F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE III– 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 122/CFA DEL 18/06/2019 MOTIVI CON RIFERIMENTO AL COM UFF 108 SEZ UNITE DEL 29 05 2019 RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO DI SERIE B STAGIONE SPORTIVA 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019) RICORSO DEL SIG. GIAMMARVA GIOVANNI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA DALL’8.11.2017 ALL’8.8.2018) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ART. 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019) RICORSO DEL SIG. MOROSI ANASTASIO (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COLLEGIO SINDACALE DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE EX ART. 19, COMMA 3 C.G.S. INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ARTT. 84, COMMI 1 E 3 E 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEL SIG. ZAMPARINI MAURIZIO ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 7.3.2017 E, SUCCESSIVAMENTE, CONSIGLIERE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 3.5.2018 SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019)
RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO DI SERIE B STAGIONE SPORTIVA 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019)
RICORSO DEL SIG. GIAMMARVA GIOVANNI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA DALL’8.11.2017 ALL’8.8.2018) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ART. 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019)
RICORSO DEL SIG. MOROSI ANASTASIO (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COLLEGIO SINDACALE DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE EX ART. 19, COMMA 3 C.G.S. INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ARTT. 84, COMMI 1 E 3 E 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019)
RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEL SIG. ZAMPARINI MAURIZIO ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 7.3.2017 E, SUCCESSIVAMENTE, CONSIGLIERE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 3.5.2018 SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019)
Con reclamo depositato in data 15 maggio 2019 l’U.S. Città di Palermo S.p.A., come rappresentata e difesa, ha proposto reclamo avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale, pubblicata sul n. 63/TFN del 13 maggio 2019, con la quale, per quanto interessa ai fini dell’odierno procedimento cautelare, la stessa predetta società è stata retrocessa all’ultimo posto del campionato di serie B della corrente stagione sportiva 2018/2019.
La società siciliana reclamante ritenendo erronea, infondata ed illegittima la decisione, in questa sede impugnata, ha formulato anche istanza cautelare «perché l’Ill.ma Corte Federale adita ovvero il suo Ill.mo Presidente, con provvedimento urgente eventualmente da emettersi inaudita altera parte, in attesa e nelle more che si celebri il presente procedimento di appello: sospenda, senza indugio e con effetti immediati, l’efficacia esecutiva del provvedimento emesso dal Tribunale Federale Nazionale qui gravato così che le Autorità sportive preposte siano tenute, in attesa della definizione del presente giudizio nel merito, a sospendere le gare dei playoff del campionato di serie B … ».
Con ricorso in data 15 maggio 2019 anche il Procuratore Federale ed il Procuratore Federale Aggiunto, letta la pronuncia del TFN nella parte in cui ha testualmente dichiarato «inammissibile il deferimento nei confronti di Zamparini Maurizio» (all'epoca dei fatti presidente del consiglio di amministrazione della società U.S. Città di Palermo sino al 7 marzo 2017 e, successivamente, consigliere del Consiglio di Amministrazione della società U.S. Città di Palermo sino al 3 maggio 2018), hanno proposto impugnazione avverso la medesima predetta decisione.
Con atto del 16 maggio 2019 avverso la decisione del Tribunale Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – di cui al Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019, ha proposto appello anche il sig. Giovanni Giammarva, nella parte relativa alla sanzione della inibizione di anni due inflitta nei suoi confronti.
Con reclamo in pari data anche il sig. Anastasio Morosi ha proposo appello avverso la sanzione, allo stesso irrogata, di anni 5 di inibizione con preclusione.
Letto il ricorso con correlata istanza cautelare avanzata dalla U.S. Città di Palermo s.p.a., il Presidente della Corte Federale d’Appello ha immediatamente fissato la seduta per l’esame della stessa, attese evidenti ragioni d’urgenza e la necessità di effettuare le opportune valutazioni ed adottare le connesse decisioni, inaudita altera parte, ma in composizione collegiale.
All’esito della camera di consiglio, la Corte ha assunto la decisione di cui alla seguente ordinanza pubblicata sul C.U. n. 102/CFA del 16 maggio 2019:
ORDINANZA
«Ritenuto che, prima facie – fermo e riservato il più compiuto approfondito esame proprio della fase di merito – la impugnazione non appare assistita da sufficienti elementi in punto fumus;
Considerato che, nella fattispecie, appare inconfigurabile anche il presupposto del periculum in mora, atteso:
i) che l’inizio della disputa della fase finale del campionato (play off) non impedirebbe alla Lega di serie B – preso atto della eventuale decisione di accoglimento dell’appello della società U.S. Palermo e della conseguente necessità di assicurare effettiva ed efficace esecuzione alla stessa – di valutare, nell’ambito dell’autonomia assegnatale dall’ordinamento federale, l’annullamento delle gare play off eventualmente disputate e, quindi, ridefinire la lista delle aventi diritto a partecipare (nonché il relativo calendario) alla disputa della predetta fase finale per la individuazione della terza società del campionato di serie B titolata ad approdare nella categoria superiore;
ii) l’interesse prevalente delle altre società all’ordinario svolgimento della fase finale dei play off, come da classifica definita all’esito del giudizio di prime cure;
iii) l’interesse – anche sotto il profilo organizzativo – della stessa Lega di serie B, quale organizzatrice del campionato di categoria, che, nell’ambito della sfera di autonomia alla stessa riservata, ha legittimamente ritenuto di dare immediata esecuzione alla decisione del Tribunale Federale Nazionale, provvedendo a riscrivere la griglia dei play off ed annullando la disputa dei play out, non più necessari alla luce della riscrittura di fatto effettuata – iussu iudicis – dal Tribunale Federale Nazionale, che vede aggiungersi, quale quarta squadra, la reclamante U.S. Palermo alle ultime tre società in classifica già retrocesse per effetto dei risultati acquisiti “sul campo”.
P.Q.M.
La C.F.A., rigetta l’istanza cautelare come formulata dalla società U.S. Città di Palermo S.p.A.
Ritenute sussistenti ragioni d’urgenza fissa, per la discussione del merito, la seduta del 23 maggio 2019, ad h. 14.30.
Manda alla Segreteria per la convocazione delle parti costituite».
Così fissata, dunque, per la seduta del 23 maggio 2019, la discussione del merito, la stessa veniva differita al giorno 29 maggio 2019, a ragione della dichiarazione di astensione, avvenuta in apertura di udienza, da parte del presidente della Corte e della conseguente necessità di ricostituire, integrandolo, il collegio.
Questa, segnatamente, l’ordinanza resa dalla Corte:
ORDINANZA
La C.F.A.,
vista l’astensione del Presidente Sergio Santoro, comunicata direttamente in udienza, il Prof. Paolo Cirillo, assunta la presidenza del Collegio ed acquisita seduta stante la disponibilità di altro giudice della Corte, Dott. Luigi Caso, dispone l’integrazione del Collegio fissando l’udienza per il giorno 29.5.2019 alle ore 16.30, onde consentire al Collegio così integrato l’esame degli atti del processo».
All’udienza così fissata per il giorno 29, il collegio difensivo dell’US Città di Palermo ha, anzitutto, eccepito la mancata notifica – alla predetta medesima società – del ricorso della Procura Federale, illustrando, quindi, le varie deduzioni ed istanze già in atti svolte.
La difesa del reclamante Morosi ha ribadito che le operazioni di bilancio sono state tracciate e rappresentate nella loro effettiva realtà, tenuto conto dei relativi ambiti di valutazione tecnica.
La difesa della Sporting Network s.r.l. ha illustrato le ragioni del proprio intervento. La difesa del Benevento Calcio si è riportata ai propri scritti.
La difesa della l’U.S. Salernitana 1919 s.r.l. ha evidenziato che il caso Chievo – Cesena invocato dall’US Palermo è diverso da quello oggetto del presente giudizio, essendo in quella fattispecie necessarie due società per commettere l’illecito contestato.
Il Procuratore Federale ed il Procuratore Federale aggiunto hanno evidenziato che l’appello è stato proposto solo nei confronti della posizione Zamparini ed è stato, dunque, notificato al solo appellato. Il deferimento è valido ed ammissibile, poiché il ritenuto vizio della prima comunicazione di conclusione indagini non sussiste e, in ogni caso, spetta al giudice la qualificazione giuridica del fatto. Ad ogni buon conto l’atto ha raggiunto lo scopo. Ha, infine, eccepito – la Procura – la tardività delle memorie depositate da Palermo, Giammarva e Zamparini, producendo copia della sentenza n. 23151/2019 della Corte di Cassazione, depositata il 27 maggio 2019.
La difesa del sig. Maurizio Zamparini si è, particolarmente, soffermata sulla vicenda “Alyssa”.
In replica, la difesa del Palermo ha eccepito l’inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla Procura Federale.
Dichiarato chiuso il dibattimento, il Collegio – disposta preliminarmente la riunione dei giudizi relativi ai diversi ricorsi aventi ad oggetto l’impugnazione della medesima decisione, attese anche, alla luce del principio di economia dei giudizi, ragioni di connessione oggettiva e di trattazione di analoghe questioni di diritto e di natura processuale – si è ritirato in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base delle ragioni qui di seguito, in sintesi, rappresentate.
PREMESSA e SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Il deferimento della Procura Federale
Con provvedimento in data 29 aprile 2019 il Procuratore Federale e il Procuratore Federale Aggiunto hanno deferito al Tribunale Federale Nazionale, sezione disciplinare, Zamparini Maurizio, all'epoca dei fatti presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a., nonchè Morosi Anastasio, all'epoca dei fatti presidente del collegio sindacale della società US Città di Palermo s.p.a., autore di apposita relazione di stima sulla valutazione del marchio e sul valore dell'azienda, conferita nella società Mepal s.r.l., per le violazioni di seguito indicate.
1) Violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, codice di giustizia sportiva della F.I.G.C. (di seguito anche CGS) e dell'art. 84, commi 1 e 3, delle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (di seguito anche NOIF) e della disposizione di cui all'art. 2621 c.c., per avere – al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente nella rappresentazione di un patrimonio netto societario superiore a quello reale, anche allo scopo di sottrarsi agli obblighi di ricapitalizzazione di cui all'art. 2446 c.c. – esposto nel bilancio al 30 giugno 2014, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, i seguenti fatti materiali rilevanti:
- nella voce dello stato patrimoniale "Partecipazioni in imprese controllate", riportavano un valore della partecipazione in Mepal Srl di 18.053.664,00 euro (incrementato rispetto all'anno prima di 17.000.000,00 euro, in virtù del conferimento di azienda del 26.6.14, come da apposita relazione di stima del M.A.), a fronte di un valore effettivo di 12.509.000,00 euro, con una differenza pari dunque a 5.544.644,00 euro;
- iscrivevano nello stato patrimoniale una "riserva straordinaria" da conferimento pari a 25.150.190,71 euro, sopravvalutata per 5.544.644,00 euro; così riportando un patrimonio netto della società pari a 10.966.847,00 euro, superiore di 5.544.644,00 rispetto a quello reale.
=>Per le suddette condotte veniva anche deferita la società US Città di Palermo s.p.a., ai sensi dell'art.4, comma 1, CGS, per responsabilità diretta per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio e, ai sensi dell'art. 4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Morosi Anastasio.
2. Violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS e dell'art. 84, commi 1 e 3, delle NOIF e della disposizione di cui all'art. 2621 c. c., per avere, segnatamente, al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente nella rappresentazione di un patrimonio netto societario superiore a quello reale, anche al fine di sottrarsi agli obblighi di ricapitalizzazione di cui all'art. 2446 c.c., esposto nel bilancio al 30 giugno 2015, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, i seguenti fatti materiali rilevanti:
a) nella voce dello stato patrimoniale "Partecipazioni in imprese controllate", hanno riportato un valore della partecipazione nella Mepal Srl pari a 18.053.664,00 euro a fronte di un valore effettivo di 14.156.000,00 euro, con una differenza pari dunque a 3.897.664,00 euro;
b) nello stato patrimoniale hanno iscritto "crediti per imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro, in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate e, al fine di giustificare tale iscrizione, nella Nota integrativa al bilancio dichiaravano falsamente che “la società ha calcolato le imposte anticipate di euro 5.500.000 sulle perdite pregresse. Le attività per imposte anticipate sono state rilevate poiché esiste la ragionevole certezza dell'esistenza negli esercizi futuri di un reddito imponibile. (...) Sulla base dei redditi imponibili previsti nei prossimi esercizi la società considera prudente non procedere all'iscrizione di ulteriori crediti per imposte anticipate”, così riportando un patrimonio netto pari a euro 10.966.847,00 superiore di 9.937.664,00 euro rispetto a quello reale, pari a soli 135.712,00 euro.
=> La US Città di Palermo s.p.a. veniva deferita, ai sensi dell'art. 4, comma 1, CGS, per responsabilità diretta per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio e, ai sensi dell'art.4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Morosi Anastasio.
3. Violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS e dell'art.84, commi 1 e 3, delle NOIF e della disposizione di cui all'art. 2621 c. c., per avere – in concorso con B.A., soggetto non tesserato, quale procuratore speciale della venditrice US Città di Palermo s.p.a. intervenuto nella stipula del contratto datato 30.6.2016 di vendita delle quote di partecipazione nella Mepal Srl., in favore della Alyssa s.a. (unitamente a S.D., soggetto non tesserato, intervenuto anche in sostituzione di R. R., soggetto non tesserato, quale rappresentante della Alyssa s.a. in virtù di procura speciale conferita dagli amministratori P. J. M. e B. L., soggetti non tesserati) – al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente nella rappresentazione di un patrimonio netto societario superiore a quello reale, anche al fine di sottrarsi agli obblighi di ricapitalizzazione di cui all'art. 2447 c.c., esposto nel bilancio al 30 giugno 2016, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, i seguenti fatti materiali rilevanti:
a) hanno ricompreso, alla voce "crediti verso altri" dello stato patrimoniale, un credito inesistente, pari ad euro 40.000.000,00, asseritamente vantato nei confronti della Alyssa s.a. (società, con sede a Lussemburgo, priva di patrimonio e apparentemente amministrata da soggetti stranieri ma di fatto riconducibile a Maurizio Zamparini), quale prezzo della vendita delle quote di partecipazione nella società Mepal s.r.l., come da contratto del 30.6.2016 e, in ogni caso, indicato un credito non corrispondente all'effettivo valore delle quote cedute, pari ad euro 14.156.000,00;
b) hanno iscritto nello stato patrimoniale "crediti per imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate e, al fine di giustificare tale iscrizione, nella Nota integrativa al bilancio dichiaravano falsamente che “le attività per imposte anticipate sono state comunque mantenute perché esiste la ragionevole certezza dell'esistenza negli esercizi futuri di un reddito imponibile”;
c) hanno iscritto nello stato patrimoniale "crediti tributari" per un valore pari a 3.063.115,00 euro, inesistenti; così riportando nel bilancio un patrimonio netto positivo pari a 11.659.475,00 euro, a fronte di un patrimonio netto reale negativo pari a 36.328.492,00 euro.
=> La società US Città Di Palermo s.p.a., ai sensi dell'art. 4, comma 1, CGS, veniva deferita per responsabilità diretta per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio e, ai sensi dell'art. 4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Morosi Anastasio.
4. Violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS e dell'art.84, commi 1 e 3, delle NOIF e della disposizione di cui all'art. 2621 c.c., per avere più precisamente, in concorso con A., quale procuratore speciale della venditrice US Città di Palermo s.p.a. intervenuto nella stipula del contratto datato 30.6.2016 di vendita delle quote di partecipazione nella Mepal s.r.l., in favore della Alyssa s.a. (unitamente a S.D., soggetto non tesserato, intervenuto anche in sostituzione di R. R., soggetto non tesserato, quale rappresentante della Alyssa s.a. in virtù di procura speciale conferita dagli amministratori P. J. M. e B. L., soggetti non tesserati), al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente nella rappresentazione di un patrimonio netto societario superiore a quello reale, anche allo scopo di sottrarsi agli obblighi di ricapitalizzazione di cui all'art. 2447 c.c., esposto nel bilancio al 30 giugno 2017, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, i seguenti fatti materiali rilevanti:
a) ricomprendevano, alla voce "crediti verso altri" dello stato patrimoniale, un credito inesistente pari a 40.000.000,00 euro asseritamente vantato nei confronti della lussemburghese Alyssa s.a. (società, con sede a Lussemburgo, priva di patrimonio e apparentemente amministrata da soggetti stranieri ma di fatto riconducibile a Maurizio Zamparini), quale prezzo della vendita delle quote di partecipazione nella società Mepal s.r.l., come da contratto di cessione del 30.6.2016 e, in ogni caso, indicavano un credito non corrispondente all'effettivo valore delle quote cedute, pari ad euro 14.156.000,00;
b) nella Nota integrativa al bilancio dichiaravano che il credito di Euro 40.000.000 verso Alyssa SA, per la cessione della controllata Mepal s.r.l., avvenuta in data 30 giugno 2016, il cui incasso, inizialmente previsto in 3 rate, è stato rideterminato in 2 tranches di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2018 e la seconda entro il 30 giugno 2019. A fronte di tale credito, la società Gasda s.p.a., che detiene una partecipazione nella società US Città di Palermo s.p.a. e in Alyssa SA, ha rilasciato una fideiussione rendendosi irrevocabilmente garante direttamente e a prima richiesta per l'esatto e puntuale adempimento degli obblighi assunti da Alyssa SA;
c) iscrivevano nello stato patrimoniale crediti per "imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate; così riportando nel bilancio un patrimonio netto positivo per 15.674.204,00 euro, a fronte di un patrimonio netto reale negativo per 35.527.849,00 euro.
