F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 30/CFA del 25 Agosto 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 131/CFA del 17 Maggio 2017 (dispositivo) – RICORSO DELLA SOCIETA’ PAGANESE CALCIO 1926 SRL AVVERSO LA SANZIONE: • PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. COSIMO D’EBOLI (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE DELLA SOCIETÀ PAGANESE CALCIO 1926 SRL) AVVERSO LE SANZIONI: • INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6; • AMMENDA DI € 60.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. ADRIANO FAVIA (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE HA SVOLTO ATTIVITÀ NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ AS MARTINA 1947 SRL) AVVERSO LE SANZIONI: • INIBIZIONE DI ANNI 3; • AMMENDA DI € 50.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. ALESSANDRO ROMEO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ US PISTOIESE 1921 SRL)AVVERSO LE SANZIONI: • SQUALIFICA DI ANNI 3; • AMMENDA DI € 50.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. EUGENIO ASCARI (ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI) AVVERSO LE SANZIONI: • INIBIZIONE DI MESI 6; • AMMENDA DI € 10.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. GIUSEPPE CIANCIOLO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELLA SOCIETÀ US POGGIBONSI SRL) AVVERSO LE SANZIONI: • INIBIZIONE DI ANNI 3; • AMMENDA DI € 30.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DELLA SOCIETA’ US PISTOIESE 1921 SRL AVVERSO LA SANZIONE: • PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DELLA SOCIETA’ L’AQUILA CALCIO 1927 SRL AVVERSO LE SANZIONI: • PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA; • AMMENDA DI € 10.000; INFLITTE ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DEL SIG. MARCO DI CHIO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE ISCRITTO NEI RUOLI TECNICI DELLA F.I.G.C. NON TESSERATO) AVVERSO LE SANZIONI: • SQUALIFICA DI ANNI 3 E MESI 6; • AMMENDA DI € 50.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DELLA SOCIETA’ PAGANESE CALCIO 1926 SRL AVVERSO LA SANZIONE:
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- PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA;
INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. COSIMO D’EBOLI (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE DELLA SOCIETÀ PAGANESE CALCIO 1926 SRL) AVVERSO LE SANZIONI:
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- INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6;
- AMMENDA DI € 60.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. ADRIANO FAVIA (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE HA SVOLTO ATTIVITÀ NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ AS MARTINA 1947 SRL) AVVERSO LE SANZIONI:
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- INIBIZIONE DI ANNI 3;
- AMMENDA DI € 50.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. ALESSANDRO ROMEO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ US PISTOIESE 1921 SRL)AVVERSO LE SANZIONI:
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- SQUALIFICA DI ANNI 3;
- AMMENDA DI € 50.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. EUGENIO ASCARI (ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI) AVVERSO LE SANZIONI:
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- INIBIZIONE DI MESI 6;
- AMMENDA DI € 10.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. GIUSEPPE CIANCIOLO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELLA SOCIETÀ US POGGIBONSI SRL) AVVERSO LE SANZIONI:
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- INIBIZIONE DI ANNI 3;
- AMMENDA DI € 30.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DELLA SOCIETA’ US PISTOIESE 1921 SRL AVVERSO LA SANZIONE:
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- PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA;
INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DELLA SOCIETA’ L’AQUILA CALCIO 1927 SRL AVVERSO LE SANZIONI:
-
- PENALIZZAZIONE DI PUNTI 1 IN CLASSIFICA;
- AMMENDA DI € 10.000;
INFLITTE ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. MARCO DI CHIO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE ISCRITTO NEI RUOLI TECNICI DELLA F.I.G.C. NON TESSERATO) AVVERSO LE SANZIONI:
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- SQUALIFICA DI ANNI 3 E MESI 6;
- AMMENDA DI € 50.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
- L’indagine federale ha preso avvio dall’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro in ordine alla individuazione di numerosi soggetti operanti sul territorio nazionale e internazionale con finalità di condizionare i risultati di partite di calcio dei campionati organizzati dalle leghe professionistiche e dilettantistiche per conseguire indebiti vantaggi e illeciti profitti anche tramite scommesse sui risultati alterati delle partite medesime.
È stata, infatti, acquisita, da parte della Procura Federale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 401 del 1989 e dell’art. 116 c.p.p., documentazione inerente il procedimento penale pendente innanzi la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro DDA (n. 1110/2009 R.G.N.R.), consistente, in particolare, nelle risultanze di numerose intercettazioni telefoniche e nelle dichiarazioni rilasciate nel corso di alcuni interrogatori.L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura federale, consente di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte dei soggetti deferiti e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine
La Procura Federale, con atto datato 4 agosto 2016, prot. 1638/78 p.f. 15 – 16/SP /gb,ha deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, fra gli altri, gli odierni ricorrenti, vale a dire:
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- Ascari Eugenio, all’epoca dei fatti agente di calciatori;
- Cianciolo Giuseppe, all’epoca dei fatti direttore Sportivo dell’US Poggibonsi Srl;
- D’Eboli Cosimo, all’epoca dei fatti direttore generale della Paganese Calcio 1926 Srl;
- Di Chio Marco, all’epoca dei fatti allenatore iscritto nei ruoli tecnici della F.I.G.C. nontesserato;
- Favia Adriano, all’epoca dei fatti, soggetto che ha svolto attività nell’interesse dellaSocietà AS Martina 1947 Srl ai sensi dell’art. 1 bis comma 5 del CGS;
- Romeo Alessandro, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per l’US Pistoiese1921 Srl; nonché le Società L’Aquila Calcio 1927 Srl, Paganese Calcio 1926 Srl e US Pistoiese1921
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Srl;
per rispondere tutti e tutte delle violazioni a vario titolo riconducibili agli artt. 6, 7 e 4
CGS,anche con riferimento all’art. 1 bis commi 1 e 5 stesso Codice, attesa la esistenza dicomportamenti finalizzati alla effettuazione di scommesse ed al compimento di atti diretti alraggiungimento di risultati diversi da quelli che sarebbero stati conseguiti sul campo se losvolgimento delle gare coinvolte nel sistema fosse stato corretto e leale.
Le gare individuate dalla Procura federale, che vengono in rilievo nel presente giudizio, tutte di Lega Pro, sono le seguenti: Martina Franca – Paganese del 20/12/2014, Pistoiese - L’Aquila del 12/04/2015, L’Aquila - Grosseto del 2/05/2015.
Gare, quelle suddette, diverse rispetto a quelle già trattate nell’ambito dei procedimenti disciplinari nn. 859pf14-15, 859bis14-15 e 859ter15-16, appartenenti allo stesso filone d’inchiesta (deferimenti che hanno anch’essi tratto le mosse dalla documentazione che la Procura Federale aveva acquisito dal procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica - Tribunale di Catanzaro - D.D.A. (n. 1110/2009 R.G.N.R.).
