Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite: Decisione n. 84 del 29/09/2021

Decisione impugnata: Sentenza della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 103/CFA 2020-2021, assunta in data 7 maggio 2020 e comunicata in pari data, con la quale è stato respinto il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC in data 26 marzo/6 aprile 2021 n. 132 TFN/SD e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte al dott. I. P. la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; al dott. F. R.la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; alla società S.S. Lazio S.p.A. l’ammenda pari ad euro 200.000,00 e al dott. C.L. la sanzione dell’inibizione per dodici mesi.

Impugnazione Istanza: I. P. – F. R. - S.S. Lazio S.p.a./Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Rigettata l’eccezione di parte ricorrente che ha lamentato la violazione dei principi costituzionali in materia di indipendenza dell’organo e la nullità della prorogatio sine die del giudice per essere stata giudicati da componenti la cui carica era scaduta…va… osservato che la temporaneità dell’incarico di componente degli Organi di Giustizia Sportiva è una caratteristica connaturata - e invero mai finora discussa - del sistema della stessa giustizia sportiva; essa è sancita formalmente dall’art. 26, comma 3, del CGS, il quale dispone che “i componenti del Tribunale federale e della Corte federale di appello durano in carica quattro anni e il loro mandato non può essere rinnovato per più di due volte”; disposizione ripetuta nelle carte federali e, in specie, per quel che concerne il sistema di giustizia della Federcalcio, dall’art. 34, co. 17, dello Statuto federale. Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il potere di nomina dei componenti degli Organi di Giustizia Sportiva delle diverse Federazioni non è riservato al CONI, ma spetta, invece, a ciascuna Federazione, che lo esercita in base alle liste di candidati che sono predisposte dalla Commissione Federale di Garanzia previa verifica del possesso dei requisiti prescritti dalla normativa regolamentare CONI, nonché degli ulteriori requisiti eventualmente stabiliti da ciascuna Federazione (art. 26 CGS). Pertanto, anche la proroga dell’in ari o al pari della nomina, deve ritenersi di competenza di ciascuna Federazione, a meno che essa non venga espressamente vietata dalla normativa statutaria o regolamentare. Né il CGS, né le carte federali della FIGC, escludono la possibilità di proroga degli Organi di Giustizia Sportiva alla loro scadenza e, invero, a tale prassi si è fatto ricorso da parte di diverse Federazioni e dello stesso CONI per evidenti e ragionevoli esigenze di funzionalità del sistema, come correttamente rilevato dalla CFA. Il richiamo operato dai ricorrenti alle pronunce della Corte Costituzionale n. 49/1968, n. 25/1976 e n. 208/1992, per fondare la denuncia di illegittimità della decisione del TFN, perché resa in pendenza della proroga degli incarichi dei suoi componenti di cui al C.U. n. 12/2020, è inconferente per le ragioni che seguono. Come affermato nella citata sentenza n. 25/1976, “il carattere temporaneo della nomina (…) in sede giurisdizionale (…) non contrasta di per sé con i principi costituzionali che garantiscono l’indipendenza e con essa la imparzialità, dei giudici, siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine, infatti, non appare necessaria una inamovibilità assoluta, specie per i cosiddetti membri laici o estranei, che ben possono essere nominati per un determinato e congruo periodo di tempo, senza che perciò venga meno l’indipendenza dell’organo o del singolo giudice”. ’indipendenza a giudizio della Corte costituzionale, è invece compromessa là dove, come nel caso esaminato dalla stessa Corte dei membri del C.G.A. designati dal Governo regionale, si preveda la possibilità di riconferma dell’in ari o secondo un discrezionale apprezzamento dello stesso Governo regionale. La fattispecie oggetto del presente giudizio non è sovrapponibile a quella sopra richiamata giacché, come correttamente osservato dalla CFA, i componenti del C.G.A. sono “adeguatamente retribuiti” e come tali hanno “un obiettivo interesse ad ottenere il reincarico” mentre, come sopra detto, la normativa in materia di giustizia sportiva prevede espressamente la gratuità dei relativi incarichi, in ossequio al principio generale di gratuità che vige in seno all’ordinamento sportivo. Lo stesso ordinamento, peraltro, appronta un articolato ed efficace sistema di incompatibilità volto a garantire l’indipendenza e imparzialità dei componenti degli Organi di Giustizia Sportiva, come ricordato nel parere del Collegio di Garanzia n. 6/2016 richiamato dalla CFA. Neppure la sentenza n. 49/1968, invocata dai ricorrenti, è confacente alla fattispecie de qua, giacché essa concerne il caso di funzionari che, seppure collocati fuori ruolo all’atto della nomina, nella specie, a componenti degli organi del contenzioso elettorale, continuavano a far parte della amministrazione di provenienza, beneficiando, quindi, dei miglioramenti o avanzamenti di carriera e ritornando nei ruoli di appartenenza allo scadere del termine previsto, mentre i componenti degli Organi di Giustizia Sportiva sono soggetti esterni alla Federazione da cui derivano la loro nomina, né possono aspirare - per il solo fatto di aver svolto un ruolo giudicante - ad un successivo inquadramento professionale in ambito federale. Con la sentenza n. 208/1992 la Corte Costituzionale ha escluso la vigenza di un “ principio generale di prorogatio a tempo indefinito”; tale prorogatio non è invero riscontrabile nella fattispecie de qua, come correttamente osservato dalla CFA, posto che con il C.U. n. 12/2020 le cariche sono state espressamente prorogate fino al 30 giugno 2021.

Decisione C.F.A. – Sezione Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 103/CFA del 7 Maggio 2021 (motivazioni)

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Nazionale, sezione disciplinare n. 132/TFN del 06/04/2021

Impugnazione – istanza:  Procura Federale/Sigg.ri L.C. – P.I. – R.F. - società S.S. Lazio S.p.A.

