Decisione C.F.A. – Sezione Consultiva : Parere pubblicat0 sul CU n. 0003/CFA del 12 Marzo 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Oggetto: Richiesta di parere interpretativo del Presidente federale in ordine all’interpretazione dell’art. 27, comma 3 Statuto Federale in relazione all’art. 49 delle NOIF.
Massima:…il Presidente federale ha richiesto a questa Corte, ai sensi dell’art. 34, comma 11, lett. c) dello Statuto Federale, di esprimere il proprio parere in ordine all’interpretazione dell’art. 27, comma 3 dello Statuto Federale in relazione all’art. 49 delle NOIF. La vicenda sottoposta a parere trae origine dalla modifica degli artt. 49 e 50 delle Norme organizzative interne della Federazione (di seguito NOIF), approvate dal Consiglio Federale il 30 gennaio 2019 e pubblicate sui comunicati Ufficiali n. 48/A e 49/A dello stesso giorno. Per quanto rilevante ai fini del parere, al primo periodo del comma 4 dell’art. 49 (attualmente rinumerato come comma 3), si prevede “A decorrere dalla stagione sportiva 2019/2020 il numero di squadre partecipanti ai Campionati di Serie A, B e C maschili, può essere ridotto rispetto a quello previsto dal comma 1 lettera a) e b) ma comunque non inferiore a 18 squadre per la Serie A e la Serie B e 40 per la Serie C.” La disposizione prosegue prevedendo che detta modifica deve essere deliberata da ciascuna Lega, dandone comunicazione alla FIGC entro il 31 dicembre di ciascun anno (secondo periodo) e, nella richiesta di parere, si precisa come la delibera sarebbe divenuta “efficace solo previa approvazione del Consiglio Federale che, tenuto conto delle precisazioni rese dal Presidente Federale, nel corso del dibattito consiliare, avrebbe richiesto la maggioranza qualificata di cui all'art. 27, comma 3 lett. d) dello statuto e l'intesa delle leghe interessate”. Con la detta modifica si abrogava esplicitamente il comma 3 dell'art. 50, che disciplinava il precedente procedimento di modifica del numero di squadre partecipanti ai campionati (peraltro fondato su un diverso presupposto, ossia sul rischio del non tempestivo avvio del campionato) e si introduceva il comma 5 dell'art. 49 (oggi comma 4), prevedendo che le eventuali vacanze di organico dei campionati professionistici, determinatesi in esito alle procedure per il rilascio delle Licenze Nazionali o per revoca o decadenza dalla affiliazione, avvenissero non con il consueto ripescaggio, ma mediante riammissione delle società retrocesse al campionato inferiore. Per altro verso, ancora contestualmente, veniva previsto, all'ultimo capoverso del medesimo comma, che la disposizione non sarebbe stata applicabile nei passaggi tra la Lega Nazionale Dilettanti (Serie D) e la Lega Pro e che, in caso di non ammissione al campionato di Serie C di una neopromossa dall'Interregionale (Serie D), la non ammessa venga sostituita da una proveniente sempre dalla Serie D (art. 49, alla lettera c), punto 1). Analoga procedura non è prevista per i campionati superiori che, in tali casi, adottano in via prioritaria il sistema della riammissione delle società retrocesse. A fronte di detto quadro regolamenta, integralmente contenuto nell'art. 49 delle N.O.I.F., che regola l'ordinamento dei campionati e i loro collegamenti, la richiesta di parere evidenzia come sia stata avanzata proposta di modifica delle citate norme ed in particolare dei commi dell'art. 49, che disciplinano il sistema della riammissione e della sostituzione. In sede di discussione sulla detta proposta (il cui contenuto non è stato condiviso con questa Corte), “è sorto dubbio interpretativo sulla necessità o meno della approvazione di tali eventuali modifiche, con la maggioranza qualificata di cui all'art. 27, comma 3 lett. d) dello Statuto e l'intesa delle leghe interessate o con le maggioranze consuete per la modifica di una norma organizzativa interna della FIGC. Il tema interpretativo si è posto, in considerazione della circostanza che dette disposizioni, quantunque regolino la mera integrazione dell'organico dei campionati, con modalità diverse rispetto al sistema dei ripescaggi, sono contenute nell'art. 49 delle N.O.I.F., che disciplina l'ordinamento dei campionati e i suoi collegamenti.” Dalle premesse appena svolte, appare come il contenuto del parere chiesto a questa Corte riguardi l’ampiezza del potere di modifica delle NOIF spettante al Consiglio Federale e, segnatamente, come debba esplicarsi il detto potere qualora le regole contenute nella normativa interna coinvolgano altri soggetti dell’ordinamento sportivo, diversi dalla FIGC stessa. Ai fini della risoluzione della questione, e in via preliminare, va ricordato che il sistema delle fonti disciplinari della FIGC è esplicitamente previsto nello Statuto e segnatamente nell’art. 2 ‘Principi fondamentali’, dove al comma 6 si legge che “Le fonti dell’ordinamento federale, nel rispetto dei Principi Fondamentali, sono nell’ordine: 1) lo Statuto federale; 2) le Norme organizzative interne federali, il Codice di Giustizia Sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale; 3) gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile.” La previsione di una rigida gerarchia delle fonti di questo ordinamento sportivo (“nell’ordine”) consente di evidenziare come la questione sottoposta scaturisca da una commistione, all’interno delle NOIF, di regole organizzative meramente interne e regole procedimentali implicanti coinvolgimenti esterni e che, quindi, il dubbio che origina la richiesta di parere sorga dal sovrapporsi di due profili diversi, ossia quello formale della modifica delle norme organizzative interne e quello, concettualmente distinto ma proceduralmente connesso, del contenuto della disciplina dell’ordinamento dei campionati e dei loro collegamenti. Qualora i due ambiti fossero separati e si giovassero di testi disciplinari diversi, la questione non avrebbe avuto probabilmente ragione di esistere. Infatti, in tema di disposizioni organizzative, ossia con riguardo al profilo di stampo più schiettamente formale, non si può certamente negare che le attribuzioni del Consiglio Federale comprendano la possibilità di agire unilateralmente sulle NOIF, anche nei casi in cui lo stesso Consiglio abbia eventualmente ritenuto di autolimitare le proprie attribuzioni, attribuendo rilevanza ad interventi esterni. Milita verso tale soluzione il dettato esplicito dell’art. 27, commi 1 e 2, dello Statuto della FIGC che prevede che il Consiglio federale è “l’organo normativo e di indirizzo generale della FIGC” e che emana, tra l’altro, “le norme organizzative interne”, di cui è quindi responsabile regolamentare unico. Tuttavia, in una pluralità di ambiti, è lo stesso Statuto, disposizione sovraordinata, che si perita di riconoscere limiti a tale attribuzione, tramite modalità diverse (impulso propositivo esclusivo del Presidente, obblighi di partecipazione o di ascolto di terzi, ecc.), così da far emergere l’esistenza di contesti regolamentari dove il potere del Consiglio Federale appare circondato da maggiori prudenze. In questi casi, ed è il tema più sostanziale, ossia quello del contenuto, le attribuzioni normative generali del Consiglio Federale vanno esercitate entro i confini del rispetto delle situazioni soggettive riconosciute dallo Statuto (come anche delle altre regole dell’ordinamento generale, come si vedrà di seguito). È questo proprio il caso del tema in esame, che riguarda una vicenda direttamente normata dall’art. 27 dello Statuto della FIGC che, al comma 3 lett. d), prevede una disciplina peculiare per l’ordinamento dei campionati e dei loro collegamenti, disponendo che il Consiglio Federale agisca, su iniziativa del Presidente, adottando una decisione “d’intesa con le Leghe interessate, sentite le componenti tecniche, con la maggioranza di tre quarti dei componenti aventi diritto di voto”. Tenendo separati i due piani, la vicenda avrebbe dato vita a minori dubbi interpretativi, in quanto, da un lato, la disciplina di modifica delle NOIF, di intera spettanza del Consiglio Federale, avrebbe avuto integrale applicazione e, dall’altro, la disciplina sull’ordinamento dei campionati sarebbe stata adottata con una delibera in diretta applicazione dell’art. 27 comma 3 dello Statuto. Tuttavia, ciò non è avvenuto in fatto, in quanto le NOIF, mero strumento di organizzazione interna della Federazione, contengono in concreto anche una disciplina sostanziale di situazioni giuridiche degli altri soggetti dell’ordinamento giuridico sportivo. Se una tale scelta può essere condivisa nell’ottica di una maggiore visibilità delle diverse delibere adottate e della contiguità e leggibilità del testo scritto, ciò non determina però una omogeneizzazione del regime giuridico dell’intero contenuto, permanendo differenze sostanziali che la Corte intende rimarcare. Stante l’eterogeneità e la diversa rilevanza dei temi incisi dalle NOIF, non è possibile infatti ritenere che un mero dato fattuale, ossia l’inglobamento in un testo di regole organizzative di regole di altro tenore, come quelle disciplinanti l’ordinamento dei campionati, possa modificare e snaturare il senso di queste ultime, facendo perdere loro le garanzie proprie. Così ragionando, le previsioni statutarie verrebbero superate ed eluse da una regolazione di rango inferiore. L’introduzione dell’art. 49 delle NOIF, come sopra rammentato, ha invece semplicemente portato all’interno di un plesso regolamentare, destinato ad altro, un contenuto decisionale che il Consiglio Federale avrebbe comunque potuto adottare, seguendo la procedura di cui all’art. 27 comma 3 dello Statuto. Il che porta ad affermare che l’art. 49 delle NOIF non sia in concreto nulla più che un’applicazione della disposizione statutaria, sebbene inserita in un diverso contesto. Con queste premesse, e sulla scorta della già citata considerazione che non è dato a questa Corte conoscere il contenuto dell’ipotizzata modifica dell’art. 49 delle NOIF, è possibile rispondere al quesito posto, non senza prima rimarcare che le garanzie partecipative in capo alle singole Leghe non dipendono dal loro inserimento all’interno delle NOIF ma sono tutelate, a livello più alto, dalla già citata previsione nel corpo dell’art. 27 dello Statuto, ossia di una fonte sovraordinata alla normativa organizzativa interna. Inoltre, riprendendo un tema prima solo indicato, le dette posizioni sono parimenti protette da regole dell’ordinamento giuridico generale, che impongono, parlando di ben più incisivi poteri regolatori, che “tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato” (CGUE Grande sezione, sentenza 21/12/2023 in Causa C-333/21, punto 152). Se, quindi, le attribuzioni degli altri soggetti dell’ordinamento sportivo sono protette da altre e più pregnanti disposizioni, un’eventuale modifica dell’art. 49 delle NOIF che continuasse a disporre “sull’ordinamento dei campionati e sui loro collegamenti, con particolare riferimento ai meccanismi di promozione e retrocessione”, ossia sulla materia statutaria, avrebbe valore di delibera ai sensi dell’art. 27 comma 3 lett. d) e non di mera norma organizzativa interna. Pertanto, pur rimanendo inserita nel testo delle NOIF, non perderebbe la sua natura e andrebbe conseguentemente adottata secondo le procedure di cui all’art. 27 comma 3 lett. d) dello Statuto, ossia “su proposta del Presidente federale”, “d’intesa con le Leghe interessate, sentite le componenti tecniche” e “con la maggioranza di tre quarti dei componenti aventi diritto di voto”.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche - Decisione n. 75 del 04/08/2023
Decisione impugnata: Delibera del Presidente del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale n. 44/A del 24 luglio 2023, con cui è stata riformulata la graduatoria da utilizzare ai fini della eventuale integrazione dell’organico del Campionato di Serie C 2023/2024, con esclusione dalla procedura di ammissione della ricorrente, nonché di qualsiasi altro atto prodromico, pregresso, presupposto, preliminare o successivo, con il conseguente ripristino o riformulazione della graduatoria, con il reinserimento della ricorrente nella seconda posizione ai fini del ripescaggio
Impugnazione Istanza: Alma Juventus Fano 1906 a r.l. / FIGC / Lega Pro/ Casertana Football Club s.r.l.
Massima: Rigettato il ricorso della società con il quale ha impugnato la delibera del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale della FIGC n. 44/A del 24 luglio 2023, con cui è stata formulata la graduatoria da utilizzare ai fini della eventuale integrazione dell’organico del Campionato di Serie C, s.s. 2023/2024, con esclusione dalla procedura di ammissione della stessa per il mancato rispetto dei requisiti…Il Manuale delle Licenze Nazionali di Serie C, s.s. 2023-2024, pone, fra gli adempimenti richiesti alle società del Campionato di Serie D aventi titolo a partecipare al Campionato di Serie C, l’onere di depositare presso la COVISOC la certificazione del Dipartimento interregionale LND attestante l’inesistenza di debiti nei confronti di tesserati, previa acquisizione, da parte di quest’ultimo, delle dichiarazioni liberatorie al 31 maggio 2023, con sottoscrizione autenticata innanzi a pubblico ufficiale, della FIGC, delle leghe e di società affiliate della FIGC (titolo I, par. II, lett. A, n. 4). La chiave della questione posta dinanzi a questo Collegio risiede nella verifica dell’asserita equipollenza fra l’adempimento dell’onere, per come delineato nella disposizione richiamata, e la presentazione – nel caso di specie – di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (art. 47 d.P.R. n. 445 del 2000) del Vicepresidente della società la cui sottoscrizione sia autenticata da un funzionario incaricato dal Sindaco del Comune di Fano, nella quale si dichiara che tutte le dichiarazioni liberatorie sono state sottoscritte da parte dei tesserati. Ad avviso di questo Collegio, fra le due tipologie di documentazioni non può esservi equipollenza. La disposizione di cui al titolo I, par. II, lett. A, n. 4, del già citato Manuale delle Licenze Nazionali richiede, infatti, il deposito di un atto assai specifico, che implica l’autenticazione delle dichiarazioni dei tesserati; nel caso di specie, tuttavia, si è di fronte all’autenticazione della sola dichiarazione del Vicepresidente della società, il quale dichiara che tutte le liberatorie sono state sottoscritte dai tesserati, mentre manca del tutto l’autenticazione di queste ultime. Di conseguenza, non può in nessun caso configurarsi un’equipollenza fra le due ipotesi; ciò premesso, una sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, tratteggiata dalla disposizione, risulta del tutto implausibile persino nel caso in cui si decidesse di valorizzare una lettura spiccatamente funzionalistica della stessa. Si tratta, in definitiva, di ipotesi talmente differenti sul piano qualitativo che lo stesso criterio funzionale non basta a colmare lo iato fra la disposizione e la ratio ascritta alla previsione dell’onere. Stando così le cose, risulta allora evidente che, al termine perentorio del 18 luglio, la ricorrente non era in possesso di tutti i requisiti previsti ai fini dell’ottenimento della Licenza Nazionale per il prossimo Campionato di Serie C, non avendo prodotto, appunto, le dichiarazioni liberatorie dei tesserati con sottoscrizione autenticata del pubblico ufficiale. Sul punto, va, peraltro, aggiunto che, per pacifica giurisprudenza di questo Collegio e del giudice amministrativo, un tale termine è considerato perentorio e, dunque, inderogabile ai fini degli adempimenti rispetto ai quali è posto, e ciò in quanto “in materia di licenze nazionali, per l’ammissione ai campionati risulta dettata una disciplina particolarmente rigorosa, rivolta a conseguire, ad una data prestabilita (costituente un vero e proprio termine invalicabile), la prova del possesso da parte della società dei requisiti richiesti. E ciò al fine di ottenere - nel rispetto delle anzidette scadenze temporali - che si proceda per tempo all’organizzazione del futuro campionato, compresa la definizione del suo calendario e dunque evitare che al campionato si iscrivano società non in regola con gli adempimenti fiscali e che, pertanto, vivono una «difficile situazione finanziaria»” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, decisione n. 57 del 2021). Se così non fosse, “si finirebbe per concedere la Licenza Nazionale a società la cui regolarità legale ed economico-finanziaria è “sospesa” e indeterminata, con conseguente violazione del principio della par condicio ed una perdurante incertezza in ordine ai soggetti effettivamente legittimati a partecipare al Campionato” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, decisione n. 55 del 2021). La priorità logica del rilievo dell’impossibilità di ritenere che la documentazione presentata possa sussumersi in astratto nella disposizione contenuta nel Manuale delle Licenze Nazionali di Serie C implica, dunque, che la ricorrente non ha adempiuto a tutti i requisiti necessari per aver titolo a partecipare al prossimo Campionato di Serie C entro il termine perentorio posto dalla normativa di riferimento, e comporta, pertanto, l’infondatezza del ricorso, che va quindi rigettato, precludendo l’analisi di ulteriori motivi, che risultano inevitabilmente assorbiti.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche - Decisione n. 74 del 04/08/2023
Decisione impugnata: Delibera del Presidente del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale della FIGC n. 44/A del 24 luglio 2023, con cui è stata formulata la graduatoria da utilizzare ai fini della eventuale integrazione dell’organico del Campionato di Serie C, s.s. 2023/2024, con esclusione dalla procedura di ammissione della Alcione Milano Società Sportiva a r.l., del suddetto comunicato e dei pareri espressi, in data 24 luglio 2023, nell'ambito della predetta procedura, dalla Commissione criteri infrastrutturali sportivi-organizzativi e dalla COVISOC, sulla cui base è stata assunta la predetta delibera, nonché di qualsiasi ulteriore atto anche non conosciuto, prodromico, pregresso o successivo alla statuizione medesima.
