F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE II – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N.029/CFA II del 18.04.2019 (MOTIVI) con riferimento al C.U. 093/CFA del 18.10.2017 RICORSO DEL SIG. ANELUCCI CLAUDIO (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO EX ART. 1 BIS COMMA 5 C.G.S. SVOLGENTE ATTIVITÀ RILEVANTE PER L’ORDINAMENTO FEDERALE) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 18 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 5159/1219 PF 17-18 GP/AA/MG DEL 26.11.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 43/TFN dell’11.2.2019)

RICORSO DEL SIG. ANELUCCI CLAUDIO (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO EX ART. 1 BIS COMMA 5 C.G.S. SVOLGENTE ATTIVITÀ RILEVANTE PER  L’ORDINAMENTO  FEDERALE)  AVVERSO  LA  SANZIONE DELL’INIBIZIONE  PER  MESI  18  INFLITTA  AL  RECLAMANTE  PER  VIOLAZIONE  DELL’ART.  1  BIS,  COMMA  1 SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 5159/1219 PF 17-18 GP/AA/MG DEL 26.11.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 43/TFN dell’11.2.2019)

 

        1. Con nota del 25.11.2018, la Procura Federale ha deferito al Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare:

- il sig. Claudio Anelucci per violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del C.G.S., ovvero, del dovere fatto a ciascun soggetto dell’Ordinamento federale di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva nel rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza, per avere, nel corso della Stagione Sportiva 2017-2018, prospettato al sig. Filippo Cunsolo, calciatore svincolato, la possibilità di individuare  società  disposte a  tesserarlo,  previo versamento di una somma di denaro quale corrispettivo per il proprio interessamento o mediazione.

           Il deferimento è basato sull’accertamento da parte della Procura Federale dei seguenti fatti: nel corso della Stagione Sportiva  2017/2018,  Anelucci  prospettava  al  sig. Filippo  Cunzolo,  calciatore svincolato, la possibilità di individuare società disposte a tesserarlo, previo versamento di una somma di denaro quale corrispettivo del proprio interessamento e intermediazione.

           In particolare, nel corso di ripetuti contatti telefonici intercorsi (anche attraverso l’utilizzo dell’applicazione di messaggistica istantanea denominata ”whatsapp”) a far tempo dal mese di settembre 2017 e, dappoi, in successivi due incontri avvenuti in Roma (l’uno presso il bar “Euclide”, sito nell’omonima piazza e l’altro presso il “Ciampini bistrot”, sito in Via fontanella Borghese) Anelucci rappresentava al Cunzolo l’opportunità di poter essere tesserato da società professionistiche, sia italiane che estere, per diverse ragioni allo stesso vicine (Modena, Sporting Braga, Honveed e Lucchese) e si offriva altresì, previo versamento di una somma di denaro oscillante tra i 22.000,00 e i 23.000,00 euro, di favorirne il tesseramento con la società Modena (della quale affermava di conoscere il Presidente e di essere in procinto di divenire il nuovo Direttore Sportivo), o, in alternativa, e qualora la predetta somma fosse stata maggiorata di ulteriori € 10.000,00 con la società Lucchese (maggiorazione giustificata a proprio dire dalla circostanza che l’operazione sarebbe stata più sicura in ragione del fatto che all’epoca l’allenatore della società toscana era un suo vecchio conoscente di cui in passato aveva, tra l’altro, curato anche gli interessi e che inoltre la società stava per essere acquisita da persone di sua diretta e personale conoscenza).

           Va precisato che le indagini sulla descritta vicenda, come si apprende dagli atti del deferimento, originano da una inchiesta televisiva, intitolata “Calcio Marcio”, andata in onda nell’ambito della trasmissione “Non è l’Arena” nelle date dell’11 febbraio, 1° aprile e 15 aprile 2018.

           A tali trasmissioni, ideate dal giornalista Luca Sgarbi, hanno preso parte giornalisti sportivi, ex dirigenti di società professionistiche, procuratori sportivi, allenatori e dirigenti federali, che hanno commentato, in base al ruolo ricoperto e alle esperienze personali, due casi di calciatori disposti a corrispondere somme di denaro ad intermediari pur di ottenere un ingaggio da società calcistiche.

           Uno dei due casi riguardava appunto la vicenda del calciatore Filippo Cunsolo e i contatti e le conversazioni da lui intrattenute con Claudio Anelucci, ex direttore generale del Lanciano, che all’epoca svolgeva l’attività di “consulente di mercato”.