Massima: E’ indipendente il collegio giudicante composto da membri (nominati e) in scadenza allorquando ha deciso la questione mentre pendevano i termini per il reincarico…..In primo luogo, difatti, tale censura, fa discendere l’invalidità della decisione reclamata dalla circostanza che essa è stata adottata da un giudice (sportivo) ad tempus. Orbene appare evidente che tale impostazione minerebbe alla base, non solo la giustizia sportiva della FIGC, ma quella dell’intero sistema di giustizia dell’ordinamento sportivo. Difatti, è appena il caso di rammentare che, ai sensi dell’art. 26, comma 3, del CGS, approvato dal Consiglio nazionale del CONI il 9 novembre 2015 e con decreto della Presidenza Consiglio dei Ministri del 16 dicembre 2015, “i componenti del Tribunale federale e della Corte federale di appello durano in carica quattro anni e il loro mandato non può essere rinnovato per più di due volte.” La temporaneità dell’incarico giustiziale è, pertanto, una caratteristica connaturata – e invero mai finora discussa – del giudice sportivo; essa comunque è sancita formalmente dalle disposizioni sopra dette. Quanto poi alla deduzione secondo cui la decisione è stata pronunciata in pendenza dei termini per il reincarico, essa è del tutto irrilevante se solo si considera - come accennato - che risponde ad elementari principi di buona amministrazione evitare il blocco della relativa attività a scadenza intervenuta. È poi del tutto inconferente il richiamo alla sentenza n. 49 del 1968 della Corte costituzionale; con essa infatti si è ritenuto che la nomina governativa (di un collegio giudicante in tema di contenzioso elettorale) non sarebbe stata, di per sé, ragione di illegittimità costituzionale, se “i funzionari” così nominati, avessero acquisito effettiva indipendenza rispetto al Governo e alla P.A.; viceversa, così non fu nel caso allora in esame, in quanto - come osserva la Corte - benché gli interessati fossero stati collocati fuori ruolo, essi continuavano ad essere organicamente inseriti nelle amministrazioni che li avevano “espressi” ed a beneficiare dei miglioramenti o avanzamenti di carriera, ritornando nei ruoli allo scadere del termine previsto (o, addirittura, su richiesta o col proprio consenso, anche prima). Invero, ebbe ad osservare allora la Corte, “solo la definitiva rottura del rapporto di servizio e l'assunzione dello status professionale di giudici renderebbe indipendenti i funzionari nominati dal Governo”. Al riguardo si osserva, innanzi tutto, che è metodologicamente improprio trasporre toutcourt all’interno dell’ordinamento sportivo principi propri dell’ordinamento generale (fermo restando che il primo non può certo entrare in contrasto col secondo); ne consegue che “eventuali collegamenti con l’ordinamento statale, allorché i due ordinamenti entrino reciprocamente in contatto per intervento del legislatore statale, devono essere disciplinati tenendo conto dell’autonomia di quello sportivo e delle previsioni costituzionali in cui essa trova radice” (cfr. Corte cost. sent. 160 del 2019). Orbene, è noto che i componenti dei collegi giudicanti facenti capo alla FIGC, pur essendo nominati dai competenti organi della medesima federazione, non appartengono alla stessa, ma sono giuristi di diversa provenienza e con diversificate esperienze professionali. Essi non hanno alcuna prospettiva di “carriera”, non ricevono compenso economico (cfr. statuto federale art. 34 commi 17 e 18), né possono aspirare – per il solo fatto di aver svolto un ruolo giudicante – ad un successivo inquadramento professionale in ambito federale. Agli stessi poi è fatto “divieto di avere rapporti di qualsiasi natura con le società affiliate o comunque di avere rapporti con tesserati che possano apparire in conflitto di interessi con la loro funzione; tale divieto permane per un anno dopo la cessazione dell’incarico”. I predetti inoltre non devono essere in rapporti di coniugio, di parentela o affinità fino al terzo grado con alcun componente del Consiglio federale. Il loro status, dunque, nulla ha a che fare con quello dei “funzionari” di cui alla ricordata pronunzia della Corte costituzionale. Non vi è pertanto ragione alcuna di dubitare – aprioristicamente – della loro indipendenza e terzietà. Quanto alla possibilità di reincarico degli stessi, neanche risulta in termini la sentenza n. 25 del 1976 della Corte costituzionale. Invero la pronuncia in questione era relativa ai componenti cc.dd. laici della Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, componenti designati da un organo politico quale, appunto, la Giunta Regionale. Costoro erano adeguatamente retribuiti ed avevano un obiettivo interesse ad ottenere il reincarico. Situazione del tutto differente, per quel che si è premesso, è viceversa quella dei componenti degli organi giudicanti della FIGC, che non hanno alcuna ragione e alcuna inclinazione a voler “compiacere” la struttura federale. Tutto ciò a tacere del fatto che l’adesione dei singoli e delle società alla predetta Federazione (adesione che – ovviamente – avviene su base volontaria e in conseguenza di una libera decisione), comporta l’accettazione delle norme e delle prassi che ne disciplinano e ne scandiscono la vita e, tra queste, le regole sulla istituzione e il funzionamento dei relativi organi di giustizia. Invero anche su questo piano rileva la differenza tra una giustizia eteronoma, quale è quella penale o quella amministrativa, e una giustizia consensuale, quale, senza dubbio, è quella sportiva (atteso che gli appartenenti al settore - come appena anticipato - spontaneamente accettano di sottoporsi alle sue regole: cfr. CFA, decisione n. 92/2020-2021). 2.10. In terzo luogo sul tema dell’indipendenza del giudice sportivo vale la pena di richiamare quanto efficacemente ritenuto dal Collegio di garanzia dello sport con il parere n. 6/2016 secondo cui, il tema dell’autonomia ed indipendenza degli organi di giustizia, come arricchiti dal paradigma della imparzialità (art. 2, comma 3, Codice Giustizia Sportiva CONI), percorre tutto l’ordito normativo e si ricava dalla preoccupazione di un “legislatore” che non perde occasione di farvi menzione, per un verso, specificando le coordinate che devono ispirare l’azione degli organi di giustizia (art. 3, comma 3 CGS), per l’altro, delineando un articolato sistema di incompatibilità che riguarda giudici e Procura, volto, appunto, ad evitare confusioni di ruoli e pericolosi conflitti di interessi (cfr., art. 3, comma 5; art. 5, comma 1; art. 17, comma 4; art. 26, comma 5; art. 55, comma 2, CGS CONI); per altro, l’imposizione di un duty of disclosure dalla portata piuttosto ampia null’altro esprime che la presa d’atto della possibile esistenza di rapporti che “compromettano l’indipendenza con la Federazione o con i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti sottoposti alla sua giurisdizione”, siano essi di lavoro o di parentela/affinità (art. 3, comma 3 CGS CONI). Il ricco spettro di incompatibilità si erge, in altri termini, a baluardo dell’indipendenza e imparzialità dei giudici sportivi e mira ad escludere ogni suggestione derivante dal fatto che il giudice – proprio in ragione della propria competenza e professionalità – possa conservare il fondamentale requisito di soggetto super partes ed equidistante dagli interessi contrapposti (cfr. Corte cost. 240/2003). Secondo il Collegio di garanzia non può trascurarsi che l’esigenza di salvaguardare il corretto operare degli organi di giustizia è assicurata, oltre che dalla verifica del possesso nei “potenziali giudici” di requisiti soggettivi di professionalità e competenza (cfr., per le Federazioni, art. 16, comma 1 CGS, ovvero l’art. 26, comma 2 CGS CONI), dal rispetto di una articolata procedura di selezione in cui regole di trasparenza e di pubblicità si combinano fra loro. Ne esce delineato un modello di governance del settore in cui principi di responsabilità e regole di reclutamento intendono evitare un effetto di “cattura” dei giudici da parte dei “controllati”, attraverso pressioni di potere o altri condizionamenti. L’indipendenza deve, in questo senso, intendersi sia come un valore che come uno status che vuole assicurare l’esercizio di una funzione aliena da qualsivoglia influenza, diretta o indiretta, sì da approdare ad un’azione obiettiva ed imparziale; Si può dunque concludere – sempre secondo il Collegio di garanzia dello sport - che, riferita alla giustizia sportiva, l’autonomia – non diversamente da quanto accade per l’ordinamento statale – assume il significato di potestà di autodeterminazione relativamente all’esercizio di quell’attività necessaria per dare attuazione al dettato normativo, legandosi allora inscindibilmente alla presenza di un organo, la Commissione di Garanzia, preposto a tutelare “ l’autonomia e l’indipendenza degli organi di giustizia presso la Federazione e della procura Federale” (art. 5, comma 1, CGS). In tale quadro, la previsione di un organo come la Commissione di Garanzia giunge a completare un sistema il quale, nell’assicurare il corretto svolgimento della funzione giurisdizionale, intende creare le condizioni per assicurare l’effettiva indipendenza ed imparzialità degli organi giudicanti. In questo senso, la Commissione si presenta come organo dotato di attribuzioni che sono preordinate all’inveramento del disegno tracciato nel Titolo I, Capo II, del Codice Giustizia Sportiva CONI, attraverso la tutela dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici sportivi.

Massima: Infondata è la tesi secondo la quale essendo scaduta la nomina dei componenti del Tribunale e della Procura, tanto il deferimento, quanto la sentenza impugnata sarebbero stati adottati da “funzionari di fatto” e il C.U. n.12/2020 – con il quale tali cariche sono state prorogate fino al 30 giugno 2021- sarebbe illegittimo per contrasto con l’art. 34, comma 17, dello statuto, secondo cui non è prevista alcuna possibilità di proroga….Orbene, il già ricordato comma 17 dell’art. 34 dello statuto federale prevede la durata in carica per quattro anni e nulla dice circa la possibilità di (temporanea) proroga (“Il mandato dei componenti degli Organi della giustizia sportiva … ha durata quadriennale ed è rinnovabile per due volte”). Quindi il sistema non esclude affatto la possibilità di proroga. Del resto, un conto è il rinnovo (oltre il secondo mandato) che è statutariamente vietato e un conto è la mera proroga. E’ noto, difatti, che mentre la proroga determina solo il prolungamento del rapporto - che, pertanto, prosegue dopo la scadenza originariamente prevista, mantenendo intatta la propria natura - con il rinnovo, invece, non si ha prolungamento dell'originario rapporto ma creazione di uno nuovo. Cosa certa è che proprio in virtù della previsione del sopra indicato termine temporale, appare evidente che la nomina dei “nuovi” giudici o il reincarico dei “vecchi”, pur non essendo certa nel quando, è indubbiamente certa nell’an. Non si tratta dunque di una prorogatio sine die (questo, viceversa, è il caso preso in considerazione dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 28 del 1992). D’altronde, la possibilità/necessità di proroga – nel caso in cui il rinnovo non sia avvenuto per tempo – risponde ad elementari esigenze di funzionalità e dunque, in ultima analisi, di razionalità del sistema. E per tale motivo è invalsa, opportunamente, nella prassi di molte federazioni e dello stesso CONI.