=> La società US Città di Palermo s.p.a. veniva deferita, ai sensi dell'art. 4, comma 1, CGS, per responsabilità diretta per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio e, ai sensi dell'art. 4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Morosi Anastasio e B.A.
La Procura Federale deferiva, poi, Zamparini Maurizio, all'epoca dei fatti presidente del consiglio di Amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a. per:
5. violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all'art. 1 bis, comma 1, del CGS all'art. 8, comma 4, CGS e all'art. 85 NOIF, nonché della disposizione di cui all'art. 2638, commi 1 e 2, c.c., per avere, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a., esposto alla Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche (organo di controllo della Federazione Italiana Giuoco Calcio), al fine di ostacolarne l'esercizio delle funzioni di vigilanza, fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e patrimoniale della società e, in particolare:
a) al fine di ottenere la ammissione al campionato di serie A, s.s. 2015/2016, nel periodo dal 18.11.2014 al 25.6.2015, inviato il bilancio al 30.6.2014 e atti corredati riportanti i medesimi dati ivi contenuti, documenti contenenti i fatti materiali non rispondenti al vero di cui ai capi precedenti;
b) al fine di ottenere la ammissione al campionato di serie A, s.s. 2016/2017, nel periodo dal 16.11.2015 al 28.6.2016, inviato il bilancio al 30.6.2015 e atti corredati riportanti i medesimi dati ivi contenuti, documenti contenenti i fatti materiali non rispondenti al vero di cui ai capi precedenti;
c) al fine di ottenere la ammissione al campionato di Serie B, s.s. 2017/2018, nel periodo dal 18.11.2016 al 23.6.2017, inviato il bilancio al 30.6.2016 e atti corredati riportanti i medesimi dati ivi contenuti (tra cui un prospetto in cui indicava un rapporto tra Patrimonio netto contabile e Attivo patrimoniale pari a 0,134, a fronte di un valore effettivo di – 0,46), documenti contenenti i fatti materiali non rispondenti al vero di cui ai capi precedenti; e altresì occultato una situazione di perdita di capitale societario rilevante ex art 2447 c.c. (che avrebbe impedito l'iscrizione ai campionati di calcio).
=> Per siffatte condotte poste in essere da Zamparini Maurizio, la società US Città di Palermo s.p.a., ai sensi dell'art.4, comma 1, CGS, veniva deferita per responsabilità diretta.
Ancora, Zamparini Maurizio, all'epoca dei fatti presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a., unitamente a Morosi Anastasio, all'epoca dei fatti presidente del collegio sindacale della società U. S. Città di Palermo s.p.a. e, quale consulente contabile autore di apposita relazione di stima sulla valutazione del marchio e sul valore dell'azienda, conferita nella Mepal s.r.l., venivano così deferiti.
6. Violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all'art. 1 bis, comma 1, art. 8 CGS, e violazione dell'art.85 delle NOIF e della disposizione di cui all'art. 2638, commi 1 e 2, c.c., per avere, in concorso tra loro e, più precisamente, Maurizio Zamparini - nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a. - e Morosi Anastasio - quale presidente del collegio sindacale della società US Città di Palermo s.p.a., nonché autore del contenuto delle missive inviate - comunicato alla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio professionistiche (organo di controllo della Federazione Italiana Giuoco Calcio) fatti materiali non rispondenti al vero, al fine di ostacolare il controllo della predetta Co.Vi.So.C. sull'equilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società e, in particolare:
a) in risposta alle richieste della Co.Vi.So.C. in ordine all'effettiva consistenza del credito della US Città di Palermo s.p.a. verso Alyssa s.a., riportato nei bilanci al 30 giugno 2016 e 30 giugno 2017 e alle tempistiche dell'incasso dello stesso:
- con comunicazione del 30.1.2017, dichiaravano che la Alyssa s.a. faceva parte di un gruppo finanziario con programmi di finanziamento anche in ambito sportivo, omettendo di evidenziare che tale società è controllata da Zamparini Maurizio;
- con comunicazione del 3.5.2017, dichiaravano che non vi fosse motivo di dubitare che il credito di 40.000.000,00 venisse riscosso;
- con comunicazione del 21.7.2017, dichiaravano che non vi era motivo per ritenere che il credito non venisse realizzato per intero, che sarebbe stato comunque pagato al 31.10.2017 come da proroga stabilita dalle parti in considerazione delle trattative per la cessione sia delle quote della società calcistica, che della Mepal s.r.l.;
- con comunicazione del 3.8.2017, dichiaravano che entro il 31.10.2017 sarebbe stata incassata la prima rata del valore di 13.333.333,00 euro e che altre due rate sarebbero state pagate il 30.6.2018 e il 30.6.2019, come da ulteriore proroga stabilita tra le parti;
- con comunicazione del 29.11.2017, dichiaravano che il pegno sulle quote della Mepal s.r.l. a fronte dell'inadempimento della Alyssa s.a. non era stato eseguito in quanto era stata ottenuta fideiussione da parte della Gasda s.p.a.;
b) con riguardo alla voce "imposte anticipate" riportata nel bilancio al 30.6.2016, in data 30.1.2017 comunicavano che il credito era stato rilevato poiché esisteva la ragionevole certezza dell'esistenza, negli esercizi futuri, di un reddito imponibile alla luce dell'assenza di preoccupazioni circa la continuità aziendale;
c) con riguardo alla voce "crediti tributari" riportata nel bilancio al 30.6.2016, in data 30.1.2017 comunicavano che le cartelle esattoriali dovessero essere sgravate e che avrebbero presentato istanza di cosiddetta "rottamazione"; altresì occultavano la sussistenza di una situazione di perdita di capitale rilevante ex art. 2447 cc (che avrebbe impedito l'iscrizione al campionato di serie B, s.s. 2017/2018) e occultavano il bilancio al 30 giugno 2017, ritardandone appositamente l'approvazione per sottrarlo alla ispezione della Co.Vi.So.C. del 24.10.2017.
=> Veniva, altresì, deferita la società US Città di Palermo s.p.a., ai sensi dell'art. 4, comma 1, CGS, per responsabilità diretta per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio e, ai sensi dell'art.4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Morosi Anastasio.
La Procura Federale deferiva, inoltre, Giammarva Giovanni, all'epoca dei fatti presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a., nonché Zamparini Maurizio, all'epoca dei fatti consigliere del consiglio di Amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a., per le seguenti ragioni.
7. violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all'art. 1 bis, comma 1, e art. 8 CGS, nonché violazione dell'art. 85 NOIF e della disposizione di cui all'art. 2638, commi I e II, c.c., per avere, in concorso fra loro e, più precisamente, Giammarva Giovanni, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società US Città di Palermo s.p.a. e Zamparini Maurizio, quale componente dello stesso consiglio, esposto alla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio, al fine di ostacolarne l'esercizio delle funzioni di vigilanza, fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e patrimoniale della società e, in particolare:
a) in data 27 febbraio 2018, riuniti in assemblea di consiglio di amministrazione, procedevano all'approvazione di uno Stato patrimoniale riportante dati non rispondenti al vero e, segnatamente, riportante alla voce "attività immobilizzate", il credito inesistente di 40 milioni di euro della US Città di Palermo s.p.a. nei confronti della Alyssa s.a.;
b) in data 27 marzo 2018, riuniti in assemblea di consiglio di amministrazione, procedevano all'approvazione della Relazione semestrale sull'andamento della gestione al 31.12.2017, riportante dati non rispondenti al vero e, in particolare, riportante, nello "stato patrimoniale attivo", un credito inesistente di 40 milioni di euro della US Città di Palermo s.p.a. nei confronti della Alyssa s.a. e un credito per imposte anticipate pari a 5.297.213 euro, falso perché appostato in violazione del principio contabile OIC 25, stante 1'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate;
c) nelle date del 29 e del 31 marzo 2018, inviavano alla CO.VI.SO.C. la documentazione di cui ai punti precedenti insieme a un prospetto sull'indicatore di liquidità e a un altro prospetto sul rapporto patrimonio netto contabile-attivo patrimoniale, anche questi non corrispondenti al vero perché basati sul predetto credito da 40 milioni di euro.
I suddetti Zamparini e Giammarva occultavano, altresì, una situazione perdita di capitale societario rilevante ex art 2447 c.c. (che avrebbe impedito l'iscrizione ai campionati di calcio).
Veniva, quindi, anche deferita la società US Città di Palermo s.p.a., ai sensi dell'art. 4, comma 1, CGS, per responsabilità diretta per i comportamenti posti da Giammarva Giovanni e, ai sensi dell'art. 4, comma 2, CGS, per responsabilità oggettiva per i comportamenti posti in essere da Zamparini Maurizio.
Il giudizio di primo grado
Nei termini assegnati i deferiti offrivano le proprie difese, argomentando in ordine ai profili loro contestati.
In data 9 maggio 2019, la società Benevento Calcio s.r.l. ha formulato istanza di intervento nel presente procedimento.
Alla seduta del 10 maggio la difesa della società US Città di Palermo s.p.a. si è opposto alla richiesta di intervento della società Benevento Calcio s.r.l., richiamando le decisioni della Corte Federale d’Appello e del Collegio di Garanzia del Coni, mentre le altre parti si sono rimesse alla decisione del Tribunale Federale Nazionale.
La Procura Federale ha, quindi, replicato alle eccezioni preliminari formulate dalle difese dei deferiti, ha insistito per l'accoglimento del deferimento, formulando, infine, le seguenti richieste sanzionatorie:
- per Zamparini Maurizio, inibizione di anni 5 (cinque) e preclusione ex art. 19, comma 3, CGS;
- per Giammarva Giovanni, inibizione di anni 2 (due);
- per Morosi Anastasio, inibizione di anni 5 (cinque) e preclusione ex art. 19, comma 3, CGS FIGC;
- per la US Città di Palermo s.p.a., retrocessione all’ultimo posto del campionato di Serie B della stagione sportiva in corso.
La difesa del Benevento Calcio s.r.l., infine, si è riportata alla propria istanza di intervento.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE.
Il TFN ha, anzitutto, scrutinato le questioni preliminari.
- Sull’istanza di intervento formulata dalla società Benevento Calcio s.r.l., il Collegio ha ritenuto la stessa meritevole di accoglimento in ragione di quanto previsto dall’art. 41, comma 7, CGS, che regola l’iter procedimentale dei giudizi sia nei casi di illecito sportivo, sia nei casi di violazioni in materia gestionale ed economica, quale quello di cui si discute.
«Il richiamo all’art. 33, comma 3, CGS», prosegue il TFN, «si ritiene sia relativo alla natura dell’interesse (che, appunto, ai sensi della norma citata, può essere anche di classifica) e non già alla sola materia dell’illecito sportivo, in quanto non si reputa che si ponga in regime di specialità rispetto alla disciplina generale prevista dall’art. 41, comma 7.
Va, comunque, evidenziato che recentemente il Collegio di Garanzia del Coni, con decisione n. 60/2018 ha ritenuto ammissibile il ricorso di un terzo interveniente in un procedimento per violazione in materia gestionale ed economica.
Nel caso di specie dagli atti di causa è indubbio che il Benevento sia portatore di un cd “interesse in classifica” che rende pertanto ammissibile l’istanza».
- Sull’inammissibilità del deferimento nei confronti di Zamparini Maurizio ed in relazione alle diverse eccezioni preliminari formulate al riguardo, il TFN ha preliminarmente esaminato l’eccezione di improcedibilità e nullità del deferimento per il mancato rispetto dei termini a difesa.
Evidenzia, a tal riguardo, il TFN, come la difesa Zamparini abbia rilevato:
- di avere avuto avviso di convocazione in data 28 marzo 2019;
- che in quella circostanza l’Avv. Mancuso, difensore di fiducia del Sig. Zamparini, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, attesa l’impossibilità del suo assistito a comunicare con l’esterno, comunicava la volontà del proprio assistito nel procedimento penale di non volersi sottoporre all’esame;
- che alcuna elezione di domicilio nel procedimento sportivo veniva effettuata in tale circostanza;
- che in data 29 aprile 2019 Zamparini riceveva l’atto di chiusura indagini della Procura Federale;
- che tuttavia, in pari data (29 aprile 2019), il Procuratore Federale formulava atto di deferimento, senza, pertanto, il rispetto dei termini che devono necessariamente intercorrere tra la notifica dell’avviso di conclusione indagini ed il deferimento, termini previsti per l’esercizio del diritto di difesa;
- che l’udienza di discussione era stata fissata in data 10 maggio 2019, mentre l’avviso di convocazione udienza era stato notificato allo Zamparini in data 6 maggio 2019 senza che fossero rispettati i termini per comparire;
- che solo in data 4 maggio 2019 Zamparini ha proceduto a formalizzare la procura alle liti e nessun avviso di convocazione udienza era stato notificato ai difensori;
- che, pertanto, era stato violato il disposto normativo che prevede che il termine di comparizione non possa essere inferiore a venti giorni;
- che l’art. 34 CGS, come anche l’art. 35 del CGS CONI, prevedono che l’incolpato ha sia il diritto di partecipare alle udienze, sia quello di chiedere, in tale sede, di essere ascoltato;
- che Zamparini Maurizio, trovandosi sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, per poter partecipare all’udienza avrebbe dovuto (essere nella possibilità) di chiedere l’autorizzazione all’Autorità giudiziaria;
- che in ragione di tale provvedimento restrittivo è impedito al difensore di comunicare con il deferito per poter concordare la migliore strategia difensiva;
- che l’abbreviazione del termine intercorso tra la data di ricezione dell’atto di deferimento e la data dell’udienza non può pregiudicare l’effettivo esercizio del diritto di difesa, né determinare la violazione dei principi costituzionali.
Per quanto sopra la difesa Zamparini ha chiesto di rilevare le sopradette cause di nullità ed improcedibilità dell’azione, nonché il mancato rispetto dei termini di comparizione.
La Procura Federale ha così replicato:
- la comunicazione di conclusione indagini trasmessa in data 19 aprile 2019 è identica a quella del 15 aprile 2019, regolarmente notificata a Zamparini, essendo stata integrato esclusivamente nell’indicazione della norma violata, basandosi sui medesimi fatti;
- la comunicazione di conclusione indagini è stata notificata all’Avv. Mancuso in quanto è stato lo stesso avvocato Mancuso ad autoqualificarsi, nella nota del 1 aprile 2019, quale difensore dello Zamparini, tanto è vero che, in data 3 maggio 2019, lo stesso Avvocato Mancuso, nell’interesse dello Zamparini, ha formulato l’istanza di rinvio, rigettata con provvedimento presidenziale proprio a seguito dell’avvenuta notifica del deferimento a detto difensore.
L’Avv. Mancuso ha ribadito di aver interloquito con la Procura Federale nel corso del procedimento quale mero nuncius dell’incolpato.
Il TFN ha, al riguardo, osservato come l’eccezione, così come formulata dalla difesa Zamparini, ponga «in primo luogo un problema di improcedibilità dell’azione disciplinare per il mancato rispetto dei termini che devono intercorrere fra la notifica della comunicazione di conclusione indagini ed il deferimento. La verifica di tale presupposto si pone come antecedente logico rispetto alla successiva eccezione formulata in ordine al mancato rispetto dei termini minimi fra il deferimento e l’udienza ed alla presunta violazione del diritto previsto dall’art. 34 del Codice di giustizia sportiva FIGC».
Ad avviso del giudice di prime cure, «dagli atti emerge che le comunicazioni di conclusione indagini del 15 e del 18 aprile sono state notificate sia all’Avv. Mancuso che allo Zamparini presso la propria abitazione; tanto, si ritiene, in base al convincimento che l’Avv. Mancuso fosse il difensore dello Zamparini nel procedimento in questione.
Dalla disamina della cospicua mole degli atti posti a base del deferimento, tuttavia, non è dato rinvenire, né un conferimento di mandato (che pure non sarebbe sufficiente), né, ai fini del presente procedimento, una formale elezione di domicilio dello Zamparini presso lo studio dell’Avv. Mancuso; né può desumersi che l’elezione di domicilio, quale atto di natura formale, possa avvenire per facta concludentia.
In mancanza, si ritiene pertanto che la notifica da ritenere valida, ai fini delle avvenute notificazioni e comunicazioni di rito, è quella effettuata presso la residenza del deferito.
Orbene, come evidenziato dalla difesa, l’avviso di conclusione indagini del 18 aprile 2019, a seguito del quale, poi, è stata emanato l’atto di deferimento, è stato ricevuto dallo Zamparini in data 29 aprile 2019, vale a dire lo stesso giorno in cui la Procura Federale ha emesso l’atto di deferimento, in palese violazione dei termini a difesa che l’ordinamento sportivo garantisce a tutela dei presunti responsabili.
Al riguardo non hanno rilievo le considerazioni formulate dalla Procura Federale in ordine alla sostanziale identità delle contestazioni formulate nella due comunicazioni di chiusura indagini del 15 aprile e del 18 aprile 2019.
Infatti, in disparte ogni considerazione, pure fondata, in ordine all’utilità della riproduzione dell’avviso di conclusione indagini per la mera indicazione della norma violata, in presenza dell’analitica indicazione dei fatti idonea ad individuare con chiarezza la fattispecie pur in assenza della specificazione della norma violata, ciò che rileva è che, con l’atto in questione, la Procura Federale ha riaperto i termini a difesa, concedendo ai deferiti, cinque giorni per presentare memorie difensive ovvero per essere ascoltati, già fissando, altresì, per il giorno 24 aprile, la data per l’eventuale audizione.
