F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 112/CFA del 17 Marzo 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 103/CFA del 09 Febbraio 2017 (dispositivo) – RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI MESI 18 E DELLA AMMENDA DI € 5.000,00 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1, C.G.S. – NOTA N. 15710/2885PF 15-16/SP/BLP DEL 30.6.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 13/TFN del 14.9.2016) RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1545/744 PF15-16 SP/CC DEL 3.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016) RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 3 E AMMENDA DI € 1.500,00 INFLITTE AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1950/811 PF15-16 SP/BLP DEL 18.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016)

RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI MESI 18 E DELLA AMMENDA DI € 5.000,00 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1, C.G.S. – NOTA N. 15710/2885PF 15-16/SP/BLP DEL 30.6.2016 (Delibera  del Tribunale Federale  Nazionale  – Sezione  Disciplinare -  Com. Uff. n. 13/TFN del 14.9.2016)

 

RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 1545/744 PF15-16 SP/CC DEL 3.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016)

 

RICORSO SIG. PASTORE VINCENZO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 3 E AMMENDA DI € 1.500,00 INFLITTE AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 1950/811 PF15-16 SP/BLP DEL 18.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016)

Con Comunicato ufficiale n. 113 del 14 settembre 2015 il vice presidente vicario della Lega nazionale dilettanti, vista la relazione conseguente ad una verifica ispettiva effettuata presso il Comitato regionale Campania - L.N.D. dalla società di consulenza Labetsrl, considerato  che all’esito degli accertamenti svolti emergeva una situazione gestoria del predetto Comitato caratterizzata da notevoli criticità, nell’ambito delle quali ha assunto una particolare rilevanza una probabile appropriazione indebita di rilevante importo, favorita da una diffusa carenza di controlli e vigilanza, ha dichiarato la decadenza degli organi direttivi del Comitato regionale Campania, di cui veniva disposto il commissariamento.

La vicenda procedimentale che qui ci occupa trae, segnatamente, luogo dalle indagini effettuate dalla Procura federale in conseguenza della ricezione della nota n. 2611/ac del 27 ottobre 2015, con la quale la presidenza della Lega nazionale dilettanti ha trasmesso una relazione, con annessi allegati, a firma del Commissario straordinario del Comitato regionale Campania nominato con il provvedimento sopra ricordato, nella quale venivano evidenziate le risultanze della prima attività di verificata espletata e le relative criticità riscontrate.

Acquisiti elementi di conoscenza e di riscontro presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli, richiesti chiarimenti alla LND sulle poste contabili indicate nel Piano dei conti riferito al Comitato regionale Campania, sentiti il dott. Vincenzo Pastore (già presidente del predetto Comitato) e il dott. Giuseppe Aversano (già responsabile amministrativo del Comitato medesimo), svolte le ulteriori indagini e verifiche di rito, la Procura federale, previa comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini  ed esame della conseguente memoria difensiva presentata dall’indagato, riteneva sussistere i presupposti per procedere al deferimento.

1)

Deferimento Procura Federale

- Con provvedimento del 30 giugno 2016 il Procuratore federale ha deferito al Tribunale federale nazionale, sez. disciplinare, il dott. Vincenzo Pastore - nella sua qualità̀, all’epoca dei fatti (dal 5/12/2012 al 14/09/2015), di presidente del Comitato regionale Campania L.N.D., per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS ovvero del dovere fatto a ciascun soggetto dell’ordinamento federale di comportarsi, in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, correttezza e probità.

Secondo la prospettiva accusatoria gli accertamenti espletati e le emergenze probatorie acquisite sono sufficienti a dimostrare una gestione contabile-amministrativa, del Comitato regionale presieduto dal deferito, contraddistinta da «molteplici criticità, favorite da diffuse condotte omissive e da criteri di inadeguatezza organizzativa, tali da aver condotto al commissariamento di quel Comitato». In particolare, la Procura federale contesta al dott. Vincenzo Pastore di aver:

a) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dar luogo alla puntuale rimessa alla FIGC delle somme dovute dal Comitato per “sanzioni comminate dalla Commissione disciplinare nazionale” (ora Tribunale Federale Nazionale - sez. disciplinare) favorendo, in tal modo, una ingiustificata esposizione del Comitato, per quegli importi, verso la Federazione.

b) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a consentire di procedere alla restituzione in favore di n. 5 società affiliate (US Arzanese srl; A.S.D.US Scafatese Calcio; A.S.G. Nocerina srl; SS Cavese 1919 srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da quelle somme, propri di queste ultime.

c) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad assicurare il corretto e tempestivo adempimento da parte del Comitato ai pagamenti in favore dei propri fornitori e collaboratori, dando, per l’effetto, causa all’insorgenza di una rilevante esposizione debitoria del primo nei confronti dei secondi.

d) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare effettiva e concreta attuazione al protocollo d’intesa sottoscritto in data 26.1.2015 tra il Comitato e la Regione Campania e finalizzato al finanziamento e alla realizzazione di opere di adeguamento e ristrutturazione di n. 6 impianti sportivi campani per un costo stimato in 7 milioni di euro.

Sul punto, nella relazione della Procura federale già più volte richiamata viene evidenziato:

«il presidente del Comitato Vincenzo Pastore ha stipulato con la Regione Campania un Protocollo d’intesa in data 26.01.15, rappresentando al Presidente della Giunta Regionale della Campania la necessità di finanziare, nell’ambito delle iniziative di accelerazione della spesa del POR Campania FESR 2007-2013, l’intervento relativo alla realizzazione di opere di adeguamento e ristrutturazione di diversi impianati sportivi per un costo totale di 7 milioni di euro. Benchè detti interventi sono stati definiti immediatamente cantierabili, con specifico crono programma coerente con i termini di ammissibilità della spesa … ad oggi nessuna attività di ristrutturazione è stata attivata, ne è stato percepito alcun contributo dalla Regione Campania ...».

Decisione TFN

In data 8 settembre 2016 si è svolto il dibattimento innanzi il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare.

La Procura federale, dopo aver illustrato il deferimento, ha richiesto la dichiarazione di responsabilità dei deferiti e la irrogazione delle seguenti sanzioni a carico del sig. Vincenzo Pastore: anni 1, di inibizione, suddivisa, in relazione alla violazione di cui al capo a) di mesi 11 con aumento di mesi 1 in continuazione e per le violazioni di cui ai capi b), c), d) l’ammenda di euro 5.000,00;

Il TFN, esaminati gli atti, ha rilevato che il deferimento trae origine dall’attività d’indagine espletata nel corso del procedimento disciplinare n. 288 pf 15-16 avente ad oggetto “Criticità riscontrate al 15/10/2015 dal Commissario Straordinario del C.R. Campania in ordine alla gestione organizzativa ed amministrativa del Comitato stesso”.

A fronte delle specifiche contestazioni mosse dalla Procura federale all’incolpato il TFN ha ritenuto che gli argomenti difensivi prospettati non fossero idonei a suffragare una decisione di esclusione dalle responsabilità allo stesso attribuite, nel senso che le difese offerte dal deferito non contenevano elementi in grado di giustificare o supportare una differente valutazione dei fatti e delle condotte a lui contestate. Inoltre, afferma il TFN, «… il deferito in sede di audizione ha tentato di difendere il proprio operato ma è sempre stato piuttosto vago in merito ad alcune specifiche domande, riferendo addirittura di non essere mai stato a conoscenza dei fatti oggetto della materia contabile, in quanto estranea alle proprie competenze, rendendo tali dichiarazioni alquanto inverosimili…».

Per contro, il TFN ha valorizzato le dichiarazioni rese dal sig. Aversano, responsabile amministrativo del Comitato regionale Campania, che, a dire dell’organo di prime cure, hanno confermato le irregolarità nella gestione del Comitato medesimo da parte del presidente Pastore.

Secondo il Tribunale, insomma, gli elementi probatori acquisiti dalla Procura federale (e, segnatamente, la documentazione contabile e le risultanze delle verifiche sulla stessa espletate, alla luce della relazione del Commissario), hanno evidenziato il comportamento antiregolamentare del dott. Vincenzo Pastore, che avrebbe, dunque, posto in essere una serie di condotte omissive «che appaiono rivelatrici di una gestione contabile – amministrativa che si è contraddistinta da criteri di inadeguatezza organizzativa e disordine materiale, nonchè un negligente svolgimento del proprio incarico». Siffatte condotte, ad avviso del TFN, hanno gravemente compromesso la regolare attività del Comitato regionale Campania ed hanno leso ed arrecato grave pregiudizio al buon nome ed all’immagine del movimento calcistico campano.

Ha disatteso, poi, il TFN, l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dallo stesso Pastore (secondo cui essendo decaduto dalla carica e non essendo più tesserato presso la FIGC non potrebbe più essere assoggettato al procedimento disciplinare). Infatti, afferma il Tribunale, alla luce del «consolidato ed univoco orientamento già assunto per casi analoghi da questo organo giudicante», occorre considerare come lo  stesso, all’epoca delle irregolarità contestate, fosse regolarmente tesserato e, dunque, rientrasse nell’ambito della giurisdizione di questo ordinamento federale, cosi come continua ad esserne sottoposto in epoca successiva alla propria decadenza da ogni carica e/o titolo.

Ritenuto, in conclusione, provato il comportamento antiregolamentare posto in essere dal deferito, con evidente violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, precisato che l’entità della sanzione inflitta teneva anche conto del comportamento scarsamente collaborativo assunto dal deferito nel corso dell’intero procedimento, il Tribunale federale nazionale, sez. disciplinare, in accoglimento del deferimento proposto, ha condannato il signor Vincenzo Pastore alla sanzione dell’inibizione per mesi 18 (diciotto) e dell’ammenda di € 5.000,00 (euro cinquemila/00).

Reclamo.

Avverso la suddetta decisione del TFN, pubblicata sul C.U. n. 13/TFN del 14.9.2016, il sig. Vincenzo Pastore, come difeso ed assistito, ha proposto ricorso in appello. Di seguito una rapida sintesi delle deduzioni difensive e delle conclusioni del reclamante.

- L’appellante ripropone,  anzitutto, anche in questo secondo  grado  di giudizio, l’eccezione di non assoggettabilità alla giurisdizione degli organi di giustizia sportiva della FIGC. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il provvedimento di decadenza dalla carica di presidente del Comitato regionale Campania adottato dalla LND ha comportato l’interruzione del nesso di collegamento (i.e. vincolo) necessario tra la Federazione e lo stesso Pastore, atteso che lo stesso non sarebbe più tesserato e «non più assoggettato alla giurisdizione domestica», essendo, nella sostanza, venuta meno l’efficacia della clausola compromissoria di cui all’art. 30 dello Statuto della Federcalcio. Secondo l’appellante, «la sottoscrizione del predetto vincolo, invero, è conditiosine qua non, per l’attribuzione delle controversie alla cognizione degli organi di giustizia sportiva, il cui presupposto è l’appartenenza del soggetto al cosiddetto ordinamento federale».

Il TFN sarebbe, peraltro, «caduto in un rilevante errore ontologico, in quanto non ha preso atto che la presente vicenda è assolutamente nuova e diversa (e, dunque, mai decisa in precedenza), rispetto a quelle sulle quali si è già pronunciato».

- Quanto al merito, censura, l’appellante, la decisione impugnata nella parte in cui omette, a suo dire, ogni idonea e necessaria motivazione del convincimento raggiunto e, per l’effetto, ritiene che l’adìta Corte federale altro non possa fare che «annullare la decisione impugnata, riesaminando la decisione nel merito».

La motivazione della decisione, in breve, sarebbe stata del tutto omessa: «invero, essa nulla dice in ordine al comportamento del Pastore, né quale condotta avrebbe dovuto osservare (quale sia, in sostanza, l’aliudagere lecito, che veniva richiesto al Pastore), atteso che risponde di “illecito omissivo”.

Peraltro, la decisione adottata, sul piano della concretezza, non evidenzia affatto in cosa consisterebbe la violazione dei principi di lealtà e di correttezza sportiva, ne si esprime in riferimento al danno che il comportamento del Pastore avrebbe causato, o con quali modalità sia stato leso “il buon nome del movimento calcistico campano”.

A ciò si aggiunga che la mera relazione del Commissario straordinario non può assurgere al rango di prova. Essa, semmai avrebbe dovuto essere confortata da ulteriori elementi a supporto. Già le dichiarazioni del dott. Giuseppe Aversano e del dott. Vincenzo Pastore, che, se esaminate con attenzione e nella loro integrità, smentiscono quanto sostenuto dal Tribunale ed, anzi, confermano l’estraneità del Pastore ai fatti».

All’appellante non risulterebbe ascrivibile alcun illecito omissivo, poiché mancherebbe l’obbligo giuridico di riferimento, in quanto il responsabile amministrativo di un Comitato regionale è l’unica figura apicale nella sfera amministrativo-contabile e, di conseguenza, eventuali omissioni possono essere contestate solo a quest’ultimo e non anche al presidente del Comitato, il quale, riveste una carica elettiva senza essere in possesso di alcun potere di controllo attribuito dal R.A.C. (cfr. art. 50 del Regolamento amministrativo contabile).

Il reclamante deduce poi in ordine ai singoli capi di incolpazione.

» In relazione al capo a) ( «... omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dar luogo alla puntuale rimessa alla FIGC delle somme dovute dal Comitato per “sanzioni comminate dalla Commissione Disciplinare Nazionale” (ora Tribunale Federale Nazionale - Sez. Disciplinare) favorendo, in tal modo, una ingiustificata esposizione del Comitato, per quegli importi, verso la Federazione»), essendo il responsabile amministrativo del Comitato, unico soggetto deputato ad effettuare i relativi versamenti, questi non sono stati da lui eseguiti e, pertanto, a Pastore, quale organo di indirizzo politico, non può e non deve essere ascritta alcuna responsabilità.

Inoltre, dalla relazione del Commissario straordinario si evince che il mancato pagamento delle rimesse risale ad almeno quattro anni e quattro mesi prima dell’insediamento del dott. Pastore quale presidente del Comitato regionale Campania. Ad ogni buon conto, poi, afferma il ricorrente, le eventuali somme dovute alla FIGC sono nella disponibilità del Comitato, debitamente accantonate e, pertanto, non sussiste alcun danno effetto dell’eventuale omissione attribuita ascrivibile a Pastore.

» In relazione al capo di incolpazioneb)(«… omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a consentire di procedere alla restituzione in favore di n. 5 Società affiliate (US Arzanese Srl; A.S.D.US Scafatese Calcio; A.S.G. Nocerina Srl; SS Cavese 1919 Srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da quelle somme, propri di queste ultime…»), il ricorrente, nel ribadire l’esclusiva competenza del responsabile amministrativo del Comitato in ordine anche a siffatto profilo, nega ogni suo coinvolgimento, non avendo egli, in alcuna misura, compromesso i diritti patrimoniali delle società interessate. Anzi, lo stesso potrebbe, semmai, rivendicare a sè il merito di aver evitato il rischio di danni al bilancio del Comitato regionale Campania.

La tesi difensiva è particolarmente volta ad evidenziare come talune situazioni, sul piano obbiettivo, non avrebbero dovuto essere a carico del Comitato regionale Campania. La presunta lesione dei diritti delle società affiliate creditrici va interpretata esclusivamente nel senso che la presidenza Pastore ha costantemente salvaguardato gli interessi sportivi ed economici delle società affiliate al Comitato regionale Campania, mediante azioni di cautela preventiva e interventi di semplice prudenza amministrativa, tutelandole da possibili pericoli derivanti dalle società provenienti dai campionati nazionali.

Evidenzia, inoltre, il reclamante, che in alcuni casi non si è potuto erogare le somme di cui trattasi, in quanto nessuna richiesta era stata formalizzata al presidente Pastore e la dovuta verifica da parte del responsabile amministrativo del Comitato non era stata ultimata: per l’effetto, era d’obbligo evitare di pagare indebitamente somme non dovute. Tanto è vero, aggiunge il reclamante, che il Commissario non ha ancora liquidato le somme spettanti alle società interessate, dando atto nella sua relazione che le vertenze in atto imponevano una certa cautela in ordine alla liquidazione delle medesime.

» In relazione al capo di incolpazionec) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad assicurare il corretto e tempestivo adempimento da parte del Comitato ai pagamenti in favore dei propri fornitori e collaboratori, dando, per l’effetto, causa all’insorgenza di una rilevante esposizione debitoria del primo nei confronti dei secondi …»), il ricorrente, nel ribadire ancora una volta l’esclusiva competenza del responsabile amministrativo del Comitato, nega la conoscenza allo stato attuale dei dettagli della questione in relazione ai fornitori da pagare, mentre chiarisce che per i rimborsi dei Commissari di campo i fondi sono stati debitamente accantonati e che, come per gli esercizi finanziari precedenti, gli stessi sarebbero stati rimborsati con la tempistica consueta.

Evidenzia, altresì, come alcuna diffida e/o atto di ingiunzione sia mai stato notificato al Comitato regionale Campania da parte della FIGC e, pertanto, alcun danno la stessa ha subito. Peraltro, aggiunge ancora il ricorrente, l’incolpazione sul punto appare del tutto generica, non essendogli state contestate le singole situazioni, per cui lo stesso Pastore non ha potuto svolgere una idonea attività di autotutela.

» In relazione al capo di incolpazioned) («omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare effettiva e concreta attuazione al protocollo d’intesa sottoscritto in data 26.1.2015 tra il Comitato e la Regione Campania e finalizzato al finanziamento e alla realizzazione di opere di adeguamento e ristrutturazione di n. 6 impianti sportivi campani per un costo stimato in 7 milioni di euro»), il dott.Pastore evidenzia, in primo luogo, come il Protocollo d’intesa sottoscritto con la Regione Campania non prevedesse alcun termine di decadenza («art. 6, secondo cpv: il presente Protocollo d’intesa entra in vigore dalla data di sottoscrizione delle parti e sarà vigente fino alla data di completa realizzazione dell’intervento»).

Nel merito della vicenda, il ricorrente, promotore dell’atto in parola, afferma di aver intrapreso molteplici iniziative finalizzate alla realizzazione dell’intesa, evidenziando che, tuttavia, per problemi politici o contingenti (elezione del nuovo presidente della Regione Campania e vicenda processuale del Comitato nella persona del suo responsabile amministrativo sig. Cerbone, sottoposto a procedimento da parte della Procura della Repubblica di Napoli), l’iter ha subito un inevitabile rallentamento, senza però comprometterne la fattiva realizzazione.

Ribadisce, poi, l’appellante che neppure il Commissario straordinario del Comitato ha dato attuazione all’intesa in parola, con la ovvia conseguenza che la perdita dei fondi destinati è, semmai, da ascrivere allo stesso, atteso che durante il mandato Pastore i termini di decadenza non erano scaduti.

