F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2016/2017 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 89/CFA del 18 Gennaio 2017 motivi con riferimento al C.U. N. 065/CFA DEL 23 Novembre 2016 RICORSO DEL C.O.N.I. – COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT SU GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. ED ART. 34BIS COMMA 3 C.G.S. F.I.G.C. IN ORDINE ALLA DETERMINAZIONE DELLE SANZIONI INFLITTE AI SIGG.RI SALVATORE ASTARITA E ANTONIO CICCARONE SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE – COM. UFF. N. 105/CFA DEL 15.4.2015 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite – Decisione n. 46/2016 dell’11.10.2016)

RICORSO DEL C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT SU GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. ED ART. 34BIS COMMA 3 C.G.S. F.I.G.C. IN ORDINE ALLA DETERMINAZIONE DELLE SANZIONI INFLITTE AI SIGG.RI SALVATORE ASTARITA E ANTONIO CICCARONE SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE - COM. UFF. N. 105/CFA DEL 15.4.2015 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 46/2016 dell’11.10.2016)

Il deferimento della Procura Federale

La Procura federale ha acquisito, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 401 del 1989 e dell’art. 116 c.p.p., documentazione relativa al procedimento penale aperto dalla Procura della 29 Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – D.D.A. (n. 1110/2009 R.G.N.R.), volta alla individuazione e conseguente repressione di una organizzazione alquanto articolata e ramificata, essenzialmente finalizzata a condizionare i risultati di partite di calcio dei campionati organizzati dalle leghe sia professionistiche, sia dilettantistiche, allo scopo di conseguire indebiti vantaggi economici e illeciti profitti, anche attraverso scommesse da effettuarsi sulle partite di calcio “combinate”. Coinvolti in queste attività illecite e, comunque, per quanto qui rileva, antisportive e disciplinarmente vietate, anche alcuni tesserati FIGC, in quanto tali, pertanto, sottoposti alla giurisdizione degli organi federali di giustizia sportiva.

L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura federale, ha consentito di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte di alcuni tesserati, tra i quali, appunto, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, i sigg.ri Antonio Ciccarone e Salvatore Astarita.

Da qui l'atto di deferimento nel corpo del quale la Procura federale, dopo aver svolto una serie di considerazione generali in ordine al materiale probatorio acquisito, ai relativi criteri di valutazione, al valore delle dichiarazioni accusatorie e delle voci correnti in ambienti ristretti, alla prova del vincolo associativo, alla valutazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche, ha evidenziato che «l’attività di indagine ha consentito di acquisire agli atti una serie di elementi probatori, desumibili dal decreto di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro in data 11 maggio 2015 e delle ordinanze di convalida e di applicazione delle misure cautelare personali, emesse dai G.I.P. dei Tribunali territorialmente competenti; e consistenti, fra l’altro, nelle attività di P.G. espletate, nelle intercettazioni di comunicazioni telefoniche e nelle dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti in sede di interrogatorio innanzi al Procuratore della Repubblica ed al Giudice per le Indagini Preliminari competenti per territorio, nonché in sede di audizione innanzi a questo Ufficio».

La Procura federale ha, in definitiva, ritenuto, che il complessivo ed articolato procedimento istruttorio dimostri la realizzazione di molteplici condotte finalizzate alla alterazione dello svlgimento e del risultato di tutta una serie di gare e, di conseguenza, per quanto di rilievo, ha deferito:

» ASTARITA Salvatore, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la USD Akragas città dei Templi s.r.l., per la violazione dell’art. 9 e dell’art. 6 CGS, con riferimento alla seguenti gare:

1) Gara MONOPOLI – PUTEOLANA del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 7, comma 7, CGS;

2) Gara MONOPOLI – PUTEOLANA del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS;

3) Gara MONTALTO – FRATTESE del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, comma 7, CGS;

4) Gara MONTALTO – FRATTESE del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS;

5) Gara DUE TORRI – NEAPOLIS del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, comma 7, CGS;

6) Gara DUE TORRI – NEAPOLIS del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS;

7) Gara NEAPOLIS–AKRAGAS del 09/11/14 (Campionato Nazionale Serie D – Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione dello svolgimento della gara; nonché della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare;

8) Gara NEAPOLIS – SORRENTO del 23/11/14 (Campionato Nazionale Serie D Gir. I.): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del vantaggio in classifica conseguito, nonché, della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito 30 sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

9) Gara F. ANDRIA – PUTEOLANA del 30/11/14 (Campionato Nazionale Serie D Gir. H): violazione dell’art. 7 comma 7, CGS,

10) Gara F. ANDRIA – PUTEOLANA del 30/11/14 (Campionato Nazionale Serie D Gir. H): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS.

Relativamente al signor ASTARITA, affermata la responsabilità in ordine alle incolpazioni contestategli, la Procura federale ha chiesto applicarsi la sanzione della squalifica di 5 anni, con preclusione, oltre alla ulteriore squalifica di anni 3 e l’ammenda di € 120.000,00.

» CICCARONE Antonio, all'epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell'art. 1 bis, comma 5, CGS all'interno e nell'interesse della Neapolis s.r.l. (già Turris Neapolis s.r.l.), per la violazione dell’art. 9 CGS, con riferimento alla seguenti gare;

1) Gara HINTERREGGIO - NEAPOLIS del 7/9/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

2) Gara SORRENTO - MONTALTO del 12/10/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

3) Gara SORRENTO - MONTALTO del 12/10/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 6, comma 2, CGS;

4) Gara NEAPOLIS - MONTALTO del 26/10/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell'effettiva alterazione del risultato della gara e del vantaggio in classifica conseguito, nonché, della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

5) Gara PUTEOLANA - SCAFATESE del 26/10/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

6) Gara MONOPOLI - PUTEOLANA del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione del risultato della gara e del vantaggio in classifica conseguito, nonché, anche della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare;

7) Gara MONOPOLI - PUTEOLANA del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 6, comma 2 e 5, CGS;

8) Gara MONTALTO - FRATTESE del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell'effettiva alterazione del risultato della gara e della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15);

9) Gara MONTALTO - FRATTESE del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS;

10) Gara DUE TORRI - NEAPOLIS del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare (anche nell’ambito del procedimento nr. 859BISpf14-15); 31

11) Gara DUE TORRI - NEAPOLIS del 2/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS;

12) Gara NEAPOLIS–AKRAGAS del 09/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I): violazione dell’art. 7, comma 7, CGS;

13) Gara NEAPOLIS – SORRENTO del 23/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I.): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del vantaggio in classifica conseguito, nonché della pluralità di illeciti commessi;

14) Gara NEAPOLIS – SORRENTO del 23/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. I.): violazione dell’art. 6, comma 2, CGS;

15) Gara F.ANDRIA – PUTEOLANA del 30/11/14 (Campionato Nazionale Serie D, Gir. H): violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché della pluralità di illeciti commessi;

16) Gara F. ANDRIA – PUTEOLANA del 30/11/14 (Campionato Nazionale Serie D Gir. H): violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS.

Relativamente al signor CICCARONE, la Procura federale ha chiesto, affermata la responsabilità in ordine alle incolpazioni contestategli, applicarsi la sanzione della inibizione di 5 anni, oltre alla inibizione di 6 anni ed all’ammenda di € 180.000,00.

La decisione di primo grado

All’esito del giudizio di prime cure il Tribunale federale nazionale ha ritenuto sussistere la responsabilità disciplinare, per quanto qui interessa, dei sigg.ri Astarita e Ciccarone, in ordine alle condotte contestate nell’atto di incolpazione.

Ha premesso, il TFN, sul piano generale, come dal complessivo materiale probatorio acquisito al procedimento, siano emersi comportamenti incompatibili con i principi fondamentali di lealtà, correttezza e probità su cui si fonda (e deve fondarsi) l’ordinamento sportivo. Si tratta, in particolare, ha evidenziato il Giudice di primo grado, di comportamenti di intrinseca gravità, che svuotano di significato l’essenza stessa della competizione sportiva, al di là di ogni valutazione in ordine alla intensità dell’elemento psicologico dei singoli deferiti, alla condotta preesistente, simultanea e successiva degli illeciti disciplinari e alle motivazioni che li hanno ispirati.

Sotto il profilo probatorio, in ordine all’accertamento delle rispettive responsabilità dei deferiti, il Tribunale ha ricordato come, per quanto attiene alla formazione della prova, nel procedimento sportivo, al contrario di quanto avviene nel processo penale, ha valore pieno di prova quanto acquisito nella fase delle indagini o prima ancora dell’apertura di esse (ad esempio, i rapporti arbitrali che godono perfino di fede privilegiata) ovvero in seguito a indagini svolte in altro tipo di procedimento (ad esempio, atti inviati dall’A.G.). Del resto, ha evidenziato, ancora, il TFN, il principio del contraddittorio si realizza nel rispetto delle forme previste dal codice di giustizia sportiva e non in base al codice di procedura penale che regola posizioni e diritti di tutt’altra natura e rilevanza. Ne discende che il raggiungimento della prova dei fatti contestati deve essere valutato esclusivamente in base ai principi dettati dal CGS e costantemente seguiti dagli Organi di giustizia sportiva.

Esaminata, poi, la fattispecie astratta dell’illecito sportivo, come previsto e punito dall’ordinamento federale, il TFN ha ritenuto che dagli atti ufficiali e dalle risultanze del dibattimento sia emerso che diversi tesserati hanno svolto attività preordinate ad alterare lo svolgimento e il risultato di competizioni sportive, in violazione dell’art. 7, comma 1, 5 e 6, CGS e dei principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 1 CGS e che alcuni tesserati, pur essendo venuti a conoscenza della esistenza di tali attività, non hanno provveduto a informarne la Procura federale, in violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, e che altri hanno effettuato scommesse, in violazione dell’art. 6 CGS.

All’esito, poi, dell’esame del compendio intercettivo acquisito e di un dettagliato vaglio delle dichiarazioni etero accusatorie dei vari soggetti che hanno collaborato alle indagini al fine di valutarne la coerenza, la logicità, l’assenza di contraddittorietà (c.d. riscontri intrinseci), il Tribunale ha reputato che siffatto complesso probatorio consentisse di accertare l'esistenza di un'associazione dedita all'alterazione dei risultati delle gare del campionato di serie D della stagione sportiva 2014 – 32 2015, della quale avrebbero fatto parte anche Antonio Ciccarone e Salvatore Astarita. In tale prospettiva, il TFN ha ricordato quelle che sono le caratteristiche dell'ipotesi associativa prevista dall'ordinamento federale, evidenziando come la giurisprudenza sportiva abbia precisato che gli elementi costitutivi dell'ipotesi disciplinare (in gran parte mutuati, a dire il vero, da quelli propri del reato di associazione per delinquere) consistono nell'esistenza di un vincolo associativo dotato di una certa stabilità che unisce almeno tre persone, che per realizzare il loro scopo si dotano di una struttura organizzativa, il cui fine è quello di commettere una serie indeterminata di illeciti sportivi. Concorre ad integrare la fattispecie, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza negli associati della loro partecipazione alle attività dell'associazione ciascuno con il proprio ruolo, più o meno rilevante, ma, comunque non privo di incidenza sull'attività svolta dall'associazione.

Orbene, applicando i suddetti principi all’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura federale il TFN ha ritenuto che agli atti vi fosse prova, con grado di certezza ampiamente sufficiente a garantire i parametri probatori fatti propri della giustizia sportiva, la partecipazione all'associazione illecita degli incolpati Ciccarone e Astarita, per quanto qui di rilievo.

Passando all'esame delle singole posizioni dei partecipanti all'associazione il TFN ha evidenziato come, segnatamente, dalle intercettazioni telefoniche si ricavi come Ciccarone e Moxedano siano i soggetti che costituiscono l'apice della organizzazione illecita di cui trattasi. Secondo il Tribunale Ciccarone è colui che prende i contatti per l'alterazione delle gare, controlla l'operato delle persone coinvolte, provvede, ove necessario, al pagamento dei compensi pattuiti, è continuamente impegnato in conversazioni telefoniche incessanti e costanti che costituiscono quella che la Procura federale ha definito la spina dorsale dell'indagine. Moxedano, poi, oltre ad essere ideatore degli illeciti insieme a Ciccarone, ne è anche il finanziatore ed il garante ed appare il soggetto dominante, individuato in molte conversazioni telefoniche con appellativi quali “capo”, “presidente” o “boss” che ne certificano il ruolo direttivo anche rispetto a Ciccarone che, usando le parole della Procura federale, «è il quadro intermedio ed il braccio operativo».

