Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0051/CFA del 24 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 92 del 3.10.2025 e notificata il 6.10.2025

Impugnazione – istanza: OMISSIS

Massima: Il tema della utilizzabilità, in ambito disciplinare sportivo, degli atti provenienti da altro procedimento di natura statuale (nella specie penale) è stato al centro dell’attenzione degli organi di giustizia sportivi che, in nome della piena autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statuale, hanno sempre ritenuto pienamente utilizzabili, purché legittimamente e ritualmente acquisiti, gli atti ritenuti inutilizzabili ex art. 191 c.p.p. (in particolare le intercettazioni), potendo questi essere valutati autonomamente nella sede loro propria (quella disciplinare sportiva). In particolare, è stato considerato che le intercettazioni telefoniche raccolte nel processo penale sono utilizzabili in sede di procedimento disciplinare a carico di soggetti appartenenti all'ordinamento sportivo: l'eventuale inutilizzabilità di dette intercettazioni nell’ambito processuale penale non può spiegare effetti oltre tale ambito, in conformità al principio di libera utilizzazione degli elementi di prova acquisiti in procedimenti diversi, che opera in assenza di un principio di tipicità dei mezzi di prova. Né, con ciò, possono ritenersi violati i principi di civiltà giuridica attinenti al diritto di difesa, tra i quali, anzitutto, quello del contraddittorio, per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo, vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti dello stesso e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico-argomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale. Difatti, i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine sui comportamenti criminosi; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002, n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). D’altra parte ed ancor più in generale, deve essere rammentato, che nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina ed alle tradizioni storiche di ciascun procedimento (Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18) (Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 6 dicembre 2011, Lodo Ascoli; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 12 dicembre 2011, Lodo Sommese; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 20 gennaio 2012, Lodo Cremonese; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 20 gennaio 2012, Lodo Benevento; Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, 27 febbraio 2012, Lodo Paoloni). Pertanto, anche in ambito endofederale, alla luce dell’inequivoca previsione dell’art. 57, comma 1, del Codice – secondo cui “Gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale” - si è affermato, in tema di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli in cui le intercettazioni sono state disposte, che il relativo divieto non è applicabile ai procedimenti disciplinari, in quanto le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano “l’epilogo di procedimenti amministrativi seppure in forma giustiziale) e non già giurisdizionali sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare alla “giustizia sportiva” si applicano oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi. Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente del processo penale” (tra le tante: CFA, SS.UU., n. 90/2019-2020; CFA, SS.UU., n. 122-2018-2019). In termini sostanzialmente analoghi si è espresso il Collegio di garanzia dello sport, chiamato a valutare la utilizzabilità e validità delle fonti di prova necessarie ai fini della affermazione di responsabilità disciplinare, affermando che “il processo sportivo gode di piena autonomia rispetto a quello penale e il Giudice sportivo ha la possibilità di valutare, in assoluta libertà e autonomia, gli elementi istruttori raccolti in sede di procedimento