Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda - Decisione n. 79 del 18/09/2023
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC n. 0067/CFA-2022-2023, pubblicata il 10 febbraio 2023, con la quale è stato accolto il reclamo del Procuratore Federale Interregionale avverso l’incongruità della sanzione inflitta, tra gli altri, alla suddetta ricorrente, con decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Marche FIGC– LND n. 4/2022-2023, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 101 del 6 dicembre 2022, che aveva irrogato alla medesima società la sanzione dell’ammenda di € 300,00 e, per l’effetto, è stata irrogata, a carico della A.S.D. Sforzacosta 2010, la ammenda di € 850,00 e la penalizzazione di punti 11 in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2022/2023
Impugnazione Istanza: A.S.D. Sforzacosta 2010 / FIGC / Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I.
Massima: E’ inammissibile il ricorso vertente intorno alla misura della sanzione…l’art. 54 CGS CONI consente il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport “esclusivamente per violazioni di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”, stabilendo, pertanto, un confine preciso di ammissibilità dei ricorsi. Sul punto, le Sezioni Unite di Questo Collegio hanno affermato che, “in virtù del richiamo che l’art. 2, comma 6, CGS CONI opera nei confronti delle norme generali del processo civile occorre conformarsi all’art. 360 c.p.c. e qualificare il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, come un mezzo di impugnazione a critica vincolata. Ne consegue che in tale sede, qualificabile come giudizio di legittimità, è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito, al fine di rispettare l’ordine dei gradi di giustizia” (decisione n. 93/2017). La questione principale verte intorno alla misura della sanzione, sindacato, come noto, precluso al Collegio di Garanzia dello Sport eccetto il caso in cui sia stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza, evento non verificatosi in questo caso. Ad una attenta lettura della motivazione della Corte Federale di Appello della FIGC, il principio che quest’ultima enuncia è quello per cui “la Società che faccia partecipare ad una gara un calciatore privo dei titoli e dei requisiti necessari incorre nella sanzione della penalizzazione di un punto in classifica, oltre che nella ammenda di euro 100,00, per ciascun incontro” (vedi pagina n. 19 della decisione). Tale regola, però, viene in qualche modo mitigata dalla Corte in base ad un criterio equitativo, considerate le specificità del calcio dilettantistico e del suo carattere amatoriale, estraneo a finalità lucrative (vedi pagina n. 20 della decisione, ove sono esposti i relativi criteri). Considerato che le gare “incriminate” nel caso che ci interessa sono 17, indubbiamente non ci troviamo dinanzi ad un caso di sanzione irragionevole; di conseguenza la Corte ha dato congrua motivazione e ha applicato correttamente i principi enunciati. Il Collegio di Garanzia “può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 6 settembre 2019, n. 71); e ancora (…) la determinazione della sanzione è “insindacabile in sede di legittimità, ove si collochi nell’ambito stabilito dalla norma sanzionatoria e sia assistita da una congrua motivazione” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 8 marzo 2015, n. 46)” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione 54/2022).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 40 del 08/05/2023
Decisione impugnata: decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva, nei confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
Impugnazione Istanza: F.C. Juventus S.p.A. / FIGC / Procura Federale FIGC - dott. A.A. / FIGC / Procura Federale FIGC - sig. F.P. / FIGC / Procura Federale FIGC
Massima: Annullata la decisione della CFA con rinvio alla stessa, in diversa composizione, per rinnovare la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società….. osserva il Collegio che la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, “consapevolezza diffusa”, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze. In argomento – seppure con riferimento ai profili della responsabilità disciplinare – l’odierno Collegio ha censurato una pronuncia di merito, accogliendo il motivo di gravame, atteso che la Corte Federale aveva ricostruito la responsabilità degli amministratori sulla base di una mera elencazione di elementi di fatto, “senza indicare specificamente i criteri in base ai quali tali elementi di fatto sono collegati in modo specifico ai profili della riscontrata responsabilità[…]nel caso di specie, ancora più necessario, trattandosi di amministratori privi di poteri esecutivi perché privi di deleghe e la decisione della Corte di Appello Federale, quindi, ne avrebbe dovuto tenere conto attraverso una motivazione più diffusa e articolata” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 42/2017 cit.). Con riferimento alla fattispecie portata all’esame del Collegio, non risulta, infatti, in alcun modo provato che vi siano state, in concreto, una o plurime oggettive violazioni da parte degli amministratori privi di deleghe della Juventus S.p.A. del citato obbligo di agire informati di cui all’art. 2381 c.c. Peraltro, il rispetto del criterio dell’agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all’art. 2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di calciatori definite “a specchio” ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto nell’ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria. In ragione di quanto sopra rilevato, il Collegio di Garanzia dello Sport – in accoglimento del motivo n. VI del ricorso n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V., e del ricorso n. 18/2023, proposto congiuntamente dai Signori P.N., P.G., A. G.-V., C.M.H., D.M. e F.R. dispone l’annullamento della decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c., fornendone adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con l’assenza di violazioni riferibili all’attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti. Ciò, in ossequio al principio di diritto enunciato dal Collegio nella decisione n. 17 del 4.3.2019, emessa a Sezioni Unite, a mente della quale, “Nei casi in cui il Collegio di Garanzia dello Sport annulli la decisione del giudice di merito con rinvio, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge, ovvero per mancanza o manifesta illogicità della motivazione […] Nel secondo caso, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità”. La valutazione, come sopra elaborata, di accoglimento parziale dei ricorsi n. 17/2023 e n.18/2023, proposti dagli amministratori non esecutivi in relazione all’assetto sanzionatorio applicato dal Giudice Federale d’Appello, riverbera effetti anche sulla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. nella specifica fattispecie contestata, rilevante conseguentemente ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 CGS FIGC, il quale sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli ulteriori soggetti individuati all’art. 2, comma, 2, del medesimo Codice. Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A. Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione. Del resto, il medesimo Procuratore FIGC, in sede di deferimento, ha compiutamente riferito di una esigenza di “dosimetria sanzionatoria” che impone una diversa valutazione del comportamento tenuto in sede sportiva da quello tenuto in ambito societario ai fini della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria. Il necessario rapporto di proporzione fra lo specifico comportamento tenuto e la sanzione irrogata è ormai acquisito pacificamente nell’elaborazione della giurisprudenza anche costituzionale, costituendo logica espressione dei criteri di uguaglianza e ragionevolezza della sanzione e imponendo al giudice di procedere a una valutazione dosimetrica ispirata ai due predetti criteri. Come già ricordato supra, in particolare, ai punti 11.1.3. e 11.1.4., spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio.
Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo la “Omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell’art. 12 C.G.S. FIGC ed alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.”…Con riferimento alle censure sollevate dai ricorrenti sulla misura della sanzione irrogata, si deve, in generale, ricordare che spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. La valutazione sulla gravità dei fatti in relazione all’applicazione della sanzione disciplinare è, peraltro, espressione di una attività discrezionale che il giudice di legittimità non può sindacare, salvo che per eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, il travisamento dei fatti, l’evidente sproporzionalità o abnormità della sanzione (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3725 del 12 aprile 2023, n. 6542 del 25 luglio 2022, Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 17288 del 27 maggio 2022). Anche il Collegio di Garanzia, quando nei ricorsi proposti sono state sollevate censure sulla misura della sanzioni irrogate e sulla asserita sproporzione della sanzione in relazione alle condotte ascritte, ha più volte affermato che il giudizio di congruità impinge in valutazioni discrezionali che competono all’organo procedente, potendo, nel giudizio di legittimità, il sindacato giurisdizionale muoversi soltanto su un piano di immediata evidenza della irrazionalità o erroneità della sanzione, non potendo in nessun caso il giudice di legittimità sostituire proprie valutazioni a quelle operate dall’organo giudicante (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 71 del 6 settembre 2019). A differenza di quanto può ora avvenire nel giudizio del lavoro, nel quale l’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo quanto previsto dal comma 2 bis aggiunto dall’art. 21 del d.lgs. n. 75 del 2017 (c.d. riforma Madia), attribuisce al giudice civile di merito anche il potere di rideterminare, nel pubblico impiego privatizzato, la misura della sanzione per difetto di proporzionalità. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e poi accertati nel giudizio. La decisione che determina l’applicazione di una sanzione deve essere ovviamente congruamente motivata sui fatti accertati e sulla loro gravità, che si riflettono sia sulla tipologia della sanzione, che deve rientrare fra quelle comminabili per le violazioni accertate, sia sulla misura della sanzione che deve essere contenuta nei limiti minimi e massimi previsti per ogni fattispecie. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate. Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i parametri di riferimento per l’irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi, analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d’Appello. Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare”, nonché della stessa “intensità e diffusione di consapevolezza” che dallo stesso quadro probatorio sono emerse.
