F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 30/CFA del 25 Agosto 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 131/CFA del 17 Maggio 2017 (dispositivo) – RICORSO DEL SIG. ANDREA BAGNOLI (ALL’EPOCA DEI FATTI PROCURATORE SPORTIVO E DIRIGENTE DI FATTO DELLA SOCIETÀ AC TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO SRL) AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI MESI 6; – AMMENDA DI € 30.000; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017) RICORSO DELLA SOCIETA’ SSD SAVONA F.B.C. A R.L. AVVERSO LA SANZIONE: – AMMENDA DI € 30.000; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DEL SIG. ANDREA BAGNOLI (ALL’EPOCA DEI FATTI PROCURATORE SPORTIVO E DIRIGENTE DI FATTO DELLA SOCIETÀ AC TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO SRL) AVVERSO LE SANZIONI:
- INIBIZIONE DI MESI 6;
- AMMENDA DI € 30.000;
INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
RICORSO DELLA SOCIETA’ SSD SAVONA F.B.C. A R.L. AVVERSO LA SANZIONE:
- AMMENDA DI € 30.000;
INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 68 del 27.3.2017)
Il sig. Bagnoli e la società a r.l. Savona FBC hanno impugnato, con separati ricorsi, la decisione in epigrafe con la quale il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare li ha condannati, ritenendoli responsabili dei fatti addebitati:
-
- il primo, alla sanzione dell’inibizione allo svolgimento di ogni attività in seno alla FIGC, a ricoprire cariche federali e a rappresentare società nell'ambito federale per mesi sei, nonché a pagare un’ammenda di €. 30.000,00;
- la seconda, a pagare un’ammenda di €. 30.000,00.
Il procedimento di prime cure è stato introdotto da un atto di deferimento del Procuratore Generale, emesso al termine di istruttoria avviata a seguito di indagini preliminari condotte dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.
Nel suo libello accusatorio il Requirente, premesso che la propria indagine scaturiva da documentazione, acquisita ai sensi dell’art. 2, comma 3 della legge n. 401/1989 e dell’art. 116 c.p.p., esistente agli atti di un’indagine preliminare condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro – D.D.A. su fenomeni criminosi riguardanti attività illecite finalizzate a condizionare i risultati di partite di calcio (allo scopo di conseguire altrettanto illeciti vantaggi patrimoniali), riferiva che costituivano oggetto del suo deferimento alcuni incontri organizzati nell’ambito della Lega Pro , stagione sportiva 2014/2015 e, per quanto qui riguarda, l’incontro Tuttocuoio-Gubbio del 29.3.2015.
Veniva messa in luce, in particolare, la consapevolezza, raggiunta sulla base di autonome valutazioni del materiale probatorio, costituito dall’analisi dei documenti acquisiti e dall’audizione di numerosi soggetti coinvolti, che il sig. Bagnoli, all’epoca dei fatti procuratore sportivo e dirigente di fatto della soc. AC Tuttocuoio 1957 San Miniato s.r.l., e la soc. Savona FBS, avessero, il primo, omesso di denunciare quanto appreso in ordine al tentativo di alterazione delle gare e la seconda quale società presso la quale uno dei soggetti responsabili era tesserato come “collaboratore tecnico”.
In vista della riunione del Tribunale Federale Nazione – Sezione Disciplinare, del 14 ottobre 2016, si costituivano in giudizio sia il dirigente che la società evocati eccependo, entrambi, l’improcedibilità del deferimento, per violazione dei termini di cui all’art. 32 ter, coma 4 CGS e, nel merito, si contestava, da parte del Bagnoli, l’infondatezza dell’ipotesi accusatoria, collegata ai soli elementi argomentativi dell’informativa di P.G. e se ne chiedeva il proscioglimento o, in subordine, la riqualificazione del fatto sub art. 1 bis, comma 1 CGS.
La soc. Savona FBC, da parte sua, opponeva, nel merito, l’insussistenza dei presupposti per l’affermazione di una sua responsabilità oggettiva e concludeva per il proprio proscioglimento oppure, in alternativa, per l’irrogazione della sola sanzione dell’ammenda.
Al dibattimento, svoltosi tra le parti il 14 ottobre 2016, la Procura Federale chiedeva che al sig. Bagnoli fosse inflitta l’inibizione di 6 mesi e un’ammenda di €. 30.000,00 e alla società Savona FBC l’ammenda di €. 30.000,00, in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito di precedente procedimento (deferimenti n. 859pf14-15 e n. 1048pf14-15), mentre le difese dei deferiti ribadivano motivi e richieste già dispiegate nelle loro memorie di costituzione.