Impugnazione Istanza: Alcione Milano Società Sportiva a r.l. / FIGC / Lega Pro / Commissione criteri infrastrutturali e sportivi-organizzativi / COVISOC / LND/ CONI / Casertana Football Club s.r.l. /Atalanta Bergamasca Calcio s.r.l./ Piacenza Calcio 1919 / Gelbison s.r.l
Massima: Rigettato il ricorso della società con il quale ha impugnato la delibera del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale della FIGC n. 44/A del 24 luglio 2023, con cui è stata formulata la graduatoria da utilizzare ai fini della eventuale integrazione dell’organico del Campionato di Serie C, s.s. 2023/2024, con esclusione dalla procedura di ammissione della stessa per il mancato rispetto dei requisiti….Nell’ordinamento sportivo, come sottolineato più volte tanto dalla giurisprudenza amministrativa quanto da quella ordinaria, le Federazioni godono di un “potere ampiamente discrezionale” nello stabilire i requisiti per l’ammissione alle competizioni e ai campionati; un potere “connesso con le loro funzioni istituzionali di controllo e di vigilanza dello sport” (si vedano, in tal senso, fra le altre, le decisioni del Consiglio di Stato n. 1257 del 1998, n. 6083 del 2006 e, più di recente, n. 4001 del 2021, nonché Cass. civ., Sez. un., n. 46 del 2000). La funzione delle discipline poste dalle Federazioni è quella di assicurare tempistiche certe in relazione all’inizio dei campionati oltre che di garantire le situazioni giuridiche soggettive degli interessati e dei terzi controinteressati. Si tratta, di conseguenza, di norme speciali, soggette ad interpretazioni il più possibile tassative anche alla luce dell’evidente esigenza di assicurare ai soggetti interessati un eguale trattamento. Un inquadramento abbracciato tanto dalla giurisprudenza amministrativa quanto da quella di questo stesso Collegio, anche nell’ambito delle vicende relative ai campionati di calcio professionistici, rispetto ai quali le relative procedure concorsuali di ammissione agli stessi sono dominate dalla già richiamata esigenza di assicurare la parità di trattamento, la quale implica, a sua volta, la necessità di un’interpretazione tassativa, “atteso che la partecipazione indebita di una squadra finisce inevitabilmente per penalizzare un'altra società” (in questi termini, le decisioni del Consiglio di Stato n. 2546 del 2001, n. 5025 del 2004, n. 6083 del 2006 e n. 4031 del 2014, nonché dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva presso il Coni n. 34 del 2014 e del Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni, Sez. Un., n. 60 del 2015). L’intero discorso afferente alla ratio di queste discipline trova il proprio punto di caduta nella previsione di termini perentori per gli adempimenti richiesti ai fini degli atti da compiere nelle procedure di ammissione: in questo settore normativo, “la perentorietà del termine si giustifica con riferimento all’esigenza che non si determini la compressione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. In altri termini, trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis, i termini perentori non possono essere superati per alcun motivo, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e la esattezza della data di inizio del relativo Campionato” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Un., n. 45 del 2018). Le fondamentali esigenze di – un’almeno tendenziale – certezza nei rapporti giuridici in quest’area dell’ordinamento sportivo valgono evidentemente anche per il caso in esame. Come rilevato dalla COVISOC, l’onere di depositare presso di essa la certificazione del Dipartimento Interregionale LND attestante l’inesistenza di debiti nei confronti dei tesserati, previa acquisizione, da parte di quest’ultimo, delle dichiarazioni liberatorie con sottoscrizione autenticata dinanzi a un pubblico ufficiale, della FIGC, delle leghe e di società affiliate alla data del 18 luglio 2023 (termine perentorio), non era stato adempiuto. Alla luce degli argomenti riportati in precedenza, su cui riposa una giurisprudenza decisamente consolidata sia di questo Collegio che del giudice amministrativo, questo elemento risulta, ai fini del giudizio, insuperabile. Come è stato affermato dalla giurisprudenza del Collegio di Garanzia, «In materia di Licenze Nazionali per l’ammissione ai campionati, risulta dettata una disciplina particolarmente rigorosa, rivolta a conseguire, ad una data prestabilita (costituente un vero e proprio termine invalicabile), la prova del possesso, da parte della società, dei requisiti richiesti. E ciò al fine di ottenere - nel rispetto delle anzidette scadenze temporali - che si proceda per tempo all’organizzazione del futuro campionato, compresa la definizione del suo calendario e, dunque, evitare che al campionato si iscrivano società incertezza in ordine ai soggetti effettivamente legittimati a partecipare al Campionato» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, decisione n. 57/2021). Appare, peraltro, improprio il richiamo all’istituto del soccorso istruttorio, anche e soprattutto alla luce del carattere di specialità delle norme in questione. In tale ambito, è stato ampiamente affermato come non possa «farsi utilizzo del c.d. soccorso istruttorio, parimenti invocato dal Carpi. Infatti, in via generale il suddetto istituto è applicabile solo nel caso di procedimenti in cui la valutazione incide direttamente sulla sola sfera giuridica del singolo, “non essendo la sua posizione sottoposta ad un giudizio comparativo con altri soggetti”, mentre incontra “un limite esterno al suo funzionamento nel principio antagonista della par condicio” (da ultimo, Tar Lazio, sez. III bis, 30 giugno 2021, n. 7731). In conclusione, la disciplina speciale non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto dei requisiti richiesti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione. Stante il carattere concorsuale della procedura, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate: ammettere alla competizione chi non ha rispettato i termini normativamente prescritti lederebbe la posizione di altro sodalizio calcistico che si è attenuto scrupolosamente alle disposizioni dettate (Collegio di Garanzia, Sez. Un., n. 45/2018, cit.; n. 67/2017, cit.; Collegio di Garanzia, Sez. I, n. 31/2016, cit.; n. 38/2016, cit.; nonché Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031)» (Collegio di Garanzia, Sez. controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, decisione n. 58/2021). Non vi è, infatti, «alcuna disposizione che contempli il principio della regolarizzazione della documentazione» (Cons. di Stato, nn. 2546/2001, 5025/2004, 6083/2006 e Cons. di Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031).
DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 008 CFA DEL 06/08/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 007 CFA DEL 01/08/2018 (DISPOSITIVO)
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 8/TFN del 19.7.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ ROBUR SIENA SPA AVVERSO L’ANNULLAMENTO DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL PUNTO D.4 (PAG. 14) DEL COM. UFF. N. 54 DEL 30.5.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ FC PRO VERCELLI 1892 SRL AVVERSO L’ANNULLAMENTO DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL PUNTO D.4 (PAG. 14) DEL COM. UFF. N. 54 DEL 30.5.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ TERNANA UNICUSANO CALCIO SPA AVVERSO L’ANNULLAMENTO DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL PUNTO D.4 (PAG. 14) DEL COM. UFF. N. 54 DEL 30.5.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO AVVERSO L’ANNULLAMENTO DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL PUNTO D.4 (PAG. 14) DEL COM. UFF. N. 54 DEL 30.5.2018
Massima: Confermata la decisione del TFN che su ricorso ex art. 43 bis C.G.S., proposto dalla società, ha annullato la delibera del Commissario Straordinario FIGC di cui al Com. Uff. n. 54 del 30.5.2018 nella parte in cui a pag. 14, punto D.4, del Com. Uff. si legge che le Società che hanno scontato nelle s.s. 15-16, 16-17 e 17-18 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico". La società era stata sanzionata con la penalizzazione di punti 2 (due) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016 «per non aver depositato presso COVISOC, entro il termine del 16.4.2015, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute IRPEF relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori sportivo per le mensilità di maggio, giugno, novembre e dicembre 2014» (decisione, poi, questa, confermata dalla Corte federale di appello, sezioni unite, con provvedimento pubblicato sul Com. Uff. n. 35 del 30.9.2015). Di conseguenza, osservava il Novara Calcio, la sanzione scontata nella stagione sportiva 2015/2016, alla luce dei criteri preclusivi fissati con la impugnata delibera n. 54 del 30.5.2018, impedisce alla stessa medesima società ricorrente di presentare la domanda di ripescaggio per la stagione sportiva 2018/2019. …Insegna consolidata giurisprudenza amministrativa che la individuazione dei criteri dettati in materia di ripescaggio" delle società nelle categorie superiori, per la disputa di un campionato rispetto al quale le stesse difettino del relativo titolo sportivo, rientra nell’ambito della discrezionalità amministrativa della Federazione e che il sindacato giurisdizionale sull’esercizio della stessa è limitato alle ipotesi di vizi logici e di irragionevolezza (cfr., ex multis, Tar Lazio, sez. I ter, 20 aprile 2017, n. 4763). In siffatti soli termini, dunque, può essere condotto, in questa sede, il sindacato di legittimità della delibera federale impugnata dal Novara Calcio S.p.A.. Orbene, condividendo la motivazione del Tribunale federale nazionale, non è logico e ragionevole il provvedimento di cui alla delibera pubblicata sul Com. Uff. n. 54 del 30.5.2018, nella parte in cui, nel fissare i criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei campionati professionistici di Serie A e di Serie B per la stagione sportiva 2018/2019, dispone, al punto D4, la esclusione dalla possibilità di colmare vacanze di organico per le società che hanno scontato nelle stagioni sportive 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti. La delibera in parte qua, infatti, è viziata nel momento in cui introduce un criterio preclusivo ancorato a fatti posti in essere / inadempienze realizzate in un momento in cui il predetto criterio non era vigente nell’ordinamento sportivo e, altresì (e, comunque), laddove ancora la preclusione al momento in cui la sanzione è stata scontata e non già in quella in cui è stato, semmai, commesso il relativo fatto illecito. Inoltre, non appare ragionevole, né, comunque, adeguatamente giustificata e motivata, la disciplina differenziata, dettata ai fini qui in rilievo, per le ipotesi di illecito amministrativo rispetto a quelle dell’illecito sportivo.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 8/FTN del 19 luglio 2018
Decisione impugnata: Delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 maggio 2018, relativa ai criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie A e di Serie B 2018/2019, prevedeva a pag. 14 punto D4
Impugnazione - Istanza: RICORSO EX ART. 43BIS CGS DELLA SOCIETÀ NOVARA CALCIO SPA IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. PRESIDENTE DEL CDA DOTT. M.D.S., AVENTE AD OGGETTO L’IMPUGNAZIONE DELLA DELIBERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO FIGC DI CUI AL CU N. 54 DEL 30.5.2018 RELATIVAMENTE AI CRITERI DI RIPESCAGGIO NELLE CATEGORIE PROFESSIONISTICHE.
Massima: Accolto il ricorso ex art. 43 bis CGS proposto dalla società avverso la delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 maggio 2018, relativa ai criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie A e di Serie B 2018/2019, prevedeva a pag. 14 punto D4 e per l’effetto annulla la suddetta delibera nella parte in cui a pag. 14, punto D.4 del CU sopra richiamato, si legge che “le Società che hanno scontato nelle s.s. 15-16, 16-17 e 17-18 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico”….Per quanto concerne il merito del ricorso, il provvedimento impugnato in questa sede, espressione del potere organizzativo degli organi Federali, nell’individuare i criteri e le procedure per l’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di Serie A e di Serie B 2018/2019, finisce con il deviare dai principi generali. Il provvedimento de quo pur nell’estrinsecazione della discrezionalità amministrativa non può sottrarsi al sindacato sull’esercizio del potere e sull’eccesso nell’esercizio della funzione medesima. La discrezionalità amministrativa, infatti, non può trasmodare nell'arbitrio ed è vincolata al limite costituito dal perseguimento dell'interesse rispondente alla causa del potere esercitato, nonché dal rispetto dei criteri di ragionevolezza, imparzialità e logica. In tal senso, si devono condividere le doglianze della ricorrente che lamenta di essere stata esclusa dai ripescaggi in forza di un criterio selettivo non ancora introdotto né al momento in cui ha posto in essere la violazione di cui all’art. 10 CGS FIGC (16.04.2015) né quando la stessa è stata sanzionata (24.07.2015). La predeterminazione dei criteri selettivi che finiscono per avere rilevantissime ricadute nella sfera giuridica dei destinatari rispetto alle condotte preclusive poste in essere ed alle correlate sanzioni è requisito imprescindibile di legittimità del provvedimento. Si ritiene, pertanto, che non possa essere introdotta una predetta preclusione correlata alla irrogazione di sanzioni che, al momento della loro commissione, non è in alcun modo nota ai soggetti ed alle Società tesserate in quanto il provvedimento impugnato è stato emanato alla fine della stagione sportiva e nel momento in cui, pertanto, l’organo federale è già a conoscenza delle Società che si trovano nelle predette condizioni. Sotto altro e diverso profilo, il provvedimento impugnato risulta illogico e lesivo degli interessi della ricorrente nella parte in cui ancora l’applicazione della preclusione al momento in cui la sanzione è stata “scontata” e non a quello in cui l’illecito è stato commesso. Si condividono le perplessità sollevate sul punto anche dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie B la quale ha rilevato come tale previsione renda “incerta, irragionevole ed illogica l’intera disciplina in virtù del fatto che la normativa attribuisce al Giudice la possibilità di scegliere in quale stagione far scontare la sanzione”. Insuperabile il rilievo sulla incertezza dei tempi della giustizia sportiva e sull’impossibilità di esercitare un controllo da parte dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare. Si apre in tal modo un profilo di assoluta incertezza nei confronti dei club i quali, commesso un illecito disciplinare, sono impossibilitati a conoscere tale illecito su quale stagione sportiva potrà riverberare i propri effetti ai fini del ripescaggio fino al momento in cui lo stesso non viene perseguito dalla giustizia sportiva. L’illegittimità del provvedimento, scaturisce dalla irragionevolezza di un parametro preclusivo che, in presenza di fattispecie astrattamente identiche, finisce con il rimettere agli organi di giustizia sportiva attraverso la determinazione della tempistica di deferimento, la facoltà di determinare la stagione sportiva in cui far operare la preclusione al ripescaggio con una inammissibile disparità di trattamento. Il Tribunale Federale – Sezione Disciplinare, quindi, assorbiti tutti gli ulteriori profili oggetto di contestazione, rileva l’illegittimità della delibera del Commissario Straordinario della FIGC di cui al CU n. 54 del 30 maggio 2018, nella parte in cui a pag. 14 punto D4 dispone che “Le Società che hanno scontato nelle stagioni sportive 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 sanzioni per il mancato pagamento, nei termini prescritti, degli emolumenti dovuti ai tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo o delle ritenute IRPEF, o dei contributi INPS o del Fondo Fine Carriera relative ai suddetti emolumenti, saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dalla possibilità di colmare vacanze di organico”, sotto il profilo dell’eccesso di potere perché connotata da profili di illogicità/irragionevolezza, ingiustificata disparità di trattamento e ne dispone l’annullamento limitatamente alla parte de qua.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 51/TFN-SD del 22 Marzo 2018 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL EX ARTT. 30 e 32 CGS CONI.
