F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione IV – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 141/CFA del 12 Giugno 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 117/CFA del 31 Marzo 2017 (dispositivo) – RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEI SIGG.RI: ERJON BOGDANI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 10, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 15, COMMI 1, 2 E 10, 16, COMMA 8, 20, COMMI 2, 5 E 9, E 19, COMMA 3 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI, NONCHÉ ART. 93, COMMA 1 NOIF; THIAGO MOTTA ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 10, COMMA 1 E 15, COMMI 1, 2 E 10 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI; GIAMMARIO SPECCHIA ARTT. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2, 16, COMMA 8, 20, COMMI 2 E 9 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI; – NOTA N. 4563/1266 PF12-13 GP/CC DEL 28.10.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 55/TFN del 13.02.2017)
RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEI SIGG.RI: ERJON BOGDANI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 10, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 15, COMMI 1, 2 E 10, 16, COMMA 8, 20, COMMI 2, 5 E 9, E 19, COMMA 3 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI, NONCHÉ ART. 93, COMMA 1 NOIF; THIAGO MOTTA ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 10, COMMA 1 E 15, COMMI 1, 2 E 10 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI; GIAMMARIO SPECCHIA ARTT. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT. 4, COMMA 2, 16, COMMA 8, 20, COMMI 2 E 9 DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI; - NOTA N. 4563/1266 PF12-13 GP/CC DEL 28.10.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 55/TFN del 13.02.2017)
Il deferimento della Procura federale
- Con provvedimento 28 ottobre 2016 – prot. n. 4563/1266 pf12-13 GP/cc – il Procuratore Federale ha deferito al Tribunale federale nazionale - sezione disciplinare:
» Sig. Erjon Bogdani, all’epoca dei fatti calciatore tesserato in successione per la AC Chievo Verona Srl, la AC Cesena Spa e la AC Siena Spa;
» Sig. Thiago Motta, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la società FC Internazionale Milano Spa;
» Sig. Specchia Giammario, all’epoca dei fatti amministratore unico con poteri di rappresentanza della società Portogruaro Summaga Srl;
per rispondere:
- il Sig. Erjon Bogdani:
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti in contestazione) in relazione quanto previsto dall’art. 15, commi 1, 2 e 10, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dal 01/02/07 al 07/04/10, per essersi avvalso dell’opera professionale dell’agente Sig. Alessandro Moggi, in forza di formale mandato conferitogli, mentre lo stesso assisteva anche la AC Chievo Verona Srl, in esecuzione di scrittura privata (dichiarazione di debito) del 10.1.2007, nell’ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società del 10.1.2007, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi (violazione continuata fino al 12.04.2011, data pattuita per ultimo pagamento delle competenze dell’agente);
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti in contestazione) in relazione a quanto previsto dall’art. 10, comma 1, CGS e dagli artt. 16, comma 8, e 20, commi 2, 5 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dal 08/04/10 al 31/03/15, per essersi avvalso dell’opera professionale dell’agente Sig. Alessandro Moggi, nonostante la sospensione della licenza di tale agente all’epoca dei fatti, in forza di formale mandato conferitogli in data 23.12.2008, mentre l’Avv. Marco Sommella prestava la propria attività professionale in favore della società AC Cesena Spa, in virtù di formale incarico conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tali calciatore e società del 20.7.2010, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi in quanto tra l’Avv. Sommella ed il Sig. Moggi era in essere un rapporto di collaborazione e cooperazione costante e permanente;
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti in contestazione) in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, comma 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dal 08/04/10 al 31/03/15, per essersi avvalso dell’opera professionale dell’agente Sig. Alessandro Moggi, in forza di formale mandato conferitogli, mentre lo stesso assisteva di fatto anche la società AC Siena Spa, in assenza di rituale conferimento di mandato, nell’ambito della stipulazione del contratto con la citata Società del 31.1.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi;