Massima: Infondati sono motivo con i quali si impugna la decisione sostenendo la “omessa motivazione (ex art. 54 CGS CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento dei Sig.ri F.P. , F.C, Dott. M.A. nelle vicende contestate”…Nella motivazione della sentenza impugnata sono diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità dei ricorrenti, con ampia descrizione e motivazione della valenza, ai fini disciplinari, dei comportamenti ascritti ai singoli deferiti. Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza deve ritenersi esaustivo e dimostrativo dell’iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione. Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della motivazione è configurabile solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione. La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 30/2021). Si osserva, inoltre, per quanto riguarda il Sig. C., che risulta dagli atti il più immediato collaboratore del Sig. P. e redattore del c.d. "libro nero", che evidenzia fatti dai quali non risulta che si sia in alcun modo dissociato. Per quanto riguarda la responsabilità del Dott. A., non assume rilievo il fatto che sia diventato amministratore delegato della società solo a luglio del 2021, tenuto conto che dagli atti e, in particolare, da alcune intercettazioni che sono riportate anche nella motivazione della decisione (alle pagine 19 e 22), è risultato essere pienamente consapevole delle vicende che ne hanno determinato il deferimento e poi la condanna. Va anche ricordato che i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari dell’ordinamento sportivo sono diversi da quelli del processo penale di cui non si applicano automaticamente i principi. Sicché, vista anche la natura degli organi della giustizia sportiva resta escluso che, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte degli stessi, siano da richiamare quei criteri propri del giudizio penale (Cons. Stato, Sez V, sentenza n. 534/2020). in ogni caso il sistema delineato dagli articoli 2381 e 2392 c.c. comporta che sia individuato un meccanismo di responsabilità e che l’art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico. Inoltre, nelle difese, anche orali si è insistito sulla circostanza che le plusvalenze avrebbero riguardato meno di 60 milioni di euro e, quindi, una percentuale minima sui ricavi della società. Tale circostanza non ha valore dirimente, poiché è stata comunque evidenziata, a prescindere dagli importi delle singole operazioni e dell'importo complessivo delle stesse, una preordinata e reiterata modalità di violazione delle regole. A diverse conclusioni si perviene in ordine ai ricorsi n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V. nella qualità di Consigliere di Amministrazione della società F.C. Juventus S.p.A. e n. 18/2023, proposto congiuntamente dagli altri Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della società sportiva ricorrente, Signori P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M. e F.R., giacché l’odierno Collegio di Garanzia, riuniti tutti i ricorsi per connessione, ritiene di accogliere parzialmente i citati gravami n. 17/2023 e n. 18/2023. La valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg. 76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti gravami, l’omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi, della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell’inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀ , correttezza e probità̀ di cui all’art. 4, comma 1, e dell’art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale. L’esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina l’accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che “il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi” oggetto dell’iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza). In argomento, recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento […]” (Cass. Civ., Sez. Lav., n. 33649 del 15.11.2022). Anche la giurisprudenza, formatasi in ambito sportivo a seguito delle pronunce di legittimità dell’odierno Collegio, ha stabilito che “I difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento[…]” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 23/2019). Ed ancora: “[…] Il Collegio di Garanzia dello Sport, pur non potendo procedere ad una nuova valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 22/2019). La fattispecie sottoposta all’esame del Collegio rientra, quindi, a pieno titolo nei limiti tracciati dalla Suprema Corte di Cassazione e dall’odierno Giudice nei citati richiami giurisprudenziali, non avendo la Corte Federale motivato il proprio convincimento sul rilevante profilo afferente all’ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi (invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare, in realtà, le ragioni dell’affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze. Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere le operazioni di natura sportiva, e degli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato. Il superiore profilo è stato posto in risalto, ed eccepito, dai ricorrenti – sempre con esclusivo riferimento ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023 - i quali hanno dedotto come la materia relativa all’ “acquisizione e cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori”, trattandosi di attività riguardante interamente la gestione sportiva della società, fosse in coerenza demandata e delegata esclusivamente all’Area Sportiva della medesima società ricorrente, presidiata dalla figura del Chief Football Officier pro- tempore di Juventus F.C. S.p.A. In ragione delle già indicate connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata nei mercati regolamentati - alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS ai sensi del D.Lgs. n. 38/2005, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata decisione, lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è valutato al fair value (valore equo). La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l’ammontare che viene riconosciuto alla società cedente dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio. Anche la Corte Federale di Appello, nella decisione impugnata, ha statuito che “ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza” (cfr. decisione impugnata, pag. 23). Ulteriore e diverso profilo che – ad avviso del Collegio – rileva ai fini dell’accoglimento dei ricorsi dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della Juventus F.C. S.p.A., con riferimento alle condotte ai medesimi ascritte ed alle sanzioni personali irrogate, afferisce alla struttura societaria, all’operatività ed alle modalità ed ai sistemi di vigilanza e controllo cui è sottoposta la società ricorrente, che, peraltro, è quotata nei mercati regolamentati ai sensi del Testo Unico della Finanza (D.lgs. n. 58/1998), e dei relativi regolamenti attuativi, che determina un sistema di gestione societaria articolato. Osserva, a tal proposito, il Collegio che la effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle operazioni di natura tipicamente sportiva contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi. Con riferimento, in particolare, alla figura ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis TUF, la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l’inconsapevolezza di tutti i ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate operazioni. Osserva, all’uopo, il Collegio che con la legge n. 262 del 28/12/2005 – recante “disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” – il legislatore ha perseguito l’obiettivo di rafforzare e rendere efficace la tutela del risparmio investito in strumenti finanziari, intervenendo nella disciplina relativa agli organi di amministrazione e di controllo e alla tutela delle minoranze, in una direzione di controllo dell’operato del management aziendale, assistendo così alla piena costruzione di un efficace sistema di corporate governance. Una novità di rilievo riguarda, infatti, l’inserimento nel d.lgs. n. 58/1998 (TUF) di una nuova sezione rubricata “Redazione dei documenti contabili societari”, composta dal solo articolo 154-bis concernente il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, in più parti modificata dal d.lgs. n. 303/2006 e dal d.lgs. n. 195/2007 di attuazione della c.d. Direttiva Trasparency (2004/109/CE). L’analisi del disposto di cui all’art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima, è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili. In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell’organo amministrativo – che si identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo dell’effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell’art. 154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità. Al riguardo, deve rammentarsi che per tutte le attività del Dirigente preposto è applicabile – ai sensi e per gli effetti dell’art. 154-bis TUF, comma sesto – il regime di responsabilità degli amministratori della società che, in ambito societario, implica l’applicabilità dei criteri di comportamento (in primis, la diligenza) e dei presupposti della responsabilità amministrativa, contrattuale ed extracontrattuale propria degli amministratori e dei direttori generali di cui agli artt. 2391 e ss. c.c. e 2434 c.c.; e, infatti, con particolare riferimento alla predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di cui all’art. 154-bis TUF, terzo comma, il Dirigente preposto può essere chiamato a rispondere segnatamente in materia di elaborazione e redazione del bilancio, in quanto coautore dello stesso, per la rilevante e significativa parte di propria competenza. Si tratta, in conclusione, di una figura dotata di oggettivo rilievo all’interno di una società quotata nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi. Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381 e 2392 del codice civile. La prima tra le norme sopra indicate – dopo aver individuato il ruolo del Presidente al primo comma – disciplina ai commi successivi la possibilità ed i limiti della delega delle attribuzioni, laddove il sesto ed ultimo comma, che specificamente interessa nella presente sede, disciplina il c.d. “obbligo di agire informati”, che grava su ciascun amministratore. Ritiene il Collegio che il citato art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico. In argomento, gli interventi della giurisprudenza di legittimità, pur se in ambito penalistico per il reato di bancarotta fraudolenta, ma i cui principi possono ritenersi applicabili anche per fattispecie di diverso rilievo anche in virtù dello specifico rinvio operato, impongono al giudice di merito di verificare in concreto l’eventuale omesso intervento del consigliere privo di delega ed il contributo causale di tale omissione, poiché: “E’ stato, in proposito, evidenziato come la riforma della disciplina delle società (di cui al D.lgs. n. 6 del 2003) abbia posto a carico di ciascun amministratore (con o senza delega) l’obbligo di agire informato (art. 2381, comma 6, c.c.) e del presidente del consiglio di amministrazione l’obbligo di ragguaglio informativo […] Letta tale disposizione in combinato disposto con quella di cui al novellato art. 2392, comma 1, c.c., ne viene che anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze” (Cass. Pen., Sez. V, n. 33582/22, che sul punto richiama Cass. Civ., Sez. I, n. 17441/2016). I superiori principi sono stati, altresì, adottati e condivisi anche in ambito sportivo dalla giurisprudenza dell’odierno Collegio, avendo sancito che “seppure non esista un dovere degli amministratori di non commettere errori e nemmeno di essere <<periti>> nei più diversi settori dell’organizzazione e della gestione dell’impresa sociale, tuttavia, è espressione del principio che le loro scelte <<devono essere informate e meditate, frutto di rischio calcolato>>” (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 42/2017).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima - Decisione n. 16 del 13/02/2023