Appare evidente che, ricevendo tale comunicazione il giorno 29 aprile 2019, vale a dire lo stesso giorno in cui la Procura Federale ha emesso il deferimento, l’indagato non ha potuto esercitare le prerogative difensive preprocessuali previste dall’ordinamento sportivo che pure erano state assicurate dalla Procura Federale, con ciò incorrendo in una violazione procedimentale che non può che riverberarsi sul successivo atto di deferimento che, nei confronti dello Zamparini, si appalesa inammissibile.
Non sembra esservi alcun dubbio in ordine alla circostanza che la comunicazione di conclusione indagini, ex art. 32 ter del Codice di Giustizia Sportiva, costituisce presupposto indefettibile per l’emanazione del successivo atto di deferimento; in particolare trattasi di atto interlocutorio volto a garantire nella fase delle indagini e, quindi, pre-processuale, la più ampia tutela del diritto di difesa del presunto incolpato. Infatti, a seguito della memoria e/o della eventuale audizione del probabile deferito, la Procura Federale ben potrebbe giungere ad un provvedimento di archiviazione, evitando il successivo giudizio disciplinare. Ne consegue che, il mancato raggiungimento dello scopo da parte dell’atto in questione comporta, come nel caso di specie, l’inammissibilità del conseguente deferimento.
Al riguardo, anche la giurisprudenza penale, nell’ambito del simile iter procedimentale propedeutico all’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, ha affermato che "La proposizione della richiesta di rinvio a giudizio prima del decorso del termine di venti giorni, previsto dall'art. 415 bis cod. proc. pen., determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, che, ove tempestivamente dedotta, determina la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e di tutti gli atti consecutivi che da esso dipendono. Per la configurabilità dell'interesse ad eccepire la suddetta nullità è sufficiente la semplice possibilità che il provvedimento viziato produca la lesione di un diritto o di un altro interesse giuridico del destinatario" (Cass. pen., sez. II, 17 marzo 2017, n. 12298)».
L’accoglimento di tale eccezione, ad avviso del TFN, «rende superflua la valutazione degli altri motivi di inammissibilità, con riferimento alla posizione dello Zamparini».
- Quanto alla eccezione di inammissibilità del deferimento per violazione dell’art. 32 ter, comma 5, CGS, la US Città di Palermo s.p.a. evidenzia come il presente procedimento sia stato aperto in data 11 febbraio 2019, a seguito di riapertura delle indagini del procedimento n. 8/pg 18/19, iscritto in data 9 luglio 2018 ed archiviato, giusta provvedimento della Procura Generale dello sport del CONI, in data 21 dicembre 2018.
Lamenta, al riguardo, l’US Palermo, la violazione della disposizione federale che prevede che, a seguito del provvedimento di archiviazione, la riapertura delle indagini può essere disposta d’ufficio, nel caso in cui emergano fatti nuovi o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore Federale non era a conoscenza, giacché i documenti ricevuti dalla Procura della Repubblica di Palermo, a seguito della autorizzazione orale fornita dal Pubblico ministero, come da verbale di consegna del 31 gennaio 2019, non avrebbero i requisiti di novità richiesti dall’art.32 ter comma 5 del CGS.
Lamenta, inoltre, l’US Palermo, come nonostante la Procura Federale abbia disposto la riapertura del procedimento in data 11 febbraio 2019, sulla scorta dei documenti ricevuti in data 31 gennaio 2019, nelle more del periodo intercorrente fra la richiesta di archiviazione formulata alla Procura Generale del CONI del 30 ottobre 2018 e la sua condivisione da parte della stessa in data 21 dicembre 2018, sono pervenuti, con nota del 21 novembre 2018, alcuni atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Palermo che, sebbene citati, sia nella relazione di indagine del 3 aprile 2019, sia nella comunicazione di conclusione indagine, non sono poi stati prodotti e riversati nel presente procedimento, al di fuori dell’ordinanza n.1208/2018 emessa dal Tribunale del riesame nei confronti di Zamparini Maurizio, acquisita anche in data 31 gennaio 2019.
In altri termini la società Palermo evidenzia come la Procura Federale fosse, sin dal 21 novembre 2018, a conoscenza degli elementi fondanti il deferimento e, pertanto, avrebbe dovuto procedere a revocare l’istanza di archiviazione piuttosto che insistere nel provvedimento di archiviazione, poi, condiviso dalla Procura Generale dello Sport.
Sotto ulteriore profilo, ha evidenziato che anche il clamore mediatico dettato dalle vicende processuali dello Zamparini depongono nel senso della piena conoscenza dei fatti da parte della Procura Federale prima del provvedimento di archiviazione. Tale dato si evincerebbe, nella prospettiva difensiva della società siciliana, anche dalla bozza del procedimento di archiviazione, laddove viene evidenziata l’esistenza (al 30 ottobre 2018) di un segreto istruttorio che sarebbe venuto meno a seguito della ricezione dei documenti del processo penale in data 21 novembre 2018.
La Procura Federale si è difesa evidenziando che l’indagine è stata riaperta solo a seguito dell’autorizzazione ottenuta dalla Procura della Repubblica di Palermo in data 31 gennaio 2019 all’acquisizione della documentazione e che gli atti pervenuti in data 17 dicembre 2018 sono stati citati nella documentazione per mero errore della Segreteria della Procura Federale.
L’eccezione del US Palermo non ha trovato accoglimento. Così si legge nella decisione dell’organo di giustizia di prime cure.
«Dalla disamina del deferimento e degli atti ad esso propedeutici si evince che: il procedimento in questione è stato aperto in data 31 gennaio 2019, quale riapertura di un precedente procedimento, a seguito dell’avvenuta consegna degli atti di indagine svolti nell’ambito del proc. penale n. 5310/2017 modello 21.
Nel verbale di consegna si dà contezza dell’avvenuta autorizzazione orale fornita dal PM in ragione della nota prot 1002/8pf 18-19/GP/GC/blp del 24 luglio 2018 della Procura Federale.
Con la predetta nota la Procura Federale aveva richiesto - alla Procura della Repubblica di Palermo - copia degli atti di indagine relativi al procedimento in oggetto a seguito di notizie apparse sulla stampa e per effetto delle quali, in data 9 luglio 2018, era stato iscritto il procedimento disciplinare n.8 pf 18-19.
In data 7 settembre 2018 veniva inoltrata alla Procura Generale dello Sport del CONI richiesta di concessione di proroga delle indagini in considerazione dell’assenza di riscontro da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Con nota prot. 4641 del 12 settembre 2018 il Procuratore Generale dello Sport del CONI concedeva, ai sensi dell'art. 47, comma 3, CGS del CONI, il termine di proroga delle indagini a decorrere dalla data di scadenza del termine ordinario.
Permanendo l’assenza di riscontri da parte dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, ed in ragione del fatto che si attendeva la decisione della Suprema Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Zamparini avverso la misura degli arresti domiciliari, nonché del fatto che le indagini preliminari fossero, allo stato, coperte da segreto istruttorio e, pertanto, incompatibili con la durata delle indagini, veniva comunicata, in data 30.10.2018, al Procuratore Generale dello Sport del CONI, ai sensi dell’art. 32 ter, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C., richiesta di intendimento di archiviazione del procedimento allo stato degli atti, come detto condivisa in data 21 dicembre 2018.
In data 31 gennaio 2019, il cancelliere della Procura della Repubblica del Tribunale di Palermo, in riscontro alla richiesta del 24 luglio 2018, ottenuta l’autorizzazione orale del pubblico ministero, ha consegnato al rappresentante della Procura Federale copia degli atti di indagine.
A seguito dell’invio da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo degli atti di indagine nell’ambito del sopra citato procedimento penale, la Procura Federale procedeva alla riapertura delle indagini e alla iscrizione del procedimento n. 816 pf 18 – 19.
Orbene, nelle more della condivisione del procedimento di archiviazione, risultano pervenuti in data 21 novembre 2018, da parte della Procura della Repubblica di Palermo (in udienza il rappresentante della Procura Federale ha riferito che tali atti sono stati ricevuti in data 17 dicembre 2018), i provvedimenti (elencati nelle comunicazioni di conclusione indagini del 15 e 19 aprile 2019) emanati dal Tribunale del Riesame del 5 ottobre 2018, nonché l’Appello del Pubblico Ministero avverso il provvedimento con il quale veniva rigettata la richiesta del PM di applicazione delle misure cautelari.
In tale contesto, secondo la difesa della società palermitana, la Procura Federale avrebbe dovuto procedere a revocare l’istanza di archiviazione già formulata.
L’assunto non può essere condiviso.
Come previsto dall’art. 32 ter comma 2 del Codice di Giustizia FIGC, “l’archiviazione è disposta dal Procuratore Federale se la notizia di illecito è infondata; può altresì essere disposta quando, entro il termine per il compimento delle indagini preliminari, gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ovvero l’illecito è estinto o il fatto non costituisce illecito disciplinare ovvero ne è rimasto ignoto l’autore”.
Conseguentemente, poi, l’art. 32 quinques comma 4, prevede che “Il Procuratore Federale, concluse le indagini, se ritiene di non provvedere al deferimento, comunica entro dieci giorni il proprio intendimento di procedere all’archiviazione alla Procura generale dello sport. Ferme le attribuzioni di questa, dispone quindi l’archiviazione con determinazione succintamente motivata”.
In tale ottica, pertanto, in assenza di alcun riscontro da parte della Procura della Repubblica, il Procuratore Federale, una volta scaduto il termine per il compimento delle indagini, ha proceduto a disporre l’archiviazione ed è evidente che la condivisione dell’archiviazione da parte della Procura Generale dello Sport è avvenuta sulla scorta degli elementi indicati nella proposta di archiviazione, vale a dire, in attesa dell’esito della pronuncia della Suprema Corte, il mancato invio degli atti di indagine da parte della Procura della Repubblica e non certo di tutti gli altri elementi indicati nell’odierno atto di deferimento.
Solo in data 31 gennaio 2019 la Procura della Repubblica di Palermo ha proceduto a consegnare un CD contenente gli atti di indagine in riscontro alla richiesta del luglio 2018, unitamente, fra l’altro, al dispositivo della Suprema Corte del 24 gennaio 2019 che rigettava il ricorso di Zamparini Maurizio.
Ad avviso del Tribunale tale evento, vale a dire la trasmissione e la conseguente acquisizione degli atti di indagine formalmente richiesta - ivi compreso il fascicolo della procedura prefallimentare e l’intervenuta pronuncia della Suprema Corte - il cui mancato riscontro autorizzativo aveva di fatto reso impossibile l’espletamento delle indagini del precedente procedimento, rappresenta sicuramente una circostanza rilevante che legittima, ai sensi dell’art. 32 ter, comma 5, la riapertura delle indagini.
Se così non fosse, si dovrebbe concludere che ogni qual volta venga aperta un’indagine sulla base di un procedimento penale, in carenza di trasmissione degli atti, ritualmente richiesti, una volta scaduti i termini ristretti per l’indagine preliminare, poiché è doveroso procedere ad un formale provvedimento di archiviazione, giusta quanto previsto dagli artt. 32 ter comma 2 e 32 quinques comma 4, sarebbe inevitabilmente precluso procedere a qualsivoglia azione disciplinare.
Ne deriva che non rileva, ai fini di una presunta doverosità di formulare un’istanza di revoca del procedimento di archiviazione, la circostanza che nella comunicazione della conclusione delle indagini inviata ai deferiti viene dato atto dell’acquisizione, in data 21.11.2018, di alcuni atti relativi al procedimento penale in corso.
L’ eccezione sul punto sollevata non può ritenersi fondata.
Ed infatti, avuto riguardo all’elenco contenuto nelle pagine 3 e segg. della comunicazione di conclusione indagini in atti (riportata nella relazione conclusiva ma non allegata agli atti), con la nota appena richiamata la Procura della Repubblica di Palermo, già interessata della richiesta di atti ex art. 116 c.p.p., avrebbe proceduto alla trasmissione dei provvedimenti giudiziari nel frattempo intervenuti nei confronti degli indagati – il cui esito fra l’altro, era già noto alla Procura Federale – come si evince dal provvedimento di archiviazione, senza tuttavia allegare alcun atto delle indagini preliminari del procedimento penale che pure era stato richiesto dalla Procura Federale.
Conseguentemente, se da un lato si deve ritenere che l’assenza di qualsivoglia indicazione documentale circa eventuali specifiche richieste dell’Autorità Giudiziaria procedente circa la segretezza di tali atti, è però evidente che i provvedimenti giudiziari così pervenuti, peraltro in un momento antecedente l’archiviazione del procedimento, correttamente potevano ritenersi non rilevanti ai fini dell’esercizio dell’azione disciplinare non potendo essi essere considerati, in quel momento, sostitutivi degli accertamenti svolti dall’A.G. ancora ignoti alla Procura Federale, né erano comprensivi degli esiti del procedimento innanzi alla Suprema Corte; tanto è vero che solo un provvedimento di quelli elencati è stato poi utilizzato ai fini del presente deferimento.
E ciò a maggior ragione se si considera che in quel momento i termini per poter svolgere ulteriori autonome indagini da parte della Procura Federale (eventuale acquisizione degli atti presso la CoViSoC, audizioni dei soggetti coinvolti) erano ormai decorsi.
Si potrebbe, al più, discutere in ordine al fatto che la Procura Federale avrebbe potuto disporre la riapertura delle indagini già a seguito della ricezione di tale nota; sul punto, tuttavia, si ritiene che le valutazioni del Procuratore Federale non siano sindacabili in tale sede, sia perché frutto di valutazioni meramente tecniche, atteso che nel caso di specie si è attesa la trasmissione degli atti di indagine relativi al procedimento penale, sia in ragione del fatto che l’ordinamento federale non prevede alcun obbligo in ordine ai tempi circa l’iscrizione delle notizie nell’apposito registro (CFA, C.U. 141/CFA del 12 giugno 2016); pertanto, l’aver disposto la riapertura delle indagini sulla scorta dei complessivi nuovi elementi e circostanze pervenute in data 31 gennaio 2019, piuttosto che sui soli atti pervenuti in data 21 novembre 2018 (ovvero 17 dicembre 2018), peraltro non utilizzati ai fini del presente deferimento (all’infuori del provvedimento del riesame emanato nei confronti di Zamparini Maurizio trasmesso anche in data 31 gennaio 2019), non può avere alcuna rilevanza in ordine alle valutazioni oggetto del deferimento.
La valutazione effettuata circa la sussistenza di elementi di novità e di circostanze rilevanti dalla Procura Federale ed alla base del procedimento di riapertura delle indagini, in relazione al provvedimento di archiviazione nel quale, appunto, si evidenziava l’assenza di trasmissione degli atti di indagine e l’attesa del provvedimento della Suprema corte di Cassazione, appare, pertanto, ragionevole e immune da vizi.
Da tali considerazioni deriva anche l’infondatezza dell’eccezione formulata relativamente alla violazione del principio del ne bis in idem sostanziale.
Si ritiene, infine, di non aderire alla richiesta istruttoria formulata dalla società palermitana in quanto la mancata allegazione degli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica in data 21 novembre 2018 (ovvero 17 dicembre 2018) comporta, al limite, la loro inutilizzabilità».
- Quanto alla eccezione di inammissibilità del deferimento, in ordine alla incongruenza della documentazione acquisita dalla Procura Federale in data 31 gennaio 2019 con la data riportata nell’elenco dei file contenuti nel CD consegnato, l’US Palermo presuppone un precedente contatto fra la Procura della Repubblica e la Procura Federale per l’acquisizione di ulteriore documentazione; sotto altro profilo la società palermitana ha evidenziato che l’elenco dei documenti consegnati dalla Procura della Repubblica reca la data del 20 febbraio 2019, data, questa, che sarebbe incompatibile con quella in cui risulterebbe essere stata effettuata la consegna e anche con quella di riapertura delle indagini.
Il Tribunale ha, tuttavia, ritenuto del tutto generiche tali asserzioni e non idonee «a deporre per l’inammissibilità dell’odierno deferimento giacché non si comprende se la difesa - in assenza di formale querela di falso - ponga in dubbio la genuinità del verbale di consegna del 31 gennaio 2019 e del conseguente provvedimento di riapertura delle indagini».
- Il Tribunale Federale Nazionale ritiene, poi, infondate le ulteriori eccezioni formulate dalla difesa dell’US Palermo.
«Vanno alfine rigettate le ulteriori eccezioni formulate dalla difesa del Palermo (alcune formulate anche dalla difesa di Zamparini) di seguito esplicitate.
In ordine all’eccezione circa l’omessa esecuzione di indagini autonome da parte della Procura Federale nell’ambito del procedimento disciplinare 8 pf 18/19, si ritiene che in tale sede non possano trovare censura la doglianza in questione, che riguarda un procedimento conclusosi con l’archiviazione; d’altronde, in assenza di riscontri da parte della Procura della Repubblica di Palermo, non appare irragionevole l’operato della Procura Federale.
Per i motivi ampiamente suesposti, si ritiene inammissibile anche l’eccezione relativa alla decadenza dell’azione disciplinare.
Con riferimento, poi, all’eccezione di difetto di giurisdizione in relazione al quanto previsto dall’art.3 del D.L. 220/2003 come modificato dalla L. 17 ottobre 2003, n. 280, n. 145/2018 è sufficiente evidenziare che oggetto del presente procedimento non è l’ammissione o l’esclusione dalle competizioni professionistiche, bensì la violazione di specifiche norme di natura amministrativo- gestionale.
