F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 115 CFA del 10 agosto 2020 (Sig. Andrea Montemurro – Procura Federale) N. 156/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 115/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
N. 156/2019-2020 REGISTRO RECLAMI
N. 115/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello - Presidente Elio Toscano - Componente Mauro Mazzoni - Componente Carlo Sica - Componente
Maria Barbara Cavallo - Componente (relatore) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero di registro 156/CFA del 2019, proposto dal sig. Andrea Montemurro, rappresentato e difeso dell’avv. Cesare di Cintio, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bergamo, Via T. Tasso 31,
contro
Procura Federale presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio con sede in Via Campania n. 47
per la riforma
della decisione del Tribunale Federale Nazionale — Sezione Disciplinare, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 158/TFN-SD del 06 luglio 2020, con cui il Tribunale ha accolto il deferimento nei confronti del Dott. Andrea Montemurro e, per l'effetto, ha irrogato nei confronti del medesimo la sanzione della inibizione di mesi 4 (quattro);
Visto il reclamo e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 3 agosto 2020, tenutasi in video conferenza, la dott.ssa Maria Barbara Cavallo, udito l’avvocato Cesarie di Cintio e per la Procura Federale l’avv. Giorgio Ricciardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. RITENUTO IN FATTO
2.1 Il dott. Andrea Montemurro ha impugnato la decisione della Sezione Disciplinare del Tribunale Federale Nazionale 158/TFN-SD del 6 luglio 2020, che ha accolto la richiesta della Procura Federale di deferimento del medesimo, di cui alla nota Prot. 13054/922pf19- 20/GC/blp dell’8 giugno 2020, per violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, e quindi dei principi di lealtà correttezza e probità sportiva.
Il Montemurro, infatti, in qualità di Presidente della Divisione Calcio a 5 LND, aveva reso noto, a mezzo telefonata, al sig. Gianluca La Starza (Presidente della SSDARL Latina Calcio a 5), l’esclusione disposta dalla CoViSoD dal Campionato Nazionale di Calcio a Cinque di Serie A 2019/2020 della società ASD Maritime Futsal Augusta, quando tale informazione era ancora riservata, e comunque in epoca antecedente alla pubblicazione del relativo Com. Uff. di esclusione dal campionato di competenza, a seguito dell’istruttoria della CoViSoD.
2.2 Unitamente al dott. Montemurro, il deferimento ha riguardato anche il sig. La Starza e la società SSDARL Latina Calcio a 5, che hanno ritenuto di patteggiare la sanzione ai sensi dell’art. 127 CGS e la cui posizione è stata pertanto definita con la medesima decisione oggetto dell’odierno giudizio, mediante condanna a mesi 4 e giorni 10 di inibizione per il La Starza e alla ammenda di euro 3000,00 per la società.
2.3 La decisione impugnata riconosce la fondatezza dei fatti contestati in forza dell’attribuzione di valore confessorio ad una lettera del 20 febbraio 2020, firmata dal dott. Montemurro e indirizzata al Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, dott. Cosimo Sibilia, nella quale il dirigente, nel rimettere l’incarico di presidente della DNC a 5, dava notizia al suo superiore dell’esistenza di un video/audio avente ad oggetto una telefonata intercorsa tra lui stesso e La Starza, i cui contenuti, ancora sconosciuti a terzi, riguardavano informazioni su altre società. Si diceva consapevole della ingenuità commessa, ma avrebbe confidato nella riservatezza dell’interlocutore affinché la notizia restasse segreta fino alla comunicazione ufficiale di lì a pochi giorni.
2.4 L’immediata trasmissione della nota dal pres. Sibilia alla Procura Federale ha dato inizio il giorno stesso al procedimento disciplinare che, dopo una istruttoria sospesa dal 9 marzo al 17 maggio 2020 in seguito alle note misure adottate a livello nazionale a causa dell’epidemia da
COVID-19, giungeva dapprima al deferimento in data 8 giugno 2020 e successivamente alla decisione del Tribunale Federale, oggetto del presente giudizio.
2.5 Il reclamo, proposto ai sensi dell’art. 101 CGS, si è basato sulle seguenti critiche alla decisione di primo grado: in primo luogo, l’aver erroneamente attribuito valore confessorio alla nota del 20 febbraio (inviata da Montemurro a Sibilia), laddove la stessa avrebbe, a detta della difesa, il carattere di mera nota “interna”, volta a rappresentare dei fatti e a rimettere il mandato per dovere istituzionale dopo che la notizia della telefonata era stata ripresa da alcuni organi di stampa. Mancherebbe, quindi, l’elemento soggettivo.