In ordine, poi, alla mancata cantierabilità dei progetti, il reclamante chiarisce che, in base ai riferimenti giuridici in tema di finanziamenti pubblici e di contrattualistica della pubblica amminstrazione, per detta attività avrebbero dovuto provvedere i Comuni interessati e la Federcalcio e non certo il Comitato regionale. Detto Comitato, quale Ente competente all’attuazione dell’intesa, svolge una funzione di coordinamento e supporto tecnico diretta a dare soddisfazione alle esigenze di base nella realizzazione delle opere.

- Contesta, ancora, il ricorrente, la decisione impugnata nella parte in cui, in ordine alla sanzione comminata, afferma che «l’entità della sanzione comminata, teneva anche conto del comportamento scarsamente collaborativo assunto dal deferito nel corso dell’intero procedimento», essendo stato, al contrario, il suo, un comportamento improntata ai tradizionali canoni della lealtà e correttezza. Si chiede, a tal proposito, il reclamante: «quale comportamento collaborativo, dunque, si chiedeva al Pastore? Forse quello di confessore delle colpe che non ha?».

- Lamenta, infine, il dott. Pastore il fatto che il TFN non ha preso in considerazione che lo stesso era già stato sanzionato, sempre per fatti contestati in ordine alla sua carica di presidente del Comitato regionale Campania, con delibera 12/CFA del 28.7.2016 (inibizione di mesi 6 per violazione all’art. 1 bis CGS), con delibera 23/CFA del 4.8.2016 (inibizione di anni 1 per violazione art.1 bis CGS). Pertanto, il TFN avrebbe dovuto nel presente procedimento applicare la sola sanzione dell’inibizione “in continuazione” e non anche quella dell’ammenda, in virtù appunto del principio della continuazione. In tale prospettiva, si evidenzia in ricorso, è stata la discrezionalità della Procura federale, che ha deciso di procedere separatamente per ogni singola violazione, che ha portato inevitabilmente ad una pluralità di giudizi, che avrebbero dovuto essere, invece, concentrati in un unico procedimento.

- «In ogni caso», conclude il ricorrente, «la sanzione dell’inibizione per mesi 18 deve considerarsi come assolutamente sproporzionata per i fatti contestati, per cui se ne chiede una congrua riduzione, così come si chiede di annullare (in subordine, drasticamnete ridurre)  la sanzione dell’ammenda, la quale è sanzione aggiuntiva, sulla cui irrogazione il Tribunale non ha neanche motivato».

- Chiede pertanto il reclamante, in via principale, annullarsi la decisione del TFN e, per l’effetto disporsi il suo proscioglimento; in via subordinata: applicarsi la sanzione della mera censura; riconoscersi la continuazione e, quindi, applicarsi la sola sanzione della inibizione nel minimo ritenuto di giustizia; annullarsi (o, in subordine, drasticamente ridursi) la sanzione dell’ammenda; annullarsi o ridursi le sanzioni inflitte.

Giudizio CFA

Alla seduta convocata per il giorno 10 novembre 2016 innanzi a questa Corte, riunita a sezioni unite, sono comparsi il dott. Liberati, in rappresentanza della Procura federale, l’avv. Gaetano Aida, per il reclamante, nonché il dott. Vincenzo Pastore personalmente.

La difesa del reclamante ha, anzitutto, richiamato, reiterandola, la propria istanza di differimento dell’udienza. Con apposita istanza dd. 3 novembre 2016 il dott. Vincenzo Pastore, come rappresentato e difeso, ha infatti chiesto a questa Corte di «voler rinviare il presente procedimento ad altra data, che si ritiene di indicare, in via precauzionale per quanto innanzi detto, per gennaio / Febbraio 2017», dichiarando, altresì, di accettare che nel caso di «accoglimento favorevole dell’istanza […] vengano sospesi i termini di prescrizione e quelli di estinzione dell’azione disciplinare, di cui agli artt. 34 bis, comma 5, C.G.S. – FIGC e 38, comma 5, CGS – CONI».

La predetta istanza di  differimento è stata motivata con la pendenza di n. 5 procedimenti disciplinari a carico del dott. Vincenzo Pastore e con la conseguente esigenza ed interesse ad una trattazione congiunta degli stessi, alcuni dei quali già all’esame di questa Corte, altri in attesa di definizione da parte del TFN ed oggetto di rinvio (alla stessa CFA) da parte del Collegio di Garanzia del Coni. In particolare, ha evindenziato, il reclamante, l’interesse «che tutte le decisioni endofederali nei suoi riguardi siano armonizzate anche secondo il principio della continuazione, come da ultimo statuito dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni».

Ad integrazione della suddetta istanza scritta il procuratore del dott. Pastore ha, poi, dichiarato che il suo ass.to intende rinunciare, come in effetti rinuncia, ad avvalersi del termine di cui all’art. 34 bis, comma 2, CGS ed alla estinzione del procedimento.

In relazione alla predetta istanza il rappresentante della Procura federale nulla ha opposto

La C.F.A., Sezioni Unite, sciogliendo la riserva assunta in relazione all’istanza di differimento avanzata dal reclamante, ha, quindi, pronunciato la seguente

ORDINANZA

- Letta l’istanza scritta dd. 3.11.2016 del dott. Pastore;

- Tenuto conto dei principi del giusto processo applicabili anche ai procedimenti disciplinari sportivi;

- Ritenute esistenti legittime esigenze difensive;

- Considerata la ricorrenza di ragioni di economia processuale;

- Ritenuto opportuno valutare l’eventuale sussistenza di ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva dei diversi procedimenti disciplinari segnalati come aperti a carico del reclamante per condotte ascrivibili alla sua carica di Presidente del Comitato Regionale Campania della L.N.D.;

- Preso atto della espressa rinuncia da parte dello stesso dott. Vincenzo Pastore ai termini di estinzione del procedimento e, segnatamente, di quello di cui all’art. 34bis, comma 2, C.G.S.;

- Visto l’art. 38, comma 5, lett. c) e d) del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I.;

- Sentito il rappresentante della Procura Federale, che non si è opposto al richiesto differimento;

DISPONE

il differimento a nuovo ruolo dell’udienza di discussione del presente procedimento d’appello promosso dal Dott. Vincenzo Pastore, anche al fine di consentire, per quanto possibile e compatibilmente con le tradizionali esigenze di celerità di definizione del giudizio sportivo, una trattazione congiunta di almeno alcuni dei procedimenti pendenti nei confronti dello stesso,

SOSPENDE

la decorrenza dei termini di estinzione del presente procedimento disciplinare e, in particolare, di quelli di cui all’art. 34 bis, comma 2, C.G.S.-

Il presente procedimento veniva, poi, rimesso in ruolo per la seduta del 9 Febbraio 2017.

2)

Deferimento Procura Federale.

Il dott. Pastore era, poi, raggiunto da altro deferimento, in relazione, questa volta, al fatto che nel corso delle stagioni sportive 2013/2014 e 2014/2015 alcune Società si erano iscritte ai campionati di loro competenza con un numero di calciatori tesserati di gran lunga inferiore rispetto al necessario per la disputa delle gare ufficiali, gettando così le premesse per l’utilizzo di calciatori non tesserati e quindi in posizione irregolare, cosa che si era effettivamente, poi, verificata.

La Procura Federale, rilevando la responsabilità da omessa vigilanza della presidenza del Comitato Regionale e la responsabilità da illecito sportivo delle Società e dei dirigenti coinvolti, con atto del 18 agosto 2016 ha, dunque, deferito innanzi al TFN:

- Pastore Vincenzo, all’epoca dei fatti presidente del Comitato Regionale Campania (violazione art. 1 bis, comma 1, CGS), per aver omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa diretta ad evitare che un numero rilevante di calciatori partecipasse a gare ufficiali senza averne titolo perché privi di tesseramento; per aver omesso di informare i competenti organi di giustizia sportiva delle suddette irregolarità di cui ne era venuto a conoscenza, nonché della ulteriore circostanza, di cui ne era al pari a conoscenza, che alcune Società (segnatamente la AC Airola, la ASB Real San Tammaro 2012, la ASB Virtus Grottaminarda, la ASB Sporting Cancello Arnone), al momento della iscrizione al campionato, avevano un numero complessivo di tesserati inferiori a quello necessario per la disputa delle gare, venendo così meno al controllo ed alla vigilanza sul corretto svolgimento dei campionati;

- Rungi Jessica Giovanna, all’epoca dei fatti presidente della AC Airola (violazione art. 1 bis, comma 1, CGS), per aver consentito nella stagione sportiva 2014 – 2015 che la Società da lei presieduta si iscrivesse al campionato di competenza con un numero di sette calciatori tesserati e quindi inferiore al minimo di undici e di aver così provocato che in sei gare del campionato di seconda categoria della detta stagione sportiva la squadra utilizzasse calciatori privi di tesseramento;

- Rungi Pasqualino, all’epoca dei fatti persona che aveva svolto per la AC Airola attività rilevanti per l’Ordinamento federale (violazione artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF), per aver consentito, quale soggetto al quale era stata demandata e delegata dalla presidenza della Società qualsivoglia attività di gestione e di governo della stessa, che per la stagione sportiva 2014- 2015 quest’ultima avesse un numero di sette calciatori tesserati e quindi inferiore al numero di undici, con conseguente irregolarità di alcune gare del campionato di seconda categoria pari a cinque, disputate dalla squadra con l’impiego di calciatori in posizione irregolare in quanto non tesserati; nonché, quale dirigente accompagnatore ufficiale della squadra, per avere sottoscritto le distinte dei calciatori della Società partecipanti a due delle predette gare ed aver attestato con la sua firma che tutti i calciatori e quindi anche i non tesserati erano in posizione regolare e dunque legittimati ad accedere al recinto di giuoco, quando invece non lo erano;

- Ruggero Vincenzo, all’epoca dei fatti persona che aveva svolto per la AC Airola attività rilevante per l’Ordinamento federale (violazione artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF), per aver sottoscritto in qualità di dirigente accompagnatore della squadra la distinta dei calciatori partecipanti ad una gara del campionato di seconda categoria stagione sportiva 2014 – 2015, attestando con la sua firma che tutti i calciatori di quella gara e quindi anche i non tesserati erano in posizione regolare e dunque legittimati ad accedere al recinto di giuoco, quando invece non lo erano;

- Giordano Luigi, all’epoca dei fatti dirigente della AC Airola (violazione degli artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF), per la suddetta medesima causale;

- Ruotolo Giuseppe, all’epoca dei fatti dirigente della AC Airola (violazione dell’art. 1 bis, comma 3, CGS), per non essersi presentato innanzi l’organo inquirente della Procura Federale allo scopo di essere sentito, benché fosse stato ritualmente convocato e non avesse addotto giustificazioni;

- Remondelli Tommaso, all’epoca dei fatti presidente della ASD Virtus Grottaminarda (violazione art. 1 bis, comma 1, CGS), per aver consentito che nella stagione sportiva 2014 – 2015 la Società da lui presieduta avesse un numero totale di sei calciatori tesserati inferiore al minimo (pari ad undici), con conseguente irregolarità delle gare dalla stessa disputate, consistita nell’avvenuto schieramento in campo di un numero di calciatori privi di tesseramento, in aggiunta ai soli sei regolarmente tesserati;

- De Luca Tommaso, all’epoca dei fatti dirigente della ASD Virtus Grottaminarda (violazione degli artt. 1 bis, commi 1 e 3, CGS e 61, comma 1, NOIF), per aver sottoscritto quale dirigente accompagnatore ufficiale della squadra le distinte dei calciatori partecipanti a due gare del campionato di seconda categoria stagione sportiva 2014 – 2015, attestando con l’apposizione della sua firma che tutti i calciatori erano in posizione regolare e quindi anche coloro che non lo erano; nonché per non essersi presentato innanzi l’organo inquirente della Procura Federale allo scopo di essere sentito, benché fosse stato ritualmente convocato e non avesse addotto giustificazioni;

- Galante Tony, all’epoca dei fatti persona che aveva svolto per la ASD Virtus Grottaminarda attività rilevante per l’Ordinamento federale (violazione degli artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF), per aver nella qualità di dirigente accompagnatore della squadra sottoscritto le distinte dei calciatori della Società partecipanti a quattro gare del campionato di terza categoria della stagione sportiva 2014 – 2015, attestando con la sua firma che tutti i calciatori erano in posizione regolare e dunque legittimati ad accedere al recinto di giuoco, quando invece non lo erano;

- Altavilla Fernando, stessa situazione prima descritta, limitata a due gare del medesimo campionato;

- Coppola Giuseppe, all’epoca dei fatti presidente della ASD Sporting Cancello Arnone (violazione art. 1 bis, comma 1, CGS), per aver consentito nella stagione sportiva 2014 – 2015 che la Società da lui presieduta avesse un solo calciatore tesserato, con conseguente irregolarità delle gare dalla stessa disputate, atteso l’avvenuto schieramento nell’occasione di un numero di calciatori superiore all’’unico tesserato e quindi in posizione irregolare perché non tesserati, nonché (violazione art. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF) per avere nel ruolo di dirigente accompagnatore ufficiale della squadra sottoscritto due distinte di calciatori partecipanti ad altrettante gare del campionato under 17 stagione sportiva 2014 – 2015, attestando con la propria firma che tutti i calciatori erano regolarmente tesserati, quando invece soltanto uno di loro lo era; ed infine per aver omesso di presentarsi innanzi l’organo inquirente della Procura Federale nel corso delle indagini, senza addurre giustificazioni (violazione art. 1, bis, comma 3, CGS);

- Manzo Giuseppe, all’epoca dei fatti segretario della ASD Sporting Cancello Arnone (violazione degli artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61 n. 1 NOIF), per avere nel ruolo di dirigente accompagnatore ufficiale della squadra sottoscritto la distinta dei calciatori partecipanti ad una gara del campionato under 17 della stagione sportiva 2014 – 2015, attestando con la propria firma che tutti quei calciatori erano regolarmente tesserati, allorquando solo uno di essi lo era, nonché per avere anch’egli omesso di presentarsi innanzi l’organo inquirente della Procura Federale nel corso delle indagini, senza addurre giustificazioni (violazione art. 1 bis, comma 3, CGS);

- Gravante Aldo, all’epoca dei fatti persona che svolgeva per conto della ASD Sporting Cancello Arnone attività rilevante per l’Ordinamento federale (violazione artt. 1 bis, comma 1, CGS e 61, comma 1, NOIF), per aver sottoscritto nella veste di accompagnatore ufficiale della squadra la distinta dei calciatori partecipanti ad una gara del campionato under 17 della stagione sportiva 2014- 2015, attestando con la propria firma che tutti quei calciatori erano regolarmente tesserati, mentre solo uno di loro lo era;

- AC Airola, ASD Virtus Grottaminarda e ASD Sporting Cancello Arnone, ciascuna per responsabilità diretta conseguente alle violazioni contestate ai loro rispettivi dirigenti (artt. 4, comma 1, CGS).

Dal procedimento venivano, invece, stralciate le posizioni dei signori Valletta Nicola, Orlando Angelo, Iorio Girolamo, Anna Francesca Liguori e della ASD Real San Tammaro 2012 per la mancata notifica della comunicazione di conclusione delle indagini.

Decisione TFN.

Il sig. Vincenzo Pastore e la AC Airola hanno presentato memorie difensive.

Al dibattimento la Procura Federale ha chiesto l’accoglimento del deferimento e conseguente applicazione delle seguenti sanzioni:

- Pastore Vincenzo, inibizione di mesi 6 (sei) ed ammenda di € 3.000,00;

- Rungi Jessica Giovanna, inibizione di mesi 4 (quattro);

- Rungi Pasqualino, inibizione di mesi 6 (sei);

- Ruggero Vincenzo, inibizione di mesi 1 (uno);

- Giordano Luigi, inibizione di mesi 1 (uno);

- Ruotolo Giuseppe, inibizione di mesi 1 (uno);

- Remondelli Tommaso, inibizione di mesi 4 (quattro);

- De Luca Tommaso, inibizione di mesi 3 (tre);

- Galante Tony, inibizione di mesi 4 (quattro);

- Altavilla Fernando, inibizione di mesi 2 (due);

- Coppola Giuseppe, inibizione di mesi 7 (sette);

- Manzo Giuseppe, inibizione di mesi 2 (due);

- Gravante Aldo, inibizione di mesi 1 (uno);

- AC Airola, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila);

- ASD Virtus Grottaminarda, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila);

- ASD Sporting Cancello Arnone, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila).

Il sig. Vincenzo Pastore, assistito dal proprio difensore, ha concluso: in via preliminare per la riunione a questo procedimento di altro a suo carico recante il n. 2896/42 TFN; in via principale per il proscioglimento ed in via subordinata per l’adozione del minimo della sanzione, applicando il principio della continuazione.

Così il Tribunale federale nazionale, nella decisione fatta qui oggetto di gravame da parte del dott. Vincenzo Pastore.

«La AC Airola ha dedotto dapprima di non essersi mai iscritta al campionato indicato nel deferimento, ma poi di aver partecipato solo ad alcune gare (si presume di detto campionato) nella convinzione che tutti i calciatori che aveva utilizzato fossero regolarmente tesserati e che, quando si è accorta che così non era, non ha più partecipato alle gare, tanto da essere esclusa dal campionato; ha respinto la propria responsabilità ed anche di quella della Sig.ra Rungi Jessica Giovanna per essere stata lontana dall’attività agonistica della squadra ed ha concluso per il proscioglimento.

Il Sig. Vincenzo Pastore ha dedotto che, essendo decaduto dalla carica di presidente  del Comitato Regionale Campania e non rivestendo più alcun ruolo nell’ambito federale, non è assoggettato alla  giurisdizione domestica per cessazione del vincolo di cui all’art. 30 Statuto federale; ha altresì dedotto l’insussistenza dei fatti, peraltro da lui non commessi e comunque non provati; ha richiamato precedenti sanzioni poste a suo carico dagli organi di giustizia sportiva ed ha chiesto che, ove fosse riconosciuta la sua responsabilità nell’ambito del presente deferimento, gli fosse irrogata la sola inibizione in continuazione con esclusione di ogni pena pecuniaria. Ha formulato istanza per la riunione a questo procedimento di quello recante il n. 2896/42/TFN/PA tuttora aperto, trattandosi della medesima violazione normativa per fatti attinenti allo stesso periodo».

Ciò premesso il TFN ha, anzitutto, disatteso l’istanza di riunione formulata dall’incolpato, ritenendo che, «anche alla luce di una sommaria lettura dei precedenti, può ritenersi che nel presente deferimento vengono considerate situazioni del tutto particolari e comunque non assimilabili a quelle oggetto del deferimento indicato dall’incolpato, che peraltro non ha coinvolto le stesse persone e le medesime Società presenti nell’odierno deferimento. Trattasi con  tutta evidenza di un caso dissimile dagli altri, che impone pertanto una trattazione autonoma».

Quanto, invece, all’eccezione dell’incolpato di mancanza di legittimazione passiva per non essere più nei ruoli della FIGC ed essere quindi estraneo all’Ordinamento federale ed in particolare all’art. 30 dello Statuto sulla efficacia dei provvedimenti federali, del vincolo di giustizia e della clausola compromissoria, il TFN ha così osservato: «L’incolpato è decaduto dalla carica il 14 settembre 2015; all’epoca dei fatti (stagione sportiva 2014/2015, gare disputate verosimilmente prima di detta data) egli era nel pieno dei suoi poteri e quindi suscettibile di essere sottoposto nell’attualità alla giurisdizione di questo Tribunale».