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 0039/CFA/2022-2023, depositata, completa di motivazioni, il 28 ottobre 2022 e comunicata alla suddetta istante in pari data, reiettiva del reclamo della predetta società avverso la pronuncia del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - n. 0043/TFN-SD/2022-2023 del 23 settembre 2022, con la quale era stata inflitta, al club medesimo, la sanzione dell'ammenda di € 40.000,00 (quarantamila/00), a titolo di responsabilità diretta, a mente dell'art. 6, comma 1, del CGS
Impugnazione Istanza: Paganese / FIGC_/ Procura Federale della FIGC / Procura Generale dello Sport presso il CONI
Massima: E’ inammissibile il ricorso al Collegio di Garanzia allorquando è (volto al riconoscimento «della continuazione tra le violazioni contestate, con tangibili e consistenti benefici sul piano sanzionatorio» [p. 7 del ricorso] ed alla rilevabilità delle «diminuenti di cui all'art. 13, comma 2, ed all'art. 16, comma 1, del C.G.S., nonché in ossequio all'illuminante ed imprescindibile precetto di cui all'art. 12, comma 1, del C.G.S.») non può che essere dichiarato inammissibile, atteso che è precluso al Collegio di Garanzia di procedere ad una riduzione della sanzione, essendo stato più volte ribadito il principio per cui lo stesso può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo quando la stessa sia stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza, precisandosi poi che non è consentito al Collegio di valutare la doglianza sulla pretesa abnormità di una sanzione, laddove adottata in aderenza ai suddetti presupposti, con conseguente inammissibilità di una richiesta di graduazione della sanzione modulata sulla gravità della infrazione e della condotta dell’incolpato (Collegio di Garanzia, Sez. II, decisione n. 74/2022, nonché, Sez. I, decisione n. 102/2021, che ha anche evidenziato come «l’apprezzamento favorevole per l’incolpato di una circostanza di fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce esplicazione di un’attività discrezionale del giudice di merito, come tale non censurabile innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport allo scopo di farne scaturire una diversa valutazione in termini di disvalore»). Se, da un lato, dunque, i giudici di merito hanno correttamente rilevato che, trattandosi due condotte autonome e indipendenti (la prima consistente nella violazione dell'impegno a tesserare almeno 20 calciatrici di età compresa tra i 5 e i 12 anni, la seconda nella violazione dell'impegno a partecipare al campionato Under 15 con almeno una squadra di calcio femminile), si versa in ipotesi di concorso materiale, e che, pertanto, il criterio per la determinazione della sanzione è quello del cumulo materiale («sanzione non potrà che essere quella corrispondente alla somma delle sanzioni previste per le singole violazioni, come, del resto, previsto dal Sistema delle Licenze Nazionali» cfr., decisione TFN, p. 4); dall’altro, vale l’insegnamento delle Sezioni Unite di questo Collegio, secondo cui «Il perimetro di competenza del Collegio di Garanzia dello Sport è limitato alle sole questioni di legittimità e non comprende il merito del diniego di applicazione delle circostanze attenuanti da parte del giudice del merito» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 68/2021).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Quarta: Decisione n. 121 del 30/12/2021
Decisione impugnata: Decisione n. 0012/CFA/2021-2022 della Corte Federale d'Appello - Sezioni Unite - della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), pubblicata e notificata in data 30 agosto 2021, con la quale, in parziale riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare FIGC - n. 0014 del 23 luglio 2021, che aveva irrogato al suddetto ricorrente la sanzione della inibizione per mesi 9, è stata ridotta a 6 mesi la sanzione della inibizione a carico del medesimo, per la violazione dell'art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva della FIGC.
Impugnazione Istanza M.Z./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Annullata la decisione con rinvio alla Corte Federale affinchè valuti la rilevanza del mezzo di prova e degli elementi eventualmente successivamente acquisiti e decida poi in conseguenza e ciò in relazione alle contestate irregolarità contabili ed alla mancata indicazione degli anni in cui si sarebbe dovuta operare la svalutazione e in quale misura….Anche se tale elemento non incide sulla accertata responsabilità dell’incolpato sull’esito della vicenda descritta, non può essere indifferente, infatti, anche ai fini della determinazione della sanzione, la circostanza che tale svalutazione sia stata omessa in una certa misura ovvero in toto per uno ovvero per più anni. Né a fugare ogni dubbio può essere sufficiente l’affermazione secondo cui il credito avrebbe dovuto essere completamente svalutato. Trattandosi di uno degli elementi di base su cui è stata fondata la sanzione irrogata all’incolpato, sarebbe stata quindi necessaria una maggiore precisione nell’individuazione della condotta riguardante tale profilo di responsabilità. Allo stesso modo, sempre in relazione ai profili di responsabilità per l’attività contabile, risulta meritevole di accoglimento la censura di cui al quarto motivo di ricorso, con la quale il ricorrente ha lamentato il carattere del tutto immotivato del giudizio di non rilevanza dei mezzi istruttori richiesti, relativi all’escussione del Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti. Se è vero, infatti, che uno dei due capi di incolpazione è quello di avere commesso irregolarità contabili, in relazione alla mancata (tempestiva) svalutazione in bilancio del credito verso la controllata LND Lazio S.r.l, la richiesta istruttoria in questione appare troppo sommariamente disattesa con un generico giudizio di irrilevanza. Peraltro, sulla questione della mancata svalutazione del credito, appaiono molto più rilevanti le condotte tenute dagli organi tecnici amministrativi del Comitato e la condotta omissiva del Collegio dei Revisori dei Conti. Il Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti ben potrebbe, quindi, rappresentare elementi o circostanze tali da condurre ad escludere ovvero ad attenuare la responsabilità dell’incolpato, basata sui profili contabili. Il caso di specie: Il Comitato Regionale LND Lazio, nell’anno 2012, ha investito una somma di circa un milione di euro, finanziando la controllata LND Lazio s.r.l., per la realizzazione di una nuova sede e di un impianto sportivo.La controllata LND Lazio s.r.l., del cui consiglio di Amministrazione era Presidente lo stesso …., Presidente del Comitato Regionale LND Lazio, ha versato la somma alla società cooperativa …., a titolo di caparra confirmatoria, per la realizzazione degli interventi progettati. Le opere sarebbero dovute sorgere su terreno fornito dal Comune di Roma. Esse, tuttavia, non sono mai state realizzate dalla …, perché è risultato che sul terreno esiste un vincolo che osta all’esecuzione di esse. Il credito della LND Lazio s.r.l., per la somma versata alla …., era stato garantito mediante fideiussione prestata dalla …. Il 31 marzo 2015 è scaduto il termine entro il quale le opere avrebbero dovuto essere consegnate. Il 27 luglio 2015 è stata inviata raccomandata di escussione della fideiussione, rimasta senza esito. Il 19 febbraio 2016 è stato notificato, da parte da parte della LND Lazio s.r.l., atto di citazione in giudizio innanzi al Tribunale di Roma nei confronti di … e del fideiussore ….. Il 14 dicembre 2016 il Tribunale di Roma ha emesso ordinanza di ingiunzione, ai sensi dell’art. 186 ter, nei confronti della sola …. Con decreto n. 62 del 2 febbraio 2017, il Ministero dello sviluppo economico ha posto la …(fideiussore) in liquidazione coatta amministrativa. Con sentenza 30 novembre 2018, n. 23350, il Tribunale di Roma ha condannato la .. alla restituzione della caparra e ha dichiarato improcedibili le domande nei confronti della …, in quanto posta in liquidazione coatta amministrativa. Non è stato possibile riscuotere alcuna somma dalla società cooperativa …, in quanto essa ha cessato ogni attività ed è risultata incapiente. Quelli schematicamente riassunti sono i fatti in relazione ai quali, con la decisione impugnata in questa sede, è stata irrogata al Presidente del Comitato Regionale LND Lazio la sanzione dell’inibizione per sei mesi, sulla base della contestazione a suo tempo operata dalla Procura Federale.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Terza: Decisione n. 115 del 20/12/2021
Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello (CDA) dell’Associazione Italiana Arbitri n. 5 del 2020, dispositivo dell’11 settembre 2020 e motivazione comunicata il 30 settembre 2020, con la quale, in reiezione dell’appello proposto dal suddetto ricorrente avverso la decisione della Commissione di Disciplina Regionale AIA n. 43 del 23 dicembre 2019, è stato confermato, a carico dello stesso ricorrente, il provvedimento disciplinare del ritiro della tessera, per una serie di contestazioni tutte attinenti alla violazione degli artt. 40 del Regolamento AIA, nonché Premessa, commi 2 e 3, e 6.1, 6.3 e 6.4 del Codice Etico e di Comportamento AIA, con l’aggravante di cui all’art. 7, n. 4, lett. B), delle Norme Disciplina.
