F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 0038/CFA del 23 dicembre 2019 – (SIG. CALEGARI MARCO/PROCURA FEDEARLE) n. 70/2019 – 2020 Registro Reclami N. 70/2019 REGISTRO RECLAMI N. 0038/2019 REGISTRO DECISIONI

N. 70/2019 REGISTRO RECLAMI

N. 0038/2019 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

 

Mario Luigi Torsello - Presidente

Patrizio Leozappa - Componente

Paola Palmieri - Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul reclamo numero di registro 70/CFA del 2019, proposto dal sig. Marco Calegari rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Cozzone

contro

la Procura Federale

per la riforma

della decisione n. 53/TFN –SD 2019/2020, pronunciata dal Tribunale Federale Nazionale, Sezione disciplinare, assunta nella riunione del 14 novembre 2019 e pubblicata il 20 novembre 2019, concernente l’irrogazione della sanzione per quindici giorni in seguito a deferimento per violazione dell’art. 1 bis, comma 1 del previgente Codice di Giustizia Sportiva;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 19 dicembre 2019 l’Avv. Paola Palmieri e udito per il reclamante l’Avv. Michele Cozzone nonché il rappresentante della Procura Federale Dott. Liberati; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con provvedimento del 16.10.2019 il Procuratore Federale e il Procuratore Federale Interregionale deferivano avanti al Tribunale Federale Nazionale- sezione disciplinare- il Sig Marco Calegari, all’epoca dei fatti, risalenti a giugno 2019, Consigliere della Divisione Calcio a 5 della Lega Nazionale Dilettanti.

Le ragioni del deferimento erano ricondotte dalla Procura al sondaggio promosso dal Sig. Calegari in data 31.5.2019 attraverso il proprio profilo del social Istagram, pubblicizzando lo stesso anche attraverso il proprio profilo Facebook nel quale appariva, come sfondo, il logo della Divisione Calcio a 5 della Lega Nazionale Dilettanti. Tutto ciò, “nella posizione di componente del Consiglio direttivo della Divisione, suscettibile di avvalorare la riferibilità delle domande poste alla stessa componente e non alla sua iniziativa privata” (in tal senso, nota di deferimento in data 16.10.2019).

In relazione a tali comportamenti, il Sig. Calegari era pertanto deferito innanzi al Tribunale Nazionale Federale per rispondere della violazione dell’art. 1 bis comma 1, del Codice di Giustizia sportiva vigente all’epoca dei fatti, avvenuti nel corso del mese di maggio-giugno 2019.

La Sezione disciplinare del Tribunale Federale, nella premessa di non voler mettere in discussione il diritto ad esprimersi pubblicamente anche attraverso i più diffusi social network riteneva, tuttavia, illegittimo l’utilizzo del logo e ciò, non tanto per la possibile riferibilità dei quesiti oggetto del sondaggio alla Federazione, quanto per la mancanza di autorizzazione da parte di questa.

Nel confermare la contestazione, il Tribunale riteneva equa la sanzione di quindici giorni e pertanto, deliberava in tal senso.

Avverso tale decisione ha proposto reclamo il Sig. Calegari con un unico motivo, articolato in distinti profili, deducendo l’inconsistenza della censura mossa dalla Procura ed accolta dalla decisione di primo grado, la non ravvisabilità di alcuna condotta di rilievo disciplinare e la mancanza di riscontri probatori a sostegno dell’addebito.

In particolare, il reclamante contesta il presupposto della sanzione in quanto, a suo dire, non sorretta da validi e plausibili elementi probatori sottolineando di avere ritenuto utile ed opportuno, nella propria veste istituzionale ed in vista di una riunione del Consiglio del Calcio a Cinque, in cui si sarebbe dovuto predisporre il Comunicato Ufficiale n. 1 per la stagione sportiva 2019/2020, e della imminente Assemblea Biennale della Divisione, conoscere i pareri e i suggerimenti della società e degli addetti ai lavori in ordine ad eventuali modifiche e/o innovazioni finalizzate al miglioramento ed allo sviluppo del “futsal” nazionale.

