F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE IV – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 74CFA del 17 Giugno 2020 (ASD Capaci City/Procura Federale) N. 101/2019-2020 REGISTRO RECLAMI. N. 74/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 101/2019-2020 REGISTRO RECLAMI.

 

N. 74/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO IV SEZIONE

composta dai Sigg.ri:

 

Carlo Sica, Presidente e Relatore Federica Varrone Componente Raffaele Tuccillo Componente

 

 


ha pronunciato la seguente


 

 

 

DECISIONE


 

sul reclamo numero di registro 98 del 2019/2020, proposto dalla ASD CAPACI CITY, anche nell’interesse dei suoi tesserati Emanuele Catania (Presidente), Francesco Lo Bello (dirigente), Paolo Troia (Dirigente), Fabio Lombardo (calciatore)

per la riforma

 

della decisione del Tribunale Federale Territoriale – Comitato Regionale Sicilia della FIGC

 

  1. LND pubblicata con C.U. del C.R. Sicilia n. 270 TFT in data 28.01.2020; Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza del giorno 8 giugno 2020 l’Avv. Carlo Sica e uditi l’Avv. Salvatore Puccio in rappresentanza della reclamante e il rappresentante della Procura Federale Avv. Anna Maria De Santis;

RITENUTO IN FATTO

A seguito di deferimento da parte della Procura Federale a carico del Presidente, di due dirigenti e di un calciatore della società Capaci City, nonché di quest’ultima per responsabilità diretta e oggettiva in relazione all’utilizzo in tre gare del Campionato


Regionale Sicilia di seconda Categoria di un calciatore in assenza di tesseramento e di certificato positivo di idoneità alla pratica sportiva agonistica del calcio, il T.F.T, nell’assenza delle parti deferite, accertava la fondatezza del deferimento e applicava al Sig. Catania la sanzione di mesi tre di squalifica, ai Sigg.ri Lo Bello, Troia e Lombardo la sanzione di mesi due di squalifica, alla Società la sanzione di €. 300,00 di ammenda e di due punti di penalizzazione in classifica.

Avverso la pronuncia del T.F.T., come individuata in epigrafe, la Società Capaci City ha proposto tempestivo reclamo anche nell’interesse dei suoi quattro tesserati sanzionati.

A fondamento del reclamo la Società: 1) ha invocato la buona fede, quale mancanza di coscienza e volontà nella condotta illecita. Il calciatore Lombardo aveva militato nella stagione sportiva 2017/2018 nella società a seguito di cessione in prestito da altra società, che, al termine di detta stagione, lo aveva posto in lista di svincolo. All’inizio della stagione sportiva 2018/2019, anche a seguito di cambiamento del Presidente, tutti gli interessati avevano ritenuto che il calciatore fosse tesserato per la Società a titolo definitivo e, quindi, lo avevano utilizzato nelle prime tre gare del Campionato, peraltro tutte terminate con la sconfitta della Capaci City; 2) a seguito di ammonizione nella terza gara, il giudice sportivo accertava la carenza del tesseramento e sanzionava la società con la sconfitta per 3 a 0 e il dirigente Paolo Troia, che aveva sottoscritto la distinta dei giocatori affermandone il tesseramento, con l’inibizione sino al 30/11/2018, rimettendo gli atti alla Procura Federale per il seguito di competenza. Preso atto della “novità”, la società provvedeva a tesserare il calciatore, che peraltro era dotato del certificato di idoneità agonistica allo sport del calcio datato 15.10.2018; quindi di data anteriore alla disputa della prima gara del 21.10.2018. Chiedeva la società reclamante il proscioglimento per la contestata violazione dell’articolo 43, commi 1 e 6, delle NOIF; l’annullamento delle sanzioni a carico della società, in particolare della penalizzazione dei punti in classifica, eventualmente commutandola in adeguata sanzione pecuniaria; la revisione in termini meno afflittivi delle sanzioni a carico dei tesserati.

All’udienza del 3 marzo 2020, comparivano, in rappresentanza della  società, il suo allenatore, e il rappresentante della Procura Federale.

Fatta rilevare al rappresentante della società la carenza di difesa tecnica, indispensabile ai sensi dell’art. 100, comma 2, CGS, questi sosteneva l’applicabilità dell’art. 49 CGS e rappresentava l’impossibilità finanziaria della società di avvalersi di un avvocato anche alla luce delle conseguenti spese di trasferta.