Massima: Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato, atteso che il ricorrente non specifica le ragioni per le quali il giudizio avrebbe dovuto essere rimesso in primo grado innanzi al Tribunale Federale, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Regolamento AIA. Tutti gli altri motivi sono inammissibili, prima ancora che infondati, a prescindere dalla incompatibilità del motivo “composito” (cfr., tra le altre, Cass., Sez. Lavoro, Ord. n. 27344 del 30 novembre 2020), oltre che per difetto di autosufficienza, anche perché implicano valutazioni di fatto che il Collegio di Garanzia non può svolgere. Né tantomeno il Collegio di Garanzia, nella propria sede di legittimità, può compiere valutazioni tecniche o di opportunità delle politiche associative, né entrare nel merito della misura della sanzione, sindacandone la gravità che è stata soppesata nell’apprezzamento del fatto dagli organi competenti. Va ribadito che il giudizio innanzi al Collegio di Garanzia è limitato esclusivamente alla legittimità del provvedimento oggetto di impugnativa. Infatti, l’art. 54, comma 1, CGS CONI statuisce che "il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti". Pertanto, a questo Collegio di Garanzia dello Sport è precluso il potere di sindacare doglianze che richiedono una "rivisitazione" dei fatti già sottoposti all'esame dei Giudici del merito (cfr., di recente, Collegio di Garanzia CONI, Sez. I, Decisione n. 36/2021; cfr. anche, tra le molte, Collegio di Garanzia CONI, Sez. II, Decisione n. 53/2020). Come rilevato da costante giurisprudenza di questo Collegio, "nel momento in cui viene impugnato un provvedimento dell'organo di giustizia endofederale di secondo grado, il rimedio proposto dal legislatore sportivo si sostanzia nel ricorso al cosiddetto giudizio di legittimità - individuato dalla norma richiamata - nella cui sede è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito. Il giudizio di legittimità è, dunque, preordinato all'annullamento delle pronunce che risultano viziate da violazioni di norme giuridiche ovvero da omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ovvero alla risoluzione di questioni di giurisdizione o di competenza, ognuna di esse specificatamente censurata" (cfr., Collegio di Garanzia CONI, Sezioni Unite, Decisione n. 93 del 19 dicembre 2017). Ed infatti, "in virtù del richiamo che l'art. 2, comma 6, CGS opera nei confronti delle norme generali del processo civile, questo Collegio non può non uniformarsi a quanto disposto dall'art. 360 c.p.c. che, nel disciplinare il ricorso ordinario dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, predispone un mezzo di impugnazione a critica vincolata, in base alla quale i motivi del ricorso sono tassativamente elencati (cfr., ex multis, Collegio di Garanzia, SS.UU., decisione n. 61/2015). Ne consegue che un riesame della questione nel merito violerebbe l'ordine dei gradi di giustizia e oltrepasserebbe i poteri decisori dello stesso Collegio, per come espressamente previsti dall'art. 54, comma 1, CGS CONI (Collegio di Garanzia CONI, SS.UU., n. 30 del 22 maggio 2018)" (cfr., più di recente, Collegio di Garanzia CONI, Sezione Prima, Decisione n. 37 /2019).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima: Decisione n. 102 del 23/11/2021
Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale della Federazione Italiana Giuoco Calcio – Lega Nazionale Dilettanti, Comitato Regionale Sicilia, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 08 CSAT 01 in data 13 luglio 2021con la quale è stata confermata la squalifica fino al 31 dicembre 2022, irrogatagli dal Giudice Sportivo Territoriale con la decisione pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 284, in data 22 giugno 2021.
Impugnazione Istanza: G. T./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti/C.R.Sicilia FIGC – LND
Massima: Prima facie, la richiesta del ricorrente di ridurre la sanzione irrogatagli, anche se supportata dalla presunta violazione degli artt. 3 e 27 Costituzione, si appalesa inammissibile e ciò in quanto tale valutazione, come noto, sfugge al sindacato di mera legittimità di questo Collegio (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Un., decisione 22 giugno 2017, n. 46; Sezione I, decisione 1 giugno 2018, n. 31: “Il Collegio di Garanzia dello Sport può valutare la legittimità della misura di una sanzione, solo se la stessa è stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza, tuttavia, il Collegio non può valutare la doglianza sulla pretesa abnormità di una sanzione, adottata in ossequio ai suddetti presupposti, ed è, dunque, inammissibile la domanda volta alla graduazione della sanzione in considerazione della gravità dell’infrazione e della condotta dell’associato, precedente e successiva all’infrazione medesima”; in termini, altresì, Collegio di Garanzia, Sez. II, decisione 13 maggio 2015, n. 14; Collegio di Garanzia, Sez. II, decisione 14 febbraio 2017, n. 13; Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisone 27 agosto 2021, n. 68).
Massima: Risulta, altresì, inammissibile la parte del motivo di ricorso ove si censura la decisione impugnata, avendo riguardo ad altri precedenti della giurisprudenza sportiva. Ed infatti, “è inammissibile dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport il motivo con il quale il ricorrente abbia dedotto che in alcuni casi, a suo giudizio più gravi, riguardanti altri tesserati il giudice avrebbe inflitto una sanzione più mite, in quanto mira ad una valutazione comparativa di fattispecie diverse, oltre che a un giudizio di merito riguardo alla gravità dell’illecito in sé considerato. La mera produzione di precedenti decisioni di organi federali non può valere a fondare un giudizio di illegittimità, se non accompagnata dalla specifica dimostrazione di discrasie tali da configurare un vero e proprio vizio della motivazione” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione 17 gennaio 2019, n. 3; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 6 settembre 2019, n. 71; Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione 2 aprile 2021, n. 30). Lo stesso dicasi per la addotta carenza di offensività della condotta, per non avere la stessa, nei fatti, determinato conseguenze gravi ai danni del sig. M.: “L’apprezzamento favorevole per l’incolpato di una circostanza di fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce esplicazione di un’attività discrezionale del giudice di merito, come tale non censurabile innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport allo scopo di farne scaturire una diversa valutazione in termini di disvalore” (ex plurimis, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione 24 ottobre 2017, n. 79).
Massima: Annullata la decisione della CSAT alla quale vanno rimessi gli atti affichè ai fini della sanzione motivi sulla astratta (ed eventuale) ricorrenza delle circostanze attenuanti e sulla loro mancata applicazione nella fattispecie….il Collegio non può esimersi dal ribadire che, in linea generale, la giovanissima età di un tesserato sanzionato disciplinarmente (come nel caso del sig. T.) non possa costituire un parametro per valutare la ragionevolezza o la proporzionalità della sanzione medesima; e ciò “poiché, anzi, risulta particolarmente censurabile che un atleta in giovane età possa tenere condotte così aggressive e violente sul piano verbale e fisico … Dinanzi a comportamenti di tal genere una attenuazione della sanzione in ragione della giovane età dell’aggressore risulterebbe del tutto ingiustificata e anzi sarebbe contraria allo spirito di una corretta educazione sportiva” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Un., decisione 22 giugno 2017, n. 46). “Quantum devolutum, tantum judicatum” (cfr. art.112 C.P.C.) Ciò posto, tuttavia, non può non evidenziarsi come manchi, nella motivazione impugnata, una compiuta valutazione sulla astratta (ed eventuale) ricorrenza delle circostanze attenuanti e sulla loro mancata applicazione nella fattispecie che ci impegna. Ebbene, se pur è vero che “esula dalla competenza del Collegio di Garanzia la valutazione delle circostanze attenuanti per la quantificazione della sanzione disciplinare da irrogare. Tale valutazione implica, infatti, un giudizio di merito insindacabile dinanzi al Collegio di Garanzia” (Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione 2 aprile 2021, n. 30; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione 19 gennaio 2018, n. 4; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione 11 febbraio 2019, n. 11), nel caso di specie è, tuttavia, rilevabile una totale pretermissione della CSAT nella valutazione della sussistenza delle circostanze attenuanti invocate dal ricorrente. Nel caso di specie, dunque, non si versa in un caso di censura sul “diniego di applicazione delle circostanze attenuanti da parte del giudice del merito”, non censurabile dal Collegio (Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisone 27 agosto 2021, n. 68), bensì in un caso di totale omissione di motivazione sul punto. Così ragionando, dunque, ferme le valutazioni sulla condotta contenute nel citato referto arbitrale, la decisione impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte Sportiva di Appello Territoriale affinché la stessa, in diversa composizione, valuti la eventuale ricorrenza di circostanze attenuanti, esplicitando, anche sommariamente, le plausibili ragioni di segno contrario, dando così conto del corretto uso del potere discrezionale affidatole dal legislatore federale.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 68 del 27/08/2021
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC, di cui al C.U. n. 104/CFA/2020-2021 del 10 maggio 2021
Impugnazione Istanza: M. A./Federazione Italiana Giuoco Calcio - T.B./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima:La richiesta di rideterminazione della sanzione è inammissibile, in quanto trattasi di valutazione di merito preclusa alla cognizione del Collegio. A tale proposito, giova rammentare che, secondo la costante giurisprudenza, il collegio di garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza (ex multis, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 6 settembre 2019, n. 71), circostanza questa che non si riscontra nel caso di specie. Nello stesso senso milita il principio secondo il quale “Il perimetro di competenza del Collegio di Garanzia dello port limitato alle sole questioni di legittimità e non comprende il merito del diniego di applicazione delle circostanze attenuanti da parte del giudice del merito” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, decisione 16 febbraio 2016, n. 8).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 41 del 03/06/2021 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione dalla Corte Federale d’Appello della FIGC, Sezioni Unite n. 20/2020-2021 del 22 settembre 2020 con il quale, in riforma della decisione n. 172/TFN-SD 2019/2020 del Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare, che aveva rigettato il deferimento della Procura Federale della FIGC a carico, è stato accolto il reclamo proposto dal Procuratore Federale e, per l'effetto, è stata irrogata, nei confronti: - della sig.ra D. A., la sanzione dell'inibizione per 2 anni e 3 mesi, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A. - della sig.ra G., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza; - della sig.ra Z., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza; - del sig. Z., la sanzione dell'inibizione per cinque anni, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza;- del sig. B., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza;- del sig. F., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.;- del sig. T., la sanzione dell'inibizione per nove mesi, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il - del sig. M., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.; del sig. A., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato l’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.