All’esito della camera di consiglio, quel Collegio aveva accolto l’eccezione di improcedibilità del deferimento per violazione dei termini di cui all’art. 32 ter comma 4 CGS, sulla base del fatto che la comunicazione della conclusione delle indagini era avvenuta il 3 maggio 2016 (salvo alcune particolarità qui non incidenti) per cui, avuto riguardo al termine di 45 giorni concesso alle parti per presentare memorie difensive o per essere sentiti, il deferimento successivo doveva essere notificato entro il 18 luglio 2016 (essendo il 17 luglio giorno festivo). Attesa, da un lato, la natura perentoria del termine che precede e la circostanza che il deferimento de quo portava la data del 4 agosto, il Tribunale ne aveva dichiarato l’irricevibilità (Com. Uff. n. 26/TFN del 24.10.2016).
Contro tale decisione aveva fatto ricorso il Procuratore Federale opponendo, in primo luogo, che non poteva dedursi la natura perentoria del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS (come peraltro affermato dallo stesso TFN in precedente decisione, di segno radicalmente opposto - C.U.
n. 2/TFN dell’1 luglio 2016), in ragione del fatto che alla prescritta perentorietà non accedeva, esplicitamente, alcuna diretta sanzione per la sua inosservanza e richiamando, a questo proposito, l’art. 152 c.p.c., applicabile ex art. 2 del Codice di Giustizia del CONI.
In secondo luogo, sempre secondo la Procura Federale, il Tribunale Federale Nazionale avrebbe errato nel calcolo del dies a quo in quanto esso andrebbe individuato non nel giorno della comunicazione di ciascun deferimento ad ogni singolo destinatario ma in quello di notifica dell’ultimo di essi, trattandosi di contestuali, plurimi deferimenti: nel caso specifico, esso andrebbe ricondotto alla data del 23.5. 2016, ovvero della notifica dell’atto al sig. Di Lauro (non interessato da questo procedimento). Tale assunto poggerebbe su analogo criterio desumibile dalle norme vigenti nel rito civile (artt. 165, comma 2, 347 e 369 c.p.c.).
Nel merito delle incolpazioni, si riportava a quanto già argomentato e non scrutinato dal giudice di prime cure, al quale chiedeva che, previo annullamento di quella decisione, fossero rinviati gli atti per un nuovo esame.
A tali argomentazioni si opponevano, in vario modo, i resistenti contestando, tutti, l’interpretazione delle norme federali offerta dalla Procura Federale in punto di perentorietà e/o ordinatorietà dei termini e la contraddittorietà che si verrebbe ad affermare ove si reputasse che tutti i termini sono perentori, eccettuati quelli riguardanti le istruttorie della Procura stessa.
Quanto al secondo motivo, hanno obiettato che la regola di cui all’art. 32 ter, comma 4
C.G.S. si rivolge all’incolpato e non agli “incolpati”, volendo così sottolineare la personale posizione di ognuno; la qual cosa renderebbe indipendente e non interconnessa ogni posizione anche nel momento di plurimi deferimenti.
Al termine del dibattimento, tenutosi il 21 dicembre 2016, la Corte aveva accolto l’appello della Procura Federale e, ai sensi dell’art. 37, comma 4 C.G.S., rinviato gli atti al primo giudice, previo annullamento della sentenza impugnata, alla luce del raggiunto convincimento che il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4 CGS non possa essere qualificato come perentorio.
Preso atto di quanto statuito e in ossequio alla decisione che precede (Com. Uff. n. 092/CFA del 19 gennaio 2017, che aveva trovato conferma nella decisione n. 29/2016 del Collegio di Garanzia dello Sport a Sezioni Unite del CONI), il Tribunale Federale Nazionale ha fissato, per una nuova discussione, nel merito, del deferimento sopra indicato, la riunione del 17 marzo 2017, nelle more della quale venivano depositate memorie aggiunte in cui si prospettava, anche da parte degli odierni appellanti, la necessità di sospensione della decisione in attesa che il Collegio del Coni depositasse le motivazioni della decisione n. 29/2016. Si opponeva, poi, l’improcedibilità del giudizio, con conseguente declaratoria di estinzione, per violazione del termine di giorni 60 di cui all’art. 34 bis, comma 3, CGS e, nel merito, si riaffermava la richiesta di assoluzione degli incolpati oggi appellanti, per infondatezza della contestazione accusatoria.
Nel corso del dibattimento, sia la Procura Federale che i convenuti hanno ribadito le rispettive argomentazioni e pretese e, in particolare, il Requirente ha chiesto l’irrogazione dell’inibizione per mesi sei e l’ammenda di €. 30.000,00 al sig. Andrea Bagnoli, nonché l’ammenda di €. 30.000,00 alla società FBC Savona s.r.l..