Massima: Quanto alla pretesa carenza di giurisdizione del Tribunale (e, conseguentemente, di questa Corte) in relazione alle addebitate violazioni dei protocolli UEFA, va subito chiarito un equivoco, anzi, più d’uno. Innanzitutto il C.U. 78/A non è affatto del 2021, ma fu emanato il giorno 1.9.2020. Esso, poi, ha un contenuto meramente ricognitivo, anzi quasi di memento della vigente normativa. E invero il Consiglio federale, nella riunione del giorno precedente (31.8.2020), aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di osservare scrupolosamente i protocolli sanitari già individuati per la stagione sportiva 2019/2020 con il C.U. 210/A del giorno 8.6.2020, chiarendo che, in caso di violazione, dovevano trovare applicazione a carico delle società le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), c) e g), del C.G.S. della FIGC. Se poi - si aggiunge nel predetto C.U. - dalla violazione scaturisce la positività al covid-19 di un componente del gruppo squadra, il fatto è punito con la sanzione di cui all’art. 8, comma 1, lett. h), del C.G.S. della FIGC. Ebbene il C.U cui si fa riferimento (210/A) ha contenuto sostanzialmente coincidente con quello che si è appena illustrato. Dunque, come è evidente, non vi è alcun novum normativo e gli addebiti disciplinari a carico delle persone fisiche devono essere formulati (e sono stati formulati) ai sensi degli artt. 4, comma 1, CGS e 44, comma 1, NOIF, vale a dire per la violazione degli onnicomprensivi principi di lealtà, correttezza e probità “in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva” e per il mancato rispetto dell’obbligo di sottoporre – in maniera tempestiva ed efficace – gli atleti “agli accertamenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti”, oltre che dalle altre disposizioni vigenti in ambito sportivo. Ne consegue che le suddette violazioni rilevando, come si è appena scritto, in ogni rapporto riferibile alla attività sportiva, comportano l’applicazione di sanzioni sia che “le irregolarità” siano emerse in ambito UEFA, sia che siano emerse in ambito campionato nazionale. E dunque il Tribunale e la Corte sono pienamente legittimate a giudicare. Le considerazioni appena svolte, per altro, neutralizzano anche le censure difensive (la terza e la quarta), in base alle quali ai deferiti sarebbero state addebitate condotte all’epoca non previste da alcuna prescrizione disciplinare. Così non è, sia perché – come si è appena premesso – il C.U. 78/A non ha alcuna valenza innovativa (anzi esso non ha contenuto normativo, non potendosi nemmeno qualificare come una norma interpretativa), sia per il generale principio (logico, ancor prima che giuridico), in base al quale, quando da una fattispecie generale che comprende più condotte, ne viene separata una, per essere inquadrata in una nuova e distinta fattispecie, non per questo le condotte tenute prima della “separazione” divengono irrilevanti, dovendo comunque essere represse in applicazione della norma vigente ratione temporis, cioè, per quel che si è detto, da quella di carattere più generale. Così, ad esempio, prima che il legislatore “creasse” il reato di omicidio stradale (art. 589 bis cp), certamente non rimanevano impuniti gli omicidi colposi derivanti dalla disaccorta condotta di guida degli automobilisti. In sintesi: tra la norma “progenitrice” e la norma derivata esiste una evidente (e ineliminabile) continuità, conseguente, appunto, proprio a tale rapporto di derivazione.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV:  DECISIONE N. 049 CFA del 10 Novembre 2020

Decisione Impugnata:  Decisione della Commissione Disciplinare del Settore Tecnico, di cui al C.U. n. 114/2020 in data 2.10.2020;

Impugnazione – istanza: Procura Federale-Sig. G.D.

Massima: L’art. 45, comma 7, CGS prevede che “Ai componenti degli organi del sistema della giustizia sportiva si applicano le norme in materia di astensione e di ricusazione previste dal Codice di procedura civile”. Nel caso di specie, non appare ricorrere alcuna delle ipotesi in cui può essere richiesta la ricusazione del componente dell’organo di giustizia sportiva ed è lo stesso reclamante ad evidenziare che, a suo giudizio, ricorrerebbero ragioni di opportunità (e, quindi, art. 51, comma 2, c.p.c.) per spingere il componente ad astenersi. Come da costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’ipotesi di cui all’art. 51, comma 2, c.p.c. è inidonea a incidere non solo sulla possibilità per la parte di chiedere la ricusazione dell’organo, ma anche sulla validità dell’atto adottato dal componente dell’organo di giustizia sportiva.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV: DECISIONE N. 033CFA DEL  18/09/2018 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 004/CFA DEL 23 LUGLIO 2018

Decisione Impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare c/o Settore Tecnico - Com. Uff. n. 307 dell’1.6.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. C.N. AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER MESI 18 E DELL’AMMENDA DI € 15.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 38, COMMA 1 REGOLAMENTO SETTORE TECNICO E AGLI ARTT. 37, COMMA 1 N.O.I.F. E 22, COMMA 8 C.G.S., COME RICHIAMATO DALL’ART. 19, COMMA 11.4 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 6180/124 PF 17-18 GC/GP/MA DEL 18.1.2018

Massima: L’eccezione pregiudiziale di nullità e/o illegittimità del procedimento di primo grado è inammissibile ed è comunque altresì infondata. Va rilevato al riguardo come, nella pacifica assenza di una disciplina federale in ordine al giudizio di rinvio ed in particolare alla composizione del Giudice di tale giudizio, la normativa di riferimento vada ricercata, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del CGS CONI, nel codice di procedura civile, il quale, nell’ipotesi di giudizio di rinvio, assicura l’imparzialità e la terzietà del giudice attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione, attivabili nei modi e nei termini previsti dall’art. 52 c.p.c.. Nel caso di specie, non risulta che l’odierno ricorrente abbia proposto tempestivamente un ricorso ex art. 52 c.p.c. per la ricusazione dei componenti della Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico FIGC, sicché la pretesa di convertire l’eccepito vizio di nullità del procedimento di primo grado in motivo di gravame è inammissibile (in tal senso, cfr. CFA Sezioni Unite C.U. 59/CFA del 10.12.2015 con motivazioni pubblicate sul C.U. n. 93/CFA del 31.03.2016). Anche nel merito, in ogni caso, la doglianza è infondata, atteso che difetta nella fattispecie il presupposto del “nuovo esame” da parte del primo giudice, dal momento che la decisione dallo stesso resa in precedenza è stata annullata da questa Corte non nel merito ma esclusivamente per violazione del diritto di difesa. Infine, non può non osservarsi che, avuto riguardo all’esiguo numero dei membri della Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico FIGC, esigere il rinnovo di tutti i suoi componenti in ogni caso di rinnovazione del giudizio a seguito di annullamento con rinvio di una decisione significherebbe rendere praticamente impossibile la celebrazione dello stesso giudizio di rinvio.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Seconda: Decisione n. 82 del 13/11/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello - Sezioni Unite - di cui al C.U. n. 003/CFA (2017/2018) del 3 luglio 2017

