F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE –Sezione Disciplinare – 2018/2019 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C.U. n. 8/FTN del 19 Luglio 2018 RICORSO EX ART. 43BIS CGS DELLA SOCIETÀ NOVARA CALCIO SPA IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. PRESIDENTE DEL CDA DOTT. MASSIMO DE SALVO, AVENTE AD OGGETTO L’IMPUGNAZIONE DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL CU N. 54 DEL 30.5.2018 RELATIVAMENTE AI CRITERI DI RIPESCAGGIO NELLE CATEGORIE PROFESSIONISTICHE.
RICORSO EX ART. 43BIS CGS DELLA SOCIETÀ NOVARA CALCIO SPA IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. PRESIDENTE DEL CDA DOTT. MASSIMO DE SALVO, AVENTE AD OGGETTO L’IMPUGNAZIONE DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL CU N. 54 DEL 30.5.2018 RELATIVAMENTE AI CRITERI DI RIPESCAGGIO NELLE CATEGORIE PROFESSIONISTICHE.
Il ricorso
Con ricorso ex art. 43 bis CGS, IL Novara Calcio Spa, in persona del legale rappresentante p.t., impugnava la delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 Maggio 2018, chiedendone la revoca/annullamento nella parte in cui, nel fissare i criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie A e di Serie B 2018/2019, prevedeva a pag. 14 punto D4 che:
- “Le Società che hanno scontato nelle stagioni sportive 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico”;
- In via subordinata, limitando la preclusione alle ultime due stagioni sportive, 2016/2017 e 2017/2018, come previsto per la fattispecie dell’illecito sportivo e dell’obbligo di denuncia;
- In via ulteriormente subordinata, prevedendo che, per incorrere nella preclusione de qua, deve essere necessario aver commesso l’illecito nelle ultime tre stagioni sportive, e non scontato la sanzione.
La Società ricorrente con CU n. 12/TFN del 24.7.2015 veniva sanzionata con la penalizzazione di punti 2 (due) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016 “per non aver depositato presso COVISOC, entro il termine del 16 Aprile 2015, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute IRPEF relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di Maggio, Giugno , Novembre e Dicembre 2014” (decisione confermata dalla Corte di Appello, Sezioni Unite, CU n. 35 del 30.9.2015).
Pertanto, la sanzione scontata nella stagione sportiva 2015/2016, alla luce dei criteri preclusivi fissati con la delibera impugnata, impedisce al Novara Calcio di presentare la domanda di ripescaggio per la stagione sportiva 2018/2019.
La ricorrente, in questa sede, chiede quindi l’annullamento della predetta delibera rilevando molteplici profili di illegittimità.
In primo luogo si lamenta una irragionevole disparità di trattamento tra le Società sanzionate per illecito sportivo e quelle sanzionate per le meno gravi violazioni di cui all’art. 10 CGS. In particolare, mentre per le gravi violazioni di cui agli artt. 6 e 7 CGS il ripescaggio sarebbe precluso solo per le sanzioni scontate nelle stagioni sportive 2016/2017 e 2017/2018, inspiegabilmente per le violazioni di cui all’art. 10 si fa riferimento alle ultime tre stagioni sportive. Illogico ed irragionevole, quindi, sarebbe prevedere per l’illecito, oggettivamente più grave e Maggiormente sanzionato, una preclusione sensibilmente inferiore pari a due stagioni anziché tre.
In secondo luogo, la ricorrente lamenta la violazione del principio di irretroattività della sanzione in quanto né quando ha commesso la violazione (16.04.2015) né quando la stessa è stata sanzionata (24.07.2015) era conosciuta o conoscibile la preclusione dal ripescaggio nella categoria superiore scaturita anni dopo da tale inadempimento. La disciplina vigente all’epoca, infatti, non prevedeva come causa di esclusione l’essere stati sanzionati per violazioni di cui all’art. 10 CGS, introdotte solo a far data dal 7.6.2016 con CU n. 428/A.