Nei confronti di Moxedano, altri tesserati, tra cui Astarita, assumono atteggiamenti di deferenza e persino di piaggeria. Quest'ultimo giunge al punto di rivelare al “capo”, nel corso di una telefonata, di aver commesso spontaneamente un illecito a favore del Neapolis facendosi espellere per un fallo di mano volontario durante la gara disputata con l'Akragas, sua squadra di appartenenza. Altri tesserati, dirigenti della società comprensorio Montalto Uffugo, si adoperano per l'alterazione del risultato di tre gare della propria squadra, mantenendo con Ciccarone e Moxedano contatti che ben si possono definire stabili, operando per la consumazione degli illeciti con modalità costanti e ripetitive, incontrando questi ultimi per la conclusione degli accordi e giungendo ad offrire per primi la sconfitta della loro squadra per l'ultima delle tre gare di cui è stata accertata l'alterazione, dichiarando di tenersi sempre “a disposizione”.

In base a tali circostanze ha ritenuto, il TFN, come non sia dato dubitare della stabilità del loro rapporto con gli associati Ciccarone e Moxedano e della indeterminatezza degli illeciti sportivi che essi si proponevano di realizzare. Il ruolo rivestito dai predetti nell'ambito dell'associazione, pur avendo natura essenzialmente esecutiva, non sarebbe affatto privo di efficacia causale ai fini del conseguimento delle finalità perseguite dall'associazione. Altrettanto può affermarsi, secondo il Tribunale, per Astarita, il cui ingresso nell'associazione con alto grado di immedesimazione (anche ai fini della esecuzione di scommesse) sarebbe confermato in modo eclatante dall'episodio sopra riferito dell'espulsione volutamente cercata dal calciatore nel corso della gara tra Akragas e Neapolis, proprio al fine di ingraziarsi Moxedano in vista di future “combines”.

Insomma, a dire del TFN, non si può dubitare della stabilità del legame esistente tra Astarita e gli altri associati Ciccarone e Moxedano e della perfetta consapevolezza del calciatore in merito alla propria partecipazione ad un'associazione finalizzata ad alterare lo svolgimento ed il risultato di un numero indefinito di gare. Secondo il TFN, sussistevano, quindi, i presupposti per affermare la responsabilità anche di Astarita, il cui ruolo esecutivo meritava, tuttavia, di essere remunerato con una sanzione di gravità attenuata rispetto a quelle dei vertici dell'associazione.

Il TFN ha, pertanto, ritenuto responsabili Astarita e Ciccarone, infliggendo loro le seguenti sanzioni:

- ASTARITA Salvatore: in continuazione, squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS in continuazione oltre, sempre in continuazione, squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 60.000,00;

-CICCARONE Antonio: in continuazione, inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5, oltre, sempre in continuazione, inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 85.000,00.

I reclami

Avverso la suddetta decisione del Tribunale federale nazionale hanno proposto appello, con separati ricorsi, i sigg.ri Salvatore Astarita e Antonio Ciccarone. 

- Astarita Salvatore (con avv. Gaetano Aita).

Lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 6 e 7 CGS, errato apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, ingiustizia e manifesta illogicità, travisamento dei fatti, eccesso di potere, chiedendo l’annullamento della decisione impugnata perché il fatto contestato non sussiste e/o perché l’incolpato non lo ha commesso e/o perché lo stesso non costituisce illecito disciplinare e perché manca la prova oltre ogni ragionevole dubbio sportivo.

In relazione alla violazione per associazione, il ricorrente riteneva di poter, al più, essere chiamato a rispondere come concorrente nel singolo illecito e non come associato. Anche per la violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, si affermava nell’atto di appello che il calciatore Astarita era legittimato a scommettere e che, pertanto, non può trovare applicazione il comma 5, il quale presuppone il comportamento sanzionato dal comma 2, con la conseguenza che essendo lecito il comportamento del calciatore predetto, lo stesso non era tenuto a denunciare i fatti alla Procura federale. In ogni caso, deduceva il ricorrente, la violazione di cui al predetto comma 5 deve considerarsi assorbita dal più grave illecito di cui al comma 2 CGS, con le intuibili conseguenze sotto il profilo sanzionatorio.

Riteneva, poi, illegittima la sanzione dell’ammenda, facendo egli parte del settore dilettantistico e considerato che l’art. 19, comma 6, CGS dispone che «le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non di cui all’art. 1 bis co. 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica, per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara le ammende sono anche applicabili ai tesserati della sfera dilettantistico-giovanile».

Concludeva, quindi, il ricorrente chiedendo, in via principale, di annullare e/o riformare la decisione impugnata e per l’effetto prosciogliere il deferito da tutte le contestazioni e, in via subordinata, annullare la sanzione dell’ammenda e ridurre le sanzioni al minimo edittale. 

- Sig. Ciccarone Antonio (con avv.ti Gaetano Aita e Pasqualina Sabetta).

Anche il ricorrente Ciccarone censurava la decisione del TFN sotto diversi profili, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 6, comma 2 e 5, 7, commi 1, 2, 6 e 7, CGS, errato apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, ingiustizia e manifesta illogicità, travisamento dei fatti, eccesso di potere e chiedendo l’annullamento della decisione impugnata perché il fatto contestato non sussiste e/o perché l’incolpato non lo ha commesso e/o perché lo stesso non costituisce illecito disciplinare e perché manca la prova al di là di ogni ragionevole dubbio sportivo.

In relazione alla violazione per associazione, il ricorrente riteneva che il Tribunale non ha fatto «buon governo» della norma di cui all’art. 9 CGS, e si soffermava, poi, sul discrimine tra illecito associativo ex art. 9 CGS e compartecipazione all’illecito costituito dalla natura dell’accordo criminoso e sul fatto che «non è possibile ritenere Ciccarone coinvolto in tutti gli episodi di cui ai capi d’incolpazione e, pertanto, un suo coinvolgimento nei singoli episodi andrebbe inquadrato nella fattispecie del concorso», anche perché non sussisterebbe «nessun grave indizio che possa fare ipotizzare un accordo permanente invece che un presunto accordo occasionale che si esaurisce con l’incontro di calcio interessato ai contatti intercorsi».

Quanto alle altre contestazioni, il tesserato Ciccarone sarebbe stato legittimato a scommettere e, pertanto, lo stesso non era tenuto a denunciare i fatti alla Procura federale. In ogni caso, la violazione del comma 5 doveva essere assorbita dal più grave illecito di cui al comma 2 dell’art. 6 CGS, con le intuibili conseguenze sotto il profilo sanzionatorio.

In ordine alla sanzione dell’ammenda il reclamante riteneva che, facendo parte del settore dilettantistico, la stessa non potesse essere applicata, atteso che, secondo l’art. 19, comma 6, CGS «le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non di cui all’art. 1 bis co. 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica, per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara le ammende sono anche applicabili ai tesserati della sfera dilettantistico-giovanile».Tale previsione non potrebbe che essere letta nel senso che le ammende non sono applicabili nei confronti di coloro che svolgono un’attività residuale per la società, a maggior ragione, se di ambito dilettantistico. La ratio sarebbe chiara: mancando il tesseramento ovvero qualsivoglia forma di immedesimazione organica all’interno della società, manca il rapporto sinallagmatico che unirebbe la società al soggetto, con la conseguenza che si può punire il soggetto con sanzioni personali (squalifica-inibizione), ma non con sanzioni di carattere pecuniario, con potenziali risvolti esterni all’ambito associativo.

Concludeva, quindi, il ricorrente istando, in via principale, per l’annullamento o la riforma della decisione impugnata e per il conseguente proscioglimento da tutte le contestazioni e chiedendo, in via subordinata, annullarsi o riformarsi la sanzione dell’ammenda e ridursi le sanzioni al minimo edittale.

La decisione della Corte federale d’appello

La CFA ha ritenuto che la decisione impugnata non meritasse le censure mosse negli appelli proposti dai sigg.ri Astarita e Ciccarone e che, pertanto, in parte qua, la stessa dovesse essere confermata, per effetto del rigetto delle relative impugnazioni. Infatti, le approfondite e capillari indagini, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, hanno consentito di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti contestati ai suddetti appellanti. In tal ottica, l’attenta e dettagliata attività investigativa della giustizia ordinaria, integrata, rielaborata e valutata – dalla Procura federale – ai fini disciplinari che qui ci occupano, ha consentito di mettere a disposizione degli organi giudicanti una mole consistente di elementi suscettibili di specifica valutazione da parte degli stessi predetti organi, nell’ambito della loro autonomia di giudizio, onde pervenire, con riferimento ai sigg.ri Ciccarone ed Astarita, per quanto qui interessa, ad una conclusione di affermazione di responsabilità per gli addebiti agli stessi ascritti.

«In questo quadro di riferimento complessivo», proseguiva la CFA, «si inseriscono le condotte, oggetto di autonomo esame nel presente procedimento. Esame che, ritiene questa Corte, deve tradursi nell’affermazione di sussistenza degli illeciti (sussumibili nella previsione di cui agli artt. 6 e 7 CGS) consistenti nell’attentato all’integrità delle gare di cui trattasi e/o nella violazione del divieto di scommesse e della previsione in materia di obbligo di denuncia, oltre che, per alcuni di essi, nell’illecito associativo previsto e punito dalla disposizione di cui all’art. 9 CGS. Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità dei deferiti sopra indicati in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento per aver, in associazione o concorso con altri soggetti, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato delle gare di cui trattasi, di seguito, meglio indicate e/o per aver violato il divieto di scommesse e/o per ver violato le disposizioni federali in materia di obblighi di denuncia».

Premesso un esame del quadro normativo di riferimento in tema di illecito sportivo, anche associativo, divieto di scommesse e obbligo di denuncia, illustrato lo standard probatorio applicabile al procedimento, la CFA ha poi esaminato le singole posizioni dei deferiti, con riferimento alle diverse condotte agli stessi contestate in relazione alle varie gare oggetto d’indagine.Di seguito una sintesi delle conclusioni cui è giunta la Corte.

- Gara 1: Hinterreggio – Neapolis, disputata 7 settembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 2 – 0)

Dalle risultanze probatorie in atti emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, del sig Ciccarone Antonio.

- Gara 2: Sorrento – Montalto, disputata il 12 ottobre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 0 – 0) 35

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche del sig. Ciccarone Antonio.

- Gara 3: Neapolis – Montalto, disputata il 26 ottobre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 4 – 0)

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto qui interessa, anche del sig. Ciccarone.

- Gara 4: Puteolana – Scafatese, disputata il 26 ottobre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. H (risultato: 0 – 4)

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio, emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento, nonché del suo risultato, da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche del sig. Ciccarone Antonio.

Palese la responsabilità di Ciccarone per illecito in ordine alla tentata alterazione di questa gara. Ciccarone Antonio, dunque, deve essere chiamato a rispondere ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui al comma 6.

- Gara 5: Monopoli – Puteolana, disputata il 2 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. H (risultato: 4 – 0)

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio d’appello, anche dei sigg.ri Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore. Schiacciante la responsabilità ex art. 7, comma 1, CGS di Ciccarone, con l'aggravante di cui al comma 6, mentre Astarita Salvatore è stato, per questo illecito, chiamato a rispondere per omessa denuncia ex art. 7, comma 7, CGS, violazione in ordine alla quale vi è ampio conforto probatorio. Ciccarone ed Astarita sono, altresì, responsabili della violazione del divieto di scommesse di cui all’art. 6, comma 2, CGS, e per non aver informato la Procura federale in ordine alla reciproca conoscenza dell'illecito.

- Gara 6: Montalto – Frattese, disputata il 2 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 2 – 4).

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche dei sigg.ri Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore: Ciccarone Antonio, ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui al comma 6; Astarita Salvatore, ex art. 7, comma 7, CGS, per non aver denunciato la combine della quale era a conoscenza; Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore, ex art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver effettuato scommesse sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla reciproca conoscenza dell'illecito.

- Gara 7: Due Torri – Neapolis, disputata il 2 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 1 – 0).

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio, emerge come la suddetta partita sia stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche dei sigg.ri Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore. Trova, poi, conferma, per Astarita Salvatore e Ciccarone Antonio, la violazione delle disposizioni di cui all’art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver effettuato scommesse sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla reciproca conoscenza dell’anzidetta violazione.

- Gara 8: Neapolis – Akragas, disputata il 9 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 2 – 2). Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio emerge che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche del sig. Astarita Salvatore, che, dunque, deve rispondere ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui al comma 6; Ciccarone Antonio, invece, ex art. 7, comma 7, CGS per omessa denuncia.

- Gara 9: Neapolis – Sorrento, disputata 23 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. I (risultato: 3 – 0).