Parti: F- Maglia/Federazione Italiana Giuoco Calcio – L- C-/Federazione Italiana Giuoco Calcio – D- G-/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: il principio di imparzialità-terzietà del giudice ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo, in relazione specifica al quale, peraltro, può e deve trovare attuazione, sia pure tenuto conto delle peculiarità proprie di ciascun tipo di ordinamento. Del resto, il concetto di alterità del giudicante, ivi compreso il relativo perimetro di operatività, ha formato oggetto di ripetuti interventi interpretativi non sempre univoci. La circostanza che uno stesso giudice sieda in due collegi giudicanti che hanno dovuto conoscere della stessa controversia, non può, di per ed in via automatica, far nascere dubbi sull'imparzialità del giudicante a prescindere da tutti gli altri elementi oggettivi. Richiama il Collegio il principio generale, secondo il quale l'esigenza di assicurare che il giudice rimanga ed appaia del tutto estraneo agli interessi del processo viene assicurata attraverso i meccanismi dell'astensione e/o ricusazione, ex art. 51 e 52 c.p.c., istituti che - ove declinati in relazione ad ordinamenti quali quello della Giustizia Sportiva, costituito da un complesso di giudicanti onorari, non stabilmente incardinati nelle strutture e non legati da un vincolo di esclusività - devono essere considerati tenuto conto delle peculiarità del contesto di riferimento. Ciò premesso, ritiene il Collegio aderente al caso concreto l'orientamento (Cassazione, Sez. VI, n. 2317/2015) secondo il quale l'incompatibilità del giudice non comporta ex se la nullità della sentenza, qualora all’assenza di astensione del giudice non abbia fatto seguito l'istanza di ricusazione della parte interessata. Gli odierni ricorrenti, ove effettivamente intenzionati a censurare la asserita incompatibilità di alcuni componenti del collegio giudicante, avrebbero dovuto, dunque, tempestivamente attivarsi dinanzi alla CFA avanzando istanza di ricusazione, salvo successivamente gravare l'eventuale rigetto della relativa domanda. Dagli atti di causa non emerge che ciò, con riferimento al caso concreto, sia avvenuto. Suggestiva, ma non convincente, tenuto conto delle prassi organizzative seguite dalle segreterie nella fase antecedente la celebrazione dell'udienza, l'affermazione delle difese secondo le quali le parti non potevano attivare il procedimento di ricusazione non essendo state messe in condizione di conoscere la composizione nominativa del collegio. Come correttamente evidenziato dalla FIGC nella memoria di costituzione, peraltro, i ricorrenti avrebbero potuto proporre istanza di ricusazione anche in udienza, prima dell'inizio del dibattimento. Alla luce delle considerazioni svolte, anche in ossequio al principio che impedisce di far valere per la prima volta un vizio che il ricorrente avrebbe potuto precedentemente eccepire, la doglianza esaminata è rigettata in quanto infondata.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite: Decisione n. 42 del 01/06/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC, di cui al C.U. n. 099/CFA del 7 febbraio 2017

Parti: Maurizio Magri/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Susanna Ghirardi – Giovanni Schinelli/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Pietro Leonardi/Federazione Italiana Giuoco Calcio Tommaso Ghirardi/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Arturo Balestrieri/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Vanno disattese le eccezioni preliminari sollevate nel ricorso. Innanzitutto, l’eccezione di violazione dell’art. 6, comma 1, della CEDU per non essere stata la causa esaminata da un giudice terzo e imparziale, poiché i Giudici della Corte Federale d’Appello sono nominati dalla Federcalcio. In disparte la considerazione che tale eccezione avrebbe potuto e dovuto essere sollevata più tempestivamente con apposita istanza innanzi al Giudice Federale,  va rilevato che essa è articolata in modo assertivo e assiomatico, senza fornire alcuna prova concreta della effettività della lesione del principio dell’imparzialità dell’organo giudicante. Come correttamente rilevato nella memoria della FIGC, l’autodichìa dell’ordinamento sportivo rappresenta un naturale e imprescindibile corollario del principio di autonomia sportiva, in tal senso anche l’art. 28 del CGS della FIGC, principio sancito e riconosciuto espressamente dal legislatore nell’art. 1 della legge n. 280/2003.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite : Decisione n. 62 del 13/12/2016 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale d'Appello FIGC, adottata a Sezioni Unite in data 19 aprile 2016 e pubblicata, in motivazione, con C.U. n. 010/CFA del 22 luglio u.s., che ha irrogato, in capo al ricorrente, la sanzione dell'inibizione per 5 anni, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, più l'ammenda pari ad € 50.000,00

Parti: F. A. A./Federazione Italiana Giuoco CalcioG. L. I./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima:….l’art. 28, comma 4, del C.G.S. della F.I.G.C. prevede che "ai componenti degli Organi della giustizia sportiva si applicano le norme in materia di astensione e di ricusazione previste dal Codice di procedura civile". La normativa di settore, pertanto, rinvia espressamente alla disciplina processual-civilistica e, in particolare, all'art. 51 c.p.c., a mente del quale - per quanto qui interessa- "il giudice ha   l'obbligo di astenersi ... se ha ... conosciuto [della causa] come magistrato in altro grado del processo ...” Ma nel caso di specie non ricorre affatto l'ipotesi in parola, in quanto il presidente del Tribunale Federale Nazionale non ha conosciuto la causa «in altro grado del processo», trattandosi, com'è evidente, di diverso processo, a nulla rilevando, ai fini che qui interessano, la mera circostanza di fatto che alcuno degli illeciti contestati al ricorrente siano stati esaminati in occasione dell'accertamento delle (personali) responsabilità di altri soggetti, seppur, in ipotesi, legate o potenzialmente collegate a quelle dei soggetti interessati dal presente procedimento. Inequivoca, in tal senso, la giurisprudenza di legittimità la quale ha osservato che l'obbligo del giudice di astenersi, previsto dall'art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa concernente un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione e, del resto, tra le ipotesi tassative di ricusazione del Giudice, di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c., non rientra l'adozione di un provvedimento che accolga una soluzione contraria all'interesse della parte. Si deve, poi, evidenziare che le circostanze tassativamente elencate all'art. 51 c.p.c., individuando una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, sono di stretta interpretazione e non sono, pertanto, suscettibili di interpretazione analogica o estensiva. L’istanza di ricusazione, inoltre, è inammissibile prima ancora che infondata, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 52 c.p.c., il ricorso deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, mentre - come ricordato dalla stessa difesa di controparte - l’istanza in parola è stata proposta soltanto in udienza. Né è sostenibile che il richiamo alle norme del codice di procedura civile non riguardi anche i termini per la proposizione delle istanze di ricusazione.

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 059/CFA del 10 Dicembre 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 093/CFA del 31 Marzo 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 63/LND del 6.10.2015

Impugnazione – istanza: 13. RICORSO SIG. E.G. AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 3 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5 C.G.S. - nota 6187/199pf 14-15/GC/vdb del 18.2.2015 –