penale o altrove, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentati” ed ancora, che diversamente opinando, verrebbero condizionate le valutazioni degli organi della giustizia sportiva all’esito della raccolta delle prove necessarie al fine dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, fino a ritenere che “il Giudice sportivo può attingere le prove da elementi diversi, a prescindere dalla natura e dalla valenza degli atti da cui esse sono scaturite, con conseguente possibilità di esaminare e valutare circostanze risultanti da atti di indagine compiti dal Pubblico ministero o dagli organi di polizia giudiziaria, anche se di per sé insuscettibili di costituire fonte di prova nel processo penale” (Collegio di garanzia dello sport, Sez. IV, n. 14/2016).  Emerge quindi un quadro che consente di affermare – proprio in nome della ricordata autonomia del procedimento disciplinare sportivo rispetto a quello penale – la piena utilizzabilità di atti assunti nel processo penale anche se inidonei a costituire fonte di prova per l’affermazione della responsabilità penale, essendo del tutto diverso il metro di valutazione del giudice sportivo rispetto a quello penale. Tali esiti interpretativi devono essere ribaditi anche in questa sede. Non v’è alcun dubbio che il principio ispiratore del sistema di giustizia sportiva sia quello della tendenziale giurisdizionalizzazione del procedimento. Già dalle previsioni dell’art. 2 del Codice di giustizia sportiva del CONI è possibile cogliere l’orientamento del legislatore sportivo, a conferma della volontà di attrarre il procedimento alle garanzie sostanziali dell’attività giurisdizionale (Collegio di garanzia dello sport, Sezione consultiva, parere n. 1/2016). Questa considerazione è confermata da una lettura sistematica delle norme contenute nel Codice di giustizia sportiva della FIGC, dalla quale emerge chiaramente l’intento di affermare nel procedimento disciplinare una serie di garanzie processuali, al fine di conciliare la tutela della persona e l’esigenza di un corretto ed efficace raggiungimento dei fini istituzionali dell’ordinamento sportivo, in generale, e della FIGC, in particolare (Corte federale d’appello, SS.UU, n. 30/2019-2020). Senonchè, proprio la ricerca dell’equilibrio tra la tutela del tesserato e gli scopi che intende raggiungere la Federazione - connessi inscindibilmente alla sua autonomia – consente che la Federazione medesima possa perseguire la propria pretesa punitiva con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova, che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale. Del resto, nella Costituzione, nessun diritto fondamentale ivi previsto ha carattere assoluto ma esso è contemperato con gli altri diritti e l’esito del bilanciamento non può mai essere il sacrificio totale di uno dei valori in gioco, altrimenti si darebbe luogo a una tirannia del valore, utilizzando il linguaggio di Carl Schmitt. E l’operazione compiuta dalla Corte costituzionale con le due note decisioni in materia di giustizia sportiva n. 49/2011 e n. 160/2019 si è sostanziata proprio in un bilanciamento tra la tutela del tesserato in giudizio e l’autonomia del fenomeno sportivo. Ma anche a voler ritenere ipoteticamente inutilizzabili tali atti, ciò non esimeva il Tribunale dal ricercare all’interno del materiale probatorio acquisito al procedimento, l’esistenza o meno di prove idonee ad affermare o escludere la responsabilità dei tesserati per i comportamenti loro ascritti in violazione delle disposizioni federali. Sotto tale profilo la decisione del Tribunale è senz’altro censurabile in quanto dal fascicolo trasmesso dalla Procura federale emergevano (ed emergono) quegli indizi plurimi, convergenti, gravi, precisi e concordanti idonei a pervenire ad un giudizio di responsabilità quanto meno per gli incolpati OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 8/FTN del 19 Luglio 2019