Parti: D. D. A./Federazione Italiana Giuoco Calcio – L. G./Federazione Italiana Giuoco Calcio – S. R. Z./Federazione Italiana Giuoco Calcio M. Z./Federazione Italiana Giuoco Calcio – A. Bettini/Federazione Italiana Giuoco Calcio E. F./Federazione Italiana Giuoco Calcio – J. M. T./Federazione Italiana Giuoco Calcio – V.M./Federazione Italiana Giuoco Calcio – A. A./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia può giudicare in ordine alla sanzione inflitta, con carenza di adeguata motivazione. In relazione alla questione riguardante i limiti del sindacato del Collegio di Garanzia, che si ripropone nella vicenda in esame, si deve ribadire che tale sindacato è solo di legittimità e che, pertanto, come è stato più volte ricordato, al Collegio è preclusa una nuova valutazione sulla rilevanza disciplinare dei fatti quando questi siano stati già compiutamente valutati dal giudice federale ed indicati nella motivazione della decisione adottata. Anche di recente la Sezione Quarta del Collegio di Garanzia, con la decisione n. 38 del 7 agosto 2020, ha affermato che “Non sono ammissibili dinanzi al Collegio le doglianze riguardanti la valutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso e le critiche che si sono appuntate sulle valutazioni della Corte di Appello Federale in merito agli elementi istruttori acquisiti al giudizio; di talché, la verifica logica della motivazione – spettante al Collegio di Garanzia in sede di legittimità - non può mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o ancora in una ricostruzione dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l’azione”. Tali principi sono coerenti con quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, miri in realtà ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., SS.UU. n. 34476 del 2019). Non è, invece, preclusa al Collegio di Garanzia la valutazione sulla corretta applicazione fatta dai giudici federali delle disposizioni federali o l’esame di decisioni nelle quali una sanzione è stata irrogata in carenza di una adeguata motivazione sull’effettiva responsabilità del soggetto deferito nella vicenda contestata. Questo Collegio di Garanzia ha, quindi, affermato (con le decisioni delle Sezioni Unite n. 44 del 13 giugno 2017 e n. 5 del 2 febbraio 2018) che “secondo l’interpretazione adottata dalla stessa Cassazione, la attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., pur non menzionando espressamente la motivazione della sentenza e la sua coerenza logica, e pur comportando una “riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità”, tuttavia, comprende le ipotesi della “motivazione apparente”, del “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (così Cass., SS.UU., n. 8054 del 2014; e conf. Cass., Sez. lav., 8.3.2016, n. 4505). In questi ristretti limiti, esclusa la rilevanza di un semplice difetto di sufficienza, il vizio di inadeguatezza e incoerenza motivazionale rimane scrutinabile in sede di legittimità”. Peraltro, le Sezioni Unite hanno evidenziato che i motivi di ricorso al Collegio di Garanzia enunciati dall’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva presentano una formula più ampia rispetto a quella prevista dall’art. 360, n. 5, c.p.c., poiché, mentre quest’ultimo circoscrive la censura all’omesso esame circa un fatto decisivo, il primo ammette il ricorso (oltre che per “violazione di norme di diritto”) anche “per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”, con la conseguenza che “Se il testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c. consente alla Cassazione uno scrutinio – sia pure assai limitato – della motivazione, si deve ritenere che, a maggior ragione, tale sindacato sia permesso al Collegio di Garanzia, il quale, oltre a verificare che di nessun fatto decisivo sia stato omesso l’esame, ben può estendere la sua indagine alla sufficienza della motivazione, ancorché rimanendo sul piano logico e formale e senza rinnovare valutazioni di merito”. Le Sezioni Unite hanno poi precisato che “Quanto al requisito della sufficienza, occorre considerare che esso non può essere vagliato su un piano puramente quantitativo, come se dipendesse soltanto dal numero degli argomenti portati a sostegno di una decisione, ma deve necessariamente apprezzarsi anche su un piano qualitativo. Il che fatalmente comporta una verifica della sufficienza, intesa come congruità ed adeguatezza, sia pure – si ribadisce – su un piano logico e formale, dello svolgimento motivazionale”. Con la recente decisione n. 18 del 19 marzo 2020, la Sezione Prima ha, quindi, affermato che non è scrutinabile dal Collegio di Garanzia qualsiasi vizio motivazionale, ma occorre che: a) il vizio, ove esistente, possa condurre alla riforma della sentenza impugnata; b) si tratti di un vizio atto ad attingere all’esistenza stessa della motivazione, quale si può ravvisare anche in caso di motivazione apparente, di contrasti irriducibili tra affermazioni inconciliabili, ovvero, ancora, di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile; c) deve comunque trattarsi di un vizio che non consista in una mera critica della motivazione, cioè in una pretesa revisione del “ragionamento decisorio” seguito dal Giudice di merito. Facendo applicazione di tali principi, nella fattispecie, tenuto conto delle valutazioni fatte dalla CFA, come evincibili dalla motivazione della decisione impugnata, mentre per alcune delle posizioni soggettive, compiutamente esaminate dalla CFA, questo Collegio non può sovrapporre proprie valutazioni a quelle operate dalla CFA e congruamente motivate nella decisione impugnata, con la conseguente preclusione ad una rinnovata valutazione dei fatti che hanno condotto all’irrogazione delle relative sanzioni, in altri dei casi esaminati, nei quali la CFA ha omesso una adeguata motivazione sui comportamenti dei deferiti e sulla loro correlazione con le sanzioni applicate o ha omesso l’esame e la valutazione di fatti assolutamente rilevanti ai fini dell’affermazione della responsabilità disciplinare, con la conseguente non corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla stessa CFA (circa la natura non oggettiva della responsabilità disciplinare), le valutazioni di questo Collegio sono di legittimità e non possono ritenersi precluse dai limiti del suo sindacato.Ancora in via generale, trattandosi di censure sollevate da numerosi ricorrenti, il Collegio deve osservare, che, ai sensi dell’art. 21 delle NOIF, non si può escludere una possibile responsabilità degli amministratori della società calcio Palermo nei due anni precedenti il fallimento, in relazione alla circostanza che il Tribunale ordinario di Palermo, Sez. IV Fallimentare, con decisione del 21 marzo 2018, aveva respinto una prima istanza di fallimento, né in relazione all’ulteriore circostanza che il fallimento è stato poi dichiarato (anche) per effetto di eventi sopravvenuti e per le condotte fraudolente della nuova proprietà, tenuto conto che, come si evince chiaramente dagli atti, e come ha ben ricordato la Corte Federale nelle decisione impugnata, le azioni degli amministratori sanzionati, ciascuno con riferimento alle attività o al ruolo rivestito nelle diverse fasi della storia della società negli ultimi due anni, sono state chiaramente concausa del fallimento. Infatti, quando la società è passata alla nuova proprietà di Tuttolomondo, dopo la mancata iscrizione al campionato e lo svincolo dei calciatori, il dissesto era conclamato e il fallimento è stato una conseguenza anche di tale dissesto. Sul punto correttamente la CFA (a pag. 23 della decisione) ha affermato che le condotte del nuovo amministratore unico “che saranno eventualmente valutate in altro e diverso procedimento… appaiono solo la causa finale della decisione del tribunale fallimentare di Palermo, a fronte di una situazione conclamata di decozione ed una situazione debitoria per decine di milioni di euro”.E sempre correttamente la CFA ha aggiunto che “la mancata contestazione delle condotte all’ultimo amministratore… non interrompe affatto il nesso causale, né impedisce una lineare e completa valutazione delle condotte concatenanti e connesse che costituisce il compito degli organi giudicanti, alla luce della documentazione disponibile che consente una puntuale ricostruzione dei fatti”. Sempre in via generale, in relazione alla natura della responsabilità dettata dall’art. 21 delle NOIF, il Collegio, nel ribadire che tale responsabilità non può essere oggettiva, ma deve essere legata ai comportamenti personali, ritiene di dover evidenziare che, ai fini della valutazione sui comportamenti degli amministratori, occorre fare riferimento anche al principio secondo cui l’amministratore non operativo, con la riforma del diritto delle società, non ha più un obbligo di vigilanza generalizzata (art. 2392 c.c.), ma è responsabile secondo il principio dell’agire informato, di cui all’ultimo comma dell’art. 2381 c.c. Con la conseguenza che gli amministratori deleganti devono chiedere costantemente aggiornamenti agli amministratori delegati circa le attività svolte e la situazione della società, al fine di assumere poi decisioni ponderate, e rispondono delle loro scelte nei limiti delle informazioni ricevute e delle scelte prudenzialmente operate o se hanno omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 53/2020 del 27 ottobre 2020
Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale di Appello n. 0004/CFA del 25 settembre 2019, pubblicata in data 7 ottobre 2019 in relazione al ricorso proposto dal tesserato R. D'A. avverso la decisione in epigrafe, che ha confermato la sanzione della squalifica del ricorrente per un anno per la posizione irregolare del calciatore A. D. V. in occasione di alcune gare del campionato 2018/2019 disputate con la società San Salvo.