Massima: A seguito del giudizio di rinvio disposto dalla Corte, il Tribunale può essere composto dagli stessi membri che si erano in precedenza pronunciati sul caso….il Codice di Giustizia Sportiva, nel prevedere la possibilità di annullamento del giudizio di primo grado con rinvio degli atti a quell’Organo per un nuovo procedimento, all’art. 37 C.G.S. nulla dice in ordine alle modalità di costituzione di quel Collegio. Lo stesso Codice di Giustizia Sportiva del CONI, al quale deve farsi rinvio come possibile fonte (art. 1, comma 2 C.G.S.), non prevede alcunché al riguardo, se non addirittura che in merito al procedimento da tenersi dinanzi alla Corte federale d’Appello non è consentito il rinvio al giudice di prime cure (art. 37, comma 6, C.G.S. CONI). Ai sensi dell’art. 2, comma 6, C.G.S. CONI deve farsi, allora, riferimento alle norme del processo civile. In quel contesto procedurale, il giudizio di rinvio, riassunto ai sensi dell’art. 392 c.p.c. o c.d. proprio, è un giudizio che si atteggia come prosecuzione o reintegrazione del giudizio di appello, nel quale vi è l’esigenza di accertare se la sentenza di primo grado debba essere confermata o riformata secondo i principi e nei limiti indicati dal giudice di legittimità che ha disposto il rinvio. A questo proposito l’art. 383, comma 1, c.p.c. esplicitamente dispone che il rinvio è “ad altro giudice”, con affermazione quindi del principio dell’alterità del giudice di rinvio, da rispettarsi sia quando la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione soggettiva. Cosicché un’eventuale violazione rientra nella c.d. “conversione del vizio di nullità in motivo di gravame” per cui occorre impugnare la sentenza del giudice di rinvio, senza che si debba far luogo a richiesta di ricusazione essendosi già pronunciato, in punto di alterità, il giudice di legittimità. A questa puntuale costruzione del giudizio di rinvio ex art. 383 c.p.c. si contrappone quella ex art. 354 c.p.c allorché, nei casi colà previsti, si prevede solo la rimessione della causa al “primo giudice”, nulla disponendo in ordine alla sua diversa composizione. Per completezza di ricostruzione, va detto che edificato su criteri diversi si presenta il modello penale, ex art. 623 c.p.p., ove l’alterità è regola generale, ancorché la diversità della persona fisica del giudice chiamato a decidere dopo l’annullamento con rinvio è imposta solo con riferimento alle sentenze. L’apprezzamento della fondamentale differenza tra la natura del giudizio civile (i cui principi sono qui applicabili) e quello penale è stato posto al centro della sentenza della Corte Costituzionale n. 387/1999. Quei giudici, posto che “non sono applicabili al giudizio civile ed a quello amministrativo, proprio per la particolarità e le diversità dei sistemi processuali, le regole delle incompatibilità soggettive per precedente attività (tipizzata) svolta nello stesso procedimento penale, bensì le disposizioni sull’astensione e la ricusazione del codice di procedura civile…” hanno ritenuto, come già fatto anche in precedenti e più risalenti pronunce, che “Le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudice sono risolvibili nel processo civile, per le sue caratteristiche, attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione previsti dal codice di procedura civile”. Né tale differenziazione (e conseguente soluzione) confligge con il principio di imparzialità- terzietà della giurisdizione che, pur avendo pieno valore costituzionale (e ai sensi della Convenzione europea sui diritti dell’uomo ex art. 6 ) può e deve trovare soluzione e tutela con le peculiarità proprie di ciascun processo (Corte Cost. sentt. n. 51/1998; n. 326/1997; n. 78/2002; n. 305/2002; n. 262/2003 e, da ultimo, n. 78/2005), tanto che è stato anche affermato che le soluzioni per garantire un giusto processo non devono, per forza, seguire linee direttive necessariamente identiche per i due tipi di processo (civile e penale). Su questa direttrice si è posta anche la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (SS.UU.CC. n. 5087/2008) e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo (dec. 07.08.1996 Ferrantelli e altri c. Italia) che hanno avuto cura di porre al centro di ogni decisione l’esigenza di garantire l’imparzialità del giudice; garanzia che, quanto a esigenza di assicurazione, trova differenti modalità di tutela a seconda dei vari tipi di procedimento. La conclusione che ne deriva è allora che, nell’esigenza costituzionalmente garantita di un procedimento in cui sia certa l’imparzialità e la terzietà del giudice che pronunci una statuizione decisoria il legislatore, nel rispetto della razionalità e ragionevolezza delle sue elaborazioni normative, ha la discrezionalità per poter disporre mezzi differenziati di soluzione. Così ha fatto il Legislatore allorché ha approntato, anche in ragione della diversa natura degli interessi in gioco, le regole peculiari del processo civile e di quello penale; con il risultato di prevedere che per il primo valgano come strumenti idonei ad assicurare imparzialità e terzietà, rimessi alla sensibilità del giudice e dei contendenti, l’astensione e la ricusazione di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c., beninteso ove non si versi nell’ipotesi di cui all’art. 383, comma 1, c.p.c. Peraltro, è noto che l’alteralità del giudice che si trova a conoscere, nuovamente, della stessa condotta censurata, non è necessaria conditio sine qua non per una nuova celebrazione del processo nello stesso grado anteriore, poiché la giurisprudenza è assolutamente concorde nel ritenere che il giudizio di revocazione di una decisione può celebrarsi a cura dello stesso giudice che ebbe a pronunciare quella sentenza, poi oggetto della domanda di revocazione. (Cass. Civ. II civ. n. 16861/13 e Cons. St. A.P. sent. n. 5/2014) Nella fattispecie sottoposta all’odierna cognizione deve dirsi che, in virtù dell’assenza di una specifica disciplina e del rinvio, fatto attraverso la via mediata del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, alle norme del processo civile, deve affermarsi che, in ipotesi di giudizio di rinvio, l’imparzialità e la terzietà del giudice di fronte alla fattispecie in cognizione, sono assicurate dagli istituti dell’astensione e della ricusazione (ex art. 51 c.p.c.), con relativo meccanismo processuale di attivazione ex art. 52 c.p.c.. Ora, la parte ha ritenuto, erroneamente, che potesse trovare applicazione il diverso rimedio, sopra ricordato, della conversione del vizio di nullità in motivo di gravame, senza tener conto che, al di fuori dello specifico rinvio da giudizio di legittimità, presidiato dall’art. 383 c.p.c., nel caso di specie mancava qualsiasi prescrizione precettiva circa l’obbligo di diversa composizione soggettiva del giudice del rinvio rispetto a quello che si era già pronunciato, pur potendosi convenire sulla sussistenza di presumibili motivi di opportunità a favore di un’astensione. Non essendosi il giudice astenuto, né la parte ricusato taluno dei componenti il collegio, utilizzando i mezzi processuali a sua disposizione, viene a cadere il relativo motivo di gravame per inammissibilità della conversione, nel caso specifico, dell’invocato vizio in un motivo di censura in appello.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 082/CFA del 25 Giugno 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 21 Ottobre 2015 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 271/LND del 29.5.2015

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO SIG. A.S. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 DALL’ESERCIZIO DI ARBITRO EFFETTIVO INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014)

Massima: L’art. 37 C.G.S., allorché dispone che la Corte Federale di Appello, «se rileva la violazione delle norme sul contraddittorio annulla la decisione impugnata e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito», non prescrive che quest’ultimo debba riunirsi in diversa composizione. Ciò premesso, evidenziato che, laddove possibile, ragioni di opportunità consigliano che in sede di rinvio, il competente Tribunale Federale decida in diversa composizione, ritiene questo collegio che, anche a voler applicare alla fattispecie le disposizioni del codice di rito civile, nel caso di specie l’interessato non ha proposto alcuna tempestiva istanza di ricusazione. La circostanza della mancata conoscenza, prima della seduta, della composizione del collegio del Tribunale non impediva di certo all’odierno ricorrente di sollevare la questione di incompatibilità lamentata quantomeno nel corso della seduta svoltasi innanzi allo stesso organo di prime cure. In ogni caso, dunque, in difetto di tempestiva istanza di ricusazione avanzata da chi ne ha interesse, non potrebbe, comunque, essere dichiarata alcuna invalidità della sentenza.

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite  : Comunicato ufficiale n. 135/CFA del 11 Maggio 2017  e  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza: Istanza di ricusazione in data 20 maggio 2017 presentata dall’avv. Fiorella Testani, difensore del ricorrente sig. S.C., nei confronti dei Signori prof. Sergio Santoro, prof. Paolo Cirillo, avv. Maurizio Greco e prof. Mauro Sferrazza

Massima: La questione sollevata non configura una causa di ricusazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 51 e 52 c.p.c. cui rinvia l’art. 28, comma 4, del C.G.S., atteso che il ricorso in epigrafe verte su questioni (illeciti disciplinari) differenti da quella pregiudiziale relativa alla mera procedibilità del deferimento della Procura Federale (e dunque senza alcun esame e pronuncia di merito) già esaminata dal Collegio di cui hanno fatto parte i giudici sportivi che si intende ricusare, così che non ricorre nel caso di specie quella identità di res iudicandache costituisce, in particolare ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4), il presupposto dell’obbligo di astensione e, in caso di sua violazione, motivo di ricusazione;

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.037/TFN del 27 Novembre 2015 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (13-BIS) – ISTANZA DI RICUSAZIONE PRESENTATA DA F.A.A.(Agente di Calciatori fino al 31.3.2015) NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE AVV. S.A.NEL PROCEDIMENTO N. 1244/1064 p f14-15 SP/ac del 28.7.2015, CHE LO VEDE DEFERITO.