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti in contestazione), dell’art. 19, comma 3, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dal 08/04/10 al 31/03/15, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Alessandro Moggi, agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con la società AC Siena Spa in data 31.1.2012;
- il Sig. Thiago Motta:
- per la violazione dell’art.1 bis, comma 1, CGS (all'epoca dei fatti art. 1, comma 1, CGS), in relazione a quanto previsto dagli artt. 10, comma 1, e 15, commi 1, 2 e 10, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’1.2.2007 al 7.4.2010, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Fernando Osvaldo Hidalgo, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre lo stesso assisteva anche la FC Internazionale Milano Spa, con incarico conferito a mezzo di scrittura privata del 26.6.2009, nell'ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società dell’1.7.2009, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; l’agente Sig. Fernando Osvaldo Hidalgo, poi, otteneva dalla società il pagamento delle proprie spettanze quantomeno fino al 6.2.2012;
- il Sig. Specchia Giammario
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 4, comma 2, 16, comma 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di Calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso di fatto dell'attività di agente del Sig. Umberto Calaiò, soggetto non autorizzato in quanto sprovvisto di regolare licenza all’epoca dei fatti, in occasione del contratto stipulato dalla società dallo stesso rappresentata con il calciatore Sig. Nicola Andres Amodio in data 16.8.2010, determinando peraltro una situazione di conflitto di interessi in quanto il medesimo Sig. Calaiò assisteva di fatto anche il calciatore appena citato nell’ambito della stipulazione del medesimo contratto;
- per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 4, comma 2, 16, comma 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso di fatto dell'attività di agente del Sig. Umberto Calaiò, soggetto non autorizzato in quanto sprovvisto di regolare licenza all’epoca dei fatti, in occasione del contratto stipulato dalla Società dallo stesso rappresentata con il calciatore Sig. Nicolas Andres Amodio in data 28.2.2011, determinando peraltro una situazione di conflitto di interessi in quanto il medesimo Sig. Calaiò assisteva di fatto anche il calciatore appena citato nell’ambito della stipulazione del medesimo contratto.
Il giudizio innanzi al TFN
Nell’instaurato procedimento, il deferito Bogdani ha presentato memoria difensiva, rilevando l’inammissibilità del deferimento, già dichiarata nei confronti di altri deferiti e contestando nel merito le incolpazioni elevate. Eccepiva, infine, prescrizione.
Alla riunione innanzi al TFN sono comparsi il rappresentante della Procura federale, che ha chiesto l’irrogazione delle seguenti sanzioni: euro 12.000,00 (dodicimila/00) di ammenda per il Sig. Thiago Motta, euro 16.500,00 (sedicimilacinquecento/00) di ammenda per il Sig. Bogdani e mesi 1 (uno) e giorni 10 (dieci) di inibizione ed Euro 10.000,00 (diecimila/00) di ammenda per il Sig. Specchia.
É altresì comparso personalmente il deferito Motta che ha reso dichiarazioni in ordine alle incolpazioni elevate, dichiarandosi estraneo ai fatti. La difesa di Motta ha concluso per il proscioglimento del proprio assistito.
La difesa Bogdani si è riportata alla memoria in atti.
Il difensore di Specchia ha concluso per l’improcedibilità del deferimento e, in ogni caso, per il rigetto.
Il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, ha dichiarato inammissibile il deferimento. Questi i motivi della decisione del TFN.
«Come già ritenuto da questo Tribunale con CU 48-52-TFN-SD - s.s.2016/2017, il deferimento deve dichiararsi inammissibile.
Risulta in atti che, a seguito di notizie apparse sugli organi di informazione, relative ad un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Napoli nei confronti di molteplici soggetti appartenenti a diverso titolo a varie Società di calcio e agenti, con atto del 26.6.2013 il Procuratore Federale delegava lo svolgimento di indagini, dando origine al presente procedimento (iscritto al n. 1266).
Successivamente, con atto del 1.8.2013, il Procuratore Federale richiedeva al Pubblico Ministero partenopeo l’autorizzazione all’estrazione di copia degli atti del relativo fascicolo, ricevendo il diniego dell’Autorità Giudiziaria in ragione della sussistenza del segreto investigativo. Per quel che qui rileva, nella nota 10.9.2013 il PM di Napoli precisava altresì che il suo Ufficio avrebbe provveduto a trasmettere gli atti non appena venute meno le condizioni legittimanti il segreto (“Sarà curadi questo Ufficio, mutate le predette condizioni, di provvedere alla sollecita trasmissione dei atti a codesta Procura Federale, secondo collaudato percorso collaborativo”).
