Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Terza: Decisione n. 117 del 23/12/2021

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello FIGC n. 060/CFA del 6 marzo 2020, notificata in pari data, con la quale è stata confermata, in capo al ricorrente, la sanzione della inibizione di quattro mesi, irrogata dal Tribunale Federale Nazionale -Sezione Disciplinare FIGC, con la decisione n. 99/TFN-SD del 30 gennaio u.s., per la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, di cui all'art. 4, comma 1, CGS, in relazione agli artt. 31, comma 1, CGS e 80 NOIF

Impugnazione Istanza: C. M./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: L’art. 54 CGS CONI stabilisce, infatti, che non possono essere proposte al Collegio di Garanzia decisioni che abbiano determinato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni, e pecuniarie fino a 10.000 euro. Con le decisioni n. 6/2016 e n. 2/2018, questo Collegio ha già avuto modo di chiarire che tale disposizione istituisce un ‘filtro’ all’accesso al Supremo Organo della Giustizia Sportiva, investendolo del controllo delle decisioni assunte dagli organi di giustizia endofederali esclusivamente quando riguardino questioni caratterizzate da «gravità». Ma la gravità – precisano le menzionate pronunce – deve essere valutata con riguardo ai procedimenti disciplinari, cioè alle eventuali condotte censurabili, astrattamente idonee a motivare sanzioni ben superiori alla soglia minima prevista dagli artt. 12 bis e 54 CGS CONI. Nella vicenda che ha coinvolto l’avv. M., invece, la controversia non ha mai riguardato la gravità delle condotte sanzionate: come si trae anche dalla memoria del 5 febbraio 2021 dello stesso ricorrente, la gravità della controversia è stata ricondotta alla violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio asseritamente subita nel corso giudizio di primo grado. Ne consegue che la controversia non presenta alcun elemento di ‘gravità’ che la renda meritevole di essere sottoposta all’esame di questo Collegio. Per queste ragioni, e anche considerato che la decisione impugnata ha confermato, a carico dell’avv. M., la sanzione dell’inibizione soltanto di due mesi, ai sensi dell’art. 54 CGS CONI il ricorso n. 63/2021 è inammissibile.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite :  Decisione n. 16/2020 del

13 marzo 2020

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale di Appello FIGC del 21 ottobre 2019, comunicata a mezzo PEC in data 25 ottobre (n. 35/2019 Registro Reclami - n. 0014/2019 Registro Decisioni, nell’ambito del Procedimento n. 1136 pf 18-19 GP/GT/ag, iscritto nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 18 aprile 2019, la cui azione disciplinare veniva esercitata dal Procuratore Federale della FIGC con atto di deferimento datato 7 agosto 2019), con la quale è stato respinto il reclamo proposto dal Procuratore Federale FIGC avverso la decisione del TFN FIGC n. 4/TFN 2019/2020 del 6-13 settembre 2019, di cui al C.U. n. 2/TFN pubblicato in pari data, e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado.

Parti: Procura Generale dello Sport presso il CONI/Procura Federale FIGC/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Piacenza Calcio 1919 srl