Il rappresentante della società, richiestone, segnalava poi di non essere a conoscenza della modifica apportata in data 30 gennaio 2020 all’art. 139 CGS con l’aggiunta del comma 3 chiedendo di potersene avvalere.

Il rappresentante della Procura Federale si rimetteva sul punto a giustizia.

 

Con ordinanza n. 10/2019-2020 depositata in data 5 marzo 2020, “Atteso che, nel caso, si è in presenza di un procedimento derivante da deferimento da parte della Procura Federale, la Corte osserva che, tra la data di entrata in vigore del citato comma 3 e la data del 4 (rectius: 6) febbraio 2020 di scadenza del termine per proporre il reclamo in esame, la società giammai avrebbe avuto il tempo di attivare e concludere il procedimento per ottenere il gratuito patrocinio, onde l’ipotetica declaratoria d’inammissibilità del ricorso si risolverebbe in evidente e non riparabile vulnus al diritto di difesa della reclamante” rinviava “all’udienza del 24 marzo 2020, ore 15,15 al fine di consentire alla società reclamante di attivare il procedimento di cui all’art. 139, comma 3, C.G.S.”

Interveniva poi la nota sospensione di tutti i procedimenti di giustizia sportiva in ambito FIGC, sin quando interveniva la fissazione di nuova udienza per la data dell’8 giugno 2020, così riprendendosi il procedimento.

In tale udienza, l’Avv. Puccio, per la reclamante, ha insistito nell’atto di reclamo.

 

L’Avv. De Santis, per la Procura Federale, ha eccepito l’inammissibilità del reclamo proposto nell’interesse dei quattro tesserati richiamando al riguardo la decisione n. 62/2019-2020 della Prima Sezione di questa Corte e rimettendosi a giustizia relativamente al reclamo proposto nell’interesse della società.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

Si ritiene di esaminare preliminarmente il reclamo della società, verso il quale non c’è eccezione d’inammissibilità.

Il reclamo è parzialmente fondato.

 

Premesso che la società non contesta il conclamato utilizzo del calciatore Lombardo in assenza del  previo  tesseramento,  è stata  invece  offerta  la  prova documentale  che  il calciatore è stato utilizzato successivamente all’acquisizione del certificato di idoneità agonistica che fu rilasciato in data 15.10.2018.

Pertanto la società va prosciolta dall’incolpazione di violazione dell’articolo 43, commi 1 e 6, delle NOIF.

Rimane l’accertata violazione dell’articolo 39 delle NOIF, in relazione alla quale meritano apprezzamento, a parere della Corte, le peculiari connotazioni della fattispecie in esame


con riguardo anche al fatto che, nella precedente stagione sportiva, il calciatore era stato tesserato per la società così potendo essere indotti in errore i suoi dirigenti, peraltro mutati nella persona del Presidente, nonché alla circostanza che la società perse le tre gare nelle quali fu utilizzato il calciatore Lombardo, poi subitaneamente tesserato per essere schierato una volta scontata la squalifica irrogata dal giudice sportivo.

Ritiene, quindi, la Corte di rideterminare la sanzione a carico della società nella sola sanzione dell’ammenda nella misura di €. 400,00.

Dal parziale accoglimento del reclamo relativamente alla società, discende che va disposta la restituzione del relativo contributo per l’accesso alla giustizia sportiva in applicazione dell’articolo 48, comma 6, CGS.

Passando alla posizione dei tesserati, va esaminata anzitutto l’eccezione sollevata dalla Procura Federale che ha rilevato che il reclamo non è stato proposto da ciascuno degli interessati, ma dalla società anche nel loro interesse.

In proposito, la Procura ha fatto riferimento alla decisione n. 62/2019-2020 della Prima Sezione di questa Corte.

In questa decisione, la Prima Sezione ha ritenuto che “Il richiamo ai principi del giusto processo di cui all’art. 44, comma 1, del C.G.S consentono di considerare applicabili al processo sportivo anche i generali principi ricavabili dall’art. 81 c.p.c. che, nel sancire che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, nessuno può agire in giudizio per far valere in nome proprio un diritto altrui, stabilisce la necessaria coincidenza tra il soggetto titolare del diritto fatto valere in giudizio e il soggetto legittimato ad agire in giudizio per la tutela del diritto stesso. Inoltre, l’art. 47 del CGS rubricato “Diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva” ribadisce, in termini chiari, il principio dell’interesse ad agire per cui l’azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio.