Legittimamente, pertanto, la Procura federale avanzava richiesta e otteneva, secondo le norme all’epoca in vigore, la proroga del termine delle indagini.
Analoghe richieste di copie degli atti dell’indagine penale venivano avanzate dalla Procura Federale in data 18.2.2014 e 30.4.2014, senza esito, e - da ultimo - in data 3.10.2014 con esito negativo, stante la permanenza del segreto istruttorio. Anche in questo caso l’inquirente partenopeo ribadiva la disponibilità a provvedere non appena mutate le condizioni processuali (“Sarà curadi questo Ufficio, mutate le predette condizioni, di provvedere alla sollecita trasmissione dei atti a codesta Procura Federale, secondo collaudato percorso collaborativo”). In relazione al periodo in esame, peraltro, venivano correttamente richieste ed ottenute le proroghe del termine delle indagini. Da ultimo, il 13.11.2014 il Procuratore Federale inoltrava nuova richiesta di copie degli atti del procedimento penale, ottenendo in pari data risposta negativa, ancora motivata dalla ermanenza del segreto istruttorio. Anche in questo caso il PM ribadiva la disponibilità alla trasmissione degli atti
una volta maturate le condizioni per la decadenza del segreto.
Pertanto, con atto del 18.11.2014 il Procuratore Federale formulava l’intendimento a disporre l’archiviazione del procedimento, formalmente avvenuta con provvedimento del 28.1.2015.
In quest’ultimo atto, in particolare, l’Organo federale, nel rilevare come allo stato non fossero rilevabili condotte illecite sotto il profilo disciplinare, evidenziava - tra l’altro – la “comunicazione della Procura della Repubblica di Napoli del 14.11.2014 sulla permanenza del segreto investigativo con disponibilità alla trasmissione degli atti una volta cessate le esigente correlate allo stesso - cui fino ad oggi non è seguita la trasmissione di alcun atto”.
Successivamente, con atti del 29.1.2016 e 23.2.2016, aventi ad oggetto il medesimo procedimento penale e il medesimo procedimento disciplinare (rubricato “Accertamenti relativi a circostante, riportate dalla stampa nazionale, oggetto di un’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Napoli con perquisizioni nelle sedi di 41 Società (serie A, B, Lega Pro) finalizzate all’acquisizione della documentazione relativa ai contratti di una cinquantina di calciatori professionisti; coinvolti in tale inchiesta numerosi Agenti di calciatori, i reati ipotizzati andrebbero dall’evasione fiscale internazionale fino alla falsa fatturazione ed al riciclaggio”) e contenenti il riferimento a non meglio precisate notizie di stampa, la Procura Federale - previa elencazione delle precedenti analoghe richieste formulate nell’ambito del procedimento disciplinare allora pendente - chiedeva al PM di Napoli l’invio degli atti relativi alle indagini espletate.
Con atto del 26.2.2016, a seguito di formale autorizzazione dell’A.G. procedente, presso gli Uffici della Procura di Napoli il dvd degli atti delle indagini veniva consegnato all’incaricato della Procura Federale. L’oggetto dell’atto, sottoscritto dal PM partenopeo, recita testualmente “Oggetto: Proc. PF1266 12 13, richiesta atti dell’1.8.2013, 18.2.2014, 30.4.2014, 3.10.2014, 13.11.2014,
29.1.2016 avente ad oggetto il procedimento penale n. 2372/13 nr instaurato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli”.
Solo il successivo 29.3.2016 la Procura Federale provvedeva alla riapertura del procedimento, nel quale erano inseriti gli atti del procedimento penale così acquisiti, dando l’avvio alle successive indagini, i cui esiti hanno portato alla formulazione delle incolpazioni di cui all’odierno deferimento.
Ritiene il Tribunale che gli atti emessi dalla Procura Federale in epoca successiva all’archiviazione del procedimento e prima della sua riapertura si pongano al di fuori del sistema processuale delineato dal codice di giustizia sportiva, risolvendosi in atti di indagine non previsti e non legittimati dalla rituale pendenza di un procedimento disciplinare.
