Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 240/CGF del 21 Marzo 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 327/CGF del 17 Giugno 2014  su  www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello A.I.A. n. 29  del 9.12.2013

Impugnazione – istanza:  1. RICORSO A.F.Q. SIG. B.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLA  SOSPENSIONE PER MESI 13 DAL 6.9.2013 AL 5.10.2014 INFLITTA AL RECLAMANTE  DALLA COMMISSIONE DISCIPLINA D’APPELLO PRESSO L’A.I.A. SEGUITO  DEFERIMENTO DELLA PROCURA ARBITRALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 40 N.  3 LETT. A) DEL REGOLAMENTO A.I.A. E DEL COMBINATO DISPOSTO DI CUI AGLI  ARTT. 23 N. 7 REGOLAMENTO A.I.A. E 43 N. 5 DELLE NORME DI FUNZIONAMENTO  DEGLI ORGANI TECNICI

Massima: E’ inammissibile il ricorso per revocazione ex art. 39 C.G.S. avverso la decisione della Commissione di Disciplina d’Appello A.I.A. Come infatti già rilevato da questa Corte (cfr. decisione in data 10.10.2011 – Com. Uff. n.  78/C.G.F. – Com. Uff. n. 104/C.G.F.) in proprio specifico precedente, cui per brevità viene fatto  rinvio, nell’ipotesi in cui si verta di questioni che rientrano nella potestà disciplinare domestica  dell’A.I.A., non può essere esperito il rimedio previsto dall’art. 39 C.G.S..  Al riguardo infatti non si verte in materia rientrante nella competenza degli Organi di  Giustizia Sportiva ed esiste specifico rimedio nell’ambito delle norme di disciplina dell’A.I.A..  Le contestazioni cui è stato assoggettato il – omissis - hanno natura disciplinare senza alcuna  violazione di norme federali, con la conseguenza di una potestà disciplinare domestica dell’A.I.A.  stessa.  Ferma questa premessa non può poi non rilevarsi che, in concreto, sotto altro profilo, il  rimedio si appaleserebbe inammissibile.  Così come più volte statuito (cfr. da ultimo C. di S., A.P. n. 5/2014) “…La giurisprudenza del  Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione, invero, hanno pressoché univocamente  individuato le caratteristiche dell'errore di fatto revocatorio, che, ai sensi rispettivamente  dell'art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ora dell'art. 106 c.p.a., e dell'art. 395, comma 4, c.p.c., può  consentire di rimettere in discussione il contenuto di una sentenza, e ciò per evitare che il distorto utilizzo di tale  rimedio straordinario dia luogo ad un inammissibile ulteriore grado di giudizio di merito, non previsto e non  ammesso dall'ordinamento.  E' stato, infatti, più volte ribadito che l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda  di revocazione ai sensi delle citate disposizioni normative deve essere caratterizzato: a) dal  derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale  degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di  un falso presupposto di fatto, facendo ciò ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero  inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall'attenere ad un punto non controverso e  sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall'essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di  causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (Cons. St., A.P., n. 1 del 2013 e  n. 2 del 2010; sez. III, r ottobre 2012, n. 5162; 24 maggio 2012, n. 3053; sez. IV, 24 gennaio  2011, n. 503, 23 settembre 2008, n. 4607; 16 settembre 2008, n. 4361; 20 luglio 2007, n. 4097; e  meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814; 25 luglio 2003, n. 4246; 21 giugno 2001, n.  3327; 15 luglio 1999 n. 1243; C.G.A., 29 dicembre 2000 n. 530; sez. febbraio 2009, n, 708; 17  dicembre 2048, n. 6279; GG.A., 29 dicembre 2000, n. 530; Cass. Civ., sez. I, 24 luglio 2012,  n. 12962; 5 marzo 2012, n. 3379; sez. III, 27 gennaio 2012, n. 1197); l'errore deve inoltre  apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni  induttive o indagini ermeneutiche (C.d.S., sez. VI 25 maggio 2012, n. 2781; 5 marzo 2012, n. 1235)  L'errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l'errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l'una emergente dalla sentenza e l'altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l'attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l'ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (Cons. St., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1 dicembre 2010, n. 8385). Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e dì valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento), esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento, Cons. St., sez. ottobre 2012, n. 5212; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1725; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 15 maggio 2012, n. 2781; 16 settembre 2011, n. 5162; Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836; sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488). Inoltre, l'articolo 395 n. 4 c.p.c. prevede che sussiste errore di fatto se "il fatto non costituisce un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare"…”. Ebbene la Commissione disciplinare di appello ha espressamente deciso, “…avuto presente che l’appello è stato prodotto nei termini previsti dal vigente Regolamento A.I.A…” (cfr. pag. 1) e che “…in virtù della tempestività dell’appello della Procura Arbitrale…” (cfr. pag. 2) sui punti dedotti con il presente rimedio, trattando quindi espressamente della questione; così come ha statuito sulla tardività delle memorie dell’appellato “…in considerazione del mancato rispetto del termine di 15 giorni previsto dalle norme di disciplina, che decorre dall’avvenuta ricezione della comunicazione del provvedimento oggetto del presente giudizio…” (cfr. pag. 1). Conseguenzialmente l’istanza di revocazione è inammissibile vertendo su punti già esaminati dalla Commissione Disciplinare di Appello.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del  01 aprile 2010 –  www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale della FIGC pubblicata sul C.U. 200/CGF del  19.03.2010 e sul sito www.figc.it