All’esito della camera di consiglio tenutasi al termine della riunione, il Tribunale Federale ha, per quanto riguarda in questa sede, accolto la domanda della Procura Federale e giudicato il sig. Bagnoli Andrea, in relazione alla gara Tuttocuoio – Gubbio del 29.3.2015, colpevole della condotta ex art. 7, comma 7 CGS, mentre la società FBC Savona s.r.l. della violazione di cui all’art. 7 comma 2 e art. 4 comma 2 CGS, irrogando le sanzioni nella misura richiesta soprariportata (Com. Uff. n. 68/TFN del 27.3.2017).
In via preliminare il Tribunale Federale aveva respinto le eccezioni, in rito, poste dalle difese e, in particolare, quella relativa all’estinzione del giudizio per violazione del termine di giorni 60 di cui all’art. 34 bis comma 3 CGS che prevede che “se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di Garanzia dello Sport, il termine per la pronunci nell’eventuale giudizio di rinvio è di 60 giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante, che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio.
Ha giustificato tale rigetto sulla base del fatto che gli atti erano stati restituiti al decidente Tribunale Federale con nota del 1° febbraio 2017 e la convocazione per la riunione del 17 marzo 2017 era stata inviata il 7 febbraio c.a.. Ne conseguiva il pieno rispetto del termine che precede, alla luce della circostanza che il dies a quo non poteva che essere individuato nel giorno della trasmissione della nota della Corte Federale.
Nel merito, invece, ha espresso il convincimento che era stato posto in essere, nel più vasto disegno criminoso finalizzato ad alterare il regolare svolgimento di competizione calcistiche a scopo di trarne indebiti vantaggi economici, un tentativo di “combine” ini cui il sig. Massimiliano Solidoro (collaboratore tecnico del Savona FBC) e il sig. Ercole Di Nicola (già tesserato, fino al febbraio 2015 per L’Aquila calcio 1927) avevano partecipato – seppur con ruoli e responsabilità diverse: Il tentativo non era stato coronato da successo.
In questo, si è raggiunta la prova, per il Tribunale Federale, del tentativo di coinvolgere il Bagnoli nell’illecito che precede; prova rappresentata dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla
A.G. ordinaria e acquisite agli atti.
Il sig. Bagnoli, questo è l’addebito contestato e condiviso, pur non lasciandosi indurre a partecipare al tentativo, non aveva denunciato agli organi competenti quanto occorsogli, come invece suo preciso dovere, integrando così la fattispecie sanzionata ex art. 7 comma 7 CGS.
Per quanto riguarda invece la posizione della società FBC Savona s.r.l., il Tribunale ha valutato come pienamente provata, per effetto del tesseramento del sig. Solidoro come collaboratore tecnico del FBC Savona, tesseramento risultante dal censimento federale, la responsabilità oggettiva del sodalizio ligure, stante quella personale del Solidoro, il cui ruolo è risultato indiscutibile sulla base delle numerose telefonate (intercettate) intercorse tra lo stesso e il Di Nicola.
Avverso tale decisione hanno proposto appello sia il sig. Bagnoli, assistito e rappresentato dall’avv. Sara Agostini, del Foro di Brescia, che la società FBC Savona a r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Mattia Grassani del Foro di Bologna.
Nel ricorso proposto dal primo in data 3 aprile 2017, premessa una breve ricostruzione delle fasi processuali precedenti, si eccepisce, in via preliminare, l’estinzione del procedimento, ai sensi dell’art. 34 bis comma 3 CGS, in quanto, differentemente da quanto previsto da detta norma, la Corte Federale d’Appello non avrebbe annullato alcuna decisione “nel merito” ma avrebbe solo riformato la sentenza in punto di accoglimento di un’eccezione preliminare, per cui il termine di sessanta giorni per la celebrazione del giudizio di rinvio dovrebbe essere valutato avendo quale momento iniziale la pubblicazione della decisione della Corte (21 dicembre 2016) e non quello di restituzione materiale degli atti. In questo valutato, come favorevole a questa tesi, una precedente decisione del Collegio di Garanzia del Coni (n. 58/2016 – Piangerelli/Figc).
Sempre in rito ha contestato la ricevibilità del deferimento per violazione dell’art. 32 ter, comma 4 bis CGS, come già fatto nel precedente giudizio di prime cure, non ritenendo dirimente la decisione con cui il Collegio di Garanzia del Coni ha respinto i ricorsi avverso la decisione di questa Corte a Sezioni Unite (come da decisione n. 29/2016), non essendo note le motivazioni ma, al contrario, ribadendo la centralità della celerità della celebrazione del procedimento e del rispetto dei termini, così come fissato, per altro verso, dall’art. 29 , comma 6, lett. b CGS.
Nel merito ha censurato la mancata motivazione della pronuncia del Tribunale Federale Nazionale e la radicale insussistenza della violazione contestata in quanto, da un lato, il sig. Bagnoli non avrebbe mai rivestito alcun ruolo all’interno della società Tuttocuoio e, dall’altro, non vi sarebbe
mai stato alcun significativo contatto tra il Bagnoli e i signori Di Nicola e Solidoro e, nel contestato incontro a Pontedera, nessuna proposta illecita sarebbe stata fatta al Bagnoli per l’alterazione dell’incontro Tuttocuoio – Gubbio del 29.3.2015.