Anche con riferimento alla richiesta di sospensione del procedimento in attesa della definizione del procedimento penale, è sufficiente richiamare quanto sancito al riguardo dal Collegio di Garanzia dello Sport secondo il quale, l’art. 38, comma 5 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI “…stabilisce un precetto che palesemente conduce alla infondatezza della pretesa del ricorrente; si afferma, infatti, la piena indipendenza dell’azione disciplinare sportiva da quella penale per i medesimi fatti. E addirittura, il successivo art. 39, ultimo comma, CGS del CONI stabilisce che “in nessun caso” il procedimento può essere sospeso, salvo che, per legge, si debba decidere una pregiudiziale di merito già sottoposta alla cognizione dell’Autorità giudiziaria. Questo Collegio di Garanzia, con orientamento che si ribadisce, ha già affermato che il giudice sportivo, in assoluta autonomia rispetto a quello penale, può valutare in assoluta libertà gli elementi istruttori raccolti in sede penale, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentati o dal fatto che vi sia stata sentenza di condanna penale (cfr. Collegio di Garanzia, dec. n. 14 del 2016, IV^ Sez.). Ed è, dunque, logica conseguenza del principio cardine di autonomia dell’ordinamento sportivo che il procedimento sportivo non possa e non debba essere sospeso (salvo il caso dell’articolo 39, ultimo comma, citato). Se, infatti, in pendenza del processo penale il tesserato potesse in qualche modo sottrarsi alle responsabilità nascenti dal suo vincolo di affiliazione sportiva, l’intero sistema della giustizia endofederale e di quella presso il CONI perderebbe significato (cfr. Collegio di Garanzia, dec. n. 11 del 2016, IV^ Sez.)” (Collegio di Garanzia CONI, SS. UU., 4 agosto 2017, n. 37)».
Del pari infondata, prosegue il TFN, «si appalesa la contestazione in ordine al conflitto di attribuzioni fra la Procura Federale e la Co.Vi.So.C., unico organo deputato al controllo contabile delle società affiliate ed al quale è demandata la competenza esclusiva nella valutazione dei bilanci di esercizio delle predette società, giacché fra le contestazioni formulate vi è proprio quella di aver fornito false informazioni alla Co.Vi.So.C. che, pertanto, non sarebbe stata posta nelle condizioni di esercitare correttamente le proprie prerogative».
- Esaurito l’esame delle eccezioni preliminari il TFN procede allo scrutinio del merito delle contestazioni mosse ai sigg.ri Morosi Anastasio, Giammarva Giovanni e Maurizio Zamparini, delle quali la società US Città di Palermo s.r.l. risponde rispettivamente a titolo di responsabilità oggettiva e diretta.
Sotto siffatto profilo, infatti, ritiene, il giudice di primo grado, «che conformemente a quanto previsto in ordine alla cd. responsabilità amministrativa degli enti, che la stessa, qualora si qualifichi come diretta, sia del tutto autonoma rispetto alla responsabilità dell’autore materiale dell’illecito e, pertanto, che l’ente debba esserne chiamato a risponderne autonomamente, previa verifica incidentale delle condotte illecite realizzate».
Ciò premesso il TFN ritiene «che dall’esame degli specifici fatti, come ampiamente evidenziati nell’atto di deferimento, sulla scorta degli atti dedotti in giudizio, emerga la loro idoneità a corroborare le ipotesi accusatorie formulate nei termini che seguono.
Va necessariamente premesso che, a prescindere dalle attuali vicende societarie e dalle evoluzioni delle stesse, l’esame delle condotte non può che essere riferito al momento storico in cui si sono verificati i fatti ed al contesto in cui gli stessi sono stati posti in essere, in relazione alle condotte materiali realizzate all’evidente fine di rappresentare una realtà economico finanziaria ben diversa rispetto alla realtà della società odierna deferita.
Il quadro probatorio emerso dagli innumerevoli gravi indizi cristallizzati nel corso delle tre fasi del giudizio cautelare è idoneo ad individuare le specifiche attività poste in essere finalizzate alla realizzazione dello scopo sopra indicato.
Come si evince dall’emblematica ricostruzione dei fatti come evidenziata negli atti penali, gli odierni deferiti, unitamente allo Zamparini, nel periodo in questione hanno ripetutamente perpetrato gli illeciti contestati; ciò è corroborato anche dalla notevole mole di intercettazioni che hanno dato piena conferma dell’impianto accusatorio.
Ciò che preme rilevare, in questa sede, è che la maggior parte delle eccezioni formulate dalla difesa, incentrate specificatamente sulla relazione dei consulenti tecnici d’ufficio incaricati nell’ambito del procedimento prefallimentare, sono state attentamente valutate e sconfessate ovvero, quantomeno inquadrate nel solo contesto prettamente civilistico, dai giudici della cautela in ben tre gradi di giudizio.
Emblematiche, inoltre, sono anche le considerazioni effettuate dal GIP del Tribunale Ordinario di Palermo nell’ordinanza del 25 febbraio 2019 lì dove, nel rigettare la richiesta di revoca delle misure cautelari dello Zamparini, ha posto in evidenza l’inesistenza di fatti nuovi idonei a mutare il quadro del giudicato cautelare, evidenziando che … ad abundantiam può aggiungersi che le ultime vicende descritte, prima fra tutte l’incredibile cessione della società ad un gruppo privo di qualsiasi disponibilità finanziaria, con la conseguente inevitabile retrocessione della stessa allo Zamparini, non fanno che confermare l’attitudine e la volontà del predetto a ricorrere a metodi quanto meno opachi per il perseguimento dei propri interessi e la sua palese noncuranza per le iniziative in corso da parte delle varie autorità interessate alla vicenda”.
Sotto il profilo dell’ammissibilità al presente procedimento delle prove acquisite mediante intercettazioni, che la difesa del US Città di Palermo espressamente contesta in quanto basate esclusivamente su brogliacci, perché indicate solo quelle favorevoli all’accusa e che si ritengono acquisite al di fuori dei casi esplicitamente previsti dalle norme processuali, il Collegio non può che evidenziare che sul punto una valutazione è già stata effettuata dai giudici cautelari; in particolare il giudice del riesame ha espressamente affermato che “In assenza di specifiche contestazioni, il Collegio non può che rilevare, in generale, che l’attività di intercettazione risulta regolarmente autorizzata o convalidata con provvedimenti le cui motivazioni rispondono ai canoni prescritti in materia, tenuto anche conto dei dati e degli argomenti esposti per relationem negli atti richiamati.”
Anche in questa sede le osservazioni in ordine al contenuto delle intercettazioni di cui agli atti processuali appaiono generiche atteso che, fra l’altro, il giudice penale ha evidenziato il dubbio della genuinità delle intercettazioni ma solo dalla data del 12 maggio 2018 in poi, evitando di prendere in considerazione tali dati.
Ed invero il collegio ritiene che l’esame effettuato dai giudici penali abbia tenuto in debita considerazione gli esiti della consulenza intervenuta nel giudizio fallimentare, procedendo in diversi casi a escludere le contestazioni formulate dalla Procura della Repubblica, ritenendo, pertanto, di potere escludere che le ipotesi accusatorie siano state fondate ed avallate sulla mera scorta della perizia di parte, così come sostenuto dalle difese dei deferiti.
Con riferimento alle contestazioni formulate nell’atto di deferimento ritiene il Collegio che siano fondate, come approfonditamente evidenziato anche negli atti penali, con riferimento a:
1) le iscrizioni effettuate nello stato patrimoniale dei bilanci 2015-2016-2017 "crediti per imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro, in violazione del principio contabile OIC 25, in relazione alla verificata impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate.
Al riguardo la difesa della società US Città di Palermo ha evidenziato l’inapplicabilità dei principi contabili OIC ai bilanci redatti prima del 2017, atteso che l’obbligo di redigere i bilanci delle società di calcio conformemente ai suddetti principi, previsto dall’art.84, comma 3 delle NOIF, è stato introdotto con decorrenza 1 gennaio 2017.
La difesa del Morosi ha invece posto in evidenza che nell’anno 2014/2015 la società aveva realizzato importanti plusvalenze le cui sopravvenienze ha proceduto a rateizzare nell’arco di cinque anni, facendo concorrere al reddito fiscale dell’esercizio 2014/2015 solo un quinto del loro importo.
Con riferimento agli anni 2016 e 2017, invece, ha sostenuto che il mancato recupero delle imposte anticipate è stato dovuto ad una serie di circostanze che hanno impedito alla società di conseguire i risultati sportivi sperati.
Al riguardo, tuttavia, deve evidenziarsi che le giustificazioni addotte sono mere congetture che non trovano riscontro né con quanto evidenziato dai consulenti tecnici d’ufficio, né, con quanto conseguentemente ritenuto dai giudici penali che hanno rilevato il palese contrasto con il principio contabile OIC e con i canoni di prudenza che devono orientare le scelte degli amministratori, atteso che è stato rilevato che, in presenza di risultati fiscali negativi nel corso del quadriennio in questione, non è stata effettuata alcuna pianificazione fiscale per poter procedere alla predetta iscrizione.
Né può ritenersi che alla società non si dovessero applicare i principi contabili OIC che sono espressamente richiamati nei bilanci in questione (giusta richiamo ai principi contabili nazionali), né che, secondo quanto sostenuto dalla difesa dello Zamparini, la ragionevole certezza può rinvenirsi dalla possibile cessione di giocatori che comportino l’emersione di plusvalenze.
2) l’iscrizione in bilancio di crediti tributari pari ad €. 2.940.559,00 nella voce di bilancio al 30 giugno 2016 addebitabile al Morosi ed allo Zamparini (e, per essi, alla società deferita), relativa ad imposte iscritte a ruolo e per le quali la società aveva in corso due rateizzazioni, nella considerazione che si trattasse di iscrizioni a ruolo provvisorie a fronte di contenziosi pendenti, attesa la pendenza di ricorsi innanzi alle commissioni tributarie. Il rilievo in questione è stato condiviso anche dai consulenti della procedura fallimentare attesa, ovviamente, la palese contrarietà a qualsivoglia regola contabile di prudenza. Né vale ad escludere la responsabilità in questione la circostanza che, a seguito di procedimenti conciliativi con l’Agenzia delle Entrate, il debito si sia sostanzialmente ridotto, giacché ciò che rileva è la condotta materiale tenuta nel particolare momento storico, volta a neutralizzare, in bilancio, gli effetti del debito.
3) La macroscopica vicenda inerente la plusvalenza iscritta per effetto della cessione, da parte della società deferita, della partecipazione totalitaria nella Mepal alla società anonima di diritto Lussemburghese Alyssa che è risultata essere controllata, indirettamente, dalla stessa famiglia di Zamparini, a seguito di un contratto stipulato in data 30 giugno 2016.
Il compendio delle indagini effettuate ha avuto modo di evidenziare la fittizietà dell’operazione in questione, che ha comportato per la società deferita una plusvalenza da alienazione ad 21,956 milioni di euro circa, originata dalla differenza di valore tra il ramo di azienda avente ad oggetto marchio ed accessori, ceduto nel 2014 in Mepal (per un valore di circa 18 milioni di euro) ed il prezzo di vendita delle quote della Mepal ad Alyssa, fissato in 40 milioni di euro da pagare in diverse tranche scaglionate nel tempo.
La totale convergenza di numerosissimi elementi, ben evidenziati nell’atto di deferimento e nei documenti allegati, hanno condotto i giudici penali a ritenere tale operazione un mero artifizio contabile - predisposto dallo Zamparini con la fattiva complicità del Morosi - per far quadrare i conti della società e dissimulare il grave deficit patrimoniale e sottrarsi, in tal modo, agli obblighi previsti dal codice civile e dalla normativa Federale in materia di società professionistiche.
Tale intento traspare chiaramente dalle numerosissime conversazioni intercettate nel corso delle quali lo Zamparini ha chiaramente confessato il vero scopo dell’operazione in contrasto con quanto risultava dagli atti ufficiali (vedasi anche quanto riportato a pag. 93 del decreto del GIP del 25 giugno 2018).
Dagli atti emerge anche la preoccupazione volta ad evitare operazioni infragruppo che avrebbero, poi, comportato l’obbligo di redigere un bilancio consolidato facendo emergere la realtà anche di fronte alla Co.Vi.So.C.
È stata evidenziata, inoltre, la palese anomalia dell’operazione in ragione anche della prevista modulazione del pagamento del corrispettivo in diverse tranche, dilazionate nel tempo (fino al 30 giugno 2019), salvo eventuali proroghe da concordare fra le parti senza alcuna garanzia.
Il tutto è ampiamente corroborato anche da ulteriori anomalie rilevata dall’U.I.F. della Banca di Italia in ordine al soggetto stipulante per conto della Alyssa, al corrispettivo pattuito ed alla tempistica dell’operazione.
Le evidenti anomalie hanno portato il giudice della cautela a ritenere che “’impianto accusatorio, fondato su elementi dotati di solidissima e convergente forza probante di matrice eterogenea, ben al di là del parametro richiesto a fini cautelari, non può affatto ritenersi infirmato od anche solo minimamente scalfito dalle iniziative poste in essere dallo Zamparini, mal supportato ed assecondato dal Morosi dopo la scoperta dell’indagine penale e l’apertura della procedura fallimentare”.
È emerso, infatti, che successivamente a tali eventi lo Zamparini abbia proceduto a postergare i tempi di pagamento del debito, a predisporre garanzie pignoratizie e fideiussorie di dubbia esperibilità (basti pensare che la garanzia fideiussoria viene rilasciata dalla società Gasda, società anch’essa riconducibile allo Zamparini, che risultava in stato di indebitamento per €. 202.000.000,00), nonché a disporre il pagamento di una tranche del debito della Alyssa, pari a 4.000.000,00 in data 24 gennaio 2018 al dichiarato fine di cercare di smontare il cartello accusatorio.
Appare ulteriormente anomalo che lo stesso Zamparini provveda al pagamento della predetta somma, mediante un articolato sistema di movimentazione finanziaria con il quale lo stesso procede a bonificare la somma in favore della società Kalika s.a., amministrata da Luc Braun, in virtù di un contratto di finanziamento stipulato in pari data tra Maurizio Zamparini e la stessa Kalika s.a., avente ad oggetto un prestito di € 4.000.000,00.
Come evidenziato nell’ordinanza del GIP e come ripercorso anche nell’atto di deferimento, in data 19.1.2018, la KALIKA s.a. trasferisce alla Alyssa s.a. la stessa somma, in virtù di un contratto di finanziamento stipulato in pari data tra le due società e, in particolare, nell'occasione la KALIKA s.a. è rappresentata da Maurizio Zamparini e la Alyssa s.a. invece da Luc Braun il quale, come detto, è in realtà amministratore della prima.
Il 22.1.2018 la Alyssa s.a. dispone il bonifico di 4.000.000,00 euro in favore della US Città di Palermo Spa.
Unitamente al bonifico sopra descritto, Maurizio Zamparini ha effettuato una compensazione di crediti, al medesimo fine di estinguere parzialmente il debito di Alyssa s.a. nei confronti della US Città di Palermo Spa.
In particolare, la STD s.a. ha ceduto un proprio credito pari a 7.500.000,00 euro, credito vantato dalla stessa nei confronti della US Città di Palermo Spa, alla Alyssa s.a..
La STD s.a. aveva acquistato tale credito dalla Pencill Hill Limited la quale, a sua volta, aveva concluso un accordo transattivo sottoscritto in data 26.1.2017 tra la società calcistica e la Pencil Hill Limited, con riguardo ai diritti spettanti per la intermediazione nella vicenda del trasferimento del calciatore Paolo Dybala.
Al riguardo il PM penale rileva che non è chiaro a quale titolo la STD ceda tale credito.
Le difese hanno sostenuto la piena validità della pattuizione contrattuale, ritenuta pienamente legittima anche dal Tribunale Fallimentare ed hanno evidenziato che è frequente la prassi di procedere a tali operazioni, non essendo rilevante la riconducibilità dell’Alyssa s.a. allo stesso gruppo. Tale operazione, la cessione di beni aziendali, si porrebbe quale alternativa alla ricapitalizzazione da parte dei soci.
Ha contestato la circostanza dell’avvenuta sovrastima del valore della Mepal e ha evidenziato che, ad oggi, gran parte del debito è stato onorato e la restante parte, pari ad €. 20.000.000,00 dovrebbe essere pagata dalla società acquirente Sporting Network Srl.
Va rilevato, fra l’altro, che dalla documentazione trasmessa dalla difesa risulta che altri € 5.700.000,00 sarebbero stati pagati dalla Alyssa mediante compensazione di un credito che lo stesso Zamparini – ma non si comprende a quale titolo – vantava nei confronti della US Città di Palermo Spa.
Tali suggestive considerazioni non incidono sulla piena censurabilità dell’operazione effettuata che al momento della sua realizzazione non produceva alcun effettivo incremento economico della società deferita, ma era esclusivamente posta in essere per evitare di dover ricapitalizzare la stessa compromettendo, in caso di impossibilità, l’iscrizione al campionato.
D’altronde le considerazioni formulate nella sentenza del Tribunale Fallimentare che ha ritenuto, ai fini della dichiarazione di fallimento, che il debito della Alyssa dovesse considerarsi liquido ed esigibile sono state attentamente tenute in considerazione dai giudici penali, che hanno comunque confermato il giudizio di disvalore relativamente alle condotte tenute nella vicenda in questione, partendo dal presupposto che le valutazioni del Tribunale fallimentare sono state fatte sulla mera scorta della documentazione ufficiale, senza tener conto dell’enorme serie di elementi a disposizione nel giudizio penale; ciò nonostante i giudice fallimentare, sulla scorta della consulenza tecnica ha comunque evidenziato elementi di criticità in ordine alle due garanzie rilasciate dalla società Gasda e dalla stessa Mepal.