Essi, infatti, ancorché espressamente riferiti alle precedenti richieste della Procura ed ai relativi esiti, sono stati adottati in un momento in cui il procedimento cui fanno riferimento non poteva certo considerarsi pendente, poiché archiviato. Né possono rientrare nel novero degli atti adottati a seguito della riapertura delle indagini, non ancora avvenuta. Al contrario, proprio in ragione del loro oggetto (riferito, come si è visto, al procedimento disciplinare archiviato) essi si pongono come una sorta di collegamento, un continuum tra il procedimento archiviato e quello riaperto, senza che - tuttavia - alcuna norma processuale ne legittimi il compimento.
Ne deriva che gli atti qui analizzati, con i quali si è proceduto all’acquisizione di copia degli esiti delle indagini preliminari, costituiscono una vera e propria ricerca della notitia criminis non consentita perché al di fuori del procedimento e non possono dunque considerarsi legittimi.
Diverso sarebbe stato ove gli atti del procedimento penale, come peraltro precisato più volte dal PM di Napoli, fossero pervenuti autonomamente da parte dell’Autorità Giudiziaria.
In tal caso si sarebbe concretizzato un vero e proprio “fatto nuovo”, non conosciuto dalla Procura Federale, che avrebbe legittimato la riapertura dell’originario procedimento allora archiviato.
Vale la pena rilevare come non possa sul punto invocarsi il disposto dell’art. 32 quinquies, comma 3, ultima parte, CGS, per cui “possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”. La norma, inequivocabilmente inserita nel comma relativo alla durata delle indagini disciplinari, disciplina infatti quei casi in cui gli atti processuali compiuti dall’AGO pervengano alla Procura Federale nel corso del procedimento ma al di fuori dei relativi termini; in ogni caso essa attiene ai casi di acquisizione legittima degli atti penali, non avvenuta nel caso di specie.
Orbene, l’irrituale acquisizione degli atti e dei documenti, che ha costituito la ragione unica della riapertura del procedimento (cfr. provvedimento di riapertura del 29.3.2016), si riflette sugli atti successivi e non consente di ritenere legittimi sia il provvedimento di riapertura (di per sé invece adottabile in virtù della disciplina vigente), sia i conseguenti atti di indagine compiuti dalla Procura Federale. Con la conseguenza che il deferimento che ne è conseguito deve ritenersi inammissibile.
Quanto sopra assorbe ogni ulteriore eccezione difensiva».
Il ricorso del Procuratore Federale
Avverso la predetta decisione, pubblicata sul C.U. n. 55/TFN del 13 Febbraio 2017, ha proposto ricorso il Procuratore federale.
Con un unico articolato motivo d’appello la Procura federale deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 32 ter, comma 3, e 32 quinquies, comma 3, del codice di giustizia sportiva.
Censura, in particolare, il ricorrente Procuratore Federale, l’affermazione del TFN secondo cui gli atti del procedimento penale pendente innanzi alla Procura della Repubblica di Napoli sarebbero stati acquisiti illegittimamente, in quanto richiesti quando il procedimento disciplinare era già stato archiviato. La pubblica accusa federale ritiene, inoltre, che il TFN ha errato nel ritenere che la richiesta degli atti di cui trattasi costituirebbe una vera e propria ricerca della notitia criminis, non consentita, poiché fuori dal procedimento.
Richiama, a tal proposito, la Procura federale, la norma di cui all’art. 32 quinquies, comma 3, CGS secondo cui «possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato». Pertanto, si legge in ricorso, «contrariamente a quanto affermato dal Tribunale Federale nella pronuncia gravata», la disposizione prima ricordata «non fa alcun riferimento alla circostanza che gli atti, ai fini della loro utilizzabilità, debbano essere trasmessi spontaneamente dall’Autorità Giudiziaria, ed anzi utilizza uno specifico sostantivo, “acquisizione”, che delinea una condotta attiva dell’Organo inquirente e requirente».
Ricordato il principio generale di diritto secondo il quale “ubi lex voluit dixit” ritiene, la ricorrente Procura, «che se il legislatore federale avesse voluto effettivamente legare l’utilizzabilità degli atti penali dopo l’archiviazione del procedimento, che peraltro è avvenuta allo stato degli atti al momento presenti nel fascicolo della Procura Federale, alla loro spontanea trasmissione da parte della Procura della Repubblica, allora certamente non avrebbe utilizzato il sostantivo “acquisizione” che invece, come già detto, delinea una condotta attiva da parte di colui il quale quegli atti vuole ricevere».