Ciò priverebbe la vicenda anche di quel minimo fumus
per apprezzare il disvalore della proposta e far scattare l’obbligo di denuncia in capo al tesserato.
Da ultimo, ci si duole dell’incongruità della sanzione, non ritenuta adeguata e proporzionata alla gravità della condotta accertata all’agente.
In conclusione, la difesa ha chiesto di voler, in via preliminare e principale, dichiarare estinto il procedimento e, in via subordinata, dichiarare l’irricevibilità del deferimento con conseguente annullamento, in entrambi i casi, della sentenza impugnata.
Nel merito, prosciogliere il sig. Bagnoli da ogni addebito e, in via subordinata, ridurre la sanzione inflitta.
La società FBC Savona a r.l., per le cure dell’avv. Mattia Grassani, ha proposto ricorso solo in data 4 aprile 2017 a mezzo pec, nel quale, premessa una breve ricostruzione cronologica dei fatti, ha avanzato censure in punto di estinzione del giudizio per violazione del termine di cui all’art. 34 bis, comma 3 CGS e, nel merito, l’insussistenza della responsabilità oggettiva per mancanza di rapporto sostanziale con il sig. Massimiliano Solidoro nonché l’eccessività della sanzione inflitta.
Quanto al primo motivo, la difesa si lamenta del fatto che il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 34 bis, comma 3 CGS non potrebbe decorrere, come ha ritenuto il giudice di prime cure, dalla data di trasmissione degli atti da parte della Segreteria della Corte Federale di Appello, essendo questo un adempimento interorganico, al quale è estraneo il convenuto e non essendo accettabile, a suo avviso, che una garanzia di tipo processuale dipenda dall’attività discrezionale di organismi interni alla stessa Federazione.
Quanto, poi, al merito della contestazione, la difesa si è lungamente attardata a sostenere che il legame tra il Solidoro e la società era solo di tipo formale, essendo lo stesso un collaboratore di fiducia del sig. Di Napoli, tecnico, il cui contratto era stato risolto il 19 dicembre 2014.
Osserva la stessa società che, a differenza del contratto con quest’ultimo, il vincolo contrattuale col Solidoro non era stato ugualmente risolto attesa la sua mancanza di retribuzione; ne conseguiva, ad avviso della difesa, la mancanza di alcun interesse a formalizzare la cessazione del rapporto.
Di talché, non essendovi alcun reale sinallagma, l’azione del collaboratore andava a soddisfare meri scopi egoistici, senza alcun interesse né alle sorti della squadra né consentendo alla FBC Savona di effettuare alcun controllo sulla sua attività.
Ad avviso di quella difesa, che ha richiamato giurisprudenza lavoristica, il rapporto che legherebbe (o avrebbe collegato) il Solidoro alla società sarebbe meramente formale, tale da privare di consistenza qualsiasi responsabilità oggettiva, fondata dal Tribunale Federale Nazionale sul mero dato della presenza di un tesseramento del collaboratore.
Ha concluso, pertanto chiedendo, in via preliminare, di dichiarare estinto il giudizio disciplinare per superamento dei termini di cui all’art. 34 bis , comma 3 CGS e, in via principale, di annullare la sanzione irrogata alla società FBC Savona a r.l. In via subordinata, ha chiesto di voler ridurre l’ammenda irrogata ad un importo non superiore ad €. 1.000,00.
Alla riunione odierna sono presenti gli avv.ti Gianmaria Camici, Enrico Liberati e Nicola Monaco per la Procura Federale, l’avv. Sara Agostini, in rappresentanza del sig. Bagnoli e l’avv. Maurizio Angelucci, per delega dell’avv. Grassani, per la società Savona.
I rappresentanti delle parti private, richiamando in ampie parti i loro scritti, hanno confermato le richieste ivi avanzate mentre la Procura Federale ha insistito per il rigetto dei ricorsi.
LA CORTE
in via preliminare ad ogni valutazione, in rito e in merito, delle questioni proposte, procede alla riunione dei giudizi n. 206/CFA e n. 211/CFA in ragione della connessione oggettiva esistente.
Ciò posto, le parti appellanti hanno sottoposto allo scrutinio di queste Sezioni Unite la tesi per cui il giudizio dovrebbe essere dichiarato estinto in ragione del fatto che, secondo la costruzione offerta, sarebbe stata violata la disposizione di cui all’art. 34bis, comma 3, CGS che recita “Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di Garanzia dello Sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio.”.