• In secondo luogo, nella decisione impugnata mancherebbe il riferimento all’elemento temporale relativo alla data esatta della telefonata, carenza meritevole di censura in quanto la notizia riferita dal Montemurro al La Starza sarebbe stata già pubblica, negli ambienti calcistici, molti giorni prima della telefonata intercorsa tra i due: pertanto, nessun dovere di riservatezza potrebbe dirsi violato.
• In terzo luogo, la sentenza avrebbe errato nel non avvedersi che nella memoria depositata il 5 giugno, il reclamante aveva disconosciuto la registrazione e quanto in essa contenuto, nonché nel non motivare in ordine all’ulteriore censura del ricorso di primo grado, ossia l’ambiente ostile nel quale il Montemurro si trovava ad operare all’interno della Lega Calcio a 5.
• Infine, si sono sollevati dubbi sulla genuinità del file audio, che non sarebbe stato utilizzabile in quanto non è stata provata l’avvenuta registrazione della telefonata da parte di uno dei due presenti al colloquio, rendendolo pertanto non ascrivibile alla tipologia di prove di cui all’art. 234 c.p.p., e che, secondo la perizia di parte depositata in atti, sarebbe stato comunque non genuino in quanto frutto di sovrapposizioni di files registrati in momenti doversi.
2.6 In conclusione, secondo il reclamante, l’incertezza sui contenuti della presunta violazione e la mancanza di prove rendono la decisione riformabile.
2.7 La Procura Federale ha fatto pervenire memoria difensiva replicando punto per punto alle prospettazione avversarie e in particolare ribadendo il valore confessorio della nota del 20 febbraio 2020.
Ha altresì ricostruito la data esatta della telefonata intercorsa tra gli incolpati, fissandola al 22 luglio (quindi prima che la notizia della mancata ammissione di ASD Maritime Futsal Augusta divenisse pubblica).
Quanto alla genuinità del file audio, ha evidenziato la mancata iscrizione all’albo del perito che aveva effettuato la perizia e comunque la circostanza fattuale che le ammissioni del Montemurro fossero state registrate nella parte di audio originaria, prima, cioè, che si innestasse la seconda parte, asseritamente registrata in un momento diverso e tale da rendere il file non originale.
2.8 La causa è stata trattata da queste Sezioni Unite in videoconferenza il giorno 3 agosto 2020, e assunta in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- La questione oggetto del giudizio riguarda, essenzialmente, il valore probatorio da attribuire alla nota del 20 febbraio 2020, a firma del reclamante dott. Montemurro, e che il Tribunale Federale ha posto a fondamento della decisione di primo grado attribuendole un “pieno valore confessorio “.
Infatti, come ampiamente riportato nella decisione reclamata, la suddetta nota contiene una palese e non contraddittoria ammissione dei fatti da parte dell’incolpato (“In detta telefonata, risalente alla scorsa estate, comunicavo allo stesso Dirigente le determinazioni assunte dalla CoViSoD in ordine all’ammissione ai Campionati nazionali 2019/2020. Ciò avveniva poco prima della pubblicazione del relativo Comunicato Ufficiale. Mi rendo conto che nella concreta fattispecie ho commesso una ingenuità e forse ho violato il dovere di riservatezza che ha sempre caratterizzato il mio operato. Tuttavia, ritenendo il mio interlocutore persona seria e vincolata al segreto, ho semplicemente ritenuto che nulla potesse accadere al riguardo”.).
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- Le contestazioni mosse dalla difesa del reclamante, pertanto, consistono nella negazione del valore confessorio di tale documento e quindi nella negazione stessa dell’esistenza di un documento utilizzabile ai fini probatori: la dichiarazione esiste, ma è contenuta in un atto che, per la forma rivestita e, soprattutto, per lo scopo stesso della sua genesi, sarebbe ben lungi dal qualificarsi quale ammissione volontaria e consapevole dei fatti accaduti. Si tratterebbe, secondo il reclamante, di una comunicazione “interna”, confidenziale e volta a fare chiarezza su quanto accaduto allo scopo di "rimettere nelle mani" del Presidente della Lega e del Consiglio Direttivo la decisione sul mandato del denunciante, alla luce della ormai pubblica conoscenza della telefonata intercorsa tra lui e l’altro dirigente.