- All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare
- con Delibera pubblicata in C.U. n. 68 del 27.3.2017 - ha inflitto agli odierni ricorrenti le seguenti sanzioni:
- Sig. Ascari Eugenio: inibizione di 6 mesi ed € 10.000,00 di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15;
- Sig. Cianciolo Giuseppe: inibizione di 3 anni ed € 30.000,00 di ammenda;
- Sig. D’Eboli Cosimo: inibizione di 3 anni e 6 mesi ed € 60.000,00 di ammenda;
- Sig. Di Chio Marco: squalifica di anni 3 e mesi 6 ed € 50.000,00 di ammenda;
- Sig. Favia Adriano: inibizione di 3 anni ed € 50.000,00 di ammenda.
- Sig. Romeo Alessandro: squalifica di 3 anni ed € 50.000,00 di ammenda.
- Società L’Aquila Calcio 1927 Srl: 1 punto di penalizzazione ed € 10.000,00 di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15, 859bispf14-15 e 1048pf14-15;
- Società Paganese Calcio 1926 Srl: 1 punto di penalizzazione;
- Società US Pistoiese 1921 Srl: 1 punto di penalizzazione;
- Il TFN, in particolare, dopo aver premesso che ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 7 CGS non è dato distinguere tra illecito consumato e illecito tentato e che, invece, fattispecie di natura diversa è quella descritta dall’art. 7, comma 7, CGS afferente l’obbligo di denuncia, ha articolato la propria decisione seguendo il criterio metodologico adottato dalla Procura federale mediante il riferimento ad ogni singola gara, come di seguito, in sintesi, riportato.
- Gara Martina Franca - Paganese del 20.12.2014.
L’indagine condotta ha evidenziato che tale Di Nicola Ercole ha attuato sistematici comportamenti illeciti finalizzati all’organizzazione di combine di incontri di calcio, nonché alla scommessa sportiva, a fronte dei quali è stato in più occasioni deferito dalla Procura Federale quale coprotagonista della più ampia operazione denominata dirty soccer, subendo anche sanzioni a cura dei preposti Organi.
Nel caso di specie, Di Nicola Ercole (all’epoca tesserato per L'Aquila Calcio 1927) ha tentato di combinare la gara in esame attraverso i buoni uffici di D’Eboli Cosimo (Direttore Generale della Paganese 1926) e Favia Adriano (soggetto che ha svolto attività nell'interesse del Martina 1947), colloquiando con i medesimi e chiedendo loro di alterare il risultato della gara attraverso una fitta serie di telefonate che hanno avuto lo scopo, se pure velato attraverso l’adozione di un linguaggio convenzionale e criptico, di agevolare un approccio diretto tra dirigenti e giocatori di entrambi i sodalizi.
Le intercettazioni effettuate documentano appieno ogni circostanza fattuale, risultando provata la colpevolezza dei deferiti in relazione all’organizzazione della combine della gara predetta, che tuttavia non si realizzò.
Il tentativo posto in essere fonda il giudizio di colpevolezza in capo a Di Nicola Ercole, D’Eboli Cosimo e Favia Adriano, dal quale discende la responsabilità oggettiva de L'aquila Calcio 1927 Srl e della Paganese Calcio 1926 Srl, non essendo l’AS Martina 1947 Srl più soggetta alla giurisdizione sportiva, in virtù della pronunciata revoca dell'affiliazione alla F.I.G.C.
- Gara Pistoiese - L’Aquila del 12.4.2015.
Sempre il Di Nicola Ercole, unitamente ad altri soggetti, si è prodigato attivamente al fine di combinare anche il risultato della gara in esame, mediante due distinti tentativi operati con interlocutori differenti.
Il primo tentativo risulta svolto attraverso i buoni uffici di Ascari Eugenio (all’epoca Agente di calciatori) e Romeo Alessandro (all’epoca calciatore della US Pistoiese 1921 Srl), oltre che di Matteini Davide (all’epoca calciatore per la SSDARL Atletico San Paolo Padova, oggi SSDARL Vigontina San Paolo FC) colloquiando con i medesimi e chiedendo loro di alterare il risultato mediante una fitta serie di telefonate, messaggi e incontri che avevano lo scopo, se pure velato attraverso l'adozione di un linguaggio convenzionale e criptico, di agevolare un approccio diretto tra dirigenti e giocatori di entrambi i sodalizi.
Le intercettazioni effettuate documentano appieno ogni circostanza fattuale, per cui la colpevolezza dei soggetti è inequivocabile in relazione alla organizzazione della combine e al corrispettivo per l’alterazione (un contratto biennale per il calciatore Romeo della US Pistoiese 1921 Srl) che tuttavia, all'atto pratico, non sortirono esiti.
Il tentativo risulta ulteriormente confermato al di là di ogni ragionevole dubbio, dalla conversazione intercorsa in data 16.4.2015, cioè dopo lo svolgimento della partita, nella quale il calciatore della Pistoiese Romeo riceve rassicurazioni in merito al promesso aiuto professionale a cura del Di Nicola, nonostante la partita non avesse sortito l'auspicato esito secondo il pianificato illecito.
Il tentativo posto in essere fonda il giudizio di colpevolezza in capo a Di Nicola Ercole, Ascari Eugenio, Matteini Davide e Romeo Alessandro in relazione a tale primo episodio.
Il secondo tentativo di combine, sempre in relazione alla gara in esame, è stato perpetrato da Cianciolo Giuseppe (all’epoca direttore sportivo per US Poggibonsi Srl) il quale, affermando di agire nell’interesse di soggetti legati alla Pistoiese, trattava con il Di Nicola Ercole un corrispettivo dedicato alla vittoria della compagine toscana.
Anche in questo caso le intercettazioni effettuate documentano appieno ogni circostanza fattuale, per cui la colpevolezza dei soggetti è inequivocabile in relazione alla organizzazione del tentativo di combine e al corrispettivo per l’alterazione (una cospicua somma di denaro) che tuttavia, all'atto pratico, non sortì esito.
Tra l’altro il tentativo di combine è stato confermato dallo stesso Cianciolo Giuseppe che ha ammesso i fatti contestati.
Puntualizza sul punto il TNF che l’eccezione svolta dalla difesa del Cianciolo in relazione alla omessa applicazione dell'art. 24 CGS non può trovare accoglimento, in quanto la Procura Federale non ha formulato alcuna proposta in tal senso, vanificando ogni possibile accesso dell'invocato precetto attenuante.
Il tentativo posto in essere fonda il giudizio di colpevolezza in capo a Cianciolo Giuseppe e Di Nicola Ercole in relazione anche a questo secondo episodio.
Quanto alla responsabilità delle società, il TFN reputa, per quanto d’interesse nel presente giudizio, che il vincolo societario tra Romeo Alessandro e la US Pistoiese 1921 Srl non sia mai stato posto in discussione, per cui quest'ultima deve essere sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva per i fatti commessi dal primo.
- Gara L’Aquila – Grosseto del 2.5.2015.
