F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 0047/CFA del 4 febbraio 2020 – (SIG. FILIPPO BOCCANERA/PROCURA FEDERALE) n. 76/2019 – 2020 Registro Reclami N. 76/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 47/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
N. 76/2019-2020 REGISTRO RECLAMI
N. 47/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
composta dai Sigg.ri:
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO I SEZIONE
Mario Luigi Torsello - Presidente
Angelo De Zotti - Componente - relatore Mauro Sferrazza - Componente
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero di registro 76/2019-2020, proposto dal signor Filippo Boccanera, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Toppeta
contro la Procura Federale F.I.G.C.
per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale (Sezione CR Abruzzo) pubblicata nel C.U. 35 del 9/12/2019);
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
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Relatore nell'udienza del giorno 4 febbraio 2020 il dott. Angelo De Zotti e uditi gli avvocati Luigi Toppeta per il reclamante, l’avv. Francesco Bevivino per la Procura e l’avv. Federico Romagnoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Con il reclamo presentato in data 14.12.2019 il sig. Filippo Boccanera ricorre avverso la squalifica al medesimo irrogata dal Tribunale Federale Territoriale dell’Abruzzo, con decisione pubblicata nel C.U. n. 35 del 9/12/2019, chiedendone l’annullamento con rinvio all’organo che ha emesso la suddetta decisione e, ove occorra, con rinvio alla Procura Federale per il rinnovo del procedimento disciplinare in ragione dell’asserita omessa conoscenza dell’atto relativo alla chiusura delle indagini.
Con lo stesso reclamo è stata formulata domanda cautelare ai sensi degli artt. 107 e 108 del C.G.S.
Sulla prima istanza ha provveduto, in data 17/12/2019, il Presidente della 1^ sezione con decreto di reiezione fissando per la discussione la camera di consiglio del 09/01/2020.
All’esito di detta camera di consiglio la Corte ha emesso un’ordinanza di rinvio del reclamo alla camera di consiglio del 28 gennaio, motivando tale ordinanza con il deposito, medio tempore pervenuto, di memoria e documenti da parte dell’avv. Federico Romagnoli, al quale il reclamo era stato inviato ai fini dell’eventuale chiamata di terzo, trattandosi del difensore accusato di aver falsificato nella procura la firma del sig. Boccanera e quindi di aver agito come falsus procurator nel giudizio di prime cure concluso con il patteggiamento della sanzione.
Su istanza della parte reclamante e con il consenso della controparte, l’udienza del 28 gennaio è stata infine rinviata al 4 febbraio e, audite le parti presenti, il reclamo è stato introitato per la decisione.
Con la memoria difensiva depositata il 30 gennaio 2020 il difensore del sig. Boccanera solleva una serie di eccezioni di rito, compendiate nel vizio di violazione delle norme procedurali previste dal C.G.S. e di violazione dei termini perentori di cui all’art. 103
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C.G.S., la cui disamina riveste carattere logicamente preliminare rispetto all’esame dei motivi di merito dedotti nello stesso reclamo.
Sostiene in primis il reclamante che nella camera di consiglio svoltasi in data 9 gennaio 2020 la Corte ha trattato erroneamente il reclamo nel merito anziché in sede cautelare, posto che il decreto presidenziale del 17 dicembre 2019 aveva fissato la camera di consiglio ai sensi dell’art. 108 comma 2^ del C.G.S.
Questa doglianza è priva di fondamento.
Infatti, premesso che tutte le sedute della Corte Federale si svolgono nella forma della camera di consiglio e che non sussiste alcuna distinzione né formale né sostanziale derivante dalla trattazione del reclamo in camera di consiglio quanto alla decisione assunta con quel rito, vuoi cautelare che di merito, è del tutto evidente che rientra nei poteri della Corte stabilire se accordare alla parte una ulteriore fase cautelare, dopo la pronuncia del decreto presidenziale che alla stessa fase cautelare pertiene ovvero, se sussistono i presupposti, per definire il merito e concludere il giudizio con una sentenza.
Ed è paradossale che il reclamante si dolga del fatto che il giudizio non abbia dato spazio alla tutela cautelare, che ha la funzione di assicurare una tutela provvisoria in attesa della definizione del merito, e che la Corte abbia espresso la chiara intenzione di definire in quella seduta lo stesso giudizio, dopo aver consentito alle parti di formulare le proprie conclusioni.