Parti: R. D'A./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Confermata la decisione della CFA che ha squalifica il tesserato per un anno per la posizione irregolare del calciatore che ha disputato 17 gare del campionato Promozione.
Massima: E’ pacifico al riguardo che il Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura della sanzione solo se la stessa è irrogata in palese violazione dei relativi presupposti di fatto e di diritto, il che non si verifica nella specie. Il Giudice di merito ha infatti precisato, come pure sul punto rilevato dalla difesa della Federazione, che la misura della sanzione irrogata a ciascuno dei soggetti deferiti è stata determinata "secondo il grado di responsabilità ascrivibile a ciascuno dei reclamanti in virtù della posizione assunta all'interno della società".
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 78 del 10/12/2018
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello, Sezioni Unite, della FIGC, pubblicata con C.U. n. 022/CFA del 22 agosto 2018, limitatamente alla parte in cui ha statuito e riconosciuto la responsabilità del ricorrente per aver impiegato, nell’attività gestionale e sportiva del Foggia Calcio s.r.l., somme derivanti dalla commissione di attività illecite, infliggendogli la sanzione della inibizione per anni tre.
Parti: F. S./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Inammissibile è la censura concernente la misura della sanzione inflitta. Premesso che il Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura della sanzione solo se la stessa è irrogata in palese violazione dei relativi presupposti di fatto e di diritto, tanto comunque non si verifica nella specie. Il giudice di merito ha, infatti, deciso tenendo conto “della entità del denaro in contante ricevuto ed utilizzato rispetto alle poste complessive del bilancio della società”, il che rende oggettivamente verificabile il percorso logico seguito dalla Corte (prescindendo da ogni verifica di congruità della sanzione, evidentemente non di competenza di questo Collegio).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima: Decisione n. 60 del 20/09/2018
Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva d’Appello della F.I.G.C. pubblicata con il C.U. n. 025/CFA (2018-2019) in Roma il 29 agosto 2018 pubblicata nel solo dispositivo il 9 agosto 2018, rilevando il litisconsorzio necessario tra i procedimenti riguardanti A.C. Chievo Verona Srl e A.C. Cesena SpA - di cui alla decisione del T.F.N. pubblicata con il C.U. n. 10/TFN del 25 luglio 2018 (che aveva inflitto al Cesena la penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2018/2019, per la violazione dell’art. 4, commi 1 e 2, C.G.S. F.I.G.C.) - ha rimesso gli atti al Giudice di Primo Grado endofederale.
Parti: Virtus Entella S.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: In riforma dalla decisione della CFA, la sanzione inflitta alla società va eseguita nel Campionato 2017/2018 e non in quello 2018/2019…Questo Collegio, dunque, viene investito dalla ricorrente della decisione sulle modalità con cui la sanzione attinente la penalizzazione del Cesena dev’essere scontata, ai sensi degli artt. 16, comma 1, e 18, comma 1, lett. G) ed H), C.G.S. CONI. Virtus Entella Srl, infatti, aveva espressamente richiesto la riforma della decisione di primo grado relativamente alla individuazione della stagione sportiva nella quale la A.C. Cesena SpA dovesse scontare la sanzione stessa.La Corte ha omesso di pronunciarsi sul punto e, quindi, il Collegio deve supplire a tale carenza. Il principio inderogabile da applicarsi è quello più volte ribadito dalla giustizia sportiva, secondo cui, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18, comma 1, lett. G), del C.G.S. CONI la penalizzazione di uno o più punti in classifica va scontata nella stagione sportiva in corso, essendo legittimo irrogare la sanzione nella stagione sportiva seguente solo nel caso in cui si appalesi non efficace in quella in corso. Nella fattispecie, il procedimento sanzionatorio ha avuto inizio quando le gare della stagione sportiva 2017/2018 si erano appena concluse e non aveva ancora avuto corso il procedimento per determinare i partecipanti alla nuova stagione sportiva, quindi non era stato compiuto alcun atto irreversibile. Inoltre, pare del tutto peculiare il caso riguardante la A.C. Cesena SpA che, essendo stata dichiarata fallita, non si sa se ed a quale campionato potrà partecipare in futuro. Quindi, l’unica possibilità per rispettare l’imprescindibile principio di afflittività è quello di applicare la sanzione nella stagione sportiva 2017/2018, rideterminando opportunamente la classifica finale del campionato di serie B e, così, dando atto dell’avvenuta retrocessione della A.C. Cesena SpA attraverso un semplice scorrimento di classifica stessa, lasciando alla F.I.G.C. ed alla Lega di Serie B l’adozione dei conseguenti provvedimenti.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 42 del 20/07/2018
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello FIGC, di cui al C.U. n. 078/CFA del 22 gennaio 2018, resa nel procedimento promosso, tra gli altri, a seguito di ricorso presentato dai sig.ri S. M. e A. N. d’A., nella parte in cui, in accoglimento del ricorso proposto dagli incolpati, in riforma della decisione resa in primo grado dal Tribunale Nazionale Federale della FIGC – Sezione Disciplinare (C.U. n. 11/17 TFN del 25 settembre 2017), è stato dichiarato il difetto di giurisdizione sportivo-disciplinare degli Organi della giustizia federale e, per l’effetto, sono state annullate le sanzioni agli stessi inflitte all’esito del giudizio di primo grado (inibizione di un anno e ammenda di € 20.000,00 in capo al sig. S. M., per violazione dell’art. 1 bis, comma 1, ed art. 12, commi 1, 2 e 9 CGS; inibizione di un anno e tre mesi ed ammenda di € 20.000,00 in capo al sig. A. N. D’A., per violazione dell’art. 1 bis, comma 1 ed art. 12, commi 1, 2 e 9 CGS); Decisione della Corte Federale d’Appello FIGC - Sezioni Unite, di cui al C.U. n. 078/CFA del 22 gennaio 2018, nella parte in cui la Corte Federale d’Appello ha respinto il ricorso del dott. C. e, per l’effetto, ha confermato le sanzioni allo stesso inflitte all’esito del giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale Federale (inibizione di un anno ed ammenda di € 20.000,00), per violazione dell’art. 12, commi 1 e 2, CGS; Decisione emessa dalla Corte Federale d’Appello presso la FIGC, pubblicata il 22 gennaio 2018 con il C.U. n. 078/CFA, che, in parziale accoglimento dei ricorsi proposti dal Procuratore Federale FIGC e dalla stessa società Juventus, con riferimento alla posizione della medesima predetta società, ha rideterminato la sanzione dell’ammenda irrogata alla Juventus F.C. S.p.A. nella misura di € 600.000,00, oltre alla chiusura del settore denominato “Tribuna (Curva) Sud” dello stadio Allianz Stadium di Torino, in occasione della prima partita del Campionato di Serie A dell’anno 2018;
Parti: Procura Generale CONI/Federazione Italiana Giuoco Calcio/S. M./A. N. D'. F. C./Federazione Italiana Giuoco Calcio Juventus F.C. S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale CONI
Massima: L’entità della sanzione irrogata sfugge, peraltro, alla valutazione di questo Collegio in ragione della sua natura di organo di legittimità.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezione Prima: Decisione n. 31 del 01/06/2018 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione n. 44, assunta dalla Commissione di Disciplina di Appello dell’AIA il 20 febbraio 2018, pubblicata con Comunicato n. 65 in pari data, con la quale è stata respinta l’impugnazione proposta dal sig. L. avverso la decisione della Commissione di Disciplina Nazionale, adottata con delibera n. 20 del 27 novembre 2017 e pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 55 in pari data, relativa alla sanzione della sospensione per mesi cinque dal 27 aprile 2018 al 26 settembre 2018
Parti: L.S./Associazione Italiana Arbitri
Massima: La pretesa abnormità della sanzione è inammissibile, poiché, in questa Sede, può essere valutata la legittimità della misura della sanzione, solo se la stessa è stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza (Coll. Garanzia, SS. UU., 22-6-2017, n. 46, ex multis). Infatti, i presupposti di fatto sono stati confermati dal medesimo ricorrente e quelli di diritto prevedono espressamente la sanzione inflitta.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezione Seconda: Decisione n. 51 del 12/07/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C., Sezioni Unite (disp. C.U. n. 103/CFA del 10 febbraio 2017 e motivazioni C.U. n. 112/CFA del17 marzo 2017), con la quale, in parziale accoglimento dei ricorsi riuniti, è stata rideterminata in mesi 21 la sanzione dell’inibizione comminata al dott. Pastore Vincenzo, già presidente del Comitato Regionale Campania L.N.D..