Massima: Il TFN, a seguito del rinvio operato dalla Corte Federale che aveva annullato la sua precedente decisione di inammissibilità del ricorso perché non rispettosa del precetto di cui alla delibera del Collegio di Garanzia che gli aveva rimesso gli atti al fine di una corretta integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti, dichiara ancora una volta infondato ed inammissibile il ricorso proposto dalla società nei confronti della Società ACR Messina Srl, con il quale ha chiesto di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017. Ad ogni buon conto, anche l'avvenuto intervento in udienza della Lega Pro e della FIGC, non appare idoneo a sanare il vizio originario del ricorso formulato dalla US Vibonese che avrebbe dovuto essere proposto non giá nei confronti (solo) del Messina bensí, nei confronti dei resistenti naturali, vale a dire la FIGC e la Lega Pro, delle quali avrebbe dovuto lamentarne e censurarne l'inerzia. Né, pur a voler astrattamente ritenere ammissibile il ricorso, questo Tribunale non puó infliggere la sanzione disciplinare richiesta, in assenza di specifica disposizione che preveda la predetta sanzione ed in considerazione del fatto che, per il medesimo fatto, la ACR Messina é giá stata sanzionata (come ha avuto modo di rilevare il Collegio di Garanzia del CONI)…. Preliminarmente si evidenzia che questo Tribunale, con la propria precedente decisione, richiamando i principi sanciti dal Collegio di Garanzia nella pronuncia 78/2017, aveva ritenuto applicabile alla fattispecie concreta la disciplina fissata dall’art. 43 bis del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, riguardante i giudizi di impugnazione dei provvedimenti (ivi compreso, pertanto, anche l’eventuale silenzio) degli Organi federali, normativa di carattere speciale, espressamente approvata anche dal CONI e che prevede l’obbligo per il ricorrente di notificare il ricorso a tutte le parti interessate. Nel prendere atto che il Collegio di Garanzia, secondo l’interpretazione fornita dalla decisione di rinvio della Corte d’Appello Federale, ha ritenuto, invece applicabile alla fattispecie in questione, le norme di cui all’art. 30 e seguenti del CGS CONI, pur in assenza di uno specifico procedimento disciplinare, il Collegio non può che adeguarsi al giudicato interno ed ai principi nomofilattici sanciti dal supremo Consesso della giustizia sportiva. Al tal riguardo, tuttavia, pur ritenendo di doversi conformare alla pronuncia della Corte Federale, non può esimersi dal rilevare che dall'esame delle norme contenute nel Codice di Giustizia Sportiva CONI e, in particolare, dell'art. 37, comma 6, sussistono dubbi in merito alla legittimità della Corte Federale d'Appello, di rimettere la causa a questo Tribunale. In fattispecie analoga, infatti, il Collegio di Garanzia (decisione n. 90 del 4 dicembre 2017) ha preso atto dell' "…evidente anomalia del rinvio restitutorio operato dalla Corte Federale nonostante l'espressa inibizione che é nel Codice di Giustizia sportiva del CONI (art. 37, comma 6)…”. Tale decisione riguardava una pronuncia del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare di inammissibilità (Com. Uff. n. 92/TFN-SD s.s. 16/17), pronunciata a seguito di instaurazione di un deferimento di natura disciplinare, regolata, dalle norme previste nel Codice di Giustizia Sportiva della FIGC; a maggior ragione si ritiene possa trovare applicazione nel caso di specie giacché il procedimento é interamente disciplinato dalle disposizioni del CGS CONI. Nel merito, il Collegio, pur alla luce della presenza delle parti che sono state ritenute "contraddittori necessari" dai Giudici del rinvio – appositamente notiziati in ossequio alle pronunce sopra indicate - ritenendo doveroso conformarsi ai principi di diritto sanciti dal pronunciamento del Collegio di Garanzia del CONI con la piú volte citata decisione n. 78/2017 ritiene che il presente ricorso sia infondato e, comunque inammissibile. Il Supremo Consesso della giustizia sportiva, infatti, ha chiaramente sancito, come acutamente osservato dalle difese della Lega Pro e della FIGC, che "....Dalla indicata ricostruzione, si rileva che la Vibonese ha proposto il suo ricorso, ai sensi degli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, al fine di ottenere dal Tribunale Federale, “previa esclusione del Club ACR Messina dal campionato di Lega Pro per la stagione 2016/2017… l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società ricorrente con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesti per l’iscrizione al campionato 2017/2018”. La Vibonese ha, quindi, chiesto al Tribunale Federale di essere reintegrata nella possibilità di adempiere gli incombenti necessari per l’iscrizione al campionato 2017/2018, previa l’esclusione dal precedente campionato dell’ACR Messina, che non aveva (più) titolo a parteciparvi per la (sopravvenuta) carenza della garanzia fideiussoria necessaria per l’iscrizione al campionato. Tale domanda, secondo questo Collegio di Garanzia, non poteva essere formulata davanti al Tribunale Federale nei termini che si sono indicati e non poteva comunque essere trattata in giudizio senza il necessario coinvolgimento della F.I.G.C. e della Lega Pro, che dovevano essere parti necessarie dello stesso giudizio. In primo luogo, il Collegio di Garanzia ritiene che non poteva essere il Tribunale Federale, investito della questione ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, ad esprimersi sul diritto della Vibonese a partecipare al campionato di calcio di Lega Pro nella stagione 2017/2018 (anche ai soli fini della riammissione nei termini per la presentazione della domanda di partecipazione al campionato), per effetto di una valutazione disciplinare sulla accertata mancanza, da parte del Messina, di un requisito che era necessario per l’iscrizione e per la partecipazione al campionato. Il Tribunale Federale non poteva, infatti, esprimersi in alcun modo sul diritto della Vibonese alla iscrizione al campionato di Serie C, per la stagione sportiva 2017/2018, come ha finito per riconoscere anche la Corte Federale d’Appello nella decisione impugnata, investendo la decisione richiesta atti e competenze di natura organizzativa spettanti agli organi della Federazione e della Lega Pro. Ma il Tribunale Federale non poteva nemmeno emettere una sanzione disciplinare a carico del Messina in assenza di una disciplina federale, anche a carattere sanzionatorio, sulle conseguenze determinate dalla perdita, nel corso della stagione sportiva, delle garanzie fornite al momento dell’iscrizione al campionato. Se è vero, infatti, che la disciplina federale richiede per l’iscrizione (e quindi per la partecipazione) ai campionati, la presentazione di determinate garanzie, con la conseguenza che la Società che non dimostri di essere in possesso di tali garanzie (e degli altri requisiti richiesti) non può iscriversi al campionato, tuttavia, nella fattispecie, la questione sollevata non riguardava la fase di iscrizione al campionato, che è disciplinata da specifiche norme anche con riferimento alle conseguenze del mancato adempimento degli incombenti necessari, ma la fase successiva, nella quale un evento esterno (il fallimento della Società assicurativa) aveva determinato la perdita di un requisito inizialmente posseduto. Ed invero, la vicenda che ha coinvolto la Società Messina (ed altre numerose squadre di serie B e serie C) era stata peculiare e, proprio per la sua particolarità, la Federazione, con delibera di cui al C.U. 97/A del 13 dicembre 2016, aveva dettato regole specifiche per la regolarizzazione in corso d’anno ed aveva anche previsto una speciale sanzione per il caso di mancata regolarizzazione nei termini. Il Messina, che non aveva regolarizzato la sua situazione nei termini, era stata, quindi, sanzionata, con due punti di penalizzazione, per non aver tempestivamente prodotto una nuova garanzia. Ma la citata delibera federale non aveva previsto anche il caso, poi verificatosi, di una mancata regolarizzazione successiva e non erano stati disciplinati gli effetti, a carattere sanzionatorio, di una mancata regolarizzazione, dopo il termine concesso. In tale contesto, la valutazione del comportamento, certamente grave, tenuto dal Messina (ben evidenziato nella decisione della Corte d’Appello Federale) avrebbe dovuto piuttosto essere oggetto di una specifica ulteriore attività della Lega (e, per i profili generali, della Federazione). Non avendo la Lega (e la Federazione) provveduto sulla questione, la Vibonese avrebbe quindi potuto sollecitare tale azione ed eventualmente anche agire avverso il silenzio prestato dalla Lega e dalla Federazione (eventualmente diffidate) a compiere una attività ritenuta doverosa. Ma la Vibonese non poteva proporre un’azione nei confronti della sola Società ACR Messina per ottenere una pronuncia sostitutiva dell’inerzia serbata sulla questione dalla Lega Pro e dalla Federazione (inerzia che emerge anche dalla documentazione acquisita dalla Corte Federale con apposita istruttoria). Contraddittori necessari, in un eventuale giudizio proposto avverso l’inerzia dei loro organi, avrebbero dovuto, peraltro, essere la Lega e la Federazione, che avrebbero dovuto spiegare le ragioni per le quali non avevano ritenuto di dover intervenire sulla questione, mentre il Messina, in tale giudizio, avrebbe assunto la più corretta posizione di controinteressato. La Vibonese ha ritenuto, invece, di citare in giudizio, utilizzando la particolare procedura dettata dagli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, solo il Messina che, come si è detto, era nella vicenda in realtà il soggetto controinteressato, ma non il soggetto contro il quale il ricorso poteva, nei limiti indicati, essere eventualmente proposto. Anche la Corte Federale d’Appello si è resa conto che la domanda della ricorrente Vibonese, così come formulata, non poteva trovare accoglimento e, per superare tale rilievo e ritenere ammissibile il ricorso della Vibonese, ha ritenuto di dover riformulare la domanda, sostenendo che il ricorso doveva ritenersi ammissibile in quanto volto ad ottenere l’esclusione dal campionato 2016/2017 del Messina, con le relative conseguenze “automatiche” ai fini della possibile iscrizione al campionato 2017/2018 della Vibonese. Ma in tal modo la Corte Federale d’Appello non solo ha effettuato un non ammissibile mutamento della domanda, come cristallizzata nel ricorso proposto davanti al Tribunale Federale, ma ha anche ritenuto ammissibile (e fondato) il ricorso della Vibonese sulla base di presupposti che, come si è evidenziato, mancavano. Peraltro, non poteva la Corte Federale d’Appello, in assenza di una disciplina, anche di carattere sanzionatorio, sulle conseguenze della mancata rinnovazione delle garanzie assicurative da parte del Messina, sanzionare la stessa Società con la collocazione all’ultimo posto in classifica nella stagione 2016/2017, per non aver presentato una nuova garanzia fideiussoria necessaria per completare la sua partecipazione al campionato. La Corte Federale, considerato che il campionato di serie C, stagione sportiva 2016/2017, si era già concluso, ha ritenuto, infatti, di poter applicare al Messina la sanzione della retrocessione della squadra all’ultimo posto del campionato. Ma in tal modo la Corte Federale ha irrogato al Messina una sanzione che non era prevista da alcuna disposizione e per una fattispecie che, per la sua peculiarità, la Federazione (o la Lega) avrebbe potuto anche ritenere oggetto di una diversa disciplina. Tanto meno, poi, poteva essere dichiarata, come la Corte Federale ha fatto, sia pure in modo incidentale in motivazione, l’esistenza di un qualche automatismo fra la decisione pronunciata nei confronti del Messina e il diritto della Vibonese a poter partecipare al campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018. Ma anche a voler ammettere che la domanda (come formulata) potesse, per il suo contenuto, essere proposta davanti al Tribunale Federale, ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, certamente il giudizio, per come era stato proposto e perché involgeva direttamente l’attività della Lega Pro e della F.I.G.C., non avrebbe potuto svolgersi in assenza della stessa Lega (come ha sostenuto il Tribunale Federale) e della F.I.G.C., avendo ad oggetto una questione riguardante atti (o l’inerzia) dei soggetti che curano l’organizzazione del campionato di serie C e che emanano le relative regole e dispongono la loro applicazione, con l’ammissione allo stesso (o l’esclusione dallo stesso) delle squadre che, essendo in possesso dei necessari requisiti, ne fanno richiesta…." Va ribadito, pertanto, che il Collegio di Garanzia ha chiaramente evidenziato che lo strumento giuridico utilizzato da parte ricorrente - il ricorso ex artt. 30 e 32 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI - non rappresenta(va) il mezzo di tutela idoneo all’ottenimento del provvedimento di esclusione richiesto, giacché alcuna ulteriore sanzione disciplinare, al di fuori di quella già emanata nei confronti del ACR Messina, avrebbe potuto essere adottata da questo Tribunale. Il fatto: Con ricorso depositato in data 18 luglio 2017, proposto nei confronti della Società ACR Messina Srl, la Società US Vibonese ha chiesto a questo Tribunale di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017. Parte ricorrente aveva proposto ricorso ex art. 30 del CGS CONI, lamentando la circostanza che la Società ACR Messina, a seguito del mancato deposito della fideiussione idonea a garantire l’iscrizione al campionato 2016/2017, non sia stata esclusa dal campionato 2016/2017; Essendo retrocessa sul campo, nella stagione 2016/2017 dopo la sconfitta nei play out contro il Catanzaro, parte ricorrente ha sostenuto che, a seguito della richiesta esclusione della Società ACR Messina sin dalla stagione 2016/2017, avrebbe dovuto essere pienamente reintegrata nell’organico della Lega Pro, essendo stata la prima squadra esclusa dal campionato. Questo Tribunale, con C.U. n. 7/TFN del 28 luglio 2017, dichiarava il ricorso inammissibile perché l’impugnazione era stata proposta nei confronti della Società Messina “e non, quale parte resistente necessaria, anche nei confronti della Lega Italiana Calcio Professionistico” ed inoltre perché, sui medesimi fatti, il Procuratore Federale aveva già proposto deferimento, a seguito del quale la Società ACR Messina era stata già sanzionata dalla Corte d’Appello Federale (come da C.U. n. 138/CFA del 7 giugno 2017). Avverso la predetta decisione, la Vibonese, in data 8 agosto 2017, ha proposto reclamo davanti alla Corte Federale d’Appello che, in data 24 agosto, ha emesso quindi la decisione, in C.U. 29/CFA, con la quale, in accoglimento del ricorso, ha disposto la retrocessione della Società Messina all'ultimo posto del Campionato di Lega Pro (stagione sportiva 2016/2017), Girone C, determinando la possibile reintegrazione della Vibonese nell'organico del campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018. Le motivazioni della decisione sono state poi pubblicate in data 30 agosto 2017, con C.U. 34/CFA. A seguito di impugnazione davanti al Collegio di Garanzia dello Sport da parte del Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Lega Italiana Calcio Professionistico, le Sezioni Unite del supremo organo di Giustizia sportiva, con decisione n. 78 depositata in data 19 ottobre 2017, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato la decisione della corte d’appello federale, rinviando la questione a questo Tribunale per ogni successiva determinazione. Il collegio di garanzia dello Sport ha, da un lato sostenuto che il ricorso avrebbe dovuto essere formulato nei confronti della Federazione Italiana giuoco Calcio e della Lega Pro quali resistenti principali e non già nei confronti dell’ACR Messina che, al limite, avrebbe dovuto avere la veste di controinteressato e dall’altro ha censurato anche lo strumento giuridico concretamente utilizzato da parte ricorrente, vale a dire il ricorso ex art. 30 e 32 del Codice di Giustizia sportiva del CONI, liddove alcuna sanzione disciplinare avrebbe potuto essere emessa, nel caso concreto, dal Tribunale adito, riguardando, la questione, problematiche di natura organizzatoria di competenza della Lega Pro e della FIGC. Ha sottolineato il Collegio di Garanzia che la Vibonese avrebbe dovuto sollecitare a tali ultimi organi l’esercizio delle proprie prerogative e, eventualmente, agire avverso l’eventuale silenzio serbato. In data 11 novembre 2017 la US Vibonese ha formulato istanza con la quale ha chiesto che il Collegio provvedesse ad integrare il contraddittorio nei confronti della FIGC e della Lega Pro, in ossequio a quanto sancito dalla decisione del Collegio di Garanzia che ha ritenuto che le stesse dovessero essere parti necessarie del giudizio. All'esito del giudizio di rinvio, con decisione del 27 novembre 2017 questo Tribunale dichiarava nuovamente inammissibile il ricorso giacché, da un lato, conformemente a quanto statuito dal Collegio di Garanzia, ha ritenuto che il mezzo di gravame adottato dalla Vibonese (il ricorso ex art. 30 del CGS Coni) non fosse idoneo all'ottenimento della tutela richiesta, dall'altro in quanto il ricorso avrebbe comunque dovuto essere necessariamente notificato alla Lega ed alla FIGC, sin dal momento della sua proposizione, non potendo, il giudice, sostituirsi in corso di causa, al ricorrente, nell'individuazione dei contradditori "necessari", ritenendo, che la vibonese avrebbe dovuto proporre ricorso ex art. 43 bis del Codice di Giustizia Sportiva FIGC Avverso tale decisione la US Vibonese Calcio ha proposto appello innanzi alla Corte Federale d'Appello che, con decisione del 17 gennaio, le cui motivazioni sono state pubblicate in data 22 gennaio 2018 (Com. Uff. 079/CFA), ha accolto il ricorso, rinviando gli atti al questo Tribunale affinché provveda nel merito, fissando una nuova udienza di discussione e dandone comunicazione anche alla Lega Pro ed alla FIGC, in ossequio alla decisione 78/2017 del Collegio di Garanzia del CONI e, in particolare, a quanto previsto dall'art. 32 del CGS CONI che prevede che debba essere fissata "l'udienza di discussione, trasmettendo il ricorso ai soggetti nei cui confronti esso é proposto o comunque interessati e agli altri eventualmente indicati dal regolamento di ciascuna Federazione, nonché comunicando, anche al ricorrente, la data dell'udienza". Sul punto il giudice d’appello ha evidenziato che, invece, il Collegio di Garanzia ha richiamato espressamente l’art.32 del CGS Coni che impone l’obbligo di comunicazione del ricorso a tutte le parti comunque interessate, ad opera del Tribunale Federale. In ottemperanza alla pronuncia del Giudice d'appello, pertanto, si é proceduto a dare comunicazione della discussione del ricorso anche alla Lega Pro ed alla FIGC che si sono costituite con il patrocinio, rispettivamente dell'Avv. Lorenzo Lentini e degli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile, irricevibile ed infondato, alla luce anche delle statuizioni del Collegio di Garanzia.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: C. U. n. 79/CFA del 22 Gennaio 2018 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 29/TFN del 27.11.2017
Impugnazione – istanza: RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO PROPOSTO EX ARTT. 30 E 32 C.G.S. CONI, NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ ACR MESSINA
Massima: La Corte annulla la decisione del TFN - che pronunciatosi a seguito di rinvio da parte del Collegio di Garanzia aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società nei confronti della Società ACR Messina Srl, con il quale aveva chiesto di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017 essendo stato proposto esclusivamente nei confronti della società Messina “e non quale parte resistente necessaria, anche nei confronti della Lega italiana Calcio Professionistico” ed essendo già stata emessa pronuncia di condanna della società A.C.R. Messina sui medesimi fatti - e rinvia al TFN, affinché provveda nel merito, fissando nuova udienza di discussione e dandone comunicazione ad US Vibonese Calcio Srl, ACR Messina Srl, nonché in ottemperanza alla decisione n. 78/2017 del Collegio di Garanzia dello Sport C.O.N.I. del 19.10.2017, alla Lega Pro e alla F.I.G.C. Il Collegio di garanzia dello Sport, nella citata decisione di rinvio, ha affermato la natura di parti necessarie del giudizio sia della F.I.G.C. che della Lega italiana Calcio Professionistico ed ha rinviato al T.F.N. per il prosieguo del giudizio. Quest’ultimo, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 32, comma 1, C.G.S. C.O.N.I., avrebbe dovuto fissare “l’udienza di discussione, trasmettendo il ricorso ai soggetti nei cui confronti esso è proposto o comunque interessati e agli altri eventualmente indicati dal regolamento di ciascuna Federazione, nonché comunicando, anche al ricorrente, la data dell’udienza.”. In ragione del necessario ossequio che il T.F.N. deve prestare al principio di diritto enunciato nella decisione di rinvio, l’atto del 23.10.2017, contenente la fissazione della data di udienza, andava comunicato non solo agli originari ricorrenti ma anche alla F.I.G.C. ed alla Lega italiana Calcio Professionistico; questi ultimi, infatti, andavano considerati contraddittori necessari (giusta quanto disposto dal Collegio di garanzia dello Sport) o, quanto meno, soggetti “comunque interessati” ai sensi della citata disposizione. In ogni caso, poiché la ricorrente U.S. Vibonese, resasi conto della mancata comunicazione della data di udienza a F.I.G.C. e Lega italiana Calcio Professionistico, ha chiesto (sia con istanza in data 11.11.2017 sia nel corso dell’udienza del 17.11.2017) di provvedere all’integrazione del contraddittorio nei citati sensi, il T.F.N. ben avrebbe dovuto accogliere la richiesta ripristinando il contradditorio sulla cui assenza si era fondata la decisione del Collegio di garanzia dello Sport. A tal proposito, non si condividono le perplessità sollevate dal medesimo T.F.N., atteso che tale integrazione non sarebbe avvenuta su impulso di parte ma in ossequio al dovuto rispetto che il giudice di primo grado deve al principio di diritto enunciato dal Giudice del rinvio (ossequio che la ricorrente con le proprie istanze si limitava a ricordare).