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio, risulta che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche dei sigg.ri Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore. Responsabilità: ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui al comma 6, in continuazione, dei sigg.ri Ciccarone e Astarita; Ciccarone Antonio è, inoltre, responsabile della violazione di cui all’art. 6, comma 2, CGS, per aver scommesso sulla gara in violazione della specifica norma.

- Gara 11: F. Andria – Puteolana, disputata il 30 novembre 2014 - valida per il campionato nazionale Serie D, Gir. H (risultato: 7 – 2).

Dalle emergenze probatorie acquisite al giudizio, si ricava che la suddetta partita è stata oggetto di un accordo volto all'alterazione del suo svolgimento e del suo risultato da parte, per quanto interessa nel presente giudizio, anche dei sigg.ri Ciccarone Antonio e Astarita Salvatore. Ciccarone Antonio è responsabile ex art. 7, commi 1 e 2, CGS, con l'aggravante di cui al comma 6; Astarita Salvatore, ex art. 7, comma 7, CGS per omessa denuncia dell'illecito; Ciccarone e Astarita sono, poi, entrambi responsabili della violazione ex art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver effettuato scommesse sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla reciproca conoscenza dell'illecito.

Riepilogati i fatti come in atti riversati ed evidenziati i frammenti probatori di rilievo in relazione all’effettiva alterazione di ciascuna gara, questa Corte riteneva, come detto, che la decisione di prime cure meritasse, anzitutto, piena conferma con riferimento alla sussistenza dell’associazione di cui all’art. 9 CGS. Richiamato il quadro di riferimento normativo in materia, alla luce dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di settore, la Corte ha ritenuto, infatti, provata l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura federale. Il complessivo materiale probatorio in atti riversato è stato, a tal fine, considerato idoneo a supportare un sereno giudizio di conferma della responsabilità attribuita, per quanto qui rileva, ex art. 9 CGS, ai sigg.ri Ciccarone e Astarita.

Ha riitenuto sussistenti, in definitiva, la Corte, una serie di elementi, tanto materiali, quanto soggettivi, causalmente orientati ad una sistematica, organizzata, alterazione di partite, sia per assicurare vantaggi in classifica (segnatamente, alla società Neapolis, ma non solo), sia al fine di scommessa. Ciascun associato svolgeva, nei fatti, un ruolo ben determinato, funzionale al perseguimento dello scopo associativo, che era, come detto, quello di assicurare vantaggi in classifica a determinate squadre e/o la vittoria di singole gare da parte delle stesse, nonché quello di realizzare profitti lucrando sulle scommesse in relazione alle gare dall’esito combinato, nell’ambito di un progetto di massima volto alla realizzazione di una serie indeterminata di illeciti per gli anzidetti fini.

Corposo l’intreccio costante tra gli associati e, in particolare, tra alcuni di essi, volto a rinvenire, condividere, utilizzare, assicurare informazioni in ordine alla possibilità di alterazione delle gare ed alle strade per pervenirvi. Il linguaggio criptico, ma inequivoco, alla luce del susseguirsi delle conversazioni telefoniche e degli incontri provati dalla corposa documentazione in atti, non ha lasciato spazio ad alternative ricostruzioni in ordine alla pluralità di contatti tra gli associati di cui trattasi.

Peraltro, ribadiva, questa Corte, che «né la lettera, né lo spirito della disposizione di cui all’art. 9 CGS predica la necessità che tra ciascuno degli associati debbano intercorrere rapporti diretti e che il vincolo nascente dal sodalizio debba stringere ognuno dei partecipanti con tutti gli altri. Diversa si rivela, all’evidenza, la figura di recente coniata nei suoi profili costitutivi soggettivi, giacché la radice della fattispecie illecita giace nella convergenza di più energie individuali verso un comune scopo illecito, conseguibile attraverso apporti personali variamente combinati tra loro e certo non postulanti la simultanea partecipazione di ciascuno degli associati ad ogni dispiegamento di condotte. Ciò che al legislatore federale premeva era, piuttosto, l’individuazione di un modello sinergico di violazione di norme, integrato attraverso singoli contributi di persone che, indipendentemente dalla diretta e reciproca conoscenza tra ciascuna di esse, con le altre condividesse il risultato vantaggioso consistente nel prodotto dell’attività associativa, capace di soddisfare pro quota gli interessi individuali. La comunanza di scopi e la solidità ed articolazione 37 dell’assetto costituiscono, nel disegno della normativa federale, gli elementi costitutivi della figura di cui si tratta (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 43/CGF del 19 settembre 2011)».

In secondo luogo, si osservava come non potessero essere condivise le argomentazioni difensive svolte nei ricorsi dei sigg.ri Astarita e Ciccarone, in ordine al fatto che gli stessi sarebbero stati legittimati a scommettere e che, dunque, non sussisterebbe la violazione della disposizione di cui all’art. 6, comma 2, CGS ed in ordine al fatto che non potrebbe trovare applicazione, nei loro confronti, neppure il comma 5, il quale presuppone il comportamento sanzionato dal comma 2, con la conseguenza che essendo lecito il comportamento dei predetti appellanti, gli stessi non erano tenuti a denunciare i fatti alla Procura federale.

Orbene, la Corte ha ritenuto privo di pregio l’assunto. «In disparte ogni ulteriore considerazione in ordine alla effettiva portata del divieto di scommesse di cui all’art. 6, e volendo, qui, riferirci alla lettura operatane dai predetti appellanti, la stessa appare già di per sé errata. Recita la norma di cui al comma 2 dell’art. 6 CGS: “Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico e al settore giovanile […] è altresì fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, presso i soggetti autorizzati a riceverle, relativamente a gare delle competizioni in cui militano le loro squadre”. Orbene, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti di cui trattasi, il campionato nazionale dilettanti (serie D) è una unica competizione sportiva, seppur articolata in più gironi. Le squadre sulle quali sono state accertate le scommesse effettuate dai sigg.ri Astarita e Ciccarone militavano nello stesso campionato di quella alla quale prendevano parte Akragas e Neapolis.

Del resto, come noto, il campionato di serie D, gestito dalla Lega Nazionale Dilettanti e dal suo Dipartimento Interregionale, è ripartito in 9 gironi organizzati sulla base di criteri geografici. Per le situazioni di parità in classifica, a partire dalla stagione sportiva 2011/12, viene utilizzato il criterio della classifica avulsa, mentre in caso di parità al primo posto è previsto lo spareggio, da disputarsi, ex art. 51 NOIF, in gara unica e campo neutro. Se tre o più squadre chiudono la stagione regolare in prima posizione, i risultati degli scontri diretti determinano quali sosterranno l'incontro.

La prima squadra di ogni gruppo è promossa in Lega Pro e accede allo Scudetto Serie D per l'assegnazione del titolo di campione d'Italia della Lega Nazionale Dilettanti. Le squadre giunte dal secondo al quinto posto partecipano invece ai play-off, i cui vincitori affrontano le finaliste ed una semifinalista della coppa Italia serie D. In tal modo, viene stilata una graduatoria delle eventuali candidate a subentrare in Lega Pro, nel caso di rinuncia o di mancata iscrizione al campionato.

Con riferimento allo scudetto di serie D, le nove squadre vengono divise in tre gironi da tre formazioni ciascuno, giocando due incontri, di cui uno in casa e l'altro in trasferta.Le tre vincenti dei gironi e la migliore seconda partecipano alle semifinali, con gare di andata e ritorno.

Quanto ai play-off, ogni turno viene disputato in gara unica. La seconda e la terza classificata sono ammesse, rispettivamente, alla finale ed alla semifinale, mentre la quarta e la quinta si affrontano nel turno preliminare. In ogni partita la squadra con il miglior piazzamento nella stagione regolare gode del fattore campo e prevale in caso di parità al termine dei supplementari, non essendo previsti i rigori.

Per ogni girone sono previste 4 retrocessioni nel campionato di Eccellenza: le ultime due direttamente, le altre attraverso i play-out tra le squadre classificate dal 13º al 16º posto (dal 14º al 17º per i gironi a 19 squadre e dal 15º al 18º per i gironi a 20 squadre) se il distacco in classifica è inferiore agli 8 punti.

A parte, come detto, la unicità concettuale del campionato nazionale dilettanti serie D, seppur diviso in gironi, è, dunque, evidente che è ben possibile che una squadra che milita in un girone incontri, per una o più delle ragioni indicate, una squadra che milita in un diverso girone. Una competizione, un solo campionato: pertanto, i predetti appellanti hanno, in ogni caso, violato la disposizione di cui al sopra ricordato art. 6, comma 2, CGS.

Per l’effetto, sussistendo la violazione della norma di cui all’art. 6, comma 2, CGS, i predetti appellanti Astarita e Ciccarone sono stati correttamente chiamati a rispondere anche della violazione della disposizione di cui al successivo comma 5, non avendo assolto all’obbligo reciproco di informare, senza indugio, la Procura federale.

Del pari infondato l’assunto difensivo di cui agli appelli dei sigg.ri Astarita e Ciccarone secondo cui la violazione della disposizione dettata dal comma 5 dell’art. 6 CGS dovrebbe essere 38 considerata assorbita dal più grave illecito di cui al comma 2, con le intuibili conseguenze sotto il profilo sanzionatorio. Si tratta, all’evidenza, di fattispecie e violazioni diverse ed autonome. La prima vieta la condotta volta ad effettuare scommesse al di fuori del consentito perimetro normativo; la seconda punisce la condotta di chi, essendo a conoscenza in qualunque modo che altri stiano per porre in essere taluno degli atti indicati al comma 2, non ne informa, senza indugio, la Procura federale della FIGC.

Astarita e Ciccarone, dunque, sotto tale profilo, hanno violato entrambe le disposizioni e devono essere sanzionati per entrambe le predette violazioni, come detto, diverse, distinte ed autonome».

Con specifico riferimento alle condotte attribuite al sig. Salvatore Astarita la CFA ha ritenuto corretta la decisione di prime cure sulla base degli elementi oggetto di espresso richiamo, così come di seguito riassunto.

«Le deduzioni difensive dell’appellante non possono in alcun modo trovare accoglimento. Schiacciante, come detto, il quadro probatorio volto a dimostrare tanto la partecipazione di Astarita all’associazione ex art. 9 CGS di cui trattasi, quanto il suo apporto in relazione all’alterazione delle singole gare di cui sopra si è detto. Fondamentale, poi, la sua opera volta ad effettuare le scommesse, per conto suo e dei sodali e, segnatamente, di Ciccarone, sulle gare oggetto di combine.

I frammenti probatori evidenziati in sede di esame delle singole gare rendono ampio conforto in relazione al convincimento della sussistenza delle violazioni contestate al giocatore Astarita e, in particolare:

- Gara 5: Monopoli-Puteolana del 2.11.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara; - violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara.

- Gara 6: Montalto-Frattese del 2.11.2014 (2-4)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara; -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara;

- Gara 7: Due Torri-Neapolis del 2.11.2014 (1-0)

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara;

- Gara 8: Neapolis – Akragas del 9.11.2014 (2-2)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara, in modo da favorire la squadra ospitante così da assicurare alla stessa un vantaggio in classifica; in particolare, per aver lo stesso compiuto, dopo appena 30 minuti di gioco, un fallo di mano, tanto plateale, quanto volontario, che ne ha comportato l’espulsione dal campo ed ha consento, per l’effetto, alla Neapolis di giocare in superiorità numerica gran parte della gara. Con 39 l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione dello svolgimento della gara; nonché della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare.

- Gara 9: Neapolis – Sorrento del 23.11.2014 (3-0)

- violazione dell’art. 9 CGS, dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara, con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS, in continuazione, dell’effettiva alterazione dello svolgimento della gara.

- Gara 11: F. Andria – Puteolana del 30.11.2014 (7-2)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara; -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara.

Quanto alla posizione del sig. Antonio Ciccarone (soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art.1 bis, comma 5, CGS all’interno e nell’interesse della società Neapolis srl), gli elementi già sopra richiamati, anche con riferimento alle singole specifiche gare oggetto di attività alterativa, danno piena dimostrazione delle responsabilità in ordine alle condotte allo stesso ascritte dal TFN.

Schiacciante, anche in questo caso, il quadro probatorio volto a dimostrare tanto la partecipazione di Ciccarone all’associazione di cui trattasi, quanto le sue iniziative volte all’alterazione delle varie gare di cui si è detto. Le risultanze dell’intenso, continuo, incessante intreccio telefonico dallo stesso tessuto con i vari altri protagonisti delle varie vicende alterative, i vari elementi di riscontro, la conferma proveniente dalle dichiarazioni dei due calciatori Marzocchi e Izzo, disegnano un quadro probatorio inequivoco. Fondamentale, anzi, spesso decisivo, il suo contributo alla “causa” alterativa, per fini di scommessa e/o di realizzazione di un vantaggio in classifica per il Neapolis. Ciccarone rappresenta il motore dell’associazione ex art. 9 CGS, l’ideatore o il tramite di quasi tutte le alterazioni già sopra illustrate. Effettua spesso scommesse in violazione delle disposizioni federali.