Quanto all’utilizzo del logo censurato dalla sentenza di primo grado, deduceva di ignorare che il disegno fosse formalmente registrato e tutelato da diritto d’autore, con conseguente necessità di autorizzazione e che, in ogni caso, lo stesso era in parte coperto dalle scritte relative ai motivi formulati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Si osserva, preliminarmente, che nel presente procedimento viene in considerazione la violazione dei doveri di condotta indicati nell’art. 1 bis del Codice di Giustizia Sportiva, il cui contenuto è sostanzialmente sovrapponibile a quello dell’art. 4, del Codice di Giustizia attualmente in vigore.

Poiché il Tribunale federale nazionale richiama entrambe le disposizioni a sostegno della decisione di primo grado, si impone un chiarimento al riguardo.

Tenuto conto che, a quanto emerge dagli atti, il procedimento risulta iscritto nei registri della Procura in data 17 giugno 2019, dovrebbero ritenersi applicabili ratione temporis le disposizioni introdotte dal nuovo Codice, entrato in vigore il 16 giugno 2019, secondo il criterio intertemporale di cui all’art. 142 intitolato “Disposizioni transitorie”, così come da ultimo interpretato dalla decisione di questa Corte Federale di appello, SS.UU., n. 31 del 12 dicembre 2019 in C.U. del 16 dicembre 2019 (per cui, la nozione di “pendenza” del procedimento disciplinare va valutata con riferimento alla data di iscrizione del procedimento nei registri dell’organo inquirente, in tal caso avvenuta il 17 giugno 2019).

La questione dell’applicabilità dell’art. 4 del Nuovo Codice in luogo dell’art. 1 bis della precedente disciplina sportiva, tuttavia, non ha rilievo ai fini della presente decisione in quanto, al di là del fatto che il contenuto delle due norme è sostanzialmente identico, così come le sanzioni irrogabili, sia l’atto di deferimento che la decisione di primo grado fanno riferimento ad entrambe le disposizioni e, in ogni caso, il profilo non risulta sollevato in sede di reclamo.

Il dovere di comportarsi secondo il principio della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, rappresenta il principale parametro di condotta per tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano sottoposti all’ ordinamento federale ed alla cui osservanza, dunque, è tenuto anche il reclamante, nella qualità di consigliere della Divisione Calcio a 5 della L.N.D.

L’obbligo in esame, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva (c.d. fair play), già sotto il vigore del Codice previgente ha assunto una dimensione più ampia, riferibile anche al di là dell’ambito della competizione sportiva e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una più generale regola di condotta in ambito associativo, alla cui osservanza sono tenuti tutti i soggetti comunque facenti parte dell’ordinamento federale, e tale da ricomprendere in essa ogni violazione delle generali regole di correttezza e di lealtà da parte di coloro che, a qualsiasi titolo, entrino in contatto con l’ordinamento federale (sul valore di regola generale di condotta deontologica, con riferimento all’attuale art. 4 del Codice vigente, cfr. la recente: Corte di Giustizia Federale, decisione n. 13/2019 del 24 ottobre 2019). Nel caso di specie, la sezione disciplinare del Tribunale federale nazionale ha ritenuto meritevole di sanzione la condotta oggetto di deferimento in ragione, in particolare, del profilo relativo all’indebito utilizzo del logo della Divisione Calcio a 5, in occasione del sondaggio promosso dal Calegari attraverso il proprio account Instagram, sondaggio poi pubblicizzato anche attraverso il proprio profilo Facebook.

In effetti, risulta comprovata in sede istruttoria sia la mancata autorizzazione all’utilizzo del logo, come emerge dagli atti posti a sostegno del deferimento (cfr. esposto della Divisione in data 5 giungo 2019 che ha dato avvio al procedimento), sia la effettiva riconoscibilità del logo della divisione calcio a 5 della LND nella schermata contenente i quesiti oggetto del sondaggio.