Massima: L’istanza di ricusazione motivata dall’astensione obbligatoria del giudicante ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. può trovare fondamento e giustificazione solo nel caso della conoscenza della causa che il giudice ha avuto in “altro grado del processo”. Nel caso di specie l’istanza di ricusazione è stata rigettata. L’art. 28, comma 4, CGS fa esplicito riferimento solo alle norme del processo civile, deve innanzitutto rilevarsi che le ipotesi di astensione obbligatoria e di ricusazione del giudicante, previste dal codice di procedura civile, incidono sulla capacità del giudice e determinano una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge; esse, quindi, sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di interpretazione estensiva e/o analogica (cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 8.10.2001 n. 12345). Pertanto, nel processo civile gli unici motivi di ricusazione relativi all’attività giurisdizionale del magistrato sono quelli di cui all’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. che riguardano un “altro grado di giudizio”. Del resto: “L’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo e non anche in casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione” (Cass. n. 2596/15). Va tenuto presente, poi, che con la nota sentenza della Corte Costituzionale 15 ottobre 1999 n. 387 sono stati fissati alcuni principi che sgombrano il campo da ogni equivoco. In particolare: “La Corte ha ripetutamente affermato che non sono applicabili al giudizio civile ed a quello amministrativo, proprio per la particolarità e le diversità dei sistemi processuali, le regole delle incompatibilità soggettive per precedente attività (tipizzata) svolta nello stesso procedimento penale, bensì le disposizioni sull'astensione e la ricusazione del codice di procedura civile, cui anche le norme proprie del processo amministrativo fanno rinvio (v., per le peculiarità dei sistemi processuali, sentenza n. 326 del 1997). Le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudice sono risolvibili nel processo civile - per le sue caratteristiche - attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione, previsti dal codice di procedura civile (ordinanze nn. 359 del 1998 e 356 del 1997 e sentenza n. 326 del 1997)”. E inoltre: “La Corte ha avuto occasione di notare che il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo, in relazione specifica al quale, peraltro, può e deve trovare attuazione (sentenze n. 51 del 1998; n. 326 del 1997), pur tuttavia con le peculiarità proprie di ciascun tipo di procedimento, dovendosi ancora una volta ribadire la netta distinzione fra processo civile e processo penale: per la diversa posizione e i differenti poteri di impulso delle parti. Di modo che - ferma l'esigenza generale di assicurare che sempre il giudice rimanga, ed anche appaia, del tutto estraneo agli interessi oggetto del processo - le soluzioni per  garantire un giusto processo non devono seguire linee direttive necessariamente identiche per i due tipi di processo. Infatti, é stato rilevato (sentenza n. 341 del 1998) che le situazioni pregiudicanti descritte dall'art. 34 cpp sono "tipicamente individuate dal legislatore in base alla presunzione che siano di per sé incompatibili con l'esercizio di ulteriori funzioni giurisdizionali nel medesimo procedimento, a prescindere dalle modalità con cui la funzione é stata svolta, ovvero dal concreto contenuto dell'atto preso in considerazione" (sentenza n. 351 del 1997; v. anche le sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997). La medesima soluzione non é stata adottata dal legislatore per il processo civile, per il quale vige un peculiare sistema procedurale caratterizzato da una diversa posizione delle parti, che si possono avvalere di particolari poteri di difesa, di modo che appare non arbitraria la diversa scelta di garantire la imparzialità-terzietà del giudice nel processo civile solo attraverso gli istituti dell’astensione e ricusazione.”

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.037/TFN del 27 Novembre 2015 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (61-BIS) – ISTANZA DI RICUSAZIONE PRESENTATA DA D.D.C. (all’epoca dei fatti Direttore Sportivo della Società Calcio Catania Spa, nonché allenatore iscritto all’albo del Settore tecnico, sospeso e iscritto all’albo speciale dei Direttori Sportivi), NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE AVV. S.A. NEL PROCEDIMENTO N. 3174/1064bis pf14-15 SP/mg del 6.10.2015, CHE LO VEDE DEFERITO.

Massima: L’istanza di ricusazione motivata dall’astensione obbligatoria del giudicante ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. può trovare fondamento e giustificazione solo nel caso della conoscenza della causa che il giudice ha avuto in “altro grado del processo”. Nel caso di specie l’istanza di ricusazione è stata rigettata. L’art. 28, comma 4, CGS fa esplicito riferimento solo alle norme del processo civile, deve innanzitutto rilevarsi che le ipotesi di astensione obbligatoria e di ricusazione del giudicante, previste dal codice di procedura civile, incidono sulla capacità del giudice e determinano una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge; esse, quindi, sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di interpretazione estensiva e/o analogica (cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 8.10.2001 n. 12345). Pertanto, nel processo civile gli unici motivi di ricusazione relativi all’attività giurisdizionale del magistrato sono quelli di cui all’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. che riguardano un “altro grado di giudizio”. Del resto: “L’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo e non anche in casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione” (Cass. n. 2596/15). Va tenuto presente, poi, che con la nota sentenza della Corte Costituzionale 15 ottobre 1999 n. 387 sono stati fissati alcuni principi che sgombrano il campo da ogni equivoco. In particolare: “La Corte ha ripetutamente affermato che non sono applicabili al giudizio civile ed a quello amministrativo, proprio per la particolarità e le diversità dei sistemi processuali, le regole delle incompatibilità soggettive per precedente attività (tipizzata) svolta nello stesso procedimento penale, bensì le disposizioni sull'astensione e la ricusazione del codice di procedura civile, cui anche le norme proprie del processo amministrativo fanno rinvio (v., per le peculiarità dei sistemi processuali, sentenza n. 326 del 1997). Le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudice sono risolvibili nel processo civile - per le sue caratteristiche - attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione, previsti dal codice di procedura civile (ordinanze nn. 359 del 1998 e 356 del 1997 e sentenza n. 326 del 1997)”. E inoltre: “La Corte ha avuto occasione di notare che il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo, in relazione specifica al quale, peraltro, può e deve trovare attuazione (sentenze n. 51 del 1998; n. 326 del 1997), pur tuttavia con le peculiarità proprie di ciascun tipo di procedimento, dovendosi ancora una volta ribadire la netta distinzione fra processo civile e processo penale: per la diversa posizione e i differenti poteri di impulso delle parti. Di modo che - ferma l'esigenza generale di assicurare che sempre il giudice rimanga, ed anche appaia, del tutto estraneo agli interessi oggetto del processo - le soluzioni per  garantire un giusto processo non devono seguire linee direttive necessariamente identiche per i due tipi di processo. Infatti, é stato rilevato (sentenza n. 341 del 1998) che le situazioni pregiudicanti descritte dall'art. 34 cpp sono "tipicamente individuate dal legislatore in base alla presunzione che siano di per sé incompatibili con l'esercizio di ulteriori funzioni giurisdizionali nel medesimo procedimento, a prescindere dalle modalità con cui la funzione é stata svolta, ovvero dal concreto contenuto dell'atto preso in considerazione" (sentenza n. 351 del 1997; v. anche le sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997). La medesima soluzione non é stata adottata dal legislatore per il processo civile, per il quale vige un peculiare sistema procedurale caratterizzato da una diversa posizione delle parti, che si possono avvalere di particolari poteri di difesa, di modo che appare non arbitraria la diversa scelta di garantire la imparzialità-terzietà del giudice nel processo civile solo attraverso gli istituti dell’astensione e ricusazione.”

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.89/CDN  del 20 Giugno 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (296) – RICORSO IN APPELLO DELLA SOCIETÁ ASD CALCIO CORRIDONIA (Ecc.), AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 800,00, INFLITTA CON CU n. 141 del 19.3.2014 – CDT presso C.R. Marche - (nota n. 2553/192 pf 13/14 GT/dl del 22.12.2013).

Massima: Del tutto priva di pregio è la censura in ordine alla violazione del dovere di astensione per presunta incompatibilità dei Giudici di primo grado derivante dall’avere compiuto “una valutazione contenutistica delle consistenze dell’ipotesi accusatoria e una deliberazione non formale ma di merito...tale da condizionare il successivo giudizio per la c.d. forza della prevenzione…” scaturente nella decisione pubblicata sul C.U. n. 7/2013…In recenti ed importanti pronunce della C.G.F. (C.U. n. 31 del 20.08.12 - 2012-2013) non può essere invocato, tantomeno a pena di nullità, l’assoluto rispetto del principio di terzietà del Giudice in un procedimento, qual è quello che ci occupa, non penale ma solo di natura disciplinare, nel quale non si irrogano pene detentive, ma solo di natura economica e disciplinare. Tanto anche in considerazione del fatto che nessuna norma dell’Ordinamento federale prevede l’obbligo di astensione del Giudice che abbia conosciuto un procedimento o parte di esso, obbligo che, addirittura non sussiste e non è previsto nemmeno nel caso in cui il Giudice abbia dichiarato, per alcune parti, la definizione del procedimento ex art. 23 CGS. Le argomentazioni innanzi evidenziate sulla diversità dei giudizi (uno attinente alla regolarità della gara e l’altro relativo alle responsabilità dei tesserati e delle Società di appartenenza) fanno sì che anche la seconda eccezione di una violazione del principio del ne bis in idem risulta essere infondata e, pertanto, va rigettata.