Sempre il Di Nicola Ercole ha tentato di combinare tale gara al fine di effettuare una scommessa sportiva sicura sul risultato alterato, attraverso i buoni uffici di Di Lauro Fabio (all’epoca Allenatore iscritto nei ruoli tecnici della F.I.G.C., non tesserato), Di Chio Marco (all’epoca Allenatore iscritto nei ruoli tecnici della F.I.G.C., non tesserato) e Matteini Davide (all’epoca calciatore per la SSDARL Atletico San Paolo Padova, oggi SSDARL Vigontina San Paolo FC), colloquiando con i medesimi e chiedendo loro di aggiustare l’esito della partita attraverso una fitta serie di telefonate, messaggi e incontri che avevano lo scopo, se pure velato attraverso l'adozione di un linguaggio convenzionale e criptico, di agevolare un approccio diretto tra dirigenti e giocatori di entrambi i sodalizi.
Le intercettazioni effettuate documentano appieno ogni circostanza fattuale, per cui la colpevolezza dei soggetti è inequivocabile in relazione al tentativo di combine che tuttavia, all'atto pratico, non sortì esito.
Il tentativo posto in essere fonda il giudizio di colpevolezza in capo a Di Nicola Ercole, Di Lauro
Fabio, Matteini Davide e Di Chio Marco.
Quanto alla responsabilità delle società, il TFN reputa, per quanto d’interesse nel presente giudizio, che il vincolo societario tra Romeo Alessandro e la US Pistoiese 1921 Srl non sia mai stato posto in discussione, per cui quest'ultima deve essere sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva per i fatti commessi dal primo.
- Con separati ricorsi, tutti tempestivamente e ritualmente comunicati, hanno proposto appello avverso la suddetta decisione del TFN le persone fisiche e le società in epigrafe indicate, vale a dire:
- in relazione alla gara A), i sigg.ri Cosimo D’Eboli e Domenico Favia, oltre alle società Paganese Calcio 1926 Srl e L’Aquila Calcio 1927 Srl;
- in relazione alla gara B), i sigg.ri Alessandro Romeo, Eugenio Ascari, Giuseppe Cianciolo, oltre alla società US Pistoiese 1921 Srl;
- in relazione alla gara C), il sig. Marco Di Chio.
La Corte, previa riunione dei ricorsi in epigrafe indicati - attesa la sussistenza di ragioni di connessione oggettiva e di economia processuale – all’esito della riunione del 17.5.2017, nel corso della quale si è esaurito il dibattimento, ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti
MOTIVI
5 Devono, anzitutto, essere disattese le eccezioni, sollevate da numerose difese, di nullità della impugnata decisione con riferimento al vizio di omessa o insufficiente motivazione.
In un contesto più generale di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione, anche in funzione del crescente rilievo attribuito dalla giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva idoneità e giustificabilità degli stessi, anche le pronunce degli organi di giustizia sportiva devono mostrarsi in linea con le finalità teleologiche dell’istituto.
Ne consegue che la motivazione, che deve essere correlata alle risultanze istruttorie acquisite al procedimento e che costituisce il momento formativo della decisione, deve essere articolata nei due momenti essenziali rappresentati dall’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e dalla indicazione delle ragioni sulle quali si basa la decisione stessa.
Orbene, ciò premesso ritiene, questa Corte, che il Tribunale di prime cure abbia adeguatamente motivato la propria decisione, argomentando per ciascuna posizione, seppur in modo sintetico, come, peraltro, previsto e richiesto dalle disposizioni federali e dalla norma di cui all’art. 2, comma 5, del codice di giustizia sportiva del Coni, le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del deferimento, con specificazione dei principali elementi probatori a supporto del proprio convincimento.
Pertanto, la sentenza impugnata dagli odierni reclamanti potrà essere giudicata corretta o meno, come meglio sarà indicato più avanti, ma, di certo, la stessa non è priva di motivazione.
- Sempre in via preliminare, in ordine all’esplicitazione dell’iter motivazionale seguito, il Collegio ritiene di dover indicare alcune ulteriori premesse, attinenti all’illustrazione di portata e funzione del presente giudizio.
Sotto tale profilo, in particolare, deve osservarsi come correttamente il Tribunale abbia disatteso le istanze di sospensione del giudizio in attesa dell’esito del procedimento penale.
Il principio dell’autonomia del diritto sportivo consente la trattazione separata di analoga vicenda processuale di carattere disciplinare, anche al fine di assicurare l’esigenza di una celere e rapida definizione della stessa. Del resto, le disposizioni di cui all’art. 34 bis e 38, comma 5, lett. a), codice di giustizia sportiva del Coni, prevedono testualmente una trattazione separata del procedimento disciplinare e del procedimento penale, e la norma contenuta nell’art. 39, comma 7, del medesimo predetto codice prevede espressamente che “in nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento, salvo che per legge debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’autorità giudiziaria”. Circostanza che nella fattispecie non è stata neppure dedotta.
Si aggiunga, del resto, che la condotta di un soggetto dell’ordinamento federale, fermo restando il suo accertamento in sede penale, può essere diversamente valutata a fini sportivo- disciplinari, rispetto alla sede ordinaria e, pertanto, non è detto che l’eventuale decisione resa dall’Autorità giudiziaria possa utilmente riflettersi sul piano del procedimento disciplinare. Come già affermato da questa Corte è, questo, anche il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport.
Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un lato, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti, siano essi civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altra parte, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva – nei confronti dei propri appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti dell’ordinamento settoriale – con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva la garanzia del diritto di difesa, costituzionalmente protetto.
Non vi è, quindi, alcun bisogno di attendere l’esito di eventuali ulteriori indagini della Procura della Repubblica o disporre ulteriori accertamenti ed acquisizioni testimoniali se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate. Il Tribunale federale nazionale ha, dunque, correttamente implicitamente evidenziato che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa, a suo avviso, le esigenze del giudizio.
Da questo punto di vista, non rappresenta violazione alcuna, tantomeno del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del codice di giustizia sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova, anche mediante produzione documentale, come è accaduto nel presente procedimento.
- Ritiene, poi, opportuno, questa Corte, prima di passare all’esame delle singole posizioni dei reclamanti, delineare l'iter che si seguirà per dare un quadro generale della materia, pur nei limiti della rilevanza ai fini del giudizio.
In tale prospettiva, si richiama, seppur rapidamente, e nei limiti prima riferiti, il quadro normativo di riferimento in tema di illecito sportivo.
Come noto, l’ordinamento federale vieta e punisce, all’art. 7 CGS, «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica». La predetta norma prevede, poi, al comma 6, una fattispecie aggravata «in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito».
Come più volte evidenziato dalla giurisprudenza federale, se, in generale, il plesso normativo sopra richiamato mira a presidiare il leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive, tentando di impedire che condotte, appunto, illecite e, comunque, antisportive alterino il bene giuridico protetto, in particolare, tre sono le ipotesi di illecito codificate: le stesse consistono «a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica.
Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara.
Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre» (CAF, 7 luglio 2006, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006. Il riferimento era all’art. 6 dell’allora vigente CGS).
Consolidato, poi, l’orientamento interpretativo secondo cui le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”.
Detto elemento, infatti, non assume rilievo alcuno ai fini dell’integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, CGS, considerata l’anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire gli effetti di cui trattasi.
La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004).
In breve, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque, come rilevato dalla dottrina e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di settore, di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr., ex multis, CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011).
Infatti, il riferimento agli «atti diretti» contenuto nella norma conferisce all’illecito sportivo aleatorietà circa l’effettivo verificarsi dell’evento, così da assumere la struttura del cd. “reato di attentato” o a consumazione anticipata, appunto, in relazione al quale si prescinde dal conseguimento di un vantaggio effettivo.
Occorre, peraltro, tenere presente che laddove si ritenga in concreto insussistente la prova del concorso di un determinato soggetto nella commissione dell’illecito sportivo o il medesimo illecito sportivo non risulti dimostrato, la condotta del tesserato può rivestire rilievo ai sensi e per gli effetti della norma di cui all’art. 1 bis CGS, secondo cui «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Precisa, il successivo comma 5: «Sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale».
Diversa e distinta fattispecie è quella di cui all’art. 7, comma 7, CGS che prevede il c.d. obbligo di denuncia. «I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC».
In altri termini, se alcuno dei soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, CGS non pone in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, ma è a conoscenza («in qualunque modo») che altri abbiano adottato o stiano per adottare comportamenti volti al predetto fine ha l’obbligo di denunziare i fatti alla Procura federale e, in difetto, rimane soggetto alla suddetta sanzione, seppur non risponde dell’illecito sportivo a titolo principale.
Ritiene questa CFA che una lettura attenta della norma conduce ad affermare che l’obbligo di denuncia di cui trattasi sorga non appena il tesserato venga a sapere che stia per essere (o sia stato già realizzato) un illecito sportivo.
In tale prospettiva, la giurisprudenza federale ha sovente affermato che, ai fini dell’integrazione degli estremi della violazione di cui trattasi, è sufficiente «che i tesserati abbiano avuto rapporti con persone che anche solo “stiano per porre in essere” gli atti indicati al comma 1» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004). La violazione di cui trattasi presuppone, comunque,
«che un illecito sia stato consumato o sia in corso: cioè un illecito determinato o determinabile» (CAF, C.U. n 7/C del 9 settembre 2004).
Resta implicito che altro presupposto imprescindibile è ovviamente l’effettiva conoscenza dell’illecito o del suo tentativo. Sotto tale profilo, occorre, peraltro, precisare che l’obbligo di denuncia trova causa non già «nella semplice percezione di un sospetto vago ed indeterminato sulla lealtà sportiva di un tesserato, occorrendo quanto meno il fumus di un comportamento (“atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”) riconducibile alla fattispecie di illecito sportivo (già consumato od ancora in itinere: “siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti”), è anche incontestabile che la ratio e la lettera della norma sono chiare nell’escludere che colui che sia venuto a conoscenza di un sospetto concreto e determinato possa delibarne preventivamente la verosimiglianza ed apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali» (CD c/o LNP, C.U. n. 198 del 9 giugno 1980).
In definitiva, affinché possa dirsi integrata la fattispecie dell’omessa denuncia si rende necessaria l’esistenza di una percezione effettiva e reale del compimento di atti illeciti da parte di altri soggetti appartenenti al contesto sportivo di riferimento. Al contrario, dunque, non sarebbe sufficiente, ai fini dell’affermazione di responsabilità per la violazione qui considerata, un semplice sospetto o un mero presentimento.
Deve poi, ancora una volta ribadirsi, per quanto qui di rilievo, che la responsabilità per omessa denuncia non è e non può essere una responsabilità “da posizione” (CGF 22 agosto 2012,
C.U. n. 29/CGF), trattandosi, invece, di una responsabilità personale, «in quanto può derivare esclusivamente da fatto proprio dello stesso, e non può discendere di per sé da una posizione che il tesserato abbia all’interno di un’organizzazione sportiva, quale riflesso oggettivo della stessa. Se infatti l’ordinamento sportivo pure prevede forme oggettive di attribuzione di responsabilità (cfr. art. 4 comma 2 CGS), esse hanno carattere specifico e limitato» (TNAS, 10 ottobre 2012, lodo “Alessio”).
Non sempre, come sopra evidenziato, la linea di demarcazione tra illecito sportivo (art. 7, comma 1, CGS) e omessa denuncia dell’illecito stesso (art. 7, comma 7, CGS) appare facilmente delineabile, specie sul piano probatorio. Infatti, se i confini giuridici tra il comportamento volto ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara e quello che, invece, si concreta nell’omettere la denuncia di tali fatti (i.e. atti) appaiono chiari, nei singoli casi di specie non sempre è agevole decifrare, in fatto, se un soggetto ha posto (o tentato di porre) in essere la predetta alterazione o, semplicemente, ne era a conoscenza (eventualmente anche del semplice tentativo) e non ne ha riferito alla Procura federale oppure, ancora, non ne era neppure venuto a conoscenza o non lo aveva percepito nella sua esatta portata “giuridico-disciplinare”.
In altri termini, l’incolpato, per rispondere della violazione dell’obbligo di denuncia, deve non solo aver compreso la portata degli atti costituenti illecito disciplinare, ma anche averne colto la loro antigiuridicità e il relativo disvalore sportivo. È, quindi, necessario, ma anche sufficiente, che
«l’agente abbia la consapevolezza del fatto che sia in corso la commissione di un illecito sportivo e sia in grado di percepirne l’antigiuridicità» (TNAS, 12 ottobre 2012, lodo “Portanova”).
L’ordinamento federale, come noto, fa anche espresso divieto ai calciatori ed ai tesserati in genere di effettuare qualsiasi tipo di scommessa al fine di trarne profitto. Questo anche in una prospettiva di garanzia del regolare svolgimento delle gare e dei campionati.
Recita, segnatamente, la norma di cui all’art. 6, comma 1, CGS: «Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che 4 abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC».
- Per una migliore illustrazione della ragioni della decisione assunta da questa Corte si ritiene, ancora in via di premessa, utile evidenziare quello che è lo standard probatorio applicabile in materia, riassumendo, di seguito, gli arresti della giurisprudenza endo ed esofederale sul punto.
In ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC).
Nella stessa direzione è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudeza federale secondo cui «per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti- doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012).
Orbene, sotto un profilo metodologico, questa Corte ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza federale ed esofederale prima richiamata in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato o soggetto il cui operato è considerato rilevante per l’ordinamento federale.