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 29/TFN-SD del 27 Novembre 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL EX ARTT. 30 e 32 CGS CONI.
Massima: Il TFN, a seguito del rinvio operato dal Collegio di Garanzia, dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla società nei confronti della Società ACR Messina Srl, con il quale ha chiesto di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017. Il Collegio, alla luce degli atti e del pronunciamento del Collegio di Garanzia del CONI, ritiene che il presente ricorso sia inammissibile. In primo luogo il Collegio di Garanzia ha chiaramente evidenziato che lo strumento giuridico utilizzato da parte ricorrente, il ricorso ex art. 30 e 32 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, non rappresenta il mezzo di tutela idoneo all’ottenimento del provvedimento di esclusione richiesto, giacché alcuna ulteriore sanzione disciplinare, al di fuori di quella già emanata nei soli confronti del ACR Messina, avrebbe potuto essere adottata da questo Tribunale. L’ipotetico rimedio esercitabile, vale a dire il ricorso avverso l’eventuale silenzio degli Organi federali, avrebbe dovuto essere, a parere del collegio, quello previsto dall’art. 43 bis del Codice di Giustizia sportiva FIGC che prevede, appunto, la previa notifica del ricorso alle parti interessate, la cui omissione, fra l’altro, non può che comportare l’inammissibilità del gravame. Sotto altro profilo, pur a voler ritenere, in astratto, che la domanda potesse essere presentata innanzi al questo Tribunale, ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, il giudizio, come ha anche sottolineato il Collegio di Garanzia, non avrebbe potuto svolgersi in assenza della Lega e della FIGC per i motivi ivi esplicitati. Avrebbe dovuto essere, tuttavia, onere della parte, indicare, ex art. 30, comma 3, lett. a) del CGS CONI, fra i soggetti nei cui confronti il ricorso era proposto, anche gli organi federali sopra indicati. L’art. 32 comma 1, infatti, nel prevedere l’obbligo per il Presidente del Tribunale Federale, di trasmettere il ricorso ai soggetti nei cui confronti esso è proposto ovvero agli eventuali controinteressati, non riconosce alcun potere di integrare eventuali omissioni di parte, ma si limita a prevedere un onere, per il Tribunale Federale, di comunicazione del ricorso alle parti indicate dal ricorrente, ripercorrendo pedissequamente la dicitura utilizzata dall’art. 30, comma 3, lett. a) sopra citato. I principi generali, d’altronde, non riconoscono alcun potere in capo al giudice di convenire in giudizio soggetti non evocati dalla parte ricorrente, se non nei casi in cui sussista un litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., (e non è questo il caso) ovvero, nel processo amministrativo, nel caso in cui il ricorso sia stato notificato ad almeno uno dei controinteressati, ma non nel caso in cui il ricorso non è stato proposto nei confronti dei resistenti principali (vale a dire l’amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato ovvero che è rimasta inerte), nel qual caso lo stesso è inammissibile, come nel caso di specie. Ragionando a contrario, si riconoscerebbe agli organi di giustizia sportiva un indebito potere di ingerenza nelle attività necessariamente rimesse all’ iniziativa delle singole parti per la tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti, potendo comportare da un lato indebite rimessioni in termini di procedure soggette a termini decadenziali (come nei casi di cui si discute), sia un eccessivo arbitrio dello stesso Tribunale Federale, la cui discrezionalità nell’ampliare o meno il novero dei soggetti convenibili, potrebbe avere ripercussioni nei successivi gradi di giudizio, compromettendo anche il principio della celerità della giustizia sportiva.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 78 del 19/10/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: decisione resa dalla Corte Federale d'Appello della FIGC, di cui al C.U. n. 34/CFA del 30 agosto 2017, sul reclamo dell'U.S. Vibonese, che, in accoglimento del ricorso proposto da quest'ultima, ha disposto la retrocessione all'ultimo posto della società A.C.R. Messina, nello scorso Campionato di Lega Pro (s.s. 2016/2017), determinando la reintegrazione della compagine calabrese nell'organico del campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018
Parti: Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Italiana Calcio Professionistico/U.S. Vibonese Calcio s.r.l.
Massima: Il Collegio di Garanzia in accoglimento del ricorso proposto dalla FIGC e dalla Lega Pro annulla la decisione resa dalla Corte Federale d'Appello della FIGC, di cui al C.U. n. 34/CFA del 30 agosto 2017, sul reclamo dell'U.S. Vibonese, che, in accoglimento del ricorso proposto da quest'ultima, ha disposto la retrocessione all'ultimo posto della società A.C.R. Messina, nello scorso Campionato di Lega Pro (s.s. 2016/2017), determinando la reintegrazione della compagine calabrese nell'organico del campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018, e per l’effetto, rinvia al Tribunale Federale Nazionale di primo grado endofederale. Il Collegio di Garanzia ritiene che, per risolvere la questione riguardante la legittimazione alla proposizione del ricorso in esame, occorra esaminare l’oggetto del giudizio che era stato proposto dalla Vibonese davanti al Tribunale Federale, ai sensi degli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, che ha determinato la decisione del Tribunale Federale e poi della Corte d’Appello Federale. Si deve allora ricordare che la Vibonese si era rivolta al Tribunale Federale, ai sensi degli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, per ottenere la “riammissione nell’organico della serie C”, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere agli incombenti necessari all’iscrizione al campionato, per la stagione sportiva 2017/2018, previa esclusione della società Messina dal campionato di Lega Pro nella stagione sportiva 2016/2017. Come risulta pacificamente dagli atti (e non è contestato), la Vibonese ha peraltro proposto il suo ricorso esclusivamente nei confronti della società ACR Messina che, anche a causa di ulteriori vicissitudini societarie, non si era iscritta al campionato di serie C, per la stagione sportiva 2017/2018, e non ha ritenuto di doversi costituire in giudizio. Il Tribunale Federale, con la decisione adottata il 28 luglio 2017, ha ritenuto che il ricorso proposto dalla Vibonese fosse inammissibile, perché presentato esclusivamente nei confronti della società ACR Messina e non, “quale parte resistente necessaria”, anche nei confronti della Lega Pro, nonché per la circostanza che sui medesimi fatti era stata già proposta azione, da parte della Procura, davanti alla giustizia federale. Azione che aveva determinato l’irrogazione, a carico del Messina, della sanzione di due punti di penalizzazione in classifica (in C.U. 138/CFA del 7 giugno 2017). Tale decisione è stata, come si è già ricordato, appellata dalla Vibonese davanti alla Corte Federale d’Appello, con ricorso che di nuovo non è stato proposto nei confronti (anche) della Lega Pro (né tantomeno della F.I.G.C.). La Corte Federale d’Appello, dopo aver disposto apposita istruttoria ed aver acquisito gli atti in possesso della Lega, che dimostravano che il Messina, dopo il fallimento della Gable Insurance, non aveva più provveduto a munirsi della garanzia fideiussoria necessaria per l’iscrizione e per la partecipazione al campionato, ha accolto il ricorso della Vibonese ed ha quindi disposto il posizionamento della società Messina all’ultimo posto in classifica del Campionato di Lega Pro, Girone C, nella stagione sportiva 2016/2017. Secondo la Corte Federale d’Appello esulavano, peraltro, “dalla materia del contendere le conseguenze pratiche di tale posizionamento” che sarebbero derivate “da adempimenti meramente organizzativi che discendono in maniera automatica dal predetto posizionamento”. La F.I.G.C. e la Lega Pro lamentano ora davanti a questo Collegio di Garanzia che tale decisione è stata adottata senza il loro necessario coinvolgimento nel giudizio. A maggior ragione, sostengono le ricorrenti, tale vizio si è determinato nel giudizio di appello davanti alla Corte Federale, tenuto conto che la decisione appellata del Tribunale Federale, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, aveva espressamente ritenuto che la Lega dovesse partecipare al giudizio, con la conseguenza che la decisione di appello era stata adottata in assenza di una parte nei confronti della quale la decisione di primo grado era stata pronunciata. Dalla indicata ricostruzione, si rileva che la Vibonese ha proposto il suo ricorso, ai sensi degli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, al fine di ottenere dal Tribunale Federale, “previa esclusione del Club A.C.R. Messina dal campionato di Lega Pro per la stagione 2016/2017… l’integrazione dell’organico mediante reintegra della società ricorrente con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesti per l’iscrizione al campionato 2017/2018”. La Vibonese ha, quindi, chiesto al Tribunale Federale di essere reintegrata nella possibilità di adempiere gli incombenti necessari per l’iscrizione al campionato 2017/2018, previa l’esclusione dal precedente campionato dell’A.C.R. Messina, che non aveva (più) titolo a parteciparvi per la (sopravvenuta) carenza della garanzia fideiussoria necessaria per l’iscrizione al campionato. Tale domanda, secondo questo Collegio di Garanzia, non poteva essere formulata davanti al Tribunale Federale nei termini che si sono indicati e non poteva comunque essere trattata in giudizio senza il necessario coinvolgimento della F.I.G.C. e della Lega Pro, che dovevano essere parti necessarie dello stesso giudizio. In primo luogo, il Collegio di Garanzia ritiene che non poteva essere il Tribunale Federale, investito della questione ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, ad esprimersi sul diritto della Vibonese a partecipare al campionato di calcio di Lega Pro nella stagione 2017/2018 (anche ai soli fini della riammissione nei termini per la presentazione della domanda di partecipazione al campionato), per effetto di una valutazione disciplinare sulla accertata mancanza, da parte del Messina, di un requisito che era necessario per l’iscrizione e per la partecipazione al campionato. Il Tribunale Federale non poteva, infatti, esprimersi in alcun modo sul diritto della Vibonese alla iscrizione al campionato di Serie C, per la stagione sportiva 2017/2018, come ha finito per riconoscere anche la Corte Federale d’Appello nella decisione impugnata, investendo la decisione richiesta atti e competenze di natura organizzativa spettanti agli organi della Federazione e della Lega Pro. Ma il Tribunale Federale non poteva nemmeno emettere una sanzione disciplinare a carico del Messina in assenza di una disciplina federale, anche a carattere sanzionatorio, sulle conseguenze determinate dalla perdita, nel corso della stagione sportiva, delle garanzie fornite al momento dell’iscrizione al campionato. Se è vero, infatti, che la disciplina federale richiede per l’iscrizione (e quindi per la partecipazione) ai campionati, la presentazione di determinate garanzie, con la conseguenza che la società che non dimostri di essere in possesso di tali garanzie (e degli altri requisiti richiesti) non può iscriversi al campionato, tuttavia, nella fattispecie, la questione sollevata non riguardava la fase di iscrizione al campionato, che è disciplinata da specifiche norme anche con riferimento alle conseguenze del mancato adempimento degli incombenti necessari, ma la fase successiva, nella quale un evento esterno (il fallimento della società assicurativa) aveva determinato la perdita di un requisito inizialmente posseduto. Ed invero, la vicenda che ha coinvolto la società Messina (ed altre numerose squadre di serie B e serie C) era stata peculiare e, proprio per la sua particolarità, la Federazione, con delibera di cui al C.U. 97/A del 13 dicembre 2016, aveva dettato regole specifiche per la regolarizzazione in corso d’anno ed aveva anche previsto una speciale sanzione per il caso di mancata regolarizzazione nei termini. Il Messina, che non aveva regolarizzato la sua situazione nei termini, era stata, quindi, sanzionata, con due punti di penalizzazione, per non aver tempestivamente prodotto una nuova garanzia. Ma la citata delibera federale non aveva previsto anche il caso, poi verificatosi, di una mancata regolarizzazione successiva e non erano stati disciplinati gli effetti, a carattere sanzionatorio, di una mancata regolarizzazione, dopo il termine concesso. In tale contesto, la valutazione del comportamento, certamente grave, tenuto dal Messina (ben evidenziato nella decisione della Corte d’Appello Federale) avrebbe dovuto piuttosto essere oggetto di una specifica ulteriore attività della Lega (e, per i profili generali, della Federazione). Non avendo la Lega (e la Federazione) provveduto sulla questione, la Vibonese avrebbe quindi potuto sollecitare tale azione ed eventualmente anche agire avverso il silenzio prestato dalla Lega e dalla Federazione (eventualmente diffidate) a compiere una attività ritenuta doverosa. Ma la Vibonese non poteva proporre un’azione nei confronti della sola società ACR Messina per ottenere una pronuncia sostitutiva dell’inerzia serbata sulla questione dalla Lega Pro e dalla Federazione (inerzia che emerge anche dalla documentazione acquisita dalla Corte Federale con apposita istruttoria). Contraddittori necessari, in un eventuale giudizio proposto avverso l’inerzia dei loro organi, avrebbero dovuto, peraltro, essere la Lega e la Federazione, che avrebbero dovuto spiegare le ragioni per le quali non avevano ritenuto di dover intervenire sulla questione, mentre il Messina, in tale giudizio, avrebbe assunto la più corretta posizione di controinteressato. La Vibonese ha ritenuto, invece, di citare in giudizio, utilizzando la particolare procedura dettata dagli articoli 30 e 32 del CGS del CONI, solo il Messina che, come si è detto, era nella vicenda in realtà il soggetto controinteressato, ma non il soggetto contro il quale il ricorso poteva, nei limiti indicati, essere eventualmente proposto. Anche la Corte Federale d’Appello si è resa conto che la domanda della ricorrente Vibonese, così come formulata, non poteva trovare accoglimento e, per superare tale rilievo e ritenere ammissibile il ricorso della Vibonese, ha ritenuto di dover riformulare la domanda, sostenendo che il ricorso doveva ritenersi ammissibile in quanto volto ad ottenere l’esclusione dal campionato 2016/2017 del Messina, con le relative conseguenze “automatiche” ai fini della possibile iscrizione al campionato 2017/2018 della Vibonese. Ma in tal modo la Corte Federale d’Appello non solo ha effettuato un non ammissibile mutamento della domanda, come cristallizzata nel ricorso proposto davanti al Tribunale Federale, ma ha anche ritenuto ammissibile (e fondato) il ricorso della Vibonese sulla base di presupposti che, come si è evidenziato, mancavano. Peraltro, non poteva la Corte Federale d’Appello, in assenza di una disciplina, anche di carattere sanzionatorio, sulle conseguenze della mancata rinnovazione delle garanzie assicurative da parte del Messina, sanzionare la stessa società con la collocazione all’ultimo posto in classifica nella stagione 2016/2017, per non aver presentato una nuova garanzia fideiussoria necessaria per completare la sua partecipazione al campionato. La Corte Federale, considerato che il campionato di serie C, stagione sportiva 2016/2017, si era già concluso, ha ritenuto, infatti, di poter applicare al Messina la sanzione della retrocessione della squadra all’ultimo posto del campionato. Ma in tal modo la Corte Federale ha irrogato al Messina una sanzione che non era prevista da alcuna disposizione e per una fattispecie che, per la sua peculiarità, la Federazione (o la Lega) avrebbe potuto anche ritenere oggetto di una diversa disciplina. Tanto meno, poi, poteva essere dichiarata, come la Corte Federale ha fatto, sia pure in modo incidentale in motivazione, l’esistenza di un qualche automatismo fra la decisione pronunciata nei confronti del Messina e il diritto della Vibonese a poter partecipare al campionato di Serie C per la stagione sportiva 2017/2018. Ma anche a voler ammettere che la domanda (come formulata) potesse, per il suo contenuto, essere proposta davanti al Tribunale Federale, ai sensi degli 30 e 32 del CGS del CONI, certamente il giudizio, per come era stato proposto e perché involgeva direttamente l’attività della Lega Pro e della F.I.G.C., non avrebbe potuto svolgersi in assenza della stessa Lega (come ha sostenuto il Tribunale Federale) e della F.I.G.C., avendo ad oggetto una questione riguardante atti (o l’inerzia) dei soggetti che curano l’organizzazione del campionato di serie C e che emanano le relative regole e dispongono la loro applicazione, con l’ammissione allo stesso (o l’esclusione dallo stesso) delle squadre che, essendo in possesso dei necessari requisiti, ne fanno richiesta. Si deve, peraltro, aggiungere che la decisione della Corte Federale non risulta condivisibile anche perché non ha dato rilievo alla circostanza che la decisione del Tribunale Federale era stata appellata davanti alla stessa Corte con un ricorso ancora una volta proposto nei confronti della sola società Messina. Mentre il ricorso di appello doveva essere proposto, per le ragioni che si sono esposte, nei confronti della Lega Pro e della Federazione. In particolare, il ricorso, come correttamente evidenziato dalle ricorrenti, non poteva non essere proposto anche nei confronti della Lega Pro in considerazione del contenuto della decisione di primo grado che aveva ritenuto il ricorso inammissibile proprio per la mancata partecipazione al giudizio della stessa Lega, evidentemente ritenuta parte necessaria. Non può essere, quindi, condivisa la tesi sostenuta dalla Vibonese, anche nel corso