Parti: Potenza  Sport  Club  s.r.l. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il procedimento di revocazione,  coinvolge esclusivamente gli originari deferiti  a nulla rilevando  la circostanza che  i  fatti  che giustificano  il  riesame della  pronuncia  coinvolgano  anche  altro  tesserato;  il  quale,  essendo  terzo rispetto  al  giudizio  davanti  alla  Commissione  Disciplinare  Nazionale  e,  a fortiori, davanti alla Corte di Giustizia Federale, non subisce alcun pregiudizio dall’esito del procedimento in corso.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 01 aprile 2010 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale della FIGC pubblicata sul C.U. 200/CGF del  19.03.2010 e sul sito www.figc.it

Parti: POTENZA SPORT CLUB Srl/ FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (2) Il procedimento di revocazione, infatti, coinvolge esclusivamente gli originari deferiti a nulla rilevando la circostanza che i fatti che giustificano il riesame della pronuncia coinvolgano anche altro tesserato; il quale, essendo terzo rispetto al giudizio davanti alla Commissione Disciplinare Nazionale e, a fortiori, davanti alla Corte di Giustizia Federale, non subisce alcun pregiudizio dall’esito del procedimento in corso.

 

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 17/CGF del 04 Agosto 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 115/CGF del 19 Gennaio 2010  www.figc.it

Decisone impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 331 del 25.2.2000 - Delibera della Commissione d’Appello Federale – Com. Uff. n. 30/C del 6.4.2000

Impugnazione - istanza:1) Reclamo per revisione ex art. 39, comma 2 C.G.S. del calciatore P. A. avverso la sanzione della squalifica per anni 2 inflittagli a seguito di deferimento della Procura Antidoping del C.O.N.I.

Massima: Ai sensi dell’ art. 37 comma 7 C.G.S., la procedura d’urgenza può essere richiesta esclusivamente avverso le decisioni dei Giudici Sportivi Nazionali. Si tratta di una particolare procedura che, inserendosi nel corso di un giudizio, garantisce la possibilità immediata di impugnare un provvedimento, in via ordinaria. Le parti possono, così, ottenere in termini ristretti la decisione della Corte, chiamata ad intervenire come giudice di ultima istanza rispetto alle pronunce dei Giudici Sportivi Nazionali. Nel caso di specie, la Corte è chiamata ad intervenire in una veste diversa, ovvero quella di giudice di impugnazione straordinaria. La revisione, infatti, esperibile soltanto contro le decisioni “irrevocabili” ai sensi dell’ art. 39 comma 2 C.G.S., costituisce un mezzo di impugnazione straordinario. Come conseguenza, non ricorrono gli estremi per l’applicazione della procedura d’urgenza.

 

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