Pertanto, l’applicazione di tale causa ostativa, fortemente afflittiva e in tal senso connotata di un profilo sanzionatorio, alle condotte poste in essere nel corso di stagioni sportive antecedenti l’introduzione per la prima volta del precetto, si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale di irretroattività della sanzione sancito dall’art. 25 della Carta. L’introduzione di una norma che preveda una preclusione all’accesso alla graduatoria dei ripescaggi nella categoria superiore in ragione di un comportamento già sanzionato, non può essere legittima se all’epoca della violazione la predetta rilevantissima conseguenza non era prevista dalle vigenti disposizioni regolamentari.
Ultimo motivo di doglianza attiene alla asserita violazione del principio di certezza della pena da parte della delibera impugnata, nella parte in cui ancora l’applicazione della preclusione al momento in cui la pena è stata scontata e non a quello in cui la violazione è stata posta in essere. Individuare come momento rilevante ai fini applicativi quello della esecuzione della sanzione, prescindendo dalla realizzazione della condotta sanzionata, rende di fatto incerta e irragionevole l’intera disciplina posto che i tempi della giustizia sportiva sono inevitabilmente incerti e sfuggono del tutto al controllo dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare.
Si apre in tal modo un profilo di assoluta incertezza nei confronti dei club i quali, commesso un illecito disciplinare, sono impossibilitati a conoscere tale illecito su quale stagione sportiva potrà riverberare i propri effetti ai fini del ripescaggio fino al momento in cui lo stesso non viene perseguito dalla giustizia sportiva. L’illegittimità sarebbe quindi connessa alla irragionevolezza di un parametro preclusivo che, in presenza di fattispecie astrattamente identiche, rimetterebbe alla discrezionalità degli organi di giustizia sportiva, attraverso la determinazione della tempistica di deferimento, la facoltà di determinare la stagione sportiva in cui far operare la preclusione al ripescaggio.
Il Novara Calcio, quindi, lamenta una disparità di trattamento rispetto a tutti quei club che, al suo pari, hanno commesso la violazione dell’art. 10 CGS nel corso della stagione sportiva 2014/2015 e che oggi sono astrattamente ripescabili avendo scontato la sanzione nel corso della medesima stagione.
La FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio, si costituiva in giudizio depositando memoria difensiva nei termini di rito contestando l’inammissibilità e l’infondatezza dell’impugnativa.
Preliminarmente, la Federazione eccepisce l’inammissibilità del gravame dichiaratamente proposto ai sensi dell’art. 43 bis CGS laddove prevede che “1. I ricorsi per l’annullamento delle delibere della Federazione, nei casi e con le modalità previste dall’art. 31 del Codice della Giustizia Sportiva emanato dal CONI, sono proposti innanzi al Tribunale federale a
livello nazionale ‐ sezione disciplinare”. L’art. 31 CGS CONI richiamato se, da un lato,
prevede che “Le deliberazioni dell’Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del Coni e
ai principi fondamentali del Coni, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di organi della Federazione, del Procuratore federale, e di tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni”, dall’altro è chiaro nel sancire che “le deliberazioni del Consiglio Federale (in questo caso del Commissario Straordinario, che ne ha assunto i poteri) contrarie alla legge, allo Statuto del Coni e ai principi fondamentali del Coni, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di un componente, assente o dissenziente, del Consiglio federale, o del Collegio dei revisori dei conti”.
Il ricorso sarebbe, pertanto, viziato da un difetto di legittimazione attiva: il combinato disposto degli artt. 43 bis CGS FIGC e 31 CGS CONI, prevede infatti due tipologie di impugnazione, una riguardante le delibere assembleari consentita sia alle componenti federali ed istituzionali che ai tesserati ed affiliati, altra riguardante le delibere consiliari (cui è riconducibile quella adottata dal Commissario Straordinario e qui impugnata) consentita soltanto alle componenti istituzionali del Consiglio Federale ed al Collegio dei Revisori dei Conti e non ai singoli tesserati e/o alle singole Società affiliate.
Nel merito, si contesta l’infondatezza del ricorso per le seguenti ragioni.
Non vi sarebbe una illogica disparità di trattamento in quanto le preclusioni opererebbero con riferimento a tre stagioni sportive sia nel caso di violazioni amministrative ex art. 10 CGS (punto D4 della delibera gravata) sia nel caso di illecito sportivo e/o violazioni del divieto di scommesse (punto D3 della delibera gravata): nel primo caso 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018, nel secondo caso 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019.