Massima: Il Collegio di Garanzia non è competente a decidere in merito al ricorso proposto dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI avverso la decisione della Corte Federale di Appello che confermava il proscioglimento già pronunciato in primo grado dal Tribunale. Il ricorso soffre di un insanabile e, dunque, assorbente profilo di inammissibilità; di cui nondimeno è la stessa ricorrente ad avvedersi allorquando fa un cenno all’orientamento di questo Collegio di Garanzia riguardo alla intervenuta pronuncia di una doppia decisione conforme da parte dei giudici dei due gradi del giudizio di merito. Le Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia sono chiamate, ancora una volta, a pronunciare sulla fattispecie alla luce del quadro sistematico delle disposizioni sull’accesso al Collegio, in disparte ogni prospettata interpretazione evolutiva o “de iure condendo”. Ebbene, partendo dal doveroso esame normativo, è necessario considerare la dizione dell’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva, per cui è ammesso ricorso al Collegio di Garanzia, “avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”. Tale formulazione è “sopravvissuta” alle diverse novelle del Codice della Giustizia Sportiva, come approvato dal Consiglio Nazionale del 15 luglio 2014, n. 1518 (i.e. deliberazioni n. 1532 del 10 febbraio 2015 - con successiva approvazione della Presidenza Consiglio dei Ministri il 3 aprile 2015; e n. 1538 del Consiglio Nazionale del CONI del 9 novembre 2015 - cui ha fatto seguito l’approvazione, con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del 16 dicembre 2015 - recante la disciplina ad oggi vigente). La disposizione in parola, come del resto l’omologa disposizione dell’art 12 bis dello Statuto del CONI, è stata in più occasioni oggetto di delibazione da parte del Collegio, sia dal punto di vista dalla delimitazione dell’ambito di competenza, sia da quello concernente la definizione dei limiti del sindacato di legittimità. Con decisione a Sezioni Unite del 18 gennaio 2016, n. 3, si è affrontato il tema relativo alla competenza o meno del Collegio allorché fosse stata irrogata una sanzione superiore ai minimi edittali di cui all’art. 54 (e all’equivalente art. 12 bis dello Statuto del CONI), successivamente ridotta al di sotto dei limiti in grado di appello. Sul punto, queste Sezioni Unite hanno chiarito che la possibilità di proporre ricorso non è legata al solo esito del giudizio di secondo grado, giacché la ratio della norma è quella di evitare che il Collegio di Garanzia si occupi di controversie c.d. bagatellari, consentendo il giudizio di legittimità solo allorché la controversia abbia il connotato della gravità e, in ambito endofederale, sia stata irrogata una sanzione superiore a novanta giorni (in tal senso, si è dunque affermato: “Non può essere, in altri termini, l’esito del solo giudizio di secondo grado a radicare o meno la competenza del Collegio di Garanzia: se così fosse, il sistema avrebbe introdotto una regola di non ricorribilità delle decisioni favorevoli all’incolpato, che ben esplicitamente, e non in via interpretativa, dovrebbe essere stabilita dalle norme e di cui invece non vi è traccia”). Siffatto orientamento è stato evidentemente ribadito dalla giurisprudenza di questo Collegio, tanto a Sezioni Unite (decisioni 10 febbraio 2016, n. 6, e 27 luglio 2016, n. 29), quanto a Sezioni semplici (Quarta Sezione, decisione 5 luglio 2017, n. 49; Seconda Sezione, decisione 4 gennaio 2017, n. 2; Seconda Sezione, decisione 10 giugno 2016, n. 25; Quarta Sezione, decisione 6 agosto 2019, n. 68). Si noti che tale principio opera sia nell’ipotesi in cui in secondo grado sia stata ridotta la sanzione sotto il minimo, sia in quella in cui vi sia stata una decisione di proscioglimento dell’incolpato. Questione parzialmente differente è quella della c.d. “doppia conforme”. Anch’essa oggetto dell’opera ermeneutica del Collegio di Garanzia a Sezioni Unite, a seguito della rimessione della questione da parte della Quarta Sezione: “Ai fini della delimitazione della competenza del Collegio di Garanzia dello Sport in controversie concluse in entrambi i gradi del giudizio endofederale con decisioni di proscioglimento, deve essere rimessa alle Sezioni Unite del medesimo Collegio la questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 54 CGS, in quanto detta disposizione, nella sua formulazione letterale, sembra escludere la competenza del Collegio di Garanzia dello Sport nei casi di doppia decisione conforme di tipo assolutorio, laddove cioè non sia stata applicata alcuna sanzione in entrambi i gradi del giudizio endofederale” (decisione 11 aprile 2016, n. 17). Ebbene, le Sezioni Unite (27 luglio 2016, n. 29) hanno così affermato il principio della non ricorribilità  innanzi  al  Collegio  di Garanzia  per  le  controversie  in  cui  in  nessuna  delle fasi endofederali sia intervenuta sentenza di condanna ad una sanzione superiore ai minimi stabiliti dall’art. 54 del Codice (“Nel caso di specie il lavoro dell’interprete, peraltro, non è sufficiente, attesa la connotazione delle decisioni della Giustizia Federale di primo e di secondo grado che, entrambe, non hanno comminato alcuna sanzione. Pertanto, il Collegio deve ritenere che si ricada in uno dei casi sottratti ex art. 54 CGS, giacché in nessuna delle fasi endofederali era intervenuta una sentenza che avesse comportato una sanzione superiore a novanta giorni”). È stato già in quella occasione che il Collegio ha posto in evidenza “la infelice formulazione del più volte citato art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva (ed anche dell’art. 12 dello Statuto CONI), che limita la possibilità di censura delle decisioni dei Giudici Federali”, atteso che “tale limitazione, dovendo seguire con rigore la lettera della normativa, non appare in sintonia con i principi generali dettati in ordine alla tutela della situazione giuridica soggettiva dei soggetti operanti nell’ambito sportivo e con norme anche di rango costituzionale”. Proprio in base alla ricerca di criteri interpretativi di armonizzazione del sistema in vigore, la successiva e più recente evoluzione interpretativa del Collegio ha precisato siffatta preclusione, sempre con riguardo alla doppia assoluzione endofederale. Le Sezioni Unite (decisione 10 gennaio 2018, n. 2) hanno fornito indicazioni sia sul parametro della “gravità” della controversia, sia sui limiti dello scrutinio del Collegio in caso di doppia decisione conforme di assoluzione. È stato, in particolare, affermato che “Il criterio di selezione riposa (…) non tanto sulla misura delle sanzioni effettivamente irrogate in sede federale, quanto sulla gravità delle controversie, la quale dipende dalla gravità delle condotte censurate e, conseguentemente, dalla misura delle sanzioni previste per quelle violazioni. Alla luce di tali considerazioni, quando la doppia assoluzione in sede endofederale dipenda dall’accoglimento di motivi strettamente procedurali e, dunque, non vi sia stato uno scrutinio di merito circa la gravità dei fatti contestati, non sussiste alcuna preclusione allo scrutinio del Collegio di Garanzia dello Sport, in ordine alla verifica della legittimità della decisione degli organi endofederali”. Ad avviso del Collegio, escludere l’ammissibilità del ricorso anche nei casi in cui siano state ravvisate condotte gravemente censurabili, astrattamente idonee a motivare sanzioni ben superiori alla soglia minima prevista dagli artt. 12 bis e 54 citt., significherebbe sostenere tout court la non ricorribilità di qualunque decisione di assoluzione, indipendentemente dai fatti contestati ed indipendentemente dal fatto che vi sia stata  o meno un’indagine sulla configurabilità delle violazioni ravvisate e sulla gravità di esse. Tale preclusione potrebbe sottrarre alla cognizione del Collegio di Garanzia - senza alcuna giustificazione logica - controversie aventi ad oggetto anche fatti oggettivamente gravi e idonei a suscitare una sanzione notevolmente superiore a quella minima stabilita dagli artt. 12 bis e 54 citt. In applicazione di tali principi, le Sezioni Unite hanno, quindi, reputato che non vi sia preclusione per il Collegio ad esaminare il ricorso nel caso di c.d. doppia conforme, ma solo “a patto” che non vi sia stato uno scrutinio nel merito in sede di giustizia federale (così in quella sede: “Nel caso di specie, occorre considerare che la doppia assoluzione in sede endofederale è dipesa dall’accoglimento di motivi strettamente procedurali; con la conseguenza che lo scrutinio circa la sussistenza e la gravità dei fatti contestati non ha mai avuto luogo. Infatti, nè il Tribunale Federale né la Corte d’Appello Federale sono entrati nel merito delle contestazioni disciplinari, arrestandosi alla declaratoria di inammissibilità dell’azione disciplinare”). Anche in quell’occasione questo Collegio di Garanzia ha reputato opportuno porre nuovamente in evidenza quanto già osservato con la citata decisione n. 29/2016 in merito alla infelice formulazione letterale delle disposizioni dettate dagli art. 12 bis dello Statuto CONI e 54 del CGS CONI, le quali possono suscitare il dubbio che il ricorso al Collegio di Garanzia non sia mai consentito avverso decisioni dei Giudici Federali che non abbiano comportato l’irrogazione di alcuna sanzione, a prescindere dalla gravità delle condotte censurate e a prescindere dall’avvenuto scrutinio nel merito in sede di giustizia federale; auspicandosi, in tal guisa, un intervento chiarificatore da parte dei competenti organi del CONI.  Ebbene, venendo all’odierno ricorso, lo stesso, come anticipato, non può che essere dichiarato inammissibile, atteso che, allo stato attuale, l’art. 54 CGS CONI, al netto della testé citata giurisprudenza, non consente al Collegio - che pur rinnova in questa sede il monito contenuto nelle decisioni nn. 29/2016 e 2/2018 - di delibare una decisione non altrimenti impugnabile in ambito endofederale in cui sia il Tribunale Federale che la Corte d’Appello Federale sono entrati come nella fattispecie - nel merito delle contestazioni disciplinari, non limitandosi ad una pronuncia in rito. Per superare la preclusione, in casi come quello in esame, il Collegio dovrebbe contestare e ribaltare “funditus” l’apprezzamento dei fatti e la riconducibilità di essi a ipotesi sanzionabili, al contrario di quanto deciso dal giudice di primo e secondo grado endofederale. Si tratterebbe, oltre alla preclusione formale ex art. 54, comma 1, CGS CONI, di giudicare nel merito anziché sulla sola legittimità dei vari profili implicati nella controversia; il che, come ben noto, il Collegio di Garanzia non può fare. Né può seguirsi l’abile prospettazione della Procura Generale, secondo cui la Corte federale avrebbe deciso sulla base di una “motivazione apparente”, e cioè carente, e dunque sindacabile in questa sede. Le censure dedotte mostrano, infatti, che viene lamentata la sostanza dell’accertamento di merito, rimproverando il giudice di appello di avere pienamente condiviso la motivazione del TFN, il che la CFA poteva fare, appropriandosi della valutazione dei fatti e delle responsabilità e confermandoli dopo averli di nuovo esaminati.  Deriva da quanto suesposto l’inammissibilità del ricorso.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite :  Decisione n. 71/2019 del 6 settembre 2019