Del resto, aggiunge la ricorrente Procura federale, la circostanza che gli atti siano ricevuti a seguito di richiesta o spontaneamente trasmessi, «non muta in alcun modo né la loro natura né la loro specifica valenza».
Evidenzia, poi, la ricorrente, come, a suo dire, la ratio della norma sia quella «di garantire l’ordinamento settoriale sportivo dal rischio di impunità di soggetti che hanno posto in essere condotte disciplinarmente rilevanti, nel caso in cui le stesse emergano dallo svolgimento di attività inquirente da parte dell’AGO». In altri termini, l’ordinamento settoriale, attraverso la disposizione sopra menzionata, introdurrebbe «una deroga al proprio principio generale di celerità del procedimento per tutelare l’interesse superiore alla sanzione di comportamenti disciplinarmente rilevanti che, peraltro, proprio perché oggetto di un procedimento penale, normalmente hanno una certa rilevanza».
La ricorrente Procura evidenzia, poi, come abbia il potere – dovere di iniziativa nell’assumere notizia degli illeciti, come espressamente statuito dall’art. 32 ter, comma 3, CGS. E sotto tale profilo ritiene che la circostanza che la «notizia sia assunta nell’ambito di un procedimento aperto o ancora da aprire, o ancora archiviato allo stato degli atti, come nel caso di specie, non assume rilevanza di sorta né sotto il profilo formale, atteso che la norma non impone forme, né sotto l’aspetto sostanziale, atteso che la natura dell’attività di acquisizione della notitia criminis con ogni evidenza non muta a seconda del momento di sua acquisizione»
Per le suddette ragioni la Procura federale chiede che, in riforma della decisione del Tribunale federale nazionale, la Corte federale: a) voglia affermare la responsabilità degli appellati, infliggendo agli stessi le seguenti sanzioni: Erjon Bodgani: euro 16.500,00 di ammenda; Thiago Motta: euro 12.000,00 di ammenda; Specchia Giammario: 1 mese e 10 giorni di inibizione ed euro 10.000,00 di ammenda. In subordine, «annullare la decisione in parte qua e rimettere il procedimento al Tribunale Federale Nazionale che ha emesso la decisione, per l’esame nel merito del deferimento proposto» nei confronti di Erjon Bogdani, Thiago Motta e Giammario Specchia.
Le controdeduzioni
- Il sig. Giammario Specchia, per il tramite dell’avv. Ruggiero Malagnini, condiviso l’excursus logico-giuridico seguito dal TFN, ripercorsa la vicenda nel suo svolgersi storico, ritiene che il provvedimento di riapertura delle indagini risulta adottato al di fuori dell’art. 32 ter, comma 5, CGS, secondo cui la riaperura medesima è possibile “nel caso in cui emergano fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza”. Tali non possono considerarsi, prosegue il resistente, «gli atti del procedimento penale n. 2372/13RGN pendente avanti la Procura della Repubblica di Napoli che sono stati acquisiti in copia dai delegati della Procura federale e confluiti nel procedimento che ci occupa», con la conseguenza che «nessun contributo decisivo» ne è derivato ai fini della formulazione dei capi di incolpazione di cui al deferimento. In breve, dunque, ritiene il resistente che non vi sia nulla di nuovo che giustifichi la riapertura disposta e la revoca dell’archiviazione del 2015.
La decisione della CFA
All’udienza fissata, per il giorno 31 marzo 2017, innanzi questa Corte federale di appello, sono comparsi:
» per la Procura federale, l’avv. Giua;
» per Thiago Motta, l’avv. Canovi.
» per il sig. Giammaria Specchia, l’avv. Ruggiero Malagnini.
» per Erjon Bogdani, l’avv. Gianmaria Daminato.
Illustrate le rispettive argomentazioni difensive e precisate le conclusioni, la Corte ha dichiarato chiuso il dibattimento, ritirandosi in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti
MOTIVI
Il reclamo proposto dalla Procura Federale non merita accoglimento, perché la dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 32 ter, comma 3, e 32 quinquies, comma 3, del CGS, da parte della decisione impugnata del TFN non sussiste.