Il reclamante ignora, peraltro, omettendone ogni menzione nella memoria difensiva, la ragione per la quale la Corte non ha definito il giudizio in quella sede; ragioni che sono alla base dell’ordinanza di rinvio adottata in quella stessa sede al fine di consentire alle parti il pieno contraddittorio a seguito della segnalazione, da parte della segreteria, dell’arrivo, contestuale allo svolgimento dell’udienza, delle memorie e dei documenti trasmessi dall’avv. Romagnoli, soggetto terzo al quale viene attribuito con il reclamo il reato di falso in atto fidefaciente.
Ragione quest’ultima dirimente anche rispetto all’assunto, sviluppato nel motivo stesso, secondo cui il differimento dell’udienza al 28 gennaio, e a quella successiva, richiesta dallo
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stesso reclamante e fissata in data odierna, violerebbe il termine perentorio di cui all’art. 103 del C.G.S., vale a dire di 30 giorni dall’inoltro del reclamo avvenuto il 14 dicembre 2019.
Infatti, a prescindere dal fatto che il termine di cui all’art. 103 prevede unicamente che il Presidente fissi l’udienza di discussione, che deve tenersi entro 30 giorni dal deposito del reclamo stesso, e dunque che tale termine è stato rispettato con la fissazione dell’udienza del 9 gennaio 2020, e inoltre che la perentorietà dei termini di cui all’art. 153 riguarda le parti in causa, avendo funzione di garantire la parità assoluta di esse nel giudizio, il fatto che la camera di consiglio sia slittata a data successiva a quella del 9 gennaio 2020, per le ragioni espresse nell’ordinanza che la parte reclamante omette di considerare, implica semplicemente che nel corso del giudizio la Corte ha disposto un rinvio tecnico ad altra data, nella quale riprenderà il giudizio senza che possa dirsi violato alcun termine di legge, perentorio o meno che si assuma.
D’altra parte, se fosse vero che nel termine di trenta giorni il giudizio deve essere avviato e concluso non ci sarebbe spazio per accedere alle istanze istruttorie che il reclamante ha nella specie richiesto, e quindi è chiaro che il dedotto motivo di censura non solo è chiaramente destituito di fondamento ma, nella parte in cui contesta un comportamento scorretto della Corte che ha agito per garantire in maniera trasparente il principio del pieno contraddittorio, appare caratterizzato da un fine strumentalmente defatigatorio e di censurabile condotta processuale.
Passando al merito, con due motivi di censura che vertono sul medesimo elemento di fatto, vale a dire la falsità della firma apposta da ignoti sulla procura trasmessa all’avv. Federico Romagnoli e sul conseguente ruolo di falsus procurator da quest’ultimo svolto, il reclamante deduce la nullità del mandato difensivo e del ruolo abusivo svolto dal preteso difensore in sede di patteggiamento intervenuto innanzi il Tribunale Federale e al cui esito il sig. Boccanera ha ottenuto la riduzione di un terzo della sanzione, laddove sostiene che in assenza di quella difesa avrebbe potuto concordare la sanzione ai sensi dell’art. 126
C.G.S. prima della notifica del deferimento e non fino ad un terzo, come avvenuto con l’applicazione dell’art. 127 C.G.S.
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Soggiunge quindi che per i fatti che precedono il sig. Boccanera si riserva di interessare la Procura della Repubblica competente nonché la Procura Federale FIGC al fine di accertare se vi sia responsabilità di tesserati e/o affiliati.
A fronte di questi motivi il rappresentante della Procura ha eccepito che poiché il reclamante contesta la falsità di un atto, quale il mandato difensivo autenticato, che rientra tra gli atti fidefacienti fino a querela di falso, il disconoscimento della firma e la richiesta di verificazione da attuarsi con i poteri istruttori della Corte ai sensi dell’art. 59 C.G.S. è inammissibile.
E ciò in base al rilievo che la querela di falso si propone in via principale con atto di citazione al giudice competente, ossia al Tribunale civile che ha in materia competenza funzionale e inderogabile giusta il disposto dell’art. 225 c.p.c.
Spetta infatti al giudice ordinario, “cui è devoluta in via esclusiva la cognizione della falsità di un documento (artt. 9 e 221 c.p.c.) verificare la legittimazione e l’interesse ad agire di chi propone querela di falso, ponendosi detti accertamenti quali necessari presupposti della pronuncia di merito (Cass. SS.UU n. 4479/1988)”.