Nel merito, il TFN, ha ritenuto fondato il deferimento, così motivando la propria decisione.

«Nel corso del dibattimento è emerso, in quanto riferito dalla Procura, che il giudice sportivo territoriale aveva sanzionato tanto le Società che avevano utilizzato calciatori in posizione irregolare ed i rispettivi dirigenti, quanto i calciatori stessi, sicché la contestazione mossa dalla Procura Federale al Pastore, di non essersi attivato per sottoporre i fatti alla cognizione della giustizia sportiva, può considerarsi superata; non ce ne era stato probabilmente il bisogno, perché i meccanismi sanzionatori si erano già e comunque messi in moto.

Del pari assumibile è l’osservazione dell’incolpato che le negatività emerse nel corso delle indagini avevano riguardato un numero esiguo di Società (quattro per l’esattezza) rispetto alla generalità delle Società del Comitato (circa millecinquecento), per cui alcun addebito gli poteva sul punto essere mosso, trattandosi di casi estremamente circoscritti, che non inficiavano il sostanziale corretto svolgimento dell’attività del Comitato. Inoltre, a giudizio dell’incolpato, nessuna norma imponeva alle Società, al momento della loro iscrizione al campionato, di avere un numero minimo di calciatori tesserati, per cui anche sotto questo aspetto non poteva configurarsi una sua personale responsabilità, anche perché nulla poteva far presagire che quelle Società intendessero poi utilizzare in gara calciatori che non avevano tesserato.

Ha insistito sul fatto che la competenza al controllo dei tesseramenti non era sua, bensì di altro ufficio del Comitato, sul quale doveva semmai ricadere la responsabilità dell’accaduto; ha precisato che la struttura del Comitato prevedeva, oltre al tesseramento, l’ufficio amministrativo - contabile e la segreteria e che ad ogni ufficio era preposto un dipendente della FIGC - LND, di guisa che, anche nel presente caso, doveva ritenersi applicabile il sedimentato orientamento giurisprudenziale che vuole il diretto coinvolgimento della FIGC - LND nelle ipotesi di illeciti imputabili ai propri dipendenti.

In questo contesto, non può tuttavia sfuggire all’attenzione del giudicante che il Pastore sia venuto meno al dovere di vigilare sull’operato non certo delle Società che avevano commesso gli illeciti, bensì su quello degli uffici del Comitato, che, a dire dello stesso Pastore, avevano il compito di verificare il rispetto dei regolamenti.

Non può difatti revocarsi in dubbio che se da una parte siffatti uffici dipendono dalla presidenza, dall’altra è compito della presidenza controllare che in ogni singolo ufficio il tutto si svolga nella più stretta osservanza delle regole. E questo certamente non è avvenuto nel caso in esame.

Nel merito di ogni altro aspetto del deferimento, appare del tutto evidente che, nelle circostanze di tempo e di luogo di cui alla parte motiva del deferimento stesso, le persone deferite e le loro rispettive Società avevano commesso una serie di illeciti, consistiti nell’avvalersi di calciatori non tesserati per la disputa di gare ufficiali di competizioni organizzate dal Comitato Regionale Campania.

Le ricadute negative di tali comportamenti, seppur limitati, avevano comportato un grave pregiudizio al regolare svolgimento dei campionati e, nel contempo, avevano esposto l’intero movimento calcistico regionale ad una intuibile perdita di immagine, tale da coinvolgere anche coloro i quali in questi comportamenti certamente non si erano riconosciuti.

Aggiungasi poi che gli stessi calciatori irregolari, in quanto privi di tesseramento, risultavano inevitabilmente non assicurati ed esposti al conseguente rischio della loro incolumità fisica, che, se compromessa, avrebbe potuto causare la proposizione di azioni risarcitorie nei confronti del Comitato Regionale di cui trattasi e della stessa FIGC.

Incontestabile ed incontestata la responsabilità di tutti gli altri deferiti, deve essere affermata anche quella facente capo al Pastore, con applicazione delle sanzioni  per Società e dirigenti conformi alle richieste della Procura Federale, di minore entità per la posizione del Pastore, per tutti fatto precipuo riferimento all’art. 1 bis comma 1 CGS».

Il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, pertanto, accoglieva il deferimento e, per l’effetto, infliggeva le seguenti sanzioni:

- Pastore Vincenzo, inibizione di mesi 3 (tre) ed ammenda di € 1.500,00 (Euro millecinquecento);

- Rungi Jessica Giovanna, inibizione di mesi 4 (quattro);

- Rungi Pasqualino, inibizione di mesi 6 (sei);

- Ruggero Vincenzo, inibizione di mesi 1 (uno);

- Giordano Luigi, inibizione di mesi 1 (uno);

- Ruotolo Giuseppe, inibizione di mesi 1 (uno);

- Remondelli Tommaso, inibizione di mesi 4 (quattro);

- De Luca Tommaso, inibizione di mesi 3 (tre);

- Galante Tony, inibizione di mesi 4 (quattro);

- Altavilla Fernando, inibizione di mesi 2 (due);

- Coppola Giuseppe, inibizione di mesi 7 (sette);

- Manzo Giuseppe, inibizione di mesi 2 (due);

- Gravante Aldo, inibizione di mesi 1 (uno);

- AC Airola, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila);

- ASD Virtus Grottaminarda, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila);

- ASD Sporting Cancello Arnone, ammenda di € 2.000,00 (Euro duemila).

Reclamo.

Avverso la predetta decisione ha proposto, come assistito, reclamo il dott. Vincenzo Pastore, lamentando:

- Omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia – violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale – art. 1 bis, commi 1 e 5, CGS – Estraneità all’Ordinamento federale.

L’appellante ripropone, in primo luogo, l’eccezione di non assoggettabilità alla giurisdizione degli organi di giustizia sportiva della FIGC. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il provvedimento di decadenza dalla carica di presidente del Comitato regionale Campania adottato dalla LND ha comportato l’interruzione del nesso di collegamento (i.e. vincolo) necessario tra la Federazione e lo stesso Pastore, atteso che lo stesso non sarebbe più tesserato e «non più assoggettato alla giurisdizione domestica», essendo, nella sostanza, venuta meno l’efficacia della clausola compromissoria di cui all’art. 30 dello Statuto della Federcalcio. Secondo l’appellante, «la sottoscrizione del predetto vincolo, invero, è conditio sine qua non, per l’attribuzione delle controversie alla cognizione degli organi di giustizia sportiva, il cui presupposto è l’appartenenza del soggetto al cosiddetto ordinamento federale».

Il TFN sarebbe, peraltro, «caduto in un rilevante errore ontologico», in quanto non avrebbe rilevato che la fattispecie è assolutamente nuova e diversa (e, dunque, mai decisa in precedenza), rispetto a quelle sulle quali si è già pronunciato.

- Insufficiente e contraddittoria motivazione – violazione e falsa applicazione dell’art. 1 bis CGS – Proscioglimento perché il fatto non sussiste – perché non ha commesso il fatto – perché manca la prova oltre ogni ragionevole dubbio.

Si legge in ricorso che la decisione di prime cure è impugnata perché il TFN, «ritenendo che il Pastore rivesta un ruolo apicale di controllo, gli addebita la vicenda a titolo di “culpa in vigilando” sui tesseramenti, per le inadempienze causate dai dipendenti LND-FIGC, e, per l’effetto, l’ha sanzionato, per condotta omissiva, per la violazione dell’art. 1 bis CGS».

La culpa in vigilando si fonderebbe, dunque, in altri termini, afferma il ricorrente, «sull’errato presupposto della posizione apicale ricoperta dal presidente Pastore, che avrebbe la potestà di sindacare sull’operato del responsabile del settore tesseramenti». «Praticamente», prosegue  la difesa, «il Pastore viene sanzionato per una condotta omissiva, qualificabile come “impropria”, perché sarebbe stata omessa una condotta, con la conseguenza della produzione di un evento lesivo: non viene, tuttavia, specificato quale dovesse essere la condotta, ascritta all’incolpato, che avrebbe impedito il verificarsi dell’evento e, soprattutto, non viene indicato quale evento lesivo sia stato prodotto.

Mancano, pertanto, nel caso in esame, quegli elementi costitutivi della fattispecie omissiva, di cui agli insegnamenti della Suprema Corte di Cassazione».

Sotto questo profilo evidenzia, ancora, il ricorrente, in generale, come il presidente del Comitato regionale LND non abbia «alcun potere di controllo e/o vigilanza sui soggetti a capo dei singoli Uffici, che rispondono del loro operato nei confronti del loro datore di lavoro, ovvero la LND» e, nello specifico, come alle attività di controllo, sovrintendenza e coordinamento fosse stato preposto il dott. Andre Vecchione, dipendente LND-FIGC che, con riferimento «alle contestazioni mosse al Pastore nel capo d’incolpazione»  avrebbe «ricevuto specifico mandato proprio dal Consiglio direttivo del Comitato regionale Campania», come si evincerebbe dalla lett. H del verbale n. 6 del 10.12.2012, mentre a capo dell’ufficio tesseramenti era stato preposto il sig. Gerardo Gargiulo.

- Riduzione della sanzione – Applicazione della continuazione ex art. 81 c.p. – art. 671 c.p.p..

Lamenta, infine, il reclamante l’eccessività della sanzione, ritenendo che «le eccezioni, innanzi formulate, unitamente alle motivazioni poste a loro fondamento, possano condurre Codesta Ecc.ma Corte, se non al richiesto annullamento della sanzione, quantomeno a contenerla in termini più congrui, con particolare riferimento all’aspetto che, qualora si riconoscesse nel presidente una figura apicale del Comitato, essa possa essere tutt’al più intesa come figura “apicale di indirizzo politico”, ma non come figura “apicale di controllo”»

Chiede, comunque, il ricorrente l’applicazione dell’istituto della continuazione, anche in considerazione del fatto che, «essendo stato il Pastore sanzionato per la violazione dell’art. 1 bis CGS – FIGC per una serie di comportamenti concretizzatisi tutti nell’espletamento del suo mandato, la continuazione dovrà essere applicata per tutte le decisioni che si seguito si riassumono:

1) Def. n. 8999/90 – Delibera TFN n. 68 del 12/04/16 (inibizione per mesi 6), confermata dalla CFA – Sez. Unite n. 12 del 28/07/16, annullata con rinvio CGS n. 49 del 18/10/16 ed infine riconfermata dalla n. 73/CFA dell’1/12/16;

2) Def. n. 9363/246 – Delibera TFN n. 93 del 30/06/16 (inibizione per anni 1), confermata dalla CFA – Sez. Unite n. 48 del 14.10.16, in presentazione di impugnazione al CGS, il quale dovrà pronunciarsi entro 12/01/17;

3) Def. n. 15710/288 – Delibera TFN n. 13 del 14/07/16 (inibizione per mesi 18 ed euro 5.000,00 di ammenda) – CFA Sez. Unite in attesa di fissazione dell’udienza;

4) Def. n. 1545/744 – TFN n. 35 dell’1/12/16 (inibizione per mesi 3), impugnata alla CFA;

5) Def. n. 1950/811 – TFN n. 35 dell’1/12/16 (inibizione per mesi 3 ed euro 1.500,00 di ammenda), impugnata alla CFA».

- Conclude, quindi, il ricorrente, chiedendo: in via preliminare, dichiararsi il difetto di giurisdizione degli organi di giustizia sportiva; in via principale, annullarsi la decisione del Tribunale federale nazionale e, per l’effetto, dichiararsi il proscioglimento; in via subordinata, ridursi la sanzione, «per poi, in applicazione del principio della continuazione, aumentarla di 10 giorni sulla decisione n. 73/CFA passata in giudicato».

Giudizio CFA

Alla seduta fissata innanzi a questa Corte per il giorno 3 Febbraio 2017 è comparso il rappresentante della Procura federale, che ha dichiarato di non opporsi alla istanza di deferimento.

La Corte, vista l’istanza di rinvio presentata dall’avv. Gaetano Aita, nella qualità di difensore del dott. Vincenzo Pastore, attesa l’impossibilità dello stesso a presenziare all’udienza odierna «essendo in pari data ed alla stessa ora impegnato innanzi al Collegio Arbitrale presso la Lega Pro, in una vertenza la cui udienza è già fissata da tempo», preso atto della espressa richiesta di sospensione dei termini, «ai sensi e per gli effetti degli artt. 34 bis comma 5 CGS – Figc e 38 comma 5 CGS – Coni, per l’intera durata del differimento», ha emesso la seguente

ORDINANZA

- Letta l’istanza scritta dd. 23.1.2017 dell’avv. Gaetano Aita, nella qualità di difensore del dott. Pastore;

- Ritenute esistenti legittime esigenze difensive;

- Tenuto conto dei principi del giusto processo applicabili anche ai procedimenti disciplinari sportivi;

- Considerata la ricorrenza di ragioni di economia processuale;

- Ritenuto opportuno valutare l’eventuale sussistenza di ragioni di connessione anche oggettiva del presente procedimento con altro chiamato, innanzi a questa Corte, alla seduta del 9 Febbraio 2017, ed anch’esso avente ad oggetto contestazioni relative a condotte ascrivibili alla carica di Presidente del Comitato Regionale Campania della L.N.D. del dott. Vincenzo Pastore, anche ai fini di eventuali valutazioni in ordine alla richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione;

- Preso atto della espressa rinuncia ai termini di estinzione del procedimento e, segnatamente, di quello di cui all’art. 34 bis, comma 2, C.G.S.;

- Visto l’art. 38, comma 5, lett. c) e d) del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I.;

- Sentito  il  rappresentante  della  Procura  Federale,  che  non  si  è  opposto  al  richiesto differimento;

DISPONE

il differimento della seduta odierna al giorno 9 Febbraio 2017, h. 17.00;

SOSPENDE

la decorrenza dei termini di estinzione del presente procedimento disciplinare e, in particolare, di quelli di cui all’art. 34 bis, comma 2, C.G.S.

 

3)

Deferimento Procura Federale.

Con ulteriore provvedimento del 3 agosto 2016 (nota n. Prot. 1545/744pf15-16 /SP/cc) la Procura Federale, in relazione alle vicende connesse alla gestione del Comitato Regionale Campania sotto la presidenza del dott. Vincenzo Pastore dal 5 dicembre 2012 al 14 settembre 2015, deferiva innanzi al Tribunale Federale Nazionale, sezione disciplinare:

a) Sig. Vincenzo Pastore, all’epoca dei fatti presidente del Comitato Regionale Campania per rispondere, della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, ovvero, del dovere fatto a ciascun soggetto dell’Ordinamento federale di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva secondo i principi di lealtà, correttezza e probità, nella propria qualità di vertice apicale del sopradetto Comitato Regionale e dunque, di soggetto avente, almeno nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità della corretta gestione contabile - amministrativa del Comitato da esso a quel momento presieduto, per aver:

1) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare effettivo e concreto impulso alla esazione coatta, ex art. 30 del Regolamento della L.N.D., dell’ingente credito (ammontante alla data del 30/06/15 ad € 1.397.936,31) vantato dal Comitato nei confronti delle Società affiliate (attive e inattive) con conseguente ingiustificata “esposizione” del Comitato per l’intero ammontare di quel credito e reiterata disapplicazione e violazione nella prassi, anche attraverso un sistematico ricorso a forme di rateizzazione dei debiti contratti dalle diverse Società interessate non rispondente alle linee guida emanate dalla L.N.D., della vigente normativa di cui al richiamato Regolamento della L.N.D. che tra le condizioni inderogabili per la iscrizione e partecipazione delle Società ai campionati pone, innanzitutto, “...l’inesistenza (a carico delle stesse) di situazioni debitorie nei confronti di Enti federali” (art. 28 Reg. L.N.D.);

2) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad evitare l’insorgenza, o perlomeno, ad eliminare le pregiudizievoli conseguenze di quelle gravi carenze di carattere amministrativo e di evidente disordine contabile rilevate dalla gestione commissariale in parola per come, in specie, compendiate in quel “Verbale di operazioni compiute” steso dalla Guardia di Finanza, in data 16/12/15, all’esito della attività di ispezione e controllo dalla stessa condotta presso la sede del Comitato Regionale Campania al fine di verificare la regolarità delle  operazioni bancarie, con specifico riferimento a tutti gli assegni circolari emessi, effettuate dal Comitato stesso, e dalla quale è emersa l’esistenza di ben 313 operazioni per importi non giustificati (per un valore complessivo di € 1.067.098,18) tali da aver nel loro insieme provocato un oggettivo danno economico e patrimoniale, tanto, al Comitato, quanto, più in generale, alla F.I.G.C.;

3) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata, come peraltro sollecitato -finanche- dalla gestione commissariale della Lega Pro, a consentire il trasferimento e la restituzione in favore della Società S.S. Cavese 1919 Srl della somma di € 250.000,00 in precedenza accreditata presso il C.R. Campania a seguito dell’escussione della fideiussione in favore della Lega Pro risalente al campionato 2011/12 e la relativa non ammissione di quella Società al campionato di competenza, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da siffatta somma, propri, non solo, della Società S.S. Cavese 1919 Srl, ma, vieppiù, dei diversi tesserati (calciatori, tecnici e  dirigenti) in contenzioso, da  tempo, con quest’ultima e, pertanto, portatori di un interesse specifico ad ottenere la distribuzione pro-quota dell’anzidetta fideiussione non appena fosse stata effettivamente resa disponibile; nonché, ancora, con specifico riferimento a tale ultimo aspetto, ovvero, nella consapevolezza dell’esistenza di numerosi contenziosi aperti verso la S.S. Cavese 1919 Srl, per aver autorizzato la rimessa in favore di questa della somma di € 4.502.00 da destinare poi al calciatore Arturo Carbonaro con evidente lesione, sotto il profilo della disparità di trattamento, dei diritti di tutti gli altri tesserati della predetta Società in contenzioso con la stessa;

4) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare concreta ed effettiva attuazione, attraverso la puntuale predisposizione di idonei flussi informativi, a quel “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo exD.Lgs. 231/01” che prevede, appunto, la predisposizione da parte di ciascun Comitato Regionale di flussi informativi, volti a monitorare le attività a potenziale rischio di reato, da rendere disponibili in occasione di apposite verifiche periodiche condotte da uno specifico Organismo di Vigilanza della L.N.D. Servizi Srl, sostanziando, in tal modo, una condotta tale da essersi posta, non soltanto, come di evidente ostacolo all’attività propria di quest’ultimo Organismo, ma, vieppiù, proprio in ragione  della mancata puntuale  adozione di quel “Modello di organizzazione” e dei relativi “Presidi organizzativi” da attuare in concreto onde contenere i pericoli connessi allo svolgimento -come detto- di attività a potenziale rischio di reato, tale anche da aver favorito o, almeno, non impedito l’insorgenza di quel disordine amministrativo alla base del deciso provvedimento, da parte della L.N.D., di commissariamento del Comitato.