Ciò premesso, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui agli artt. 6 e 7 CGS, al fine dell’affermazione della sussistenza delle violazioni rispettivamente contestate ai deferiti.
- Ancora in via preliminare, debbono essere disattese le eccezioni sollevate da diversi reclamanti, di estinzione del procedimento, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 3 CGS, in quanto, differentemente da quanto previsto da detta norma, con riferimento al primo segmento del presente procedimento, la Corte Federale d’Appello non avrebbe nella propria precedente sentenza annullato alcuna decisione “nel merito” ma avrebbe solo riformato la sentenza in punto di accoglimento di un’eccezione preliminare, per cui il termine di sessanta giorni per la celebrazione del giudizio di rinvio dovrebbe essere valutato avendo quale momento iniziale la pubblicazione della decisione della Corte (21.12.2016) e non quello di restituzione materiale degli atti.
Sul punto, il TNF, con sintetica ma chiara ed esaustiva decisione, dalla quale non vi è ragione per discostarsi, ha risolto la censura individuando come termine di decorrenza del periodo utile alla pronuncia del Collegio di rinvio, in quello dell’1.2.2017, data nella quale la Corte ha restituito gli atti al giudice di prime cure affinché potesse procedere ad una nuova valutazione delle fattispecie, avvenuta il 17.3.2017 e, quindi, all’interno dello spazio temporale concesso.
A ciò si aggiunga che la norma evocata non procede ad una distinzione dei profili di annullamento, distinguendoli tra inammissibilità, improcedibilità o comunque attinenti al mero profilo processuale, da quelli riguardanti la fondatezza o meno della pretesa azionata, ma si limitaa prendere in esame l’esito di una decisione che ha costituito l’oggetto, il merito, della cognizione dell’organo di secondo grado.
- Analogamente devono essere disattese, sia la richiesta di sospensione del procedimento in attesa della pubblicazione delle motivazioni della decisione del Collegio di Garanzia del CONI di rigetto dei ricorsi che erano stati proposti avverso la prima decisione di questa Corte Federale, in quanto, in assenza di tali motivazioni, non risulterebbe nota la pronuncia sulla perentorietà o ordinatorietà del termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4 CGS, sia le eccezioni preliminari, da più parti reiterata, di improcedibilità dell’atto di deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter comma 4 CGS.
Entrambe tali pretese, infatti, appaiono prive di pregio; la prima perché - come correttamente affermato dall’Organo di prime cure, anche in questo caso con congrua motivazione, dalla quale non sussiste alcuna ragione di discostarsi - il dispositivo pronunciato dal Collegio di Garanzia del CONI appare sufficiente a sancire l’inequivocabile decisione di reiezione dei gravami proposti avverso la decisione di questa Corte e comunque perché, trattandosi di decisione di rigetto dei ricorsi e di conferma di quella di questa Corte, la pubblicazione delle motivazioni appare del tutto ininfluente ai fini dell’esercizio del diritto di difesa nel presente giudizio, facendo stato la statuizione contenuta nella decisione di questa Corte Federale.
La seconda poiché la questione relativa alla mera ordinatorietà del termine previsto dalla norma invocata appare superata dalla pronuncia resa da questa Corte, a Sezioni Unite, e confermata dal Collegio di Garanzia del CONI.
Ciò premesso, di seguito una rapida analisi delle vicende alterative inerenti le singole gare ed il relativo coinvolgimento degli appellanti.
- Quanto alla gara Martina Franca - Paganese del 20.12.2014.
Alla luce delle superiori premesse metodologiche, questa Corte ritiene che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito ex art. 7, comma 1, CGS, da parte dei ricorrenti D’Eboli e Favia e che, segnatamente, in ordine alle posizioni degli stessi, sussista quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità.
Convergono, in tale direzione, solidi elementi probatori e, in primo luogo, le complessive risultanze istruttorie di cui alle attività di investigazione poste in essere dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.
Le intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra i vari protagonisti della vicenda, i riscontri e le modalità del linguaggio a volte criptico utilizzato, l’intensificarsi delle attività alterative nei giorni immediatamente a ridosso lo svolgimento delle gare oggetto di combine, i riscontri provenienti da una parte delle dichiarazioni rilasciante da alcuni dei deferiti in sede di audizione, non lasciano alcun dubbio circa le responsabilità dei reclamanti in relazione ai fatti ed agli illeciti contestati dalla Procura federale, come, in parte già accertati dal TFN.
Mancano, del resto, concreti ed idonei elementi di prova a discarico e le ricostruzioni alternative dei fatti fornite dagli incolpati non appaiono, francamente, verosimili, né, tantomeno, supportate da elementi probatori o anche soltanto logici.
Le approfondite indagini della Procura ordinaria, come riesaminate ed utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, alla luce delle integrazioni istruttorie operate dalla Procura federale consentono, dunque, di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti contestati ai sigg.ri D’Eboli e Favia.
Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità degli stessi in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento per aver, in concorso con altri soggetti, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara di cui trattasi.
In definitiva, come già sopra si è accennato, il contesto probatorio complessivo acquisito al presente procedimento appare solido e del tutto sufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilità dei predetti ex art. 7, comma 1, CGS.
D’altro canto, ai fini dell’affermazione della responsabilità degli appellanti in ordine ai fatti loro contestati, non può non essere considerato, quale ulteriore elemento probatoria, il fatto che l’artefice per così dire “principale” dell’attività antiregolamentare posta in essere nella fattispecie sia proprio il Di Nicola Ercole, del quale è stata accertata, con decisioni coperte da giudicato - ivi compresa quella del TNF oggetto del presente gravame, nei cui confronti non ha proposto impugnazione - il sistematico coinvolgimento in comportamenti illeciti volti al tentativo di combine di incontri di calcio, anche a fini di scommessa, a fronte dei quali è stato in più occasioni deferito dalla Procura Federale quale coprotagonista della più ampia operazione denominata "dirty soccer", subendo gravi sanzioni da parte dei competenti organi di GS.
Nel caso di specie risulta al di là di ogni ragionevole dubbio la circostanza dei rapporti intercorsi fra il Di Nicola Ercole, il D’Eboli Cosimo e il Favia Adriano, con la finalità di tentare di combinare la gara in oggetto.
Non può residuare dubbio alcuno, d’altro canto, che il fine della fitta serie di telefonate, intercorsa in un breve lasso temporale fra i suddetti, non potesse che essere quella di addivenire all’alterazione del risultato della gara attraverso un approccio diretto tra dirigenti e giocatori di entrambi i sodalizi, potendosi ciò ragionevolmente desumere dal significato intrinseco delle espressioni rese attraverso un linguaggio convenzionale e criptico.
Il fatto che il manifesto tentativo di combine non abbia poi sortito alcun effetto concreto non rileva affatto, come ampiamente motivato in premessa, ai fini dell’affermazione della responsabilità dei ricorrenti in ordine ai fatti loro contestati.