 

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 135/CGF del 05 Dicembre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 162/CGF del 10 Gennaio 2014  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza: 3) RICORSO AGENTE DEI CALCIATORI, SIG. S.D. ACTIO NULLITATIS  AVVERSO DELIBERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – COM. UFF. N.  153/CGF DEL 25.1.2013 – N. 203/CGF DEL 12.3.2013 – N. 235/CGF DEL 5.4.2013 E N.  37/CGF DEL 9.9.2013

Massima: Risulta del tutto infondata nel merito la tesi  dell’ingiustificato mutamento del Collegio giudicante, in quanto a norma dell’art. 31, comma 4°  C.G.S. le sezioni con funzioni giudicanti giudicano con la partecipazione di cinque componenti e,  nella fattispecie in esame, i giudici federali ….. hanno  partecipato a tutte le udienze del procedimento in oggetto.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 12 Dicembre 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U.n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: SIG. V.S./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (1) Il CGS non dispone alcun obbligo di astensione per l’ipotesi in cui l’organo di giustizia si sia pronunciato in sede predibattimentale su posizione di altro deferito.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 15 ottobre 2009 - www.coni.it Decisione impugnata: Delibera della Corte di giustizia federale, la quale, però e con decisione pubblicata nel C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: T. P. contro Federazione italiana Giuoco Calcio

Massima: Quanto, poi, alla (pretesa) irregolare posizione del membro della CGF a cagione delle dimissioni da lui presentate il 22 settembre 2008, giova osservare che la camera di consiglio in cui l’impugnata decisione fu assunta si tenne il precedente giorno. Sicché, a tutto concedere, la censurata irregolarità, anche a voler assimilare (ma non è giuridicamente lecito, stante la differenza irriducibile tra i due istituti) l’istituto delle dimissioni alla decadenza tout court del giudice dimissionario dall’incarico giudiziario, quel che rileva, ai fini della legittima composizione del collegio giudicante, è la pienezza delle funzioni al momento della deliberazione sulla decisione da assumere, a nulla importando il momento in cui quest’ultima è stata pubblicata.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 14/CDN  del 04 Agosto 2009  n. 4 - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Toscana CU n. 69 del 25.6.2009 Impugnazione - istanza: (2) – Appello della società USD GU Taccola avverso le sanzioni dell’inibizione per mesi 6 al sig. G. P. (presidente), dell’inibizione per mesi 7 al sig. F. L. (dirigente), della squalifica per mesi 6 al sig. A.C. (calciatore) e dell’ammenda di € 3.000,00 alla società, inflitte a seguito di deferimento della Procura Federale Massima: La eccepita incompatibilità dei membri della Commissione Disciplinate Territoriale che sarebbe determinata dalla decisione del rigetto del patteggiamento non può essere accolta dovendosi ritenere il patteggiamento come una fase del procedimento di competenza degli stessi membri della Commissione, inidonea a produrre conseguenze o incompatibilità di qualsivoglia tipo nel prosieguo del procedimento stesso.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 101/CDN  del 17 Giugno 2009  n. 1 - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera C.D. Territoriale presso il CR Toscana C.U. N°. 57 del 30.4.2009

Impugnazione – istanza: (278) – Appello della società GS San Miniato asd avverso la sanzione dell’ammenda di € 6.000,00 e la sanzione dell’inibizione per anni 1 ai sig.ri L.T. (presidente) e D. T. (dirigente). (292) – Appello della società Pol. Valdarbia ASD avverso la sanzione dell’ammenda di € 30.000,00 e la sanzione dell’inibizione per anni 3 ai sigg.ri R. B. (presidente), L. S. R.L. (dirigenti)

Massima: L’articolo 30 del C.G.S., non prevede alcun divieto di partecipazione allo stesso collegio di due persone legate da vincolo di parentela (vincolo che, peraltro, non è neppure provato nel caso in esame, ben potendosi trattare di omonimia). Ne discende, per il principio generale di diritto, applicabile all’ordinamento sportivo ex art. 2, comma 1, C.G.S., che non può essere dichiarato l’annullamento di un atto (nel caso di specie la delibera del Presidente della Commissione che definisce la composizione dei singoli collegi giudicanti, di cui all’art. 30, N°. 6, C.G.S.) per una causa di nullità non prevista in modo espresso dalla norma.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 13/CDN  del 06 agosto 2008  n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (302) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: L.M. (all’epoca dei fatti tesserato Juventus FC SpA), M.F. (all’epoca dei fatti dirigente FC Messina Peloro Srl), P.F. (presidente FC Messina Peloro Srl), M.B. (all’epoca dei fatti tesserato quale dirigente FC Messina Peloro Srl), G.P. (arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Bari), R.P. (all’epoca dei fatti arbitro benemerito) T.P. (arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Lucca), S.R. (già arbitro effettivo), S.C. (già arbitro effettivo), A.D. (già arbitro effettivo), P.B.(arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Arezzo), M.G. (già arbitro effettivo), M.D.S. (già arbitro effettivo), M.A. (assistente associato presso la sezione AIA di Torre del Greco Na), e delle società Juventus FC SpA e FC Messina Peloro Srl (nota n. 4349/602quinviciespf06-07/sp/ad del 23.4.2008)

Massima: In ordine alla richiesta di astensione dei componenti della CDN in quanto incompatibili per aver provveduto sulla richiesta di applicazione di sanzione nei confronti di altri deferiti nell’ambito dello stesso procedimento, l’istanza è irrituale, stante l’inesistenza dell’istituto dell’astensione nell’ordinamento sportivo. In ogni caso, va evidenziata l’assenza di profili di incompatibilità derivanti dalla intervenuta pronuncia, in ragione della differente disciplina sulla posizione processuale delle parti e sulla formazione della prova nel procedimento sportivo rispetto al processo penale.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.006/Cf del 1° Settembre 2006 n. 1,2,3,4,5,6 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 5/C del 17 agosto 2006- www.figc.itImpugnazione - istanza:Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della societa’ Reggina Calcio S.p.A. avverso le sanzioni della penalizzazione di quindici punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2006-2007, oltre all’ammenda di € 100.000,00 (centomila) inflitte a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva del sig. P.F. avverso la sanzione dell’inibizione di anni due e mesi sei, oltre a quella dell’ammenda di € 30.000,00 (trentamila) inflittegli a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva del Procuratore Federale avverso decisioni a seguito di proprio deferimento a carico della Reggina Calcio S.p.A.e altri. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della Società U.S. Lecce S.p.A. avverso decisioni a seguito del deferimento del Procuratore Federale a carico della Reggina Calcio S.p.A. e altri. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della società Brescia Calcio s.p.a. avverso le decisioni a seguito del deferimento del procuratore federale a carico della reggina calcio s.p.a. e altri. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della Società Treviso F.B.C. 1993 s.rl. avverso decisioni a seguito del deferimento del Procuratore Federale a carico della Reggina Calcio S.p.A. e altri

Massima: Condizione logicamente antecedente alla proposizione dell’istanza di ricusazione in qualunque sfera ordinamentale, non può che essere quella dell’assunzione della qualità di parte nel procedimento nel corso del quale o in occasione del quale viene proposta. E ciò per l’evidente ragione che solo tale qualità, da un canto, radica l’interesse alla proposizione dell’istanza ed al conseguimento degli effetti con essa perseguiti, e, d’altro canto, è idonea ad assicurare a chi la possiede lo statuto di diritti e tutele dall’ordinamento previsti ed attribuiti, nel presupposto della partecipazione, a pieno titolo riconosciuta, al procedimento. Se si abbandonasse questa strada maestra si dovrebbe ammettere l’abnorme ipotesi che si propone un’istanza di ricusazione, pur senza essere parte del procedimento, al solo scopo di ottenere l’effetto sospensivo di una “res inter alios acta” e di pregiudicare – con insopportabili ripercussioni nell’ordinamento, tanto più chiare in quello statuale - l’amministrazione stessa della Giustizia e, comunque, il suo funzionamento in tempi ragionevoli. Nessuna di queste conseguenze sarebbe tollerabile dal punto di vista della credibilità di ogni ordinamento; allo stesso modo esse sarebbero destituite di qualunque serietà logico-giuridica. A questa stregua, precondizione per la delibazione dei provvedimenti conseguenti alla formulazione del tipo di istanza di cui si discute è la verifica dell’attribuibilità della qualità di parte a chi l’abbia proposta. A tal proposito, è agevole la considerazione che la competenza a tale giudizio non possa che necessariamente rintracciarsi in capo al giudice davanti al quale si discute la questione, pur in contemporanea pendenza dell’istanza di ricusazione. In questo senso si rivela decisivo un doppio ordine di motivi. In primo luogo, la questione relativa all’identificazione delle parti (tanto in senso puramente formale, quanto, come nel caso di specie, in senso sostanziale e, quindi, di “legitimatio ad causam”) appartiene tipicamente a quelle preliminari di merito, alla cui soluzione è, prima di ogni altra e secondo i principi generali, chiamato il giudice della cognizione. In secondo luogo, se si ritenesse, in contrasto con il tipico assetto del giudizio di cognizione e della sequenza delle sue tesi procedimentali, la proposizione di un’istanza di ricusazione da chi non abbia ancora assunto la qualità di parte, ed in pendenza di una controversia sulla relativa attribuibilità, possa valere a sottrarre il potere-dovere di giudizio all’organo giudicante investito, si finirebbe, surrettiziamente, per ottenere quella “traslatio iudicii”, nonché l’effetto sospensivo, che è, al contrario, tipicamente realizzabile in virtù di una rituale richiesta di ricusazione.