Decisione TFN.

Costituendosi nell’instaurato giudizio il dott. Pastore, come assistito, deduceva:

- la necessità e richiesta di riunione del procedimento con l’altro pendente nei suoi confronti (def. N. 1950/811 pf15-16 – proc. 4711/50/TNF/PA) anche  con riferimento alle sanzioni già irrogate dalla Corte Federale d’appello di cui ai C.U. n. 12/CFA del 28 luglio e 23/CFA del 4 agosto 2016, al fine di poter usufruire di un trattamento di favore rispetto al cumulo delle sanzioni che, diversamente, finirebbe per aggravare notevolmente la posizione disciplinare;

- la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e 30 dello Statuto FIGC e 1 bis, commi 1 e 5, CGS – estraneità all’Ordinamento federale. In particolare, in quanto decaduto dalla  carica di Presidente regionale della Campania e non tesserato, il dott. Pastore non sarebbe suscettibile di irrogazione di sanzioni disciplinari;

- la violazione e falsa applicazione dell’art.1 bis CGS perché il fatto non sussiste, perché l’incolpato non lo ha commesso o perché manca la prova oltre ogni ragionevole dubbio. Sotto tale profilo deduce la difesa che la contestazione di illecito omissivo non può essere talmente generica da non riuscire ad enucleare quali siano i comportamenti che l’incolpato era tenuto ad adottare, come avviene nel caso di specie;

- che inoltre le posizioni di responsabilità, nell’ambito dell’organigramma del Comitato, ricadevano su altri soggetti ben individuati ed individuabili, peraltro non deferiti a loro volta, cui il Pastore non poteva in ogni caso sostituirsi.

- sul capo 1 del deferimento, mancato recupero crediti nei confronti di Società, si difendeva nel merito allegando diverse autorizzazioni scritte ricevute dalla LND di cancellazione di crediti non esigibili o perenti; indicando l’incarico conferito dal Consiglio all’Avv. Iacoviello per la disamina delle situazioni ed il recupero dei crediti; esponendo che l’ammissione ai campionati di Società debitrici di parte delle quote dovute fosse regolarmente autorizzata dalla stessa LND, cui peraltro era riferibile il necessario “sblocco” del sistema informatico per consentire l’iscrizione medesima;

- sul capo 2 del deferimento, relativo al disordine contabile ed alla mancata verifica di numerose operazioni bancarie, eccepiva il bis in idem con la decisione TNF n. 68 del 12 aprile 2016, decisione peraltro riformata dalla decisione n. 12 CFA del 28 luglio 2016;

- sul capo 3 del deferimento, relativo alla mancata restituzione di crediti alla Società Cavese eccepiva il bis in idem con la decisione TNF n. 13 del 14 settembre 2016;

- sul capo 4 del deferimento, relativo al mancato invio dei flussi informativi per l’attuazione del modello 231 eccepiva il bis in idem con la decisione TNF n. 68 del 12 aprile 2016.

Al dibattimento, la Procura Federale, illustrato il deferimento, ne ha chiesto l’accoglimento, chiedendo irrogarsi la sanzione della inibizione per mesi 11 (undici) oltre a ulteriori giorni 10 (dieci) per ciascun capo di contestazione, in virtù del vincolo della continuazione.

La difesa dell’incolpato si è riportata alla memoria difensiva, depositando un’ordinanza del Tribunale di Benevento – Sezione Lavoro - a conforto della tesi del difetto di legittimazione passiva del dott. Pastore a subire la sanzione disciplinare.

Il TFN ha ritenuto parzialmente fondato il deferimento.

In ordine alla motivata richiesta di riunione dei procedimenti il TFN ha ritenuto non meritevole di accoglimento la medesima «rispetto all’altro procedimento iscritto al ruolo odierno (def. n. 1950/811 pf15-16 – proc. 4711/50/TNF/PA) in quanto quest’ultimo non è connesso al presente se non, in via solo soggettiva, per il coinvolgimento del Dott. Pastore, ma attiene ad infrazioni diverse da quelle oggetto del presente procedimento e rispetto alle quali non si ravvede possibile o utile la riunione dei procedimenti per la decisione in unico contesto».

Ancora, in via preliminare, il TFN ha respinto «l’eccezione di estraneità dall’Ordinamento federale, quale conseguenza della cessazione del tesseramento avvenuta il 14.9.2015, ragione per cui il Pastore non sarebbe soggetto alla giustizia sportiva in quanto estraneo all’Ordinamento della FIGC, così come quella dedotta in sede dibattimentale di difetto di legittimazione passiva, per essere il Comitato Regionale Campania mera articolazione territoriale della LND, di talché gli effetti delle condotte poste in essere dal suo Presidente sarebbero direttamente riconducibili alla stessa LND (in particolare il provvedimento del Tribunale di Benevento depositato in udienza ha individuato nella LND il datore di lavoro in relazione all’impugnativa di trasferimento proposta da un dipendente del CR Campania)».

«Sotto il primo profilo», osserva il Tribunale di prime cure, «è ormai giurisprudenza costante e consolidata, quella secondo cui le previsioni statutarie e regolamentari, a cui l’associato soggiace per effetto del tesseramento, possono operare anche per il tempo successivo alla cessazione del vincolo associativo, purché riguardino vicende attinenti a quel vincolo e con effetti limitati ad esso (in termini la decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 49/2016 depositata dallo stesso Pastore e relativa ad un precedente procedimento nei suoi confronti). Ciò è avvenuto nella specie: sussiste, dunque, quell’inerenza che sostiene l’ultrattività dell’assoggettamento alle regole dell’Ordinamento sportivo.

Sotto il secondo profilo, si osserva che non può essere posta in discussione la figura apicale del Presidente del Comitato Regionale ed il suo compito di direzione e decisione su ogni aspetto dell’attività del Comitato. Tanto risulta chiaramente dall’art. 14 del Regolamento della LND, ove vengono descritti i compiti del Comitato in termini di relativa autonomia “1. I Comitati Regionali costituiscono l’articolazione funzionale della Lega di cui essa si avvale per l’organizzazione dell'attività agonistica periferica mediante l'attribuzione di compiti tecnico-sportivi svolti con autonomia organizzativa ed esercitano le funzioni amministrative e di gestione delegate dalla L.N.D.. In ogni caso, la L.N.D. favorisce e riconosce ai Comitati Regionali l’autonomo reperimento di risorse finanziarie e di contributi finalizzati al sostegno della propria attività e delle proprie Società, con vincolo di destinazione di tal i risorse e contributi al medesimo Comitato, purché non in contrasto con i principi e gli indirizzi economici, finanziari e di marketing fissati dalla L.N.D.. Per la gestione delle attività immobiliari, i Comitati Regionali possono avvalersi di Società immobiliari da essi controllate, i cui organi amministrativi e di controllo sono designati  dal Consiglio di Presidenza dei Comitati medesimi…. II Presidente nomina il Segretario ed eventualmente il Vice Segretario del Comitato Regionale; rappresenta il Comitato Regionale ad ogni effetto, convoca l’Assemblea ed è componente del Consiglio Direttivo della Lega. Egli è eletto dall’Assemblea del Comitato, con votazione separata e resta in carica per un quadriennio olímpico….”.

Sempre in relazione alle questioni pregiudiziali, occorre esaminare quelle proposte dalla difesa dell’incolpato, in via articolata, concernenti il possibile “bis in idem” rispetto a diversi altri procedimenti già conclusi nei confronti del Dott. Pastore, sempre attinenti ai fatti gestionali del Comitato Campano nel periodo sotto la sua Presidenza.

Mutuando necessariamente la disciplina dell’istituto dal diritto processuale ordinario, si rammenta che la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 34655/2005, ha stabilito che “Le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 c.p.p., devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, l’impromovibilità dell’azione penale in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, sempreché i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede giudiziaria”.

Al fine di stabilire quindi se i fatti per cui si procede siano coincidenti, oggettivamente e soggettivamente, con quelli per i quali è stato celebrato altro e diverso procedimento di Giustizia Sportiva occorre mettere a confronto i relativi deferimenti.

Il procedimento concluso con decisione TNF n. 68 del 12 aprile 2016 ha avuto ad oggetto la “violazione delle norme di comportamento di cui ai principi di lealtà, correttezza e probità previsti dall’art. 1 – bis del vigente CGS, per aver:

a) tutti i soggetti sopra indicati, omesso – nello svolgimento dell’incarico a ciascuno attribuito – ogni iniziativa utile ad impedire, contrastare o comunque rendere particolarmente difficile l’appropriazione indebita che, allo stato degli atti, parrebbe perpetrata dal Sig. D.C. (quale Responsabile amministrativo del C.R. Campania, nonché di gestore, in totale autonomina, della Cassa contanti del predetto C.R. e diretto referente con l’Azienda di credito incaricata del servizio di tesoreria del C.R. Campani, non soggetto alla giurisdizione Federale), che ha sottratto somme di competenza del C.R. di elevato importo (in corso di definitivo accertamento) con molteplici azioni commesse in un ampio arco di tempo (decorrente presumibilmente dal mese di ottobre 2009), senza che nessuno dei soggetti (Presidente, Vice Presidente, Revisori) competenti ad esercitare su di lui i più opportuni e necessari controlli, in ragione della carica dagli stessi ricoperta e della circostanza che il responsabile dell’Ufficio amministrativo riferisse direttamente a loro in base all’organizzazione interna del Comitato, venendo così meno ai propri ordinari doveri di vigilanza non avendo mai riscontrato nell’illecito comportamento appropriativo, pur reiteratamente posto in essere dall’autore del fatto, aspetti meritevoli di specifico approfondimento, né rivolto allo stesso richiami, contestazioni e/o richieste di produrre documentazione giustificativa del proprio operato, trascurando colpevolmente elementari regole di buona amministrazione e le disposizioni interne della L.N.D.;

b) i componenti pro tempore del Consiglio di Presidenza del C.R. (Signori Colonna, Pastore, Jacoviello e Battaglia), ciascuno per il periodo di rispettiva competenza, omesso di adottare la necessaria delibera del Consiglio di presidenza del C.R. Campania di autorizzazione alla sottoscrizione degli atti relativi ai rapporti bancari, la cui mancata adozione già di per se stessa connota in senso irregolare tutta l’attività compiuta (in violazione dell’art. 50 r.a.c.);

c) i Presidente pro tempore del C.R. (Signori Colonna e Pastore), esercitato e fatto esercitare al Responsabile amministrativo (Sig. D.C.), per tutto il periodo considerato, i rapporti bancari benché privi della necessaria delibera autorizzativa del Consiglio di presidenza, mai adottata (in violazione dell’art. 50 R.AC);

d) i componenti del Collegio dei revisori dei conti (Signori Fragomeni, Capuozzo e Loria), omesso di verificare la sussistenza della preventiva autorizzazione per lo svolgimento dei rapporti bancari;

e) tutti i soggetti sopra indicati (ad eccezione dell’ex Presidente Sig. Colonna, cessato dall’incarico in epoca precedente), omesso ogni utile iniziativa per assicurare concreta attuazione al “Modello organizzativo, di gestione e controllo ex d. lgs. N. 231 del 2001”, adottato per la parte generale con delibera del Consiglio Direttivo del C.R. Campania del 23/12/2012 e per la parte speciale con delibera del 23/12/2014.”

Il procedimento concluso con la decisione TNF n. 13 del 14 settembre 2016 ha avuto ad oggetto la “violazione dell’art. 1 bis comma 1, ovvero del dovere fatto a ciascun soggetto dell’Ordinamento Federale di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva secondo i principi di lealtà, correttezza e probità, nella propria qualità di vertice apicale del sopra detto Comitato Regionale e, dunque, di soggetto avente, almeno nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità della corretta gestione contabile – amministrativa del Comitato da esso in quel momentopresieduto per aver:

a) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dar luogo alla puntuale rimessa alla FIGC delle somme dovute dal Comitato per “sanzioni comminate dalla Commissione Disciplinare Nazionale” (ora Tribunale Federale Nazionale - Sez. Disciplinare) favorendo, in tal modo, una ingiustificata esposizione del Comitato, per quegli importi, verso la Federazione;

b) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a consentire di procedere alla restituzione in favore di n. 5 Società affiliate (US Arzanese Srl; ASD.US Scafatese Calcio; ASG. Nocerina Srl; SS Cavese 1919 Srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da quelle somme, propri di queste ultime;

c) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad assicurare il corretto e tempestivo adempimento da parte del Comitato ai pagamenti in favore dei propri fornitori e collaboratori, dando, per l’effetto, causa all’insorgenza di una rilevante esposizione debitoria del primo nei confronti dei secondi;

d) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare effettiva e concreta attuazione al protocollo d’intesa sottoscritto in data 26.1.2015 tra il Comitato e la Regione Campania e finalizzato al finanziamento e alla realizzazione di opere di adeguamento e ristrutturazione di n. 6 impianti sportivi campani (nella specie: Avellino – impianto sportivo al Borgo Ferrovia; Benevento – impianto sportivo in località Avellola; Caserta – impianto sportivo “Salvatore Commaia”; Napoli – Secondigliano – impianto sportivo “Ottimo Barassi”; Salerno – impianto sportivo “XXIV maggio 1999”; San Gregorio Magno (SA) – centro sportivo in località Valle; per un costo stimato in 7 milioni di Euro.”

Dal confronto tra le contestazioni effettuate dalla Procura Federale risulta evidente la sostanziale identità di taluni dei fatti contestati, tanto da configurarsi ictu oculi la violazione del generale divieto di bis in idem in relazione a:

- il fatto di cui al punto 4 del deferimento oggi in esame, che coincide con la lettera e) del deferimento trattato nel giudizio concluso con decisione n.68/TNF 2016. Infatti, posto che l’addebito concerne la violazione dell’art.1 bis CGS in forma omissiva, non può distinguersi il fatto costituito dalla semplice omissione di invio dl flusso informativo – come delineato nel deferimento in esame – rispetto alla più generale omissione di “ogni utile iniziativa per l’attuazione del Modello organizzativo, di gestione e controllo ex d. Lgs. N. 231 del 2001”. È evidente, infatti, che il mancato invio di flussi di informazione costituisce una componente della più generale colpevole inerzia nell’attuazione del modello;

- il fatto di cui al punto 3 del deferimento oggi in esame, che rientra nella lettera b) del deferimento da cui ha avuto origine la decisione n. 13/TFN del 14 settembre 2016. Infatti, in quest’ultimo addebito si fa espresso riferimento alla “restituzione in favore di n. 5 Società affiliate (US Arzanese Srl; ASD.US Scafatese Calcio; ASG. Nocerina Srl; SS Cavese 1919 Srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali…”, con formulazione anche letteralmente simile a quella di cui al punto 2 della contestazione oggetto del presente procedimento, che ne rappresenta una mera specificazione, posto che è indicata la sola SS Cavese 1919 e che è precisato l’importo di € 250.000,00 Euro, ma senza che si possa individuare elementi di novità, innovazione e, infine, differenza rispetto al fatto già contestato e giudicato nel procedimento ora richiamato. Né sono condivisibili le deduzioni della Procura che, sul punto, ha riferito sia la necessità di dover procedere alle contestazioni a mano a mano che si determina la materiale disponibilità della copiosa documentazione, sia il fatto che la nuova indagine, da cui è il presente procedimento, ha riguardato fatti successivi – ed accertati in base a diversi documenti – rispetto a quelli fatti oggetto delle precedenti pronunce.

Infatti, occorre ribadire che la violazione dell’art. 1 bis del CGS nelle specifica forma omissiva che ci riguarda, ha per oggetto in generale la “culpa in vigilando” a carico del Presidente del Comitato pro tempore che si è riverberata nel dissesto dell’intera gestione.

Il concetto stesso di “gestione” non è di per sé frazionabile all’infinito in una molteplicità distinta di comportamenti, azioni o condotte: queste sussistono senza dubbio, ma il procedimento disciplinare sportivo che ne deriva a carico di colui che ha violato i criteri della buona gestione, quanto meno in via colposa, non può essere moltiplicato innumerevoli volte, per quanti sono i possibili comportamenti che hanno contribuito, non singolarmente, ma tutti insieme, a provocare il dissesto gestionale.

Alla luce di quanto sopra va giudicato improponibile il deferimento in relazione ai punti 3 e 4 dello stesso, per violazione del principio di divieto di bis in idem nei termini rappresentati. Quanto agli altri due capi di contestazione si osserva quanto segue».

Ciò premesso e deciso, in via preliminare, nel merito il TFN ha ritenuto non provata «la “culpa in vigilando” in relazione al capo di deferimento di cui al punto 1».

«È infatti provato documentalmente», afferma il TFN, «sia l’esistenza di diversi provvedimenti autorizzativi della LND succedutisi nel tempo, che autorizzavano la cancellazione di ingenti importi dal bilancio di esercizio per crediti inesigibili o perenti; è altresì provato che il Consiglio Regionale campano, sotto la guida del Presidente Pastore, abbia conferito incarico al Vice Presidente Avv. Iacoviello di svolgere una disamina completa dei crediti da recuperare ed avviare le conseguenti iniziative di recupero. Pur non essendo certo se tali iniziative siano state poi effettivamente coltivate o abbiano portato frutto, tuttavia le stesse furono deliberate su impulso del Dott. Pastore cui pertanto, sotto tale profilo, non può essere ritenuto fondato l’addebito di omissione di vigilanza. Allo stesso modo va inquadrata la vicenda delle c.d. “rateizzazione” da parte delle Società delle quote di iscrizione al campionato e/o delle sanzioni pecuniarie. È emerso anche dagli atti di indagine, infatti, che tale prassi fosse tollerata anche dagli Organi della LND che autorizzavano la forzatura del sistema informatizzato per consentire il perfezionamento dell’iscrizione di alcune Società che, non essendo in regola con i pagamenti, si sarebbero viste automaticamente impossibilitate a completare la procedura. Anche sotto questo profilo non vi è prova che tale prassi si sia affermata per colpa esclusiva del Pastore e non per un concorso di circostanze diffuse e concordate con gli Organi di Lega».

Al contrario, il TFN ha, invece, ritenuto «fondato l’addebito di cui al punto 2 del deferimento. Esso sintetizza, per quanto possibile, la contestazione di culpa in vigilando rivolta alla figura apicale del Comitato. Infatti, le gravi carenze di carattere amministrativo risultano nel “Verbale di operazioni compiute” steso dalla Guardia di Finanza, in data 16/12/15, all’esito della attività di ispezione e controllo dalla stessa condotta presso la sede del Comitato Regionale Campania al fine di verificare la regolarità delle operazioni bancarie, con specifico riferimento a tutti gli assegni circolari emessi, effettuate dal Comitato stesso, e dalla quale è emersa l’esistenza di ben 313 operazioni per importi non giustificati (per un valore complessivo di € 1.067.098,18) tali da aver nel loro insieme provocato un oggettivo danno economico e patrimoniale, tanto, al Comitato, quanto, più in generale, alla F.I.G.C. La fattispecie così formulata, oltre che rendere conto del grave danno causato alle casse del Comitato da un elevato numero di operazioni, risulta non coperta, forse casualmente, dal “decisum” degli altri procedimenti in precedenza richiamati. Non dalla decisione 68, perché la culpa in vigilando, in quel caso, è contestata in relazione alla sola Appropriazione indebita perpetrata anche in conseguenza dell’omesso controllo; non dalla decisione n. 13 perché la colpa, in quel caso, è configurata come causa efficiente dell’omissione di trasferimenti finanziari alla Lega e/o di pagamenti a collaboratori o fornitori (o, come già detto, a Società creditrici).