Sul punto, Il Tribunale Federale Nazionale, con sintetica ma chiara ed esaustiva decisione, ha risolto la censura individuando come termine di decorrenza del periodo utile alla pronuncia del Collegio di rinvio, in quello del 1° febbraio 2017, data nella quale la Corte ha restituito gli atti al giudice di prime cure affinché potesse procedere ad una nuova valutazione delle fattispecie, avvenuta il 17 marzo successivo e, quindi, all’interno dello spazio temporale concesso.
Le difese, invece, ritengono errate queste conclusioni sulla base di due argomentazioni che non possono essere condivise.
La prima, addotta dalla difesa del Bagnoli, si poggia sul fatto che la norma richiamata concederebbe un termine di sessanta giorni per procedere ad un riesame dopo l’annullamento della decisone di prime cure, nei suoi profili di merito. Cosa che, nel caso di specie, non sarebbe avvenuta essendosi, la delibazione, fermata ad accogliere solo un vizio procedurale, senza entrare in una valutazione dell’effettiva sussistenza della condotta contestata.
La seconda censura, avanzata dalla difesa della società Savona, è posta in ragione del fatto che, a suo avviso, il termine di sessanta giorni non potrebbe che decorrere dalla conclusione del procedimento in cui è stata annullata la decisione di prime cure.
Questo, secondo il suo convincimento, eviterebbe un essenziale vulnus alla posizione dell’incolpato, rappresentato dall’incertezza di dover attendere, sine die, il compimento di un mero adempimento burocratico, anziché essere collegato ad un chiaro e indiscutibile termine processuale; a questo proposito richiama una decisione del TFN (C.U. n. 35/TFN del 30.11.2016) che avrebbe riconosciuto, in questo ricevendo conferma da questa Corte, che il termine di cui all’art. 34 bis CGS, per sua natura perentorio, non potrebbe essere connesso alla data di trasmissione del fascicolo al giudice competente (termine incerto), ma solo a quello dell’atto di deferimento del Procuratore Federale.
Il primo argomento addotto a motivo di censura appare, invero, privo di pregevole consistenza.
Se è vero, sotto un aspetto letterale, che la norma che precede parla di decisione di merito, essa va sistematicamente e non partiticamente interpretata.
La norma evocata, infatti, non procede ad una distinzione dei profili di annullamento, distinguendoli tra inammissibilità, improcedibilità o comunque attinenti al mero profilo processuale, da quelli riguardanti la fondatezza o meno della pretesa azionata, ma si limita, con la locuzione censurata, a prendere in esame l’esito di una decisione che ha costituito l’oggetto, il merito, della cognizione dell’organo di secondo grado. Tant’è che si parla di annullamento in tutto o in parte, con ragionevole riferimento proprio ai diversi aspetti (procedurali o sostanziali) che divengono oggetto di scrutinio in secondo grado e che possono condurre ad una riprovazione della pretesa sostanziale nella sua interezza o ad una rilevazione di carenze dei presupposti di corretta instaurazione del giudizio a quo.
Constatazione che ha, come esito, l’annullamento della decisione solo in parte qua, ossia per quanto attiene a vizi formali o procedurali.
D’altronde, ove si volesse concedere ingresso alla ripartizione prospettata (certo esistente nella giurisprudenza), si perverrebbe al risultato che le decisioni di merito dell’organo giudicante di prime cure consentirebbero un annullamento e un giudizio di riesame, mentre quelle giudicate inammissibili per censure di puro rito, rimarrebbero prive di tale strumento di tutela e revisione. La qual cosa appare, sinceramente, essere soluzione estranea ad un sistema giuridico che ha pretesa di completezza.
Anche la seconda censura, prospettata dalla difesa della società Savona non convince sotto un duplice profilo, letterale e sistematico.
Per il primo, in quanto il comma 3 dell’art. 34 bis CGS fa espresso, chiaro ed inequivoco riferimento alla decorrenza del termine di sessanta giorni “dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante…”. Accogliere la tesi della difesa significherebbe privare di qualsiasi senso logico e giuridico una norma che ha voluto esprimere una volontà indiscutibile, ossia quella di concedere al giudicante un tempo razionalmente congruo per formarsi il proprio convincimento, anche sulla base di quanto assunto delle parti e nel rispetto della instaurazione di un corretto contraddittorio.
Convincimento che non può che avere quale suo presupposto principale la conoscenza delle motivazioni che hanno condotto il giudice di appello a riformare la propria precedente decisione, così da poter procedere ad una nuova valutazione, senza che essa sia inficiata dagli errori e vizi che sono stati riscontrati nell’esame da parte della Corte Federale e che non traspaiono certamente dal comunicato del mero dispositivo della decisione.
