Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 35 del 23/05/2025
Decisione impugnata: Decisione emessa dalla Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Calabria FIGC-LND, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 123 del 18 febbraio 2025, in esito all’udienza del 17 febbraio 2025, che, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla società AGS D Soriano 2010 avverso la decisione del Giudice Sportivo Territoriale della Delegazione Provinciale di Vibo Valentia, di cui al Comunicato Ufficiale n. 30 SGS del 23 gennaio 2025, ha ridotto, fino al 29 gennaio 2027, la squalifica - inflitta fino al 29 gennaio 2028 - del calciatore sig. [omissis].
Impugnazione Istanza: omissis / A.G.S. D. Soriano 2010 / FIGC
Massima: Il ricorso è inammissibile. Ai sensi dell’art. 59, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva CONI, copia del ricorso proposto, entro trenta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata, «è trasmessa alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio ovvero alle stesse parti personalmente». Orbene, dall’esame degli atti acquisiti al giudizio, mentre il ricorso risulta ritualmente depositato al Collegio di Garanzia dello Sport, non si evince, invece, la trasmissione del ricorso alla parte intimata, né, in ogni caso, emerge l’allegazione, richiesta dal medesimo art. 59, comma 4, lett. b), dell’attestazione «dell’avvenuto invio del ricorso agli altri destinatari indicati dal comma 1». II - Il ricorso, peraltro, resterebbe, comunque, inammissibile sotto ulteriori profili e, in particolar modo, in quanto carente dei requisiti previsti dal vigente quadro regolatorio, che devono essere assolti necessariamente con il ricorso. Anzitutto, ai sensi del punto 3 dell’art. 59, sopra richiamato, il ricorso deve, tra l’altro, contenere gli elementi identificativi dei soggetti nei cui confronti è proposto (lett. a), l’indicazione dell’atto o della decisione impugnata (lett. b), gli atti e i documenti rilevanti (lett. e). Orbene, nel caso di specie, non è indicato il soggetto/parte nei cui confronti il ricorso viene proposto e non vi è allegazione della impugnata decisione della Corte d’Appello (che viene riprodotta nel corpo del ricorso), né di quella di prime cure, parzialmente riformata, in ordine alla quale non si evince neppure l’indicazione degli estremi della relativa pubblicazione. Siffatta carenza, unitamente alla mancata produzione di documenti necessari ai fini della valutazione richiesta a questo Collegio – quali, ad esempio, segnatamente, la certificazione del Pronto soccorso (dalla quale emergerebbe «con chiarezza che l’arbitro aveva solo un rossore sull’emiviso senza ulteriori conseguenze che possano ricomprendersi nella nozione di lesione personale»), nonché il referto del direttore di gara (nel quale non risulterebbero riportati «esiti invalidanti di alcun genere sia a livello fisico che psichico») – non consentono di ritenere rispettato il principio di autosufficienza proprio dei giudizi di legittimità. Del resto, appare evidente come non possano essere utilmente valutate le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito, nel caso in cui il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, al fine di renderne possibile e agevolarne l'esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità. Inammissibilità ancora più evidente, nel caso di specie, laddove, appunto, la Parte ricorrente ritenga di fondare essenzialmente le proprie contestazioni sulla base del confronto tra la motivazione della decisione impugnata e le risultanze dei documenti invocati a conforto della diversa ricostruzione del fatto o del diritto. Peraltro, nel caso di specie, la ricorrente società, con la tecnica di redazione dei cosiddetti ricorsi "assemblati", riproduce integralmente all’interno del ricorso alcuni documenti (in particolare, l’intero reclamo alla Corte Sportiva e la relativa impugnata decisione dell’anzidetta Corte), senza un adeguato specifico sforzo di selezione o rielaborazione sintetica dei loro contenuti, così contravvenendo proprio alla finalità primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati, in immediato logico coordinamento con il contenuto della decisione impugnata. La giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia ha avuto più volte occasione di osservare come l’art. 2, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva CONI stabilisca che, “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva” (cfr., di recente, Collegio di Garanzia per lo Sport, Prima Sezione, decisione n. 13 del 2025). Per effetto del rinvio al codice di rito civile, il ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport soggiace alla regola della “autosufficienza”, mutuata dall’art. 366 c.p.c. La Suprema Corte ha, a tal riguardo, precisato che, “in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza - prescritto, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. - è volto ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell'impugnazione; ne deriva che il ricorrente ha l'onere di operare una chiara sintesi funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione in tutto o in parte, nella specie mancante, è richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (v. Cass.. n. 24340/2018; S.U. n. 5698/2012)” (così Cassazione, Sezione lavoro, n. 3287 del 2024). In altri termini, il principio di autosufficienza del ricorso impone, a pena di inammissibilità, al ricorrente, anche dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, un onere di chiara indicazione degli elementi documentali e di diritto sulla base dei quali è proposta l’impugnazione, ossia “l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda”, che “va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre a specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza del versante “contenutistico”» (Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 25 del 2021). Ritiene, questo Collegio, da ultimo, di dover dare, sinteticamente, atto di ulteriore, diverso, motivo di inammissibilità del ricorso. Invero, la ricorrente società sembra sforzarsi di argomentare una diversa lettura delle norme di regolamento sportivo invocate e di convincere il Collegio della necessità di assumere, a base del proprio giudizio, una diversa ricostruzione dei fatti che connotano la vicenda che qui ci occupa e di considerare altra interpretazione delle disposizioni in materia. E ciò non è possibile. Premesso, in via meramente incidentale, come, ad un primo sommario esame, la ricostruzione interpretativa del fatto, così come offerta dalla società ricorrente, non appaia, prima facie, condivisibile e osservato, sul piano generale, come sembri possibile ritenere che integri la fattispecie di “condotta violenta” il comportamento, connotato da intenzionalità e volontarietà, che miri tanto a produrre danni da lesioni personali, quanto a porre in pericolo l’integrità fisica di colui che lo subisce e che si risolva in un’azione impetuosa ed incontrollata, qualificata da un’accentuata volontaria aggressività, è, infatti, noto che il Collegio di Garanzia, nella propria sede di legittimità, non possa compiere valutazioni di merito e della misura della sanzione disciplinare, sindacandone la gravità che è stata soppesata nell’apprezzamento del fatto dagli organi competenti. Deve, qui, ribadirsi che il giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia è limitato alla sola legittimità del provvedimento oggetto di impugnazione. Così, infatti, recita l’art. 54, comma 1, Codice Giustizia Sportiva CONI: “il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti". Pertanto, è precluso, a questo Collegio di Garanzia dello Sport, il potere di sindacare doglianze che richiedono una "rivisitazione" dei fatti già sottoposti all'esame dei Giudici del merito (cfr., ex multis, Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 36 del 2021). Come rilevato da costante giurisprudenza di questo Collegio, "nel momento in cui viene impugnato un provvedimento dell'organo di giustizia endofederale di secondo grado, il rimedio proposto dal legislatore sportivo si sostanzia nel ricorso al cosiddetto giudizio di legittimità - individuato dalla norma richiamata - nella cui sede è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito. Il giudizio di legittimità è, dunque, preordinato all'annullamento delle pronunce che risultano viziate da violazioni di norme giuridiche ovvero da omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ovvero alla risoluzione di questioni di giurisdizione o di competenza, ognuna di esse specificatamente censurata" (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 93 del 2017). Ne consegue che un riesame della questione nel merito violerebbe l'ordine dei gradi di giustizia e oltrepasserebbe i poteri decisori dello stesso Collegio, per come espressamente previsti dall'art. 54, comma 1, Codice Giustizia Sportiva CONI (cfr. Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 30 del 2018 e, più di recente, Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 37 del 2019). In definitiva, dinanzi al Collegio di Garanzia non possono prendersi a scrutinio le doglianze che mirano a una rivalutazione di fatti ed elementi istruttori al solo fine di orientarli in una direzione diversa da quella sorretta dal convincimento del Giudice a quo (cfr. Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 14 del 2025). Condivide, questo Collegio, l’insegnamento della giurisprudenza ordinaria di legittimità secondo cui, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati alla fase di merito del processo, nel corso del quale il Giudice è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto a un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Ne consegue che deve ritenersi inammissibile il motivo di ricorso che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, miri in realtà ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal Giudice di merito (ex multis, Cassazione, Sezioni Unite, n. 34476 del 2019; v. anche Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisioni nn. 41 e 71 del 2021; Collegio di Garanzia, Quarta Sezione, decisione n. 5 del 2022; Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 33 del 2024). In definitiva, l’accertamento fattuale compiuto dalla Corte di merito non è censurabile in questa sede di legittimità, risultando precluso un riesame nel merito della questione, sulla base di una diversa prospettazione finalizzata a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata in sede di merito al diverso convincimento soggettivo della società ricorrente. Del resto, non si ritiene possa superare il vaglio di ammissibilità quel ricorso con il quale venga, sostanzialmente, proposto un più appagante coordinamento dei molteplici dati istruttori acquisiti ed una migliore lettura degli stessi, considerato che siffatti profili del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione dell’apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova, attengono al libero convincimento del Giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo del convincimento medesimo, i soli a rivestire rilievo secondo la disciplina del processo sportivo. Diversamente opinando, i motivi di ricorso così connotati si risolverebbero in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del Giudice di merito e, di conseguenza, in una domanda volta ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, che resta, di certo, estranea alla natura ed alla finalità del presente giudizio sportivo di legittimità. Infine, del pari e, comunque, inammissibile è la richiesta, formulata in via gradata, di ridimensionamento della sanzione, atteso che “il Collegio di Garanzia dello Sport può valutare la legittimità della misura di una sanzione, solo se la stessa è stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza, tuttavia, il Collegio non può valutare la doglianza sulla pretesa abnormità di una sanzione, adottata in ossequio ai suddetti presupposti, ed è, dunque, inammissibile la domanda volta alla graduazione della sanzione in considerazione della gravità dell’infrazione e della condotta” (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 44 del 2023; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 68 del 2021; Collegio di Garanzia, Prima Sezione, decisione n. 31 del 2018; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 46 del 2017; Collegio di Garanzia, Seconda Sezione, decisione n. 13 del 2017; Collegio di Garanzia, Seconda Sezione, decisione n. 14 del 2015).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima: Decisione n. 46/2020 del 4 settembre 2020
Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Campania, resa con dispositivo pubblicato nel C.U. n. 36/CST del 10 febbraio 2020 e motivazioni pubblicate nel C.U. n. 37/CST del 14 febbraio 2020;
Parti: ASD Barano Calcio/ASD Albanova Calcio/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti
Massima:.. il gravame è in ogni caso inammissibile essendo stato erroneamente proposto solo contro la ASD Albanova Calcio (indirettamente individuata come parte resistente) e residualmente nei confronti di altri soggetti, tra cui la FIGC e la Lega Nazionale Dilettanti, che assumerebbero la diversa posizione processuale di controinteressati e non di resistenti. Ed invero, la natura del ricorso innanzi al Collegio di Garanzia ed i principi che informano il processo sportivo anche nelle fasi di merito impongono di individuare come soggetto contro cui viene proposto il ricorso unicamente il soggetto sportivo - id est la Lega/Federazione nel processo sportivo - che ha emesso il provvedimento impugnato. Assume, invece, la posizione di controinteressato il soggetto sportivo privato che ha un interesse contrapposto a quello del ricorrente alla sopravvivenza del provvedimento impugnato. Costituiscono, infatti, contraddittori necessari nel giudizio innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport - nella veste di parte resistente necessaria o parte intimata a cui va trasmessa copia del ricorso ex art. 59 del Codice di Giustizia Sportiva - le singole Federazioni, ovvero le Leghe e la FIGC (cfr. CGS n. 26 del 17 luglio 2015), nonché i soggetti che curano l’organizzazione dei campionati di Lega Pro nei giudizi riguardanti gli atti o l’inerzia di questi ultimi (cfr. CGS n. 78 del 19 ottobre 2017), sicché la proposizione del ricorso contro la parte privata, erroneamente individuata come destinataria della qualificazione di parte intimata, inficia irrimediabilmente, nei termini sopra riferiti, l’impugnazione de qua.