Parti: Vincenzo Pastore/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Con il quinto ed ultimo motivo, il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione in ordine all'entità della pena inflitta. La CFA, a dire del ricorrente, a fronte dell'annullamento di 3 capi d'incolpazione su 6 e della dichiarata eccessività della sanzione per un altro capo, illogicamente avrebbe ridotto la sanzione di soli 3 mesi; anzi, disponendo, come richiesto, la riunione dei procedimenti e l'applicazione dell'istituto della continuazione, avrebbe di fatto operato una illegittima reformatio in peius. Inoltre, la Corte avrebbe errato nel disattendere la richiesta del ricorrente di applicazione dell'istituto della continuazione fra questi tre procedimenti e le decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport, già passate in giudicato, ossia la decisione di 6 mesi di inibizione (n. 49/2016) e la decisione di anni 1 di inibizione (n. 10/2017). Il motivo è innanzitutto inammissibile. Invero, deve ribadirsi che innanzi a questo Collegio, ove si celebra un giudizio di mera legittimità, non sono scrutinabili motivi con cui si muovono censure di merito segnatamente alla congruità della sanzione comminata. Dunque, alla stregua delle deduzioni formulate in ricorso, questo Collegio non rileva nel capo della decisione che ha rideterminato la sanzione - in 21 mesi di inibizione - alcuna violazione di norme di diritto, peraltro neanche dedotta, né alcun vizio di motivazione né, tanto meno, la dedotta contraddittorietà o illogicità, non ravvisandosi comunque, nell’entità della sanzione inflitta al ricorrente, profili di palese incongruità o sproporzione. Il motivo è, comunque, anche infondato. Come riferito dal ricorrente, la CFA ha annullato due dei quattro capi d'incolpazione (i capi c) e d) del deferimento del 30 giugno 2016), rideterminando l'originaria sanzione, di mesi 18 d'inibizione e di € 5.000,00 di ammenda, in quella di mesi 19 di inibizione. Orbene, sul punto l’impugnata decisione argomenta come segue. “Ai fini del trattamento sanzionatorio, dunque, quanto alla decisione del Tribunale federale nazionale di cui al Com. Uff. n. 13/TFN del 14.9.2016, oltre al dichiarato proscioglimento del dott. – omissis - dai capi di incolpazione di cui alle lett. c) e d), occorre tenere conto del fatto che non è possibile condividere l'aggravamento di pena determinato dal TFN in relazione ad un asserito (e non motivato) comportamento processuale "scarsamente collaborativo assunto dal deferito nel corso dell'intero procedimento”….Tutto ciò conduce ad una riduzione della sanzione. Ritiene, questa Corte che il proscioglimento dai due suddetti capi di incolpazione giustifichi una riduzione di mesi 6 complessivi della sanzione della inibizione. Una ulteriore riduzione di mesi due di inibizione deve essere, poi, riconosciuta in relazione al disconosciuto fondamento dell'aggravamento di pena sancito in prime cure per il ritenuto comportamento non collaborativo del deferito. Tuttavia, la sanzione così, per un verso, complessivamente rideterminata in mesi dieci di inibizione deve essere, per altro verso, aggravata in modo consistente e significativo per le seguenti ragioni: visto l'art. 37 CGS, rivalutate, in fatto e in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza, considerato il contesto complessivo della vicenda, tenuto conto della gravità dei fatti e delle violazioni contestate nei capi di incolpazione sub a) e b) del deferimento, qui, sub II e del loro correlato disvalore sul piano disciplinare-sportivo, tenute presenti le inevitabili ricadute della vicenda sia in termini di lesione di immagine per la FIGC, sia in termini di offesa alla credibilità del sistema sportivo nel suo complesso considerato, ritenuta la gravità delle condotte di cui trattasi, atteso il ruolo apicale rivestito dal dott. Pastore e la sua lunga esperienza e conoscenza, maturata all'interno del Comitato regionale Campania, ritiene, questa Corte, che la predetta sanzione "base" della inibizione di mesi dieci debba essere raddoppiata (mesi venti, quindi), con esclusione, tuttavia, della sanzione dell'ammenda. Tenuto, altresì, conto del minor grado di riprovevolezza o, meglio, del complessivo minor disvalore disciplinare-sportivo rinvenibile nella fattispecie della pluralità di condotte omissive legate dal requisito della continuazione, quali quelle, appunto, oggetto della fattispecie, ritiene, questa Corte, che la sanzione debba essere ridotta di mesi uno di inibizione, così, quindi, rideterminando in complessivi mesi diciannove, la sanzione della inibizione da infliggere al. dott. Pastore per il primo dei deferimenti di cui trattasi. Quanto alla decisione del Tribunale federale nazionale di cui al Com. Uff. 35/TFN del 30.11.2016 (sanzione inibizione mesi tre + ammenda euro 1.500), relativo al deferimento della Procura federale di cui al provvedimento nota n. 1950/811 pfl 5-16 SP/blp del 18.8.2016, ritiene questa Corte, che la stessa, in applicazione dell'istituto della continuazione, possa essere ridotta a mesi due, con esclusione della sanzione dell'ammenda”. Come è agevole rilevare dalla riportata motivazione, innanzitutto è incontrovertibile il dato per cui la sanzione dell’inibizione è stata complessivamente ridotta di tre mesi ed è stata totalmente annullata la sanzione, di importo non trascurabile, dell’ammenda; di talché è patentemente destituita di fondamento ogni censura di violazione del divieto di reformatio in pejus. D’altra parte, la riportata motivazione è costruita su un incedere argomentativo serrato e strettamente consequenziale; il che esclude in radice che possa configurarsi il vizio di difetto di motivazione o di motivazione illogica o contraddittoria. Ancora una volta, con le censure in commento, il ricorrente pretenderebbe, in ultima analisi, di rideterminare da sé la propria sanzione, sostituendo inammissibilmente proprie valutazioni a quelle date dalla CFA.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Seconda Sezione: Decisione n. 21 del 27/03/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: decisione n. 8 del 14 ottobre 2016 assunta dalla Commissione di Disciplina d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Associazione Italiana Arbitri,
Parti: M.B.D.P./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Associazione Italiana Arbitri.)
Massima: Come evidenziato dalla difesa dell’A.I.A., infatti, le doglianze volte a sindacare l’operato della Procura Arbitrale e la proporzionalità della misura sanzionatoria inflitta dai giudici di merito avrebbero dovuto essere proposte attraverso specifici motivi di appello avverso la delibera di primo grado della Commissione Nazionale, nei termini e nei modi previsti dal Regolamento A.I.A., e non possono quindi trovare ingresso nel presente giudizio, che ha un oggetto più circoscritto e, in particolare, limitato esclusivamente al sindacato di legittimità sulla pronuncia che ha definito il giudizio di revisione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite : Decisione n. 19 del 07/03/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello FIGC, Sezioni Unite, pubblicata nelle motivazioni, con C.U. n. 118/CFA del 4 maggio 2016, con cui, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal medesimo ricorrente V.N., è stata rideterminata, in capo allo stesso, la sanzione della squalifica, nella misura di 3 anni, e dell’ammenda, nella misura pari a € 60.000, 00, per l’asserita violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva, relativamente alla gara Monza – Torres del 17/12/2014, nonché dell’art. 7, comma 7, del Codice, relativamente alla gara Torres – Pro Patria dell’11/01/2015; decisione della Corte Federale d’Appello FIGC, Sezioni Unite, pubblicata nelle motivazioni, con C.U. n. 118/CFA del 4 maggio 2016, con cui, in parziale riforma della decisione di primo grado, è stata irrogata, in capo al ricorrente A.U., la sanzione della squalifica per 4 anni e dell’ammenda pari a € 50.000, 00;
Parti: Avv. V. N./Federazione Italiana Giuoco Calcio - A. U./ Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: “Il Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza.” (Coll. Gar. CONI, Sez. Un., 10 agosto 2015, n. 35). Nella fattispecie, tuttavia, non si ravvisa l’esistenza di alcuno dei presupposti sopra indicati. La sanzione irrogata, già ridotta nella sua misura dalla Corte Federale, non risulta, infatti, erronea per la valutazione degli elementi di fatto o di diritto esaminati né può ritenersi manifestamente incongrua o sproporzionata nella misura. Atteso che la sanzione irrogata rientra nell’ambito di quelle astrattamente applicabili in relazione alla fattispecie contestata, la sua determinazione non può formare oggetto di censura, perché ciò significherebbe riconoscere a questo Collegio il potere di sostituirsi al Giudice Federale nella determinazione della sanzione ritenuta più congrua [nello stesso senso v. Coll. Gar. CONI, Sez. II, 14.2.2017, n. 13, ove si ribadisce che la “concreta determinazione (n.d.r. della sanzione) è rimessa alla valutazione del Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove si collochi nell’ambito stabilito dalla norma sanzionatoria e sia assistita da una congrua motivazione”; nello stesso senso, cfr. pure Coll. Gar. CONI , 13.5.2015, n. 14].