Anche la successiva operazione architettata dallo Zamparini ed avallata dal Morosi, volta all’acquisto della Alyssa da parte della società US Palermo Calcio, senza alcun esborso di danaro volta ad evitare di dover procedere alla svalutazione del credito verso Alyssa, è indice sintomatico della gravità degli illeciti perpetrati.
D’altronde, pur a voler ammettere la legittimità dell’operazione, ma così non è, appare del tutto abnorme il valore pari ad €. 40.000.000,00 di acquisto della società Mepal a fronte di un valore contabilizzato pari ad €. 18.000.000,00 circa.
Nel caso di specie era stato proprio Morosi, nel 2014, a redigere la perizia di stima del valore della partecipazione di Mepal e, pertanto lo stesso risulta pienamente consapevole, nonché concorrente, nelle condotte perpetrate dallo Zamparini.
Lo Zamparini, fra l’altro, come riferito anche da soggetti escussi a sommarie informazioni, non avrebbe mai fatto mistero del fatto che l’operazione Alyssa servisse per ottimizzare il bilancio e che si trattava di espedienti per “mandare avanti la baracca”.
4) Analoghe considerazioni devono essere effettuate con riferimento alle posizioni degli odierni deferiti relativamente all’ipotizzata violazione della normativa Federale in materia per aver fornito false informazioni al fine di ostacolare l’attività di vigilanza della Co.Vi.So.C.
Anche in tal caso dall’indagine, lungi dalle considerazioni difensive formulate, appare evidente che, mediante gli artifizi contabili, gli odierni deferiti hanno inevitabilmente fornito false informazioni alla Covisoc, come puntualmente evidenziato negli atti penali, anche ricorrendo a diversi espedienti al fine di eluderne il controllo (vedasi pag. 140 dell’ordinanza del GIP del 25 luglio 2018). Fondamentale, come emerso dal quadro delle indagini, è il ruolo del Morosi, che ha proceduto alla predisposizione delle note con le quali si cercava di eludere i predetti controlli.
Oltremodo grave, poi, è stata la condotta tenuta in occasione dell’ammissione al campionato di Serie B 2017/2018, allorquando gli atti inviati alla COVISOC, come individuati nell’atto di deferimento e negli atti penali, hanno consentito di occultare una situazione perdita di capitale societario rilevante ex art 2447 c.c. che avrebbe impedito l’iscrizione al campionato di calcio.
Sul punto il giudice della cautela afferma che “anche rispetto agli obblighi di corretta informazione verso la Covisoc lo Zamparini ha perseverato, ben dopo la conoscenza dell’indagine penale, nei contegni illeciti, fornendo dal 3 agosto al 29 novembre, a seguito delle pressanti richieste di chiarimenti dell’organismo tecnico di vigilanza, informazioni sistematicamente reticenti, fuorvianti e finanche false ed altresì facendo in modo, d’intesa con il Morosi, di calibrare i tempi per l’approvazione del bilancio al giorno successivo della visita ispettiva della COVISOC in modo da non dare loro i documenti”.
Tali comportamenti sono continuati anche nel corso del 2017 anche ad opera del Giammarva Giovanni e dello Zamparini, atteso che dagli atti di causa risulta che lo stesso, nonostante fosse ben conscio della problematicità delle operazioni poste in essere non si è tirato indietro nel fornire le predette false informazioni ; in alcun modo, poi, può essere ritenuta una valida esimente la condotta tenuta dallo stesso allorquando ha proceduto a costituire formalmente in mora la società Alyssa giacché attività del tutto inutile in ragione della piena conoscenza della sostanziale impossibilità della stessa di adempiere alle proprie obbligazioni.
Si ritiene ininfluente l’omessa formale contestazione della violazione dell’art. 8 nella comunicazione di conclusione indagini, attesa la specifica qualificazione del fatto contestato effettuata dalla Procura Federale.
5) Il collegio ritiene, infine, che non sussistono le violazioni contestate al punto 1) dell’atto di deferimento, nonché quelle di cui al punto 2 A) e 5 A) in ragione di quanto esposto dalle difese dei deferiti e da quanto emerso nel corso dell’indagine penale che nei casi in questione ha escluso la sussistenza dei reati».
Ad avviso del Tribunale Federale Nazionale risultano, pertanto, sufficientemente provate le responsabilità dei deferiti, nonché della società US Città di Palermo s.p.a.
Quanto alla misura sanzionatoria, ritiene – il TFN – alquanto grave il contesto accertato, «idoneo a porre in evidenza il compimento di una sistematica attività volta ad eludere i principi di sana gestione finanziaria e volta a rappresentare in maniera non fedele alla realtà lo stato di salute della società deferita».
A fronte di tali circostanze, prosegue il TFN, «è derivato il compimento di attività chiaramente elusive, idonee a non fotografare la reale situazione della società, proseguite ininterrottamente dal 2015 al 2018 e aventi il loro apice relativamente al bilancio al 30 giugno 2016 le cui alterazioni, per quanto risulta dagli atti oggetto del giudizio, hanno consentito di conseguire l’iscrizione al campionato di calcio 2017/2018.
A fronte, pertanto, delle riconosciute responsabilità degli odierni deferiti ed in ragione della gravità degli illeciti, il Tribunale ritiene di accogliere le richieste formulate dalla Procura Federale».
Premessi questi motivi, il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare ha così deciso:
«dichiara inammissibile il deferimento nei confronti di Zamparini Maurizio;
Per il resto irroga le seguenti sanzioni:
- Giammarva Giovanni, inibizione di anni 2 (due)
- Morosi Anastasio, inibizione di anni 5 (cinque) e preclusione ex art. 19, comma 3 del CGS FIGC;
- Società US Città di Palermo Spa, retrocessione all’ultimo posto del Campionato di serie B della stagione sportiva in corso 2018/2019».
Il giudizio di appello
Avverso la suddetta decisione del Tribunale Federale Nazionale, pubblicata sul C.U. n. 63/TFN del 13 maggio 2019 hanno proposto appello sia la Procura Federale, sia i soggetti sanzionati.
Reclamo U.S. Cittàdi Palermo s.p.a.
- Con un primo articolato motivo di reclamo la U.S. Palermo, come rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Di Ciommo, Francesco Pantaleone, Francesca Trinchera, Gaetano Terracchio ed Antonino Gattuso, deduce erroneità ed abnormità della sanzione comminata, nonché contraddittorietà della decisione impugnata.
«A prescindere dalla effettiva ascrivibilità ai deferiti delle condotte contestate», la società reclamante ritiene che, proprio in ragione delle conclusioni a cui è giunto il TNF, la sanzione inflitta sia «assolutamente ingiustificata ed abnorme, con la conseguenza che la decisione impugnata dovrà essere annullata e/o, comunque, riformata.
Come emerge dall’atto di deferimento e dal verbale del dibattimento, la Procura Federale ha proposto la sanzione della retrocessione all’ultimo posto dell’attuale campionato sul presupposto che la US Città di Palermo avesse illegittimamente ottenuto l’iscrizione a ben quattro (4!!!) campionati. Tuttavia, la sentenza impugnata ha ritenuto fondati solo alcuni dei capi oggetto del deferimento». Orbene, ritiene, la reclamante, che «dalla semplice lettura delle conclusioni cui è giunto il Tribunale emerge con chiarezza che la US Città di Palermo è stata ritenuta sanzionabile per avere asseritamente conseguito l’illegittima iscrizione esclusivamente al campionato 2017/2018!
Pertanto, se la Procura Federale ha chiesto la sanzione della retrocessione motivandola sul fatto che il Palermo avesse illegittimamente ottenuto l’iscrizione a ben quattro campionati e, nel corso del dibattimento, ha tenuto a precisare che tale particolare rigore, anche rispetto ad altri precedenti analoghi, era dovuto proprio all’efficacia ripetuta dell’illecito, che si era riverberato per più stagioni sportive, non si comprende come il Tribunale abbia potuto applicare la sanzione richiesta, nonostante abbia ritenuto che l’eventuale illecito abbia avuto effetti su un solo campionato».
La dedotta ingiustizia e abnormità della decisione gravata si apprezza, secondo la reclamante, anche in una diversa prospettiva.
«Tutte le contestazioni mosse alla US Città di Palermo S.p.A., a titolo di responsabilità diretta (dalla n. 1 alle n. 6) o di responsabilità oggettiva (contestazione n. 7), per fatti imputabili al Sig. Zamparini Maurizio, non potevano e non possono essere considerate in prospettiva sanzionatoria in quanto la declaratoria di inammissibilità del deferimento del Sig. Zamparini per violazione dei suoi diritti di difesa, disposto dalla stessa decisione qui gravata, rende i fatti (non accertati in capo allo Zamparini e per i quali, del resto, quest’ultimo non si è potuto difendere) non contestabili alla società, né a titolo di responsabilità diretta né a titolo di responsabilità oggettiva.
In proposito, giova sottolineare come la giurisprudenza nel nostro ordinamento sia compatta nell’affermare che: “L’affermazione della responsabilitàdegli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti presuppone che sia stata accertata e dichiarata la responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., delle persone fisiche poste in rapporto giuridicamente rilevante con l'ente stesso (amministratori, funzionari o dipendenti)” (così, ex multis, Cass. Terza Sez. Civ., sentenza 3 ottobre 2013 n. 22585, Pres. Uccella, Rel. Travaglino)».
Si tratterebbe, infatti, secondo la US Palermo, di cause comunque inscindibili per il rapporto di dipendenza dell’una dall’altra, essendo determinabile, la responsabilitàdell’ente, solo dal presupposto dell’accertata responsabilitàdel suo dipendente.
Nella prospettazione difensiva della reclamante società palermitana, dunque, «una volta escluse le contestazioni che fanno perno sulla condotta del Sig. Zamparini, ai fini dell’irrogazione della sanzione alla US Città di Palermo S.p.A. il TNF poteva considerare soltanto le contestazioni mosse nei confronti degli altri due deferiti, e dunque quelle mosse al Presidente del Collegio Sindacale della società stessa (Dott. Morosi Anastasio), che però alla società non vengono contestate per responsabilità diretta, ma solo oggettiva, e la sola contestazione (n. 7) mossa al Sig. Giammarva Giovanni».
In breve, l’US Palermo poteva essere destinataria di una sanzione «ben più mite di quella chiesta dalla Procura, e dunque non già la retrocessione all’ultimo posto in classifica, ma al più una penalizzazione in termini di punti da scontare nell’attuale classifica della serie B».
A tale conclusione si giungerebbe, secondo la reclamante società, anche laddove si ponga a confronto la giurisprudenza relativa a gravissimi fatti illeciti “in materia gestionale ed economica”. Cita, ad esempio, la sanzione inflitta alla società «Foggia Calcio s.r.l., compagine anch’essa quest’anno militante nel campionato di serie B, la quale, per gravissimi fatti legati a finanziamenti irregolari e a somme contanti di dubbia provenienza utilizzate per la gestione della società, e cioè, tra l’altro, per il pagamento dei calciatori (per € 556.750,00 secondo la contestazione della Procura, ed € 378.750,00 per quanto ammesso dal Sig. Fedele Sannella per il Foggia), era stata prima sanzionata con la penalizzazione di 15 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2018/2019, per violazione dell’art. 4, commi 1 e 2 C.G.S., […] mentre poi (anche a seguito dell’intervento del Collegio di Garanzia per lo Sport del CONI) ha visto ridursi la sanzione a soli 8 punti di penalizzazione, proprio in forza di decisione di codesta Ecc.ma Corte d’Appello Federale, Sezioni Unite, del 20 Agosto 2018 (Com. Uff. n. 022/CFA)» e, successivamente, a seguito altra pronuncia del Collegio di Garanzia dello sport, la Corte federale d’Appello «ha rideterminato la sanzione a carico del Foggia per i medesimi fatti nella misura di (soli) 6 punti di penalizzazione in classifica».
Ritiene, dunque, l’US Palermo, che «qualora codesta ill.ma Corte federale d’Appello dovesse ritenere, per assurdo, provate le circostanze dedotte nel deferimento a carico della scrivente società, in ragione di quanto sopra sintetizzato non potrebbe che rideterminare la sanzione irrogata, sostituendo l’abnorme e ingiusta retrocessione all’ultimo posto con una sanzione costituita da una congrua penalizzazione di punti nella classifica finale».
«Ancora più rilevante», prosegue l’US Palermo, «rispetto a quella già sintetizzata del Foggia Calcio s.r.l., risulta la vicenda che ha visto coinvolto l’AS Chievo Verona s.r.l. negli scorsi mesi».
All’AS Chievo Verona s.r.l., militante nel campionato di serie A, la giustizia sportiva ha irrogato una ammenda di € 200.000,00 e la penalizzazione di 3 punti in classifica da scontare nella stagione in corso, a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, per le condotte ascritte al suo presidente e ai suoi amministratori, per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di una serie di calciatori, indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, nonché per aver contabilizzato, nei bilanci del 2014, 2015, 2016 e 2017 della società Chievo Verona S.r.l., plusvalenze fittizie.
Deduce, poi, l’US Palermo, erronea valutazione dei fatti di causa.
In tale prospettiva, ritiene l’US Palermo che, diversamente da quanto affermato dal TFN (secondo cui a prescindere “dalle attuali vicende societarie e dalle evoluzioni delle stesse, l’esame delle condotte non puòche essere riferito al momento storico in cui si sono verificati i fatti ed al contesto in cui gli stessi sono stati posti in essere, in relazione alle condotte materiali realizzate all’evidente fine di rappresentare una realtàeconomico finanziaria ben diversa rispetto alla realtàdella societàodierna deferita”), «la circostanza che la società sia stata recentemente acquistata da altro soggetto, che ha dato dimostrazione di solidità e capacità economico e finanziaria e che si è impegnata al pagamento del cosiddetto “debito Alyssa”, certamente non può essere ininfluente rispetto alla valutazione della fondatezza dell’impianto accusatorio della Procura Federale su tale capo di incolpazione».
Infatti, prosegue la società siciliana, non solo i pagamenti sinora effettuati, «ma anche l’accollo del debito in questione da parte di un soggetto estraneo all’originaria operazione, lungi dall’essere irrilevante, dimostra a posteriori l’infondatezza dei rilievi mossi dalla Procura Federale rispetto all’operazione di cessione del marchio».
Il Giudice di prime cure avrebbe, poi, errato, nella prospettazione difensiva della società palermitana, ritenendo rilevanti circostanze e condotte (“… l’incredibile cessione della societàad un gruppo privo di qualsiasi disponibilitàfinanziaria, con la conseguente inevitabile retrocessione della stessa allo Zamparini…”, cfr. pag. 18 della decisione del TFN) che nulla avrebbero a che vedere con il deferimento e che, comunque, riguarderebbero un periodo temporale successivo a quello oggetto di contestazione.
Quanto ai capi 2b, 3b, 4c, 2B, 3B e 4C del deferimento, ritiene il TFN che le iscrizioni effettuate nello stato patrimoniale dei bilanci 2015-2016-2017 "crediti per imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro, siano in violazione del principio contabile OIC 25, in relazione alla verificata impossibilitàdi ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate.
Orbene, secondo la US Palermo è lo stesso Tribunale a confermare che i principi contabili in questione rispondano a canoni di mera prudenza, «con la conseguenza che dalla loro eventuale violazione non potrà certo farsi discendere l’applicazione delle sanzioni che puniscono le false comunicazioni sociali».
Aggiunge l’US Palermo: «il principio contabile di cui si discute non era applicabile ai bilanci in questione, atteso che l’attuale versione dell’art. 84 co. 3 N.O.I.F. è stata introdotta dal Com. Uff. n. 95/A della F.I.G.C., pubblicato il 30 novembre 2016, con decorrenza dal 01.01.2017» ed anche laddove fosse stato applicabile alla fattispecie «e non fosse ritenuta sufficiente la giustificazione addotta dagli amministratori della società (che iscrivevano tale posta in bilancio stante la ragionevole certezza dell’esistenza negli esercizi futuri di un reddito imponibile), non si tratterebbe di una falsa comunicazione sociale ma – come confermato nella decisone impugnata - della semplice inosservanza di un principio di prudenza».
Quanto ai capi 2c, 6c e 3B del deferimento (iscrizione in bilancio di crediti tributari pari ad €. 2.940.559,00 nella voce di bilancio al 30 giugno 2016), ad avviso della reclamante è lo stesso TFN a confermare «che, comunque, l’iscrizione in bilancio della voce in questione potrebbe al massimo essere considerata una violazione delle regole di prudenza, che certamente non possono giustificare la comminazione delle gravi sanzioni inflitte dal Giudice di primo grado.
A prescindere da tale considerazione, si insiste nell’evidenziare che a fronte dell’iscrizione dei suddetti crediti tributari alla voce “altri crediti verso erario”, la società aveva iscritto come contropartita, nella voce “imposte esercizi precedenti” i medesimi importi, con la conseguenza che nessun credito inesistente era stato iscritto in bilancio, stante la contemporanea indicazione di un contro debito per il medesimo importo.
Tale iscrizione contabile, infine, era stata oggetto di espressa valutazione della Co.Vi.So.C. che, a seguito della visita ispettiva del 23 novembre 2016, aveva dato atto di quanto sopra e, non ravvisando alcuna violazione, si era limitata ad invitare la Società ad utilizzare maggiore prudenza nella redazione del bilancio e nella previsione di un congruo fondo rischi (nella fattispecie già inserito in bilancio)». Eccezione, questa, lamenta l’US Palermo, neppure «presa in considerazione dal Tribunale, con conseguente ulteriore erroneità della decisione anche sotto tale aspetto».