Ed invero, non è qui in discussione, perché in realtà non è mai stato posto in dubbio dalla decisione di primo grado, il potere-dovere del Procuratore federale, in via di principio, di prendere notizia in ogni modo degli illeciti di propria iniziativa e di ricevere le notizie presentate o comunque pervenute all’attenzione dell’Ufficio, con l’unica eccezione, espressamente prevista dal comma 3 dell’art. 32 ter invocato dal reclamante, rappresentata dalla eventuale propalazione in forma anonima di tali notizie.
Né è in discussione il principio in forza del quale l’acquisizione della notitia criminis è sempre consentita al Procuratore federale, il quale però, una volta appresa la notizia di fatti o atti rilevanti, ai sensi del comma 2 dell’art. 32 quinquies del CGS, come noto, è tenuto ad iscrivere detta notizia con immediatezza nell’apposito Registro, secondo le modalità prescritte dall’art. 53 del CGS del CONI. Un tale adempimento, giova ricordare, costituisce presupposto indefettibile per il legittimo svolgimento di tutte quelle attività di indagine ritenute necessarie all’accertamento delle violazioni statutarie e regolamentari di cui il Procuratore Federale abbia avuto notizia e che l’art. 32 quinquies del CGS demanda alla sua esclusiva competenza di effettuare per una durata non superiore a giorni 60, salvo motivata proroga.
Effettuata una tale sommaria ricognizione del quadro normativo di riferimento, occorre tuttavia rilevare come, avuto riguardo al caso di specie, essa non possa dirsi esaustiva, dal momento che, in punto di fatto, occorre necessariamente rilevare la sussistenza nella fattispecie in esame di una circostanza destinata ad assumere specifica rilevanza, ossia la circostanza che, con riferimento ai fatti illeciti oggetto del presente procedimento, su richiesta della Procura federale è qui pacificamete intervenuto in data 28 gennaio 2015 un provvedimento di archiviazione.
Le doglianze formulate con il reclamo in esame dalla Procura Federale vanno dunque valutate alla luce di tale rilevante circostanza e, conseguentemente, alla stregua del disposto del comma 5 dell’art. 32 ter CGS, a mente del quale, intervenuto un provvedimento di archiviazione, “la riapertura delle indagini può essere disposta d’ufficio nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza”.
Disposizione, quest’ultima, che, nonostante la sua centralità nel caso in esame, la Procura federale omette invero di considerare, focalizzando piuttosto la sua attenzione sulla latitudine, oggettiva e temporale, del potere-dovere di iniziativa nell’assumere notizia degli illeciti, quale espressamente statuito dall’art. 32 ter, comma 3, CGS, in ordine al cui corretto esercizio nel caso di specie, in realtà e come si è detto, non è dato ravvisare nella decisione del TFN sostanziali censure. Il cuore della motivazione della pronuncia impugnata è, infatti, piuttosto nel senso “che gli atti emessi dalla Procura Federale in epoca successiva all’archiviazione del procedimento e prima della sua riapertura si pongano al di fuori del sistema processuale delineato dal Codice di Giustizia Sportiva, risolvendosi in atti di indagine non previsti e non legittimati dalla rituale pendenza di un procedimento disciplinare.”
Al riguardo, occorre infatti rilevare che l’esercizio dell’azione disciplinare è espressione di una scelta che il Procuratore federale, in relazione a una determinata notitia criminis, compie al termine delle indagini e in alternativa alla archiviazione (art. 32 ter, commi 2 e 4, CGS), così che, una volta che di un procedimento sia stato eventualmente richiesta ed autorizzata l’archiviazione, il Procuratore federale perde il potere di adottare ulteriori opzioni sul medesimo fatto illecito, a meno che non disponga d’ufficio la riapertura delle indagini e non provveda ad una nuova iscrizione nell’apposito registro.
La mancata riapertura delle indagini e/o la mancata conseguente nuova iscrizione nell’apposito registro, determina pertanto non solo la inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione, ma anche la preclusione all’esercizio dell’azione disciplinare per quello stesso fatto illecito, oggettivamente e soggettivamente considerato.