Ritiene la Sezione che possa trovare spazio anche un’altra e diversa soluzione della problematica posta dalla Procura Federale.

Oltre che al richiamo ai principi del giusto processo ex art. 44, comma 1, CGS, l’applicabilità delle norme del c.p.c. rinviene anche dal combinato disposto dell’art. 3, comma 2, CGS FIGC e dell’art. 2, comma 6, CGS CONI.

Invero, la prima disposizione recita “Per tutto quanto non previsto dal Codice, si applicano le disposizioni del Codice CONI e la seconda che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia sportiva conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del


processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.

Dalla disposizione del CGS CONI deriva che l’applicabilità del c.p.c. ha natura residuale (“Per quanto non disciplinato…”) e che tale applicabilità deve comunque confrontarsi, cedendo ad esso, con “..il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.

Venendo, allora, alle disposizioni del CGS FIGC, oltre all’art. 47, cha appare di carattere generale, trova applicazione l’art.49, comma 1, che legittima alla proposizione del ricorso o del reclamo “le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso

Al riguardo, appare alla Sezione che la disposizione, parlando di interesse diretto, non abbia riferimento esclusivo al solo interesse proprio ma a un interesse che può pure andare al di là del proprio, purchè sia diretto; cioè, riguardi aspetti che incidono direttamente sulla società, sulla sua organizzazione, sulla sua attività sportiva.

Se così è, come appare fondatamente sostenibile, c’è allora da chiedersi se la società abbia interesse diretto a non aver sanzionati i propri tesserati.

A parere della Sezione, la risposta a tale quesito appare positiva.

 

Invero, ogni società sportiva appare avere interesse diretto a che tutti i propri dirigenti svolgano la loro funzione nell’interesse dell’organizzazione della società e avere interesse diretto a che tutti i calciatori per la stessa tesserati svolgano la loro funzione al fine del migliore risultato sportivo.

Di tal che, a titolo di meri esempi, l’inibizione al Presidente comporta la perdita della rappresentanza in ambito federale e la squalifica di un calciatore, magari del migliore, comporta un indebolimento della capacità della squadra.

Ciò, pur valido per ogni settore e livello calcistico atteso che la disposizione non fa eccezioni, appare evidente nel settore dilettantistico o in quello di puro settore giovanile, nei quali le limitate capacità finanziarie o talvolta di cultura o di numero limitato di calciatori appaiono rendere più evidente il danno diretto che la società subisce dai provvedimenti sanzionatori che colpiscono i suoi tesserati., con inerente suo interesse diretto a chiederne la modificazione in ambito di giustizia sportiva, anche alla luce del carattere di informalità che a quest’ultima riconosce il CGS CONI.

Da ultimo ma non per ultimo, violazioni quale quella di cui al presente procedimento comportano il deferimento e la sanzione della società quale inevitabilmente discendente dalla responsabilità dei suoi tesserati, trattandosi di responsabilità diretta e/od oggettiva.


Onde, appare quasi evidente l’interesse proprio, prima ancora che diretto, della società a contestare in sede di giustizia sportiva la responsabilità dei propri tesserati, potendo, quindi, agire con ricorso o reclamo anche nel loro nome.

La Sezione, ritiene, quindi, di rimettere alle SS.UU. della Corte, al fine di evitare possibili contrasti tra decisioni, la questione della possibilità per una società di proporre ricorso o reclamo anche nell’interesse dei propri tesserati

P.Q.M.

 

La Corte Federale d’Appello (Sezione IV), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dalla A.S.D. Capaci City, lo accogli parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione nella sola ammendo di €. 400,00. Dispone restituirsi il relativo contributo. Rimette alle SS.UU. il reclamo n. 101 relativamente agli altri reclamanti ai sensi dell’art. 99, comma 5, secondo periodo C.G.S..

Rimette gli atti al Presidente della Corte Federale.

 

IL PRESIDENTE ED ESTENSORE

f.to Carlo Sica

Depositato il 17 Giugno 2020

 

IL SEGRETARIO

f.to Fabio Pesce

 
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