Il reclamante, peraltro, in sede di gravame non ha negato di avere omesso di richiedere un assenso all’uso del logo, deducendo piuttosto, sotto il profilo della contestata assenza di un profilo disciplinare, che rientrasse nell’ambito della legittima e doverosa attività di componente del consiglio direttivo la possibilità di acquisire le opinioni in merito alla programmazione della annualità agonistica. I quesiti, pertanto, nella prospettazione del reclamante, sarebbero stati posti dal Calegari nella propria veste istituzionale, al fine di conoscere i pareri delle società e degli addetti ai lavori in ordine a possibili innovazioni e miglioramenti del “futsal” (calcio a 5) nazionale.

Tali considerazioni, tuttavia, non sono supportate da un oggettivo riscontro che potrebbe dirsi raggiunto ove l’interessato avesse dimostrato di avere mantenuto il sondaggio entro un ambito più ristretto composto da meri addetti ai lavori.

Al contrario, la scelta del mezzo di comunicazione ( Instagram ) e dell’ ulteriore diffusione tramite Facebook, lascia presumere che, come è proprio dei mezzi di comunicazione rientranti tra i c.d. social network, il questionario sia stato inviato ad una indeterminata ed imprecisata cerchia di interlocutori, forse anche limitata ai c.d. “followers” o “amici” del Calegari ma, in ogni caso, potenzialmente accessibile anche da parte di soggetti del tutto estranei all’ambito sportivo e tali da non poter apportare alcun utile contributo costruttivo alle supposte proposte innovative.

Il che, di per sé, vale a smentire che il logo sia stato utilizzato nello svolgimento di una funzione propria di consigliere e in stretta finalità con la funzione rivestita.

I social network, tra cui Facebook o Istagram, non possono essere considerati come siti privati in quanto non sono accessibili ai soggetti non noti cui il titolare del sito consente l’accesso, ma sono comunque suscettibili di divulgazione dei contenuti anche in altri siti. Ne discende che la collocazione di immagini o testi su di essi implica una possibile diffusione di tali contenuti ad un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e, quindi, vanno considerati, sia pure con alcuni limiti, come siti pubblici (in tal senso, TAR Friuli Venezia Giulia,Trieste, Sez. I, 12.12.2016 n. 562; sul tema anche: Cass.civ., Sez. Lav., 27.4.2018, n. 10280, ove si sottolinea la “potenziale capacità del social di raggiungere un numero indeterminato di persone, posto che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione”).

Tenuto conto del carattere aperto dei social network, non a caso definiti quali vere e proprie “piazze virtuali”, il Calegari non poteva ignorare che il sondaggio avrebbe raccolto opinioni anche di estranei, sollecitando commenti non necessariamente costruttivi o funzionali alla dichiarata iniziativa di miglioramento e di riforma della Divisione.

Parimenti infondato è l’ulteriore motivo, con cui il reclamante afferma di ignorare che il disegno fosse registrato o, comunque, tutelato dal diritto d’autore e che, in ogni caso, lo stesso, nella schermata che riportava i quesiti, risultava in gran parte coperto.

Anche tale motivo non merita seguito in quanto, come sopra accennato, dalla schermata in atti, il simbolo della lega Calcio a 5 e’ chiaramente riconoscibile.

Quanto all’ulteriore profilo dedotto, indipendentemente dall’avvenuta registrazione e dei profili relativi alla protezione commerciale dei marchi e dei relativi segni distintivi, l’utilizzo del logo istituzionale per fini estranei alle funzioni svolte e, sostanzialmente, per una iniziativa di carattere personale, in assenza di un previo consenso dell’Organo federale, si caratterizza quale comportamento rilevante sul piano disciplinare ai fini della osservanza della regola di condotta deontologica di cui all’art. 4 sopra richiamato, sotto il profilo della lealtà e della correttezza nei rapporti con la Federazione e con i suoi Organi.

La decisione di primo grado, pertanto, è correttamente motivata e il Calegari meritevole della sanzione disciplinare irrogata, comunque di lieve entità e già ridotta dal Tribunale di primo grado in soli quindici giorni di inibizione, a fronte di una richiesta formulata in termini ben più elevati (trenta giorni), all’atto del deferimento.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Sig. Calegari Marco, lo respinge.

Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con posta elettronica certificata.

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