Invece la difesa, pur conscia che le motivazioni sono state rese note solo con il C.U. n. 92/CFA del 19 gennaio 2017 (e quindi solo in quel momento, a tutto voler concedere, il Tribunale Federale Nazionale ha avuto legale conoscenza delle motivazioni), con la conseguenza che i sessanta giorni utili sarebbero scaduti il 20 marzo 2017 (secondo il criterio espresso dall’art. 155 c.p.c.), non prende in considerazione neanche questa data certa per rifugiarsi in quella, più lontana, della mera comunicazione del dispositivo.
In questo, dimenticando le regole che consentono l’appello penale nel termine che decorre dalla conoscenza delle motivazioni (art. 585 c.p.p.) e, per quello civile, art. 325 c.p.c., dalla data di notificazione della sentenza. E anche nel procedimento sportivo allorché il ricorso si può proporre nel termine di sette giorni (art. 36 bis e 37 CGS) dalla piena conoscenza dei motivi posti alla base della decisione.
Dimenticando anche quanto deciso da questa Corte nella decisione surrichiamata, allorché pretende di conferire diversa natura al termine indicato dall’art. 34 bis, comma 3 e differenziandolo dai “termini processuali”, gli unici, a suo dire, che rappresenterebbero una “garanzia del sistema”.
Ora, posto che il termine di decorrenza ivi indicato è da considerarsi – e non si vede come possa essere inteso diversamente – un termine processuale, nel senso che regola una fase del procedimento e, come tale, soggetto a controllo delle parti che possono – al pari del deferimento ex comma 1 – verificare se, effettivamente, il giudizio ha un suo esito nei sessanta giorni successivi alla trasmissione degli atti, vi è da dire che anche volendo accettare la tesi posta dalla stessa difesa,(pag. 5 del ricorso), il procedimento si è svolto e concluso nel termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione delle motivazioni (termine che scadeva il 20 marzo)
In secondo luogo, il principio correttamente posto nella decisione richiamata fa esclusivo riferimento al giudizio che s’instaura a seguito di deferimento della Procura Federale ed ha fatto chiaro riferimento alla regola posta dall’art. 34 bis, comma 1, CGS, allorché si fa decorrere il termine da un’attività (data di esercizio dell’azione disciplinare) così come al terzo comma, (data di trasmissione degli atti); entrambe le date sono suscettive di puntuale e tempestiva verifica da parte degli interessati, per cui non si vede come possa concretizzarsi una qualche lesione del diritto dell’incolpato anche perché l’inutile, ingiustificato e pernicioso ritardo nella trasmissione degli atti costituisce fattispecie valutabile negativamente.
E, quanto precede, appunto, pur nella consapevolezza di quanto ritenuto da queste Sezioni Unite nella decisione di cui al C.U. n. 92/CFA (2016/2017), in materia di perentorietà ed ordinatorietà dei termini.
Ciò posto in ordine alle preliminari eccezioni avanzate dalle difese, deve dirsi che la contestazione mossa dal Requirente al Bagnoli e, per effetto della condotta del sig. Solidoro, alla società ligure, è condivisibile e merita accoglimento, pur con diversa valutazione in ordine alle conseguenze sanzionatorie di tale giudizio.
L’istruttoria federale ha avuto avvio sulla base delle acquisizioni effettuate in sede di indagini preliminari dall’A.G. di Catanzaro in ordine a fatti penalmente rilevanti e riguardanti la volontà di incidere, per ovvii interessi economici illeciti, sul regolare svolgimento di gare calcistiche di Lega Pro, come in questo caso.
Le acquisizioni probatorie di tale criminoso disegno, articolate su intercettazioni telefoniche e attività operativa di P.G., nonché dagli interrogatori degli indagati da parte del P.M. penale, hanno consentito, alla Procura Federale, di giungere ad affermare come potesse considerarsi sufficientemente provata l’articolata ramificazione dei contatti personali, tutti uniti nel conseguimento del fine di alterare il regolare svolgimento degli incontri e, attraverso lo strumento delle scommesse, conseguire l’utile illecito sperato.
Nel suo libello accusatorio il Requirente ha analizzato, in via generale, la validità, sotto il profilo dell’esaustività della prova, delle dichiarazioni auto-eteroaccusatorie degli indagati, delle conversazioni intercettate e delle voci correnti in ambiti ristretti, argomenti affrontati e risolti positivamente alla luce degli arresti giurisprudenziali della Suprema Corte di Cassazione.
E’, poi, passato ad analizzare le prove raccolte, contestualizzandole nell’ambito di ciascun incontro.
Il Tribunale Federale ha condiviso impostazione e costruzione dell’impianto probatorio ed ha formato il convincimento che è stato censurato dalle parti.
La difesa Bagnoli centra le sue argomentazioni sul mancato coinvolgimento, da un lato, del Bagnoli nella combine organizzata e, dall’altro, nel negare che lo stesso avesse mai potuto percepire che i contatti avuti fossero stati a lui richiesti a tale scopo.