D’altro canto, come si è visto, l’art. 32 ter, comma 5, CGS, consente alla Procura federale di disporre d’ufficio la riapertura delle indagini alla sola condizione che emergano “nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza”. Tali fatti nuovi o le circostanze rilevanti prima non conosciuti dal Procuratore federale vanno però esplicitamente dedotti in sede di atto di deferimento, onde consentire la verifica circa la effettiva ricorrenza nel caso concreto del solo presupposto che, in base all’ordinamento federale, legittima la riapertura delle indagini nell’ambito di un procedimento già archiviato e il rinnovato esercizio da parte del Procuratore federale dell’azione disciplinare per quello stesso fatto illecito in relazione al quale sia stata precedentemente disposta l’archiviazione.
L’esigenza di rendere nota la ricorrenza in concreto di un tale presupposto e, quindi, del fatto nuovo o della circostanza rilevante prima ignoti al Procuratore federale, costituisce il necessario contrappeso del potere concesso a quest’ultimo dall’ordinamento federale di procedere d’ufficio – e quindi senza alcun filtro preventivo da parte degli organi di giustizia sportiva - a nuove indagini per il medesimo illecito, contrappeso senza il quale non vi sarebbero sufficienti garanzie in favore dell’incolpato in ordine ai tempi del (reiterato) esercizio dell’azione disciplinare ed alla durata complessiva delle indagini che, per effetto dell’esercizio del potere di riaperura delle indagini, è apena il caso di osservare, possono in definitiva svolgersi per un tempo ben superiore al termine ordinario di 60 giorni previsto dall’art. 32 quinquies, comma 3, del CGS.
Orbene, nel caso di specie, non è dato rilevare negli atti posti in essere dalla Procura federale, con riferimento o meno alla documentazione afferente all’indagine penale condotta dalla Procura di Napoli ed acquisita in data 26 Febbraio 2016, alcun riferimento ai quei “nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza” che della riapertura d’ufficio delle indagini e della disposta nuova iscrizione nel Registro avvenuta in data 29 marzo 2016 costituivano, come detto, il presupposto legittimante ai sensi dell’art. 32 ter, comma 5, CGS.
Ne deriva che la decisione di primo grado è immune dai vizi che la reclamante le ascrive e ciò anche per quanto concerne la dedotta violazione dell’art. 32 quinquies, comma 3, CGS, norma che la reclamante assume essere stata disattesa dal TFN nella decisione impugnata ed essere invece invocabile nel caso di specie, laddove prevede che «possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato».
Come correttamente rilevato dal TFN, al contrario, per collocazione sistematica e chiarezza semantica, la citata norma riguarda effettivamente il solo caso in cui gli atti processuali compiuti dall’A.G.O. pervengano alla Procura Federale al di fuori dei termini di durata delle indagini ma nell’ambito di un procedimento disciplinare che sia stato ritualmente instaurato e risulti ancora pendente. Caso, questo, non ricorrente nella fattispecie.
Per quanto, poi, possa convenirsi con la reclamante Procura che la ratio della disposizione sia quella «di garantire l’ordinamento settoriale sportivo dal rischio di impunità di soggetti che hanno posto in essere condotte disciplinarmente rilevanti, nel caso in cui le stesse emergano dallo svolgimento di attività inquirente da parte dell’AGO», vero è che la pregevole finalità di tutelare l’interesse superiore alla sanzione di comportamenti disciplinarmente rilevanti postula, sempre e comunque, il pieno rispetto delle norme federali e del sistema di garanzie che esse assicurano all’incolpato.
Le considerazioni che precedono consentono, in definitiva e seppure con le precisazioni di cui si è detto, di confermare la decisione impugnata laddove afferma la inammissibilità del deferimento della Procura federale e, qui si aggiunge, la decadenza dall’azione disciplinare nuovamente intrapresa, in ossequio al principio di garanzia dell’esigenza di una rapida definizione della posizione degli incolpati e della integrità del diritto di difesa, che impone la celere iscrizione dei fatti rilevanti sul Registro di cui all’art. 31quinquies CGS e l’avvio dell’azione disciplinare in tempi ragionevoli rispetto a quelli di commissione dei presunti illeciti (cfr. Collegio di Garanzia dello Sport – CONI, SS.UU. n. 29/2016).
Un tanto conduce al rigetto del reclamo, restando assorbita ogni ulteriore questione ed eccezione sollevata dalle parti.
Per questi motvi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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