della pubblica udienza, secondo cui il ricorso proposto davanti agli organi della Giustizia Federale doveva ritenersi ammissibile perché non erano state sollevate questioni riguardanti possibili illegittimità nell’azione della Lega, ma era stato richiesto al Tribunale (e poi alla Corte Federale) solo di verificare la mancanza dei requisiti per la partecipazione al campionato del Messina, con le relative conseguenze. Tale prospettazione non può essere condivisa perché il ricorso disciplinato dall’art. 30 del CGS del CONI, che consente l’instaurazione di un giudizio nei confronti di un tesserato, anche in mancanza di iniziativa della Procura Federale, non poteva essere proposto, per i motivi che si sono indicati, per una questione avente ad oggetto (anche e principalmente) le procedure per l’iscrizione al campionato delle squadre, che sono regolate da specifiche regole e procedimenti di competenza degli organi a ciò preposti della Federazione e della Lega. Per tutte le indicate ragioni, il ricorso davanti al Collegio di Garanzia risulta fondato ed è anche certamente ammissibile, perché è stato proposto dai soggetti (Lega e Federazione) che avrebbero dovuto partecipare al giudizio endofederale (anche eventualmente per far dichiarare l’inammissibilità dello stesso) e che non sono stati evocati in giudizio. Non osta a tale conclusione la circostanza con cui l’art. 54, comma 2, del CGS del CONI prevede che il ricorso davanti al Collegio di Garanzia può essere proposto dalle (sole) parti nei confronti delle quali è stata pronunciata la decisione impugnata (nonché dalla Procura Generale dello Sport). Tale disposizione deve essere, infatti, interpretata nel senso che può essere proposto il ricorso, davanti al Collegio di Garanzia, non solo dalle parti nei confronti delle quali è stata pronunciata la decisione impugnata (nonché dalla Procura Generale dello Sport), ma anche da chi avrebbe dovuto essere parte del giudizio endofederale e illegittimamente, come nella fattispecie, non vi ha partecipato. Né si può giungere a conclusione diversa in relazione alla circostanza, pure eccepita dalla Vibonese, che la decisione oggetto di impugnazione davanti a questo Collegio è stata controfirmata dallo stesso presidente della FIGC, Tavecchio, che ha ora impugnato la decisione, posto che tale firma ha valore ai soli fini della pubblicazione della decisione nel C.U., ma non determina alcuna condivisione da parte dello stesso Presidente Federale dei contenuti della decisione. Si deve anche aggiungere che non osta alle conclusioni raggiunte circa l’ammissibilità dell’impugnazione, da parte della F.I.G.C., della decisione in questione nemmeno la circostanza che la Federazione Italiana Giuoco Calcio è il soggetto al quale fanno riferimento anche gli organi della giustizia sportiva federale. Gli organi di giustizia sportiva federali, anche se incardinati nelle singole Federazioni, sono infatti del tutto autonomi rispetto all’organizzazione amministrativa della Federazione, con la conseguenza che, quando oggetto di impugnazione è un atto di natura amministrativa della Federazione (o il mancato esercizio di una attività della Federazione, come nella fattispecie), è (naturalmente) ben possibile che tale atto possa essere sottoposto all’esame degli organi di giustizia sportiva e in tali casi deve ritenersi anche possibile che la legittimità di tale atto (o dell’inerzia serbata) possa essere difesa in giudizio dal vertice della Federazione che ne ha la rappresentanza legale. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Decisione C.F.A. Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 034/CFA del 30 Agosto 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 7 del 28.7.2017
Impugnazione - istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ U.S. VIBONESE CALCIO S.R.LAVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO PROPOSTO EX ARTT. 30 E 32 C.G.S. CONI, NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ ACR MESSINA
Massima: La Corte annulla la decisione del TFN che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società con il quale aveva chiesto di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del Club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017 e pronunciandosi nel merito lo accoglie e per l’effetto dispone il posizionamento della società A.C.R. Messina all’ultimo posto in classifica del Campionato di Lega Pro, Girone C, nella Stagione Sportiva 2016/2017. La Lega Pro non costituisce parte del presente procedimento, né riveste la qualifica di litisconsorte necessario. In particolare, non si può dedurre la qualifica di parte necessaria del procedimento per essere la Lega Pro destinataria della richiesta di esclusione di un club a favore di un altro, essendo evidente che l’eventuale esclusione, per ragioni di ordine disciplinare, di un club dal campionato compete soltanto agli organi di giustizia sportiva. Né, peraltro, la Lega Pro può essere considerata controparte della U.S. Vibonese s.r.l. o soggetto che riveste uno specifico interesse diretto e contrario rispetto alla predetta società, anche laddove si tenga presente che la Lega ha solo compiti di natura organizzativa, ricevendo delega dalla FIGC (in tal senso, si veda lo Statuto Federale) per l’organizzazione del campionato di competenza. Non può (né potrebbe), quindi, la Lega assumere la veste di “controinteressato” rispetto ad un club che partecipa al campionato medesimo, essendo e dovendo essere – la stessa – giuridicamente disinteressata circa quale tra le società in competizione risulti promossa alla categoria superiore o retroceda a quella inferiore. In particolare, le richieste avanzate dalla reclamante in primo grado (successivamente meglio precisate con il ricorso in appello proposto innanzi a questa Corte federale) di essere reintegrata “nell’organico di Serie C … mediante scorrimento della graduatoria” non costituisce autonoma domanda giudiziale bensì una mera (ed eventuale) conseguenza di un provvedimento eventualmente adottato dagli organi di giustizia sportiva nei confronti della A.C.R. Messina s.r.l., con riferimento ai comportamenti dalla medesima posti in essere nel corso del campionato 2016/2017. Conseguentemente, il ricorso proposto dalla U.S. Vibonese s.r.l. nei confronti della A.C.R. Messina s.r.l. e notificato esclusivamente nei confronti della stessa, deve ritenersi validamente introdotto, anche alla luce della disposizione di cui all’art. 32, comma 1, C.G.S. CONI, in forza del quale il ricorso è trasmesso “…ai soggetti nei cui confronti è proposto”. Venendo all’esame dell’ulteriore profilo di inammissibilità posto a fondamento della impugnata decisione, si formulano le seguenti osservazioni. Ai sensi dell’art. 30, comma 1, C.G.C. CONI, “1. Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale. Il ricorso deve essere depositato presso il Tribunale federale entro trenta giorni da quando il ricorrente ha avuto piena conoscenza dell’atto o del fatto e, comunque, non oltre un anno dall’accadimento. Decorsi tali termini, i medesimi atti o fatti non possono costituire causa di azione innanzi al Tribunale federale, se non per atto di deferimento del procuratore federale”. Con riferimento al rispetto del termine di giorni trenta è in atti documentato che la società appellante ha avuto conoscenza del fatto – da cui scaturisce il diritto di tutelare una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento federale – in data 15.7.2017 (data nella quale i giocatori della società A.C.R. Messina denunciavano che la stessa aveva partecipato al campionato 2016/2017 senza valida fidejussione); essendo stato, il ricorso innanzi al TFN, depositato in data 18.7.2017, lo stesso deve ritenersi tempestivo. Per quanto attiene alla verifica dell’esistenza o meno della condizione prevista all’art. 30, comma 1, C.G.S. CONI, ossia, l’assenza di ipotesi di ne bis in idem, occorre esaminare in modo specifico l’oggetto del procedimento già svoltosi in esito al deferimento della Procura Federale del 28.4.2017, conclusosi, in primo grado, con decisione Com. Uff. n. 86/TFN del 15.5.2017, e in grado d’appello, con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 138/CFA del 7.6.2017, con motivi resi pubblici con Com. Uff. n. 20/CFA in data 1.8.2017. Sul punto, appare opportuna una breve sintesi dei fatti oggetto di tale giudizio, come emergono sia dalla lettura dei suddetti procedimenti sia dalla relazione istruttoria inviata nel presente giudizio dalla Lega Pro in data 18.8.2017. Nel corso della stagione sportiva 2016/2017 emergeva che venti società partecipanti al Campionato di Lega Pro avevano stipulato, per l’iscrizione al campionato, polizze assicurative con la società – omissis -, con sede a – omissis. Successivamente, la predetta società – omissis veniva sottoposta alla procedura fallimentare e, di conseguenza, le società partecipanti - per quanto qui interessa - al campionato di Lega Pro rimanevano prive della necessaria copertura fidejussoria. La FIGC interveniva tempestivamente in ordine all’eccezionale situazione venutasi a creare in corso di campionato e, con C.U. 97/A del 13.12.2016, disponeva che “le società di Serie B e di Lega Pro che, in sede di iscrizione al Campionato 2016/2017, hanno prestato polizze fideiussorie rilasciate dalla – omissis, devono depositare presso la Lega di appartenenza, entro il termine perentorio del 31 gennaio 2017, h. 19.00, garanzia fidejussoria nelle modalità previste dai C.U. nn. 367/A del 26.4.2016”. La società ACR Messina s.r.l. provvedeva a depositare, nel termine imposto del 31.1.2017, la garanzia a prima richiesta sostitutiva emessa dalla Argo Global Se. Tuttavia, successivamente, in data 9.2.2017, “la Lega Pro riceveva una segnalazione in merito al mancato pagamento del premio assicurativo della polizza emessa in favore della società ACR Messina s.r.l.” La Lega Pro chiedeva immediatamente alla ACR Messina s.r.l. delucidazioni al riguardo e, segnatamente, evidenziava la necessità che, ai fini della necessaria esistenza della fidejussione richiesta per il campionato, la stessa predetta società definisse “la propria posizione con la compagnia assicurativa”. “Il 21.2.2017”, si legge nella relazione istruttoria della Lega Pro del 18.8.2017, “Lega veniva informata – con segnalazione inviata in data 21.2.2017 da – omissis s.r.l. - che non avendo l’A.C.R. Messina s.r.l. provveduto a quella data al pagamento del premio, la garanzia depositata il 31.1.2017 aveva perso qualsivoglia efficacia nei confronti del beneficiario”, come anche espressamente previsto dall’art. 3 della polizza fidejussoria. La predetta segnalazione veniva poi trasmessa alla Co.Vi.Soc. In data 28.4.2017, il Procuratore Federale deferiva davanti al Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - la società A.C.R. Messina s.r.l. “per aver depositato presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, entro il 31.01.2017, una garanzia dell’importo di €.350.000 in sostituzione di quella non più efficace prestata dalla – omissis - depositata in sede di rilascio della Licenza Nazionale 2016/2017, anch’essa priva di efficacia nei confronti del beneficiario per mancato versamento del premio”. Alla società messinese veniva, dunque, contestata la violazione del disposto di cui al Com. Uff. 97/A della FIGC del 13.12.2016 secondo cui il mancato deposito, entro il 31.1.2017, di una nuova garanzia dell’importo di € 350.000,00, in sostituzione di quella non più efficace prestata dalla – omissis -, avrebbe costituito illecito disciplinare sanzionato “su deferimento della Procura Federale, dagli organi di giustizia sportiva con la penalizzazione di due punti di penalizzazione in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017”. Il Tribunale Federale Nazionale, con delibera pubblicata sul Com. Uff. n. 86 del 15.5.2017, respingeva gli addebiti mossi dalla Procura federale avverso la società ACR Messina s.r.l. per pretesa violazione dell’art.10, comma 3, C.G.S., in relazione all’art. 85, lett. c), par. IV, delle NOIF, con specifico riferimento al Com. Uff. n. 97/A del 13.12.2016 della FIGC. Riteneva, infatti, il Tribunale Federale Nazionale, non sussistere prova idonea dell’addebito, essendo insufficiente una dichiarazione di inadempimento resa da un soggetto estraneo al contratto assicurativo de qua. Avverso la predetta decisione del TFN proponeva ricorso il Procuratore Federale. L’appello veniva accolto nella riunione del 7.6.2017, con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 138/CFA del 7.6.2017 (e con motivi pubblicati sul Com. Uff. n. 20/CFA del 1.8.2017). La Corte Federale d’Appello rilevava come ai sensi dell’art. 3 della polizza de qua, il mancato versamento del premio comporti l’inefficacia del contratto. Per quanto, poi, attiene alla prova del preteso mancato versamento, la CFA ricordava come “nell’azione di adempimento (in questo caso l’adempimento di cui la Procura federale chiede il rispetto è il deposito di un valido contratto fideiussorio) il fatto costitutivo è il titolo, sicché la prova che il creditore deve fornire ex art. 2697, 1° comma c.c. (chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento) deve avere ad oggetto soltanto tale elemento; ne deriva che la responsabilità del debitore è consequenziale e la sua colpa è presunta iuris tantum, sicché soltanto la prova dell'avvenuto adempimento o la prova della non imputabilità dell'inadempimento potrà liberarlo nei confronti del creditore (…) Pertanto, la mancata produzione, in entrambi i gradi di giudizio, del suddetto documento implica la prova del mancato pagamento del premio e, dunque, l’inefficacia della polizza ai sensi dell’art. 3 del contratto”. Affermata, dunque, la mancata tempestiva produzione di valida polizza fidejussoria, ritenuto che ciò comportava una responsabilità in capo alla società A.C.R. Messina s.r.l. per violazione dell’art. 10, comma 3, C.G.S., in relazione all’art. 85, lett. c), par. IV, delle NOIF, la Corte Federale d’Appello, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Federale, infliggeva alla società A.C.R. Messina s.r.l. la sanzione della penalizzazione di punti 2 in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2016/2017. Evidenziava, infatti, in tal senso, la CFA, come l’illecito de quo assumesse “carattere speciale, in quanto conseguente alla violazione non già di norma generale contenuta nelle disposizioni emanate dalla FIGC (Statuto, NOIF e CGS) bensì delle disposizioni introdotte, con norma costituente lex specialis, dal Comunicato ufficiale n. 97/A, atto originato dalla necessità di porre rimedio ad una situazione di difficoltà specifica e contingente conseguente all’avvenuta liquidazione amministrativa della società assicurativa con la quale diverse società calcistiche avevano stipulato le proprie polizze fidejussorie”. Come emerge dall’esposta ricostruzione dei fatti oggetto del precedente giudizio, il Procuratore Federale, con il deferimento del 28.4.2017, ha contestato all’A.C.R. Messina s.r.l. ed ai suoi responsabili il mancato deposito presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, entro il 31.1.2017, di valida polizza fidejussoria di €.350.000 in sostituzione di quella - non più efficace – a suo tempo prestata dalla – omissis -, depositata in sede di rilascio della Licenza Nazionale 2016/2017. Infatti, la situazione particolare venutasi a creare durante lo svolgimento del suddetto campionato, ha reso necessario uno specifico intervento normativo della FIGC che, con il già citat oCom. Uff. 97/A del 13.12.2016, ha imposto alle società di cui trattasi (tra le quali l’A.C.R. Messina s.r.l.) di regolarizzare la situazione venutasi a creare, depositando, entro il 31.1.2017, una nuova garanzia dell’importo di € 350.000,00, in sostituzione di quella non più efficace prestata dalla – omissis -. Nello stesso Com. Uff., la FIGC precisava che “l’inosservanza del suddetto termine” avrebbe costituito illecito disciplinare sanzionato “su deferimento della Procura Federale, dagli organi di giustizia sportiva con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017”. Oggetto del suddetto procedimento è stata dunque la sussistenza o meno della prova in ordine al mancato pagamento della nuova polizza fidejussoria prodotta dall’A.C.R. Messina s.r.l. entro il 31.1.2017 in ossequio a quanto disposto dal Com. Uff. n. 97/A della FIGC; ritenuta inesistente la prova del pagamento della polizza de qua, ne risultava non rispettato il termine sopra indicato. Tanto è vero che questa stessa Corte, nella propria delibera con i motivi, pubblicata sul Com. Uff. n. 20/CFA del 1.8.2017, ha evidenziato come l’illecito contestato dalla Procura Federale all’ACR Messina s.r.l. ed ai suoi responsabili, assumeva “carattere speciale, in quanto conseguente alla violazione non già di norma generale contenuta nelle disposizioni emanate dalla FIGC (Statuto, NOIF e CGS) bensì delle disposizioni introdotte, con norma costituente lex specialis, dal Comunicato ufficiale n. 97/A, atto originato dalla necessità di porre rimedio ad una situazione di difficoltà specifica e contingente conseguente all’avvenuta liquidazione amministrativa della società assicurativa con la quale diverse società calcistiche avevano stipulato le proprie polizze fidejussorie”. Ne consegue che la Procura Federale, con il deferimento del 28.4.2017 – le cui conclusioni hanno trovato sostanziale accoglimento nella decisione della Corte Federale d’Appello (Com. Uff. n. 138/CFA del 7.6.2017, con motivi sul Com. Uff. n. 20/CFA del 1.8.2017) - ha contestato all’A.C.R. Messina s.r.l. ed ai suoi rappresentanti il mancato deposito di nuova efficace polizza fidejussoria entro il 31.1.2017, in relazione a quanto disposto dalla FIGC con il Com. Uff. n. 97/A del 13.12.2016. Con il ricorso proposto dalla U.S. Vibonese s.r.l. innanzi al TFN è stato, invece, dedotto il mancato definitivo deposito da parte di ACR Messina s.r.l. di una valida ed efficace polizza fidejussoria fino alla fine del campionato. Del resto, che la violazione dedotta con ricorso ex 30 