In ordine alla gara Tuttocuoio – Gubbio, del 29.03.2015, le intercettazioni delle utenze telefoniche, ivi compresi i messaggi inviati stanno a dimostrare, in primo luogo, che il Bagnoli conosceva sia il Di Nicola che il Solidoro (mentre in sede di audizione davanti alla P.G. ha negato di conoscere il secondo, malgrado questi gli avesse scritto, con un SMS del 29.03.2015, ore 12,45, che lui era il Massimiliano incontrato il mercoledì precedente).
Le conversazioni e i messaggi intercettati dimostrano, poi, come il Bagnoli fosse soggetto che intratteneva, quantomeno, rapporti correnti con i due, nei confronti dei quali dimostrava sempre di essere perfettamente a conoscenza dell’oggetto delle loro conversazioni o messaggio, tanto da non richiedere mai delucidazioni circa indicazioni criptiche o richiedere spiegazioni perché il Solidoro, da lui asseritamente non conosciuto, lo volesse incontrare con urgenza e verso il quale dimostrò totale disponibilità all’incontro, senza neanche chiederne, preventivamente, la ragione.
Non appare infatti, credibile che ad un incontro chiesto dal Di Nicola, per un asserito accredito per un “suo osservatore” (quindi della società L’Aquila Calcio) si presentasse il Solidoro, tesserato della soc. Savona e come non gli apparisse (al Bagnoli) perlomeno sospetta la richiesta del Solidoro di conoscere giocatori per la partita che si sarebbe dovuta disputare dopo circa due ore;
richiesta avanzata senza motivazione e senza che questa fosse oggetto di una sollecitazione di una spiegazione più dettagliata da parte del Bagnoli.
Ad avviso di questo Collegio, data come indubitabile la circostanza dell’assoluta congruità dei contatti con l’inconfessata volontà di porre in essere, per la gara Tuttocuoio-Gubbio dello stesso giorno, un accordo illecito per la sua alterazione, il contesto fenomenico depone, perlomeno, per una chiara percezione del Bagnoli del vero intento col quale il Solidoro e il Neriaku (soggetto rimasto a distanza nell’incontro di Pontedera del 19 marzo 2015) gli proposero l’incontro a Pontedera.
Percezione che, alla fine, lo stesso Bagnoli ha dovuto ammettere alla P.G. allorché ebbe ad affermare …” ADR In ordine alla mia dichiarazione iniziale circa le modalità dell’incontro con il sig. Solidoro Massimiliano ed in particolare alla richiesta fatta da quest’ultimo sulla possibilità di avvicinare calciatori, sia per la gara in programma di lì a poco con il Gubbio, sia in termini più generali io ho dedotto che tale richiesta fosse a fini non leciti.(sottolineatura a cura del Collegio). Pertanto ho dedotto, poiché la richiesta riguardava anche i calciatori che avrebbero giocato di lì ad un’ora e mezza, che tali richieste non erano a fini leciti.”, salvo a giustificare poi la mancata denuncia con il convincimento che quella fosse solo una sua supposizione, ma che non gli impedì di fargli sorgere un palese timore (per la presenza di un soggetto di nazionalità est europea) né di promettere al Solidoro che “casomai ci saremmo risentiti”.
Costruzione difensiva che stride, nel voler accreditare una intrinseca laconicità delle risposte del Bagnoli, con quanto intercettato successivamente, ossia una conversazione tra il Solidoro e il Di Nicola nella quale il primo, pur perplesso dell’atteggiamento del Bagnoli stesso, si dilunga poi nell’affermare un atteggiamento possibilista, per il futuro, del medesimo.
Quanto è qui detto allora, se può essere ritenuto non pienamente concludente per un’ipotesi di diretto coinvolgimento del Bagnoli (e, in questo, si condivide quanto già oggetto di decisione in prime cure), dall’altro appare pienamente sostenibile che lo stesso abbia deliberatamente omesso di segnalare l’episodio agli organi federali, come suo preciso dovere.
Non è minimamente credibile, infatti, che quella fosse solo una sua mera supposizione perché a ciò non conducel’atteggiamento preventivo e successivo del Bagnoli né quello del Di Nicola e del Solidoro i quali, nelle loro conversazioni, mettono in luce un chiaro affidamento sul dirigente, frutto di contatti precedenti e collaudati. Nessuna incertezza o prudenziale interlocuzione emerge nelle loro richieste di incontrare il Bagnoli il quale, nelle sue dichiarazioni agli organi di P.G., offre un supporto pienamente concludente alle risultanze delle intercettazioni.
In questo, si dimostra non condivisibile la perplessità difensiva circa una carenza motivazionale della decisione impugnata in quanto, a partire dalle dichiarazioni confessorie del Bagnoli, è chiara ed evidente la ragione della condanna dello stesso.