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale di Appello della FIGC, pubblicata, nel dispositivo, con C.U. n. 108/CFA del 29 maggio 2019, e, completa di motivazioni, con C.U. n. 122/CFA del 18 giugno 2019, con la quale, nel riformare la decisione di primo grado endofederale - che aveva irrogato, in capo alla società U.S. Città di Palermo S.p.A., la sanzione della penalizzazione all’ultimo posto della classifica di Serie B per la stagione 2018/2019, con conseguente retrocessione in Serie C per la stagione 2019/2020 - è stata irrogata nei confronti della medesima U.S. Città di Palermo S.p.A. una penalizzazione di 20 punti, con conseguente diritto alla permanenza in Serie B per la stagione 2019/2020; per l’annullamento della classifica finale del campionato di calcio di Serie B per la stagione 2018/2019, pubblicata dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie B con C.U. n. 169 del 30 maggio 2019, in cui il Foggia Calcio s.r.l. è stato collocato al terz’ultimo posto, con 37 punti e con una penalizzazione di 6 punti, con conseguente retrocessione in Serie C per la stagione 2019/2020, mentre l’U.S. Città di Palermo S.p.A. è stata collocata in undicesima posizione, con punti 43, e l’Unione Sportiva Salernitana 1919, all’esito dei play out del 5 e del 9 giugno 2019, è stata collocata in quint’ultima posizione, con punti 38, con conseguente diritto alla permanenza in Serie B per la stagione 2019/2020; per l’annullamento di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali; nonché per l’accertamento del diritto della società ricorrente all’ammissione al Campionato di calcio di Serie B per la stagione sportiva 2019/2020 e al conseguente diritto al risarcimento di tutti i danni subiti per l’illegittima esclusione del Foggia Calcio s.r.l. per la stagione sportiva 2019/2020 del Campionato di calcio di Serie B; Decisione della Corte Federale d'Appello - Sezioni Unite della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 122/CFA, depositata il 18 giugno 2019 e notificata a mezzo pec al ricorrente il successivo 20 giugno, con la quale, in parziale accoglimento del gravame proposto dal medesimo ricorrente ed in parziale riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale FIGC - Sez. Disciplinare, di cui al C.U. n. 63/TFN del 13 maggio u.s., è stata irrogata, a carico dello stesso ricorrente, la sanzione della inibizione di un anno, in luogo della sanzione della inibizione di due anni, irrogata dal giudice di prime cure endofederale; Decisione della Corte Federale d'Appello - Sezioni Unite della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 122/CFA, depositata in data 18 giugno 2019, che, in parziale accoglimento del gravame presentato dal Palermo e in parziale riforma della decisione impugnata, ha rideterminato, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 3, e 16 CGS, la misura sanzionatoria a carico della società ricorrente in punti 20 di penalizzazione in classifica, da scontarsi nella s.s. 2018/2019, oltre all'ammenda di € 500.000,00, in luogo della sanzione della retrocessione all'ultimo posto in classifica per il Campionato di Serie B 2018/2019, irrogata dal Tribunale Federale Nazionale FIGC con decisione di cui al C.U. n. 63/TFN del 13 maggio u.s..

