F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C.U. n. 29/TFN-SD del 27 Novembre 2017 (motivazioni) – RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL EX ARTT. 30 e 32 CGS CONI. Con ricorso depositato in data 18 luglio 2017, proposto nei confronti della Società ACR Messina Srl, la Società US Vibonese ha chiesto a questo Tribunale di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017.

RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL EX ARTT. 30 e 32  CGS CONI.

Con ricorso depositato in data 18 luglio 2017, proposto nei confronti della Società ACR Messina Srl, la Società US Vibonese ha chiesto a questo Tribunale di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017.

Parte ricorrente aveva proposto ricorso ex art. 30 del CGS CONI, lamentando la circostanza che la Società ACR Messina, a seguito del mancato deposito della fideiussione idonea a garantire l’iscrizione al campionato 2016/2017, non sia stata esclusa dal campionato 2016/2017;

Essendo retrocessa sul campo, nella stagione 2016/2017 dopo la sconfitta nei play out contro il Catanzaro, parte ricorrente ha sostenuto che, a seguito della richiesta esclusione della Società ACR Messina sin dalla stagione 2016/2017, avrebbe dovuto essere pienamente reintegrata nell’organico della Lega Pro, essendo stata la prima squadra esclusa dal campionato,

Questo Tribunale, con C.U. n. 7/TFN del 28 luglio 2017, dichiarava il ricorso inammissibile perché l’impugnazione era stata proposta nei confronti della Società Messina “e non, quale  parte  resistente  necessaria,  anche  nei  confronti  della  Lega  Italiana  Calcio Professionistico” ed inoltre perché, sui medesimi fatti, il Procuratore Federale aveva già proposto  deferimento,  a  seguito  del  quale  la  Società  ACR  Messina  era  stata  già sanzionata dalla Corte d’Appello Federale (come da C.U. n. 138/CFA del 7 giugno 2017). Avverso la predetta decisione, la Vibonese, in data 8 agosto 2017, ha proposto reclamo davanti alla Corte Federale d’Appello che, in                                                                                           data 24 agosto, ha emesso quindi la decisione, in C.U. 29/CFA, con la quale, in accoglimento del ricorso, ha disposto la retrocessione della Società Messina all'ultimo posto del Campionato di Lega Pro (stagione sportiva 2016/2017), Girone C, determinando la possibile reintegrazione della Vibonese nell'organico del campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018. Le motivazioni della decisione sono state poi pubblicate in data 30 agosto 2017, con C.U. 34/CFA.

A seguito di impugnazione davanti  al Collegio di Garanzia dello Sport da parte del Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Lega Italiana Calcio Professionistico, le Sezioni Unite del supremo organo di Giustizia sportiva, con decisione n.78 depositata in data 19 ottobre 2017, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato la decisione della corte d’appello federale, rinviando la questione a questo Tribunale per ogni successiva determinazione.

Il Collegio di Garanzia dello Sport ha, da un lato sostenuto che il ricorso avrebbe dovuto essere formulato nei confronti della Federazione Italiana giuoco Calcio e della Lega Pro quali resistenti principali e non già nei soli confronti dell’ACR Messina che, al limite, avrebbe dovuto avere la veste di controinteressato e dall’altro ha censurato anche lo strumento giuridico concretamente utilizzato da parte ricorrente, vale a dire il ricorso ex art. 30 e 32 del Codice di Giustizia sportiva del CONI, liddove alcuna sanzione disciplinare avrebbe potuto essere emessa, nel caso concreto, dal Tribunale adito, riguardando, la questione, problematiche di natura organizzatoria di competenza della Lega Pro e della FIGC.

Ha sottolineato il Collegio di Garanzia che la Vibonese avrebbe dovuto sollecitare a tali ultimi organi l’esercizio delle proprie prerogative e, eventualmente, agire avverso l’eventuale silenzio serbato.

In data 11 novembre 2017 la US Vibonese ha formulato istanza con la quale ha chiesto che il Collegio provvedesse ad integrare il contraddittorio nei confronti della FIGC e della Lega Pro, in ossequio a quanto sancito dalla decisione del Collegio di Garanzia che ha ritenuto che le stesse dovessero essere parti necessarie del giudizio.

Nel corso dell’udienza tenutasi in data 17 novembre 2017, il legale della US Vibonese ha insistito nella richiesta.

Il Collegio, alla luce degli atti e del pronunciamento del Collegio di Garanzia del CONI, ritiene che il presente ricorso sia inammissibile.

In primo luogo il Collegio di Garanzia ha chiaramente evidenziato che lo strumento giuridico utilizzato da parte ricorrente, il ricorso ex art. 30 e 32 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, non rappresenta il mezzo di tutela idoneo all’ottenimento del provvedimento di esclusione richiesto, giacché alcuna ulteriore sanzione disciplinare, al di fuori di quella già emanata nei soli confronti del ACR Messina, avrebbe potuto essere adottata da questo Tribunale.

L’ipotetico rimedio esercitabile, vale a dire il ricorso avverso l’eventuale silenzio degli Organi federali, avrebbe dovuto essere, a parere del collegio, quello previsto dall’art. 43 bis del Codice di Giustizia sportiva FIGC che prevede, appunto, la previa notifica del ricorso alle parti interessate, la cui omissione, fra l’altro, non può che comportare l’inammissibilità del gravame.

Sotto altro profilo, pur  a voler ritenere, in astratto, che la domanda potesse essere presentata innanzi al questo Tribunale, ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, il giudizio, come ha anche sottolineato il Collegio di Garanzia, non avrebbe potuto svolgersi in assenza della Lega e della FIGC per i motivi ivi esplicitati.

Avrebbe dovuto essere, tuttavia, onere della parte, indicare, ex art. 30, comma 3, lett. a) del CGS CONI, fra i soggetti nei cui confronti il ricorso era proposto, anche gli organi federali sopra indicati.

L’art. 32 comma 1, infatti, nel prevedere l’obbligo per il Presidente del Tribunale Federale, di trasmettere il ricorso ai soggetti nei cui confronti esso è proposto ovvero agli eventuali controinteressati, non riconosce alcun potere di integrare eventuali omissioni di parte, ma si limita a prevedere un onere, per il Tribunale Federale, di comunicazione del ricorso alle parti indicate dal ricorrente, ripercorrendo pedissequamente la dicitura utilizzata dall’art. 30, comma 3, lett. a) sopra citato.

I principi generali, d’altronde, non riconoscono alcun potere in capo al giudice di convenire in giudizio soggetti non evocati dalla parte ricorrente, se non nei casi in cui sussista un litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., (e non è questo il caso) ovvero, nel processo amministrativo, nel caso in cui il ricorso sia stato notificato ad almeno uno dei controinteressati, ma non nel caso in cui il ricorso non è stato proposto nei confronti dei resistenti principali (vale a dire l’amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato ovvero che è rimasta inerte), nel qual caso lo stesso è inammissibile, come nel caso di specie.

Ragionando a contrario, si riconoscerebbe agli organi di giustizia sportiva un indebito potere di ingerenza nelle attività necessariamente rimesse all’ iniziativa delle singole parti per la tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti, potendo comportare da un lato indebite rimessioni in termini di procedure soggette a termini decadenziali (come nei casi di cui si discute), sia un eccessivo arbitrio dello stesso Tribunale Federale, la cui discrezionalità nell’ampliare o meno il novero dei soggetti convenibili, potrebbe avere ripercussioni nei successivi gradi di giudizio, compromettendo anche il principio della celerità della giustizia sportiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Nazionale Federale – Sez. Disciplinare – dichiara inammissibile il ricorso.

 

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