A ben vedere, la diversa individuazione delle stagioni da prendere in considerazione è dovuta alla diversa tipologia di violazioni, infatti, nel caso della commissione di illeciti sportivi vi è l’esigenza di impedire il ripescaggio a Società riconosciute responsabili di tali illeciti con sanzioni da scontare nella stagione in cui ne beneficerebbero. Esigenza di coprire la stagione corrente che, viceversa, non è avvertita per gli illeciti in materia gestionale ed economica giacché il periodo da prendere in esame risulta predeterminato dalla speciale disciplina sancita dall’art. 10 CGS, laddove prevede che le violazioni afferenti ai pagamenti da effettuarsi sino al mese di Febbraio compreso vanno scontate nella stagione in corso.
Infine la Federazione contesta la fondatezza delle ulteriori censure mosse dalla ricorrente, le quali muoverebbero dall’erroneo presupposto di considerare la preclusione al ripescaggio di cui al punto D4 della delibera una sanzione accessoria, una misura punitiva ulteriore rispetto a quella prevista dal Codice di Giustizia.
Si tratterebbe, invece, di un provvedimento emesso dalla Federazione nell’esercizio dei suoi poteri regolamentari e volto a selezionare, tra le Società non aventi diritto, quelle più virtuose e ritenute meritevoli di essere ammesse a godere del beneficio.
La natura provvedimentale e non sanzionatoria dell’atto fa venir meno tutte le doglianze connesse alla violazione dei principi di irretroattività della sanzione, del ne bis in idem e della certezza della pena.
Trattandosi, in particolare, di Società non aventi diritto a partecipare al Campionato Professionistico della categoria superiore, le stesse non possono lamentare la lesione di una situazione giuridicamente protetta.
Con memoria difensiva dell’11.7.2018, inviata in pari data a mezzo PEC, si costituiva la Società Ternana Unicusano Calcio Spa, controinteressata al ricorso, di cui chiedeva dichiararsi l’inammissibilità e/o improcedibilità per il vizio di legittimazione attiva sollevato anche dalla difesa della Federazione, nonché respingere il ricorso nel merito per le ragioni esposte in memoria.
Per quanto attiene alla diversa individuazione delle stagioni da prendere in considerazione ai fini preclusivi, la Società interveniente sottolinea come per le violazioni amministrative di cui al punto D4 della delibera, si tratti di inadempimenti che, indipendentemente dall’applicazione della sanzione, devono essere sanati per il rilascio della Licenza Nazionale per la stagione successiva. Il che significa che, se una Società ha ricevuto la Licenza Nazionale e presenta domanda di ripescaggio nella corrente stagione sportiva, la stessa avrà certamente sanato tutti gli eventuali pregressi pagamenti in ritardo; per tale ragione si esclude la stagione sportiva 2018/2019 e si fa rientrare quella 2015/2016. Tali argomenti consentono di smentire l’irragionevolezza del criterio adottato e la disparità di trattamento.
Il dibattimento
Il TFN – Sezione Disciplinare, con provvedimento del Presidente datato 4.7.2018, accoglieva l’istanza di abbreviazione dei termini presentata in sede di ricorso, e fissava l’udienza di discussione al 17.7.2018.
All’udienza del 17 Luglio 2018, la difesa della ricorrente espone alcune considerazioni in replica all’asserita carenza di legittimazione attiva che, a detta delle resistenti, inficerebbe il ricorso alla luce del combinato disposto dell’art. 43 bis CGS FIGC e dell’art. 31 CGS CONI.
In particolare, a legittimare il ricorso dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare vi sarebbe, da un lato, l’eccezionalità della situazione che vede commissariato l’organo deliberativo deputato ad assumere il provvedimento de quo, di guisa che il contesto attuale, non espressamente normato, non può che produrre la legittimazione attiva anche dei singoli tesserati e/o delle singole Società affiliate.
D’altro canto, l’odierno assetto federale straordinario non può che portare a colmare il vuoto normativo attraverso il richiamo gerarchico a fonti superiori. In tal senso, l’impianto normativo va integrato con la disposizione di cui all’art 30 del CGS CONI rubricato “Ricorso della parte interessata” laddove prevede che “Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale”.