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  A  CARICO  DI:  ..... … (all'epoca dei fatti Presidente del CdA della società US Città di Palermo Spa sino al 7 marzo 2017 e, successivamente, Consigliere del Consiglio di Amministrazione della società US Città di Palermo Spa sino al 3 maggio 2018) - (nota n. 12055/816 pf18-19 GP/GC/blp del 29.4.2019).

Massima: Della utilizzabilità degli atti dell’indagine penale Censura, la difesa dello …, la utilizzabilità in questo procedimento della documentazione proveniente dalla Procura della Repubblica di Palermo. Secondo la prospettazione difensiva, nell’atto di deferimento sono riportati numerosi stralci di intercettazioni difensive, trascritti dalla Polizia Giudiziaria, costituenti dei meri brogliacci non ancora vagliati dall’autorità Giudiziaria, di talché la loro utilizzazione si porrebbe “in aperto contrasto con i  principi del giusto processo, determinando un’inammissibile compressione del diritto di difesa, nonché una frustrazione del principio del contraddittorio” (memoria difensiva, pag. 11, punto 5.1). Aggiunge ancora, la difesa, che data la notorietà del soggetto indagato, ed essendo trapelate notizie sull’indagine in corso, il contenuto delle intercettazioni sarebbe stato falsato dal tentativo dei soggetti con in quali sarebbe venuto in contatto di evitare di essere coinvolti nella stessa, così alterando i fatti, come del resto ritenuto anche dal G.i.p. nel decreto-ordinanza del 25.6.2018. Anche in questo caso la censura non coglie nel segno ed è stata disattesa da questo Collegio con motivazione che, in mancanza di nuovi elementi rispetto a quelli già acquisiti, non può che essere confermata e che di seguito si riporta per intero sì da costituire un unicum con la presente decisione, anche in questo caso per non precludere alla parte, ricorrendone i presupposti e ove ritenuto, di adire i successivi gradi di giudizio: <<Sotto il profilo dell’ammissibilità al presente procedimento delle prove acquisite mediante intercettazioni, che la difesa del US Città di Palermo espressamente contesta in quanto basate esclusivamente su brogliacci, perché indicate solo quelle favorevoli all’accusa e che si ritengono acquisite al di fuori dei casi esplicitamente previsti dalle norme processuali, il Collegio non può che  evidenziare  che sul punto  una valutazione è già  stata effettuata  dai giudici cautelari; in particolare il giudice del riesame ha espressamente affermato che “In assenza di specifiche  contestazioni,  il  Collegio  non  può  che  rilevare,  in  generale,  che  l’attività  di intercettazione risulta regolarmente autorizzata o convalidata con provvedimenti le cui motivazioni rispondono ai canoni prescritti in materia, tenuto anche conto dei dati e degli argomenti esposti per relationem negli atti richiamati.” Anche in questa sede le osservazioni in ordine al contenuto delle intercettazioni di cui agli atti processuali appaiono generiche atteso che, fra l’altro, il giudice penale ha evidenziato il dubbio della genuinità delle intercettazioni ma solo dalla data del 12 maggio 2018 in poi, evitando di prendere in considerazione tali dati.>> Di uguale avviso, peraltro, anche la CFA in termini conformi a Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 7703;Cassazione, sezioni unite, 29 maggio 2009, n. 12717 e TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n. 2472, nonché a CAF, C.U. n. 7/C del 2004 e CGF, 19 Agosto 2011, C.U. n. 48/CGF del 27 Settembre 2011, secondo cui “le risultanze delle captazioni telefoniche sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nei procedimenti disciplinari di ambito sportivo, ferma restando e premessa la necessaria attenta lettura delle conversazioni intercettate e della loro meditata valutazione nell’ambito del contesto logico temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio” (C.U. n.122/CFA 2018-2019, pag.45).