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Seconda Sezione: Decisione n. 49 del 18/10/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale della F.I.G.C., pubblicata, in motivazione, sul C.U. n. 12/CFA del 28 luglio 2016
Parti: V. P./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il quinto motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 6, C.G.S. – FIGC, in riferimento all’art. 19, commi 1 e 3, del medesimo codice. Il ricorrente deduce l’illegittimità della decisione impugnata per non aver chiarito l’iter argomentativo che ha determinato la sanzione inflitta e per aver confermato la medesima sanzione stabilita nella sentenza di primo grado (inibizione nella misura di sei mesi), nonostante l’intervenuto proscioglimento del ricorrente per i capi di incolpazione di cui alle lett. b), c) e d). Da ciò ricava la violazione del principio di proporzionalità della sanzione. La censura è fondata. Sebbene, infatti, la sanzione inferta dai giudici di secondo grado rientri nel novero di quelle astrattamente applicabili alla fattispecie, ai sensi degli artt. 1 bis e 19 C.G.S. - FIGC – non potendosi configurare, sotto questo profilo, vizi di legittimità - la decisione appare viziata per aver omesso di illustrare le ragioni che hanno determinato il mantenimento della sanzione di sei mesi di inibizione, inflitta in primo grado, nonostante il proscioglimento dell’odierno ricorrente, in grado di appello, dai capi b), c) e d) di imputazione. La motivazione sul punto, infatti, si limita ad affermare di aver rivalutato in fatto e in diritto le risultanze del procedimento di prima istanza, ma ha omesso di illustrare le valutazioni fattuali e gli argomenti logici e giuridici che hanno indotto a tener ferma la misura della sanzione sebbene sia stato pronunciato il proscioglimento per tre capi di imputazione. Da qui la necessità che la Corte d’Appello Federale della FIGC rinnovi la valutazione in ordine alla misura sanzionatoria inflitta fornendo un’adeguata motivazione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 4 del 22/01/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello, pubblicata sul C.U. n. 019/CFA dell’8 settembre 2015
Parti: F.C. Forlì Calcio s.r.l. /Federazione Italiana Giuoco Calcio/Savona F.B.C. s.r.l./S.S. Teramo Calcio s.r.l. S.S. Teramo Calcio s.r.l. /Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Professionisti Serie B/Lega Italiana Calcio Professionistico/Ascoli Picchio F.C. 1898 S.p.a./A.S. Gubbio 1910 s.r.l./ F.C. Forlì Calcio s.r.l./San Marino Calcio s.r.l. Luciano Campitelli/ Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Professionisti Serie B/Lega Italiana Calcio Professionistico/Ascoli Picchio F.C. 1898 S.p.a./A.S. Gubbio 1910 s.r.l./ F.C. Forlì Calcio s.r.l./San Marino Calcio s.r.l. Marco Barghigiani/ Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti/Procura Federale FIGC/Procura Generale Sport CONI Davide Matteini/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Federale FIGC/Procura Generale Sport CONI Ercole di Nicola/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Corte Federale D’Appello FIGC Marcello Di Giuseppe/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Corte Federale D’Appello FIGC Savona FBC s.r.l./ Federazione Italiana Giuoco Calcio/Corte Federale D’Appello FIGC/Procura Federale FIGC/Lega italiana Calcio Professionistico/Ascoli Picchio F.C. 1898 S.p.a./A.S. Gubbio 1910 s.r.l./ F.C. Forlì Calcio s.r.l./San Marino Calcio s.r.l.
Massima: Annullata con rinvio la decisione della CFA in ordine alle sanzioni inflitte alle società affinchè rinnovi la valutazione delle circostanze aggravanti…Nella medesima il Savona FBC è stato condannato per responsabilità oggettiva, per gli addebiti contestati a B. e C., alla penalizzazione di punti 6 e all’ammenda di € 30.000,00. Nella decisione si dà atto che nei confronti del Savona Calcio trova applicazione anche l’aggravante prevista dall’art. 7, comma 6, CGS. Non è tuttavia del tutto intellegibile il percorso logico seguito dalla Corte Federale di Appello che ha irrogato per il medesimo fatto la pena edittale indicata, valutata sotto il profilo di una duplice responsabilità oggettiva, con l’aggravante prevista dall’art. 7, comma 6. Dalla pluralità di illeciti attribuibili a diverso titolo a soggetti appartenenti al medesimo sodalizio non discende anche una pluralità di illeciti commessi dalla società, ma un solo illecito con una sola responsabilità prevista per ipotesi diverse a seconda della condotta tenuta (così la responsabilità diretta, oggettiva o presunta). Ad una attenta riflessione, infatti, poiché nel caso in questione è stato commesso un solo illecito imputabile alla Società, l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS non può trovare applicazione se l’illecito commesso è unitario, ma solo nell’ipotesi in cui vi sia stata alterazione dello svolgimento o del risultato di gara ovvero la società ne abbia tratto un vantaggio in classifica. Quanto al Teramo Calcio la sanzione irrogata è a titolo di responsabilità diretta, oggettiva e presunta, con l’aggravante dell’art. 7, comma 6, CGS. Tenuto conto che l’illecito commesso ha ad oggetto lo svolgimento di una sola partita, la pluralità di sanzioni per un solo illecito, di cui all’art. 7, comma 1, non trova oggettiva declinazione nell’art. 7 CGS. Le ipotesi nel medesimo indicate con riguardo alla società (responsabilità diretta, oggettiva o presunta) non sono cumulative, ma alternative; con la conseguenza che non è possibile irrogare ad una medesima società più sanzioni a titolo diverso per il medesimo illecito sportivo. Non è del resto insignificante che il sistema consenta di penalizzare più pesantemente la società nel caso in cui ricorra un’aggravante di cui all’art.7, comma 6, CGS. In questa ipotesi l’aggravante dell’unico illecito sportivo riguarda esclusivamente l’alterazione dello svolgimento o del risultato ovvero il vantaggio conseguito in classifica. La diversa ipotesi di più illeciti sportivi non può applicarsi se un solo illecito sia stato commesso da più persone appartenenti al medesimo sodalizio, ma se oggettivamente siano diversi o più numerosi i fatti illeciti commessi (ad esempi più incontri). Di qui l’esigenza di un rinnovo della valutazione delle circostanze aggravanti alla luce del principio indicato.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 2 del 14/01/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello della F.I.G.C., pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 24/CFA del 16 settembre 2015, che ha comminato a P. G. C. la sanzione della inibizione per anni 4, oltre all’ammenda pari ad euro 50.000 ed alla Società Catania Calcio S.p.A., la sanzione della retrocessione all’ultimo posto del Campionato di Serie B 2014/2015 della penalizzazione di nove punti in classifica, da scontarsi nel Campionato di competenza della stagione sportiva 2015/2016 oltre ad un’ammenda pari ad euro 150.000, a titolo di responsabilità diretta in ordine alle violazioni ascritte al Presidente e legale rappresentante della società medesima (A. P.) ed all’amministratore delegato (P.G. C.)
Parti: P. G. C./Federazione Italiana Giuoco Calcio, Catania Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Federale FIGC/Virtus Entella s.r.l.
Massima: Questo Collegio di Garanzia ha, infatti, già affermato che la legittimità della misura di una sanzione può essere valutata dal Collegio solo se la stessa è stata irrogata in chiara violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza (decisione n. 35 del 10 agosto 2015). Nella fattispecie la sanzione irrogata non può ritenersi irrogata in chiara violazione dei presupposti di fatto prima ricordati o di norme di diritto e non risulta peraltro nemmeno manifestamente irragionevole tenuto anche conto della già avvenuta applicazione dell’art. 24 del CGS e della riduzione della sanzione già disposta dalla stessa Corte Federale.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite : Decisione n. 67 del 11/12/2015 – www.coni.it
Decisione impugnata: decisione emessa in data 23 settembre 2015 (e pubblicata in data 1 ottobre 2015) dalla Corte Federale di Appello a Sezioni Unite presso la F.I.G.C. (C.U. n. 032/CFA 2015/2016), con la quale è stata confermata l'inibizione per 4 mesi comminata dalla Sezione disciplinare del Tribunale Federale Nazionale (C.U. n. 3/TNF del 7 luglio 2015)
Parti: L.R. /Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Invero deve ribadirsi che innanzi a questo Collegio, ove si celebra un giudizio di mera legittimità, non sono scrutinabili motivi con cui si muovono censure di merito alla congruità della sanzione comminata. Ciò posto, alla stregua delle deduzioni formulate in ricorso, questo Collegio non rileva, nel capo della decisione che ha confermato la sanzione di 4 mesi di inibizione, alcuna violazione di norme di diritto, peraltro neanche dedotta, né alcun vizio di motivazione né, tanto meno, la dedotta intrinseca contraddittorietà, non ravvisandosi comunque, nell’entità della sanzione inflitta al ricorrente, profili di palese incongruità o sproporzione. Conclusivamente, per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere respinto.