Quanto ai capi 3a e 3B, 4a, 4b, 4B, 5b e 5B del deferimento, relativo all’operazione di cessione del marchio alla società Alyssa SA (in relazione ai quali il TFN ha ritenuto che “il compendio delle indagini effettuate ha avuto modo di evidenziare la fittizietàdell’operazione in questione, che ha comportato per la societàdeferita una plusvalenza da alienazione ad 21,956 milioni di euro circa, originata dalla differenza di valore tra il ramo di azienda avente ad oggetto marchio ed accessori, ceduto nel 2014 in Mepal (per un valore di circa 18 milioni di euro) ed il prezzo di vendita delle quote della Mepal ad Alyssa, fissato in 40 milioni di euro da pagare in diverse tranche scaglionate nel tempo”), la società reclamante evidenzia come tale tipo di operazione sia «stata “importata” nella Serie A dalla metà degli anni duemila con operazioni il cui valore contabile ha superato i 600 milioni di euro. Il Milan, per esempio, ha concluso un trasferimento parziale del proprio marchio a Milan Entertainment srl nel settembre del 2005 per circa 180 milioni. A dicembre 2005, l’Inter ha scorporato il marchio cedendolo a una società controllata, la Inter Brand Srl, per 158 milioni … ».
Da siffatti dati, estratti – a dire dalla reclamante – da Il Sole 24 Ore del 4 novembre 2006, emergerebbe «che le operazioni di cessione sopra ricordate sono state effettuate tutte in favore di società controllate da quella che vende il marchio» e tali «operazioni analoghe a quella effettuata dalla US Città di Palermo, non hanno comportato alcun provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria sia in sede penale che disciplinare, né attenzione simile a quella dedicata all’odierna reclamante».
«Tutte le circostanze dedotte dal Tribunale», a dire dell’US Palermo, «non provano alcunchè, se non l’avvenuto parziale pagamento del corrispettivo della cessione del marchio da parte di soggetti riconducibili a Zamparini (atteso che egli era il socio unico o di maggioranza delle società attraverso cui tali pagamenti sono stati posti in essere).
Tuttavia, tali fatti non sono idonei a dimostrare la natura fittizia dell’operazione e, semmai, provano proprio il contrario, vale a dire che il debito è stato pagato con modalità legittime attraverso operazioni poste in essere da società correlate.
Sulla validità di tali operazioni valgano le considerazioni già svolte nel giudizio di primo grado che in questa sede si richiamo.
Si precisa altresì che nessun obbligo di redazione di bilancio consolidato aveva la US Città di Palermo rispetto alle altre società di cui Zamparini risultava socio, trattandosi di soggetti tra loro correlati e non di società controllate.
Inoltre, nessun addebito potrà essere mosso alla società per comportamenti posti in essere da Zamparini in tale operazione atteso che, comunque, le condotte contestate sono riconducibili ad un interesse proprio (poiché egli era il socio unico della US Palermo), estraneo alla società».
Con altro articolato motivo di reclamo la società US Palermo censura violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 ter, comma 5, CGS, nonché inammissibilità del deferimento e contraddittorietà della motivazione.
Evidenzia, la reclamante società, come la richiesta di acquisizione degli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Palermo in data 21 novembre 2018 non riguardava, strictu sensu, gli atti di indagine e/o i provvedimenti trasmessi, bensì la nota di trasmissione della Procura stessa.
Siffatto documento, a dire della reclamante, sarebbe stato necessario per smentire la tesi accusatoria e «per dimostrare che la Procura Federale era in possesso sin da tale data di tutti gli elementi utili a procedere al deferimento ovvero che a tale data erano già conosciuti i fatti e le circostanze poste a fondamento del provvedimento di riapertura delle indagini del 11.02.2019».
Ricorda, al riguardo, l’US Palermo, che in udienza la Procura Federale «ha affermato che i documenti acquisiti erano coperti dal segreto istruttorio che ne impediva l’ostensibilità, e che l’inserimento di tali atti nella comunicazione di conclusione indagini era dovuta ad un mero errore materiale della propria segreteria».
In considerazione dell’immotivato rigetto della richiesta istruttoria, prosegue la reclamante, «questa difesa ha provveduto ad acquisire dal difensore di uno degli altri deferiti (sottoposto ad indagini penali) l’atto in questione, reso disponibile a seguito della conclusione delle stesse indagini nei suoi confronti (Allegato A a questo reclamo).
Dall’esame di tale documento si evince che non solo alla Procura Federale non era stato opposto alcun segreto istruttorio ma che in data 31.07.18 la stessa Procura della Repubblica aveva inviato ulteriori documenti relativi sempre alla richiesta formulata in data 24.07.18 con prot. 1002/8pf 18-19/GP/GC/blp».
Deduce, quindi, la US Palermo, un ulteriore vizio del deferimento, considerato che la prima richiesta di proroga, «risultando fondata su un errato presupposto non avrebbe dovuto essere concessa con la conseguenza che le indagini del primo procedimento avrebbero dovuto essere considerate concluse sin dal 7 settembre 2019 e che gli eventuali atti di indagine compiuti successivamente dovranno essere dichiarati inutilizzabili.
Alle medesime conclusioni si giunge esaminando anche la richiesta di archiviazione del Risulterebbe, pertanto, smentita anche la circostanza posta a fondamento della prima richiesta di proroga delle indagini 0.10.2018. Nessun richiamo è, infatti, operato agli atti acquisiti in data 31.07.18 e nelle more della condivisione dell’intendimento con la Procura Generale dello sport, la Procura Federale non ha ritenuto di informare l’Organo del CONI delle sopravvenute acquisizioni documentali del 21.11.18.
La condotta della Procura appare, quindi, quanto meno non prudente atteso che in un caso delicato come quello oggetto del presente procedimento, non sembra avere compiutamente conformato il proprio operato ai principi sanciti dall’art. 2 C.G.S. CONI […]
Anche per tali motivazioni il deferimento risulta viziato e come tale dovrà essere dichiarato nullo, inammissibile e/o comunque improcedibile».
La US Palermo ribadisce, poi, la contestazione di indeterminatezza dei documenti contenuti nel cd in assenza di una specifica elencazione riportata nel verbale di consegna.
Infatti, sostiene la società reclamante, «non essendo stata provata con assoluta certezza quali documenti siano stati acquisiti in data 31.01.2019, la riapertura delle indagini si appalesa illegittima», atteso che, «né la nota di trasmissione del 31.01.2019 a firma del cancelliere della segreteria del P.M. di Palermo né il provvedimento di riapertura delle indagini indicano quali atti siano stati esaminati per determinare la nuova iscrizione del fascicolo disciplinare.
L’indicazione dei nuovi elementi acquisiti è, infatti, condizione indispensabile al fine di potere considerare correttamente adempiuto il dettato normativo di cui all’art. 32-ter co.5 C.G.S.
Il provvedimento impugnato omette, però, ogni pronuncia al riguardo e dovrà, pertanto, essere riformato anche su tale punto».
In ogni caso, aggiunge l’US Palermo, «gli atti asseritamente acquisiti in data 31.01.2019 non rivestono quei caratteri di novità e non conoscibilità (rispetto al momento dell’intervenuta archiviazione) richiesta dalla norma in questione.
E difatti, l’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo n° 1208/18, contiene tutti gli elementi atti ad identificare compiutamente tutti gli atti di indagine eseguiti dal Pubblico Ministero.
In particolare, vengono espressamente richiamati (riportandone anche ampi stralci) l’ordinanza del GIP di Palermo del 25.06.2018, le relazioni tecniche redatte dal dott. Colaci, (consulente della Procura della Repubblica), gli atti della procedura prefallimentare (ivi inclusi il decreto di archiviazione e la relazione di CTU).
Orbene il Tribunale Federale da un lato afferma che: “Il quadro probatorio emerso dagli innumerevoli gravi indizi cristallizzati nel corso delle tre fasi del giudizio cautelare è idoneo ad individuare le specifiche attività poste in essere finalizzate alla realizzazione dello scopo sopra indicato … omissis … la maggior parte delle eccezioni formulate dalla difesa, incentrate specificatamente sulla relazione dei consulenti tecnici d’ufficio incaricati nell’ambito del procedimento prefallimentare, sono state attentamente valutate e sconfessate ovvero, quantomeno inquadrate nel solo contesto prettamente civilistico, dai giudici della cautela in ben tre gradi di giudizio”, salvo poi ritenere sussistenti, in maniera assolutamente contraddittoria, gli elementi di novità previsti dall’art. 32-ter CGS in relazione agli atti asseritamente acquisiti in data 31.01.19.
Si precisa, al riguardo, che il provvedimento della Corte di Cassazione che ha confermato la misura cautelare nei confronti del sig. Zamparini, nulla aggiunge al quadro probatorio esistente alla data del 21.11.18, poiché è stato allegato agli atti esclusivamente il dispositivo di tale decisione che ha reso esecutiva l’ordinanza n° 1208/18.
La decisione impugnata risulta, pertanto, viziata anche per tali motivazioni e dovrà essere conseguentemente riformata, con la conseguente declaratoria di inammissibilità, nullità e/o comunque improcedibilità del deferimento».
- Deduce, poi, la reclamante società, violazione dell’art. 2 CGS CONI, nonché contraddittorietà della motivazione in ordine alla eccezione della omessa esecuzione di indagini autonome da parte della Procura Federale nel corso del procedimento n° 8 pf 18/19.
Censura, in particolare, l’US Palermo, il seguente passaggio della decisione impugnata:
“In ordine all’eccezione circa l’omessa esecuzione di indagini autonome da parte della Procura Federale nell’ambito del procedimento disciplinare 8 pf 18/19, si ritiene che in tale sede non possano trovare censura la doglianza in questione, che riguarda un procedimento conclusosi con l’archiviazione; d’altronde, in assenza di riscontri da parte della Procura della Repubblica di Palermo, non appare irragionevole l’operato della Procura Federale”.
Premesso che «il procedimento di archiviazione del fascicolo n° 8pf18/19 è stato fondato su gravi omissioni ed una errata ricostruzione della vicenda da parte della Procura Federale», ritiene, la società reclamante, che la decisione del TFN stupisca «allorquando ritiene che lo stesso non possa sindacare l’operato della Procura Federale nel corso delle indagini», perché da ciò conseguirebbe «che, senza alcuna possibilità di verifica da parte dell’organo giurisdizionale non può, infatti, essere garantita la parità delle parti né la piena tutela dei diritti e degli interessi degli affiliati e dei tesserati».
- Con altro motivo di impugnazione l’US Palermo si duole del fatto che, nonostante il deferimento nei confronti del sig. Maurizio Zamparini sia stato dichiarato inammissibile, il TFN ha condannato la società palermitana per responsabilità diretta dei fatti dallo stesso asseritamente posti in essere, in violazione dell’art. 2 CGS.
Detta decisione violerebbe, a dire della US Palermo, «i più elementari principi del diritto, costituendo una anticipazione del giudizio di merito nei confronti di un soggetto che rimane estraneo al procedimento in cui viene sanzionato, senza alcuna possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa».
Aggiunge, la reclamante, che le condotte vengono valutate all’interno delle tre fasi del giudizio cautelare (nell’ambito delle quali il giudice assume provvedimenti in base ad una valutazione superficiale, seppur necessaria, al fine di non compromettere il corretto svolgimento del processo) e sulla scorta di elementi (intercettazioni) che non potrebbero assumere alcuna valenza probatoria.
Né risulterebbe, prosegue l’US Palermo, «applicabile alla fattispecie il richiamo “alla c.d responsabilità amministrativa degli enti” da cui discenderebbe, in via automatica, la responsabilità diretta della società sportiva.
Infatti in assenza di qualsivoglia relativa regolamentazione rinvenibile nell’alveo della normativa/ordinamento sportivo, non interviene in via sussidiaria ed analogica il ricorso alle norme del processo penale (o di natura penale come quelle sulle responsabilità amministrativa degli enti), ma devono applicarsi le norme generali del processo civile, in ottemperanza all’art. “Art.2 del CGS Principi del processo sportivo” che al n° 6 afferma “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile…”».
A tal proposito la società reclamante osserva come nessuna azione e/o contestazione sia stata formalmente mossa alla società dagli organi giudiziari e di controllo ai sensi del decreto legislativo n. 231, fatta eccezione per quella contestata dalla Procura della Repubblica di Palermo in ordine al reato di autoriciclaggio per la quale sia il Tribunale del Riesame che la Corte di Cassazione hanno ritenuto l’insussistenza dell’illecito contestato.
Inoltre, aggiunge l’US Palermo, l’art. 5 del decreto sopra indicato, disponendo che l’ente è responsabile “per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”, introduce «tre requisiti fondamentali e concorrenti; il primo riguarda i reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente, anche solo parzialmente, nonché riconoscibilmente ed obiettivamente connessi alla condotta dell’autore; il secondo decreta che la responsabilità dell’ente viene meno qualora gli autori del reato abbiano agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”; l’ultimo stabilisce che gli autori devono essere persone fisiche qualificate dalla posizione apicale che ricoprono all’interno dell’organizzazione». Richiamando, a tal riguardo, la sentenza 9 gennaio 2018, n. 295 della Corte di Cassazione (secondo cui la società risponde oggettivamente per tutte le condotte che trovano una spiegazione ed una causa nella vita societaria, rimanendo esente da responsabilità solo per fatti illeciti posti in essere nell’interesse esclusivo dell’agente, per un fine personalissimo proprio o di terzi), ritiene, allora, che l’esame vada condotto «non tanto sull’attività illecita perseguita unicamente dal soggetto coinvolto, ma con specifico riferimento (e con inconfutabili prove) circa l’interesse e i benefici ottenuti dall’ente».
Ed a tal proposito, la società reclamante evidenzia che «in riferimento al tempo in cui dette condotte sarebbero state realizzate, la proprietà della US Città di Palermo era costituita per il 99,9% proprio dal sig. Maurizio Zamparini e per 0,1% dalla società Gasda (cfr allegato 13-816pf18-19) costituita da soggetti riconducibili al nucleo familiare del medesimo, ovvero moglie e figli.
E’ovvio pertanto che gli eventuali “benefici” conseguenziali alla condotta rilevante ai sensi del d.lgs. 231, del soggetto agente (Maurizio Zamparini) non abbiano generato alcun vantaggio in favore della società deferita proprio perchè realizzate “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”. Per tali motivazioni è lecito chiedersi a chi avrebbe giovato concretamente l’asserita condotta illecita se non esclusivamente in favore di quei soggetti tenuti a ricapitalizzare la società ovvero a coprire le perdita di bilancio.
In ordine al richiamo delle norme del processo civile ex art. 2 c 6 CGS, pertanto, in via analogica la mancata partecipazione al processo disciplinare da parte del sig. Zamparini genera quindi gli effetti previsti dall’art. 102 c.p.c. secondo cui: “Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.
In tale ottica i termini processuali del procedimento sportivo più che da intendersi perentori sono da qualificarsi come acceleratori.
Si tratta, più precisamente, di termini volti ad assicurare la speditezza dei corrispondenti itinera procedimentali, ossia ad imprimere – come detto - un certo ritmo allo svolgimento del procedimento, in funzione di un equo contemperamento delle molteplici esigenze prima richiamate e di una celere definizione dei procedimenti istruttori, volti ad assicurare al giudizio, rapidamente, per quanto possibile, tesserati ritenuti responsabili di violazioni disciplinarmente rilevanti e, nel contempo, a scongiurare un inutile aggravio di attività processuale e di onere di difesa per l’indagato che, all’esito di una adeguata ponderazione del complessivo materiale istruttorio acquisito, risulti non imputabile della violazione in relazione alla quale è stato iscritto nell’apposito registro (Corte Federale di Appello, comunicato n° 125 del 27.4.2017).
In altre parole è possibile affermare che l’intento degli organi di giustizia sportiva devono essere centrati non già allo “spacchettamento” delle singole posizioni processuali degli incolpati ma nel rispetto di un complessiva valutazione che coinvolga in unico contesto (stesso giudizio) e con tempi celeri tutti i soggetti interessati e come tali in grado di esercitare contestualmente le proprie difese senza pregiudizi e senza il rischio di dover duplicare ulteriori giudizi per esercitare lo stesso diritto costituzionalmente garantito».
- Con ulteriore motivo d’appello la società US Palermo deduce violazione dell’art. 2 CGS CONI, in relazione alla omessa pronuncia su un’eccezione formulata nella memoria difensiva avanti al TFN.
Con la propria memoria difensiva di prime cure la società palermitana aveva sollevato, in relazione ai capi 4) e 6) del deferimento, l’infondatezza dello stesso, «atteso che il dott. Anastasio Morosi non rivestiva, all’epoca dei fatti contestati (approvazione bilancio al 30.06.2017 approvato il 30.10.17) alcuna carica all’interno della Società. Infatti, dagli stessi atti prodotti dalla Procura Federale emerge che egli si era dimesso da presidente del Collegio Sindacale dal mese di luglio 2017 e che il 12.09.17 era stato nominato un nuovo Collegio.
Pertanto, non avendo potuto compiere (ovvero potuto concorrere a compiere) alcuna delle attività contestate, il dott. Morosi avrebbe dovuto essere prosciolto da ogni incolpazione, con la conseguenza che anche il deferimento della società per responsabilità oggettiva risulta infondato.