C.G.S. CONI dalla società U.S. Vibonese Calcio s.r.l. non sia in alcun modo sovrapponibile e coincidente con quella precedentemente contestata all’A.C.R. Messina s.r.l. dalla Procura Federale nel deferimento del 28.4.2017 è reso evidente dalla stessa circostanza che, a tale data, la Procura non avrebbe potuto che contestare esclusivamente il mancato rispetto del termine di cui si è detto (31.1.2017), imposto dal Com. Uff. n. 97/A della FIGC, atteso che, a campionato ancora in corso, la società avrebbe ancora potuto produrre (nell’ambito della eccezionalità della situazione venutasi a creare per effetto del sopravvenuto fallimento della società con la quale la società aveva stipulato, all’atto della domanda di partecipazione al campionato, una precedente polizza fidejussoria) altra ed efficace polizza, sanando la posizione irregolare in ordine alla partecipazione al campionato, pur essendo già stata sanzionata per il solo ritardo nella presentazione della polizza sostitutiva. Peraltro, è notorio che la mancata produzione della necessaria polizza fidejussoria è inadempimento che “non soltanto costituisce illecito disciplinare, ma anche esclude l’ammissione al campionato” (cfr., a titolo esemplificativo, Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 60 del 30.11.2015). Infatti, mente l’omissione di efficace polizza fidejussoria sostitutiva entro il termine del 31.1.2017, costituisce violazione di quanto disposto dal Com. Uff. n. 97/A, la partecipazione al campionato, fino al termine dello stesso, in assenza di valida ed efficace polizza fidejussoria costituisce diversa e più grave violazione delle norme di giustizia sportiva. Sarebbe, del resto, paradossale che l’ordinamento sportivo prevedesse la punizione per la violazione meno grave (ritardo) e lasciasse impunito il comportamento più grave (mancata produzione polizza fidejussoria per tutto il corso della stagione sportiva ovvero partecipazione al campionato in difetto di efficace garanzia fidejussoria). Conclusivamente, può ritenersi l’ammissibilità del ricorso de quo, atteso che nel precedente procedimento la Procura Federale ha contestato all’A.C.R. Messina s.r.l. il non aver, alla data del 31.1.2017 -come richiesto dal Com. Uff. n. 97/A della FIGC - prodotto efficace polizza fidejussoria sostitutiva di quella venuta meno per effetto della sottoposizione a procedura concorsuale della Gable Insurance AG, laddove il presente giudizio ha ad oggetto il fatto che, neppure successivamente alla predetta data (31.1.2017) e, comunque, entro il termine della stagione sportiva 2016/2017 sia stata mai depositata una efficace garanzia, con ciò venendo meno un presupposto indispensabile e necessario, non solo per l’iscrizione, ma anche per la regolare (e legittima) partecipazione al campionato di Lega Pro dell’A.C.R. Messina s.r.l. Ne consegue, dunque, essendo stata rispettata la condizione di cui all’art. 30, comma 1, C.G.S. CONI e non essendo, cioè, “per i relativi fatti” stato instaurato né pendente “un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva”,la piena ammissibilità, anche sotto tale ulteriore profilo, del ricorso ex art. 30 C.G.S. CONI presentato dalla U.S. Vibonese s.r.l. avanti al Tribunale Federale Nazionale. Venendo al merito del ricorso, lo stesso appare fondato. Deve ritenersi provato in atti che la società A.C.R. Messina s.r.l. ha disputato, per quanto ai fini del presente giudizio rileva, dal 31.1.2017 fino al termine del campionato, il campionato di Lega Pro, stagione sportiva 2016/2017, in difetto di idonea ed efficace polizza fidejussoria. In tal senso, si evidenzia come nella relazione istruttoria in atti, inviata dalla Lega Pro a questa Corte Federale di appello il 18.8.2017, la stessa Lega evidenzi che “al mese di aprile la segnalazione indirizzata a Co.Vi.Soc. in data 21.2.2017, risultava ancora priva di riscontro poiché ad essa non era conseguito alcun tipo di intervento da parte degli organi competenti e, nelle more, la società A.C.R. Messina non aveva depositato alcuna ulteriore fidejussione”. Alla luce di tale situazione, Lega Pro in data 19.4.2017 scriveva alla FIGC, essendo “necessario capire l’esito di quella segnalazione giacché il silenzio a fronte della situazione relativa alla società sportiva in parola era pregiudizievole alla corretta formazione della classifica del campionato”. Nei medesimi sensi depongono i diversi articoli di stampa prodotti dalla ricorrente nei quali viene data a notizia del mancato deposito da parte della A.C.R. Messina s.r.l. di valida fidejussione fino al termine del campionato 2016/2017. Com’è noto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, dello Statuto FIGC il Consiglio federale della Federcalcio “approva, dopo averne verificata l’idoneità, i modelli organizzativi e le procedure concernenti il funzionamento della FIGC, con particolare riferimento alle materie inerenti al tesseramento, all’affiliazione, all’ammissione ai campionati professionistici, al controllo delle società, al controllo sulla regolarità dei campionati”. Recita, in particolare, l’art. 8, comma 1, dello Statuto FIGC: “Il Consiglio federale stabilisce i requisiti e criteri per l’ammissione ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche. In particolare, al fine di assicurare lo sviluppo progressivo e qualitativo del calcio nazionale, il Consiglio federale adotta un sistema di licenze determinandone periodicamente i requisiti in armonia con i principi dell’UEFA in materia di licenze per le competizioni europee, avuto riguardo a criteri sportivi, infrastrutturali, organizzativi, legali ed economico finanziari”. Precisa, poi, il successivo comma 2: “Ciascuna società, per avere titolo a partecipare al campionato professionistico di competenza, deve ottenere annualmente la licenza dalla FIGC entro i termini stabiliti dal Consiglio federale in armonia con i termini fissati dall’UEFA per le proprie licenze”. Dispone l’art. 52, comma 1, NOIF: “Il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato”. Gli organi del Sistema delle Licenze Nazionali sono la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (Co.Vi.So.C.) e la Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi- Organizzativi (cfr. art. 77 NOIF). Le norme che regolano lo svolgimento dei procedimenti per l’ottenimento della Licenza Nazionale innanzi alla Co.Vi.So.C. e alla Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi - Organizzativi, sono emanate, ai sensi dell’art.90 ter NOIF, “annualmente dal Consiglio federale, stabilendo anche termini diversi da quelli previsti nel presente Titolo”. Con Com. Uff. n. 368/A del 26.4.2016, il Consiglio Federale della FIGC, visti gli artt. 8 e 27 dello Statuto in materia di Sistema delle Licenze Nazionali, ha deliberato, per quanto segnatamente rileva ai fini della definizione della presente controversia, di “approvare il Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato Professionistico di Lega Pro 2016/2017”. Per effetto di quanto disposto dal Titolo I, lett. D), dei Criteri Legali ed Economico-Finanziari di cui al predetto Com. Uff. n. 368/A, le società devono, entro il termine del 30.6.2016, “depositare, a pena di decadenza, presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, anche mediante fax o posta elettronica certificata, la domanda di ammissione al campionato professionistico 2016/2017, contenente la richiesta di concessione della Licenza Nazionale. Ai fini dell’ottenimento della Licenza Nazionale le società devono versare la tassa di iscrizione al campionato di Divisione Unica”, unitamente a tutta una serie di documenti ivi espressamente previsti, tra cui “…. 8) l’originale della garanzia a favore della medesima Lega, da fornirsi esclusivamente attraverso fidejussione a prima richiesta dell’importo di € 350.000,00, rilasciata da Banche che figurino nell’Albo delle Banche tenuto dalla Banca d’Italia, dai soggetti iscritti nell’Albo di cui all’art. 106 del T.U.B., dalle società assicurative iscritte nel relativo Albo IVASS ed autorizzate all’esercizio del ramo 15 (cauzioni) di cui all’art. 2, comma 3 del Codice delle assicurazioni private. Il modello tipo della garanzia e l’eventuale rating delle società assicurative saranno resi noti dalla F.I.G.C., con separata comunicazione …” Precisa, inoltre, il Com. Uff. di cui trattasi che l’inosservanza del suddetto termine, anche con riferimento ad uno soltanto degli adempimenti previsti dai precedenti punti 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9) e 10), costituisce illecito disciplinare ed è sanzionata, su deferimento della Procura Federale, dagli organi della giustizia sportiva con la penalizzazione di un punto in classifica, per ciascun inadempimento, da scontarsi nel campionato 2016/2017. La Co.Vi.So.C. e la Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi-Organizzativi, entro il 12.7.2016, esaminata la documentazione prodotta dalle società e quanto trasmesso dalla Lega Italiana Calcio Professionistico, verificato l’assolvimento dei pagamenti da parte delle società ed effettuati gli ulteriori accertamenti, comunicano alle società l’esito della loro istruttoria, inviando copia della comunicazione per conoscenza alla F.I.G.C. ed alla Lega Italiana Calcio Professionistico. In caso di esito positivo della istruttoria da parte di tutte e due le suddette Commissioni, la domanda di concessione della Licenza si intende accolta. Le società che non sono risultate in possesso dei requisiti richiesti per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini della partecipazione al Campionato di Divisione Unica 2016/2017 possono presentare ricorso avverso la decisione negativa della relativa Commissione. Il ricorso deve essere depositato presso la Commissione competente, entro il termine perentorio del 15.7.2016, ore 19:00. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste ai precedenti Titoli I), II) e III) “potranno essere integrati, entro il termine perentorio del 15.7.2016, ore 19:00, tutti gli adempimenti indicati nei medesimi Titoli, fatta eccezione per il deposito della domanda di ammissione al campionato di Divisione Unica 2016/2017. La documentazione depositata successivamente al termine perentorio del 15 luglio 2016, ore 19:00, fatta eccezione per la certificazione ed il parere di cui al successivo capoverso, non potrà essere presa in considerazione né dalle suddette Commissioni né dal Consiglio Federale nell’esame dei ricorsi”. Orbene, da una lettura organica e sistematica della regolamentazione federale in materia di Licenze Nazionali e di requisiti e condizioni per la partecipazione ai campionati professionistici, si ricava, in maniera chiara ed inequivoca, come, per l’ordinamento federale, la stipula e conseguente produzione della polizza fidejussoria di cui, per quanto qui interessa con riferimento al campionato di Lega Pro, al sopra indicato punto 8, del Titolo I, lett. D), dei Criteri Legali ed Economico- Finanziari di cui al predetto Com. Uff. n. 368/A, costituisca requisito imprescindibile per ottenere la licenza e per poter regolarmente iscriversi e prendere parte al campionato di competenza. Del resto, l’art. 23 dello Statuto del CONI (rubricato “Indirizzi e controlli sulle Federazioni Sportive Nazionali”) prevede espressamente che “Ai sensi del decreto legislativo 23.7.1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici”. Nella medesima direzione, anche la FIGC, nello stesso Com. Uff. n. 97/A del 13.12.2016, qui in rilievo, ha cura di premettere, testualmente, “considerato che le norme e le prescrizioni dettate per l’ammissione al campionato, tra cui rientra quella sull’obbligo di deposito della fidejussione, afferiscono alle attività a rilevanza pubblicistica della Federazione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 15 della legge 23.7.1999, n. 242 e dell’art. 23 dello Statuto del CONI”, precisando, poi, “che le medesime disposizioni sono emanate nell’ambito di quanto previsto dall’art. 12 della Legge 91/81, al precipuo fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi”. Non vi è dubbio alcuno, dunque, che la presentazione di una (valida ed efficace) fidejussione bancaria o assicurativa costituisca conditio sine qua non per l’iscrizione e la regolare partecipazione al campionato e, dunque, in ordine al regolare svolgimento del campionato medesimo, la cui organizzazione e corretta gestione dei relativi profili pubblicistici in rilievo rappresenta attività demandata al controllo della stessa FIGC. Infine, tale assunto è ribadito dalla stessa Federazione, letteralmente ed espressamente, in modo, ancora una volta, inequivoco, nello stesso anzidetto Com. Uff. n. 97/A del 13.12.2016: “… l’operatività ed efficacia della garanzia fidejussoria costituisce requisito di partecipazione al campionato e deve permanere – così come prescritto – fino al 31.102017”. Del resto, non occorre neppure dimenticare come la garanzia fidejussoria di cui trattasi rappresenti fondamentale strumento di tutela per la categoria dei lavoratori interessati (calciatori) ed anche per questo l’ordinamento federale circonda di particolare attenzione la sua regolare, tempestiva, utile ed efficace produzione da parte delle società. In definitiva, allora, il comportamento del legale rappresentante (o di chi per esso) della società A.C.R. Messina s.r.l. si è, nella circostanza, tradotto, specie alla luce di quanto emerso in sede di acquisizione istruttoria documentale e di quanto rappresentato dalla stessa Lega Pro nella sua relazione del 18.8.2017, in una sostanziale condotta omissiva, suscettibile della violazione dei doveri di “lealtà, probità e correttezza” di cui all’art. 1 bis C.G.S. FIGC e in dispregio al disposto dell’art. 10, comma 3, C.G.S. FIGC, in relazione all’art. 8 dello Statuto FIGC, che sanziona gli inadempimenti per le comunicazioni ed il deposito di documenti connessi al “rilascio delle licenze FIGC” previsti appunto dal C.U. 368/A. Precisato che, quindi, la posizione dell’eventuale soggetto – persona fisica individuato quale responsabile della predetta condotta potrà essere esaminata e, eventualmente, sanzionata solo a seguito della (eventuale) iniziativa e deferimento della Procura Federale, nel presente giudizio viene in accertamento, incidenter tantum, nella sola prospettiva, cioè, qui in rilievo, relativa al regolare svolgimento del campionato di Lega Pro stagione sportiva 2016/2017, per gli effetti dell’esame (ed eventuale accoglimento) della domanda proposta dalla U.S. Vibonese s.r.l. nel proprio ricorso ex art. 30 C.G.S. CONI, il profilo della regolare o meno partecipazione dell’ACR Messina s.r.l. al campionato anzidetto. Orbene, come detto, sotto siffatto profilo di rilievo ai fini della definizione del presente giudizio, questa Corte non può che prendere atto, per i riconnessi effetti sulla classifica del campionato, del fatto che l’A.C.R. Messina ha preso parte al campionato di Lega Pro, stagione sportiva 2016/2017 (quantomeno, a fare data, per quanto giuridicamente di rilievo per l’ordinamento federale, dal 31.1.2017) senza la necessaria prescritta garanzia fidejussoria, disattendendo uno dei requisiti imprescindibili per la stessa iscrizione al campionato, violando la normativa imperativa (nella prospettiva dell’ordinamento federale) di riferimento, infrangendo le disposizioni poste a base delle garanzie che l’ordinamento stesso presta ai diritti del lavoratore-calciatore. Non può, quindi, questa Corte che riaffermare quanto già espressamente ed inequivocabilmente stabilito dalla normativa federale, ossia la indispensabilità e correlata imprescindibilità della esistenza di valida ed efficace polizza fidejussoria per partecipare ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche, in difetto della quale la sanzione prevista è quella della esclusione (rectius, non iscrizione al campionato). Nel caso di specie, essendo ormai stato disputato l’intero campionato e non essendo, dunque, tecnicamente possibile l’esclusione della società che vi ha preso parte in difetto di un requisito essenziale, detta sanzione si traduce nella retrocessione della società che ha preso parte al campionato medesimo – in assenza, appunto, della ridetta condizione essenziale – all’ultima posizione della graduatoria di cui alla classifica del campionato. Pertanto, in accoglimento del ricorso proposto dalla U.S. Vibonese Calcio s.r.l., accertato che la società ACR Messina s.r.l. ha disputato e portato a termine il campionato di Lega Pro, stagione sportiva 2016/2017, senza la prescritta, necessaria ed indispensabile garanzia fidejussoria, considerato che ciò si traduce nel venir meno di uno dei requisiti imprescindibili per la partecipazione al campionato, tenuto conto che – nel caso di specie – essendosi già concluso il campionato di cui trattasi ed essendosi anche disputata la fase dei play-out, la prevista sanzione della esclusione della società dallo stesso si traduce nella retrocessione della società A.C.R. Messina s.r.l. all’ultimo posto della graduatoria della classifica del Campionato di Lega Pro, Girone C, stagione sportiva 2016/2017. Esulano dalla materia del contendere le conseguenze pratiche di tale posizionamento della società A.C.R. Messina s.r.l. all’ultimo posto della graduatoria della classifica del Campionato di Lega Pro, Girone C, stagione sportiva 2016/2017, trattandosi di adempimenti meramente organizzativi che discendono in maniera automatica dal predetto posizionamento. Come sopra affermato, le richieste avanzate dalla reclamante di essere reintegrata “nell’organico di Serie C … mediante scorrimento della graduatoria” non costituiscono autonoma domanda giudiziale bensì una mera conseguenza del presente provvedimento emesso nei confronti della A.C.R. Messina s.r.l., cui ottempererà la competente Lega Pro in conseguenza dell’avvenuta modifica della graduatoria della classifica del suddetto campionato 2016/2017.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 07/TFN-SD del 28 Luglio 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETÀ US VIBONESE CALCIO SRL EX ARTT. 30 e 32 CGS CONI.