Anche per il sig. Antonio Ciccarone il Collegio ritiene, dunque, corretta la decisione di prime cure. Le emergenze probatorie in sintesi evidenziate forniscono ampio conforto in relazione alla sussistenza delle violazioni accertate e dichiarate dal TFN in capo al sig. Ciccarone, che si è reso, dunque, responsabile, oltre che della partecipazione all’associazione già più volte raffigurata, anche delle specifiche violazioni a lui ascritte in relazione alle seguenti gare:

- Gara 1: Hinterreggio-Neapolis del 7.9.2014 (2-0)

- violazione dell’art. 1 bis, comma 1, in associazione (art. 9 CGS); -violazione dell’art. 7, comma 1 e 2 CGS, per aver posto in essere mediante atti diretti, ad alterare lo svolgimento della gara, con l’aggravante di cui all’art.7, comma 6, in continuazione.

- Gara 2: Sorrento-Montalto del 12.10.2014 (0-0)

- violazione dell’art.1 bis, comma 1, in associazione (art. 9 CGS) e violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere mediante atti diretti, ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art.7, comma 6, in continuazione; -violazione dell’art. 6, comma 2, CGS per aver scommesso sulla gara.

- Gara 3: Neapolis-Montalto del 26.10.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2 CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione.

- Gara 4: Puteolana-Scafatese del 26.10.2014 (0-4)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2 CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione.

- Gara 5: Monopoli - Puteolana del 2.11.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione; -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5 CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza dell’analoga condotta posta in essere dal calciatore Astarita.

- Gara 6: Montalto - Frattese- del 2.11.2014 (2-4)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione;-violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri. > Gara 7: Due Torri-Neapolis del 2.11.2014 (1-0) -violazione dell’art.1 bis, comma 1, CGS in associazione (art. 9 CGS); -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri.

- Gara 8: Neapolis - Akragas del 9.11.2014 (2-2)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l’illecito sportivo relativo alla gara.

- Gara 9: Neapolis-Sorrento del 23.11.2014 (3-0)

- violazione dell’art.1 bis, comma 1, CGS in associazione (art. 9 CGS); -violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione; -violazione dell’art. 6, comma 2, CGS per aver scommesso sulla gara.

- Gara 11: F. Andria – Puteolana del 30.11.2014 (7-2)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, in continuazione; -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri».

Quanto al profilo sanzionatorio, ha premesso, questa Corte, «in ordine alla contestata (cfr. appelli Astarita e Ciccarone) applicazione della sanzione dell’ammenda a coloro che appartengono al settore dilettantistico, la lettura errata dell’art. 19, comma 6, CGS, secondo cui “le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non di cui all’art.1 bis, comma 5, CGS nonché ai tesserati della sfera professionistica, per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara le ammende sono anche applicabili ai tesserati della sfera dilettantistico-giovanile”.

Secondo i predetti appellanti il TFN avrebbe errato ad applicare la sanzione dell’ammenda in aggiunta a quella della squalifica, poiché la sanzione pecuniaria non sarebbe applicabile al calciatore dilettante. Ritiene questa Corte che anche siffatto assunto difensivo poggi su una errata costruzione interpretativa della normativa in materia.

Ad elidere ogni dubbio viene, anzitutto, in supporto la stessa chiara lettera delle norme di cui agli artt. 6 e 7 CGS. “La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2”, recita il comma 3 dell’art. 6, CGS, “comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00”. Ed anche il successivo somma 6, in relazione alla violazione di cui al comma 5, prevede l’applicazione a tutti i soggetti dell’ordinamento federale, a prescindere dalla loro appartenenza al settore professionistico od a quello dilettantistico, della sanzione dell’ammenda: “Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 5, comporta per i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a sei mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 15.000,00”.

Nello stesso senso, con riferimento all’illecito, il comma 5 dell’art. 7 CGS, così dispone: “I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di quattro anni e con l’ammenda non inferiore ad euro 50.000,00”. E, con riferimento all’omessa denuncia prevista e disciplinata dal comma 7, il successivo comma 8 recita: “Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a un anno e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00”.

Pertanto, come è agevole osservare, entrambe le disposizioni che regolano specificamente le fattispecie dell’illecito e del divieto di scommesse, prevedono pacificamente l’applicazione anche della sanzione dell’ammenda, indicandone, per di più, il minimo edittale. Disposizioni speciali che, dunque, in ogni caso prevalgono sulla regola generale dettata dall’art. 19, comma 6, CGS (“Le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica”), che, del resto, richiama, in particolare, le ipotesi di violazione previste nelle disposizioni di cui ai precedenti commi.

Pertanto, a nulla vale l’argomentazione difensiva secondo cui il Tribunale di prime cure avrebbe escluso l’applicazione dell’ammenda per altri incolpati appartenenti al settore dilettantistico. Per quanto qui in rilievo, infatti, l’applicazione della sanzione dell’ammenda nel caso di specie è legittima e corretta e, dunque, per le posizioni qui in esame, la decisione impugnata non può essere riformata, neppure sotto siffatto profilo.

Ciò premesso, per quanto qui interessa, le pene disciplinari inflitte dal Tribunale federale ai sigg.ri Salvatore Astarita, Antonio Ciccarone, (…) appaiono congruamente determinate in relazione alla gravità dei fatti agli stessi predetti incolpati ascritti e delle riconosciute aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS».

In conclusione, pertanto, la Corte Federale d’Appello, respingeva i ricorsi dei sigg.ri Astarita e Ciccarone.

La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI

Avverso la predetta decisione della Corte Federale d’Appello FIGC – Sezioni Unite – pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, con la quale è stato rigettato il ricorso e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado, in virtù della quale il sig. Astarita è stato sanzionato in continuazione con la squalifica di 3 anni per l’associazione ex art. 9 CGS, oltre, sempre in continuazione, alla squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 60.000,00 e il sig. Ciccarone è stato sanzionato in continuazione con la inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5 (cinque), oltre, sempre in continuazione, la inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 85.000,00, hanno proposto reclamo al Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI sia Antonio Ciccarone, sia Salvatore Astarita.

Così premette il Collegio:

«Il giudizio di primo grado si è concluso con l’irrogazione, per quanto qui rileva, delle seguenti sanzioni:

- ASTARITA Salvatore: in continuazione, squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS in continuazione oltre, sempre in continuazione, a squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 60.000,00;

- CICCARONE Antonio: in continuazione, inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5, oltre, sempre in continuazione, a inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 85.000,00.

Avverso tale decisione i Signori Astarita e Ciccarone hanno proposto reclamo alla Corte Federale d’Appello, la quale sulla base di un’ampia e circostanziata motivazione e ad un puntuale esame del complesso materiale probatorio acquisito al procedimento, con decisione pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, ha rigettato i ricorsi dei Signori Astarita e Ciccarone.

Detta decisione della Corte Federale d’Appello è stata impugnata dinanzi a questo Collegio di Garanzia, con distinti ricorsi, sia dal sig. Astarita che dal sig. Ciccarone.

In particolare, il sig. Astarita, con ricorso depositato in data 16.5.2016, ha chiesto al Collegio di Garanzia di accogliere le seguenti conclusioni:

“ - ritenuta la illegittimità, ai sensi dell’art. 54 comma 1 CGS-C.O.N.I., della decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C. – Sezioni Unite, il cui dispositivo è stato pubblicato sul C.U. n. 86/CFA del 07 marzo 2016 e le motivazioni pubblicate sul C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016 - con la quale, è stato rigettato il ricorso e per l’effetto è stata confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, pubblicata sul Comunicato Ufficiale N° 48/TFN del 01/02/16, con la quale Astarita Salvatore, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la USD Akragas Città dei Templi (serie D) è stato sanzionato in continuazione con la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS in continuazione oltre, sempre in continuazione, a squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 60.000,00 – disporne, per i motivi sopra esposti, ai sensi dell’art. 62 CGS-CONI l’annullamento senza rinvio ovvero con rinvio unitamente a tutti gli atti presupposti, annessi, connessi, collegati e conseguenti ….”.

A sostegno del ricorso il sig. Astarita ha dedotto i seguenti nove motivi:

1) Violazione degli artt. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Estinzione dell’azione disciplinare.

2) Violazione dell’art. 30 Statuto F.I.G.C. in riferimento agli art. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Nullità della decisione di secondo grado – Estinzione dell’azione disciplinare.

3) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS (Associazione).

4) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, 2 e 6 CGS (Illecito sportivo).

5) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 7 CGS (Omessa denuncia di illecito sportivo).

6) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse).

7) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 5 CGS (Obbligo di denuncia di scommesse) anche in riferimento all’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse) e dell’art. 81 C.P.

8) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. F), H) e 6 CGS.

9) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. C), F), H) e comma 3 CGS ed art. 81 c.p.

Il sig. Ciccarone, con ricorso depositato pure in data 16.5.2016, ha chiesto al Collegio di Garanzia di accogliere le seguenti conclusioni:

- ritenuta la illegittimità, ai sensi dell’art. 54 comma 1 CGS-C.O.N.I., della decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C. – Sezioni Unite, il cui dispositivo è stato pubblicato sul C.U. n. 86/CFA del 07 marzo 2016 e le motivazioni pubblicate sul C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016 - con la quale, è stato rigettato il ricorso e per l’effetto è stata confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, pubblicata sul Comunicato Ufficiale N° 48/TFN del 01/02/16, con la quale Ciccarone Antonio, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS all’interno e nell’interesse della Neapolisi srl, è stato sanzionato “in continuazione con la inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5, oltre, sempre in continuazione, a inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni, e ammenda di € 85.000,00 – disporne, per i motivi sopra esposti, ai sensi dell’art. 62 CGS-CONI l’annullamento senza rinvio ovvero con rinvio unitamente a tutti gli atti presupposti, annessi, connessi, collegati e conseguenti …

A sostegno del ricorso il sig. Ciccarone ha dedotto i seguenti undici motivi (per errore materiale l’11° motivo è stato numerato, una seconda volta, con il n. 10):

1) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale – art. 1 bis commi 1 e 5 CGS.

2) Violazione degli artt. 1 e 30 Statuto Federale, dell’art. 19 commi 1 lett. C), H) e comma 3 CGS – dell’art. 1 bis commi 1 e 5 CGS.

3) Violazione degli artt. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Estinzione dell’azione disciplinare.

4) Violazione dell’art. 30 Statuto F.I.G.C. in riferimento agli art. 34 e 34 bis CGS FIGC e degli artt. 37 e 38 CGS CONI – Nullità della decisione di secondo grado – Estinzione dell’azione disciplinare.

5) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CGS (Associazione).

6) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, 2 e 6 CGS (Illecito sportivo).

7) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 7 CGS (Omessa denuncia di illecito sportivo).

8) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse).

9) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 5 CGS (Obbligo di denuncia di scommesse) anche in riferimento all’art. 6 comma 2 CGS (Divieto di scommesse) e dell’art. 81 C.P.

10) Omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6 commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7 e 8 del CGS in riferimento all’art. 19 commi 1 lett. F) ed H) e 6 CGS.

11) (1) Omessa e/o insufficiente motivazione – violazione a falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 CGS dell’art. 6, commi 2, 3, 5 e 6 CGS nonché dell’art. 7 commi 1, 2, 6, 7, 8 del CGS in riferimento

1) Erroneamente numerato nel ricorso con il n. 10

all’art. 19 commi 1 lett. C, H, e comma 3 CGS ed art. 81 C.P. (per un evidente refuso, nel ricorso del sig. Ciccarone il motivo n. 11 è stato numerato ripetendo il n. 10).

La F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio si è distintamente costituita in entrambi i ricorsi, contestando le tesi e le censure formulate dai sigg. Astarita e Ciccarone; e chiedendo, per entrambi, che i ricorsi siano dichiarati in parte inammissibili e comunque siano respinti perché infondati nel merito».

Il Collegio di Garanzia passa, poi, all’esame dei singoli motivi di ricorso.

Con i primi due motivi di ricorso del sig. Astarita ed i nn. 3 e 4 formulati dal ricorrente sig. Ciccarone si denuncia violazione degli artt. 34 e 34 bis CGS, considerato che la Corte federale ha rigettato il gravame con dispositivo pubblicato sul C.U. n. 086/CFA del 7.3.2016, sebbene le motivazioni siano state rese note solo il successivo 15.4.2016, con il C.U. n. 105/CFA, deducendo, quindi, l’estinzione del procedimento disciplinare di secondo grado perché conclusosi tardivamente, oltre il termine di 60 giorni previsto dalla normativa vigente.