In proposito, il giornalista ideatore dell’inchiesta, ha dichiarato alla Procura Federale che era stata una sua iniziativa quella di individuare e contattare il Cunsolo, proponendogli di collaborare all’inchiesta, proposta che aveva ottenuto l’adesione del calciatore.

L’accordo concluso con il giornalista era nel senso che il Cunsolo avrebbe proceduto a contattare l’Anelucci, presentandosi come un calciatore in cerca di un ingaggio presso una squadra importante, disposto anche a corrispondere una somma di denaro pur di raggiungere l’obiettivo e che avrebbe poi consentito allo Sgarbi di registrare le reazioni dell’Anelucci rispetto a tali richieste.

In effetti, in uno dei filmati acquisiti nel corso delle indagini condotte dalla Procura Federale, si vede il giornalista Sgarbi che, all’esito della seconda conversazione de visu intercorsa fra il Cunsolo e l’Anelucci presso il “Ciampini bistrot”, si avvicina al tavolino al tavolino in cui siede l’Anelucci con altre due persone e all’improvviso gli pone davanti una valigia in cui sono riposte banconote del gioco del Monopoli, esclamando testualmente: “Dottore, qui ci sono i soldi del Monopoli”, provocando ovviamente il frettoloso allontanamento dell’Anelucci dal locale in questione.

2) Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, ha ritenuto fondato il suddetto deferimento e per l’effetto ha irrogato al sig. Claudio Anelucci la sanzione di mesi 18 di inibizione.

Il Giudice di primo grado, in particolare, ha disatteso le argomentazioni sviluppate in una memoria depositata dalla difesa dell’incolpato, basata essenzialmente sul rilievo che non solo le somme indicate nel deferimento non sono mai state effettivamente pagate, ma che esse erano destinate non all’Anelucci quale intermediario, bensì alla società che avrebbe dovuto tesserare il calciatore.

Ha rilevato infatti in proposito il Giudice di primo grado che al fine di integrare gli estremi della violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all’art. 1 bis, comma 1, del C.G.S. e quindi l’illecito, è sufficiente la semplice richiesta di dazione economica, quand’anche la stessa venisse prospettata per conto terzi e che il disvalore della condotta è rinvenibile nel caso di specie anche nella circostanza emersa dagli atti di indagine, che l’Anelucci, per discutere con il Cunzolo degli argomenti di cui sopra, lo invitava ad usare l’applicazione denominata “Whatsapp”, in quanto non reputava opportuno usare il telefono.

3) Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’Anelucci, attraverso il proprio procuratore speciale e difensore, sviluppando in un unico motivo, una serie di argomentazioni tese a dimostrare l’insussistenza della responsabilità disciplinare dell’incolpato.

Ha dedotto in particolare la difesa che, contrariamente a quanto ritenuto dalla decisione di primo grado, il sig. Anelucci non avrebbe mai richiesto al sig. Cunsolo il pagamento di somme di denaro quale corrispettivo per il proprio interessamento o per la propria intermediazione, né avrebbe mai garantito allo stesso il tesseramento presso alcuna società, essendosi invece limitato prospettare in via ipotetica l’esistenza di squadre interessate a tesserare il calciatore.

Ciò, secondo la difesa, emergerebbe in particolare dal contenuto della conversazione intrattenuta dai due interlocutori in occasione dell’incontro tenutosi a Piazza Euclide nell’ambito del quale il sig. Anelucci aveva affermato inequivocabilmente - come risulterebbe dalle trascrizioni della conversazione riportate nel testo del ricorso - che il Cunsolo non avrebbe dovuto corrispondere alcuna somma di denaro e che, tutt’al più, la parte economica di cui si era parlato avrebbe dovuto essere devoluta alla società interessata al tesseramento.

Infondato risulterebbe quindi il deferimento dell’Anelucci nella parte in cui fa riferimento alla somma di 22-23.000,00 euro (eventualmente maggiorata di altri 10.000, nel caso di tesseramento con la Lucchese) quale prezzo da corrispondere all’Anelucci per la sua intermediazione.