Una specifica argomentazione mette conto di essere sviluppata in ordine alla qualificazione soggettiva del Favia Adriano, al fine della reiezione delle eccezioni sul punto dallo stesso sollevate.
Reputa la Corte che – pur nell’innegabile insufficienza della motivazione della sentenza impugnata in ordine all’attribuzione al predetto della qualità di “soggetto che ha svolto attività nell’interesse del Martina 1947” – sussistano comunque elementi probatori idonei e sufficienti alla qualificazione del medesimo in tale senso, con conseguente suo inquadramento nell’ambito soggettivo di cui all’art. 1 bis, comma 5, C.G.S.
Milita in tale senso la circostanza, emergente dagli atti di giudizio, dell’immediato coinvolgimento dell’appellante nel tentativo di combine della gara in oggetto – come peraltro in altri precedenti episodi – da parte del Di Nicola e del D’Eboli, indicativo del fatto che questi ultimi davano per scontata la vicinanza del Favia alla compagine della quale era stato per anni dirigente accompagnatore.
D’altro canto, in una delle intercettazioni effettuate, il Favia, alla domanda del D’Eboli in ordine alla sua possibile influenza sui tesserati della predetta società, risponde “è normale che quando voglio posso …”, aggiungendo poi “mi devi dire, mi fai sapere ….”, così manifestando un permanente intenso legame con essi e una posizione potenzialmente condizionante i comportamenti dei medesimi.
Risulta per tanto innegabile, nella fattispecie, che il Favia debba essere qualificato quale soggetto rientrante nella previsione dell’art. 1 bis, comma 5, C.G.S.
Tanto premesso in ordine all’affermazione della responsabilità degli appellanti per i fatti loro contestati, con conseguente reiezione sul punto dei proposti gravami, unitamente a quello della Paganese Calcio 1926 Srl - per la quale va riaffermata la responsabilità ex art. 4, comma 2, CGS in ordine ai fatti ascritti al D’Eboli Cosimo, indiscutibile risultando il vincolo societario fra questi e la società appellante - reputa questa Corte che i gravami dei sigg.ri D’Eboli e Favia vadano parzialmente accolti in ordine alla determinazione delle sole sanzioni pecuniarie loro inflitte con l’impugnata decisione di primo grado.
Al pari, può trovare solo parziale accoglimento il ricorso formulato da L’Aquila Calcio 1927 Srl, chiamata a rispondere oggettivamente, ex art. 4, comma 2, C.G.S., del tentativo di illecito posto in essere dal Di Nicola, non formando oggetto di contestazione i fatti dallo stesso commessi ed il vincolo societario del medesimo con la società appellante.
In effetti, muovendo dalla disposizione di cui all’art. 16, comma 1, C.G.S., secondo la quale “gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”, questa Corte ritiene equo, nei confronti di tutti gli appellanti, rideterminare la sola sanzione dell’ammenda – apparendo quelle inflitte con la decisione impugnata incongrue ed eccessivamente afflittive - nelle misura di seguito indicate:
- per Cosimo D’Eboli euro 10.000;
- per Adriano Favia euro 8.000;
- per la società L’Aquila Calcio 1927 Srl euro 2.500.
- Quanto alla gara Pistoiese - L’Aquila del 12.4.2015.
Anche per quanto riguarda la gara in esame, e sempre alla luce delle premesse metodologiche svolte preliminarmente, questa Corte ritiene che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito ex art. 7, comma 1, CGS, da parte dei ricorrenti Romeo, Ascari e Cianciolo, e che, segnatamente, in ordine alle posizioni degli stessi, sussista quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità.
Convergono, in tale direzione, solidi elementi probatori e, in primo luogo, le complessive risultanze istruttorie di cui alle attività di investigazione poste in essere dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.
Le intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra i vari protagonisti della vicenda, i riscontri e le modalità del linguaggio a volte criptico utilizzato, l’intensificarsi delle attività alterative nei giorni immediatamente a ridosso lo svolgimento delle gare oggetto di combine, i riscontri provenienti da una parte delle dichiarazioni rilasciante da alcuni dei deferiti in sede di audizione, non lasciano alcun dubbio circa le responsabilità dei reclamanti in relazione ai fatti ed agli illeciti contestati dalla Procura federale, come, in parte già accertati dal TFN.
Mancano, del resto, concreti ed idonei elementi di prova a discarico e le ricostruzioni alternative dei fatti fornite dagli incolpati non appaiono, francamente, verosimili, né, tantomeno, supportate da elementi probatori o anche soltanto logici.
Le approfondite indagini della Procura ordinaria, come riesaminate ed utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, alla luce delle integrazioni istruttorie operate dalla Procura federale consentono, dunque, di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti contestati ai sigg.ri Romeo, Ascari e Cianciolo.
Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità degli stessi in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento per aver, in concorso con altri soggetti, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara di cui trattasi.
In definitiva, come già sopra si è accennato, il contesto probatorio complessivo acquisito al presente procedimento appare solido e del tutto sufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilità dei predetti ex art. 7, comma 1, CGS.
D’altro canto, ai fini dell’affermazione della responsabilità degli appellanti in ordine ai fatti loro contestati, non può non essere considerato, quale ulteriore elemento probatoria, il fatto che l’artefice per così dire “principale” dell’attività antiregolamentare posta in essere nella fattispecie sia proprio il Di Nicola Ercole, del quale è stata accertata, con decisioni coperte da giudicato - ivi compresa quella del TNF oggetto del presente gravame, nei cui confronti non ha proposto impugnazione - il sistematico coinvolgimento in comportamenti illeciti volti al tentativo di combine di incontri di calcio, anche a fini di scommessa, a fronte dei quali è stato in più occasioni deferito dalla Procura Federale quale coprotagonista della più ampia operazione denominata "dirty soccer", subendo gravi sanzioni da parte dei competenti organi di GS.
Nello specifico, la gara in esame è stata oggetto di due separati tentativi di combine, per entrambi i quali risulta al di là di ogni ragionevole dubbio la circostanza dei rapporti intercorsi fra il Di Nicola Ercole, l’Ascari Eugenio e il Romeo Alessandro (oltre al Matteini Davide, che pure non ha proposto appello avverso la decisione di primo grado), nel primo caso, e fra lo stesso Di Nicola e il Cianciolo Giuseppe, nel secondo caso, sempre con la finalità di tentare di alterare il risultato della gara in oggetto.
Non può residuare dubbio alcuno, d’altro canto, che il fine della fitta serie di telefonate, intercorsa in un breve lasso temporale fra i suddetti, non potesse che essere quella di addivenire all’alterazione del risultato della gara attraverso un approccio diretto tra dirigenti e giocatori di entrambi i sodalizi, potendosi ciò ragionevolmente desumere dal significato intrinseco delle espressioni rese attraverso un linguaggio convenzionale e criptico.
