Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 13 gennaio 2010 -: www.coni.it Decisione impugnata: Decisione della C.A.F. del 17.8.2006, della Corte Federale del 1°.9.2006 e del lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006 Parti: A.C. Arezzo s.p.a. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) Massima: E’ inammissibile la domanda di arbitrato al TNAS tesa ad «accertare e dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta alla società dalla CAF e dalla Corte Federale della FIGC, nonché dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato, e, a tali effetti, qui impugnate». La litispendenza e la connessione di processi giurisdizionale e arbitrale non determina che le pur innegabili esigenze di coordinamento delle decisioni siano soddisfatte in via necessariamente anticipata rispetto alla deliberazione delle stesse. Risulta, comunque, che «i poteri degli arbitri sono contestati», e ciò anche per una «ragione sopravvenuta nel corso del procedimento» (costituita dalla recente notificazione del ricorso per cassazione avverso la decisione del Consiglio di Stato, già reiettiva in limine della domanda della società che, al dire della difesa della F.I.G.C., sostanzia una pretesa connotata da «assoluta coincidenza» con quella oggetto dell’arbitrato che ora viene deciso qui). Pertanto, gli arbitri devono ritenersi investiti attualmente della potere di «decid[ere] sulla propria competenza», come lato sensu recita l’art. 817 c.p.c. 3. Per assolvere al suddetto dovere di decisione, è indispensabile muovere «dalla domanda» (art. 10 c.p.c.): questa è intesa a «dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta alla società […] nelle decisioni […] qui impugnate», in particolare del «lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006»; soltanto «per l’effetto» della riforma di tale decisione, viene poi chiesto di «condannare la FIGC al risarcimento del danno». Si vuol dire, cioè, che l’azione proposta è -prima di ogni altra questione che vi rimane inclusa- qualificabile sotto le specie dell’azione di impugnazione del lodo del 12 dicembre 2006 (che, già per l’origine ex compromisso, non si pone in linea di continuità con le decisioni federali, apparendo pienamente autosufficiente), come attesta la parte attrice volendo «”riporta[re] indietro”, per così dire, l’orologio della controversia, al momento della decisione della C[amera]» (pg. 14 della «istanza di arbitrato»). Invero, la società intende conseguire, per questa via «endo-ordinamentale» (sportiva), una «tutela conforme al principio del doppio grado di giurisdizione» (pg. 16): esattamente «ciò che, col presente ricorso e l’instaurazione del presente giudizio, si intende fare» (ibidem), come ammette la difesa della società. Questa difesa, peraltro, postula sin dall’esordio di aspirare a «ottenere [l’] effetto revocatorio» del lodo già reso tra le parti in data 12.12.2006. In altri termini, poiché l’accertamento contenuto nel suddetto lodo (da cui è derivata recta via l’applicazione della sanzione la cui illegittimità è fondativa della pretesa risarcitoria) dev’essere necessariamente rimosso («prima è necessario sottoporre al […] Collegio un ulteriore profilo, che è quello del carattere, a ben vedere, revocatorio», si scrive nell’«istanza di arbitrato»: pg. 17) onde realizzare la realtà effettuale nuova (quella soltanto «per l’effetto» della quale, appunto, si rendono eventualmente accoglibili le altre conclusioni e) senza della quale non si realizza la condizione della domanda di risarcimento del danno (del tutto prescindendo, per quanto interessa qui, dalla sua attuale e ulteriore proponibilità e ferma la relativa arbitrabilità in linea di principio), è evidente che agli Arbitri si impone di cercare la norma attributiva del potere di adottare la invocata «decisione di tipo revocatorio» e più in generale di statuire sulla proposta «impugnazione» (ibidem). Sennonchè, dalla «sopravvenuta modifica dell’ordinamento sportivo» (pg. 19), che pure la parte attrice mette al principio dell’opzione in favore di questo Collegio, non pare possa ricavarsi la capacità di decidere, e non già sulla domanda di risarcimento del danno (chè non sta in essa la ritenuta ragione impeditiva, e intatte rimangono perciò anche le eccezioni sollevate al riguardo dalla F.I.G.C.), quanto sulla preordinata azione di impugnazione di quel lodo. Proprio quest’ultimo, anche nella prospettiva del Giudice amministrativo, assume -nella vicenda che occupa- la configurazione di ipotetico «atto fonte del danno» (pg. 16 della sentenza n. 5782/08), specialmente considerando che le parti, soltanto ed esclusivamente all’esito dell’esaurimento dei gradi di giustizia endo-federali, avevano, con consapevole autodeterminazione, devoluto ad hoc la controversia al collegio della Camera di conciliazione e arbitrato mediante compromesso (cui rimaneva estraneo il profilo risarcitorio per equivalente). Adesso, in assenza di un adeguato fondamento, non può un nuovo Collegio di arbitri conoscere «del merito della controversia già conosciuta [dalla] Camera di Conciliazione» (pg. 30), come viceversa si vorrebbe a latere actoris, senza che alcuna discontinuità nel regime dell’arbitrabilità possa prendere rilievo dal momento che la causa ostativa dell’accesso al merito pertiene alla questione (non del risarcimento del danno, ma) relativa all’«ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla […] Camera di Conciliazione e Arbitrato, nell[a] decision[e] qui impugnat[a]». E non rileva la arbitrabilità in sé della questione inerente la «sanzione» (esclusa dalla clausola vigente pro tempore e in concreto consentita ex compromisso), quanto la circostanza dell’essere stata, essa, di già fatta oggetto di un lodo. Il jus superveniens -l’art. 12 ter dello Statuto del CONI- non ammette, allora, un arbitrato di secondo grado, né la clausola contenuta nello Statuto della F.I.G.C., che pure continua ancora ad avvincere le parti, consente ciò, tant’è che ivi si ascrive al lodo della Camera la capacità di statuire «in via definitiva» (art. 30, comma 3), salvo soltanto «il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato» avverso il lodo in parola (comma 4). Né, più in generale, un arbitrato di secondo grado è ammesso dal sistema del vigente codice di procedura civile, mentre sub Julio era non soltanto normativamente censita l’ipotesi (art. 28 c.p.c. del 1865), ma persino assolutamente conforme l’opinione secondo cui rimaneva consentito agli arbitri di pronunciare «senza distinguere se il lodo sia stato da questi proferito in prima cognizione od in revisione d’altro emanato da arbitri costituiti come giudici di primo grado» (Cuzzeri, Il codice italiano di procedura civile illustrato, I, Torino, Verona e Padova, 1883, 77, sub art. 29). Ora, al contrario, dall’art. 808-quinquies c.p.c. -il quale dispone che «la conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito non toglie efficacia alla convenzione di arbitrato»-, si ricava conferma e contrario dell’ inapplicabilità ulteriore del patto compromissorio che, con la pronuncia arbitrale di merito (com’è il lodo in data 12.12.2006), sia stato già «portato a compimento» (Zucconi Galli Fonseca, in AA.VV., Arbitrato, a cura di Carpi, 2007, 196). Quindi, una volta pronunciato il lodo, la relativa impugnazione (peraltro in concreto divisata come necessaria già dalla sentenza del Consiglio di Stato adesso sub judice ai sensi dell’art. 362 c.p.c.) non ha alternative che entro le azioni giudiziarie disciplinate dagli artt. 808 ter e 827 c.p.c. E ciò tanto più che collocandosi nella prospettiva, come quella che occupa, in cui il lodo costituisce l’ipotetico «atto fonte del danno», per cui la disciplina vigente prescrive che «se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l’accoglimento dell’ impugnazione con sentenza passata in giudicato» (art. 813 ter, 4° comma, c.p.c.), in tal modo escludendo che l’impugnazione possa ammettere anche a tal fine un’ alternativa presso arbitri. Insomma, il sistema del c.p.c. è imperniato sulle esclusività delle azioni di invalidazione del lodo, sicchè non vi sono succedanei neanche –cioèdel tipo di un «espresso accordo» ai sensi del cit. art. 12 ter, comma 2, per l’apposita devoluzione in arbitri dell’ impugnazione del lodo che fosse stata operata dalle parti al compimento del primo mandato arbitrale (circostanza che in concreto non si è comunque verificata). Il caso di specie: La società ha proposto istanza di arbitrato innanzi al TNAS, impugnando le Decisione della C.A.F. del 17.8.2006, della Corte Federale del 1°.9.2006 e del lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006, con la quale era stata  sanzionata per c.d. «responsabilità presunta» («prevista dal codice della giustizia sportiva all’epoca vigente») con la penalizzazione di punti 6 in classifica – che si rivelava decisiva per la retrocessione della squadra, all’esito della stagione 2006/2007, dalla serie B alla serie C1 - chiedendo la condanna della FIGC,  previo espletamento di idonea consulenza tecnica al risarcimento del danno per equivalente, in misura non inferiore a € 20.000.000,00 (ventimilioni), ovvero in quella diversa che risulterà di giustizia, anche in via equitativa ex art. 1226 c.c. La società, a questo punto, ricorreva dapprima al TAR Lazio», che «rigettava il ricorso, e la connessa domanda risarcitoria, e poi le richieste «alla sola domanda risarcitoria», al Consiglio di Stato che ne dichiarava l’inammissibilità. Tale ultima decisione veniva impugnata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione il cui procedimento è ancora in corso. Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 13 gennaio 2010 – www.coni.it Decisione impugnata: Decisione della C.A.F. del 17.8.2006, della Corte Federale del 1°.9.2006 e del lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006 Parti: A.C. AREZZO SpA/FEDERAZIONE ITALIANA GIUCO CALCIO Massima TNAS: (1) Né la disciplina dei «rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria» (art. 819 ter c.p.c.) né quella della «sospensione del procedimento arbitrale» (art. 819 c.p.c.) impongono l’arresto del giudizio. E’ noto, infatti, che la litispendenza e la connessione di processi giurisdizionale e arbitrale non determina che le pur innegabili esigenze di coordinamento delle decisioni siano soddisfatte in via necessariamente anticipata rispetto alla deliberazione delle stesse. Massima TNAS: (2) Il jus superveniens - l’art. 12 ter dello Statuto del CONI - non ammette, allora, un arbitrato di secondo grado, né la clausola contenuta nello Statuto della FIGC, che pure continua ancora ad avvincere le parti, consente ciò, tant’è che ivi si ascrive al lodo della CCAS la capacità di statuire «in via definitiva» (art. 30, comma 3), salvo soltanto «il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato» avverso il lodo in parola (comma 4). Massima TNAS: (3) Pertanto, qui è inammissibile la domanda di «accertare e dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla CAF e dalla Corte Federale della FIGC, nonché dalla CCAS, e, a tali effetti, qui impugnate». Rimane conseguentemente assorbita ogni questione relativa all’ulteriore domanda intesa a «condannare la FIGC al risarcimento del danno per equivalente», dal momento che non può essere costituito, in questa sede arbitrale, il preliminare «effetto» revocatorio che ne rappresenta, nella prospettiva della parte attrice, l’antecedente necessario, la revoca del lodo.
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