In nessun caso, tuttavia risulta delineata la fattispecie omissiva della culpa in vigilando in riferimento ad un certo numero di operazioni contabili che hanno comportato un risultato patrimoniale negativo certo e determinato, il che equivale a delineare il dissesto finanziario del Comitato per culpa in vigilando della sua figura apicale. In questi termini il deferimento deve intendersi ampiamente provato, né resistono le difese interposte in senso contrario.

Come già si legge nella richiamata decisione n. 68 di questo Tribunale, “questo Ordinamento sportivo imponga ai propri tesserati - attraverso la ampia formulazione dell’art. 1 bis – di “comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità”, giudicando così punibili talune condotte che altri ordinamenti ritengono neutre, o comunque irrilevanti sotto il profilo disciplinare. Ne consegue che le decisioni sanzionatorie di questo Ordinamento non comportano, di per sé, un giudizio di disvalore etico e morale, soprattutto allorché, come nella specie, sono addebitate omissioni nei compiti di vigilanza, e, dunque, la sola infrazione di quella porzione del generale obbligo di correttezza che ricomprende lo svolgimento puntuale e diligente dei compiti affidati. Di contro devesi anche sottolineare, per un verso, come il mancato svolgimento dei propri compiti – pur se qualificato genericamente “colposo” – costituisca, in ultima analisi, un comportamento omissivo volontario (ancorché senza effettiva previsione dell’evento negativo a esso ricollegato, e, comunque, in difetto di ogni intento di realizzarlo), che anche gli altri ordinamenti conoscono e sanzionano (soprattutto in materia “professionale” e societaria), e, per altro verso, come la omissione di un compito di vigilanza può determinare – come è accaduto nella specie – conseguenze assai rilevanti, che, inevitabilmente, si riflettono sul giudizio di gravità in ordine alle omissioni commesse.”

Il deferimento della Procura deve essere pertanto accolto, in parte qua, e la sanzione determinata proporzionalmente».

Pertanto, il TFN ha così deciso: «dichiara la non proponibilità dell’azione disciplinare in relazione ai capi 3 e 4 del deferimento per violazione del divieto di bis in idem in relazione ai contenuti ed alla portata delle decisioni n. 68 e n. 13/TNF/2016.

Proscioglie l’incolpato in relazione al capo 1 del deferimento per essere il fatto non provato.

Accertata la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS da parte del dott. Pastore in relazione al capo 2 del deferimento, gli irroga la sanzione della inibizione per mesi 3 (tre)».

Reclamo.

Avverso la predetta decisione il dott. Vincenzo Pastore, come assistito, ha proposto appello, lamentando:

- Omessa - insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia – violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale – art. 1 bis, commi 1 e 5, CGS – Estraneità all’Ordinamento federale.

Anche con questo ricorso l’appellante ripropone, in primo luogo, l’eccezione di non assoggettabilità alla giurisdizione degli organi di giustizia sportiva della FIGC. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il provvedimento di decadenza dalla  carica di presidente del Comitato regionale Campania adottato dalla LND ha comportato l’interruzione del nesso di collegamento (i.e. vincolo) necessario tra la Federazione e lo stesso Pastore, atteso che lo stesso non sarebbe più tesserato e «non più assoggettato alla giurisdizione domestica», essendo, nella sostanza, venuta meno l’efficacia della clausola compromissoria di cui all’art. 30 dello Statuto della Federcalcio. Secondo l’appellante, «la sottoscrizione del predetto vincolo, invero, è conditio sine qua non, per l’attribuzione delle controversie alla cognizione degli organi di giustizia sportiva, il cui presupposto è l’appartenenza del soggetto al cosiddetto ordinamento federale».

Il TFN sarebbe, peraltro, «caduto in un rilevante errore ontologico, in quanto non ha rilevato che la presente fattispecie, in relazione a questo aspetto specifico, è assolutamente nuova, mai esaminata prima e diversa da quelle sulle quali si è già pronunciato in precedenza».

- Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – violazione del divieto di bis in idem – improponibilità ed improcedibilità dell’azione disciplinare.

Si legge in ricorso dell’erroneità della decisione impugnata, perché il «Tribunale, sui quattro capi di incolpazione di cui al deferimento disciplinare, ha annullato il n. 1 per essere il fatto non provato ed ha dichiarato la non proponibilità dell’azione disciplinare per il n. 3 ed il n. 4, per violazione del divieto di bis in idem, in relazione alle decisioni n. 68 e n. 13 del TFN/2016, mentre non ha ritenuto sussistente il medesimo divieto per il n. 2, con una contraddittoria motivazione».

Ritiene, il reclamante, che «tra le righe della motivazione» possa leggersi «che il Tribunale non è certo della insussistenza del bis in idem»; tuttavia, «poi, attenendosi al dato lessicale e formale, giunge ad affermarne la insussistenza».

Al fine di tentare di diradare «il dubbio che ha assalito il Tribunale, il quale, trovandosi investito di una molteplicità di giudizi a carico del Pastore, tutti per condotta omissiva, ma con le sue varie sfaccettature, si è un po’ disorientato», la difesa del reclamante si impegna in un meticoloso riepilogo delle incolpazioni mosse – in questo ed altro procedimento (definito con decisione n. 12 del 2016 di questa Corte) – al dott. Pastore nei diversi procedimenti disciplinari instaurati a suo carico della Procura federale, al fine di evidenziare come emerga «in maniera palese come quello che ha dato luogo alla delibera del TFN n. 68 ed alle successive impugnazioni e statuizioni, il presidente Pastore è stato sanzionato, a titolo di culpa in vigilando, per l’appropriazione indebita del Cerbone pari ad Euro 918.865,48 e dunque per la omessa vigilanza sul complessivo episodio distrattivo e per il contesto complessivo della vicenda, con la conseguenza che l’ammanco di cassa ha comportato, per evidenti ragioni, il disordine contabile per il quale è già stato, pertanto, giudicato».

Evidenzia, in tal ottica, il ricorrente come l’importo di euro 1.160.335,17 relativo ad assegni privi della necessaria documentazione di spesa, in primo luogo (come emergerebbe dalla relazione della Labet del 24.8.2015) sarebbe relativo al «periodo 1.7.09 – 30.6.15 circa 6 anni, mentre il Pastore è divenuto presidente dal 05.12.12» e, comunque, come «proprio la Guardia di Finanza, come risulta dallo schema riepilogativo e fatto proprio dal GIP presso il Tribunale di Napoli con provvedimento del 03/02/16 ha sempre fatto riferimento ad assegni privi di giustificazione per un importo pari ad euro 918.865,48, dunque l’ammanco di cassa del quale Cerbone si è appropriato e per il quale il Pastore è già stato sanzionato».

- Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – violazione e falsa applicazione dell’art. 1 bis CGS-FIGC – Proscioglimento, perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto, perché manca la prova, oltre ogni ragionevole dubbio.

Si legge in ricorso che la decisione di prime cure è impugnata perché il TFN, «ritenendo che il Pastore rivesta un ruolo apicale di controllo, gli attribuisce, a titolo di “culpa in vigilando”, il disordine “amministrativo e contabile” del Comitato, causato dai dipendenti LND-FIGC e, per l’effetto, l’ha sanzionato per la condotta omissiva, in ragione della violazione dell’art. 1 bis CGS».

La culpa in vigilando si fonderebbe, dunque, in altri termini, afferma il ricorrente, «sull’errato presupposto della posizione apicale ricoperta dal presidente Pastore, che avrebbe la potestà di sindacare sull’operato del responsabile del settore amministrativo e contabile», laddove sarebbe, invece, «chiaro che il disordine amministrativo e contabile è legato esclusivamente alle 313 operazioni che hanno caratterizzato la condotta appropriativa del Cerbone (responsabile amministrativo) e non ad altro» e che ammontano «ad euro 918.865,48 come indicato dalla Guardia di Finanza nel suo verbale del 16.12.15 e non ad euro 1.067.098,18, come erroneamente indicato dalla relazione Labet, fatta propria dal Tribunale».

- Riduzione della sanzione – Applicazione della continuazione ex art. 81 c.p. – art. 671 c.p.p.

Lamenta, infine, il reclamante l’eccessività della sanzione, ritenendo che «le eccezioni, innanzi formulate, unitamente alle motivazioni poste a loro fondamento, possano condurre Codesta Ecc.ma Corte, se non al richiesto annullamento della sanzione, quantomeno a contenerla in termini più congrui, con particolare riferimento all’aspetto che, qualora si riconoscesse nel presidente una figura apicale del Comitato, essa possa essere tutt’al più intesa come figura “apicale di indirizzo politico”, ma non come figura “apicale di controllo”».

Chiede, comunque, il ricorrente l’applicazione dell’istituto della continuazione, anche in considerazione del fatto che, «essendo stato il Pastore sanzionato per la violazione dell’art. 1 bis CGS  –  FIGC  per  una  serie  di  comportamenti  concretizzatisi  tutti  nell’espletamento  del  suo mandato, la continuazione dovrà essere applicata per tutte le decisioni che si seguito si riassumono:

1) Def. n. 8999/90 – Delibera TFN n. 68 del 12/04/16 (inibizione per mesi 6), confermata dalla CFA – Sez. Unite n. 12 del 28/07/16, annullata con rinvio CGS n. 49 del 18/10/16 ed infine riconfermata dalla n. 73/CFA dell’1/12/16;

2) Def. n. 9363/246 – Delibera TFN n. 93 del 30/06/16 (inibizione per anni 1), confermata dalla CFA – Sez. Unite n. 48 del 14.10.16, in presentazione di impugnazione al CGS, il quale dovrà pronunciarsi entro 12/01/17;

3) Def. n. 15710/288 – Delibera TFN n. 13 del 14/07/16 (inibizione per mesi 18 ed euro 5.000,00 di ammenda) – CFA Sez. Unite in attesa di fissazione dell’udienza;

4) Def. n. 1545/744 – TFN n. 35 dell’1/12/16 (inibizione per mesi 3), impugnata alla CFA;

5) Def. n. 1950/811 – TFN n. 35 dell’1/12/16 (inibizione per mesi 3 ed euro 1.500,00 di ammenda), impugnata alla CFA».

- Conclude, quindi, il ricorrente, chiedendo: in via preliminare, dichiararsi l’improponibilità e l’improcedibilità dell’azione disciplinare, per violazione del divieto di bis in idem; sempre in via preliminare, dichairarsi il difetto di giurisdizione degli organi di giustizia sportiva; in via principale, annullarsi la decisione del Tribunale federale nazionale e, per l’effetto, dichiararsi il proscioglimento; in via subordinata, ridursi la sanzione, «per poi, in applicazione del principio della continuazione, aumentarla di 10 giorni sulla decisione n. 73/CFA passata in giudicato».

Giudizio CFA

Alla seduta fissata innanzi a questa Corte per il giorno 3 Febbraio 2017 è comparso il rappresentante della Procura federale che, preso atto della istanza di differimento presentata dalla difesa del ricorrente, non si è opposto al richiesto differimento.

La Corte, vista l’istanza di rinvio presentata dall’avv. Gaetano Aita, nella qualità di difensore del dott. Vincenzo Pastore, attesa l’impossibilità dello stesso a presenziare all’udienza odierna «essendo in pari data ed alla stessa ora impegnato innanzi al Collegio Arbitrale presso la Lega Pro, in una vertenza la cui udienza è già fissata da tempo», preso atto della espressa richiesta di sospensione dei termini, «ai sensi e per gli effetti degli artt. 34 bis comma 5 CGS – Figc e 38 comma 5 CGS – Coni, per l’intera durata del differimento», ha emesso la seguente

ORDINANZA

- Letta l’istanza scritta dd. 23.1.2017 dell’avv. Gaetano Aita, nella qualità di difensore del dott. Pastore;

- Ritenute esistenti legittime esigenze difensive;

- Tenuto conto dei principi del giusto processo applicabili anche ai procedimenti disciplinari sportivi;

- Considerata la ricorrenza di ragioni di economia processuale;

- Ritenuto opportuno valutare l’eventuale sussistenza di ragioni di connessione anche oggettiva del presente procedimento con altro chiamato, innanzi a questa Corte, alla seduta del 9 Febbraio 2017, ed anch’esso avente ad oggetto contestazioni relative a condotte ascrivibili alla carica di Presidente del Comitato Regionale Campania della L.N.D. del dott. Vincenzo Pastore, anche ai fini di eventuali valutazioni in ordine alla richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione;

- Preso atto della espressa rinuncia ai termini di estinzione del procedimento e, segnatamente, di quello di cui all’art. 34 bis, comma 2, C.G.S.;

- Visto l’art. 38, comma 5, lett. c) e d) del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I.;

- Sentito il rappresentante della Procura Federale, che non si è opposto al richiesto differimento;

DISPONE

il differimento della seduta odierna al giorno 9 Febbraio 2017, h. 17.00;

SOSPENDE

la decorrenza dei termini di estinzione del presente procedimento disciplinare e, in particolare, di quelli di cui all’art. 34 bis, comma 2, C.G.S..

Alla seduta, così fissata, per il giorno 9 Febbraio 2017 sono comparsi il rappresentante della Procura federale, nonché l’avv. Gaetano Aida, per il reclamante dott. Vincenzo Pastore, presente personalmente.

Terminate le illustrazioni difensive delle parti, sopra sinteticamente riferite, dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale, preliminarmente disposta la riunione dei tre procedimenti di cui trattasi, attese ragioni di connessione soggettiva e anche in parte oggettiva e, comunque, di economia processuale, ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti

MOTIVI

- Come anche richiesto dalla difesa del reclamante la Corte dispone, anzitutto, la riunione dei tre procedimenti chiamati alla udienza odierna, ritenendone sussistere i presupposti anche ai fini della valutazione complessiva dei fatti contestati al dott. Pastore con i diversi deferimenti e delle relative responsabilità allo stesso imputate, anche ai fini della eventuale applicazione dell’istituto della continuazione e, comunque, attese evidenti ragioni di opportunità e di economia processuale.

- In via logicamente preliminare deve essere, dapprima, esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione, riproposta dal reclamante anche in questa fase del giudizio.

L’eccezione è priva di pregio.

Come già correttamente affermato dal Tribunale disciplinare il dott. Vincenzo Pastore è stato deferito in relazione a condotte poste in essere nella sua qualità di presidente del Comitato regionale Campania della Lega nazionale dilettanti. Questo Collegio non nutre, pertanto, dubbio alcuno sulla competenza “giurisdizionale” degli organi federali di giustizia sportiva a giudicarlo per le violazioni allo stesso ascritte con l’atto di deferimento della Procura federale.

In definitiva, dunque, la giurisdizione di questa Corte è determinata dalla pacifica appartenza, all’epoca dei fatti, del dott. Vincenzo Pastore all’ordinamento federale. In tal senso, peraltro, ha già deciso il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, proprio con riferimento ad un ricorso proposto dallo stesso dott. Vincenzo Pastore avverso altra pronuncia di questa Corte. Così si è espresso il predetto Collegio: «Le previsioni statutarie e regolamentari, a cui l’associato soggiace per effetto del tesseramento, possono operare  anche  per il tempo successivo alla  cessazione del vincolo associativo, purchè riguardino vicende attinenti a quel vincolo e con effetti limitati ad esso (in termini la decisione di questo Collegio del 23.2.2015 n. 5). Ciò è avvenuto nella specie: sussiste, dunque, quell’inerenza che sostiene l’ultrattività dell’assoggettamento alle regole dell’ordinamento sportivo» (Coll. Gar. Sport, decisione 11 ottobre 2016, n. 49).

- Sempre in via preliminare, questa Corte ritiene non possano essere condivise le censure, di omessa o insufficiente motivazione della impugnata decisione, agitate dall’appellante.

In un contesto più generale di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione, anche in funzione del crescente rilievo attribuito dalla giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva idoneità e giustificabilità degli stessi, anche le pronunce degli organi di giustizia sportiva devono mostrarsi in linea con le finalità teleologiche dell’istituto: pertanto, la motivazione, che deve essere correlata alle risultanze istruttorie acquisite al procedimento e che costituisce il momento formativo della decisione, deve essere articolata nei due momenti essenziali, rappresentati  dall’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e dall’indicazione delle ragioni sulle quali si basa la decisione stessa.

Orbene, ciò premesso ritiene, questa Corte, che il Tribunale di prime cure abbia adeguatamente motivato le proprie decisioni, qui impugnate dal dott. Pastore, esplicitando, seppur in modo sintetico, come, peraltro, previsto e richiesto dalle disposizioni federali e dalla norma di cui all’art. 2, comma 5, del codice di giustizia sportiva del Coni, le ragioni che hanno condotto all’accoglimento di parte dei deferimenti di cui trattasi, con specificazione dei principali elementi probatori a supporto del proprio convincimento. Pertanto, le decisioni oggetto del presente giudizio d’appello potranno essere giudicate corrette o meno, come meglio sarà indicato più avanti, ma, di certo, le stesse non possono ritenersi affette dal vizio di omessa o insufficiente motivazione.

- Quanto ai riferimenti dell’appellante alle carenze istruttorie ritiene utile, questa Corte, richiamare, ancora una volta, su un piano più generale ed in una prospettiva metodologica, i principi che presiedono all’accertamento probatorio del procedimento disciplinare sportivo e riaffermare, in particolare, l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dai codice di giustizia sportiva adottati dal Coni e dalla Figc.

La Corte non ha dubbi nel ritenere che, sotto il profilo del convincimento probatorio, il TFN si sia mosso nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore.

Come già affermato, in precedenti decisioni, da queste Sezioni unite, il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale.

Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto.

Non vi è, quindi, alcun bisogno di disporre ulteriori accertamenti ed acquisizioni documentali o testimoniali se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato, dagli organi di giustizia sportiva, congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate. In altri termini, le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio. Sotto siffatto profilo, dunque, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del codice di giustizia sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è, del resto, accaduto nel presente procedimento.

- Merita accoglimento, invece, l’eccezione di violazione del divieto di bis in idem formulata con riferimento al reclamo avverso la decisione del TFN n. 35 del 30.11.2016 relativa al deferimento della Procura federale del 3 agosto 2016 (nota n. prot. 1545/744pf15-16 /SP/cc), sopra numerato  sub 3).

