, di legittimo atto discrezionale non potrebbe mai essere considerato ingiusto e dunque costituire fonte di risarcimento del danno). Non può, poi, invocarsi la tardiva e comunque sopravvenuta conoscenza di uno o più vizi dell’atto asseritamene illegittimo o illecito. Già nel corso della procedura di iscrizione ai campionati, infatti, erano emerse alcune anomalie (anch’esse, tra l’altro, soltanto ora denunciate nell’istanza di arbitrato) tali da consentire, almeno in termini di mero fumus, l’adozione delle opportune iniziative di tutela, che invece, non furono esperite dalla società, a differenza di altre società. Sarebbe bastata, nel caso di specie, la richiesta di accesso agli atti della procedura per verificare la regolarità della documentazione presentata e il fondamento di un’eventuale azione costitutiva o risarcitoria. Persino le notizie di stampa relative ai vizi delle procedure di iscrizione ai campionati cui fa riferimento parte attrice sono ben precedenti alla data di presunta conoscenza del vizio indicata dalla società.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 13 settembre 2004 – www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del Calio Napoli Spa e della Napoli Sportiva SpA al Campionato di Serie B, per la stagione 2004/2005 - www.figc.it
Parti: Società Sportiva Calcio Napoli SPA e Napoli Sportiva SPA contro F.I.G.C.
Massima: E’ inammissibile il ricorso alla Camera di Conciliazione con il quale la società chiede l’ammissione al campionato professionistico quando, non risulta che la società abbia presentato, nei termini e con le modalità stabilite dal C.U. 167/A, una domanda alla Lega di competenza per l’ammissione ad un Campionato professionistico e per altro verso, e conseguentemente, che il Consiglio Federale della F.I.G.C. non abbia mai pronunciato un provvedimento di non ammissione della società al campionato di competenza. Provvedimento, appunto, la cui esistenza avrebbe legittimato la società a proporre dinanzi alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - e sulla base del Regolamento ad hoc - il relativo ricorso.
Massima: L’assenza di una domanda di ammissione al campionato di competenza formulata nei termini e con le modalità stabilite nel C.U. n. 167/A si converte in un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso. Infatti, il Regolamento ad hoc, sub art. 2, dispone che «[…] La procedura di arbitrato disciplinata dal presente Regolamento si basa […] b) sulla clausola compromissoria sottoscritta dalla Società nella domanda di iscrizione ai campionati nazionali di calcio professionistico [s.d.r.] e si applica per la risoluzione di ogni controversia, di qualsiasi natura, che insorga tra una Società e la Federazione ovvero tra una Società e altra Società ed avente ad oggetto la concessione, il diniego o la revoca da parte della federazione della iscrizione ai campionati nazionali di calcio professionistico […]». La società, non avendo formulato la domanda di ammissione al campionato di competenza ex C.U. n. 167/A, non ha mai sottoscritto la clausola compromissoria sulla quale si fonda la competenza del Collegio Arbitrale e, in generale, l’applicabilità del Regolamento ad hoc.
Massima: Quando l’efficacia del contratto di affitto di ramo di azienda risulta condizionata all’iscrizione al campionato di una società, non essendo ancora affittuaria del ramo di azienda, non può richiederne l’iscrizione; mentre la società, legittimata a chiedere l’iscrizione, perché ancora titolare del ramo di azienda, risulta priva dei requisiti richiesti dall’ordinamento sportivo. Ove si volesse sul punto argomentare che l’iscrizione al campionato della socità è il fatto dedotto in condizione dal quale dipende l’efficacia del contratto di affitto, che è tuttavia, dal punto di vista logico e giuridico, il presupposto dell’iscrizione, se ne dovrebbe inferire che la condizione apposta al contratto di affitto è impossibile. In tale ipotesi, come è noto, poiché, a norma dell’art. 1354, 2° comma, cod. civ. la condizione impossibile, se sospensiva, rende nullo il contratto, si dovrebbe concludere nel senso della nullità del contratto di affitto di ramo di azienda. Ove, invece, si dovesse considerare possibile la condizione apposta al contratto, ai fini del presente giudizio il discorso non sarebbe diverso. Se la condizione non si avvera nel termine indicato dalle parti (iscrizione entro la prima partita del campionato di calcio di serie B 2004-2005) il contratto di affitto sarà inefficace, liberando le società da ogni reciproco obbligo. Ma ciò che conta è che l’eventuale avveramento della condizione con effetto dalla data del 1 luglio 2004 non potrebbe retroagire sull’iscrizione della società per le ragioni esposte sub 1).