L’art. 30 CGS CONI, norma residuale e di chiusura di rango superiore rispetto alle disposizioni federali, attribuisce la facoltà di ricorrere dinanzi al Tribunale Federale a tutti i portatori di situazioni giuridicamente protette cui certamente appartiene, per quel che qui ci occupa, il Novara Calcio Spa In replica alle deduzioni volte a negare la natura sanzionatoria dell’atto impugnato ribadendone quella provvedimentale al fine di affermare la piena discrezionalità dell’organo deliberativo, la ricorrente ribadisce la validità anche in tal caso delle eccezioni di illegittimità mosse.
Il provvedimento amministrativo, infatti, non può discostarsi da quei parametri di ragionevolezza, proporzionalità e predeterminazione all’interno dei quali può e deve esplicare la propria discrezionalità deliberativa.
La ricorrente deposita (all. 1 al verbale di udienza) una lettera del 18 Giugno 2018 inviata dal Presidente delle Lega Nazionale Professionisti di B al Commissario Straordinario FIGC, avente ad oggetto “Criteri e procedure di integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie B” con la quale il Presidente di Lega manifesta gravi perplessità sulla tenuta del sistema in presenza di parametri che paiono andare in contraddizione ed alterarne l’equilibrio.
Le parti, quindi, ripercorsi i tratti salienti delle difese svolte, si riportano alle conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi.
I motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Sulla eccezione preliminare volta ad affermare la carenza di legittimazione attiva della ricorrente in virtù del combinato disposto degli artt. 43 bis CGS FIGC e 31 CGS CONI, la stessa va respinta.
Se, infatti, l’art. 31 CGS CONI attribuisce il potere di impugnativa delle delibere consiliari alle componenti istituzionali del Consiglio Federale ed al Collegio dei Revisori dei Conti e non ai singoli tesserati e/o alle singole Società affiliate, è altrettanto vero che la disposizione che lo precede, l’art. 30, prevede inequivocabilmente una clausola di salvezza e residuale per tutte le ipotesi in cui, in presenza di situazioni giuridiche protette nell’ordinamento federale, non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva.
Ad avviso di questo Collegio, quindi, la mancata impugnativa della delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 Maggio 2018, da parte dei soggetti istituzionali individuati a norma del secondo comma dell’art. 31 CGS CONI, apre un varco di tutela e legittima i soggetti terzi portatori di situazioni giuridiche protette nell’ordinamento federale ad agire a tutela degli stessi ai sensi dell’art. 30, comma 1 CGS CONI.
A nulla rilevando l’indicazione normativa nell’intestazione del ricorso laddove viene richiamato l’art 43 bis CGS FIGC, infatti, come chiarito dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, l'errata indicazione di una norma nell'intestazione del motivo di ricorso non è causa di inammissibilità dell'impugnazione purché nel contesto della censura il vizio da denunciare emerga inequivocabilmente (Cass. Civ. Sez. Un., 24/07/2013, n. 17931). D’altronde sotto il profilo formale il ricorso risulta ritualmente notificato a tutte le parti interessate
A sostegno del principio affermato, la Corte richiama il concetto di giusto processo inserito nell'articolo 111 della Costituzione nonché il principio di effettività della tutela giurisdizionale, di cui più volte la Corte europea dei diritti dell'uomo ha parlato per sostenere l’esigenza che alla domanda di giustizia dei consociati debba, per quanto possibile e segnatamente nell'attività di interpretazione delle norme processuali, corrispondere una effettiva ed esauriente risposta da parte degli organi preposti all'esercizio della funzione giurisdizionale. La concreta esplicazione del diritto di accesso a un tribunale è infatti prevista e garantita dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950, ratificata dall'Italia con la legge 848/1955.
È comunque necessario, ad avviso dei giudici di legittimità, che nei motivi di ricorso la parte faccia una chiara esposizione delle ragioni per le quali la censura è stata formulata e del tipo di pronuncia richiesta, elementi certamente riscontrabili nel ricorso introduttivo del presente procedimento.