Parti: Foggia Calcio s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie B/Unione Sportiva Salernitana 1919 s.r.l./U.S. Città di Palermo S.p.A. - Federazione Italiana Giuoco Calcio/G.G. - U.S. Città di Palermo S.p.A. /Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il Collegio di Garanzia è competente a decidere le suddette controversie secondo le regole del rito ordinario …le Sezioni Unite ritengono che la situazione giuridica oggetto del ricorso in esame non possa farsi rientrare fra quelle che sono ora disciplinate dall’art. 1, comma 647, della legge n. 145 del 2018, come ha già sostenuto il Presidente del Collegio con decreto cautelare monocratico, in data 9 luglio 2019. L’art. 1, comma 647, della legge n. 145 del 2018, ha aggiunto all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, i seguenti periodi: «Sono in ogni caso riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche. Per le stesse controversie resta esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del CONI e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del presente decreto decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili ai sensi del precedente periodo, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato. Con lo spirare di tale termine il ricorso all'organo di giustizia sportiva si ha per respinto, l'eventuale decisione sopravvenuta di detto organo è priva di effetto e i soggetti interessati possono proporre, nei successivi trenta giorni, ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio». Tale norma ha sostanzialmente ripetuto i contenuti di una disposizione contenuta nel d.l. n. 115 del 2018 non convertito in legge. Come ha ricordato la Sezione Consultiva di questo Collegio di Garanzia, con il parere n. 3 del 2019, la legge finanziaria per il 2019, con riferimento alle controversie che hanno ad oggetto i provvedimenti di ammissione o di esclusione delle società e delle associazioni sportive professionistiche ai campionati, “ha ribadito l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo (individuato funzionalmente nel TAR del Lazio) già prevista dalla legge n. 280/2003. Inoltre, le citate norme della finanziaria del 2019, al fine di dare un corretto bilanciamento del rapporto tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo e,  pertanto,  di salvaguardare l’autonomia che è alla base del fenomeno sportivo, hanno previsto la c.d. “sopravvivenza”, rispetto all’eventuale decisione del Giudice Amministrativo, di un eventuale precedente giudizio sportivo ove tale giudizio, appositamente disciplinato dallo Statuto e dai regolamenti del CONI, risponda ad alcune condizioni (unicità di grado, decisione nel merito, definitività entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato). Inoltre, al fine di rendere compatibile lo svolgimento dell’eventuale fase giurisdizionale con il regolare andamento dei campionati, la finanziaria del 2019 ha previsto che il giudizio amministrativo debba svolgersi con rito abbreviato e che la nuova disciplina si applichi anche alle controversie in corso”. In applicazione di tale disposizione, il CONI, con delibera del Consiglio Nazionale del 26 ottobre 2018, ha modificato l’art. 12 bis del suo Statuto che, al comma 4 bis, prevede l’istituzione, nell’ambito del Collegio di Garanzia dello Sport, della “Sezione sulle controversie in tema di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, di cui al successivo articolo 12 ter, allo scopo di garantire il regolare e corretto svolgimento delle stesse”. L’art. 12 ter, al comma 2, ha quindi precisato che “Alla Sezione è demandata in via esclusiva la cognizione delle controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o  associazioni  sportive  professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”. Con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1629 del 26 febbraio 2019, il CONI ha poi approvato il Regolamento di organizzazione e funzionamento della Sezione del Collegio di Garanzia dello Sport sulle controversie in tema di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche.

Secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 2, dell’allegato A del Regolamento, il giudizio è proponibile a tale Sezione avverso:

“a) il provvedimento emesso dal Consiglio federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio in tema di iscrizione delle società ai campionati nazionali professionistici di calcio;

b) il provvedimento emesso dal Consiglio federale della Federazione Italiana Pallacanestro in tema di iscrizione delle società ai campionati nazionali professionistici di pallacanestro;

c) i provvedimenti emessi dal Consiglio Federale sulla domanda di integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di calcio e di pallacanestro (c.d. ripescaggio);

d) i provvedimenti emessi dal Presidente o dal Consiglio Federale recanti la fissazione dei criteri e delle procedure preordinate all’integrazione degli organici dei Campionati Professionistici di calcio e di pallacanestro”.

Il CONI ha, infine, costituito la nuova Sezione del Collegio di Garanzia dello Sport per l’esame, in unico grado, delle controversie riguardanti l’ammissione o l’esclusione dei campionati.

Secondo le indicate disposizioni, a tale nuovo organo della Giustizia sportiva è, pertanto, possibile rivolgersi, con il nuovo speciale rito processuale, per le sole “controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”.