- Orbene va considerato, in primo luogo, che i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari presenti negli altri giudizi, non possono essere tout court utilizzati nel processo sportivo, stante l’autonomia degli organi di giustizia sportiva e del relativo strumento processuale rispetto agli organi giurisdizionali civili, penali e amministrativi.
Ciò è quanto ribadito, di recente, dalla decisione del Consiglio di Stato n. 534 del 22 gennaio 2020, “vista anche la natura degli organi della giustizia sportiva (su cui da ultimo, v. Cons. Stato, V, 22 agosto 2018, n. 5019)”.
Peraltro, nel nuovo Codice di Giustizia Sportiva è venuto meno anche il riferimento diretto alle norme del processo civile che era presente nel sesto comma dell’art. 2 del CGS previgente.
L’attuale art. 2 stabilisce che “per tutto quanto non previsto dal Codice, si applicano le disposizioni del Codice CONI” e che “fermo restando quanto previsto dall’art. 39 del Codice CONI, vi è autonomia dell’ordinamento federale nella qualificazione dei fatti ai fini disciplinari e autonomia degli organi di giustizia sportiva nella definizione dei giudizi, indipendentemente dai procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria ordinaria.”.
- Orbene, la tesi del reclamante non è condivisibile in forza dei principi, che è necessario ribadire in questa sede, che caratterizzano il processo davanti agli organi di giustizia sportiva, e che promanano direttamente dall’art. 50 CGS, per cui “gli organi di giustizia sportiva esercitano tutti i poteri intesi al rispetto dei principi di cui all’art. 44”; ad essi (comma 3) “sono demandati i più ampi poteri di indagine e accertamento. Essi possono, altresì, incaricare la Procura federale di effettuare specifici accertamenti ovvero supplementi di indagine”.
Si tratta, in pratica, di un metodo acquisitivo assai ampio, basato sull’interazione tra poteri del giudice sportivo e poteri della Procura Federale, ai quali va aggiunto il potere dispositivo della parte di allegare prove anche “raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale.” (art. 57 CGS).
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- L’ingresso della cd. prova atipica, unitamente ai numerosi mezzi di prova di cui all’elencazione, non tassativa, del capo V, è quindi la dimostrazione della estrema versatilità
degli strumenti probatori a disposizione del giudice sportivo; il che, sotto il profilo della
valutazione della prova, ha come diretta conseguenza l’enunciazione del principio di libertà valutativa del giudice ai sensi dell’art. 57 CGS, sia per ciò che concerne le prove assunte d’ufficio sia per quanto riguarda le prove allegate dalle parti, e, di conseguenza, della mancanza di una gerarchia tra le prove e tra i mezzi deputati alla loro assunzione.
3.2 A ben vedere – e in ogni caso - la disposizione di cui all’art. 57 del CGS – quanto ai poteri di valutazione delle prove da parte del giudice – appare più ampia di quanto previsto nell’art. 116 del c.p.c.
In primo luogo, difatti, la disposizione del CGS, allorché prevede che gli organi di giustizia sportiva possono “liberamente valutare” le prove fornite dalle parti, appare di maggiore latitudine rispetto a quella del codice di procedura civile secondo cui il giudice deve valutare le prove “secondo il suo prudente apprezzamento”.
Inoltre non è presente nel Codice di giustizia sportiva l’eccezione “salvo che la legge disponga altrimenti”, che è invece presente nel Codice di procedura civile, restando quindi estraneo al processo sportivo, pertanto, almeno in via tendenziale, il sistema delle prove legali poiché si vuole che il giudice possa indagare la verità dei fatti, senza alcun limite imposto dall’ordinamento.
Resta in ogni caso applicabile anche al processo sportivo il principio processual-civilistico secondo cui le prove come tali, una volta acquisite od assunte, non importa per iniziativa di chi, sono sottoposte all'apprezzamento del giudice, senza che la loro provenienza lo possa condizionare in un senso o nell'altro.
- Questo ragionamento è volto a confutare la prospettazione, fatta propria dalla difesa del Montemurro, che negando valore confessorio “tipico” (ossia, giudiziale) alla dichiarazione contenuta nella nota del 20 febbraio 2020, per mancanza sia del requisito soggettivo (volontà confessoria) che oggettivo (pregiudizio a se stesso e vantaggio per l’altro), la ritiene non legittimamente utilizzabile come motivazione per il deferimento.
