F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE III– 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 047CFA DEL 22/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 092/CFA DEL 6 APRILE 2018 RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGG.RI FERRI ALBERTO, BUZZETTI LEONARDO, SEIDITA LEONARDO E DELLE SOCIETÀ CS SCANDICCI 1908, ASD LA NUOVA POL. NOVOLI E ASD ATLETICA CASTELLO SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 5337/1271 PF 16/17 CS/GB DEL 18.12.2017 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 45/TFN del 01.03.2018)
RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGG.RI FERRI ALBERTO, BUZZETTI LEONARDO, SEIDITA LEONARDO E DELLE SOCIETÀ CS SCANDICCI 1908, ASD LA NUOVA POL. NOVOLI E ASD ATLETICA CASTELLO SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 5337/1271 PF 16/17 CS/GB DEL 18.12.2017 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 45/TFN del 01.03.2018)
La Procura Federale Interregionale ricorreva avverso la decisione assunta dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare (Com. Uff. n. 45/TFN del 01.03.2018) con la quale era stato disposto il proscioglimento dei signori Alberto Ferri, Leonardo Buzzetti e Leonardo Seidita e delle società CS Scandicci 1908, ASD La Nuova Pol. Novoli e ASD Atletico Castello, per mancato raggiungimento della piena prova dell’ascrivibilità ai medesimi delle condotte loro contestate.
La Procura Federale ne aveva proposto il deferimento ritenendo i suddetti atleti Ferri, Buzzetti e Seidita, all’epoca dei fatti rispettivamente tesserati per le società CS Scandicci 1908, ASD La Nuova Pol. Novoli e ASD Atletico Castello, responsabili di comportamenti discriminatori, razzisti ed lesivi della dignità dell’atleta Anin N’Kouma Cristian Duval, per aver proferito nei suoi confronti frasi ed ululati offensivi mentre assistevano dagli spalti alla partita Atletico Castello/Laurenziana disputatasi il 19.11.2013.
Ad avviso dell’appellante Procura, il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare non avrebbe tenuto nel debito conto la dichiarazione resa dal calciatore Tintori in data 16.7.2017, nella quale detto atleta aveva con precisione individuato nei suddetti atleti gli autori del gesto razzista.
Sempre ad avviso della medesima Procura, il Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare, avrebbe erroneamente ritenuto sussistenti incongruenze tra due diverse dichiarazioni del medesimo Tintori, laddove lo stesso ne avrebbe rilasciato una sola (la già citata dichiarazione del 16.7.2017).
Nella seduta del 6.4.2018, il rappresentante della Procura insisteva per l’accoglimento del proprio reclamo mentre i difensori dei citati atleti ne chiedevano il rigetto.
2. Il reclamo non merita accoglimento.
Preliminarmente, questo Collegio non può che concordare con quanto afferma la Procura federale con riferimento alla gravità dell’episodio razzista oggetto della presente decisione, non solo per la sua intrinseca valenza negativa ma, in particolare, in quanto maturato all’interno del contesto sportivo, caratterizzato e fondato sui valori di correttezza, lealtà ed integrazione, che un simile gesto offende gravemente.
D’altro canto, proprio in ragione della gravità dell’episodio, questo Collegio non può minimamente derogare ai principi che devono caratterizzare ogni procedimento sanzionatorio, così da riservare l’applicazione della sanzione alle sole ipotesi in cui vi sia la piena certezza della responsabilità dell’incolpato.
Ovviamente, diverso sarebbe stato il percorso istruttorio e gli oneri probatori che ne sarebbero derivati se la Procura avesse ritenuto di agire ai sensi dell’art. 11, comma 3 C.G.S..
In assenza di tale opzione accusatoria, questo Collegio non può che esaminare, in ossequio al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la fattispecie sottoposta al suo esame, all’interno della cornice fattuale e giuridica prospettatagli.
3. Venendo all’esame del caso di specie, non vi è dubbio che, come correttamente evidenziato dalla Procura federale, il Tintori abbia rilasciato un’unica dichiarazione, quella datata 16.7.2017, nella quale ha affermato di aver riconosciuto i tre atleti deferiti dalla Procura come gli autori del gesto razzista e ha altresì ricordato le società sportive di cui erano rispettivamente tesserati.
D’altro canto, le incongruenze rilevate dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare, seppur non emergono tra distinte dichiarazioni del Tintori, sono però evidenti dall’esame congiunto dell’unica dichiarazione del medesimo e di quelle rilasciate dall’atleta – offeso dal gesto razzista - Anin N’Kouma Cristian Duval (verbale del 7.7.2017) e dall’arbitro Panizzi (verbale del 3.7.2017).
Entrambe le due ultime dichiarazioni sono concordi nell’affermare che gli autori del gesto razzista erano solo due e che si trattava di due atleti del Novoli.
Tali dichiarazioni sono concordanti nonostante provengano da fonti diverse.
In particolare, l’atleta Anin N’Kouma Cristian Duval riferì di aver avuto tali notizie dal medesimo Tintori, mentre il Panizzi disse che aveva acquisto tali notizie dai dirigenti accompagnatori del Castello e della Laurenziana.
Inoltre, le medesime notizie l’arbitro Panizzi le riportò nel referto arbitrale che, a prescindere dalla particolare fede privilegiata che gli viene riconosciuta dall’art. 35 C.G.S., venne redatto nell’immediatezza dei fatti.
L’evidente difformità tra la dichiarazione rilasciata dal Tintori e quelle (tra loro concordanti) rilasciate dal Panizzi e da Anin N’Kouma Cristian Duval, rafforzate dalla particolare valenza del referto arbitrale, rende evidente, come già rilevato dal giudice di primo grado, che non può dirsi raggiunta, sulla base della sola dichiarazione del Tintori, la piena prova della responsabilità dei deferiti.
Questa, seppure particolarmente esauriente e dettagliata, non appare coerente con ben due dichiarazioni (tra loro concordanti) rilasciate da altri due soggetti, uno dei quali è la persona offesa che riferì quanto, a suo dire, ebbe a dirgli lo stesso Tintori, mentre l’altro è l’arbitro che riportò i medesimi fatti nel proprio referto.
Conclusivamente, questo Collegio non può che confermare l’incertezza del quadro probatorio emergente dalla lettura degli atti di causa e, pertanto, confermare il giudizio espresso dal giudice di primo grado.
Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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