Ciò precisato, la Sezione deve osservare che il ricorso in esame non ha per oggetto questioni che riguardano l’ammissione o l’esclusione dai campionati, che sono (ora) di competenza dell’apposita Sezione del Collegio di Garanzia, ma ha per oggetto una decisione emessa dalla Corte Federale d’Appello in un giudizio di natura disciplinare riguardante la società Palermo Calcio. In particolare, come sarà poi ampiamente chiarito con riferimento ai principi che regolano la partecipazione ai giudizi di natura disciplinare, non si può ritenere che il Foggia possa reputarsi legittimato ad impugnare tale decisione davanti alla speciale Sezione del Collegio di Garanzia, perché “comunque incidente sulla sua partecipazione a competizioni professionistiche”, in quanto la vicenda disciplinare che ha riguardato il Palermo è del tutto autonoma rispetto alle vicende riguardanti l’ammissione e l’esclusione dai campionati del Foggia e non incide sulla retrocessione alla serie inferiore dello stesso Foggia (e quindi sulla sua partecipazione a competizioni professionistiche), che è stata determinata, come ha evidenziato nella sua memoria la FIGC, dalla posizione rivestita in classifica al termine della stagione 2018/2019. Né si può sostenere che la legittimazione processuale (ad agire secondo il nuovo rito) nasca dalla circostanza che la posizione in classifica del Foggia avrebbe potuto essere diversa se il Palermo, per motivi disciplinari, fosse stato collocato all’ultimo posto in classifica al termine della stagione 2018/2019 poiché, in ogni caso, il Foggia è soggetto estraneo nella vicenda riguardante il Palermo e, quindi, incapace di incidere sulle decisioni che riguardano lo stesso Palermo. Per il principio di effettività della tutela, e in considerazione dei principi sulla conversione della domanda processuale, il ricorso può, peraltro, considerarsi proposto secondo le regole del rito ordinario che è disciplinato dagli articoli 54 e seguenti del CGS del CONI, con la conseguente conversione del rito processuale.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite: Decisione n. 08 del 08/02/2018 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello FIGC, Sezioni Unite, di cui al C.U. n. 056/CFA dell’8 novembre 2017, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione e revisione, ex art. 39 CGS FIGC, presentato dallo stesso ricorrente avverso la decisione della CFA/FIGC, di cui al C.U. n. 21/CFA del 9 settembre 2015, che, ritenuto il sig. M. responsabile della violazione dell'art. 7, commi 1, 2 e 7, CGS FIGC, ha irrogato, a carico del medesimo, la sanzione dell'inibizione per anni 4 e mesi 6 e dell'ammenda nella misura di € 80,000.00, nonché per l’annullamento di ogni atto presupposto, precedente, contestuale, successivo o comunque connesso

Parti: F. M./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: E’ inammissibile ed infondato il ricorso al Collegio di Garanzia avverso la delibera che della Corte Federale che ha dichiarato inammissibile il ricorso qualificato per revocazione/revisione, presentato dal ricorrente. La disposizione invocata dal ricorrente a base del ricorso è quella dell’art. 39 del Codice di Giustizia Sportiva della Federazione. Tale norma consente l’impugnativa per argomenti ben diversi: da un lato, “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione, è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia” e, dall’altro, “se, dopo la decisione di condanna, sopravvengono o si scoprono nuove prove …”. Trattasi quindi di ipotesi assolutamente distinte. Ne consegue che non può proporsi un ricorso richiedendo con il medesimo atto l’accoglimento, in alternativa, dell’una o dell’altra ipotesi di impugnazione. Inevitabile, quindi, in questo caso la pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto. Comunque, per quanto concerne l’assunto secondo il quale sarebbero state acquisite al giudizio nuove prove che giustificherebbero un diverso orientamento da parte del Giudice endofederale, è evidente la sua infondatezza. Ed invero, dal momento che, come specificato nel deferimento, “tutte le suddette fonti e risultanze probatorie [quelle relative all’attività d’indagine esperita dalla Procura della Repubblica di Catanzaro - cfr. paragrafo 1 dei deferimenti del 30 luglio 2015 e 4 agosto 2016] sono indicate soltanto in modo esemplificativo, e nel presente provvedimento, in considerazione della sua natura, verranno citati e specificamente indicati soltanto gli elementi di prova più rilevanti e significativi, facendosi rimando alla integrale attività di indagine e alle conseguenti risultanze istruttorie, e a tutti gli atti di indagine ritualmente acquisiti al procedimento, tutti da intendersi integralmente richiamati e riportati nel presente provvedimento”. Il che comprova la correttezza di quanto affermato nella decisione, laddove la Corte di Appello Federale chiarisce che le intercettazioni, che controparte vorrebbe qualificare quali nuove prove, erano in realtà già note e potevano essere conosciute dal Collegio e dall’incolpato sin dal corso del primo procedimento disciplinare. Prove che, però, non essendo pertinenti all’oggetto di quel deferimento o, comunque, ininfluenti ai fini del decidere, non sono state valorizzate dalle parti nel procedimento conclusosi con l’affermazione di responsabilità del – omissis -, fondata su un supporto probatorio ritenuto congruo in tutte le decisioni intervenute nelle varie fasi. Si conferma in ogni caso che, quand’anche tali intercettazioni potessero essere qualificate come nuove prove, certo è che la loro conoscenza da parte del ricorrente è avvenuta quantomeno a seguito del deferimento del 4 agosto 2016, riprova ne sia il contenuto della memoria presentata al TFN dal – omissis - in data 10 ottobre 2016, che su tali conversazioni manifesta la sua posizione. Con la conseguenza che risulterebbe in ogni caso violato il termine perentorio di 30 giorni dalla scoperta delle nuove prove entro il quale presentare il ricorso per revocazione.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Seconda Sezione : Decisione n. 2 del 04/01/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: Per la riforma e/o l'annullamento della decisione della Corte Federale d'Appello FIGC, di cui al C.U. n. 051/CFA del 17 ottobre 2016