Con il capo  2) di incolpazione del predetto deferimento  del 3 agosto 2016 (nota n.  prot. 1545/744pf15-16 /SP/cc), qui rubricato, come detto, sopra, al n. 3) della esposizione in fatto della presente decisione, è stato contestato al dott. Vincenzo Pastore di aver «omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad evitare l’insorgenza, o perlomeno, ad eliminare le pregiudizievoli conseguenze di quelle  gravi carenze di carattere  amministrativo e di evidente disordine contabile rilevate dalla gestione commissariale in parola per come, in specie, compendiate in quel “Verbale di operazioni compiute” steso dalla Guardia di Finanza, in data 16/12/15, all’esito della attività di ispezione e controllo dalla stessa condotta presso la sede del Comitato Regionale Campania al fine di verificare la regolarità delle operazioni bancarie, con specifico riferimento a tutti gli assegni circolari emessi, effettuate dal Comitato stesso, e dalla quale è emersa l’esistenza di ben 313 operazioni per importi non giustificati (per un valore complessivo di € 1.067.098,18) tali da aver nel loro insieme provocato un oggettivo danno economico e patrimoniale, tanto, al Comitato, quanto, più in generale, alla F.I.G.C.».

Risulta in atti che con precedente deferimento (prot. 8999/90 pf15-16 SP/gb del 2 marzo 2016) il Procuratore federale ha contestato al dott. Vincenzo Pastore e ad altri soggetti del  Comitato regionale Campania, l’omissione – nello svolgimento dell’incarico a ciascuno attribuito – di «ogni iniziativa utile ad impedire, contrastare o comunque rendere particolarmente difficile l’appropriazione indebita che, allo stato degli atti, parrebbe perpetrata dal Sig. D.C. (quale responsabile amministrativo del C.R. Campania, nonché di gestore, in totale autonomia, della cassa contanti del predetto C.R. e diretto referente con l’azienda di credito incaricata del servizio di tesoreria del C.R. Campania, non soggetto alla giurisdizione federale), che ha sottratto somme di competenza del C.R. di elevato importo (in corso di definitivo accertamento) con molteplici azioni commesse in un ampio arco di tempo (decorrente presumibilmente dal mese di ottobre 2009), senza che nessuno dei soggetti (Presidente, Vice Presidente, Revisori) competenti ad esercitare su di lui i più opportuni e necessari controlli, in ragione della carica dagli stessi ricoperta e della circostanza che il responsabile dell’Ufficio amministrativo riferisse direttamente a loro in base all’organizzazione interna del Comitato, venendo così meno ai propri ordinari doveri di vigilanza non avendo mai riscontrato nell’illecito comportamento appropriativo, pur reiteratamente posto in essere dall’autore del fatto, aspetti meritevoli di specifico approfondimento, né rivolto allo stesso richiami, contestazioni e/o richieste di produrre documentazione giustificativa del proprio operato, trascurando colpevolmente elementari regole di buona amministrazione e le disposizioni interne della L.N.D.».

Orbene, il TFN ha disatteso l’eccezione di improponibilità per violazione del principio del ne bis in idem formulata dal dott. Pastore, ritenendo «fondato l’addebito», idoneo a racchiudere, «per quanto possibile, la contestazione di culpa in vigilando rivolta alla figura apicale del Comitato». Ritiene, infatti, il Tribunale di prime cure, nella decisione n. 35 qui fatta oggetto di appello, che «le gravi carenze di carattere amministrativo risultano nel “Verbale di operazioni compiute” steso dalla Guardia di Finanza, in data 16/12/15, all’esito della attività di ispezione e controllo dalla stessa condotta presso la sede del Comitato Regionale Campania al fine di verificare la regolarità delle operazioni bancarie, con specifico riferimento a tutti gli assegni circolari emessi, effettuate dal Comitato stesso, e dalla quale è emersa l’esistenza di ben 313 operazioni per importi non giustificati (per un valore complessivo di € 1.067.098,18) tali da aver nel loro insieme provocato un oggettivo danno economico e patrimoniale, tanto, al Comitato, quanto, più in generale, alla F.I.G.C.».

Deve, peraltro, darsi conto del fatto che lo stesso TFN si è posto il dubbio di una eventuale sovrapposizione della contestazione esaminata e decisa con la predetta decisione del 30.11.2016 con altre precedenti contestazioni mosse al dott. Pastore dalla Procura federale («la fattispecie così formulata, oltre che rendere conto del grave danno causato alle casse del Comitato da un elevato numero di operazioni, risulta non coperta, forse casualmente, dal “decisum” degli altri procedimenti in precedenza richiamati», sciogliendo, tuttavia, il dubbio in senso sfavorevole al deferito, sulla base del fatto che nella decisione n. 68/TFN del 12 aprile 2016 «la culpa in vigilando, in quel caso, è contestata in relazione alla sola appropriazione indebita perpetrata anche in conseguenza dell’omesso controllo».

In  realtà,  una  complessiva  rivalutazione  dei  fatti  dedotti  in  giudizio  ed  una  più  accurata sostanziale comparazione tra i fatti contestati nei due diversi capi di incolpazione sopra riportati, specie alla luce delle relative decisioni del TFN (e, per il secondo sopra citato deferimento, anche di questa Corte) conducono a ritenere che la contestazione concerna il medesimo addebito, come correttamente sostenuto dalla difesa dell’appellante, anche in sede di discussione. Ciò che, infatti, in entrambi i predetti capi di incolpazione viene imputato al dott. Pastore è la violazione del precetto generale di cui all’art. 1 bis CGS per avere omesso una opportuna, quanto doverosa, vigilanza sulla gestione finanziario-contabile del Comitato regionale Campania, di cui lo stesso ha assunto la carica di presidente, che ha portato al disordine amministrativo-contabile assimilabile ad un vero e proprio dissesto finanziario del Comitato medesimo.

Nella decisione n. 12/CFA del 28 luglio 2016 di questa Corte, che ha parzialmente riformato la decisione n. 68/TNF 68 del 12 aprile 2016, relativa al deferimento della Procura federale prot. 8999/90 pf15-16 SP/gb del 2 marzo 2016, è dato leggere: «Tutti gli appellanti (tra cui, per quanto qui interessa, il dott. Pastore – ndr), seppur per ragioni e titoli diversi, hanno violato l’art. 1 bis del vigente CGS ed i sottesi principi di lealtà, probità e correttezza, per aver omesso di assumere, ciascuno nello svolgimento dello specifico incarico assunto, le doverose iniziative utili ai fini di una migliore gestione finanziaria (presidenti e, in misura minore, vicepresidenti) o di un maggior controllo delle operazioni relative ai fondi movimentati dal Comitato regionale (revisori). Omesse iniziative ed insufficienti controlli che hanno, peraltro, reso possibile o, di fatto, agevolato l’attività alterativa del responsabile amministrativo, come contestatagli dalla Procura della Repubblica di Napoli e dallo stesso, comunque, sostanzialmente ammessa, seppur, come detto, con ridimensionamento dell’entità della somma complessivamente sottratta».

«Si versa», prosegue la Corte nella prima richiamata decisione n. 12, «in ipotesi di illecito omissivo, consistente nel mancato rispetto dei doveri imposti dall’art. 1 bis CGS e, segnatamente, dell’obbligo di improntare il proprio comportamento ai principi di lealtà, probità e correttezza. Il rimprovero che si muove agli appellanti, ciascuno in relazione al proprio ruolo ed alle proprie funzioni, è quello di non aver compiuto quelle azioni possibili (di gestione e di controllo, ciascuno in relazione alla funzione svolta od all’incarico assunto) agli stessi richieste e dagli stessi dovute. Quest’ultimo requisito, quello della doverosità del comportamento, differenzia, come noto, l’omissione dalla semplice inerzia improduttiva di effetti giuridicamente rilevanti.

Gli appellanti, ciascuno, lo si ribadisce, in relazione al proprio ruolo, incarico o mandato, avevano la possibilità concreta di agire, di operare un diverso, più penetrante, più intenso controllo sulla gestione complessiva dei fondi del Comitato, in generale, e sulla gestione amministrativo- finanziaria del sig. Cerbone, in particolare.

In particolare, i presidenti (……. e Pastore, ciascuno in relazione al periodo di propria competenza), come anche, seppur in misura sicuramente inferiore, i vicepresidenti del Comitato (……..), avevano l’obbligo, ex art. 1 bis CGS, non già e non solo di svolgere (per il tramite dei soggetti istituzionalmente  preposti o all’uopo incaricati)  tutte  le verifiche  di rito previste  dai regolamenti federali e di Lega, ma anche il dovere di operare, quantomeno, un controllo di ordine sistematico e complessivo sulla gestione dei fondi movimentati dal Comitato dagli stessi presieduto. Avevano l’onere specifico di avvedersi, specie alla luce della esperienza maturata (in particolare dal presidente Pastore), della ampia, forse eccessiva libertà di “movimento” accordata al responsabile amministrativo del Comitato regionale che, pur non essendo né il presidente, appunto, ma neppure il segretario del Comitato, disponeva, di fatto, grazie ad un controllo a maglie larghe, dei fondi del Comitato stesso, quasi in posizione autoreferenziale, senza che nessuno tra i presidenti o i vicepresidenti, abbiano avvertito l’esigenza di chiedere contezza dell’andamento complessivo della gestione della cassa.

Dovevano, segnatamente, per quanto qui interessa, i sigg.ri Pastore, …… , atteso il loro ruolo di responsabili primi del Comitato, impedire che venissero movimentati ingenti quantità di denaro contante o, quantomeno, avevano l’obbligo di chiedere spiegazioni al responsabile amministrativo delle ragioni e della effettiva necessità di circolazione di flussi di contante. Avevano l’onere di richiedere espressamente (e non lo hanno fatto) di effettuare le transazioni finanziarie per il tramite dei consueti canali bancari (bonifico, assegno circolare, ecc.), limitando, appunto, al minimo indispensabile,   la   circolazione   del   denaro   contante   (peraltro,   la   circostanza   dell’entità, particolarmente rilevante, del contante che circolava presso il Comitato Regionale Campania è stata ammessa dallo stesso Cerbone in sede di interrogatorio penale)».

Come emerge dal confronto tra i due addebiti, qui in rilievo, attribuiti al dott. Pastore viene allo stesso contestato, in sostanza, una condotta (omissiva) generale, ossia il mancato controllo, la mancata predisposizione di tutti quegli strumenti e la mancata adozione di tutte quelle iniziative necessarie o, comunque, opportune al fine di evitare una gestione contabile e finanziaria troppo “disinvolta” che ha, poi, effettivamente, causato il disordine amministrativo-contabile e finanziario di cui si diceva e reso possibile il fatto appropriativo contestato all’allora responsabile amministrativo del Comitato.

Del resto, come correttamente osservato dallo stesso Tribunale federale nazionale, non è possibile frazionare l’addebito di omessa vigilanza e adozione di specifiche idonee misure in tante volte quante sono i singoli episodi distrattivi o di mala gestio verificatisi nell’amministrazione del Comiato e che pur rientrano nell’unico complessivo concetto di disordine contabile e finanziario del Comitato regionale Campania.

In ogni caso, peraltro, anche laddove si fosse trattato di fatti contestati non identici, come di recente affermato dalla Corte Costituzionale (sent. 21 luglio 2016, n. 200) «la regola di giudizio del "ne bis in idem" deve trovare eventuale spazio applicativo anche nel caso in cui vi sia concorso formale tra ipotesi di reato già giudicata ed altra per la quale il procedimento sia iniziato».

In definitiva, il dott. Pastore già condannato con sentenza definitiva non può essere di nuovo processato per il medesimo sostanziale fatto / addebito. L’eccezione di violazione del principio del ne bis in idem formulata dalla difesa del dott. Pastore è, dunque, fondata. Per l’effetto, in ordine al capo di incolpazione n. 2) di cui al deferimento della Procura federale del 3 agosto 2016 (nota n. prot. 1545/744pf15-16 /SP/cc), sopra numerato sub 3) dell’esposizione in fatto della presente decisione, deve essere affermata la violazione del divieto di bis in idem e, di conseguenza, va accolto il relativo reclamo avverso la decisione del TFN n. 35 del 30.11.2016, con annullamento, in parte qua, della medesima decisione e dichiarazione di inammissibilità, sempre in parte qua, del relativo deferimento della Procura federale.

- Passando all’esame del merito ritiene, questa Corte, che solo uno dei reclami meriti parziale accoglimento, nei limiti di seguito precisati.

- Deferimento sub 1).

» Quanto al capo di incolpazione sub a) dell’atto di deferimento numerato sub. 1) della esposizione in fatto della presente decisione, il reclamo non appare fondato.

La Procura federale ha contestato al dott. Pastore di aver «… omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dar luogo alla puntuale rimessa alla FIGC delle somme dovute dal Comitato per “sanzioni comminate dalla Commissione Disciplinare Nazionale” (ora Tribunale Federale Nazionale - Sez. Disciplinare) favorendo, in tal modo, una ingiustificata esposizione del Comitato, per quegli importi, verso la Federazione ».

Il materiale probatorio acquisito al procedimento appare sufficiente a sostenere l’affermazione di responsabilità sul punto richiesta dalla Procura federale e già riconociuta ed accertata dal Tribunale federale nazionale.

Deve darsi atto del fatto che non è possibile ricavare idonei elementi di convincimento dalle audizioni degli interessati (Pastore e Aversano, quest’ultimo, come detto, responsabile amministrativo del Comitato regionale Campania all’epoca dei fatti).

Il sig. Aversano in sede di audizione (03.12.2015) nulla, infatti, riferisce, attesa la sua affermata mancata conoscenza della vicenda: «… su questo aspetto non posso dire nulla in quanto non conosco né l’esistenza di questi importi, né conosco i motivi per i quali non sono stati eventualemente rimessi alla F.I.G.C…».

Audizione Pastore: «ricordo bene che l’argomento è stato oggetto di colloqui con la sig.ra Lombi ed il Presidente Tavecchio, nonché di trattazione, anche per altri Comitati regionali, in consiglio direttivo di Lega. […] C’erano alcune poste indicate dalla F.I.G.C. che erano state contestate dal CR Campania, come da altri comitati, perché relative a società retrocesse dalle categorie superiori. Mi riservo una risposta dettagliata previa acquisizione del dettaglio corrispondente…».

Nella stessa direzione, non può essere trascurata la circostanza, evidenziata, del resto, nella stessa relazione del Commissario straordinario, che il mancato pagamento delle rimesse risale ad un periodo (anche) precedente l’insediamento del dott. Pastore quale presidente del Comitato regionale Campania («rimesse anche esigibili dall'anno 2008»).

Ciò premesso, reputa questo Collegio che, se le acquisizioni probatorie non sono forse sufficienti a fondare ed imputare al presidente Pastore una specifica diretta responsabilità per i mancati riversamenti alla FIGC di cui trattasi, ciò non toglie che lo stesso debba comunque essere chiamato a rispondere per aver omesso, come anche contestato dalla Procura, di assumere quelle iniziative più idonee ad evitare la violazione in esame.

Dalla relazione del Commissario straordinario del Comitato regionale Campania della LND si evince come le mancate rimesse alla Federazione per sanzioni e tasse reclamo abbiano prodotto una “ingiustificabile”   «esposizione   del   Comitato   nei   confronti   della   Federazione»   alla   luce «dell’avvenuta attività di riallineamento delle poste in estratto conto richieste a più riprese dalla Federazione». Nella stessa direzione, nella relazione della Procura federale che fa riferimento alle criticità riscontrate dal Commissario straordinario del Comitato regionale Campania, in ordine alla gestione organizzativa ed amministrativa del Comitato stesso, è dato così leggere: «nonostante le ripetute richieste pervenute da uffici della F.I.G.C. al CR Campania, gli importi delle sanzioni comminate dalla Commissione Disciplinare Nazionale, oggi T.F.N. Sez disciplinare, dovute dal Comitato alla stessa F.I.G.C. non sono state interamente versate. Risulta infatti che alla data del 31.12.2014 i debiti del Comitato verso la F.I.G.C. siano pari a 113.349,77 euro per le predette sanzioni e 2.650,00 euro per tasse di reclamo per i ricorsi presentati dagli Organi di giustizia federale...»

In questo contesto di riferimento fattuale appare, dunque, destituita di fondamento la tesi difensiva prospettata in reclamo, secondo cui il responsabile amministrativo del Comitato è l’unico soggetto deputato ad effettuare i versamenti di cui trattasi e, comunque, l’unico soggetto al quale dovrebbe essere contestata la violazione di cui trattasi. Infatti, non vi è dubbio che, comunque, il reclamante, all’epoca dei fatti presidente del Comitato, era tenuto ad effettuare una doverosa vigilanza sulla gestione amministrativa e finanziaria delle rimesse qui in esame.

Ritiene, pertanto, questa Corte, che la contestazione di cui al capo di incolpazione sub. a) sia fondata e bene abbia fatto il TFN ad affermarne la responsabilità del deferito. L’appellante ha violato l’art. 1 bis del vigente CGS ed i sottesi principi di lealtà, probità e correttezza, per aver omesso di assumere, nello svolgimento dello specifico incarico assunto, le doverose iniziative utili ai fini di una migliore gestione finanziaria o di un maggior controllo delle operazioni relative ai fondi movimentati (e non movimentati) dal Comitato regionale. Omesse iniziative ed insufficienti controlli che hanno, peraltro, reso, appunto, possibile, il mancato versamento alla FIGC delle somme di cui si è detto e/o, di fatto, agevolato la condotta violativa dei responsabili amministrativo- finanziari del Comitato. Ed in tal senso deve essere, quantomeno in parte, corretta/integrata la motivazione di cui alla impuignata decisione di prime cure.

Resta da chiarire che non si intende in alcun modo concludere per l’affermazione di  una generale, quanto generica, responsabilità da posizione apicale, non codificata nel nostro ordinamento giuridico, così come non prevista da quello settoriale sportivo. Né questa Corte intende autorizzare una inammissibile inversione dell’onere della prova, chiedendo, di fatto, all’incolpato di dimostrare di aver fatto tutto quanto dallo stesso dovuto per evitare il fatto dannoso.

Secondo questa Corte, infatti, si versa in ipotesi di illecito omissivo, consistente nel mancato rispetto dei doveri imposti dall’art. 1 bis CGS e, segnatamente, dell’obbligo di improntare il proprio comportamento ai principi di lealtà, probità e correttezza. Il rimprovero che si muove all’appellante, atteso il ruolo dallo stesso rivestito e le funzioni svolte, è quello di non aver compiuto quelle azioni possibili (di gestione e di controllo) allo stesso richieste e dallo stesso dovute. Quest’ultimo requisito, quello della doverosità del comportamento, differenzia, come noto, l’omissione dalla semplice inerzia improduttiva di effetti giuridicamente rilevanti.

L’appellante, in relazione al proprio ruolo, incarico e mandato, aveva, ovviamente per il periodo durante il quale ha assunto la qualifica di presidente, la possibilità concreta di agire, di operare un diverso, più penetrante, più intenso controllo sulla gestione complessiva dei fondi del Comitato, in generale, e sulla gestione amministrativo-finanziaria, in particolare.