Il Collegio evidenzia come «per l’individuazione del termine per la conclusione dell’azione disciplinare, l’ordinamento federale dà rilievo al momento in cui la decisione conclusiva del procedimento disciplinare o del giudizio di secondo grado è adottata, fermo restando che solo dopo la pubblicazione della pronuncia decorrono i termini per la sua possibile impugnazione.

Ne consegue che “Per i giudizi collegiali, come quello in esame, il momento in cui la decisione dell’organo giudicante è pronunciata – in conformità alle disposizioni sopra indicate - è quello in cui, all’esito della camera di consiglio, la decisione è stata adottata e sottoscritta (anche solo nel dispositivo) dal Presidente e dal relatore del collegio giudicante. E di tale data fa fede, fino a querela di falso, la sottoscrizione degli organi giudicanti. Costituisce poi un necessario adempimento, immediatamente successivo, quello del deposito della decisione presso la Segreteria che provvede poi alla sua tempestiva pubblicazione” (Coll. Gar. CONI, Sez. Un., 22 marzo 2016, n. 13).

Rilevato che nel caso in esame il dispositivo è stato pubblicato il 7.3.2016 e che il reclamo era stato presentato da entrambi i ricorrenti sigg. Astarita e Ciccarone in data 8.2.2016 se ne desume che la decisione è intervenuta entro il termine perentorio di 60 giorni decorrenti dalla data del reclamo dell’8.2.2016, come prescritto dalle citate disposizioni. Ne consegue che entrambi i motivi qui esaminati (per entrambi i ricorrenti) sono infondati».

Il Collegio di Garanzia esamina, poi, congiuntamente il terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo del ricorrente sig. Astarita, nonché il quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo del sig. Ciccarone, osservando, anzitutto, come «per unanime giurisprudenza, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Coll. Gar. CONI, Sez. Un., decisione n. 4/2016; Cass., n. 13054/2014; n. 42/2009; Cass., n. 21412/2006 per tutte).

Ciò premesso, il Collegio ricorda che il primo comma dell’art. 54 CGS dispone che il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport “è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.

La disposizione riprende (parzialmente anche sotto il profilo lessicale) quanto disposto dall'art. 360 c.p.c., in ordine al quale si è formato un consistente contributo giurisprudenziale al quale il Collegio intende continuare a uniformarsi.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto, con specifico riferimento al vizio motivazionale, che ciò che rileva è solo l'omesso esame circa un fatto (punto nell’art. 54 CGS) decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti e cioè la pretermissione di quei dati materiali, già acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.

Pertanto, i limiti di censura del sindacato motivazionale in sede di giudizio di legittimità sono estremamente ridotti, al punto che l’omesso esame di atti istruttori non integra di per sé il vizio di cui al n. 5, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., n. 19881/2014, n. 8053/2014, n. 11025/2014; Cass., Sez. Un., n. 14477/2015)».

Ne ricava, il Collegio, che «le censure avanzate dal ricorrente sig. Astarita con il terzo, quarto e quinto motivo e dal ricorrente sig. Ciccarone con il quinto, sesto e settimo motivo vanno dichiarate inammissibili, risolvendosi tutte nel contrapporre una possibile soluzione (o possibile interpretazione dei fatti) diversa da quella adottata nella decisione impugnata». Giudica, poi, in parte inammissibili e in parte infondati «il sesto motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e, conformemente, l’ottavo motivo proposto dal sig. Ciccarone», mentre restano «assorbiti il settimo motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e il nono motivo proposto dal sig. Ciccarone».

«L’ottavo motivo del ricorso proposto dal sig. Astarita e, conformemente, il decimo motivo del ricorso proposto dal sig. Ciccarone», prosegue il Collegio, sono infondati.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso del sig. Ciccarone (asserito difetto di giurisdizione degli organi di giustizia sportiva) sono giudicati, rispettivamente, inammissibile e infondato.

Disattese tutte le ragioni di reclamo sopra in sintesi ricordate il Collegio di Garanzia ha ritenuto, invece, fondati i motivi di cui al nono motivo del sig. Astarita ed all’undicesimo (erroneamente numerato con il n. 10, per una seconda volta) del sig. Ciccarone.

«Con il nono motivo», si legge testualmente nella decisione del Collegio di Garanzia, «il ricorrente sig. Astarita censura la omessa e/o insufficiente motivazione della decisione impugnata, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, CGS, dell’art. 6, commi 2, 3, 5 e 6, CGS, dell’art. 7, commi 1, 2, 6, 7 e 8, CGS in riferimento all’art. 19, commi 1, lett. c), f), h), e comma 3, CGS e all’art. 81 c.p., deducendo l’erronea quantificazione della sanzione e la errata applicazione dell’istituto della continuazione.

In particolare, la Corte Federale, nel confermare la decisione di primo grado, avrebbe applicato una squalifica esorbitante rispetto a quanto disposto dall’art. 19 CGS e avrebbe poi omesso qualsivoglia motivazione in ordine ai criteri adottati per l’aumento della sanzione in virtù del principio di continuazione.

Analoghe censure sono state sollevate dal ricorrente sig. Ciccarone con il suo undicesimo motivo (per un refuso, indicato nel ricorso una seconda volta con il n. 10). Il ricorrente sig. Ciccarone, in particolare, ha lamentato che – in violazione delle disposizioni sopra riportate e dei principi stabiliti dall’art. 81c.p. – gli sia stata irrogata la esorbitante sanzione di anni 15 e mesi 6, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., oltre a una ammenda pari a € 135.000,00.

I motivi ora in esame, per entrambi i ricorrenti, si fondano tutti sostanzialmente su una asserita grave violazione compiuta dalla Corte Federale nell’applicazione delle regole in materia di continuazione; violazione che avrebbe portato alla irrogazione di sanzioni notevolmente superiori a quelle consentite.

Come noto, il reato continuato è previsto dal secondo comma dell’articolo 81 c.p., ai sensi del quale “chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge” è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo (come stabilito dall’art. 81, primo comma, c.p.).

Con parole semplici, la ratio del cosiddetto cumulo giuridico risiede nel fatto che chi commette più reati con uno scopo unico dimostra minore inclinazione criminale di colui che realizza più reati con più scopi diversi.

Per l’applicazione dell’istituto della continuazione, ispirato al principio del favor rei, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un unico disegno criminoso.

L’ultimo requisito citato consente di distinguere l'ipotesi del concorso materiale da quella del reato continuato. Infatti, in difetto di uno scopo unitario, il concorso materiale impone di applicare il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata; se, invece, gli stessi reati sono commessi sulla base di un disegno complessivo e unitario, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo.

Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni, tali da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate, è compito specifico del giudice del merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. Pen., Sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; per Cass. Pen., Sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007, Allegra, Rv. 237643 e Sez. 5, n. 1863/99 del 26/11/1998, Esposito, Rv. 212519, dove si precisa che l'identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora, malgrado la contiguità spaziotemporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi).

Una volta accertato il vincolo della continuazione tra le diverse condotte, ai fini della concreta determinazione della pena complessiva, il giudice del merito è tenuto a valutare i singoli reati (nel caso in esame, le singole violazioni) autonomamente e ad individuare, tra essi, quello più grave, facendo riferimento alla pena comminata in astratto, sulla base del genere e dell’entità, considerando il delitto sempre più grave della contravvenzione ancorché quest’ultima possa essere punita con una pena edittale maggiore di quella prevista per il delitto.

Individuata la violazione più grave, il giudice deve tener conto delle singole circostanze in cui il reato si è manifestato e quindi, salvo che specifiche disposizioni lo escludano, è tenuto ad effettuare il doveroso giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti con quelle aggravanti avendo cura, in caso di prevalenza delle prime, di calcolare nel minimo l’effetto di riduzione e, in caso di prevalenza delle aggravanti, di calcolare nel massimo l’aumento (Cass., Sez. Unite, 13/6/2013, n. 25939; Cass., Sez. Unite, 27/11/2008, n. 3286).

Effettuate le esposte operazioni, i reati satelliti perdono autonomia sanzionatoria e il relativo trattamento confluisce nella pena unitaria ancorché il giudice sia tenuto a calcolare, secondo la più rigorosa giurisprudenza, l'aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziché unitariamente (Cass. Pen., sez. V, 18/02/2015, n. 16015).

Delineati i presupposti applicativi e le modalità di determinazione della sanzione nel reato continuato, il Collegio osserva che correttamente i ricorrenti lamentano la violazione del primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, in virtù del quale “La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni”.

Attraverso modalità non dissimili da quelle previste dai nn. 1, 2 e 3 del primo comma dell’art. 78 c.p., la citata disposizione introduce, per la sanzione della squalifica, il limite massimo di 5 anni disponendo espressamente, nel successivo periodo, che, qualora “gli Organi della giustizia sportiva … applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità, possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o 46 categoria della FIGC”.

Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni, tanto è vero che nelle ipotesi di particolare gravità – fermo restando il limite massimo anzidetto - alla misura massima edittale può semmai accompagnarsi soltanto l’applicazione della prevista sanzione accessoria.

Anche valorizzando la ratio dell’art. 78 c.p., cui appare ispirata la disposizione in esame, ben potrebbe sostenersi in termini generali che l’esposta conclusione resti valida anche in caso di cumulo materiale di violazioni e di concorso di illeciti concorrenti con altro continuato.

Tanto premesso, nella odierna fattispecie la Corte Federale, pur seguendo l’impostazione fornita dal Tribunale Federale Nazionale nel provvedimento all’epoca reclamato e riconoscendo il vincolo della continuazione tra gli illeciti oggetto della decisione passata in giudicato del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, pubblicata sul C.U. n. 17 del 20 agosto 2015 (già sanzionati, per il sig. Astarita, con la squalifica per anni 2 e mesi tre, oltre che con l’ammenda di euro 25.000), e quelli oggetto del presente giudizio, nell’applicare, in relazione a questi ultimi, “la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS e, sempre in continuazione, la squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di euro 60.000”, ha determinato complessivamente la sanzione della squalifica in anni 8 e mesi 3 (e l’ammenda in di 85.000 euro) in evidente violazione del citato primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, sia con riferimento ai fatti esaminati nel giudizio (n. 2 illeciti sportivi, n. 1 associazione, n. 4 omesse denunce di illecito, n. 4 divieto di scommesse e n. 4 omesse denunce di scommesse, per un totale di 6 anni di squalifica) che a tutti quelli avvinti dal vincolo della continuazione (8 anni di squalifica).

La decisione impugnata è, inoltre, priva di qualsivoglia motivazione sia in ordine alla ravvisabilità della continuazione sia in ordine agli aumenti applicati per ciascun reato satellite in considerazione della pena prevista per il reato più grave. Su questo punto la decisione reclamata in questa sede si è limitata a confermare le sanzioni inflitte dal Tribunale Federale Nazionale, senza esporre alcuna motivazione (peraltro, assente anche nella decisione di prima istanza) né sulla continuazione né sulle conseguenze che dalla continuazione derivano nella quantificazione delle sanzioni.

In altri termini, una volta ritenuto più grave il reato associativo – con decisione insindacabile in sede di legittimità – e considerata anche la precedente condanna (passata in giudicato) ritenuta in continuazione, la sanzione si sarebbe dovuta rideterminare analiticamente come analiticamente si sarebbe dovuto indicare l’aumento di pena per le altre violazioni accertate.

Analoghe considerazioni valgono per l’undicesimo motivo di ricorso proposto dal sig. Ciccarone, con riferimento al quale il Collegio ravvisa gli stessi vizi sopra evidenziati: un assoluto difetto di motivazione sia in ordine alla continuazione sia in ordine alle conseguenze che da essa derivano nella quantificazione della sanzione. Anche con riferimento alla posizione del sig. Ciccarone nella decisione reclamata (così come nella precedente decisione di prima sede) difetta qualunque indicazione sui criteri adottati per l’incremento della sanzione a seguito del ravvisato vincolo di continuazione.

In conclusione, per quanto attiene alle censure ora in esame, il Collegio accoglie il nono motivo di ricorso proposto dal sig. Astarita e l’undicesimo motivo di ricorso proposto dal sig. Ciccarone (l’undicesimo e non già il decimo, come erroneamente scritto nel dispositivo nel quale era stata seguita l’erronea numerazione contenuta nel ricorso de quo), rinviando il procedimento alla Corte Federale di Appello perché rinnovi la sua valutazione in ordine alla ravvisabilità della continuazione e alle conseguenze sulla quantificazione delle sanzioni inflitte ai ricorrenti, fornendone adeguata motivazione».