Parti: M.D.G./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Occorre dare continuità all’indirizzo (anche) di questa Sezione (cfr. Decisione n. 25/2016), che riconosce l’ammissibilità del ricorso inerente alle sanzioni di durata ancorché inferiore ai 90 giorni le volte che nell’ambito dell’ordinamento federale sia stato comunque registrato, come nel caso è accaduto in primo grado, l’evento di una sanzione eccedente il limite suddetto.

 

Decisione C.F.A. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 109-112/CFA del 19 Aprile 2016  e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 010/CFA del 22 Luglio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 53/TFN del 15.2.2016

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO DEL SIG. I.G.L. AVVERSO LE SANZIONI: - DELL’INIBIZIONE PER ANNI 4 E MESI 7; - DELL’AMMENDA DI € 115.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE, ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE ISCRITTO ALL’ALBO DEL SETTORE TECNICO F.I.G.C., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 3174/1064BIS PF14-15 SP/MG DEL 6.10.2015

Impugnazione – istanza: 2. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI INFLITTE AI SIGG.RI: - D.C.D.; - I.G.L., SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA N. 3174/1064BIS PF14-15 SP/MG DEL 6.10.2015

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO DEL SIG. D.C.D. AVVERSO LE SANZIONI: - DELL’INIBIZIONE PER ANNI 4; - DELL’AMMENDA DI € 80.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELLA SOCIETÀ CALCIO CATANIA S.P.A., NONCHÉ ALLENATORE ISCRITTO ALL’ALBO DEL SETTORE TECNICO F.I.G.C., SOSPESO ED ISCRITTO ALL’ALBO SPECIALE DEI DIRETTORI SPORTIVI, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 3174/1064BIS PF14-15 SP/MG DEL 6.10.2015

Impugnazione – istanza: 4. RICORSO DEL SIG. A.F.(AGENTE DI CALCIATORI FINO AL 31.3.2015) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5, CON PRECLUSIONE, INFLITTA AL RECLAMANTE, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 1244/1064 PF 14-15 SP/AC DEL 28.7.2015

Impugnazione – istanza: 5. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA AL SIG. A.F., SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA N. 1244/1064 PF 14-15 SP/AC DEL 28.7.2015

Massima: Quanto alla eccezione di nullità della decisione di primo grado per violazione dell’art. 28 CGS, dell’art. 2, n. 2, del Codice della giustizia sportiva del CONI e dei principi del “giusto processo” e di relativo difetto di capacità del giudice, sollevate da tutti gli appellanti, la stessa è priva di fondamento giuridico e normativo. Censurano, i predetti ricorrenti, la mancata astensione del presidente del TFN, avv. S. A., visto che lo stesso ha giudicato sui medesimi fatti già conosciuti e decisi, sempre quale presidente del Collegio giudicante, in relazione al procedimento disciplinare promosso a carico dei sigg.ri P., D. L. e C., ritenuti associati per la commissione degli illeciti contestati. «Non si comprende», si legge, ad esempio, nel ricorso I., «come possa ritenersi non configurata l’ipotesi di cui al nr. 4 dell’art. 51 c.p.c., che indica espressamente fra gli obblighi di astensione, il caso in cui il Giudice abbia conosciuto della causa come Magistrato». Il TFN, quindi, «in netta violazione di legge», ha completamente «omesso di considerare i più recenti arresti giurisprudenziali» e «soprattutto i principi del giusto processo cui il procedimento disciplinare sportivo deve ispirarsi per precisa scelta dell’organo supremo che lo presidia» (ricorso D.C.). Recita l’art. 28, comma 4, CGS Figc: «Ai componenti degli Organi della giustizia sportiva si applicano le norme in materia di astensione e di ricusazione previste dal Codice di procedura civile». L’art. 2, comma 2, CGS Coni, così dispone: «Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo». Non vi è dubbio, quindi, che al procedimento di giustizia sportiva di cui trattasi si applica l’obbligo di astensione di cui all’art. 51 c.p.c., che, al comma 4, prevede: il giudice ha l'obbligo di astenersi «se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico». Orbene, nel caso di specie, non ricorre alcuna delle tassative ipotesi previste dal codice di rito civile, in quanto il presidente del TFN non ha conosciuto la causa «in altro grado del processo», trattandosi, com’è evidente, di diverso processo, a nulla rilevando, ai fini che qui interessano, la mera circostanza di fatto che alcuno degli illeciti contestati agli odierni appellanti siano stati già esaminati in occasione dell’accertamento delle (personali) responsabilità di altri soggetti, seppur, in ipotesi, legate o potenzialmente collegate a quelle dei soggetti interessati dal presente procedimento. Inequivoca, in tal senso, la giurisprudenza di legittimità: «L'obbligo del giudice di astenersi, previsto dall'art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione» (Cassazione, 10 febbraio 2015, n. 2593) e, del resto, «tra le ipotesi tassative di ricusazione del Giudice di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c., non rientra l'adozione di un provvedimento che accolga una soluzione contraria all'interesse della parte» (Cassazione, 23 giugno 2015, n. 13021). Il Tribunale, dunque, non ha violato alcuna disposizione del codice di rito civile, né dei codici di giustizia sportiva (Figc e Coni), né, ancora, alcun principio del giusto processo, non essendo, la decisione assunta sul punto dal TFN, in conflitto con il principio di terzietà del giudice e non essendo ammessi sviamenti procedurali che possano, in qualche modo, comportare una sottrazione della controversia al suo “giudice naturale”. Sotto tale profilo, del resto, non occorre dimenticare che le ipotesi di astensione obbligatoria e di ricusazione del giudice, previste dal codice di procedura civile, determinano una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge e, di conseguenza, le stesse devono essere strettamente interpretate e non sono suscettibili di applicazione estensiva e/o analogica (cfr. Cassazione, sez. un., 8 ottobre 2001, n. 12345). Ciò detto è solo per mera completezza espositiva che si osserva come, ancor prima che infondato, il motivo di gravame è inammissibile. Infatti, anche laddove fosse stata effettivamente rinvenibile una causa di astensione, la parte interessata avrebbe dovuto proporre ricorso per ricusazione, da depositarsi almeno due giorni prima dell'udienza, contenente i motivi specifici e i mezzi di prova. Nel presente procedimento, invece, l’istanza scritta di ricusazione risulta essere stata proposta soltanto in udienza e, pertanto, le parti non avrebbero, comunque, assolto al proprio onere di tempestiva denuncia. Rimane, infatti, esclusa, «in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell'organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza non determina la nullità del provvedimento» (Cassazione, 24 aprile 2015, n. 8392) e, per quanto qui, segnatamente, rileva, «il motivo di astensione di cui all'art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., che la parte non abbia fatto valere in via di ricusazione del giudice a termini dell'art. 52 c.p.c., non può in seguito essere invocato in sede di gravame» (Cassazione, 24 aprile 2015, n. 8392).