È infatti evidente - ma ciò è perfettamente evincibile dalla decisione impugnata - che alla nota del 20 febbraio la Procura Federale prima e il Tribunale Federale poi hanno attribuito il valore di confessione stragiudiziale, quindi di prova atipica, stante l’inequivocabilità delle dichiarazioni del soggetto deferito, che non ha mai contestato l’esistenza della telefonata intercorsa con il La Starza, e anzi ha chiaramente ammesso l’ingenuità commessa e la violazione della normativa sulla riservatezza, che è stato l’oggetto della successiva, inevitabile contestazione.
A tal fine, quindi, è del tutto irrilevante che la nota in questione venga qualificata come “interna” o confidenziale”, posto che, una volta che essa è stata trasmessa, lo stesso giorno, dal Presidente della LND alla Procura Federale, essa assume valenza esterna e diventa essa stessa la notizia dell’illecito, indipendentemente dal valore confessorio che il dichiarante volesse o meno attribuirvi.
- Ciò vale a ritenere motivata e coerente la decisione del Tribunale Federale di valorizzare al massimo i contenuti della nota del 20 febbraio 2020, a firma del Montemurro, in relazione alla violazione all’art. 4, comma 1, del CGS sul dovere di lealtà e probità, e quindi di riservatezza, che competeva al reclamante in forza dell’importante ruolo ricoperto, anche in ragione del fatto che la rivelazione è stata fatta con il dichiarato scopo di avvantaggiare la società del La Starza nei futuri movimenti di mercato di calciatori.
La nota, peraltro, contiene l’ammissione di responsabilità pacificamente rilevante per l’ordinamento sportivo, in quanto la divulgazione di informazioni apprese in via riservata e rivelate in anteprima ad altro soggetto, che da queste ne poteva trarre un evidente vantaggio a discapito di altri soggetti operanti nel medesimo contesto sportivo, è chiaramente un comportamento che una volta ammesso, indipendentemente dalla forma, non può non assurgere a fatto che la Procura federale prima, e il Tribunale Federale poi, devono poter valutare nella sua oggettiva portata antisportiva.
- Una volta chiarito questo aspetto, ossia che le dichiarazioni del Montemurro, di cui alla nota del 20 febbraio, sono di per sé sufficienti a fondare la decisione del Tribunale federale, emerge da sé l’irrilevanza delle ulteriori argomentazioni difensive contenute nel reclamo.
In primo luogo, dal contenuto della lettera del 20 febbraio si comprende che il Montemurro era consapevole di aver violato l’obbligo di riservatezza, cosa che aveva fatto riferendo al dirigente di altra società, che ne era ignaro, la notizia della mancata ammissione al campionato di altra squadra.
A prescindere dalla circostanza che la notizia, al momento del colloquio telefonico, fosse nota nell’ambiente (cosa che il Montemurro, nella lettera, non ventila neppure come ipotesi, anzi, si vanta dell’esatto contrario, anche perché, come si vedrà, effettivamente non era così) la circostanza stessa dell’ammissione di una violazione di una disposizione dell’ordinamento sportivo da parte di un dirigente, rende costui passibile di sanzione, per il fatto stesso dell’esserci stata la trasgressione in sé, e per l’avere il Montemurro chiaramente affermato, nella nota stessa, che il Comunicato Ufficiale non era ancora stato pubblicato e, soprattutto, che alla base dell’errato comportamento vi sarebbe stata la circostanza che la garanzia sulla
riservatezza dell’informazione sarebbe stata offerta dalla serietà dell’interlocutore, a sua volta vincolato al segreto.
In sostanza, è l’incolpato stesso ad ammettere ogni sua responsabilità scaricando la responsabilità del silenzio su terze persone, quasi obliterando la circostanza di essere lui stesso il presidente della DNC a 5.
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- In ogni caso, la Procura federale, nella memoria depositata in vista dell’udienza odierna, ha dimostrato come alla data della conversazione tra Montemurro e la Starza la notizia fosse effettivamente ignota al pubblico, in quanto la telefonata non poteva che essere avvenuta il 22 luglio 2019, giorno nel quale si era conclusa, negativamente, l’istruttoria riguardante la società Maritime Futsal Augusta, con conseguente rivelazione della notizia in anteprima da parte del Montemurro, che ne era a conoscenza in virtù del ruolo ricoperto.
Infatti, la notizia è stata resa pubblica il 25 luglio 2019 con un post su Facebook della società stessa, quando ormai era scaduto il termine per presentare ricorso e salvare la società. E proprio a decorrere dal 22 luglio scadevano i tre giorni per proporre il suddetto ricorso, possibilità che veniva espressamente menzionata proprio nella telefonata intercorsa tra i due dirigenti, a riprova del fatto che la conversazione non poteva che essere avvenuta il 22 luglio.