Inoltre, in relazione al capo 6) era stato rilevato in primo grado che nessuna delle comunicazioni oggetto del procedimento era a firma del presidente del Collegio sindacale e che pertanto, nessuna responsabilità poteva essere allo stesso addebitata.
Il TFN, nonostante la Procura Federale non abbia dedotto alcunché al riguardo, non ha però emesso alcuna statuizione sul punto.
Conseguentemente la decisione appare palesemente viziata e dovrà anche in questo caso essere riformata, affermando l’insussistenza dei presupposti per procedere nei confronti del dott. Morosi.
Analoghe considerazioni possono essere formulate in merito all’ulteriore eccezione già formulata sulle contestazioni per responsabilità diretta per l’operato dell’allora presidente del consiglio di amministrazione (capo 4 del deferimento). Si rileva, infatti, che nel periodo compreso tra il 3.07.2017 (data delle dimissioni del sig. Baccaglini Paul Frank) ed l’8.11.17 (data di nomina del dott. Giovanni Giammarva), la società non ha avuto alcun Presidente del consiglio di amministrazione (cfr. allegato n ° 2-816pf18- 19 Atti del procedimento 8pf18-19).
Conseguentemente, poiché il sig. Zamparini era stato deferito nella qualità di presidente del Consiglio di Amministrazione e considerato che, all’epoca dei fatti, tale circostanza risulta smentita dalla documentazione agli atti, il deferimento risulta infondato, con la conseguenza che la U.S. Città di Palermo S.p.A. avrebbe dovuto essere prosciolta da ogni incolpazione al riguardo.
Anche in questo caso il TNF non si è però pronunciato viziando, pertanto, la decisione impugnata che dovrà essere riformata affermando l’infondatezza del deferimento».
Con diverso motivo, l’US Palermo contesta le conclusioni del TFN in ordine alle asserite false informazioni asseritamente poste in essere per ostacolare le attività di vigilanza della Covisoc, osservando che «le uniche prove da cui discenderebbe la responsabilità degli incolpati consistono nel verbale di SIT reso dal dott. Casamassima, segretario della COVISOC e dalla corrispondenza intercorsa tra l’Organismo di vigilanza e la società deferita, da cui non emerge alcun elemento idoneo ad attestare la sussistenza del quadro accusatorio della Procura».
In merito, poi, alla contestazione riportata sub 6c del deferimento, la società reclamante rileva come sia stata presentata richiesta di rottamazione delle cartelle esattoriali e siano, così, stati definiti i contenziosi con l’Agenzia delle Entrate mediante la conciliazione delle liti fiscali pendenti nel periodo compreso tra dicembre 2017 e marzo 2018.
«La stessa Procura Federale», evidenzia, «ha prodotto il verbale della visita ispettiva Co.Vi.So.C. del 24.04.18 (cfr. Allegato n° 7q-816pf18-19 Verifica del 24.4.2018), dal quale emergono le superiori circostanze.
Pertanto, nessun ostacolo alle funzioni dell’organo di vigilanza è stato posto in essere dagli amministratori della società con la conseguenza che il deferimento si appalesa infondato».
Quanto, infine, in merito alla presunta occultazione del bilancio al 30.6.2017, nessun elemento viene fornito dalla Procura Federale atto a provare tale circostanza. Il bilancio della società è stato regolarmente approvato in data 30.10.2017 (nel rispetto dei termini di legge) e trasmesso agli Organi di controllo della F.I.G.C nel rispetto delle disposizioni in materia.
L’insussistenza delle contestazioni emerge dalla comunicazione inviata dalla Co.Vi.So.C. il 17.11.17, dal riscontro della U.S. Città di Palermo del 29.11.17 e dall’ulteriore missiva Co.Vi.So.C. del 11.12.17, dalle quali si evince che nessuna informazione era stata occultata a tale organo e che tutti i chiarimenti richiesti erano stati forniti.
Le medesime considerazioni valgono per l’incolpato Giammarva, il quale per altro non ha mai firmato alcun bilancio sicché non può aver contribuito in alcun modo alla commissione materiale del fatto integrante la iscrizione al campionato 2017/2018, per cui la sanzione qui contestata è stata irrogata».
Conclude, quindi, la Città di Palermo s.p.a., chiedendo, nel merito:
i) annullare e/o riformare, per tutte le ragioni sopra esposte, la gravata decisione del Tribunale Federale Nazionale, ritenendo e dichiarando inammissibile il deferimento proposto dal Procuratore federale per tutti i motivi esposti, e per conseguenza annullare ogni sanzione inflitta alla odierna reclamante; ovvero
ii) annullare e/o riformare, per tutte le ragioni sopra esposte, la gravata decisione del Tribunale Federale Nazionale, dichiarando comunque infondata, erronea e/o illegittima, in tutto o in parte, la gravata decisione del Tribunale Federale Nazionale, e per conseguenza annullare ogni sanzione inflitta alla odierna reclamante; ovvero in ulteriore subordine riformulare la sanzione in termini meno afflittivi e più equi.
In via istruttoria, si deposita come allegato A nota della Procura della Repubblica di Palermo del 21/11/2018».
Ricorso dellaProcura Federale con riferimento allaposizione Zamparini.
Il Procuratore Federale ed il Procuratore Federale aggiunto hanno proposto ricorso avverso la decisione del TFN in relazione al capo della decisione con cui è stato dichiarato inammissibile il deferimento nei confronti del sig. Maurizio Zamparini.
Con un primo articolato motivo di gravame la Procura Federale deduce erronea valutazione in punto violazione del diritto di difesa, sia per non corretta valutazione degli atti del procedimento, sia per erronea applicazione delle norme procedimentali applicabili alla fattispecie.
Ritiene la ricorrente Procura che, «appiattendosi sulla suggestiva, ma al contempo strumentale, ricostruzione del procedimento effettuata dalla difesa del deferito», il TFN «ha omesso di valutare alcune circostanze oggettivamente rilevanti ai fini del decidere.
Ed invero, la reale scansione temporale degli steps del procedimento, dimostra che Zamparini, ha sempre avuto la possibilità – giuridica e fattuale – di contraddire e difendersi dalle contestazioni formulate dalla Procura Federale con la comunicazione di conclusioni delle indagini del 15 aprile 2019 e con la successiva integrazione del 19 aprile 2019 e, da ultimo, di contraddire con il Tribunale e, fino al 4 maggio 2019, ha sempre esercitato le sue facoltà difensive esclusivamente con l’Avv. Enrico Maria Mancuso, il quale, con le proprie condotte processuali nell’interesse del suo assistito, ha confermato che tali atti hanno pienamente raggiunto – sotto il profilo tecnico giuridico e fattuale – il loro scopo».
A tal fine l’organo requirente ripercorre «la scansione procedimentale che ha caratterizzato il giudizio disciplinare di cui si discute», evidenziando:
- con comunicazione pec del 1° aprile 2019 l’Avv. Mancuso, nella sua qualità di difensore del Sig. Maurizio Zaparini, “facendo seguito alla convocazione, notificata al mio assistito”, comunicava alla Procura Federale la indisponibilità del “proprio assistito” a partecipare all’audizione disposta in sede istruttoria;
- la Procura Federale il 15 aprile 2019 inviava la comunicazione chiusura indagini per raccomandata al domicilio del sig. Zamparini (ove si trovava ristretto) e alla pec dell’Avv. Mancuso;
- Maurizio Zamparini riceveva per raccomandata detta comunicazione chiusura indagini il 19 aprile 2019, dunque nei termini per esercitare tutte le proprie facoltà difensive, essendo indicato nel provvedimento il termine di cinque giorni per esercitare i diritti di difesa, che – dunque – scadevano il 24 aprile 2019;
- nonostante, quindi, il sig. Zamparini, almeno dal 19 aprile 2019 abbia avuto la possibilità di difendersi su tutte le contestazioni formulate dalla Procura Federale con la comunicazione di conclusione delle indagini, che poi hanno formato oggetto di deferimento, non lo ha fatto, nè ha formulato eccezione alcuna;
- la Procura Federale, per mero scrupolo, “ad integrazione della C.C.I. prot. N. Prot. 11543 /816pf18-19/GP/GC/blp, del 15 aprile 2019”, notificava al sig. Zamparini (sia presso il proprio domicilio, che presso la pec dell’Avv. Mancuso) ed a tutti i soggetti avvisati identico provvedimento “solo in quanto per mero errore materiale non è stato indicato, nella contestazione di cui al n. 5a), 5b), 5c), l’art. 8, comma 4 C.G.S.”, ferme restando tutte le condotte contestate;
- il 29 aprile 2019 la Procura Federale notificava il deferimento (sia per raccomandata sia a mezzo pec dell’Avv. Mancuso) e lo stesso giorno il Tribunale Federale Nazionale notificava alle parti avviso di convocazione dell’udienza di discussione. Quanto a Zamparini, il giudicante inviava sia la raccomandata presso il domicilio sia la pec all’Avv. Mancuso;
- Maurizio Zamparini riceveva la raccomandata del deferimento e della convocazione del Tribunale il 6 maggio 2019, mentre la pec al proprio legale veniva consegnata in pari data il 29 aprile;
«Ebbene», evidenzia la ricorrente Procura, «tre giorni prima della ricezione delle raccomandate de quibus, ovvero il 3 maggio 2019, l’avv. Enrico Maria Mancuso, “nell’interesse del sig. Maurizio Zamparini, deferito nell’ambito del procedimento disciplinare indicato in epigrafe”, trasmetteva a mezzo pec al Tribunale Federale Nazionale formale istanza di sospensione del procedimento disciplinare ed, in subordine, istanza di rinvio dell’udienza fissata per il 10 maggio, rappresentando a tutti gli effetti ai fini disciplinari il deferito e dunque ratificando, in fatto ed in diritto, ove ve ne fosse bisogno, le pregresse interlocuzioni processuali occorse fra il medesimo legale e gli Organi della Giustizia Sportiva».
Sottolinea, la Procura Federale, come «nell’epigrafe di detta istanza il sig. Zamparini, per il tramite dell’Avv. Mancuso, già il 3 maggio (dunque prima di aver ricevuto le relative raccomandate presso il suo domicilio), conferma espressamente di aver ricevuto il deferimento, poiché ne indica formalmente gli estremi “prot.n. 12055/816pf18-19/GP/GC/bpl del 29.04.2019” e nelle premesse della istanza da atto di essere stato attinto dal deferimento, nel punto in cui dichiara che “i fatti per i quali il sig. Maurizio Zamparini è stato deferito nell’ambito del presente giudizio disciplinare sono, a ben vedere, i medesimi fatti oggetto del procedimento penale ora citato”. Inoltre da atto che “è stato comunicato al sig. Maurizio Zamparini che l’udienza innanzi al Tribunale Federale è stata fissata per il 10 maggio 2019”».
Osserva, ancora, la ricorrente Procura Federale, come il presidente del Tribunale Federale Nazionale, «contraddicendo processualmente all’istanza formulata dal rappresentante processuale del sig. Zamparini, in pari data si pronunciava su detta istanza rigettandola».
Prosegue, ancora, la Procura Federale: «a seguito del rigetto dell’istanza da parte del Tribunale Federale Nazionale, comunicato via pec all’avv. Mancuso lo stesso 3 maggio, il giorno successivo, il 4 maggio 2019, il sig. Zamparini depositava agli atti del giudizio (tramite la Polizia Giudiziaria) delega a rappresentarlo e difenderlo a favore degli avv.ti Lorenzo Stanghellini, Enrico Maria Mancuso e Nicola Leone De Renzis Sonnino, confermando di aver ricevuto la notifica del deferimento il 29 aprile 2019 e la convocazione per l’udienza del 10 maggio 2019.
Il deferito, infatti, testualmente dichiara: “avendo ricevuto notifica del deferimento della Procura Federale notificata il 29 aprile 2019 e della convocazione per l’udienza del 10 maggio 2019, notificata in pari data nell’ambito del procedimento disciplinare indicato in epigrafe”».
Dette circostanze, «documentalmente emergenti dagli atti del procedimento», dimostrano, secondo la prospettazione accusatoria:
«a) che il sig. Zamparini ha avuto piena contezza di tutti i “fatti” oggetto di contestazione da parte della Procura Federale in virtù della comunicazione di chiusura delle indagini del 15 aprile 2019, ritualmente ricevuta il 19 aprile 2019, e pertanto è stato messo nelle condizioni di esercitare tutte le proprie facoltà di difesa; ed invero, la comunicazione chiusura indagini integrativa non modifica affatto le condotte dell’incolpazione, bensì, come si è già precisato, integra – e soltanto in alcuni capi – il riferimento ad una norma violata. Poiché per principio di diritto generale applicabile ai procedimenti accusatori, enunciato nel processo penale dall’art. 521, 1° e 2° comma, c.p.p. e dalla giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. Cass. S.U. 19 giugno 1996, n. 16; Cass.15 luglio 2010, n. 36551; Cass. S.U. 10 maggio 2013, n. 34969), spetta al giudicante di qualificare i fatti oggetto di contestazione da parte del pubblico ministero ovvero di attribuire alle condotte contestate la corretta qualificazione giuridica, nessun pregiudizio ai diritti di difesa può sussistere a fronte di una mera attività ermeneutica – propria del giudicante – di riconduzione della fattispecie concreta a quella astratta descritta dalla norma violata. Ne discende che per aversi una violazione dei diritti di difesa dell’incolpato “occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri una incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa;… la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione” (così Cass. S.U. 15 luglio 2010, n. 36551). Traslando i seguenti sedimentati principi all’odierno gravame, considerato che le incolpazioni riferite al sig. Zamparini con la prima comunicazione chiusura indagini ritualmente notificatagli il 19 aprile 2019, sono affatto identiche, in punto di “fatto” contestato, a quelle contenute nella seconda comunicazione chiusura indagini “integrativa” (e non sostitutiva), non si comprende quale sia il pregiudizio per i diritti di difesa subito dal soggetto avvisato, avendo avuto quest’ultimo – nei termini stabiliti dalla prima comunicazione chiusura indagini – piena facoltà di farsi audire ovvero di presentare memorie;
b) in disparte quanto evidenziato sub a), dalla chiara e documentata esposizione dei fatti emerge - senza ombra di dubbio - che il sig. Zamparini nel presente procedimento sportivo si è sempre avvalso della difesa e della rappresentanza processuale dell’Avv. Mancuso.
Non solo.
Sia l’attività processuale dello stesso Zamparini sia quella svolta dal proprio difensore hanno ratificato nei fatti l’eventuale formale omissione di elezione di domicilio rilevata dal Tribunale Federale Nazionale, considerato che:
1) Maurizio Zamparini, nonostante abbia ricevuto il 19 aprile 2019 presso il suo domicilio la comunicazione chiusura indagini del 15 aprile 2019 ed abbia avuto i termini ex art. 32 ter CGS per svolgere tutte le attività difensive allo stesso garantite dalla norma codicistica federale, non ha inteso né depositare memorie difensive, né richiedere di essere audito;
2) Maurizio Zamparini, nella delega conferita ai propri legali e ricevuta in atti il 4 maggio 2019 attesta e conferma di aver ricevuto il deferimento e l’avviso di convocazione di udienza il 29 aprile 2019, dunque fa inequivocabilmente ed esclusivamente riferimento alla notifica ricevuta via pec dal proprio legale avv. Mancuso. E non può essere altrimenti, poiché la raccomandata relativa alle notifiche dei medesimi atti presso il proprio domicilio – come dallo stesso attestato e come rileva documentalmente in atti – lo Zamparini la riceveva solo il successivo 6 maggio 2019;
3) l’avv. Mancuso sin dalla fase delle indagini riscontra la richiesta di audizione della Procura Federale, nell’interesse del suo assistito, comunicando le volontà dello Zamparini di non farsi audire;
4) l’avv. Mancuso formula al Tribunale Federale Nazionale istanza di sospensione e rinvio dell’udienza in nome e per conto del sig. Zamparini, sulla scorta della notifica ricevuta via pec dell’avviso di fissazione di udienza, in quanto il proprio assistito non aveva ancora ricevuto la relativa raccomandata presso il suo domicilio;
5) l’avv. Mancuso, nella medesima istanza appena richiamata, conferma agli atti del giudizio che il Suo assistito aveva regolarmente ricevuto deferimento e avviso di udienza, con ciò ratificando la correttezza – giuridica e fattuale – delle rispettive notifiche ricevute presso la sua pec».
Dalle suddette circostanze ed evidenze documentali si ricava, secondo la ricorrente Procura Federale, «che durante tutte le fasi procedimentali che hanno preceduto e seguito la notifica della comunicazione di conclusione delle indagini del 15 aprile 2019, il sig. Zamparini ha raggiunto piena conoscenza dei provvedimenti della Procura Federale e del Tribunale Federale, a mezzo del proprio legale avv. Mancuso, attraverso le comunicazioni pec effettuate da entrambi gli Organi di Giustizia Sportiva e ciò ha assicurato al medesimo deferito ogni garanzia di difesa e di contraddittorio, avendo i medesimi atti raggiunto pienamente il loro scopo».
In altri termini, secondo la ricorrente Procura, considerate tutte le circostanze sopra richiamate e visto che anche la comunicazione chiusura indagini del 18 aprile 2019 è stata regolarmente ricevuta via pec dall’avv. Mancuso in pari data, non vi è stata nessuna compressione del diritto di difesa e, ad ogni buon conto, «il comportamento processuale sia del deferito sia del proprio legale hanno ratificato l’operato della Procura e del Tribunale Federale Nazionale, nella misura in cui, riscontrando le comunicazioni via pec (del deferimento e dell’avviso di fissazione di udienza), hanno sanato ogni eventuale irregolarità formale sul punto.