 

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.- Sezione Consultiva: Parere n. 6 del 06/06//2016  www.coni.it

Istanza: richiesta CONI su potere sanzionatorio Commissione Federale di Garanzia

Massima: L’Organismo preposto ad esaminare il ricorso promosso da un componente degli Organi di Giustizia o della Procura federale eventualmente sanzionato con un provvedimento adottato dalla Commissione Federale di Garanzia ai sensi dell’ art.5.3, lett. c, CGS-CONI è il giudice statale al quale - pur non potendone chiedere l'annullamento - potrà comunque ottenere da quest'ultimo una tutela piena del suo diritto mediante il risarcimento del danno (anche se solo “per equivalente” e non “in forma specifica”).

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite: Decisione n. 3 del 18/01/2016 www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello FIGC, III^ Sezione, di cui al C.U. n. 042/CFA del 21 ottobre 2015 nella parte in cui ha stabilito, in integrale riforma della decisione impugnata, il proscioglimento del sig. D.M. dagli addebiti contestatigli nel giudizio di primo grado endofederale, annullando la sanzione precedentemente inflitta e riducendo a R.M. la relativa sanzione inflitta dal Giudice di prime cure a mesi 10 di squalifica

Parti: Procura Generale dello Sport CONI/Antonio D.M./Federazione Italiana Giuoco Calcio- Procura Generale dello Sport CONI/R. M. /Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: E’ ammissibile il ricorso della Procura Federale avverso la decisione di proscioglimento…L’argomento, che si fonda sulla interpretazione meramente letterale degli artt. 54 CGS e 12 bis dello Statuto del CONI, non regge di fronte ad una interpretazione sistematica e funzionale delle norme in esame. La ratio complessiva della riforma che ha istituito tra l’altro il Collegio di Garanzia dello Sport è, sul punto, quella di evitare che l’organo “di legittimità” della giustizia sportiva si occupi di controversie c.d. “bagatellari”, cioè relative - in riferimento ai procedimenti disciplinari - a fatti di lievissima entità, per i quali è sufficiente la definizione della giustizia endofederale. La “ratio legis” è, ad avviso del Collegio, quella di consentire il giudizio di legittimità del Collegio di garanzia allorché la “controversia”, cui l’art. 12 bis Statuto CONI si riferisce, abbia il connotato della gravità, ed allorché in “ambito endofederale” - come sempre indica l’art. 12 bis - una sanzione superiore a novanta giorni sia stata irrogata. Non può essere, in altri termini, l’esito del solo giudizio di secondo grado a radicare o meno la competenza del Collegio di garanzia: se così fosse, il sistema avrebbe introdotto una regola di non ricorribilità delle decisioni favorevoli all’incolpato, che ben esplicitamente, e non in via interpretativa, dovrebbe essere stabilita dalle norme e di cui invece non vi è traccia. Ed allora, escluso un principio implicito di non ricorribilità contro le decisioni favorevoli - di proscioglimento o di riduzione della sanzione sotto i limiti - la tesi prospettata dal resistente D. M. condurrebbe alla alterazione del principio del “giudice naturale” della legittimità sportiva, che potrebbe o meno conoscere della controversia non già per la sua oggettiva gravità, ma in rapporto alla eventuale ed incerta, caso per caso, decisione di secondo grado di mantenere o meno una condanna “sopra la soglia” temporale di durata. Ciò avrebbe conseguenze del tutto in contrasto con i principi della giustizia sportiva anche per altri aspetti: si pensi al caso di più tesserati deferiti per il medesimo fatto e con il medesimo capo di incolpazione, allorché per uno soltanto di loro la sentenza di secondo grado riduca “sotto soglia” la sanzione non riconoscendo una aggravante o attribuendo una attenuante. Per uno dei co-incolpati la decisione sarebbe definitiva mentre per gli altri il Collegio potrebbe essere adito dagli incolpati stessi o dalla Procura generale, sicché, in caso di annullamento del Collegio di garanzia, la “erronea” decisione di appello rimarrebbe nondimeno confermata per uno dei tesserati. È evidente che la logica e la funzione delle norme in esame non consentono che esse siano interpretate come il resistente D. M. vorrebbe. La controversia relativa al D. M. ha riguardato, nell’ambito endofederale, una incolpazione disciplinare grave, sanzionabile e sanzionata in primo grado con tre anni di squalifica e invece negata dalla sentenza della Corte di appello. Vi è stata, dunque, “controversia in ambito federale” sulla applicabilità o meno (affermata in primo grado, negata in appello) di una sanzione la cui durata va ben oltre i novanta giorni. Tanto basta per rendere ammissibile il ricorso della Procura generale dinanzi a questo Collegio.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport: Decisione n. 26 del 17/07/2015