In tale quadro interpretativo, si ritiene, quindi, di dover evitare eccessi formalistici per offrire alle domande di giustizia una risposta effettiva e conforme ai principi fondamentali dell’ordinamento processuale.
Per quanto concerne il merito del ricorso, il provvedimento impugnato in questa sede, espressione del potere organizzativo degli organi Federali, nell’individuare i criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie A e di Serie B 2018/2019, finisce con il deviare dai principi generali. Il provvedimento de quo pur nell’estrinsecazione della discrezionalità amministrativa non può sottrarsi al sindacato sull’esercizio del potere e sull’eccesso nell’esercizio della funzione medesima.
La discrezionalità amministrativa, infatti, non può trasmodare nell'arbitrio ed è vincolata al limite costituito dal perseguimento dell'interesse rispondente alla causa del potere esercitato, nonché dal rispetto dei criteri di ragionevolezza, imparzialità e logica.
In tal senso, si devono condividere le doglianze della ricorrente che lamenta di essere stata esclusa dai ripescaggi in forza di un criterio selettivo non ancora introdotto né al momento in cui ha posto in essere la violazione di cui all’art. 10 CGS FIGC (16.04.2015) né quando la stessa è stata sanzionata (24.07.2015). La predeterminazione dei criteri selettivi che finiscono per avere rilevantissime ricadute nella sfera giuridica dei destinatari rispetto alle condotte preclusive poste in essere ed alle correlate sanzioni è requisito imprescindibile di legittimità del provvedimento.
Si ritiene, pertanto, che non possa essere introdotta una predetta preclusione correlata alla irrogazione di sanzioni che, al momento della loro commissione, non è in alcun modo nota ai soggetti ed alle Società tesserate in quanto il provvedimento impugnato è stato emanato alla fine della stagione sportiva e nel momento in cui, pertanto, l’organo federale è già a conoscenza delle Società che si trovano nelle predette condizioni.
Sotto altro e diverso profilo, il provvedimento impugnato risulta illogico e lesivo degli interessi della ricorrente nella parte in cui ancora l’applicazione della preclusione al momento in cui la sanzione è stata “scontata” e non a quello in cui l’illecito è stato commesso.
Si condividono le perplessità sollevate sul punto anche dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie B la quale ha rilevato come tale previsione renda “incerta, irragionevole ed illogica l’intera disciplina in virtù del fatto che la normativa attribuisce al Giudice la possibilità di scegliere in quale stagione far scontare la sanzione”.
Insuperabile il rilievo sulla incertezza dei tempi della giustizia sportiva e sull’impossibilità di esercitare un controllo da parte dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare.
Si apre in tal modo un profilo di assoluta incertezza nei confronti dei club i quali, commesso un illecito disciplinare, sono impossibilitati a conoscere tale illecito su quale stagione sportiva potrà riverberare i propri effetti ai fini del ripescaggio fino al momento in cui lo stesso non viene perseguito dalla giustizia sportiva.
L’illegittimità del provvedimento, scaturisce dalla irragionevolezza di un parametro preclusivo che, in presenza di fattispecie astrattamente identiche, finisce con il rimettere agli organi di giustizia sportiva attraverso la determinazione della tempistica di deferimento, la facoltà di determinare la stagione sportiva in cui far operare la preclusione al ripescaggio con una inammissibile disparità di trattamento.
Il Tribunale Federale – Sezione Disciplinare, quindi, assorbiti tutti gli ulteriori profili oggetto di contestazione, rileva l’illegittimità della delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 Maggio 2018, nella parte in cui a pag. 14 punto D4 dispone che “Le Società che hanno scontato nelle stagioni sportive 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico”, sotto il profilo dell’eccesso di potere perché connotata da profili di illogicità/irragionevolezza, ingiustificata disparità di trattamento e ne dispone l’annullamento limitatamente alla parte de qua.
Il dispositivo
Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare,
annulla la delibera del Commissario Straordinario FIGC di cui al CU n. 54 DEL 30.5.2018 nella parte in cui a pag. 14, punto D.4 del CU sopra richiamato, si legge che “le Società che hanno scontato nelle s.s. 15-16, 16-17 e 17-18 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico”.
Nulla per la tassa.
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