Premessi questi motivi il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni ha, appunto, accolto limitatamente «al nono motivo formulato dal ricorrente sig. Salvatore Astarita e all’undicesimo motivo formulato dal ricorrente sig. Antonio Ciccarone», rinviando «alla Corte Federale d’Appello perché rinnovi la sua valutazione, secondo il criterio esposto in motivazione, in ordine alla ravvisabilità della continuazione e alle conseguenze sulla quantificazione di tutte le sanzioni, fornendone adeguata motivazione».

Il giudizio di rinvio e la decisione della Corte federale d’appello

Per procedere all’esame dei profili indicati nella sopra sintetizzata decisione n. 46 del 21 giugno 2016 del Collegio di Garanzia dello Sport questa Corte federale di appello ha fissato la seduta del 23 novembre 2016.

Alla riunione sono comparsi, l’avv. Aita per i sigg.ri Astarita e Ciccarone, nonché il dott. Tornatore per la Procura federale.

Il rappresentante della Procura federale ha particolarmente evidenziato come il tetto massimo previsto dall’art. 19 CGS vada riferito a ciascuna singola violazione e come, semmai, un limite sanzionatorio possa essere rinvenuto nell’art. 81 c.p. (aumento di pena sino al triplo).

L’avv. Aita ha ribadito che, come affermato dal Collegio di Garanzia, il tetto massimo è indicato dall’art. 19 CGS: anni 5 di squalifica o inibizione, più preclusione. Dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha emesso la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti

MOTIVI

Richiamando quanto disposto dal Collegio di Garanzia e già sopra testualmente riportato, con la decisione n. 46 del 2016 di cui trattasi il predetto organo di vertice della giustizia sportiva italiana ha invitato questa Corte a riesaminare le proprie valutazioni allo scopo di verificare la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per l’applicazione dell’istituto della continuazione. Il nuovo esame affidato a questa Corte è, dunque, limitato alla sola valutazione della ricorrenza di detti presupposti, per gli eventuali conseguenti effetti sul trattamento sanzionatorio.

Evidenzia, in tal ottica, il Collegio come la CFA, pur «riconoscendo il vincolo della continuazione tra gli illeciti oggetto della decisione passata in giudicato del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, pubblicata sul C.U. n. 17 del 20 agosto 2015 (già sanzionati, per il sig. Astarita, con la squalifica per anni 2 e mesi tre, oltre che con l’ammenda di euro 25.000), e quelli oggetto del presente giudizio, nell’applicare, in relazione a questi ultimi, “la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS e, sempre in continuazione, la squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di euro 60.000”, ha determinato complessivamente la sanzione della squalifica in anni 8 e mesi 3 (e l’ammenda in di 85.000 euro) in evidente violazione del citato primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, sia con riferimento ai fatti esaminati nel giudizio (n. 2 illeciti sportivi, n. 1 associazione, n. 4 omesse denunce di illecito, n. 4 divieto di scommesse e n. 4 omesse denunce di scommesse, per un totale di 6 anni di squalifica) che a tutti quelli avvinti dal vincolo della continuazione (8 anni di squalifica)».

Si osserva, anzitutto, che questa Corte non conosce, né può comunque valutare, seppur al solo limitato scopo di stabilire l’eventuale ricorrenza della continuazione, fatti e violazioni contestate in separato e diverso giudizio e, segnatamente, ai sigg.ri Ciccarone ed Astarita nel procedimento, poi, definito con la suddetta decisione del Tribunale federale nazionale pubblicata sul C.U. n. 17/TFN del 20 agosto 2015. Infatti, a prescindere dalla impossibilità, per così dire, tecnica, attesa la mancata conoscenza degli atti del diverso procedimento, vi osterebbe comunque l’autorità di giudicato acquisita, appunto, dalla predetta pronuncia. L’accertamento contenuto nella predetta decisione, infatti, una volta divenuto definitivo, non è più modificabile, né dal giudice che lo ha emesso, né dai giudici di grado superiore (c.d. inoppugnabilità) ed è incontestabile non solo sul piano sostanziale, ma, ad avviso di questa Corte, anche in ogni eventuale successivo processo, seppur in relazione ad effetti limitati (c.d. incontestabilità esterna del contenuto della decisione).

Del resto, è noto che il giudicato formale, che esprime la definitività del provvedimento, e quello sostanziale, volto a rappresentare la vincolatività del contenuto dello stesso, sono considerati momenti fondamentali, se non indefettibili, del nostro ordinamento giuridico, anche in relazione alla tutela dei diritti ed alla certezza dei rapporti giuridici ed alla stabilità degli accertamenti giudiziari. Diversamente ritenendo si recherebbe, peraltro, un evidente vulnus allo stesso sistema della giurisdizione dichiarativa, che si svolge a cognizione piena, nell’ambito di processi dotati di specifico rigore formale, che si chiudono, appunto, con una decisione idonea al giudicato formale ed a quello materiale.

Il diritto soggettivo (così come la violazione disciplinare contestata), una volta introdotto nel procedimento, è valutato nella sua pienezza dal giudice, che, negli stessi termini, lo dichiara con 48 efficacia vincolante. Ne consegue l’onere delle parti di dedurre, a pena di decadenza, tutti i fatti e gli effetti giuridici di rilievo, e, quindi, ad esempio, lamentare (rectius, eccepire) l’eventuale frazionamento, sotto l’aspetto dell’oggetto (rectius, condotta) del diritto sostanziale o dell’azione.

In altri termini, nell’ambito di un siffatto schema legale strutturalmente complesso deve ritenersi che vi sia un legame indissolubile tra il diritto ed il rapporto giuridico considerato nella sua complessità, tra azione e suoi effetti sul piano della pena, tra condotta esaminata ed accertata con decisione munita di giudicato e correlato trattamento sanzionatorio applicato. Il giudicato copre non solo l’accertamento della singola condotta e della relativa responsabilità, ma anche le connesse conseguenze sanzionatorie, come accertate, che alla stessa l’ordinamento riconnette e che il giudice ha dichiarato.

L’autorità di cosa giudicata, in parole più semplici, esplica i suoi vincolanti effetti non soltanto sull’accertamento sostanziale e sull’assetto giuridico attribuito o riconosciuto al bene della vita tutelato dalla disposizione normativa violata, ma anche a quegli accertamenti che si presentano come necessaria premessa o logica conseguenza della statuizione, purchè, ovviamente, il giudice abbia preso posizione su tale elemento.

Come noto, del resto, una volta passata formalmente in giudicato, la decisione detta la regola per il caso concreto e si pone come norma di legge per lo stesso. Non è concesso alle parti (ri)discutere il contenuto della pronuncia, né a qualsivoglia altro giudice (ri)esaminare il contenuto della medesima (tantomeno, emettere un nuovo provvedimento sulla stessa situazione giuridica già definita), seppur, lo si ribadisce, al solo fine di un dato limitato effetto giuridico. Infatti, il giudicato sostanziale assolve una duplice funzione: esplica, anzitutto, una efficacia negativa, impedendo un nuovo esame, in qualsiasi nuovo processo, di ciò che ha già formato oggetto della decisione; esplica, poi, in via logicamente correlata e riflessa, una efficacia positiva, vincolando ogni giudice al rispetto del contenuto del precedente accertamento. Questa Corte, dunque, non può che osservare l’obbligo di attenersi al contenuto della precedente decisione, pur dovendo, in questa sede, pronunciarsi su un rapporto (asseritamente) collegato o per il cui modo di essere ed il bene della vita tutelato rilevi la situazione sostanziale già accertata con efficacia di giudicato.

In definitiva, questa Corte ritiene che, laddove dovesse prendere in esame – seppur ai limitati fini di cui trattasi (i.e. accertamento continuazione) – condotte ed azioni contestate in diversi, autonomi procedimenti disciplinari, l’accertamento dei quali è avvenuto con decisione che ha, peraltro, acquisito autorità di giudicato, violerebbe i limiti della stretta correlazione intercorrente tra tutela delle situazioni giuridiche soggettive e sentenze conclusive di processi a cognizione piena, capaci della predetta definitività, nonché dell’accertamento vincolante dei diritti sostanziali nella stessa decisione contenuti.

In questo senso deve, dunque, considerarsi integrata e/o corretta la motivazione, in punto continuazione, di cui alla decisione resa da questa Corte all’esito del giudizio d’appello e pubblicata sul C.U. n. 15/CFA del 15 aprile 2016.

Per siffatte ragioni, sopra in rapida sintesi esposte, questa Corte ritiene di essere tenuta a rivalutare la propria decisione, sotto il profilo oggetto del rinvio da parte del Collegio di Garanzia, in relazione ai (soli) fatti contestati ai sigg.ri Ciccarone ed Astarita nel presente procedimento e, in tale prospettiva rivalutativa, ad applicare il principio di diritto posto dal Collegio di Garanzia. In particolare, il predetto autorevole Collegio sembra censurare la decisione assunta da questa Corte nella parte in cui non ha tenuto conto di quanto disposto dal «secondo comma dell’articolo 81 c.p., ai sensi del quale “chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge” è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo (come stabilito dall’art. 81, primo comma, c.p.)».

Argomenta, a tal proposito, il Collegio: «la ratio del cosiddetto cumulo giuridico risiede nel fatto che chi commette più reati con uno scopo unico dimostra minore inclinazione criminale di colui che realizza più reati con più scopi diversi.

Per l’applicazione dell’istituto della continuazione, ispirato al principio del favor rei, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un unico disegno criminoso.

L’ultimo requisito citato consente di distinguere l'ipotesi del concorso materiale da quella del reato continuato. Infatti, in difetto di uno scopo unitario, il concorso materiale impone di applicare il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata; se, invece, gli stessi reati sono commessi sulla base di un disegno complessivo e unitario, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo».

Insomma, la Corte federale d’appello è chiamata a verificare se sussista, in ordine alle condotte ed alle singole violazioni contestate (e riconosciute in capo) ai sigg.ri Astarita e Ciccarone, il vincolo della continuazione, in funzione della concreta determinazione della pena complessiva. Ed a tal fine questa Corte è richiesta di (ri)valutare le singole violazioni, individuare, tra esse, quella più grave, facendo riferimento alla pena comminata in astratto, sulla base del genere e dell’entità, in modo tale da far perdere autonomia sanzionatoria alle violazioni “satellite”, al fine di farla confluire nella pena unitaria «ancorché il giudice sia tenuto a calcolare, secondo la più rigorosa giurisprudenza, l'aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziché unitariamente (Cass. pen., sez. V, 18/02/2015, n. 16015)».

Orbene, nel tracciato sopra indicato questa Corte è tenuta a prendere atto della decisione del Collegio di Garanzia, ritenendo, tuttavia, sotto tale profilo, che il richiamo alla continuazione sia stato effettuato non tanto alla diretta ed integrale applicazione, al procedimento disciplinare sportivo, della disposizione codicistica di cui all’art. 81 c.p., quanto, ai principi generali dell’istituto medesimo. Del resto, ad una formale, diretta ed integrale applicazione, all’ordinamento federale, della disposizione di cui all’art. 81 si opporrebbe l’espresso richiamo fatto dalla norma di cui all’art. 2, comma 6, del codice di giustizia sportiva del Coni («Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva»).

Sotto tale profilo, del resto, la giurisprudenza endo ed esofederale ha costantemente affermato la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come, appunto, il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti che si svolgono in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto.

Quelle sottoposte alla giustizia sportiva sono controversie che vanno risolte alla luce delle norme poste nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ordinamento che ha, conserva e deve conservare la capacità di regolare fattispecie generali ed astratte con valenza verso la generalità dei soggetti che spontaneamente aderiscono allo stesso ordinamento, in funzione del perseguimento di specifiche finalità, pur sempre rientranti nell’interesse generale in ragione del quale esso stesso è costituito.

Non possono, pertanto, che nutrirsi dubbi sulla possibilità concettuale, prima ancora che normativa, di introdurre, nell’ambito del procedimento sportivo, specifiche regole di diritto sostanziale o di diritto procedurale proprie di altri sistemi di giustizia e, segnatamente, di quelle poste dal legislatore ordinario per il processo penale. Diverse sono le posizioni giuridiche coinvolte e la rilevanza delle stesse; diverse sono le finalità perseguite dall’ordinamento sportivo e da quello generale.Nel processo sportivo si ritiene debbano essere applicate le disposizioni dell’ordinamento federale e di quello generale sportivo, anche internazionale. Solo in via eccezionale e nella sola ipotesi di lacuna possono essere di ausilio le regole dettate per altri sistemi di giustizia e, in particolare, di quello civile, fermi restando, ovviamente, i principi inderogabili che presidiano il nostro ordinamento costituzionale, tra cui, in primo luogo, il diritto di difesa.