Decisione Impugnata: decisione della Corte d’Appello Federale F.I.G.C. n. 52 pubblicata il 12/05/2015 (erroneamente individuata in ricorso anche con la data del 19/12/2015), dolendosi del fatto che la stessa Corte, adita a termini dell’art. 35 del RGS F.I.G.C., aveva dichiarato inammissibile il proprio ricorso teso alla revocazione della “impugnata decisione resa dalla Commissione Disciplinare Regionale del Friuli-Venezia Giulia Nazionale con delibera del 25.09.2009”

Impugnazione – istanza: G. L./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: E’ inammissibile il ricorso al Collegio di Garanzia avverso la delibera della Corte Federale di declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione in quanto notificato alla Procura Federale presso la F.I.G.C. e all’A.I.A., ma non comunicato/notificato alla F.I.G.C. Invero l’art. 59 CGS CONI prevede che il ricorso al Collegio di Garanzia deve essere : “… proposto mediante deposito al Collegio di Garanzia dello sport entro trenta giorni dalla pubblicazione delle decisione impugnata … copia del ricorso è trasmessa alla parte intimata e alle altre eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio”, inoltre, al comma 4 dello stesso articolo, è previsto che all’atto del deposito del ricorso la parte ricorrente deve allegare “l’attestazione dell’avvenuta trasmissione del ricorso agli altri destinatari indicati dal comma 1”. Nel caso che ci occupa non è in effetti chiaro se la F.I.G.C. sia stata parte dei giudizi endofederali celebratisi, in quanto tanto non si evince dalla documentazione acquisita in atti (il che potrebbe suscitare anche il dubbio sulla validità delle decisioni precedentemente assunte), ma, certamente deve ritenersi parte del procedimento giudiziale previsto dall’Ordinamento CONI, ove, non a caso, come si è visto, si prevede che la comunicazione del ricorso va effettuata, nel termine appositamente previsto con effetti decadenziali, anche alla “parte intimata”, oltre che “alle parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio, ovvero alle stesse parti personalmente” ). Sul punto questo Collegio ritiene non sia dubitabile che le singole Federazioni, ove non già parti nei gradi di giudizio endofederali, debbano ritenersi a tutti gli effetti “parte intimata”, e dunque, necessario contraddittore nel procedimento innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport: pertanto, anche sotto tale aspetto, il ricorso del – omissis - va dichiarato inammissibile.

Massima: Sul punto occorre ricordare che, al fine dell’ammissibilità del ricorso al Collegio di Garanzia, siccome modellato, in quanto compatibile, sul procedimento civile, la mancata impugnazione di tutti i motivi che hanno fondato la decisione di cui si richiede l’annullamento costituisce ragione di inammissibilità del ricorso, in quanto: “qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi” ( Cass. Sez. Unite 29/03/2013, n. 7931).Tale principio è applicabile anche al caso di specie, in quanto, pur se si controverte in punto di inammissibilità (quando cioè la decisione incide anche sulla potestas cognitiva del Giudice adito - cfr. Cass. Sez. Unite n. 3840/2007: “Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata” -), nel caso che ci occupa, la decisione della Corte d’Appello Federale si fondava, non su una motivazione additiva in punto di merito, bensì su una motivazione plurima, sempre circa la inammissibilità del ricorso stesso. Pertanto, pur se, nel merito, il ricorso proposto dal – omissis - fosse stato suscettibile di accoglimento sul tema della errata applicazione della norma di cui all’art. 39 lett. e, anziché della norma di cui all’art. 39 lett. b, e, pur se la decisione della Corte D’Appello Federale fosse stata censurabile anche quanto alla tesi che soltanto uno dei due comportamenti ascritti al – omissis -risultava smentito dalle nuove prove (nel mentre, essendo risultata smentita l’identificazione del – omissis -, entrambi i comportamenti allo stesso ascritti nell’unico contesto in cui veniva mistificata la sua identità, dovevano ritenersi insussistenti sulla base degli accertamenti successivamente intervenuti), il ricorso del – omissis - va dichiarato inammissibile sotto i diversi aspetti innanzi esaminati. Nondimeno, considerando che la costituitasi A.I.A. non sembra aver espresso ragioni proprie in diretta contraddizione con quelle del – omissis - e che è apparso chiaro come questi agisse solo per motivazioni di ordine morale, non ristorabili innanzi agli organi di Giustizia Sportiva, visto il dichiarato difetto di tesseramento.

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