Massima: Il TFN dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla società, nei confronti della Società ACR Messina Srl, con il quale la Società US Vibonese ha chiesto di disporre l’integrazione dell’organico mediante reintegra della Società stessa, con assegnazione di nuovo termine per adempiere agli incombenti richiesto per l’iscrizione al campionato di Lega Pro 2017/2018, previa declaratoria di esclusione del Club ACR Messina dal Campionato di Lega Pro 2016/2017. Parte ricorrente, infatti, si duole della mancata esclusione, da parte della Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), della Società ACR Messina dal campionato 2016/2017 per non aver presentato in tempo utile la fideiussione sostitutiva richiesta a seguito del fallimento della Società assicuratrice – omissis -. Il ricorso, invece, è stato presentato esclusivamente nei confronti della Società ACR Messina Srl e non, quale parte resistente necessaria, anche nei confronti della Lega Italiana Calcio Professionistico. Sotto altro profilo si evidenzia che, a parere del collegio, l’art. 30 del Codice di Giustizia del CONI prevede un rimedio, rimesso ad un atto di impulso di parte, volto alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti dell’Ordinamento Federale (e non quindi, dei singoli soggetti ricorrenti), alternativo rispetto al deferimento proposto dal Procuratore Federale. Tale potestà è sottoposta ad un termine decadenziale di trenta giorni dalla data di avvenuta conoscenza del fatto o dell’atto, a condizione che non sia già stato instaurato, né risulti pendente un procedimento avente ad oggetto i medesimi fatti. Non a caso la stessa disposizione codicistica prevede che, decorso, il termine sopra indicato unico soggetto legittimato a proporre azione per i medesimi fatti è il Procuratore Federale mediante atto di deferimento. Da tale principio deriva che il ricorso in questione è inammissibile qualora sui medesimi fatti il Procuratore Federale abbia già proposto azione. Sul punto va evidenziato che per i medesimi fatti (deposito tardivo della fideiussione a seguito di inefficacia di quella rilasciata dalla Società – omissis -) è già stata proposta azione innanzi a questo Tribunale dal Procuratore Federale, definita con comunicato ufficiale n. 86/TFN-SD del 15 maggio 2017, riformata dalla Corte Federale d’Appello, giusto Comunicato Ufficiale n. 138/CFA del 7 giugno 2017. Non è possibile, pertanto, richiedere una sanzione ulteriore rispetto a quella già definitivamente adottata dai competenti Organi di giustizia sportiva.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 35 del 02/08/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Impugnazione del C.U. n. 428/A del 7 giugno 2016, recante i "criteri e procedure per l'integrazione dei campionati professionistici 2016/2017", nella parte in cui, alla lettera D4, stabilisce che le società sanzionate per illecito sportivo e/o violazione del divieto di scommesse, nelle stagioni 2014/2015 e 2015/2016, e le società che, al momento della decisione sui ripescaggi, abbiano subito sanzione per illecito sportivo e/o per violazione del divieto di scommesse, da scontarsi nella stagione 2016/2017, saranno in ogni caso escluse dal ripescaggio; nonché nella parte in cui è prevista la corresponsione di un contributo straordinario, determinato nella somma di € 250.000,00, a carico di ogni società che ambisca al ripescaggio
Parti: Aurora Pro Patria/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia respinge il ricorso proposto dalla società con il quale ha impugnato il C.U. n. 428/A del 7 giugno 2016, recante i "criteri e procedure per l'integrazione dei campionati professionistici 2016/2017", nella parte in cui, alla lettera D4, stabilisce che le società sanzionate per illecito sportivo e/o violazione del divieto di scommesse, nelle stagioni 2014/2015 e 2015/2016, e le società che, al momento della decisione sui ripescaggi, abbiano subito sanzione per illecito sportivo e/o per violazione del divieto di scommesse, da scontarsi nella stagione 2016/2017, saranno in ogni caso escluse dal ripescaggio; nonché nella parte in cui è prevista la corresponsione di un contributo straordinario, determinato nella somma di € 250.000,00, a carico di ogni società che ambisca al ripescaggio. La ricorrente Aurora Pro Patria ritiene non legittima la delibera del Consiglio Federale e al riguardo espone un’elegante tesi che qui di seguito si sintetizza. Ogni anno, mediante delibera consiliare, la Federazione Italiana Giuoco Calcio stabilisce appositi criteri in base ai quali integrare gli organici dei campionati professionistici nel caso in cui, all’esito delle verifiche per il rilascio delle Licenze Nazionali per l’ammissione al relativo campionato, dovesse verificarsi l’ipotesi di vacanza di organico. Sulla scorta delle domande depositate viene stilata una classifica che tiene conto, non solo del risultato sportivo guadagnato all’esito del Campionato appena concluso, ma anche di altri criteri che fanno riferimento al bacino di utenza dei tifosi ed al passato storico del club. A ciascun parametro viene attribuito un punteggio; i punteggi vengono poi sommati e viene stilata una classifica. Correttamente la ricorrente sottolinea che il ripescaggio prevede naturalmente che le società interessate abbiano i requisiti richiesti per l’ottenimento della Licenza Nazionale, presupposto minimo ai fini della presentazione della domanda di ripescaggio. Una volta verificato il rispetto dei requisiti dettati dalle Licenze Nazionali viene quindi stilata una classifica finale e in base ad essa vengono individuati i club da ripescare, a partire dalla prima classificata e poi via via scorrendo la graduatoria, fino a giungere alla copertura dei posti vacanti. Sulla base dei criteri e delle procedure indicate, non tutte le società che compongono la graduatoria possono essere ripescate. Il C.U. n. 428/A, infatti, prevede alcune situazioni in base alle quali alcuni club sono esclusi dal ripescaggio. La presente impugnazione si riferisce, in particolare, al punto D4 del C.U. n. 428/A, secondo cui - come già anticipato - “le società che hanno subito sanzioni per illecito sportivo e/o per violazione del divieto di scommesse scontate nelle stagioni 2013/2014 e 2014/2015 nonché le società, che al momento della decisione sui ripescaggi, abbiano subito sanzione per illecito e/o per violazione del divieto di scommesse da scontarsi nella stagione 2015/2016 saranno computate ai soli fini della redazione della classifica finale, ma saranno in ogni caso escluse dal ripescaggio”. Il punto D4 del C.U. n. 428/A prevede dunque l’esclusione dal ripescaggio delle società che hanno subito sanzioni per illecito sportivo. Ai sensi dell’art. 7 del C.G.S. della FIGC l’illecito sportivo si configura con: “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo”. Il citato articolo prosegue precisando che le società sono responsabili dei fatti di illecito sportivo e ne rispondono a titolo di responsabilità diretta o di responsabilità oggettiva o di responsabilità presunta. Ciò che la ricorrente contesta è la previsione al punto D4 di una generica esclusione di tutte le società che si sono rese “colpevoli” di illeciti sportivi (con conseguente determinazione di punti di penalizzazione), senza considerare che il coinvolgimento di una società in un procedimento disciplinare per illecito sportivo può avvenire per diversi titoli. Dalla lettura dell’art. 7, comma 1, si evince – a dire della ricorrente – che la volontà del legislatore era quella di ricollegare il concetto di illecito ad un comportamento attivo, cosciente e volontario, tale da alterare il regolare svolgimento di un evento sportivo. In questi casi si contesta non il fatto che la Società agisca, ma il fatto che la società non agisca, omettendo di vigilare sul comportamento dei propri tesserati. L’istante è del parere che il comportamento del club, in questo caso, non costituisce un illecito in senso stretto, perché non si concretizza in un atto, non viene commesso e, soprattutto, non altera direttamente il risultato del match. In tal caso la Società viene punita non tanto per aver commesso un illecito, ma per responsabilità oggettiva, ovvero per aver presuntivamente omesso di vigilare anche se tale omessa vigilanza non è neppure oggetto di indagini o di accertamento. Proprio con riferimento a questa ultima ipotesi, la ricorrente non manca di ricordare che ha subito la sanzione per responsabilità oggettiva a causa del comportamento di alcuni tesserati e presunti tali, che, agendo a danno del club ed eludendo ogni meccanismo di controllo posto in essere dalla Società, hanno commesso atti non conformi ai principi dell’ordinamento sportivo, ricorrendo in modo autonomo e del tutto slegato dal Club. Gli illeciti che hanno penalizzato l’Aurora Pro Patria non solo si sono consumati a sua insaputa, ma anche in un solo mese di tempo e non hanno neppure comportato alcun vantaggio per il Club, il quale, anzi, ne è rimasto compromesso irrimediabilmente in termini sportivi. La Società ricorrente, quindi, pur avendo subito una condanna per illecito sportivo, ha subito una sanzione lieve, determinata dal suo comportamento esemplare in termini di repressione e prevenzione degli illeciti; mai avrebbe potuto evitare la condanna - nonostante le concrete misure messe in atto a sue spese - semplicemente perché le norme federali non prevedono tale eventualità. La tesi della ricorrente Aurora Pro Patria – pur essendo esposta con lucidi argomenti – non appare persuasiva. Ed in realtà la decisione con la quale la ricorrente è stata condannata è ormai consolidata. E la pronuncia di condanna non può ritersi superabile dal singolare argomento secondo il quale sarebbe stata ad essa imputata soltanto una responsabilità oggettiva e non sarebbe stata condannata per un comportamento contrario alle norme federali. Anzi, il contesto di una pronuncia di condanna deve mantenere inalterata la sua finalità afflittiva. Allo stato, nessuna norma consente di vanificare un provvedimento sanzionatorio che sia stato irrogato nei confronti di un soggetto ritenuto responsabile di un determinato evento. Il ricorso quindi deve respingersi. Per quanto concerne le critiche al contributo straordinario, devono conseguentemente ritenersi inammissibili in quanto non più pertinenti alla vicenda della ricorrente, che non può ritenersi ammessa al ripescaggio.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 1 del 11/01/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: delibera del Presidente Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio F.I.G.C. del 7 agosto 2015 (di cui al C.U. n. 89/A) con la quale è stato fissato il termine entro il quale “le società interessate all’eventuale sostituzione, ai sensi dell’art. 49, lett. c) – Lega Nazionale Dilettanti – delle NOIF della società F.C. Castiglione s.r.l. rinunciataria al campionato di Divisione Unica-Lega Pro 2015/2016 devono presentare le domande ed effettuare i relativi adempimenti” al fine di “consentire alla Lega Nazionale Dilettanti di esprimere la nona squadra” da promuovere in Divisione Unica Lega Pro;
Parti: Unione Sportiva Dilettantistica 1913 Seregno Calcio s.r.l./ Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia dello Sport rigetta il ricorso proposto dalla società avverso la delibera del Presidente Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio F.I.G.C. del 7 agosto 2015 (di cui al C.U. n. 89/A) con la quale è stato fissato il termine entro il quale “le società interessate all’eventuale sostituzione, ai sensi dell’art. 49, lett. c) – Lega Nazionale Dilettanti – delle NOIF della società F.C. Castiglione s.r.l. rinunciataria al campionato di Divisione Unica-Lega Pro 2015/2016 devono presentare le domande ed effettuare i relativi adempimenti” al fine di “consentire alla Lega Nazionale Dilettanti di esprimere la nona squadra” da promuovere in Divisione Unica Lega Pro. La Società Seregno censura la delibera impugnata sulla base di un unico complesso motivo di ricorso, lamentando la violazione degli artt. 49 e 50 delle citate NOIF, il primo dei quali stabilisce che “Il Campionato di Lega Pro è articolato in un’unica Divisione formata da tre gironi di 20 squadre ciascuno” (art. 49, lett. b) (prevedendo così un organico di 60 squadre); mentre il secondo prevede che l’ordinamento dei Campionati può essere modificato solo “con delibera del Consiglio Federale” (art. 50, 1° comma), la quale “entra in vigore a partire dalla seconda stagione successiva a quella della sua adozione e non può subire a sua volta modifiche se non dopo che sia entrata in vigore”. In sostanza, secondo la società ricorrente, la delibera impugnata avrebbe disposto una illegittima modifica dell’organico del Campionato di Lega Pro, previsto dall’art. 49 NOIF, riducendo il numero delle squadre ammesse al Campionato da 60 a 54, senza rispettare i criteri stabiliti dall’art. 50 NOIF per le modifiche dell’ordinamento dei Campionati sia per quanto attiene all’organo legittimato a provvedere alla modifica (il Consiglio Federale e non il Presidente) sia per quanto attiene al termine di efficacia della modifica. Il motivo di ricorso è infondato sotto ogni profilo. La Società ricorrente muove dalla indimostrata premessa che la delibera impugnata avesse quale scopo una riduzione del numero di squadre ammesse al Campionato di Lega Pro e si duole che tale modifica sia stata attuata da un soggetto non legittimato e senza rispettare i criteri dell’art. 50 NOIF. Ma la premessa sulla quale la censura si fonda è errata, ponendosi in contrasto con la finalità propria della delibera, ivi espressamente enunciata; e soprattutto trascurando di considerare le reali ragioni che hanno portato alla riduzione del numero di squadre ammesse al Campionato di Lega Pro, nella stagione sportiva 2015/2016. Tale riduzione, infatti, non è derivata da una preordinata scelta degli Organi della F.I.G.C., attuata attraverso la delibera impugnata, ma dall’insuccesso della procedura di ripescaggio, che era stata tempestivamente avviata dalla Federazione proprio allo scopo di provvedere ad una integrazione dell’organico del detto Campionato, consentendo che allo stesso potesse partecipare il numero di 60 squadre astrattamente previsto, in via generale, dall’art. 49, lett. b, NOIF. Tale procedura, alla quale la stessa Società Seregno aveva pure infruttuosamente partecipato, non ha consentito di colmare tutte le carenze di organico (in misura tale da permettere lo svolgimento del Campionato con il numero di 60 squadre programmato nell’art. 49, lett. b, NOIF) per mancanza dei necessari requisiti di ammissione al Campionato in capo alle Società aspiranti al ripescaggio. La riduzione del numero di squadre non è dunque il risultato di una modifica organizzativa, disposta attraverso la delibera impugnata, ma la naturale ed oggettiva conseguenza di una procedura di ripescaggio all’esito della quale si è constatata la possibilità di coprire soltanto due delle vacanze di organico, prendendosi atto del difetto dei prescritti requisiti di ammissione in capo alle altre Società aspiranti al beneficio. Correttamente espletata (ancorché con esito solo parzialmente fruttuoso) la procedura di ripescaggio, proprio al fine di raggiungere il numero di 60 squadre programmato dall’art. 49, lett. b, NOIF, la delibera impugnata, senza introdurre alcuna modifica organizzativa all’Ordinamento del Campionato, si è limitata ad avviare esclusivamente il procedimento diretto alla sostituzione della Società F.C. Castiglione s.r.l., la quale, pur avendo titolo per partecipare al Campionato di Lega Pro, vi aveva rinunciato lasciando spazio ad un’altra società proveniente dalla LND, da individuarsi secondo i criteri stabiliti dall’art. 49, lett c), NOIF e, naturalmente, purché in possesso dei requisiti di ammissione al Campionato di Divisione Unica – Lega Pro. In breve, l’esigenza di raggiungere il numero di 60 squadre era già stato correttamente (ancorchè infruttuosamente) perseguito attraverso la procedura di ripescaggio; eseguita quella fase, la delibera in esame doveva soltanto provvedere alla integrazione di un solo posto in organico, per sostituire la F.C. Castiglione secondo i criteri dell’art. 49, lett. c), NOIF. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, è evidente che il precedente invocato dalla Società ricorrente (come dalle Società intervenienti) non è per nulla pertinente. Nel caso in esame, infatti, a differenza di quello già deciso da questo Collegio (cfr. Collegio di Garanzia dello Sport in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione 11.8/7.10.2014, n. 35, Novara Calcio S.p.a. / F.I.G.C.) invocato dal Seregno, non si ravvisa alcuna delibera volta ad una riduzione dell’organico attraverso un blocco di ripescaggi; ma, al contrario, una delibera rivolta ad una integrazione dell’organico, limitatamente all’unico posto disponibile, in esito ad una infruttuosa procedura di ripescaggio. Né si può ragionevolmente ritenere – come a torto sostiene la società ricorrente – che l’art. 49, lett b, NOIF imponga necessariamente di raggiungere il numero di 60 squadre per comporre l’organico del Campionato di Lega Pro anche prescindendo dai requisiti di ammissione al Campionato medesimo, onde la Federazione sarebbe costretta a reiterare senza limiti la procedura di ripescaggio anche in caso di esito infruttuoso di quella già regolarmente espletata. Effettuata la procedura di ripescaggio (per raggiungere, se possibile, il numero programmato di 60 squadre), e preso atto della mancanza di un numero di squadre, aventi i requisiti prescritti ai fini della iscrizione al Campionato, sufficiente per colmare le carenze di organico, non si può che prendere atto di una conseguente riduzione dell’organico stesso, dovendosi escludere la possibilità di ripetere la procedura di ripescaggio, ammettendo squadre che siano già risultate prive dei requisiti di ammissione. Una diversa soluzione non soltanto risulterebbe irragionevole, ma violerebbe ingiustificatamente il principio di parità di trattamento rispetto alle altre squadre già iscritte al Campionato e in possesso dei necessari requisiti. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso proposto dalla Unione Sportiva Dilettantistica 1913 Seregno Calcio s.r.l. deve reputarsi infondato; e deve, pertanto, essere rigettato.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 37 del 07/10/2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale del 18 agosto 2014, di cui al C.U. N. 56/A emesso in pari data, con il quale si è stabilito di seguire i criteri del ripescaggio per l'integrazione dell'organico di Serie B relativo al campionato 2014/2015;delibera federale del 29 agosto 2014, di cui al C.U. FIGC n. 59/A di pari data, per l’annullamento del provvedimento impugnato e la rinnovazione della graduatoria per il “ripescaggio” in Serie B per il Campionato 2014-2015 ed il conseguente riconoscimento del titolo della S.S. Juve Stabia s.r.l. all’inserimento nel campionato di Serie B 2014-2015; delibera FIGC n. 59/A del 29 agosto 2014, nella parte in cui non prevede l’ammissione al campionato di Serie B della società A.C. Pisa 1909 s.r.l. e dichiara l’inammissibilità della domanda di ripescaggio da questa interposta; - dal giudizio presentato, in data 1 settembre 2014, dalla società Matera calcio s.r.l.; delibera FIGC n. 59/A del 29 agosto 2014, nella parte in cui si è stabilito di escludere la società Matera Calcio s.r.l. dalla selezione e partecipazione alla stagione sportiva 2014/2015 nel campionato di Serie B.