Massima: Con riferimento all’istanza di ricusazione, si rileva l’esistenza di un’aporia nell’ordinamento federale, che è auspicabile sia, con urgenza, colmata nel necessario cammino di una sempre più stretta uniformazione del diritto sportivo ai principi fondanti del diritto statale, consistente nella mancata implementazione, da parte del Codice di Giustizia Sportiva, della norma dell’art. 30, comma 1, ultimo punto, dello Statuto Federale secondo cui “Il codice di giustizia sportiva disciplina i casi di astensione e di ricusazione dei giudici”. Nelle more che questa previsione generale venga integrata attraverso le disposizioni speciali, è compito della Corte Federale interpretare la norma in modo da non frustrare l’astratta possibilità operativa degli istituti in parola, che certamente concorrono ad assicurare un giusto processo, bilanciandola, però, con l’essenziale ed inviolabile valore dell’ininterrotto flusso dell’attività giurisdizionale, il quale sarebbe irrimediabilmente impedito o turbato se, in assenza nel plesso giurisdizionale della FIGC di un organo astrattamente competente a giudicare delle istanze di ricusazione del Giudice di ultima istanza e nell’impossibilità, per il limite numerico previsto per la composizione di tale organo da parte dello stesso Statuto Federale, di comporre un collegio interamente nuovo rispetto a quello, in blocco, ricusato, si dovesse postulare l’effetto sospensivo, totale e senza previsione di durata, dell’intero procedimento cui volesse aspirare ogni mirata istanza di ricusazione. Ed allora, nelle more dell’indilazionabile integrazione ordinamentale (anche in punto di previsione delle sanzioni per la infondata proposizione di istanze di ricusazione), in relazione alla proposizione di istanze di ricusazione davanti ad organi di Giustizia Sportiva di ultima istanza composti statutariamente in numero tale da non assicurare la possibilità di totale rinnovo, né della relativa composizione soggettiva, né dell’organo nel suo complesso rispetto a quello ricusato, il Giudice dei presupposti della ricusazione non possa che essere quello stesso davanti al quale l’istanza viene proposta. E ciò allo scopo di non paralizzare la concreta e regolare amministrazione della giustizia, in perfetta analogia con quanto determinato in situazioni corrispondenti dell’ordinamento statale, quale quella protrattasi per un lungo periodo di tempo, anteriore al recente intervento delle Corte Costituzionale, davanti alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistrature finché non si è prevista l’integrazione del numero dei componenti supplenti, in modo da garantire una composizione collegiale autonoma e totalmente diversa per le ipotesi di ricusazione dell’altro collegio.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 9/C Riunione del 20 Settembre 2004 n. 11 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Campania - Com. Uff. n. 13 del 7.8.2004

Impugnazione - istanza:Appello dell’A.S. Angri avverso decisioni merito gara Casalvelino/ Angri del 21.3.2004

Massima: Ai rappresentanti dell’Ufficio Indagini non possono applicarsi, neppure in via derivata o analogica, le norme di legge sulla ricusazione, non trattandosi di organi giudicanti, ma inquirenti.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 59/C Riunione del 24 Giugno 2004 n. 3 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Tesseramenti - Com. Uff. n. 20/D del 26.2.2004

Impugnazione - istanza: Appello dell’U.S. Avellino avverso l’annullamento del trasferimento a titolo temporaneo del calciatore B.C. dall’U.S. Avellino alla A.C. Martina

Massima: L’arbitro presso il Collegio Arbitrale di Serie C, non è in posizione di incompatibilità quando assiste nella qualità di avvocato un calciatore innanzi alla Commissione Tesseramenti.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 41/C Riunione dell’5 Aprile 2004 n. 11 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Giudice Sportivo di 2° Grado presso il Comitato Regionale Lazio per l’Attività Giovanile e Scolastica - Com. Uff. n. 33 del 4.3.2004

Impugnazione - istanza: Appello dell’A.S. Corneto Tarquinia avverso la sanzione della inibizione del sig. C.C.G. fino al 30.11.2004

Massima: A prescindere dalla assenza di norme che, nell’ordinamento sportivo, disciplinino l’astensione dei giudici, è la stessa struttura degli organi di giustizia sportiva - in molti casi costituita da istituzioni monocratiche e monosoggettive - a rendere praticamente impossibile una rotazione interna nella trattazione degli affari provenienti da giudizi di rinvio.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 38/C Riunione del 30 giugno 2001 n. 4, 5, 6 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche - Com. Uff. n. 47 del 31.5.2001

Impugnazione - istanza:Appelli della S.S. Potenza Picena e del sig. C.F. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 3 a quest’ultimo inflitta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998. Appello dei sigg.ri S.C. e M.F. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 3 loro inflitta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998. Reclamo del Procuratore Federale avverso il proscioglimento della Sangiustese Calcio e della S.S. Potenza Picena a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998

Massima: Non è ravvisabile un motivo di nullità nella mancata astensione dei Giudici della Commissione Disciplinare, perché l’istituto della ricusazione non è previsto dal C.G.S.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 38/C Riunione del 30 giugno 2001 n. 4, 5, 6 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche - Com. Uff. n. 47 del 31.5.2001

Impugnazione - istanza:Appelli della S.S. Potenza Picena e del sig. C.F. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 3 a quest’ultimo inflitta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998. Appello dei sigg.ri S.C. e M.F. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 3 loro inflitta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998. Reclamo del Procuratore Federale avverso il proscioglimento della Sangiustese Calcio e della S.S. Potenza Picena a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo in relazione alla gara Sangiustese Calcio/Potenza Picena del 27.4.1998

Massima: Il fatto di aver precedentemente condannato i deferiti con delibere dichiarate nulle in ultima istanza per violazioni procedurali, nulla dimostra in merito alla pretesa “prevenzione” dei Giudici nei confronti dei deferiti, tali da indurli all’astensione.

 Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 30/C Riunione del 18 aprile 1996 n. 2 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Calabria-Com. Uff. n. 72 de127.2.1996

Impugnazione - istanza: Appello dell’A.S. Sambatello calcio avverso le sanzioni della squalifica fino al 31.1.1997 e dell’inibizione fino al 17.1.2001 inflitte rispettivamente al calciatore G.P. ed al dirigente sig. P.A.

Massima: Deve essere annullata la delibera della Commissione Disciplinare, con il rinvio degli atti alla commissione medesima per nuovo esame, per la violazione dell’art. 19 comma 5 C.G.S - il quale prevede al comma quinto, che le Commissioni Disciplinari funzionano con la partecipazione del Presidente e di due Componenti designati per ogni singolo procedimento ed in caso d’assenza o impedimento, a procedimento iniziato, di uno dei membri designati, il Presidente può procedere alla sua sostituzione in via definitiva con altro Componente che abbia assistito fin dall’inizio al procedimento stesso – quando vi è stato un mutamento della composizione dei membri del collegio da una riunione all’altra, senza che vi sia traccia di un provvedimento del Presidente della Commissione stessa che disponesse la sostituzione.

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