Il fatto che i manifesti tentativi di combine non abbiano poi sortito alcun effetto concreto non rileva affatto, come ampiamente motivato in premessa, ai fini dell’affermazione della responsabilità dei ricorrenti in ordine ai fatti loro contestati.
Per quanto riguarda il primo episodio, dall’esame del complesso delle effettuate intercettazioni non può residuare dubbio in ordine all’ordito tentativo di condizionare la gara in oggetto, considerato che il tenore univoco dei colloqui e delle affermazioni intercorse fra il De Nicola, il Matteini - nei confronti di entrambi i quali la decisione di primo grado risulta definitiva e passata in giudicato - l’Ascari ed il Romeo, conduce inevitabilmente al convincimento che gli stessi abbiano posto effettivamente in essere un’attività finalizzata ed astrattamente idonea all’alterazione del risultato della gara medesima.
Le intercettazioni in atti provano al di là di ogni ragionevole dubbio le circostanze fattuali ascritte ai reclamanti, che hanno agito con la chiara consapevolezza della contrarietà della loro condotta alle norme regolamentari ed ai principi di lealtà sportiva.
Nel caso di specie, inoltre, l’organizzazione della combine è ulteriormente ed inequivocabilmente provata dalla pattuizione di un’utilità quale corrispettivo per l’alterazione del risultato a favore del calciatore Romeo, all’epoca tesserato per la Pistoiese 1921, consistente nella promessa di un ingaggio per il biennio successivo nelle fila de L’Aquila, con un contratto di rilevante importo economico.
A suffragio di tale circostanza, oltre all’inequivocabile tenore e contenuto delle telefonate intercorse fra il Di Nicola, l’Ascari e lo stesso Romeo prima della gara in esame, milita l’emergenza probatoria costituita dalla conversazione intercorsa in data 16.4.2015 fra il Matteini e il Di Nicola, nel corso della quale il primo riferisce al secondo delle insistenze del Romeo, preoccupato che la mancata realizzazione della combine potesse far venir meno l’impegno assunto in ordine alla conclusione del predetto contratto biennale, informando poi lo stesso Di Nicola di aver comunque fornito assicurazioni al Romeo circa il fatto che “il direttore ti dà una mano ugualmente, però sai benissimo che …. che le cose dovevano andare come dovevano andà ….”, con indiscutibile riferimento al tentativo di combine non andato a buon fine, del quale evidentemente il Romeo era parte.
Ribadita, dunque, in tali termini la responsabilità dei reclamanti per i fatti loro ascritti, con conseguente reiezione sul punto dei rispettivi gravami, mette conto di specificare che la Corte neppure reputa fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dell’Ascari.
Infatti, la censura secondo la quale lo stesso, a far data dal 1.4.2015, non sarebbe più soggetto alla giurisdizione degli Organi di GS della FIGC, non rivestendo più la qualifica di Agente di calciatori, per abolizione della relativa Licenza, seppure suggestiva e ben argomentata, non coglie nel segno.
Va in proposito rilevato che, al contrario di quanto asserito dall’appellante, non vi sia prova certa in atti del momento nel quale la sua condotta antiregolamentare abbia avuto avvio in relazione al tentativo di combine in esame, considerato che lo stesso è già stato sanzionato nell’ambito della più ampia vicenda processuale riconducibile all’indagine c.d. dirty soccer per altri analoghi episodi di tentativi di combine, posti in essere anteriormente alla suddetta data, ai quali quello oggetto del presente giudizio appare sicuramente avvinto dal vincolo della continuazione.
In secondo luogo, nel corso del colloquio telefonico del 7.4.2015 l’Ascari riferisce al Di Nicola che “Davide (Matteini – n.d.r.) domani va a vedere la partita e poi a fine partita si incontra con i suoi ex compagni, capito ?”, dimostrando che i contatti e le trattative volte all’organizzazione della combine erano di certo iniziate anteriormente a tale data, verosimilmente prima ancora del 31.3.2015, non avendo il ricorrente fornito prova di contrario segno sul punto.
In ogni caso, anche dopo l’1.4.2015 l’Ascari, in considerazione della tipologia, della natura e dell’intensità dell’attività svolta nel settore calcistico, anche ma non solo nell’organizzazione della combine della gara in esame, risulta sicuramente qualificabile come soggetto svolgente un’attività rilevante per l’ordinamento federale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1 bis, comma 5, C.G.S.
Anche per quanto riguarda il secondo episodio, dall’esame del complesso delle effettuate intercettazioni non può residuare dubbio in ordine all’ordito tentativo di condizionare la gara in oggetto, considerato che il tenore univoco dei colloqui e delle affermazioni intercorse fra il De Nicola e il Cianciolo conduce inevitabilmente al convincimento che gli stessi abbiano posto effettivamente in essere un’attività finalizzata ed astrattamente idonea all’alterazione del risultato della gara medesima.
Le intercettazioni in atti provano al di là di ogni ragionevole dubbio le circostanze fattuali ascritte ai reclamanti, che hanno agito con la chiara consapevolezza della contrarietà della loro condotta alle norme regolamentari ed ai principi di lealtà sportiva.
In questo caso il tentativo di organizzazione della combine è ulteriormente ed inequivocabilmente provato dalla trattativa intercorsa fra Di Nicola e Cianciolo per la determinazione del corrispettivo per l’alterazione del risultato, che il secondo avrebbe dovuto versare al primo, risultando del tutto irrilevante, come già esaustivamente chiarito in premessa motivazionale, che il mancato accordo sull’entità di tale corrispettivo abbia poi fatto naufragare il tentativo.
Infine, ed in via peraltro assorbente, il tentativo di combine è stato confermato dallo stesso Cianciolo che ha incondizionatamente ammesso i fatti contestati, non risultando l’accertamento degli stessi oggetto dell’odierno giudizio d’impugnazione.
Ciò nondimeno, il gravame del Cianciolo, che si appunta in via principale sulla - a suo dire ingiustificata - mancata applicazione dell’art. 24 CGS non può trovare accoglimento, in quanto appare pacifico in atti che la Procura Federale non abbia mai effettivamente e formalmente articolato al TFN alcuna valida proposta di riduzione della sanzione, presupposto necessario ed ineludibile per l’applicazione dello speciale trattamento sanzionatorio attenuato conseguente alla collaborazione degli incolpati previsto dalla norma citata.
Ribadita, dunque, in tali termini la responsabilità dei reclamanti per i fatti loro ascritti, con conseguente reiezione sul punto dei rispettivi gravami, va conseguentemente affermata la responsabilità oggettiva, ex art. 4, comma 2, CGS, anche della società Pistoiese, per il compimento dei fatti ascritti al calciatore Romeo, il cui vincolo societario con la predetta società non può essere revocato in dubbio.