Parti: Matera Calcio s.r.l./S.S. Juve Stabia s.r.l./A.C. Pisa 1909 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie B/Vicenza calcio S.p.a.
Massima: Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte respinge i ricorsi proposti dall’AC Pisa 1909 s.r.l. (R.G. 34/2014) e dalla S.S. Juve Stabia s.r.l. (R.G. n. 32/2014) avverso la Delibera Federale del 29 agosto 2014, di cui al C.U. 59/A, dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla società Matera Calcio s.r.l. ed iscritto al R.G. n. 31/2014, respinge il ricorso proposto dalla società Matera Calcio s.r.l. ed iscritto al R.G. n. 35/2014. Il ricorso dell’AC Pisa 1909 s.r.l. si fonda su una presunta violazione e falsa applicazione della Delibera Federale, di cui al C.U. 56/A del 18 agosto 2014, individuata nella parte in cui si è «accertato dalla Lega Nazionale Professionisti serie B e dalla Commissione Criteri Infrastrutturali per lo stadio “Arena Garibaldi” reso disponibile, (che) non risulta rispettato il punto 8 “impianti di illuminazione” dei criteri “A” di cui all’allegato A del C.U. 143/A del 6 maggio 2014, con riguardo al valore di illuminamento verticale medio(Evmed) maggiore o uguale a 800 Lux in direzione delle telecamere fisse». La Società AC Pisa s.r.l. assume l’illegittimità del diniego oppostole rilevando che il punto 8 “impianti di illuminazione” dei criteri “A”, di cui all’allegato A del C.U. 143/A, del 6 maggio 2014 non determinava, a carico della stessa società, un onere certificativo o anche solo dichiarativo da allegare in sede di domanda d’integrazione dell’organico del campionato di serie B 2014/15, ma soltanto un’obbligazione di carattere sostanziale, il cui soddisfacimento doveva essere certificato dalla Lega di Serie B e dalla Commissione Criteri Infrastrutturali e non dalle società che ambiscono alla ammissione al campionato stesso. Pertanto, ad avviso dell’AC Pisa, poiché la Lega di serie B e la competente Commissione Federale non avrebbero effettuato alcun sopralluogo atto a verificare la sussistenza del requisito relativo alla potenza illuminante dell’impianto dello stadio “Arena Garibaldi” di Pisa, il provvedimento di rigetto sarebbe conseguentemente carente sotto il profilo della motivazione, non avendo tenuto conto della decisiva omissione di cui si è riferito. Ad avviso della Corte, la domanda proposta dal Pisa non merita accoglimento. In primo luogo, si osserva che in qualsiasi procedura di tipo competitivo il possesso dei requisiti sia un onere del concorrente, anche ove la lex specialis demandi ad un terzo la certificazione della loro sussistenza. In secondo luogo, non può scorgersi nella Delibera alcun difetto di motivazione atteso che il possesso dei requisiti deve necessariamente essere valutato sulla base della documentazione prodotta dalla società. Né, a tal fine, è rilevabile alcun difetto di motivazione dovuto alla asserita mancata verifica in loco da parte della Lega e della Commissione Criteri Infrastrutturali. Poiché l’onere della documentazione del possesso dei requisiti grava esclusivamente sul soggetto che intende partecipare alla competizione, il mancato assolvimento di quell’onere assorbe ogni ulteriore doglianza.Del resto è la stessa società ad ammettere, sia pur implicitamente, il mancato assolvimento del richiamato onere ove, nell’elenco della documentazione rimessa al punto 8 (“documentazione attestante la sussistenza dei requisiti di cui ai titoli II e III C.U.143/A”), afferma che “la predetta documentazione è già stata depositata presso le competenti Commissioni FIGC unitamente a quanto richiesto per il rilascio della cosiddetta licenza nazionale”. Ne discende allora che il Pisa era perfettamente consapevole della necessità di dover documentare il possesso di tutti i requisiti e di aver erroneamente ritenuto assolto l’onere attraverso il richiamo ai requisiti propri della Lega Pro, diversi affatto rispetto a quelli che avrebbe, invece, dovuto documentare per la serie B. Il ricorso va, pertanto, rigettato. In ordine logico occorre allora esaminare il ricorso della Juve Stabia, condizionato quanto all’interesse al mancato accoglimento del primo. La Juve Stabia ha impugnato la “Deliberazione 29 agosto 2014 – Comunicato Ufficiale n. 59/A avente ad oggetto l’approvazione della graduatoria, ed atti presupposti, in particolare Deliberazione 18 agosto 2014 – Comunicato Ufficiale n. 56/A, determinativa dei criteri da applicare, e Deliberazione 27 maggio 2014 – Comunicato Ufficiale n. 171/A”. Il ricorso è fondato su due motivi. Il primo motivo è stato rinunciato con memoria 10 settembre 2014; rinuncia ribadita in udienza dal legale della Società. Con il motivo residuo, oggetto di esame, la Juve Stabia lamenta l’omesso accertamento della causa di esclusione che avrebbe dovuto colpire il Vicenza Calcio. La causa ostativa andrebbe ravvisata nella norma contenuta nel punto D.2 del C.U n.171/A (richiamato dal C.U. 56/A) che si riporta testualmente: “le società ripescate una sola volta nelle ultime cinque stagioni sportive in qualsiasi Campionato saranno computate ai fini della redazione della classifica finale, ma, salvo quanto si dirà appresso per la eventuale seconda fase di ripescaggio, saranno escluse dalla prima fase di ripescaggio, ove lo stesso comporti la partecipazione alla medesima categoria, in cui sono state ripescate nelle ultime cinque stagioni; tale preclusione […]”. Ad avviso della Corte la doglianza deve essere rigettata. La causa di esclusione di cui al punto D.2 richiamato ha ad oggetto il cd. ripescaggio. Ebbene, né il provvedimento adottato a suo tempo a favore del Vicenza, né quello attuale hanno ad oggetto quella fattispecie. Nel primo caso si trattò di un provvedimento adottato in via sostitutiva per ovviare ad una carenza di organico determinatasi non già per il mancato rilascio di una licenza ad una società avente titolo sportivo, ma per ovviare ad una carenza di organico dovuta all’esclusione dal campionato di una società per motivi disciplinari. Il provvedimento allora adottato non qualificava l’ipotesi quale ripescaggio e non assoggettava la medesima alla relativa disciplina. La qualificazione di quel provvedimento in termini diversi dal ripescaggio è ormai definitiva, non essendo stata oggetto di alcuna impugnazione. Ne discende che la norma invocata non può trovare ora applicazione ad un caso dalla medesima non disciplinato (il punto D.2 disciplina, infatti, l’esclusione delle società oggetto di ripescaggio, non già di società oggetto di altri provvedimenti). Non essendo stato impugnato l’atto presupposto, che qualificava in termini diversi dal ripescaggio la vicenda relativa alla ammissione del Vicenza al campionato di serie B 2011-2012, non può essere accolto il ricorso che ravvisa una situazione ostativa della società Vicenza al beneficio di un provvedimento diverso da quello tipico e di stretta interpretazione, qual è quello di ripescaggio. Per tali ragioni il ricorso va rigettato. Dal rigetto del ricorso della Juve Stabia deriva l’esigenza di procedere all’esame del ricorso del Matera. Il ricorso iscritto al R.G. n. 31/2014 è inammissibile, mentre il ricorso iscritto al R.G. n. 35/2014 non può essere accolto. Quanto al primo, a norma dell’art. 21 del Codice, come ha più volte affermato questa Corte (Esperia Viareggio, Correggese, Poggibonsi), il Matera Calcio non ha rispettato il termine di impugnazione fissato dall’art. 21 del Codice. Il ricorso è stato proposto lunedì 1 settembre mentre il provvedimento impugnato era del 29 agosto 2014. Non essendo stato rispettato il termine di due giorni fissato dalla norma, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Restano assorbiti tutti gli altri motivi. Quanto al secondo, il Collegio ha già avuto occasione di sottolineare, con Decisione n. 36/2014, che la Delibera di cui al C.U. 56/A non è stata oggetto di autonoma e libera decisione della FIGC, ma esecutiva di criteri fissati dalla deliberazione di un ordine del Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte e costituisce esercizio di autonomia regolamentare federale eccezionale e doverosa e, non anche, esercizio dell’ordinaria regolamentazione delle “promozioni e retrocessioni sul campo”, ex art. 27 statuto FIGC, con la conseguente applicabilità delle relative prescrizioni. Anche per tali ragioni il Collegio non ha titolo per entrare nel merito delle disposizioni assunte dalla FIGC in ossequio all’ordine impartito.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 36 del 07/10/2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera F.I.G.C. del 18 agosto 2014, pubblicata con C.U. n. 56/A di pari data, con cui il Consiglio Federale, dando esecuzione all'ordinanza collegiale n. 24/2014, emessa dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva, in funzione di Collegio di Garanzia in data 11 agosto 2014, ha riportato l'organico del campionato di serie B 2014-2015 a 22 squadre, nella parte in cui reintegra l'organico mediante la procedura di ripescaggio già prevista con il C.U. n. 171/A del 27 maggio e dando termine sino al 25 agosto per il deposito delle domande e delle documentazioni richieste
Parti: Novara Calcio S.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Matera Calcio s.r.l.
Massima: Il Collegio di Garanzia, in funzione di Alta Corte, respinge il ricorso proposto dal Novara Calcio S.p.A. avverso la Delibera Federale di cui al C.U. 56/A del 18.8.14 con cui il Consiglio Federale, dando esecuzione all'ordinanza collegiale n. 24/2014, emessa dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva, in funzione di Collegio di Garanzia in data 11 agosto 2014, ha riportato l'organico del campionato di serie B 2014-2015 a 22 squadre, nella parte in cui reintegra l'organico mediante la procedura di ripescaggio già prevista con il C.U. n. 171/A del 27 maggio e dando termine sino al 25 agosto per il deposito delle domande e delle documentazioni richieste. Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte ha già adeguatamente motivato, con ordinanza n. 25 del 28 agosto 2014, le ragioni che conducono al diniego della domanda di sospensione della Delibera Federale, di cui al C.U. 56/A, e che motivano il rigetto della domanda di annullamento proposta dal Novara Calcio. Come è stato già osservato la FIGC, con il C.U. 56/A del 18.8.14, ha colmato il vuoto normativo determinato a seguito della Delibera Federale di cui al C.U. 170/A ed ha proceduto alla prescritta integrazione, fissando i relativi criteri in parte ripetitivi di prescrizioni vigenti anche per il ripescaggio e in parte nuovi e modificativi rispetto alla disciplina prevista per quest’ultimo. Poiché, peraltro, il C.U. 56/A è la lex specialis regolante l’integrazione a 22 squadre, l’applicazione de relato del C.U. 171/A non determina la pedissequa applicazione delle regole sul ripescaggio, ma l’applicazione dei criteri in quello stabiliti, peraltro, integrati da ulteriori. Del resto la Delibera di cui al C.U. 56/A non è stata oggetto di una autonoma e libera decisione della FIGC, ma esecutiva di criteri fissati dalla deliberazione di un ordine del Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte e costituisce esercizio di autonomia regolamentare federale eccezionale e doverosa e, non anche, esercizio dell’ordinaria regolamentazione delle “promozioni e retrocessioni sul campo”, ex art. 27 statuto FIGC, con la conseguente applicabilità delle relative prescrizioni. A ciò va aggiunto che il Collegio non ha titolo per entrare nel merito delle disposizioni assunte dalla FIGC in ossequio all’ordine impartito.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva C.O.N.I.: Decisione n. 35 del 07/10/2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale del 27 maggio 2014, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 170/A, nella parte in cui prevede che “in caso di vacanza di organico nel Campionato di Serie B 2014/2015, determinatasi all’esito delle procedure di rilascio delle Licenze Nazionali per l’ammissione al predetto campionato, non si procederà ad integrazione di organico, salvo che le non ammissioni determinino un organico complessivo inferire a 20 squadre
Parti: Novara Calcio S.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/S.S. Juve Stabia s.r.l.
Massima: Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva in parziale accoglimento del ricorso, proposto dal Novara Calcio in data 28 luglio 2014, annulla, la Delibera Consiliare del 27.5.2014 di cui al C.U. n. 170/A e dispone che la FIGC pubblichi il nuovo organico a 22 squadre del campionato di serie B, procedendo alla integrazione da 21 a 22 squadre, sulla base dei principi esposti in motivazione. La delibera Consiliare di cui al C.U. 170/A ha stabilito che “in caso di vacanza di organico del campionato di Serie B 2014/2015, determinatasi all’esito delle procedure di rilascio delle Licenze Nazionali per l’ammissione al predetto campionato, non si procederà ad integrazione di organico, salvo che le non ammissioni determinino un organico complessivo inferiore a 20 squadre. In tale ipotesi, il Consiglio Federale integrerà, secondo criteri e modalità da definirsi, le ulteriori eventuali vacanze di organico sino al raggiungimento per il Campionato di Serie B del numero di 20 squadre”. In coerenza con la Delibera Consiliare di cui al C.U. 170/A, con Delibera Consiliare di cui al C.U. 171/A, adottato, il medesimo 27.5.2014, il Consiglio Federale ha fissato i criteri e le procedure per l’integrazione, attraverso il ripescaggio, dei campionati professionisti 2014/2015. Con delibera Consiliare di cui al C.U. 163/A, adottata sempre il medesimo 27.5.14, il Consiglio Federale ha, altresì, deliberato di approvare la norma transitoria di cui all’art. 50 NOIF, nella quale ha stabilito che “le modifiche dell’ordinamento dei campionati, nonché i criteri di promozione e retrocessione deliberati entro il 30.9.14, andranno in vigore nella stagione sportiva 2015/2016”. Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte ritiene di accogliere il ricorso proposto dal Novara nei limiti di cui appresso. Secondo la Delibera Consiliare di cui al 170/A non si deve procedere ad un’integrazione dell’organico, attraverso i cosiddetti ripescaggi, ove l’organico complessivo sia superiore a 20 squadre. Ne discende che il criterio del ripescaggio, stabilito con il C.U. 39/A, trovi applicazione soltanto ove ricorra l’ipotesi di cui al richiamato Comunicato 170/A e secondo quanto stabilito dal Comunicato 171/A, dunque, nell’ipotesi in cui l’organico sia inferiore a 20 squadre. Nessun provvedimento ha invece modificato l’art. 49 NOIF, che pertanto, rimasto è immutato prevedendo, per la Serie B, un girone unico a 22 squadre. Tutte le norme del sistema devono, conseguentemente, essere interpretate alla luce del principio fissato dal richiamato art. 49, che determina in 22 il numero delle squadre che devono partecipare al campionato di serie B. Ebbene, tenuto conto che la Delibera di cui al C.U. 170/A rinvia a un separato provvedimento la determinazione dei criteri e delle modalità per un’eventuale integrazione dell’organico, e tenuto altresì conto che la Delibera di cui al C.U. 171/A fissa esclusivamente i criteri per il ripescaggio, si pone il problema dell’integrazione dell’organico prevista dal C.U. 170/A nell’ipotesi in cui il numero di squadre sia superiore a 20, ma inferiore a 22 squadre, così come è nel caso di specie, per effetto della mancata iscrizione al campionato del Siena Calcio. La necessità di procedere all’integrazione sino a 22 del numero delle squadre, e l’impossibilità di applicare il cosiddetto criterio del ripescaggio previsto esclusivamente ove l’organico sia inferiore a 20 squadre, determina una palese lacuna nell’ordinamento che il legislatore federale non ha colmato come, invece, avrebbe dovuto in ossequio alla Delibera di cui al C.U. 170/A. Per i motivi suddetti il Collegio ritiene che, nei limiti di cui in motivazione, la FIGC debba procedere all’integrazione del nuovo organico alla stregua dei criteri e principi che riterrà di determinare.