In particolare, il presidente Pastore, in relazione al periodo di propria competenza “gestoria”, aveva l’obbligo, ex art. 1 bis CGS, non già e non solo di svolgere (per il tramite dei soggetti istituzionalmente preposti o all’uopo incaricati) tutte le verifiche di rito previste dai regolamenti federali e di Lega, ma anche il dovere di operare, quantomeno, un controllo di ordine sistematico e complessivo sulla gestione dei fondi movimentati dal Comitato dagli stessi presieduto e, con riferimento allo specifico capo di incolpazione qui in esame, di verificare il mancato riversamento alla FIGC delle somme a questa dovute (e dalla stessa più volte richiesta) e provvedere in modo idoneo per assicurare l’adempimento. Aveva l’onere specifico di avvedersi, specie alla luce della esperienza maturata all’interno del Comitato, della ampia, forse eccessiva libertà di “movimento” accordata al responsabile amministrativo del Comitato regionale che, pur non essendo né il presidente, appunto, ma neppure il segretario del Comitato, disponeva, di fatto, grazie ad un controllo a maglie larghe, dei fondi del Comitato stesso, quasi in posizione autoreferenziale, senza che l’appellante, nel periodo di presidenza, abbiano avvertito l’esigenza di chiedere  contezza dell’andamento complessivo della gestione finanziaria.

Tutto questo il presidente Pastore non ha fatto e non è sufficiente, a titolo di scriminante, sostenere che sono stati effettuati gli ordinari controlli previsti dalla vigente regolamentazione. «I Presidenti dei Comitati regionali», del resto, «rappresentano anche e direttamente la stessa FIGC sul territorio, svolgendo in un certo senso una sorta di funzione “prefettizia” in favore del governo centrale della FIGC. Non a caso, l’art. 20, comma 3, dello Statuto Federale prevede che i Presidenti dei Comitati regionali della LND partecipino di diritto all’Assemblea della FIGC (seppur, ovviamente, senza diritto di voto)» (TNAS, lodo 20 maggio 2010 – Guardini c/ FIGC).

Anche, poi, a voler seguire l’assunto difensivo dell’appellante, delle due l’una: o il responsabile dell’ufficio amministrativo non era tenuto a riferire a nessuno del proprio operato e a darne conto (ed allora il presidente risponde, sempre ex art. 1 bis CGS, per non aver organizzato in modo adeguato la struttura amministrativa di cui lo stesso era comunque responsabile) oppure lo stesso era effettivamente tenuto a riferire e a dare conto del proprio operato agli organi di vertice, responsabili del Comitato (e, in questo caso, appunto, il presidente Pastore è di certo responsabile quantomeno a titolo di culpa in vigilando; titolo, quest’ultimo, sufficiente a pervenire alla affermazione di responsabilità dell’odierno deferito per violazione dell’art. 1 bis CGS, per come anche affermato dal TNAS, lodo 20 maggio 2010 – Guardini c/ FIGC).

Del resto, è rinvenibile, nella fattispecie, un rapporto di preposizione e supremazia equiparabile a quella gerarchica che sussiste tra i soggetti considerati: e gli organi di vertice del Comitato sono tenuti ad esercitare a pieno il loro potere – dovere di direzione e controllo sull'attività cui è adibito il dipendente, senza potersi giovare, peraltro, sotto questo profilo, di una generica prova liberatoria di natura deduttivo-presuntiva.

Sussiste, dunque, la responsabilità dell’appellante per le suddette condotte di natura omissiva, essendo rinvenibile, in capo allo stesso, un complesso di poteri di vigilanza ed intervento rimasti privi di concreto ed idoneo esercizio. L’ordinamento federale, infatti, pretende il compimento dell’azione impeditiva doverosa in capo a soggetti che sono effettivamente dotati di un “potere” sull’accadimento e, accanto ai doveri, di volta in volta, indicati in modo specifico, pone, in capo a tutti gli associati, un generale dovere di comportarsi secondo lealtà, probità e correttezza, principi, questi, che, nel caso di specie, sono stati di certo violati.

Il legislatore federale ha, in altri termini, individuato la rilevanza illecita e, dunque, l’offesa, della condotta, nella prospettiva disciplinare che qui interessa, nel mancato compimento dell’azione dovuta (controllo complessivo e sistematico ed efficace controllo sulla struttura organizzativa di spesa del Comitato, per il presidente), che ha determinato la lesione del bene protetto. Il perdurare della condotta omissiva ha, nel caso di specie, prodotto uno stato di costante violazione dell’obbligo previsto dalla normativa federale e, quindi, di continuativa lesione dei principi codificati dall’art. 1 bis CGS, già ex sé punibile, violazione aggravata dal fatto che tali condotte hanno, poi, anche, in concreto, agevolato la violazione consistente nel mancato riversamento alla FIGC delle somme di cui trattasi.

» La decisione impugnata deve, del pari, essere confermata quanto all’affermazione di responsabilità di cui al capob) del deferimento rubricato sub 1) (“…omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a consentire di procedere alla restituzione in favore di n. 5 Società affiliate (US Arzanese Srl; A.S.D.US Scafatese Calcio; A.S.G. Nocerina Srl; SS Cavese 1919 Srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da quelle somme, propri di queste ultime..”).

A tal riguardo, nella già ricordata relazione della Procura federale è dato leggere: «… il Comitato regionale Campania ha trattenuto somme relative a società quali US Arzanese srl che vanterebbe un credito di 34.805,07 euro derivante dal deposito della fidejussione e del saldo attivo, relativi alla stagione 2014/15; ASD US Scafatese che vanterebbe un credito di 29.779,48 euro; ASG Nocerina srl che vanterebbe un credito pari a 143.172,13; la SS Cavese che vanterebbe un credito pari a 232.492,72; la SSD  Puteolana 1902 Internapoli che ha chiesto la svincolo della fidejussione proveniente da Dipartimento Interregionale pari a 29.672,06 euro e a cui è stata liquidata la somma di 22.410,20 euro con consequenziale azzeramento dell’estratto conto, pur essendo ancora in attività …».

Vaghe e generiche, anzitutto, appaiono le spiegazioni giustificative offerte dal deferito. Già in sede di audizione il dott. Pastore ha, infatti, sul punto, dichiarato: «… Arzanese e Scafatese riguardano esclusivamente la gestione commissariale in quanto le due società sono retrocesse dal Dipartimento Interregionale nella stagione sportiva  precedente. Per la Nocerina fu oggetto di corrispondenza e di una riunione del Consiglio Direttivo del Comitato Campania che definì la linea amministrativa da seguire. Si consideri che ci si è trovati a gestire una situazione molto delicata che poteva investire responsabilità del Comitato che peraltro aveva cominicato alla F.I.G.C., all’atto in cui fu chiesto il parere sull’ammissione ai campionati regionali la cui assegnazione compete alla stessa F.I.G.C..Il Comitato aveva precisato, anche in Consiglio di Lega […] che, il particolare per il caso della Cavese, i Comitati Regionali non potessero correre il rischio di essere coinvolti in pesanti situzioni debitorie, con potenziali richieste da parte dei creditori tesserati, per importi spaventosamente eccedenti quelli giacenti sul conto delle società nell’ambito del Comitato. Al riguardo, ricordo bene, di aver attivato una corrispondenza puntuale con la Lega Proe di aver avuto, ripetuti incontri con l’A.I.C… […] con i quali fu individuata una linea equanime al fine della soluzione della pesantissima situazione obeittiva della Cavese medesima. Anche per la Puteolana c’è corrispondenza formale e ricordo bene che il dipartimento Interregionale comunicò per iscritto la posizione contabile della società medesima, si da consentire al C.R. Campania di poter quantificare l’importo che era legittimo ma non obbligatorio restituire ... ».

La stessa impostazione di assoluta genericità è rinvenibile nella tesi difensiva  prospettata nell’atto di appello, nel quale si deduce solo, in sostanza, che le criticità di gestione della restituzione delle somme alle società suddette non avrebbero dovuto essere contestate al Comitato regionale Campania e che la presidenza Pastore ha costantemente salvaguardato  gli  interessi sportivi ed economici delle società del Comitato Campania, mediante azioni di cautela preventiva, e interventi di semplice prudenza amministrativa, tutelandole da possibili pericoli derivanti dalla società provenienti dai campionati nazionali.

A dire del reclamante non si è potuto provvedere alla soddisfazione dei crediti (delle anzidette società) di cui tratattasi, in quanto nessuna richiesta era stata formalizzata in tal senso e la dovuta verifica da parte del responsabile amministrativo del Comitato non era ancora ultimata:  era, pertanto, sempre secondo l’assunto difensivo, obbligo evitare di pagare indebitamente somme a titolo di risarcimento danni.

A fronte delle suddette generiche asserzioni sta il fatto che l’effettiva debenza, da parte del Comitato, delle somme di cui trattasi alle predette cinque società non è neppure, nel concreto, contestata. A riprova della sussistenza della violazione imputata al presidente Pastore vi è, inoltre, la dichiarazione del responsabile amministrativo sig. Aversano, che, nel confermare la situazione delle società retrocesse (senza, peraltro, chiarire le ragioni della criticità contestata), precisa che all’Arzatese è stato liquidato un importo di euro 12.000 a parziale soddisfacimento del credito. Da ciò si evince, appunto, che le somme di cui alla relazione commissariale fossero effettivamente dovute alle società di cui trattasi, irrilevanti rimanendo, ai fini del presente procedimento, eventuali esigenze di “prudenza” amministrativa e di sottrazione ad un ipotetico, quanto generico, rischio di esporre, nel caso di loro liquidazione, il Comitato a possibili richieste provenienti da parte di terzi soggetti creditori delle suddette medesime società.

Si richiamano, per economicità di esposizione, le considerazioni già esposte in relazione al capo precedente, in ordine alle ulteriori ragioni che conducono all’affermazione di responsabilità del presidente Pastore anche per le incolpazioni di cui al capo b).

» Il reclamo merita, invece, accoglimento in relazione al capo subc)(“… omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata ad assicurare il corretto e tempestivo adempimento da parte del Comitato ai pagamenti in favore dei propri fornitori e collaboratori, dando, per l’effetto, causa all’insorgenza di una rilevante esposizione debitoria del primo nei confronti dei secondi ...”).

Con riferimento a siffatta contestazione è dato leggere nella già citata relazione della Procura federale: «… la gestione commissariale fin dal momento del suo insediamento ha riscontrato una consistente esposizione nei confronti dei fornitori e collaboratori. In particolare, le evidenze contabili al 14 settembre u.s., data di insediamento, riportano quanto segue: debiti verso fornitore generico per 67.094,39 euro; debiti per rimborsi Commissari di campo da riaddebitare alla società per 180.000,00 euro; debiti per ufficiali di gara tornei per 55.766,80 euro ...».

Su tale aspetto queste le dichiarazioni rese dal sig. Aversano in sede di audizione: «... non conosco nel dettaglio quali siano i fornitori da pagare e i motivi del mancato pagamento di questi. Alla stessa maniera posso dire che i rimborsi ai Commissari di Campo erano all’epoca soggetti a verifiche di rito. La stessa cosa credo riguardi gli Ufficiali di gara Tornei. Vorrei precisare che ad oggi gli importi dei commissari e degli arbitri non sono ancora variati in diminuzione. Per quanto riguarda i fornitori generici posso dire che a memoria sono anche aumentati …».

Il dott. Pastore ha dichiarato, in audizione, di non conoscere i dettagli del fornitore generico, chiarendo però che i fondi per i Commissari da campo e gli Ufficiali di gara risultano debitamente accantonati e come per gli esercizi finanziari precedenti sarebbero stati rimborsati con la consueta tempistica, evidenziando che le dimissioni dell’allora resposabile amministrativo del Comitato hanno comportato un slittamento dei tempi.

Il Commissario straordinario del Comitato segnala, nella sua più volte qui richiamata relazione, «i ritardi nei pagamenti […] testimonianza della gestione contabile ed amministrativa inspirata da criteri di inadeguatezza organizzativa e disordine materiale», evidenziando anche «la difficoltà di reperire la contrattualistica e le relative procedure di selezione dei fornitori, la disorganizzazione nella predisposizione dei rimborsi spese e delle diarie dei “Commissari di campo” e,  infine, l’assenza di procedure operative finalizzate alla normalizzazione delle registrazioni contabili delle diverse voci di spesa».

A fronte di siffate valutazioni, tuttavia, in atti vi è, eloquente, quanto accertato all’esito delle indagini della Procura federale. Segnatamente, nella relativa relazione conclusiva è dato, sul punto, ad esempio, leggere che «il ritardo nel pagamento dei rimborsi ai Commissari di campo ed agli Ufficiali di gare Tornei erano dovuti alla necessità di verifiche da compiere» e che «anche allo stato attuale si riscontra una situazione analoga.

Il ritardo nel pagamento dei fornitori generici non ha registrato, ancora oggi, una consistente variazione in diminuzione nei tempi di adempimento»

Se ne deve, dunque, concludere che nessuna specifica responsabilità, neppure omissiva, è imputabile al reclamante per la violazione contestata nel capo di incolpazione sub c), tanto è vero che, ancora oggi i debiti di cui trattasi non risultano soddisfatti, indice evidente della necessità di effettuare opportune verifiche prima di procedere ai pagamenti. Peraltro, dalle risultanze documentali non emerge alcuna diffida di pagamento per le somme di cui trattasi, come neppure alcuna specica richiesta di pagamento risulta essere mai stato formalizzato al Comitato regionale Campania in relazione alle somme di cui trattasi.

» Il ricorso del dott. Pastore merita accoglimento anche in relazione al capo di incolpazione di cui alla lett. d)del deferimento rubricato sub 1)(«… omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dare effettiva e concreta attuazione al protocollo d’intesa sottoscritto in data 26.1.2015 tra il Comitato e la Regione Campania e finalizzato al finanziamento e alla realizzazione di opere di adeguamento e ristrutturazione di n. 6 impianti sportivi campani per un costo stimato in 7 milioni di euro…»).

Il dott. Pastore evidenzia, in sede di audizione, l’impegno da lui profuso quale fautore del Protocollo in parola, la cui concreta mancata attuazione sarebbe dipesa da questioni contingenti e dall’iter burocratico amministrativo che ne causato un inevitabile rallentamento, senza però comprometterne la fattiva realizzazione: «… ho agito con grande impegno quale direttore generale del Calcio Campania srl, con una infinita serie di incontri con sindaci, assessori allo Sport, dirigenti della regione Campania ed amministratori della Regione medesima […] voglio precisare di aver sempre ritenuto questo protocollo d’intesa come un autentico fiore all’occhiello del Comitato…».

Nel reclamo chiarisce, poi, che il Protocollo d’intesa sottoscritto con la Regione Campania non prevedeva alcun termine di decadenza («art. 6, secondo cpv: il presente Protocollo d’intesa entra in vigore dalla data di sottoscrizione delle parti e sarà vigente fino alla data di completa realizzazione dell’intervento»).

Il Collegio ritiene che in ordine al presente capo di incolpazione sub. d) difettino sufficienti elementi di prova per concludere per l’affermazione di responsabilità del dott. Pastore.

La mancata cantierabilità dei progetti, peraltro, potrebbe essere imputata ad altri Enti, essendo il Comitato regionale Campania, più onerato di una funzione di coordinamento e supporto tecnico, allo scopo di soddisfare le esigenze di base nella realizzazione delle opere. Peraltro, nessun danno (tantomeno, defitinito, attuale e concreto) risulta imputabile o essere stato imputato al Comitato in relazione alla mancata (o completata) cantierabilità di cui trattasi.

Del resto, la stessa relazione della Procura federale conclude evidenziando che «non sono state chiarite le ragioni dei ritardi nell’attuazione del Protocollo d’intesa siglato tra la Regione Campania e Comitato regionale Campania, con il mancato avvio delle programmate ristrutturazioni e degli incassi dei previsti contributi».

Deferimento sub 2).

Non merita accogimento il reclamo avverso la delibera n. 35/TFN che ha deciso in ordine al deferimento - nota n. 1950/811 pf15-16 SP/blp del 18.8.2016 - indicato sopra sub 2.

Appare circostanza pacifica e, comunque, non contestata e, tantomeno, smentita che le società meglio specificate nel deferimento di cui trattasi sia state iscritte a competizioni ufficiali organizzate nell’ambito del Comitato regionale Campania pur in difetto del numero minimo di calciatori tesserati e, ancor meno, di un numero utile di giocatori, ponendo, così, le premesse, perché le società medesime dovessero di fatto avvalersi, per la disputa delle singole gare, di calciatori non tesserati. Fatti, questi, alquanto gravi, laddove si pensi, da un lato, ai rischi per la salute dei medesimi calciatori non tesserati, di volta in volta impiegati in occasione delle singole gare, fatti scendere in campo senza le necessarie coperture assicurative e, ancor prima, senza le dovute e opportune visite mediche; dall’altro, all’alterazione della regolarità dei campionati e delle competizioni sportive cui hanno preso parte le società di cui trattasi.

Del tutto sufficiente, a tal riguardo, il materiale probatorio acquisito al procedimento, che appare anche sufficiente, per le valutazioni che seguono, a sostenere l’affermazione di responsabilità del dott. Pastore sul punto richiesta dalla Procura federale e già riconociuta ed accertata dal Tribunale federale nazionale.

Né il reclamante ha fornito diverse utili circostanze di fatto o, nella prospettazione difensiva, offerto una diversa, credibile, ricostruzione alternativa dei fatti di cui trattasi, ponendo, invece, in essere solo il tentativo di distogliere da sé la responsabilità per l’omessa vigilanza e la mancata adozione di condotte ed iniziative concrete (nella sua disponbilità, quale presidente del Comitato) atte a scongiurare il rischio di una gestione irregolare delle iscrizioni delle società ai campionati, per assegnarla, invece, alla LND. Non offre, in altri termini, il reclamante, utili elementi per un diverso convincimento di questa Corte.

Del resto, al dott. Pastore non viene attribuita una specifica responsabilità, a titolo diretto, per i fatti di cui al capo di imputazione di cui trattasi, ma lo stesso viene chiamato a rispondere per aver omesso di assumere quelle iniziative più idonee ad evitare che altri ponessero in essere la violazione in esame.

Ciò premesso, correttamente il Tribunale di primo grado ha ritenuto che il reclamante «sia venuto meno al dovere di vigilare sull’operato non certo delle Società che avevano commesso gli illeciti, bensì su quello degli uffici del Comitato, che, a dire dello stesso Pastore, avevano il compito di verificare il rispetto dei regolamenti. Non può difatti revocarsi in dubbio che se da una parte siffatti uffici dipendono dalla presidenza, dall’altra è compito della presidenza controllare che in ogni singolo ufficio il tutto si svolga nella più stretta osservanza delle regole. E questo certamente non è avvenuto nel caso in esame».