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. A. M.  contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Nel procedimento sportivo possono essere utilizzati gli atti del processo penale a carico, tra gli altri dello stesso deferito, anche se non formatisi in dibattimento ma solo nella fase delle indagini preliminari. Al riguardo occorre rilevare, sul piano delle fonti primarie, che il D.L. 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva ispirate alla dichiarata “necessità di provvedere all'adozione di misure idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico dello Stato” (v. preambolo del decreto, convertito nella L. 17 ottobre 2003, n. 280), ha fissato il generale principio in base al quale “I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” (art. 1, comma 2). In applicazione del predetto principio di autonomia dal legislatore statale è stata “riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive“ (art. 2, comma 1). Il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo già era stata affermata, seppure con specifico riferimento al reato speciale di frode in competizione sportiva, dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401 citata, la quale, applicando quel principio ai rapporti tra processo penale e procedimento disciplinare sportivo, aveva stabilito che “l'inizio del procedimento per i delitti previsti dall'articolo 1 non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo” e, con specifico riguardo a quest’ultimo, che “Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice” (art. 2, commi 2 e 3). In base ai riportati principi di autonomia degli ordinamenti statuale e sportivo, di cui quello fra ordinamento penale e disciplinare costituisce solo una specificazione anticipatoria del principio generale introdotto nel 2003, deve ritenersi la non applicabilità della prescrizione di cui all’art. 526 c.p.p., in materia di prove utilizzabili ai fini della deliberazione, a tenore del quale “il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento”. Come più volte affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, le regole della formazione e della rilevanza dei mezzi di prova tipiche del processo penale, ove entrano in gioco gli interessi fondamentali connessi alla persona umana non trovano immediata e diretta applicazione ai procedimenti amministrativi in genere e sportivi in specie. A tale ultimo riguardo deve convenirsi con l’affermazione di origine giurisprudenziale secondo cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle medesime, rigide garanzie del processo (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 giugno 2007 , n. 5645; id., 8 giugno 2007, n. 5280). In particolare, alla "giustizia sportiva", oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, si applicano, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione in contraddittorio della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Né, con ciò, possono ritenersi violati principi di “civiltà giuridica” attinenti al diritto di difesa, tra cui, anzitutto, quello del contraddittorio per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti del procedimento e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico – argomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale (tra le tante, cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 26 gennaio 2006 , n. 220; id., 30/6/2003, n. 3925). Nella specie, deve, quindi, condividersi quell’orientamento autorevole (seppur espresso in contesto diverso da quello qui in esame) secondo il quale i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine penale; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002 , n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). D’altra parte ed ancor più in generale va ricordato che nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole processuali tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina e alle tradizioni storiche di ciascun procedimento ( fra le tante Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. P. G. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)Massima: Nel procedimento sportivo possono essere utilizzati gli atti del processo penale a carico, tra gli altri dello stesso deferito, anche se non formatisi in dibattimento ma solo nella fase delle indagini preliminari. Al riguardo occorre rilevare, sul piano delle fonti primarie, che il D.L. 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva ispirate alla dichiarata “necessità di provvedere all'adozione di misure idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico dello Stato” (v. preambolo del decreto, convertito nella L. 17 ottobre 2003, n. 280), ha fissato il generale principio in base al quale “I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” (art. 1, comma 2). In applicazione del predetto principio di autonomia dal legislatore statale è stata “riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive“ (art. 2, comma 1). Il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo già era stata affermata, seppure con specifico riferimento al reato speciale di frode in competizione sportiva, dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401 citata, la quale, applicando quel principio ai rapporti tra processo penale e procedimento disciplinare sportivo, aveva stabilito che “l'inizio del procedimento per i delitti previsti dall'articolo 1 non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo” e, con specifico riguardo a quest’ultimo, che “Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice” (art. 2, commi 2 e 3). In base ai riportati principi di autonomia degli ordinamenti statuale e sportivo, di cui quello fra ordinamento penale e disciplinare costituisce solo una specificazione anticipatoria del principio generale introdotto nel 2003, deve ritenersi la non applicabilità della prescrizione di cui all’art. 526 c.p.p., in materia di prove utilizzabili ai fini della deliberazione, a tenore del quale “il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento”. Come più volte affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, le regole della formazione e della rilevanza dei mezzi di prova tipiche del processo penale, ove entrano in gioco gli interessi fondamentali connessi alla persona umana non trovano immediata e diretta applicazione ai procedimenti amministrativi in genere e sportivi in specie. A tale ultimo riguardo deve convenirsi con l’affermazione di origine giurisprudenziale secondo cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle medesime, rigide garanzie del processo (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 giugno 2007 , n. 5645; id., 8 giugno 2007, n. 5280). In particolare, alla "giustizia sportiva", oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, si applicano, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione in contraddittorio della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Né, con ciò, possono ritenersi violati principi di “civiltà giuridica” attinenti al diritto di difesa, tra cui, anzitutto, quello del contraddittorio per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti del procedimento e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico – argomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale (tra le tante, cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 26 gennaio 2006 , n. 220; id., 30/6/2003, n. 3925). Nella specie, deve, quindi, condividersi quell’orientamento autorevole (seppur espresso in contesto diverso da quello qui in esame) secondo il quale i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine penale; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002 , n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). D’altra parte ed ancor più in generale va ricordato che nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole processuali tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina e alle tradizioni storiche di ciascun procedimento ( fra le tante Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18).