Sarebbe invece evidente dal tenore delle conversazioni intercorse che le suddette somme sarebbero state devolute unicamente alla società disposta a tesserare il Cunsolo e, per essa al suo Presidente, come del resto, in sede di audizione dinanzi alla Procura Federale, lo stesso Cunzolo aveva dichiarato di aver compreso dai suoi colloqui con l’Anelucci.

Proprio dalle dichiarazioni rese dal Cunzolo dinanzi alla Procura Federale - osserva ancora la difesa nel proprio ricorso - si comprenderebbe infatti che era stato il calciatore, pur di individuare una squadra disposta a tesserarlo, a dichiararsi disponibile ad offrire spontaneamente tali somme alla società al solo ed unico scopo di “autostipendiarsi” e certamente non per assicurarsi la compiacenza di una eventuale società calcistica ed il conseguente tesseramento presso la stessa.

Il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti di cui alla motivazione.

Rileva la Corte d’Appello Federale che senza dubbio corretta è la decisione del T.F.N., nella parte in cui evidenzia che il comportamento dell’Anelucci è comunque censurabile ai sensi delle norme disciplinari richiamate nel deferimento e ciò in quanto deve ritenersi una grave violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza sportiva intrattenere più conversazioni con un calciatore svincolato nelle quali gli si prospetta che un possibile tesseramento per una squadra professionistica potrebbe essere favorito o agevolato dalla corresponsione di somme di denaro “in nero” o comunque da versare senza titolo, essendo del tutto irrilevante se, nella prospettazione dell’Anelucci, tali somme fossero destinate all’intermediario, ovvero alla società eventualmente interessata al tesseramento.

E’ inutile quindi soffermarsi più analiticamente sui contenuti delle conversazioni intercorse fra l’Anelucci e il Cunzolo dalle quale peraltro emerge chiaramente, come risulta dagli atti dell’indagine svolta dalla Procura, che in più occasioni l’Anelucci ha chiaramente collegato le possibilità di tesseramento del Cunzolo per squadre a lui vicine, al reperimento e al pagamento di somme di denaro, precisamente e diversamente quantificate anche in relazione all’importanza della squadra che avrebbe perfezionato il tesseramento.

Questa stessa circostanza è di per sé già sufficiente a far scattare la responsabilità disciplinare a carico dell’incolpato, che ha evidentemente condizionato il suo interessamento per il tesseramento di un giovane calciatore al pagamento, non è dato sapere a quale titolo, di somme di denaro destinate a “propiziare” l’ingaggio.

Nel ribadire quindi la fondatezza della contestazione disciplinare e l’acclarata responsabilità dell’incolpato, la Corte Federale d’Appello deve però anche riconoscere che, come ben si apprende dagli atti del procedimento disciplinare, i contatti fra il Cunzolo e l’Anelucci si inseriscono nell’ambito di una indagine giornalistica volta ad evidenziare alcuni discutibili aspetti dell’attività dei procuratori sportivi, facendo appunto emergere eventuali loro comportamenti scorretti o discutibili.

Come si è già rilevato, è infatti emerso dagli atti del procedimento che era stato proprio il Cunzolo, in adesione ad una richiesta formulatagli dal giornalista Luca Sgarbi ad assumere l’iniziativa di contattare l’Anelucci e di manifestargli insistentemente il suo interessamento per un tesseramento con una squadra di un certo rilievo e la sua asserita disponibilità - ovviamente affermata a bella posta al solo fine di saggiare e registrare le reazioni del suo interlocutore - di corrispondere somme di denaro non dovute pur di ottenerlo.

Se dunque non mutano le valutazioni circa la rilevanza disciplinare del comportamento tenuto dall’Anelucci, il quale riteneva di parlare con un calciatore effettivamente interessato ad ottenere il tesseramento con una squadra professionistica, si deve peraltro considerare che in effetti nessun pericolo hanno corso il patrimonio e l’integrità morale del giovane calciatore, che si è volontariamente prestato a svolgere il ruolo di “agente provocatore” al fine di smascherare le discutibili condotte di alcuni procuratori sportivi.

Tale circostanza, non adeguatamente considerata dalla decisione di primo grado e che invece ha delle indiscutibili ricadute sul profilo della obiettiva gravità dell’illecito, consente di ridurre la sanzione disciplinare applicata in primo grado all’Anelucci a mesi 12 di inibizione.

Per questi motivi la C.F.A., in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal sig. Anelucci Claudio, riduce la sanzione dell’inibizione a mesi 12.

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

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