In questo contesto di riferimento fattuale appare, dunque, destituita di fondamento la tesi difensiva prospettata in reclamo, secondo cui (solo) altri sarebbero i responsabili dei fatti contestati. Peraltro, sotto tale profilo, gli accertamenti espletati, come riversati in atti, hanno consentito di appurare che «per quanto riguarda le modalità di raccolta delle domande di iscrizione ai campionati organizzati dal C.R. Campania e, successivamente, la verifica dei requisit necessari per l’iscrizione agli stessi, non sono state reperite “deleghe” e/o documenti che possano consentire di sostenere che vi era l’attribuzione in capo ad uno o più soggetti del compito di espletare con esclusiva responsabilità tale attività» (cfr. relazione Procura federale 5.6.2016; cfr. anche dichiarazioni dott. Andrea Vecchione e avv. Lucio Giacomardo).

In ogni caso, non vi è dubbio che il reclamante, all’epoca dei fatti presidente del Comitato, era, comunque, tenuto ad effettuare una doverosa vigilanza sulla gestione organizzativo-amministrativa di cui trattasi, essendo, peraltro, il momento della iscrizione delle società ai campionati di fondamentale importanza nell’ambito della complessiva attività istituzionale del Comitato.

Peraltro, il dott. Pastore è stato destinatario di diverse lettere, tra il 2014 e il 2015, a firma dei presidenti della LND (Tavecchio e Belloli), con le quali veniva sollecitata la soluzione della riscontrata problematica sui mancati tesseramenti e, dunque, non solo era ben a conoscenza della problematica stessa, ma ha anche risposto, quantomeno, ad una di dette lettere, assicurando, in data 30.1.2015, che avrebbe provveduto ad una “settimanale verifica della situazione in esame” e che avrebbe attivato i necessari controlli (cfr. audizione avv. Lucio Giacomardo). Conferma, dunque, questa, se mai ve ne fosse bisogno, che il dott. Pastore, quale presidente del Comitato, aveva la possibilità di porre in essere controlli e verifiche atte ad evitare le irregolarità, poi, riscontrate.

Ritiene, pertanto, questa Corte, che la contestazione di cui al capo di incolpazione qui in esame sia fondata e bene abbia fatto il TFN ad affermare la responsabilità del deferito. Il reclamante ha violato l’art. 1 bis del vigente CGS ed i sottesi principi di lealtà, probità e correttezza, per aver omesso di assumere, nello svolgimento dello specifico incarico assunto, le doverose iniziative utili ai fini di una migliore gestione del settore del Comitato preposto alla iscrizione delle società ai campionati ed alla relativa organizzazione degli. Omesse iniziative ed insufficienti controlli che hanno, peraltro, reso, appunto, possibile, l’iscrizione di numerose società ai relativi campionati di proprio competenza pur in mancanza di un numero sufficiente di calciatori, e/o, di fatto, agevolato le condotte illecite dei responsabili delle predette medesime società, tra cui quelle di essersi avvalsi, per la disputa delle singole gare, di calciatori non tesserati (e, quindi, non assicurati e senza le prescritte garanzie medico-legali), così, inoltre, alterando il regolare e ordinato svolgimento dei campionati di cui trattasi.

Al dott. Pastore viene correttamente contestata, in sostanza, una condotta (omissiva) generale, ossia il mancato controllo, la mancata predisposizione di tutti quegli strumenti e la mancata adozione di tutte quelle iniziative necessarie o, comunque, opportune al fine di evitare una gestione, delle iscrizioni ai campionati e  dell’organizzazione degli stessi, irregolare  che ha, poi, effettivamente, causato le disfunzioni e prodotto le violazioni di cui si è detto.

- Accertata e ritenuta, pertanto, la sussistenza della responsabilità del dott. Vincenzo Pastore per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, in relazione alle condotte allo stesso contestate nei capi di incolpazione:

- di cui alle lett. a) e b) del deferimento nota n. 15710/2885 pf 15-16/SP/blp del 30.06.2016, qui rubricato sub 1), [a) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a dar luogo alla puntuale rimessa alla FIGC delle somme dovute dal Comitato per “sanzioni comminate dalla Commissione disciplinare nazionale” (ora Tribunale Federale Nazionale - sez. disciplinare) favorendo, in tal modo, una ingiustificata esposizione del Comitato, per quegli importi, verso la Federazione. b) omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa volta e finalizzata a consentire di procedere alla restituzione in favore di n. 5 società affiliate (US Arzanese  srl;  A.S.D.US Scafatese Calcio; A.S.G. Nocerina srl; SS Cavese 1919 srl e SSD Puteolana 1902 Internapoli) degli importi per crediti esigibili da ciascuna delle stesse vantati nei confronti del Comitato, con conseguente compromissione dei diritti patrimoniali, derivanti da quelle somme, propri di queste ultime];

- di cui al primo periodo del capo di incolpazione allo stesso relativo del deferimento nota n. 1950/811 pf15-16 SP/blp del 18.8.2016, qui rubricato sub 2) [per aver omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa diretta ad evitare che un numero rilevante di calciatori partecipasse a gare ufficiali senza averne titolo perché privi di tesseramento];

nei limiti meglio precisati in motivazione, questa Corte è tenuta a rideterminare le complessive sanzioni inflitte al dott. Pastore, sia alla luce del proscioglimento dell’incolpato per gli addebiti contestati in relazione ai capi c) e d) del deferimento sub 1 e dell’affermata inammissibilità del deferimento sub 3, sia avuto riguardo alla gravità delle condotte di cui trattasi, atteso il ruolo apicale rivestito e della funzione svolta dal reclamante e tenuto conto della sostanziale consapevolezza dello stesso della situazione di criticità di molti profili della gestione amministrativa, contabile, finanziaria e sportiva del Comitato regionale Campania.

 Ai fini del trattamento sanzionatorio, dunque, quanto alla decisione del Tribunale federale nazionale di cui al Com. Uff. n. 13/TFN del 14.9.2016, oltre al dichiarato proscioglimento del dott. Pastore dai capi di incolpazione di cui alle lett. c) e d), occorre tenere conto del fatto che non è possibile condividere l’aggravamento di pena determinato dal TFN in relazione ad un asserito (e non motivato) comportamento processuale “scarsamente collaborativo assunto dal deferito nel corso dell’intero procedimento”. Non è chiarito in cosa sia consistito siffatto comportamento non collaborativo. Pienamente condivisibile quanto evidenziato, sul punto, dalla difesa del reclamante. Del resto, questa Corte non può non dare atto del comportamento processuale del tutto corretto e collaborativo tenuto, in questa fase del giudizio, dal dott. Pastore e dal suo legale di fiducia avv. Aida.

Tutto ciò conduce ad una riduzione della sanzione. Ritiene, questa Corte che il proscioglimento dai due suddetti capi di incolpazione giustifichi una riduzione di mesi 6 complessivi della sanzione della inibizione. Una ulteriore riduzione di mesi due di inibizione deve essere, poi, riconosciuta in relazione al disconosciuto fondamento dell’aggravamento di pena sancito in prime cure per il ritenuto comportamento non collaborativo del deferito.

Tuttavia, la sanzione così, per un verso, complessivamente rideterminata in mesi dieci di inibizione deve essere, per altro verso, aggravata in modo consistente e significativo per le seguenti ragioni: visto l’art. 37 CGS, rivalutate, in fatto e in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza, considerato il contesto complessivo della vicenda, tenuto conto della gravità dei fatti e delle violazioni contestate nei capi di incolpazione sub a) e b) del deferimento, qui, sub 1) e del loro correlato disvalore sul piano disciplinare-sportivo, tenute presenti le inevitabili ricadute  della vicenda sia in termini di lesione di immagine per la FIGC, sia in termini di offesa alla credibilità del sistema sportivo nel suo complesso considerato, ritenuta lagravità delle condotte di cui trattasi, atteso il ruolo apicale rivestito dal dott. Pastore e la sua lunga esperienza e conoscenza maturata all’interno del Comitato regionale Campania, ritiene, questa Corte, che la predetta sanzione “base” della inibizione di mesi dieci debba essere raddoppiata (mesi venti, quindi), con esclusione, tuttavia, della sanzione dell’ammenda. Tenuto, altresì, conto del minor grado di riprovevolezza o, meglio, del complessivo minor disvalore disciplinare-sportivo rinvenibile nella fattispecie della pluralità di condotte omissive legate dal requisito della continuazione, quali quelle, appunto, oggetto della fattispecie, ritiene, questa Corte, che la sanzione debba essere ridotta di mesi uno di inibizione, così, quindi, rideterminando in complessivi mesi diciannove, la sanzione della inibizione da infliggere al dott. Pastore per il primo dei deferimenti di cui trattasi.

Quanto alla decisione del Tribunale federale nazionale di cui al Com. Uff. n. 35/TFN de l 30.11.2016 (sanzione inibizione mesi tre + ammenda euro 1.500), relativo al deferimento della Procura federale di cui al provvedimento nota n. 1950/811 pf15-16 SP/blp del 18.8.2016, ritiene, questa Corte, che la stessa, in applicazione dell’istituto della continuazione, possa essere ridotta a mesi due, con esclusione della sanzione dell’ammenda.

Sotto tale profilo, deve precisarsi, con riferimento più generale all’applicazione dell’istituto della continuazione invocata dal reclamante, che questa Corte non conosce, né può comunque valutare, seppur al solo limitato scopo di stabilire l’eventuale ricorrenza della continuazione, fatti e violazioni contestate in separati e diversi giudizi e, segnatamente, nel procedimento di cui al deferimento n. 8999/90 (delibera TFN n. 68 del 12/04/2016, confermata dalla CFA n. 12 del 28/07/2016, annullata con rinvio CGS n. 49 del 18/10/16 e, quindi, riconfermata dalla CFA n. 73 del 1/12/2016) e nel procedimento di cui al deferimento n. 9363/246 (delibera TFN n. 93 del 30/06/16, confermata dalla CFA – Sez. Unite n. 48 del 14.10.16). Infatti, a prescindere dalla impossibilità, per così dire, tecnica, attesa la mancata conoscenza degli atti del diverso procedimento, vi osterebbe comunque l’autorità di giudicato acquisita, appunto, dalla predetta pronuncia. L’accertamento contenuto nella predetta decisione, infatti, una volta divenuto definitivo, non è più modificabile, né dal giudice che lo ha emesso, né dai giudici di grado superiore (c.d. inoppugnabilità) ed è incontestabile non solo sul piano sostanziale, ma, ad avviso di questa Corte, anche in ogni eventuale successivo processo, seppur in relazione ad effetti limitati (c.d. incontestabilità esterna del contenuto della decisione).

Del resto, è noto che il giudicato formale, che esprime la definitività del provvedimento, e quello sostanziale, volto a rappresentare la vincolatività del contenuto dello stesso, sono considerati momenti fondamentali, se non indefettibili, del nostro ordinamento giuridico, anche in relazione alla tutela dei diritti ed alla certezza dei rapporti giuridici ed alla stabilità degli accertamenti giudiziari. Diversamente ritenendo si recherebbe, peraltro, un evidente vulnus allo stesso sistema della giurisdizione dichiarativa, che si svolge a cognizione piena, nell’ambito di processi dotati di specifico rigore formale, che si chiudono, appunto, con una decisione idonea al giudicato formale ed a quello materiale.

Il diritto soggettivo (così come la violazione disciplinare contestata), una volta introdotto nel procedimento, è valutato nella sua pienezza dal giudice, che, negli stessi termini, lo dichiara con efficacia vincolante. Ne consegue l’onere delle parti di dedurre, a pena di decadenza, tutti i fatti e gli effetti giuridici di rilievo, e, quindi, ad esempio, lamentare  (rectius, eccepire)  l’eventuale frazionamento, sotto l’aspetto dell’oggetto (rectius, condotta) del diritto sostanziale o dell’azione.

In altri termini, nell’ambito di un siffatto schema legale strutturalmente complesso deve ritenersi che vi sia un legame indissolubile tra il diritto ed il rapporto giuridico considerato nella sua complessità, tra azione e suoi effetti sul piano della pena, tra condotta esaminata ed accertata con decisione munita di giudicato e correlato trattamento sanzionatorio applicato. Il giudicato copre non solo l’accertamento della singola condotta e della relativa responsabilità, ma anche le connesse conseguenze sanzionatorie, come accertate, che alla stessa l’ordinamento riconnette e che il giudice ha dichiarato.

L’autorità di cosa giudicata, in parole più semplici, esplica i suoi vincolanti effetti non soltanto sull’accertamento sostanziale e sull’assetto giuridico attribuito o riconosciuto al bene della vita tutelato dalla disposizione normativa violata, ma anche a quegli accertamenti che si presentano come necessaria premessa o logica conseguenza della statuizione, purchè, ovviamente, il giudice abbia preso posizione su tale elemento.

Come noto, del resto, una volta passata formalmente in giudicato, la decisione detta la regola per il caso concreto e si pone come norma di legge per lo stesso. Non è concesso alle parti (ri)discutere il contenuto della pronuncia, né a qualsivoglia altro giudice (ri)esaminare il contenuto della medesima (tantomeno, emettere un nuovo  provvedimento sulla stessa situazione giuridica già definita), seppur, lo si ribadisce, al solo fine di un dato limitato effetto giuridico. Infatti, il giudicato sostanziale assolve una duplice funzione: esplica, anzitutto, una efficacia negativa, impedendo un nuovo esame, in qualsiasi nuovo processo, di ciò che ha già formato oggetto della decisione; esplica, poi, in via logicamente correlata e riflessa, una efficacia positiva, vincolando ogni giudice al rispetto del contenuto del precedente accertamento. Questa Corte, dunque, non può che osservare l’obbligo  di  attenersi  al  contenuto  della  precedente  decisione,  pur  dovendo,  in  questa  sede, pronunciarsi su un rapporto (asseritamente) collegato o per il cui modo di essere ed il bene della vita tutelato rilevi la situazione sostanziale già accertata con efficacia di giudicato.

Per siffatte ragioni, sopra in rapida sintesi esposte, questa Corte ritiene di applicare l’istituto della continuazione alle sole condotte oggetto dei procedimenti qui oggi riuniti.

Ritiene, ancora, utile precisare, questa Corte, che il riferimento alla continuazione debba ritenersi effettuato non tanto alla diretta ed integrale applicazione, al procedimento disciplinare sportivo, della disposizione codicistica di cui all’art. 81 c.p., quanto, ai principi generali dell’istituto medesimo. Del resto, ad una formale, diretta ed integrale applicazione, all’ordinamento federale, della disposizione di cui all’art. 81 c.p. si opporrebbe l’espresso richiamo fatto dalla norma di cui all’art. 2, comma 6, del codice di giustizia sportiva del Coni («Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva»).

Come anche di recente chiarito dal Collegio di Garanzia per lo Sport del Coni (cfr. decisione n. 46 del 11.10.2016) si ha reato continuato quando l’agente commette, anche in tempi diversi, con più azioni od omissioni, una pluralità di reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Nell’ambito tipicamente penalistico si specifica, poi, che gli elementi costitutivi del reato continuato sono tre: a) una pluralità di azioni od omissioni (pluralità, che non deve essere tale solo in senso naturalistico); b) più violazioni di legge; c) un medesimo disegno criminoso.

La figura del reato continuato, insomma, viene in rilievo quando il soggetto agente compie più azioni destinate allo stesso fine reato o anche alla violazione di più precetti. Ora, non vi è dubbio che la circostanza che la pluralità di violazioni commesse dal medesimo soggetto sia attuazione di un medesimo disegno criminoso dimostra una minore riprovevolezza complessiva nel comportamento dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto alle normali ipotesi di concorso materiale. L’agente, in diversi termini, individuando ab initio le diverse condotte violative da porre in essere esprime una minore intensità di volontà criminosa globale.

Orbene, ciò premesso sul piano generale, ed a prescindere dagli specifici criteri dettati dall’art. 81 c.p.,  si ritiene che le condotte, qui in rilievo,  poste in essere dal dott.  Vincenzo Pastore costituiscano, nel caso di specie, una pluralità di condotte omissive unificate dal vincolo della continuazione; qualificazione, questa, che rileva ai fini della riprova di un minor disvalore complessivo dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto all’ipotesi della mera somma delle diverse condotte antidoverose.

Le complessive corpose emergenze istruttorie denotano, con ogni evidenza, consentendo di affermarla, una rappresentazione unitaria sin già dal momento ideativo delle diverse condotte disciplinarmente rilevanti contestate al dott. Pastore, tali, in effetti, da escludere una successione di autonome risoluzioni (omissive) illecite. In altri termini, le diverse violazioni accertate in capo al dott. Pastore fanno parte di una fattispecie quantomeno assimilabile allo schema del reato continuato, poiché ci si trova in presenza di una pluralità di azioni e/o omissioni, poste in essere, nell’ambito di una unica programmata condotta, consistente, in via principale e sostanziale, sull’omissione di una (dovuta) attività di accurato controllo e vigilanza su tutte le gestioni (amministrativa, contabile, finanziaria e sportiva) del Comitato regionale Campania.

In definitiva, la CFA, in parziale accoglimento dei reclami proposti dal dott. Vincenzo Pastore e in parziale riforma delle decisioni del TFN in questa sede impugnate, così decide:

1) Quanto al reclamo come proposto dal dott. Vincenzo Pastore avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare – di cui al Com. Uff. n. 13/TFN del 14.9.2016, lo accoglie parzialmente, per le ragioni sopra indicate, e, per l’effetto, anche considerata la ricorrenza della continuazione, ridetermina la sanzione allo stesso inflitta nella inibizione per mesi diciannove, con esclusione dell’ammenda;

2) Quanto al reclamo come proposto dal dott. Vincenzo Pastore avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale – sez. disciplinare – di cui al Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016, relativo al deferimento della Procura federale nota n. 1950/811 pf15-16 SP/blp del 18.8.2016, lo accoglie parzialmente, per le ragioni sopra indicate e, per l’effetto, in applicazione dell’istituto della continuazione,  ridetermina  la  sanzione  allo  stesso  inflitta  nella  inibizione  per  mesi  due,  con esclusione dell’ammenda;

3) Quanto al reclamo come proposto dal dott. Vincenzo Pastore avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale – sez. disciplinare, di cui al Com. Uff. n. 35/TFN del 30.11.2016, relativo al deferimento della Procura federale nota n. 1545/744 pf15-16 SP/CC del 3.8.2016, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale modifica della decisione impugnata, dichiara inammissibile il deferimento con riferimento al capo n. 2) di incolpazione.

4) Pertanto, per effetto di quanto sopra precisato in relazione all’esito dei singoli procedimenti, la Corte ridetermina nella complessiva inibizione di mesi 21 (ventuno) la sanzione inflitta al dott. Vincenzo Pastore.

Per questi motivi la C.F.A., riuniti preliminarmente i ricorsi nn. 9, 10  e 11, in parziale accoglimento ed in applicazione del vincolo della continuazione, ridetermina nella complessiva misura della inibizione per mesi 21 la sanzione inflitta al reclamante.

Dispone restituirsi le tasse reclamo.

 

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