Sul punto le argomentazioni svolte nel proprio ricorso dalla predetta società in ordine alle adottate misure di prevenzione della commissione di illeciti non possono trovare accoglimento, con conseguente reiezione del gravame, in quanto - pur risultando tale adozione sicuramente apprezzabile - nel sistema della giustizia federale non è previsto alcuno strumento di attenuazione e/o esclusione della responsabilità oggettiva della società per i comportamenti antiregolamentari posti in essere dai propri tesserati, sulla falsariga di quanto disciplinato in ambito statuale dal d. lgs. n. 231 del 2001.
Ciò nondimeno, pur riaffermata la responsabilità ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, degli appellanti Romeo, Ascari e Cianciolo, per i fatti loro contestati, con conseguente reiezione sul punto dei proposti gravami, reputa questa Corte che i medesimi vadano parzialmente accolti in ordine alla determinazione delle sole sanzioni pecuniarie inflitte agli appellanti medesimi con l’impugnata decisione di primo grado.
Come già detto, infatti, muovendo dalla disposizione di cui all’art. 16, comma 1, C.G.S., secondo la quale “gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”, questa Corte ritiene equo, nei confronti dei predetti appellanti, rideterminare la sola sanzione dell’ammenda – apparendo quelle inflitte con la decisione impugnata incongrue ed eccessivamente afflittive - nelle misura di seguito indicate:
- per Alessandro Romeo euro 8.000;
- per Eugenio Ascari euro 2.000;
- per Giuseppe Cianciolo euro 5.000
- Quanto alla gara L’Aquila - Grosseto del 2.5.2015.
Anche per quanto riguarda la gara in esame, e sempre alla luce delle premesse metodologiche svolte preliminarmente, questa Corte ritiene che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito ex art. 7, comma 1, CGS, da parte del ricorrente Di Chio, e che, segnatamente, in ordine alla sua posizioni, sussista quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità.
Convergono, in tale direzione, solidi elementi probatori e, in primo luogo, le complessive risultanze istruttorie di cui alle attività di investigazione poste in essere dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.
Le intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra i vari protagonisti della vicenda, i riscontri e le modalità del linguaggio a volte criptico utilizzato, l’intensificarsi delle attività alterative nei giorni immediatamente a ridosso lo svolgimento delle gare oggetto di combine, i riscontri provenienti da una parte delle dichiarazioni rilasciante da alcuni dei deferiti in sede di audizione, non lasciano alcun dubbio circa le responsabilità del reclamante in relazione ai fatti ed agli illeciti contestati dalla Procura federale, come, in parte già accertati dal TFN.
Mancano, del resto, concreti ed idonei elementi di prova a discarico e le ricostruzioni alternative dei fatti fornite dall’incolpato non appaiono, francamente, verosimili, né, tantomeno, supportate da elementi probatori o anche soltanto logici.
Le approfondite indagini della Procura ordinaria, come riesaminate ed utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, alla luce delle integrazioni istruttorie operate dalla Procura federale consentono, dunque, di ritenere raggiunta la prova della sussistenza dell’illecito contestato al sig. Di Chio.
Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità dello stesso in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento per aver, in concorso con altri soggetti, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara di cui trattasi.
In definitiva, come già sopra si è accennato, il contesto probatorio complessivo acquisito al presente procedimento appare solido e del tutto sufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilità del predetto ex art. 7, comma 1, CGS.
D’altro canto, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’appellante in ordine ai fatti contestatigli, non può non essere considerato, quale ulteriore elemento probatoria, il fatto che l’artefice per così dire “principale” dell’attività antiregolamentare posta in essere nella fattispecie sia proprio il Di Nicola Ercole, del quale è stata accertata, con decisioni coperte da giudicato - ivi compresa quella del TNF oggetto del presente gravame, nei cui confronti non ha proposto impugnazione - il sistematico coinvolgimento in comportamenti illeciti volti al tentativo di combine di incontri di calcio, anche a fini di scommessa, a fronte dei quali è stato in più occasioni deferito dalla Procura Federale quale coprotagonista della più ampia operazione denominata "dirty soccer", subendo gravi sanzioni da parte dei competenti organi di GS.
Nello specifico, la gara in esame è stata oggetto di due separati tentativi di combine, ad uno dei quali ha attivamente preso parte l’appellante, unitamente al De Nicola, al Di Lauro ed al Matteini - nessuno dei quali ha proposto appello avverso la decisione di primo grado – ed in relazione al quale risulta, con sufficiente grado di certezza emergente dal complesso delle evidenze probatorie in atti, la circostanza della partecipazione del Di Chio ad un incontro con il Di Nicola ed una terza persona, tenuto presso un ristorante de L’Aquila il giorno antecedente la gara in oggetto, ma con largo anticipo programmato, indiscutibilmente finalizzato ad alterare il risultato della medesima.
Il fatto che il più che manifesto tentativo di combine non abbia poi sortito alcun effetto concreto, fondamentalmente per la mancata accettazione da parte dell’emissario del Grosseto del risultato da combinare, non rileva affatto, come ampiamente motivato in premessa, ai fini dell’affermazione della responsabilità del ricorrente in ordine ai fatti contestatigli.
Va quindi ribadita, in tali termini, la responsabilità del reclamante per i fatti lui ascritti, con conseguente reiezione sul punto dei proposto gravame.
Ciò nondimeno, reputa questa Corte che l’appello possa essere parzialmente accolto in punto di rideterminazione della sola sanzione pecuniaria inflitta all’appellante con l’impugnata decisione di primo grado.
Come già detto, infatti, muovendo dalla disposizione di cui all’art. 16, comma 1, C.G.S., secondo la quale “gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”, questa Corte ritiene equo nei confronti del sig. Marco Di Chiorideterminare la sola sanzione dell’ammenda – apparendo quella inflitta con la decisione impugnata incongrua ed eccessivamente afflittiva - nelle misura di euro 8.000.
Per questi motivi, la C.F.A., riuniti preliminarmente i ricorsi nn. 1,2,3,4,5,6,7,8 e 9 così dispone:
- Respinge il ricorso come sopra proposto dalla società Paganese Calcio 1926 Srl di Pagani (SA). Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Cosimo D’Eboli, conferma la sanzione dell’inibizione di anni 3 e mesi 6, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro
- Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Adriano Favia, conferma la sanzione dell’inibizione di anni 3, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro 8.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Alessandro Romeo, conferma la sanzione della squalifica di anni 3, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro 8.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Eugenio Ascari, conferma la sanzione dell’inibizione di mesi 6, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro 2.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Giuseppe Cianciolo, conferma la sanzione dell’inibizione di anni 3, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro 5.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Respinge il ricorso come sopra proposto dalla società US Pistoiese 1921 Srl di Pistoia (PT).
- Dispone restituirsi la tassa reclamo.
Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dalla società L’Aquila Calcio 1927 Srl di Aquila (AQ), conferma la penalizzazione di punti 1 in classifica, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro 2.500. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Marco Di Chio, conferma la sanzione della squalifica di anni 3 e mesi 6, rideterminando la sanzione dell’ammenda in euro
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8.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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