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- Tutto questo conferma che il giorno della telefonata la notizia era comunque riservata e l’odierno reclamante, rendendola nota a soggetto terzo che non aveva titolo per venirne a conoscenza, ha violato gli obblighi di lealtà e probità di cui all’art. 4 CGS.
- In secondo luogo, sono irrilevanti anche le contestazioni circa l’utilizzabilità del video/audio della telefonata intercorsa tra Montemurro e la Starza, di cui peraltro il primo ammette pacificamente l’esistenza sempre nella comunicazione del 20 febbraio più volte citata.
Infatti, il ricorso alle categorie di qualificazione del Codice di procedura penale (art. 234 c.p.p.) fatto dalla difesa del Montemurro, non solo non è pertinente per le ragioni già esplicitate in ordine alla normativa applicabile nel giudizio sportivo, ma altresì perché anche il file audio rientra nel novero delle prove atipiche valutabili nell’ambito del processo sportivo, in base al prudente apprezzamento del giudice e all’ampia discrezionalità di cui dispone, e che nel caso di specie si concretizza non tanto nel valutarne il contenuto (che è inequivoco) ma nel qualificare l’audio come pienamente utilizzabile.
Ciò in quanto esso, a prescindere dalla prova circa l’autore della sua realizzazione, nel momento in cui viene ammesso dall’incolpato diventa esso stesso rappresentazione della rivelazione dell’informazione riservata, perché la contiene, alla stregua – per fare un paragone con il processo penale – del corpo di reato: l’audio della conversazione del Montemurro è
entrato nel presente giudizio come effetto dell’ammissione che l’incolpato ne fa nel documento del 20 febbraio 2020, cristallizzandone così il contenuto alla stregua di rappresentazione della rivelazione, ossia dell’illecito, a prescindere dalle modalità di acquisizione dell’audio e della sua provenienza, il che lo rende perfettamente utilizzabile.
- Quanto alla sua possibile manipolazione, anche a voler tener conto della perizia di parte ricorrente sulla non genuinità del file, che sarebbe frutto dell’unione di due audio diversi, resta quanto rilevato dalla Procura Federale nelle sue difese, ossia che la rivelazione
dell’informazione riservata è avvenuta all’inizio della conversazione e quindi nella parte di audio pacificamente non interpolata.
- Infine, è totalmente irrilevante la circostanza che la sentenza non abbia motivato in ordine all’ambiente ostile all’incolpato, il cui rapporto di causalità con la violazione dell’art. 4 CGS non è dato comprendere.
Se la questione è invece quella della divulgazione del file audio, poco conta che il Montemurro operasse in un ambiente a lui ostile: una volta stabilito che la decisione del Tribunale Federale è correttamente basata sulla ammissione di cui alla nota del 20 febbraio e che comunque il file audio era pienamente utilizzabile, sia pur non necessario ai fini della decisione di colpevolezza, le ragioni per le quali è stata effettuata e poi divulgata la registrazione sono del tutto prive di rilievo ai fini del presente giudizio.
- Pertanto, la decisione di colpevolezza del Tribunale Federale può essere confermata.
Tuttavia, in applicazione del comma 2 dell’art. 106 CGS, va disposto l’aggravamento della sanzione comminata (deferimento di mesi 4), a fronte di una originaria richiesta, da parte della Procura Federale, della pena minima di mesi 6, che è quanto queste Sezioni Unite decidono di comminare in ragione del particolare disvalore dei fatti contestati, nonché delle circostante emerse, dalle quali si evince che da parte del Montemurro più che una chiara consapevolezza della grave infrazione commessa vi era soprattutto la volontà di garantire il proprio operato “politico”, nonché l’altrettanto ingiustificabile motivazione di aver fatto affidamento sulla riservatezza e serietà del suo interlocutore, palesemente interessato all’informazione, senza porsi il problema dell’aver lui per primo violato la normativa sul dovere di lealtà e probità tra gli operatori sportivi che, nella qualità di presidente della Divisione Calcio a 5, avrebbe invece dovuto garantire ai massimi livelli.
Tutto ciò a tacer d’altro sui contenuti della telefonata in questione, che per la loro inequivocabilità rendono del tutto giustificabile l’inasprimento, sia pur minimo, della sanzione inflitta.
P.Q.M.
La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Sig. Montemurro Andrea, lo respinge e, in riforma della decisione impugnata, irroga al reclamante la sanzione di sei mesi di inibizione.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.