Quanto all’assunto di parte reclamante alla cui stregua “non è assolutamente necessario che l’accertamento del falso venga svolto attraverso il procedimento di querela di falso previsto dal c.p.c. né attraverso un giudizio penale di falso, come dimostra l’art. 111 commi 6 e 7 del C.G.S.”, il Collegio osserva che siffatto assunto è inconferente giacchè l’articolo invocato riguarda l’efficacia delle sentenze pronunciate dall’A.G.O. nei giudizi disciplinari.
E qui non si discute di sentenze aventi efficacia di giudicato nel processo disciplinare.
Né rileva il richiamo ai commi 6^ e 7^ che fanno riferimento al fatto che “gli organi di giustizia conoscono sportiva conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda, per la semplice ragione che la dedotta falsità della firma del sig. Boccanera non è tecnicamente una questione pregiudiziale o incidentale che la corte sportiva può definire in virtù del richiamo alle norme invocate, ma l’oggetto di una
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questione principale che deve essere decisa con effetto di giudicato nella sua propria sede, vale a dire quella di cui agli artt. 221 e 225 c.p.c. come dimostra il comma 7 dello stesso art. 111 che esclude ogni sospensione del giudizio disciplinare, salvo che per legge debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta dinanzi all’A.G.
Rileva, al contrario, il comma 5 dello stesso articolo 111 che testualmente prevede che “In ogni caso, hanno efficacia nei giudizi disciplinari le sentenze non più impugnabili che rigettano la querela di falso o accertano la falsità di un documento ovvero che pronunciano sull’istanza di verificazione”.
E infine ne è riprova, ancorchè indiretta, anche il disposto dell’art. 77 del codice del processo amministrativo che recita: “Chi deduce la falsità di un documento deve provare che sia stata già proposta la querela di falso o domandare la fissazione di un termine entro cui possa proporla innanzi al tribunale ordinario competente”.
E ciò in presenza di una norma analoga all’art. 111 C.G.S. (art. 8 c.p.a. 104/2010) che assegna al giudice amministrativo il potere di decidere, senza efficacia di giudicato, tutte le questioni pregiudiziali o incidentali la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale e tuttavia riserva all’autorità giudiziaria ordinaria tra le altre questioni concernenti lo status e la capacità delle persone, la risoluzione dell’incidente di falso.
Resta a questo punto da stabilire, alla luce della memoria prodotta dall’avv. Federico Romagnoli, nella quale quest’ultimo pur ammettendo di aver autenticato la firma sul mandato trasmesso dalla società (rappresentata dallo stesso avvocato Romagnoli) e non in presenza del sottoscrittore, afferma che l’asserita falsificazione della firma del Boccanera non è avvenuta da parte dello stesso avvocato Romagnoli ma, se fosse vera l’accusa di falso, da coloro che quel documento gli hanno trasmesso con il corredo dei dati relativi al sig. Boccanera, dati che solo la società sportiva poteva conoscere, se ciò possa mutare le conclusioni già tratte sul punto della necessità dell’incidente di falso.
Ebbene, al riguardo la Corte, tutto quanto sopra premesso, ritiene che laddove si contesti la falsità della propria firma, autenticata e utilizzata in un documento fidefaciente come la
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procura, chi ne assuma la falsità deve attivare l’unico procedimento che solo consente di
rimuovere con forza di giudicato l’efficacia legale della sottoscrizione apocrifa apposta su un siffatto documento.
Pertanto sia che la falsità venga contestata all’avv. Romagnoli, sia che la falsificazione venga imputata a terzi ignoti, resta il fatto che la mancata attivazione di quell’azione, a fronte del rifiuto di proporla e di accettare il sottostante rischio di soccombere in quel giudizio, esclude la possibilità per la Corte di accogliere i motivi di ricorso che si fondano sulla asserita falsità materiale del documento in questione.
Né si dica che in questo modo verrebbe meno la tutela cautelare per la necessità di scontare la sanzione prima della definizione dell’incidente di falso, tenuto conto del fatto che una pronuncia cautelare presidenziale negativa è già intervenuta nella primissima fase del giudizio, che il reclamante ha ottenuto già in sede di patteggiamento una riduzione della sanzione e infine del fatto che una istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato avrebbe avuto senso se la parte avesse già proposto o chiesto termine per proporre l’incidente di falso.
P.Q.M.
La Corte Federale d’Appello (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal calc. Boccanera Filippo, lo respinge.
Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori tramite PEC.
IL PRESIDENTE L’ESTENSORE
f.to f.to
Mario Luigi Torsello Angelo De Zotti
Depositato il 4 febbraio 2020 Il Segretario
f.to
Fabio Pesce
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