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. F. Z. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Nel procedimento sportivo possono essere utilizzati gli atti del processo penale a carico, tra gli altri dello stesso deferito, anche se non formatisi in dibattimento ma solo nella fase delle indagini preliminari. Al riguardo occorre rilevare, sul piano delle fonti primarie, che il D.L. 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva ispirate alla dichiarata “necessità di provvedere all'adozione di misure idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico dello Stato” (v. preambolo del decreto, convertito nella L. 17 ottobre 2003, n. 280), ha fissato il generale principio in base al quale “I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” (art. 1, comma 2). In applicazione del predetto principio di autonomia dal legislatore statale è stata “riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive“ (art. 2, comma 1). Il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo già era stata affermata, seppure con specifico riferimento al reato speciale di frode in competizione sportiva, dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401 citata, la quale, applicando quel principio ai rapporti tra processo penale e procedimento disciplinare sportivo, aveva stabilito che “l'inizio del procedimento per i delitti previsti dall'articolo 1 non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo” e, con specifico riguardo a quest’ultimo, che “Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice” (art. 2, commi 2 e 3). In base ai riportati principi di autonomia degli ordinamenti statuale e sportivo, di cui quello fra ordinamento penale e disciplinare costituisce solo una specificazione anticipatoria del principio generale introdotto nel 2003, deve ritenersi la non applicabilità della prescrizione di cui all’art. 526 c.p.p., in materia di prove utilizzabili ai fini della deliberazione, a tenore del quale “il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento”. Come più volte affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, le regole della formazione e della rilevanza dei mezzi di prova tipiche del processo penale, ove entrano in gioco gli interessi fondamentali connessi alla persona umana non trovano immediata e diretta applicazione ai procedimenti amministrativi in genere e sportivi in specie. A tale ultimo riguardo deve convenirsi con l’affermazione di origine giurisprudenziale secondo cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle medesime, rigide garanzie del processo (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 giugno 2007 , n. 5645; id., 8 giugno 2007, n. 5280). In particolare, alla "giustizia sportiva", oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, si applicano, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione in contraddittorio della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Né, con ciò, possono ritenersi violati principi di “civiltà giuridica” attinenti al diritto di difesa, tra cui, anzitutto, quello del contraddittorio per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti del procedimento e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico – argomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale (tra le tante, cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 26 gennaio 2006 , n. 220; id., 30/6/2003, n. 3925). Nella specie, deve, quindi, condividersi quell’orientamento autorevole (seppur espresso in contesto diverso da quello qui in esame) secondo il quale i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine penale; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002 , n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). D’altra parte ed ancor più in generale va ricordato che nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole processuali tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina e alle tradizioni storiche di ciascun procedimento ( fra le tante Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18).

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 21/CGF Riunione del 11 settembre 2008 n. 1- 2- 3 – 4 -5 – 6 – 7 – 8 – 9 – 10 -  con motivazione sul Comunicato Ufficiale n. 53/CGF Riunione del 27 ottobre 2008  n. 1- 2- 3 – 4 -5 – 6 – 7 – 8 – 9 – 10 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 13/CDN del 6.8.2008

Impugnazione - istanza: Ricorso del sig. D.A. avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 2) Ricorso del sig. C.S. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S.. 3) Ricorso del sig. A.M. avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 4) Ricorso del sig. B.P. avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 5) Ricorso del sig. G.M. avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 6) Ricorso del sig. D.S.M. avverso la sanzione della squalifica per mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 7) Ricorso del sig. R.S.avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 8) Ricorso del sig. F.M. (già dirigente F.C. Messina Peloro S.r.l.)avverso la sanzione dell’inibizione per anni 4 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 9) Ricorso del sig. T.P. avverso la sanzione della squalifica per anni 1 e mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. 10) Ricorso del sig. M.L. (all’epoca dei fatti tesserato Juventus F.C. S.p.A.) avverso la sanzione dell’inibizione per anni 1 e mesi 2 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S.

Massima: Con riguardo alla utilizzabilità degli atti dell’indagine penale, si osserva come appaiono compiutamente esaustive le motivazioni formulate dalla Commissione Disciplinare Nazionale. Trattasi, infatti, di documentazione trasmessa dall’Autorità Giudiziaria e relativa ad attività investigativa ed ad operazioni tecniche di P.G. effettuate nella fase delle indagini preliminari e la cui utilizzabilità è per costante giurisprudenza della Giustizia Sportiva conclamata. Non inficia, poi, in questa sede quale sia stato successivamente il capo d’incolpazione avendo acquisito gli elementi nel pieno rispetto della normativa vigente.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 54/CDN del 15 maggio 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: - Deferimento del Procuratore Federale a carico di: E.P. (legale rappresentante e attuale socio di riferimento della società Genoa Cricket And Football Club SpA), A.L. D’O. (già presidente del consiglio d’amministrazione Calcio Como SpA) e M. D’A. (già amministratore unico Calcio Como SpA) per violazione art. 1 comma 1 CGS e della società Genoa Cricket And Football Club SpA per violazione art. 2 comma 4 CGS (nota n. 603/232pf/sp/ma del 24.11.2006)

Massima: Non è fondata l’eccezione della difesa secondo cui la consulenza del perito del PM in sede penale, non sarebbe utilizzabile, poiché egli sarebbe indagato dai PM per truffa ai danni dello Stato. Non vi è, infatti, prova alcuna, (né lo afferma la difesa stessa), che la consulenza de qua sia stata redatta in maniera truffaldina, e che il perito sia stato indagato dai PM proprio per aver redatto artificiosamente detta perizia.

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