Ciò osservato, in via incidentale ed al solo fine di offrire un possibile contributo alla ricostruzione interpretativa della fattispecie, questa Corte, come si diceva, è vincolata all’applicazione del principio di diritto affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni e, dunque, a valutare se sussistono, nel caso di specie, i presupposti per applicare i principi propri dell’istituto della continuazione.

Nell’ambito della prospettiva rivalutativa propria di questo giudizio di rinvio, ritiene, questa Corte, che, nel caso di specie, sia dimostrata l'esistenza di un articolato programma criminoso consistente non solo nell'alterazione di una serie di partite, tra cui quelle indicate in motivazione, ma anche nell'effettuazione di tutta una serie di scommesse sportive al fine della realizzazione di illeciti profitti. Gli atti acquisiti al procedimento hanno, come detto, evidenziato un quadro probatorio del tutto sufficiente in ordine all’affermazione della sussistenza della fattispecie disciplinare associativa contestata. Vi è in atti ampia prova dell'esistenza di uno stabile vincolo associativo tra alcuni dei soggetti deferiti, tra cui, appunto, Ciccarone ed Astarita, con una precisa distribuzione di compiti e di ruoli, come, peraltro, già accertato con decisione che, sotto siffatto profilo, ha acquisito autorità di giudicato.

Il materiale probatorio consente, insomma, di ritenere dimostrata l’esistenza di una vera e propria organizzazione, costituita da tesserati ed altri soggetti, preordinata ad alterare lo svolgimento e/o il risultato di competizioni sportive, al fine sia di effettuare scommesse dall’esito predeterminato e di ottenere illeciti profitti, sia di assicurare un vantaggio ad una data squadra.

Del pari, dimostrato ed illustrato, anche dalle risultanze delle captazioni investigative, l'elemento soggettivo in ordine alla consapevolezza, in capo a ciascuno dei due ricorrenti, per quanto qui interessa, di partecipare e contribuire attivamente, alla vita dell’associazione, svolgendo il compito specifico assegnato per il conseguimento del comune (illecito) fine associativo.

Nel caso di specie, le condotte degli associati di cui trattasi e, segnatamente, per quanto qui rileva, di Astarita e Ciccarone, come già definitivamente riconosciuto, sono quelle tipiche della partecipazione associativa, per quanto sopra già evidenziato e in attuazione dei principi giurisprudenziali elaborati in materia, anche considerato che la distinzione tra la partecipazione ad una associazione ed il concorso esterno «non ha natura meramente quantitativa, ma è collegata alla organicità del rapporto tra il singolo e la consorteria, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio, anche se lo stesso non abbia mai avuto occasione di attivarsi, mentre, al contrario, va qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello dell' “extraneus”, sulla cui disponibilità il sodalizio non può contare, che sia stato più volte contattato per tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome determinazioni» (Cassazione pen., sez. II, 30 aprile 2015, n. 34147).

Del resto, «la differenza tra il concorso di persone nel reato e il reato di associazione per delinquere consiste nel fatto che, nel primo caso, l'accordo criminoso è circoscritto alla commissione di uno o più reati singolarmente individuali e si esaurisce dopo la loro commissione, mentre, nel secondo caso, il pactum sceleris prescinde dalla commissione dei singoli reati ed è caratterizzato dall'esistenza di una struttura organizzata più o meno complessa e dalla predisposizione di mezzi necessari all'attuazione del programma comune a tutti gli associati» (così Cass. pen., sez. I, 6 maggio 2003, n. 23455).

Orbene, nel caso di specie il ruolo dei ricorrenti è organico all’associazione. Sono tutti e due, ciascuno in relazione ai propri compiti, essenziali alla realizzazione del programma illecito e ciascun aderente sa di poter contare sulla disponibilità degli altri associati ed è consapevole del ruolo da ciascuno di essi svolto in attuazione del vincolo associativo. E, come noto, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trova in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo della associazione criminale, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (cfr., in siffatti termini, anche Cassazione pen., sez. II, 10 dicembre 2014, n. 53675).

In tale quadro di riferimento ed anche alla luce di siffatta partecipazione alla associazione ex art. 9 CGS di cui trattasi deve, come detto, esaminarsi se le singole condotte contestate, nel presente procedimento disciplinare, ad Astarita e Ciccarone, siano tutte correlate e poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso o, comunque, legate dal vincolo della continuazione. Esame, questo, come già più volte rilevato, funzionale alla sola determinazione della corretta retribuzione sanzionatoria.

Come già evidenziato dal Collegio di Garanzia nella sua decisione di rinvio a questa Corte, ai sensi dell’art. 81 cpv. c.p. si ha reato continuato quando l’agente commette, anche in tempi diversi, con più azioni od omissioni, una pluralità di reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Nell’ambito tipicamente penalistico si specifica, poi, che gli elementi costitutivi del reato continuato sono tre: a) una pluralità di azioni od omissioni (pluralità, che non deve essere tale solo in senso naturalistico); b) più violazioni di legge; c) un medesimo disegno criminoso.

La figura del reato continuato, insomma, viene in rilievo quando il soggetto agente compie più azioni destinate allo stesso fine reato o anche alla violazione di più precetti. Ora, non vi è dubbio che la circostanza che la pluralità di violazioni commesse dal medesimo soggetto sia attuazione di un medesimo disegno criminoso dimostra una minore riprovevolezza complessiva nel comportamento dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto alle normali ipotesi di concorso materiale. L’agente, in diversi termini, individuando ab initio le diverse condotte violative da porre in essere esprime una minore intensità di volontà criminosa globale.

Orbene, ciò premesso sul piano generale, ed a prescindere dagli specifici criteri dettati dall’art. 81 c.p., si ritiene che le condotte poste in essere dai sigg.ri Ciccarone ed Astarita costituiscano, nel caso di specie, una pluralità di azioni unificate dal vincolo della continuazione; qualificazione, questa, che rileva ai fini della riprova di un minor disvalore complessivo dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto all’ipotesi della mera somma delle diverse condotte antidoverose, come meglio in seguito precisato.

Le complessive corpose emergenze istruttorie, nella decisione poi fatta oggetto del presente rinvio già dettagliatamente (si reputa) indicate (ed a cui si fa rinvio, anche al fine di non appesantire inutilmente la presente esposizione), denotano, con ogni evidenza, consentendo di affermarla, una rappresentazione unitaria sin già dal momento ideativo delle diverse condotte disciplinarmente rilevanti contestate ai sigg.ri Astarita e Ciccarone, tali, in effetti, da escludere una successione di autonome risoluzioni illecite. La successione spazio-temporale degli illeciti perpetrati, con responsabilità ormai affermata con autorità di giudicato, nonché il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse condotte illecite e violative contestate, alla luce dell’unicità del disegno crimonoso ideato dall’associazione ex art. 9 CGS di cui trattasi – alla quale entrambi hanno, appunto, partecipato ed aderito – e in esecuzione del quale si inseriscono i singoli episodi illeciti, sono tali da escludere l'occasionalità degli stessi.

Ciccarone è in continuo contatto con gli altri sodali al fine di reperire partite da combinare, seguirne le “trattative” e provvedere alle eventuali scommesse del caso. Conseguenza, per così dire, inevitabile quella dell’omissione della denuncia degli illeciti di cui lo stesso viene, ovviamente, a conoscenza. Nello stesso senso, accedono, per così dire, a questo illecito principale, per come pur sempre inserito nella partecipazione all’associazione ex art. 9 CGS e sostanziale attuazione della trama associativa, anche la condotta violativa del divieto di scommesse e quella, conseguente, dell’omissione di denuncia relativamente alla conoscenza delle scommesse (vietate) effettuate da altri, siano essi appartenenti o meno all’associazione di cui si è detto. Astarita è a disposizione dell’associazione e del duo Ciccarone-Moxedano, in particolare, sia in relazione alle combine delle gare, sia in relazione alle scommesse, e le condotte allo stesso ascritte sono, con ogni evidenza, anch’esse legate dal vincolo della continuazione, per essere singoli momenti attuativi di un predefinito comune programma illecito, pur privo di specifica originaria individuazione.

- Riepilogando, queste le violazioni imputate a Salvatore Astarita:

- Gara 5: Monopoli-Puteolana del 2.11.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara;

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara.

- Gara 6: Montalto-Frattese del 2.11.2014 (2-4)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la 52 Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara;

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara.

- Gara 7: Due Torri-Neapolis del 2.11.2014 (1-0)

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara;

- Gara 8: Neapolis – Akragas del 9.11.2014 (2-2)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara, in modo da favorire la squadra ospitante così da assicurare alla stessa un vantaggio in classifica; in particolare, per aver lo stesso compiuto, dopo appena 30 minuti di gioco, un fallo di mano, tanto plateale, quanto volontario, che ne ha comportato l’espulsione dal campo ed ha consentito, per l’effetto, alla Neapolis di giocare in superiorità numerica gran parte della gara. Con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS dell’effettiva alterazione dello svolgimento della gara; nonché della pluralità di illeciti commessi rispetto ad altri fatti costituenti illecito sportivo oggetto di contestazione nell’ambito del presente procedimento disciplinare.

- Gara 9: Neapolis – Sorrento del 23.11.2014 (3-0)

- violazione dell’art. 9 CGS, dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara, con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS, in continuazione, dell’effettiva alterazione dello svolgimento della gara.

- Gara 11: F. Andria – Puteolana del 30.11.2014 (7-2)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo di alterazione del risultato della gara;

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per avere scommesso, anche per conto di Ciccarone, sulla gara, così contravvenendo al divieto fatto ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico di effettuare scommesse su gare delle competizioni in cui militano le squadre di appartenenza (all’epoca, Akragas, Monopoli e Puteolana erano tutte partecipanti al campionato nazionale dilettanti); nonché per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare di essere a conoscenza del fatto che Ciccarone aveva scommesso sulla gara.

- Quanto alle violazioni addebitate ad Antonio Ciccarone:

- Gara 1: Hinterreggio-Neapolis del 7.9.2014 (2-0)

- violazione dell’art. 1 bis, comma 1, in associazione (art. 9 CGS);

- violazione dell’art. 7, comma 1 e 2 CGS, per aver posto in essere mediante atti diretti, ad alterare lo svolgimento della gara, con l’aggravante di cui all’art.7, comma 6, CGS.

- Gara 2: Sorrento-Montalto del 12.10.2014 (0-0)

- violazione dell’art.1 bis, comma 1, in associazione (art. 9 CGS) e violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere mediante atti diretti, ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art.7, comma 6, CGS. -violazione dell’art. 6, comma 2, CGS per aver scommesso sulla gara.

- Gara 3: Neapolis-Montalto del 26.10.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2 CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS.

- Gara 4: Puteolana-Scafatese del 26.10.2014 (0-4)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2 CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS.

- Gara 5: Monopoli - Puteolana del 2.11.2014 (4-0)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS.

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5 CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza dell’analoga condotta posta in essere dal calciatore Astarita.

- Gara 6: Montalto - Frattese- del 2.11.2014 (2-4)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS.

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri.

- Gara 7: Due Torri-Neapolis del 2.11.2014 (1-0)

- violazione dell’art.1 bis, comma 1, CGS in associazione (art. 9 CGS);

- violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS, per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri.

- Gara 8: Neapolis - Akragas del 9.11.2014 (2-2)

- violazione dell’art. 7, comma 7, CGS per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale della FIGC, omettendo di denunciare l’illecito sportivo relativo alla gara.

- Gara 9: Neapolis-Sorrento del 23.11.2014 (3-0)

- violazione dell’art.1 bis, comma 1, CGS in associazione (art. 9 CGS); -violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS. -violazione dell’art. 6, comma 2, CGS per aver scommesso sulla gara.

- Gara 11: F. Andria – Puteolana del 30.11.2014 (7-2)

- violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS. -violazione dell’art. 6, commi 2 e 5, CGS per aver scommesso sulla gara e per non aver informato la Procura federale in ordine alla conoscenza della medesima condotta illecita posta in essere da altri.

Ebbene, le diverse violazioni, come detto, fanno parte di una fattispecie quantomeno assimilabile allo schema del reato continuato, poiché ci si trova in presenza di una pluralità di azioni e/o omissioni, poste in essere, nell’ambito di un programmato piano alterativo delle gare, anche ai fini di scommessa, in esecuzione di un disegno criminoso sostanzialmente unitario. Quest’ultimo, in generale, presuppone un elemento intellettivo, ossia la rappresentazione anticipata della successiva attività antidoverosa, ma anche un elemento “finalistico”, costituito dalla unicità dello scopo. Nel caso di specie, è individuabile, per quanto anche evidenziato nella motivazione della decisione di questa Corte pubblicata sul C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, in capo ai sigg.ri Astarita e Ciccarone, una decisione assunta ex ante, sin dal momento dell’adesione al sodalizio associativo di cui si tratta, di porre in essere diverse condotte idonee a violare le disposizioni di cui alle seguenti norme del codice di giustizia sportiva: art. 7, comma 1 e 2, (illecito sportivo); art. 7, comma 7, (obbligo di denuncia illecito sportivo); art. 6, comma 2, (divieto di scommesse); art. 6, comma 5, (obbligo di denuncia della violazione del divieto di scommesse).