Diversa è la latitudine in cui si pone la difesa della società Savona FBC a r.l. che si dilunga nel tentativo di accreditare, da un lato, l’incardinazione solo meramente formale del Solidoro nella compagine tecnica della società e, dall’altro, di porre in evidenza come la stessa non debba subire alcuna sanzione in ragione di una condotta dello stesso assolutamente egoistica e del tutto astrusa da qualsiasi rapporto col sodalizio.
Il presupposto ineludibile di quanto argomentato dalla difesa (e dal giudice di prime cure) è la previsione dell’art. 4, comma 2, CGS che riconduce alla responsabilità oggettiva delle società le condotte di tesserati, dirigenti o di persone che, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, svolgono un’attività nell’interesse della stessa o comunque rilevante per l’ordinamento federale.
Tale è la cornice normativa nella quale va ricondotto quanto posto in essere dal Solidoro, tesserato della società ricorrente.
La documentazione versata in atti e la pronuncia del giudice di primo grado depongono per la sua chiara responsabilità in ordine ad un suo preciso ruolo nel tentativo di alterare il regolare svolgimento di gare nell’ambito di tornei federali.
Questa è una risultanza processuale che neanche la difesa pone in dubbio.
La tesi difensiva si centra allora, come detto, sul tentativo di accreditare il rapporto esistente (indubitabilmente) tra il Solidoro e la società Savona come meramente formale, stante la risoluzione del rapporto di collaborazione con il tecnico titolare, sig. Di Napoli.
Ciò comporterebbe che lo stesso non avrebbe potuto più svolgere qualsivoglia proficua attività a favore del soggetto di cui risultava essere un collaboratore tecnico, non essendovi neanche alcuna prestazione patrimoniale a carico del sodalizio; ragion per cui non vi sarebbe stata alcuna reale necessità di risolvere, prima della naturale scadenza, il formale contratto che li legava.
La considerazione difensiva, pur pregevole, che mira ad allontanare dalla società quella che nel diritto civile è la responsabilità per fatto altrui (art. 2047 c.c. e ssgg.) non può essere condivisa.
Infatti, non vi è prova che il legame tra il collaboratore tecnico e la soc. Savona sia stato soltanto mantenuto per reale carenza di interesse a risolverlo, in quanto il motivo addotto (assenza di controprestazione patrimoniale) non appare sufficientemente consistente, poiché è noto che la prestazione economica non è l’unica motivazione che può sorreggere un rapporto. E, in questo, la parte non ha documentato, limitandosi ad asserirne l’indifferenza, il compimento di alcun atto finalizzato alla risoluzione di un legame che, come dimostrano gli avvenimenti di cui è cognizione, comporta precise responsabilità e conseguenze.
Lo scarso, o nullo, interesse a recidere quel legame da parte della società non si dimostra, pertanto, assistito da ragionevole e congrua dimostrazione probatoria, il cui onere di allegazione gravava sulla ricorrente società.
La stessa argomentazione di irrilevanza giuridica, in presenza di una responsabilità di cui all’art. 4, comma 2 CGS, attinge l’altra argomentazione offerta dalla difesa della società, ossia la sostanziale mancanza di una effettiva possibilità di controllo sul tesserato.
Il motivo, per il quale vale la stessa obiezione di mancanza di adeguata o anche solo principio di prova, che la società non ha fornito, appare, ex adverso, toccare il nucleo fondante della disposizione del CGS in quanto costituisce preciso obbligo della società attivarsi affinché i propri tesserati si comportino, per un superiore principio di lealtà e collaborazione che vale per tutti i sistemi organizzati, in modo tale da non arrecare pregiudizio ad alcuno dei valori, beni o persone tutelate dall’ordinamento sportivo.
Il non averlo fatto, da un lato e, comunque, il non aver prodotto la benché minima prova di essersi attivata per risolvere il rapporto o per evitare che il pregiudizio possa essere, per nesso di causalità indiretta, a lei ricondotto dall’altro, giustifica ampiamente la pronuncia di condanna formulata dal giudice di prime cure che dev’essere, perciò, confermata.
Ciò posto il Collegio, valutate le condotte alla luce della loro effettiva lesività (non essendo provata una diversa, più grave incidenza) ritiene di poter, secondo un principio di equa ripartizione del rischio, ridurre le sanzioni inflitte al Bagnoli e alla soc. FBC Savona a r.l., nella misura indicata in dispositivo.
Nei termini che precedono è la decisione di questa Corte.
Per questi motivi la C.F.A., riuniti preliminarmente i ricorsi nn. 10 e 11 così dispone:
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dal Sig. Andrea Bagnoli, riduce la sanzione dell’inibizione a mesi 3 e ridetermina la sanzione dell’ammenda in euro 5.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
- Accoglie in parte il ricorso come sopra proposto dalla società SSD Savona F.B.C. A R.L di Savona (SV) e ridetermina la sanzione dell’ammenda in euro 5.000. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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