F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione II – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 28/CSA del 22 Settembre 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 122/CSA del 27 Aprile 2017 (dispositivo) – RICORSO DEL SIG. PRISCO ARMANDO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 3 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO GARA FINALE/SAVONA DEL 9.4.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale – Com. Uff. n. 117 dell’11.4.2017)
RICORSO DEL SIG. PRISCO ARMANDO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 3 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO GARA FINALE/SAVONA DEL 9.4.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale – Com. Uff. n. 117 dell’11.4.2017)
La società SSD Savona F.B.C. A.R.L. ha proposto reclamo, nell’interesse del sig. Armando Prisco, avverso la sanzione della squalifica, giusta Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale del giorno 11.4.2017, per 3 giornate effettive di gara, inflitta allo stesso, per i fatti occorsi nella gara : Finale/Savona del 9.4.2017.
Avverso tale determinazione la società SSD Savona F.B.C. A.R.L ha proposto, nell’interesse del calciatore, appello chiedendo la riduzione della sanzione a 2 giornate di squalifica.
Nel merito.
Al termine della gara sopra indicata, il Prisco si avvicinava ad un giocatore avversario e, poggiata la testa contro quella di quest’ultimo, lo spingeva facendolo cadere in terra.
Veniva quindi allontanato dai suoi compagni di squadra.
L’appellante, nei motivi di ricorso, non ha contestato la dinamica del fatto, ma ha segnalato la erroneità del primo giudice nel configurare la fattispecie in esame come violenta.
Invero, secondo la parte ricorrente per poter qualificare violento un comportamento è necessario il requisito della volontarietà di arrecare un danno alla integrità fisica dell’avversario indipendentemente da “ ogni tensione sportiva”.
Conseguentemente il fatto in contestazione deve essere esattamente definito nella ipotesi di cui alla lettera a), comma 4, dell’art. 19 C.G.S..
In altri termini, per l’appellante la mancanza di ogni pregiudizio fisico dell’avversario in conseguenza della condotta da questi posta in essere, in uno con la mancata volontarietà di provocare un nocumento all’avversario, comporta che la vicenda in esame deve qualificarsi come comportamento gravemente antisportivo e non già violento e la esatta definizione della sanzione deve, poi, tener conto dell’attenuante, per assenza di precedenti specifici, nonché della peculiare tensione agonistica della gara.
Osserva la Corte.
La tesi sostenuta della società appellante non può essere condivisa.
Preliminarmente è necessario considerare che la avanzata contestualizzazione, quale giustificazione dell’episodio, non può, in nessun modo, superare la gravità del comportamento tenuto dal tesserato, né costituire motivo per una attenuante, nei termini richiesti dalla parte, circa l’entità della sanzione irrogata.
E’ dovere di ciascun calciatore e di ogni tesserato, mantenere, sempre, un comportamento corretto ed adeguato nei confronti degli avversari, del direttore di gara e dei suoi collaboratori anche in contesti di elevata tensione agonistica.
Quanto alla non condivisa configurazione giuridica della fattispecie contestata, la Corte rileva che gli indici proposti nell’atto di appello per individuare un comportamento violento, invero, costituirebbe una probatio diabolica a carico dell’accusa, chiamata a dimostrare il reale intento del comportamento posto in essere, peraltro contemplato nelle sole evenienze a dolo specifico, ma estraneo, comunque, alla presente vicenda.
Né può utilizzarsi, a tal proposito, il fatto che il comportamento posto in essere abbia o meno provocato un nocumento fisico all’avversario.
Sul primo punto è sufficiente rilevare che ciò che conta, ai fini della esatta individuazione della fattispecie astratta prevista dal Codice di Giustizia Sportiva e in questa sede contestata, non è già il fine che l’autore si propone, quanto piuttosto la consapevolezza e la volontà dell’azione posta in essere, la cui esistenza, nella presente vicenda, non è revocabile in dubbio.
Così come non può assumere dirimente valenza, per definire violento il comportamento assunto, il pregiudizio fisico provocato all’avversario, che, in realtà, può mancare per fattori fortuiti e/o soggettivi, senza che ciò possa modificare la natura del comportamento posto in essere.
Nel caso di specie, la dinamica del fatto contestato si inquadra, all’evidenza, in un contesto di oggettiva prevaricazione e dimostrata preponderanza fisica manifestata attraverso un atteggiamento altamente provocatorio (poggiava la testa su quella dell’avversario) cui è seguita una spinta violenta, tanto da far perdere l’equilibrio all’avversario e desistendo dal proseguire tale azione solo per l’intervento dei compagni.
Ritiene, pertanto, la Corte che il contestuale comportamento altamente aggressivo ed offensivo nei confronti del calciatore avversario, interrotto solo per la viva opposizione dei calciatori presenti, deve configurarsi come condotta violenta.
Ebbene alla luce di tali considerazioni, la sanzione applicata al ricorrente dal Giudice Sportivo, contenuta nel minimo edittale, è equa e proporzionata al fatto contestato.
Per questi motivi la C.S.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Prisco Armando e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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