In tale prospettiva deve ritenersi che, ai fini della configurabilità della continuazione, la rappresentazione anticipata della futura attività criminosa, se deve, di certo, essere caratterizzata dalla unicità di scopo, non è, invece, necessario si risolva in una serie di episodi “delittuosi” dettagliatamente e concretamente programmati, essendo sufficiente che le condotte antidoverose costituenti violazioni di disposizioni federali si pongano in rapporto di interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un unico fine.

In altri termini, con riferimento all’ordinamento federale, affinchè sia riconosciuta la continuazione, deve reputarsi necessario, ma anche sufficiente, una iniziale, pur generica, programmazione di compiere una pluralità di illeciti, in attuazione del mesedimo disegno criminoso ed in vista del conseguimento di un unico prefissato scopo, sufficientemente specifico. Diversamente opinando, del resto, laddove fosse richiesta, per poter riconoscere le attenuazioni sanzionatorie correlate all’applicazione dell’istituto della continuazione, una programmazione dettagliata delle varie condotte illecite, l’istituto resterebbe praticamente inapplicabile.

- In sintesi, dunque, il sig. Astarita è stato chiamato a rispondere, per quanto concerne il presente procedimento disciplinare, di condotte, legate dal vincolo della continuazione, violative delle seguenti norme:

- art. 9 CGS;

- (n. 2) art. 7, comma 1 e 2, CGS (illecito sportivo), con aggravante comma 6;

- (n. 3) art. 7, comma 7, CGS (obbligo di denuncia illecito sportivo);

- (n. 4) art. 6, comma 2, CGS (divieto di scommesse);

- (n. 4) art. 6, comma 5, CGS (obbligo di denuncia violazione del divieto di scommesse).

- il sig. Ciccarone è stato, invece, chiamato a rispondere, per quanto concerne il presente procedimento disciplinare, di condotte, legate dal vincolo della continuazione, violative delle seguenti norme:

- art. 9 CGS;

- (n. 8) art. 7, comma 1 e 2, CGS (illecito sportivo), con aggravante comma 6;

- (n. 1) art. 7, comma 7, CGS (obbligo di denuncia illecito sportivo);

- (n. 4) art. 6, comma 2, CGS (divieto di scommesse);

- (n. 4) art. 6, comma 5, CGS (obbligo di denuncia violazione del divieto di scommesse).

Per tali ragioni, dunque, in ordine alla minore riprovevolezza o, meglio, al complessivo minor disvalore disciplinare-sportivo rinvenibile nella fattispecie della pluralità di condotte commissive e/o omissive legate dal requisito della continuazione, quali quelle, appunto, oggetto della fattispecie, il complessivo trattamento sanzionatorio infitto ai sigg.ri Astarita e Ciccarone deve essere ritederminato, in riduzione, alla luce dei criteri meglio di seguito illustrati ed in concreta attuazione dei relativi principi posti dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni.

Ciò premesso, questa Corte, sulla base delle indicazioni fornite dal Collegio di Garanzia e fermo restando che, «con decisione insindacabile in sede di legittimità», come precisato dal predetto Collegio, tra le varie condotte dai sigg.ri Ciccarone ed Astarita poste in essere in violazione delle disposizioni federali, la CFA, con specifico riferimento alla particolarità del caso di specie, ha ritenuto di maggiore gravità l’illecito associativo ex art. 9 CGS, ritiene congruo complessivamente rideterminare il trattamento sanzionatorio degli stessi in applicazione dei seguenti criteri: 

- pena base per l’illecito associativo: inibizione o squalifica anni tre e ammenda euro trentamila, anche considerata l’appartenenza al settore dilettantistico;

così aumentata in relazione alle ulteriori violazioni legate dal vincolo della continuazione:

- per ciascun illecito ex art. 7, commi 1 e 2, CGS: inibizione / squalifica mesi quattro, oltre all’ammenda di euro cinquemila; la predetta sanzione deve essere aggravata, ai sensi dell’art. 7, comma 6, CGS, con l’applicazione di ulteriori mesi 1 di inibizione / squalifica;

- per ciascuna violazione ex art. 7, comma 7, CGS: inibizione / squalifica mesi 1;

- per ciascuna violazione ex art. 6, comma 2, CGS: inibizione / squalifica mesi 1, oltre all’ammenda di euro mille, anche considerata l’appartenenza al settore dilettantistico;

- per ciascuna violazione ex art. 6, comma 5, CGS: inibizione / squalifica giorni 15.

Appare opportuno precisare che i predetti criteri sono stati determinati in relazione alla specifica fattispecie oggetto del presente procedimento, avuto riguardo al complessivo contesto di riferimento e tenuto conto dell’appartenenza al settore dilettantisco dei deferiti. Ne consegue che detti criteri non sono suscettibili di immediata, automatica ed acritica estensione ad altri procedimenti e contesti disciplinarmente rilevanti.

In applicazione dei suddetti criteri, la sanzione deve, dunque, essere così complessivamente rideterminata: 

- ASTARITA: squalifica per anni 4, mesi sette, oltre ammenda euro 44.000,00 (quarantaquattromila), e precisamente:

- art. 9 CGS: squalifica anni tre + ammenda euro trentamila; 55

- (n. 2) art. 7, comma 1 e 2, CGS (con aggravante comma 6): squalifica mesi 10 + ammenda euro diecimila;

- (n. 3) art. 7, comma 7, CGS: squalifica mesi tre; - (n. 4) art. 6, comma 2, CGS: squalifica mesi quattro + ammenda euro quattromila;

- (n. 4) art. 6, comma 5, CGS: squalifica mesi due.

- CICCARONE: inibizione anni sei, mesi undici, oltre ammenda euro 74.000,oo (settantaquattromila), e precisamente:

- art. 9 CGS: inibizione anni tre + ammenda euro trentamila;

- (n. 8) art. 7, comma 1 e 2, CGS (con aggravante comma 6): inibizione anni 3, mesi quattro + ammenda euro quarantamila; - (n. 1) art. 7, comma 7, CGS: inibizione mesi 1;

- (n. 4) art. 6, comma 2, CGS: inibizione mesi quattro + ammenda euro quattromila;

- (n. 4) art. 6, comma 5, CGS: inibizione mesi due.

Così, dunque, rideterminata, in applicazione dell’istituto della continuazione ed alla luce dei principi posti dal Collegio di Garanzia, la concreta misura sanzionatoria, questa Corte è tenuta a contenere quella del sig. Ciccarone nei limiti della previsione di cui all’art. 19, comma 3, CGS («La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni), come letteralmente interpretata dallo stesso predetto Collegio ed in applicazione, quindi, dell’altro principio di diritto enunciato nella decisione n. 46 del 2016 dall’Organo di vertice della giustizia sportiva italiana: «Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni, tanto è vero che nelle ipotesi di particolare gravità – fermo restando il limite massimo anzidetto – alla misura massima edittale può semmai accompagnarsi soltanto l’applicazione della prevista sanzione accessoria».

Per ragioni di completezza espositiva, questa Corte reputa opportuno evidenziare, seppur in via meramente incidentale, che appare del tutto corretto l’assunto della Procura federale secondo cui il tetto massimo della sanzione (5 anni + preclusione) previsto dal codice di giustizia sportiva può essere applicato a ciascun illecito, a ciascuna violazione e non costituisce certamente una soglia massima complessiva oltre cui il tesserato non è più soggetto ad alcuna pena disciplinare. Confortano, all’evidenza, una tale lettura sia una interpretazione di carattere letterale, sia uno sviluppo elaborativo di tipo logico.

Sotto il primo profilo, occorre considerare che la norma fa testuale ed espresso riferimento alla (singola) “infrazione”. Così la stessa, infatti, recita: «La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni. Gli Organi della giustizia sportiva che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC». Appare, dunque, evidente che la sanzione della inibizione o della squalifica, fino al massimo edittale di anni cinque, può essere applicata a ciascun illecito (i.e. per ogni “infrazione”). Sotto il secondo aspetto, una diversa interpretazione (anni 5 come tetto massimo complessivo per ciascun tesserato, per sempre e per tutte le violazioni dallo stesso commesse) condurrebbe alla paradossale conseguenza che un tesserato, in ipotesi ritenuto responsabile di un illecito considerato grave e punito con la sanzione massima di anni 5 più preclusione, non potrebbe più essere chiamato a rispondere e sanzionato per eventuali successive condotte illecite, così restando – in ordine alle stesse – impunito!

In tale prospettiva, peraltro, occorre anche tenere presente che tra due possibili interpretazioni di una disposizione normativa, deve essere preferita quella che appare cosituzionalmente orientata. E, per quanto, seppur in rapida sintesi, appena detto, questa Corte non ritiene che la diversa lettura (impunità per gli illeciti successivi al primo – in ipotesi – sanzionato con il massimo edittale) possa dirsi costituzionalmente orientata, e, ancor prima, in linea e coerente con il sistema di principi e di valori su cui si fonda l’ordinamento sportivo.

Da ultimo è anche possibile evidenziare che sul punto è rinvenibile, un consistente e pacifico contributo della giurisprudenza endofedereale, al quale il Collegio intende continuare a uniformarsi, 56 che ha sempre affermato, quantomeno in via di prassi applicativa, il principio della possibilità di irrogare la sanzione della squalifica o della inibizione anche oltre il tetto di anni cinque nella ipotesi di infrazioni diverse.

Ciò premesso sul piano astratto e dei principi, tornando alla concreta rideterminazione del giusto trattamento retributivo, oggetto del presente giudizio di rinvio, la sanzione da applicare al sig. Antonio Ciccarone, in pratica attuazione della norma prima ricordata e del principio interpretativo posto dal Collegio di Garanzia, deve essere, pertanto, contenuta nel massimo edittale, ossia anni cinque di inibizione, ferma restando l’ulteriore sanzione dell’ammenda di euro 74.000,00. Nel caso di specie, infatti, pur trattandosi di diverse violazioni (in teoria, quindi, suscettibili di essere nel complesso sanzionate con una pena superiore ai cinque anni di inibizione), le stesse sono, come detto, legate dal vincolo della continuazione e, dunque, in forza del principio di diritto posto dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni («Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni») la sanzione come sopra quantificata in anni sei e mesi undici, deve essere limitata ad anni cinque.

Alla predetta sanzione della inibizione per anni cinque deve, poi, tuttavia, essere aggiunta la sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC. Così, infatti, dispone la norma di cui al sopra riferito art. 19, comma 3, ultimo periodo, CGS: «Gli Organi della giustizia sportiva che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC».Sotto tale profilo, infatti, non nutre alcun dubbio, questa Corte, che le infrazioni commesse dal sig. Ciccarone siano non solo particolarmente gravi, ma anche ripetute con comportamento consolidato nel tempo e denotino un inequivoco disprezzo per le regole dell’ordinamento federale. Peraltro, dalla complessiva condotta di cui trattasi traspare, in modo inequivoco, la volontà del sig. Ciccarone di servirsi dell’appartenenza al mondo del calcio per fini personali e/o per ricercare illeciti profitti da realizzarsi in violazione delle norme dell’ordinamento federale e, più in generale, dei principi e dei valori propri del mondo dello sport e di quello dilettantisico, in particolare.

Il complessivo comportamento del sig. Ciccarone si connota, in altri termini, per l’evidente disvalore rispetto all’ordinamento sportivo e merita specifica valutazione, anche a tutela dell’ordinato e regolare svolgimento dei campionati.

In conclusione, la gravità e la intensità lesiva dei singoli episodi disciplinarmente contestati al sig. Ciccarone, il rilevante grado di disvalore disciplinare-sportivo della condotta complessiva del medesimo e del suo stesso approccio al giuoco del calcio, inducono, questa Corte, a ritenere inevitabile infliggere allo stesso predetto sig. Ciccarone anche la sanzione della preclusione.

Per questi motivi la C.F.A. in relazione al giudizio di rinvio del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, così ridetermina le sanzioni e infligge a:

- Salvatore Astarita sanzione della squalifica per anni 4, mesi 7, oltre all’ammenda di € 44.000,00;

- Antonio Ciccarone sanzione della inibizione per anni 5 con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di € 74.000,00.

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