L’eccezione formulata dalla difesa dello Zamparini in ordine all’inammissibilità del deferimento è, dunque, totalmente infondata e strumentale e, per l’effetto, la pronuncia in rito del Giudice di prime cure sul punto merita puntuale riforma».
«Non si può sottacere», aggiunge la Procura Federale, «il fatto che lo stesso Tribunale, nella medesima motivazione, pronunciandosi su altra eccezione (secondo la quale la Procura aveva omesso nella comunicazione chiusura indagini di indicare in una contestazione l’art. 8 del Codice di Giustizia Sportiva, poi indicato nella medesima contestazione nel deferimento), attesta che “si ritiene ininfluente l’omessa formale contestazione della violazione dell’art. 8 nella comunicazione di conclusione indagini, attesa la specifica qualificazione del fatto contestato effettuata dalla Procura Federale”, confermando con tale statuizione che la conformità e coerenza delle contestazioni disciplinari della Procura Federale, nella Comunicazione Chiusura Indagini e, poi, nel deferimento, si misura solo ed esclusivamente sulla conformità dei fatti e delle condotte contestate».
Compito della pubblica accusa federale, evidenzia la Procura, è quello di contestare «condotte disciplinarmente rilevanti, essendo di competenza del Giudicante qualificare giuridicamente la fattispecie sottoposta al proprio vaglio (cfr. art. 521, 1° comma, c.p.p.).
Anche per questa ragione, la decisione in parte qua merita puntuale riforma, nei termini indicati dallo stesso Tribunale Federale Nazionale nella medesima decisione gravata e, per l’effetto, si chiede che Codesta Onorevole Corte giudichi nel merito le contestazioni formulate nei confronti del sig. Maurizio Zamparini».
- Con un secondo motivo la Procura Federale lamenta erroneità della decisione per la mancata restituzione degli atti.
Al presunto vizio procedurale rilevato dal TFN avrebbe, infatti, dovuto seguire, secondo la Procura, «la restituzione degli atti all’Organo requirente della Federazione, al fine di esercitare l’azione disciplinare, con rinnovazione degli atti ritenuti inammissibili (si veda, da ultimo, la precedente decisione del Tribunale Federale Nazionale, in C.U. 10/TFN del 25.07.2018).
Non vi è chi non veda che la grave omissione del Tribunale sul punto, ove non sanata, determinerebbe l’aberrante conseguenza che il deferito de quo, in conseguenza della declaratoria in rito, non sarebbe più sottoposto al giudizio disciplinare sportivo per le condotte, plurime e particolarmente gravi, oggetto del presente procedimento».
- Per queste ragioni la Procura Federale chiede che la Corte, in riforma in parte qua della decisione del Tribunale Federale Nazionale, Voglia:
«- in via principale: ritenere ammissibile il deferimento nei confronti del sig. Maurizio Zamparini e, per l’effetto, affermarne la responsabilità disciplinare per le violazioni allo stesso ascritte e comminare allo stesso la sanzione della inibizione di anni 5 con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte;
- in via subordinata: ritenere ammissibile il deferimento nei confronti del sig. Maurizio Zamparini e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 37, comma 4, C.G.S., annullare la decisione impugnata in parte qua e rinviare all’Organo giudicante di primo grado per l’esame nel merito;
- in via ulteriormente subordinata: nella denegata ipotesi di conferma in parte qua della decisione gravata, in punto di inammissibilità, riformare la decisione nel punto in cui il Tribunale Federale non ha restituito gli atti alla Procura Federale e, per l’effetto, assumere ogni e più opportuno provvedimento al fine di restituire gli atti alla Procura Federale per la rinnovazione dell’azione disciplinare, previo annullamento con rinvio o disponendo direttamente».
Reclamo del Sig. Giovanni Giammarva
Con atto di appello in data 15 maggio 2018 il sig. Giovanni Giammarva ha proposto appello avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale pubblicata sul C.U. n. 63/TFN del 13 maggio 2019, con la quale è stata allo stesso inflitta la sanzione della inibizione di anni due.
Riprodotto il capo della impugnata decisione fatto oggetto di gravame, ricordate le contestazioni mosse dalla Procura Federale e le relative difese svolte nel procedimento di prime cure, il sig. Giammarva censura, anzitutto, l’affermazione secondo cui lo stesso avrebbe fornito false attestazioni alla Co.Vi.So.C., evidenziando, a tal riguardo, che il predetto organo di controllo «non poteva non sapere della questione Mepal / Alyssa tenuto anche conto del clamore mediatico che ha riguardato tutta la vicenda riferita all’U.S. Palermo s.p.a.».
Evidenzia, poi, il sig. Giammarva, come dalla stessa sentenza impugnata emerga «che una serie di atti sono stati compiuti in anni e periodi antecedenti alla nomina» quale presidente del consiglio di amministrazione», come anche si ricaverebbe dalla pag. 140 dell’ordinanza del GIP di Palermo del 25 luglio 2018.
Anche le comunicazioni, mail, ecc. dalle quali emergerebbe il vero scopo della operazione di cessione del marchio, sono avvenute, sottolinea il sig. Giammarva, prima della nomina dello stesso.
Insomma, secondo la prospettazione difensiva del sig. Giammarva, questi «non poteva conoscere fatti accaduti prima della sua nomina […] motivo per il quale, i documenti trasmessi alla Co.Vi.So.C. del 27 febbraio 2018 e del 27 marzo 2018, (dopo appena ¾ mesi dalla nomina) sono stati redatti con la massima buona fede e senza alcun riconoscimento di colpa. Inoltre non è da sottovalutare che, per tutta la durata del suo mandato si è prodigato affinchè tutto rispondesse ai requisiti di correttezza e lealtà, dimostrato con il momento estremo delle sue dimissioni, avvenute in durante il Cda del 23 – 26 luglio (verbale All. n. 6) e scaturite dalla non condivisione di operazioni non ritenute adeguate e conformi alla sua cultura aziendale».
Quanto alla «… successiva operazione architettata dallo Zamparini ed avallata dal Morosi, volta all’acquisto della Alyssa da parte della società US Palermo Calcio, senza alcun esborso di danaro volta ad evitare di dover procedere alla svalutazione del credito verso Alyssa» (cfr. decisione TFN), l’appellante ritiene che dalle intercettazioni telefoniche, come anche descritto alle pagg. 228 e 229 dell’ordinanza del GIP di Palermo del 25 giugno 2018, si possa ricavare la sua netta contrarietà «ad effettuare la citata operazione di rientro del marchio».
Con riferimento alla pag. 22 della decisione impugnata (“ … Tali comportamenti sono continuati anche nel corso del 2017 anche ad opera dell Giammarva Giovanni e dello Zamparini …”) l’appellante evidenzia: i) la sua nomina è avvenuta il giorno 8 novembre 2017 e nel residuo periodo dell’esercizio non è stato redatto e approvato alcun documento per trasmettere informazioni; ii) nel consiglio di amministrazione «del 27/29 giugno 2019 sono stati approvati il budget del rendiconto finanziario con le relative note esplicative per il periodo dal 01/07/2018 al 30/06/19 – il budget del conto economico con le relative note esplicative per il periodo dal 01/07/2018 – 30/06/2019 – il budget dello stato patrimoniale per il periodo dal 01/07/2018 – 30/06/2019».
Prosegue, quindi, il sig. Giammarva: «La costituzione in mora della società Alyssa per il pagamento del residuo credito è stata stabilita nel citato CdA del 27/29 giugno 2019, è stata richiesta formalmente dal Collegio Sindacale e non appare possa definirsi inutile come a pag. 22 della sentenza in quanto come già meglio specificato nella precedente memoria difensiva e come soprattutto risulta dagli atti di gestione il credito alla citata data era passato dagli originari Euro 40.000.000 ad Euro 22.800.000 (di cui Euro 2.800.000, il cui pagamento è stato sollecitato con lettera raccomandata, sono stati regolati quest’anno e adesso il credito residuo ammonta ad Euro 20.000.000)».
Si legge, ancora, nell’atto di appello: «Si deve inoltre evidenziare come la Co.Vi.So.C., al di là di qualsiasi comunicazione avesse ricevuta nel 2018 aveva già un quadro completo, dettagliato, esuriente e particolareggiato della situazione contabile della Società, anche in relazione alle specifiche e puntuali attività di verifica ed ispezione poste in essere dall’organo di controllo tra la fine del 217 ed i primi del 2018». E del resto «gli organi di stampa ed i media avevano ampiamente portato alla pubblica conoscenza tutti gli aspetti del credito Alyssa e degli altri problemi di bilancio».
Insomma, l’appellante avrebbe «agito con la masima buona fede finalizzando eslusivamente il suo lavoro a migliorare la gestione amministrativa, finanziaria e gestionale della Società U.S. Città di Palermo e non ha mai posto alcun intervento volto nelle intenzioni ad ostacolare l’attività di controllo e che, comunque, abbia di fatto ostacolato l’attività di controllo». Da qui la richiesta di «ritenere infondato il deferimento» e di «assolvere dai capi di incolpazione e/o ritenere e dichiarare non punibile il sig. Giovanni Giammarva».
Reclamo del Sig. Anastasio Morosi
Avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale, oggetto del presente giudizio d’appello, ha proposto gravame anche il sig. Anastasio Morosi, come assistito e difeso dagli avv.ti Cesare Flavio Cicorella e Nicola Leone de Renzis Sonnino.
Ripercorre, anzitutto, con ordine logico, il sig. Morosi, i vari passaggi del deferimento della Procura Federale di rilievo con riferimento alla posizione dello stesso, per poi contestarne il fondamento.
Evidenzia, anzitutto, come le incolpazioni della Procura Federale siano state essenzialmente mosse sulla base della ricostruzione operata dalla Procura della Repubblica di Palermo, che ha «polarizzato la sua attenzione su plurimi aspetti valutativi e, più specificamente, non soltanto sull’operazione di sovrastima, ad opera del signor Morosi Anastasio – Presidente del Collegio dei revisori della società US Città di Palermo – , del valore del ramo d’azienda conferito dalla società US Città di Palermo nella Mepal s.r.l. (cfr. pg. 17 dell’atto di deferimento)».
A tal proposito, l’appellante ritiene opportuno «informare il Giudicante sullo stato dei procedimenti richiamati dai quali peraltro è tratta anche la pressochè totalità delle allegazioni della Procura Federale».
In tal ottica, osserva, tra l’altro:
- che l’istanza di fallimento proposta dalla Procura della Repubblica di Palermo nei confronti della Palermo è stata rigettata con decreto del 29 marzo 2018;
- che detto decreto avrebbe accertato che le critiche mosse dalla Procura della Repubblica erano infondate;
- che, in particolare, contrariamente a quanto sostenuto dalla «Procura Federale che impropriamente parla anche di “obblighi di ricapitalizzazione di cui all’art. 2446 c.c.”, il patrimonio netto della società» era esistente e positivo;
- le misure cautelari inizialmente disposte nei confronti di Maurizio Zamparini e della società Palermo sono state superate dalle successive pronunce, poi anche confermate dalla Corte di Cassazione e divenute definitive e, «pertanto, gli elementi posti a fondamento dell’accusa per i più gravi reati che avevano giustificato l’iniziale richiesta di sequestro sono stati ritenuti insussistenti e i sequestri sono stati annullati»;
- che, di conseguenza, «il Pubblico Ministero, nella richiesta di giudizio immediato, ha notevolmente ridimensionato le imputazioni contro il sig. Maurizio Zamparini. Queste sono limitate alle sole ipotesi – assai meno gravi rispetto a quelle formulate originariamente – di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza e di false comunicazioni sociali»;
- il Pubblico ministero, «con riferimento alle false comunicazioni sociali, non contesta più alcuna condotta relativa al bilancio del 30 giugno 2014 che, al contrario, è tuttavia rimasta oggetto dell’incolpazione 1 dell’atto di deferimento»;
- «con specifico riferimento a tali asserite irregolarità di bilancio», già il GIP nel decreto-ordinanza del 25 giugno 2018, in merito alla stima del valore economico netto del marchio del Palermo Calcio e del relativo ramo d’azienda, osservava come l’accusa non fosse sorretta “nell’insieme da elementi rassicuranti e sufficientemente consolidati”, ritenendo che le «medesime criticità si ripercuotevano necessariamente sull’asserita falsità delle iscrizioni riportate nella voce “partecipazioni in imprese controllate” nei bilanci successivi al 2014, oggetto delle altre incolpazioni di cui al deferimento della Procura Federale».
Ciò premesso, «dobbiamo dare atto», si legge nell’atto di appello del sig. Morosi, «dell’intervenuto annullamento delle violazioni n. 1 e n. 2 lettera a) elevate dalla Procura Federale con il deferimento di cui è causa ad opera dei Giudici di primo grado, “in ragione di quanto esposto dalle difese dei deferiti e da quanto emerso nel corso dell’indagine penale, che nei casi in questione ha escluso la sussistenza dei reati”.
Tuttavia, ed in via del tutto illogica e comunque errata nel merito, il Tribunale di primo grado ha ritenuto al contempo di accogliere la ricostruzione della Procura Federale in relazione alle altre violazioni di cui all’atto di deferimento de quo».
Ciò in quanto, secondo la prospettazione difensiva dell’appellante, la pronuncia resa dal TFN «costituisce la conseguenza di un presupposto assolutamente errato e “parziale” […] il riferimento è al procedimento cautelare penale, le cui (si badi bene, provvisorie) risultanze sono state acriticamente ed assiomaticamente trasposte dal Giudice di primo grado anche nella presente vicenda […] al contempo negando qualsiasi rilevanza probatoria alle risultanze, divenute definitive stante il passaggio in giudicato del decreto che ha rigettato l’istanza della Procura, del giudizio prefallimentare».
A tal riguardo, ritiene, l’appellante, debba essere presa in considerazione quale mezzo di prova la CTU dd 16 marzo 2018 resa nel procedimento prefallimentare.
In relazione alle specifiche contestazioni, ritenute “assurde”, evidenzia, l’appellante, come ci si trovi «di fronte ad iscrizioni aventi ad oggetto vicende effettive e verificabili ex post, a valutazioni e scelte compiute dagli amministratori che potranno anche essere ritenute in ipotesi opinabili, non condivisibili o non prudenti, ma che certamente non integrano alcuna ipotesi di falso in bilancio.
Ancora, dagli atti del procedimento fallimentare è ulteriormente smentita la tesi di inesistenza delle poste contabili esaminate e della falsità di bilancio, che avrebbero infatti comportato il fallimento della società.
In tutti i casi esaminati dalla Procura la società ha semplicemente fatto uso della discrezionalità tecnica che quegli stessi principi contabili, alla luce dei risultati di gestione, le consentivano in relazione a tutte le operazioni esaminate. Niente di più e niente di meno».
Quanto al credito per cessione della Mepal ad Alyssa, il cui relativo credito, secondo la contestazione della Procura Federale, doveva essere “interamente svalutato in quanto Alyssa s.a., contrariamente a quanto riportato negli atti ufficiali, non sembra dotata di disponibilità finanziarie né della capacità di accedere al credito, adeguate ad onorare l’obbligazione contratta”, ritiene il sig. Morosi, al di là delle intercettazioni («che lasciano il tempo che trovano»):
- che il prezzo di vendita è ottimo;
- che il pagamento è stato garantito prima da un pegno e poi anche da una garanzia fideiussoria della Gasda;
- che in più passaggi societari l’esistenza del credito è stata confermata;
- che il credito verso Alyssa risulta pagato per complessivi € 11.500.000, come accertato dalla CTU 16 marzo 2018 e che ulteriori pagamenti sono stati fatti nel corso del 2018, tanto che il saldo è ad oggi pari a circa € 20.000.000;
- che il credito di euro 40.000.000 era, dunque, presente nel bilancio civilistico e doveva rimanervi a prescindere dalle valutazioni sulla recuperabilità dello stesso.
Sarebbe, dunque, infondato sostenere, come fa la Procura Federale, che si tratti di un negozio simulato, e quindi inesistente, poiché Alyssa non aveva consistenza patrimoniale per far fronte ai pagamenti. E, comunque, sostiene ancora l’appellante, si tratta si scelta che appartiene alla sfera di discrezionalità degli amministratori e comunque rivelatasi ragionevole, «visto il fatto che l’acquirente, lungi dall’essere un soggetto terzo, era società collegata, e dunque interessata alla solidità del suo creditore».
«Anche la critica relativa al fatto che si trattasse di un prezzo fuori mercato», prosegue l’appellante Morosi, «non ha alcun pregio: il prezzo è dato dal mercato e, se mai, la questione attiene alla sfera giuridica di Alyssa e non a quella della U.S. Palermo».
Né «è comprensibile», a dire dell’appellante, «di cosa si meravigli la Procura circa il fatto che la provvista per il pagamento di € 4.000.000 fatto da Alyssa a U.S. Palermo il 25 gennaio 2018 sia stata fornita dalla famiglia Zamparini (pp. 29-30 del deferimento)».
Con specifico riferimento alla contestazione relativa alla iscrizione, nello stato patrimoniale, di “crediti per imposte anticipate” per un valore pari ad € 5.500.000, l’appellante rileva quanto segue:
- si tratta di un eventuale beneficio futuro ricollegato alla maturazione di redditi imponibili nei periodi di imposta successivi che possano consentire la compensazione del suddetto reddito imponibile con le perdite pregresse già maturate;
- ai sensi dei principi contabili e, segnatamente, del principio OIC 25, «la società può valutare di utilizzare il suddetto beneficio, anticipando la valenza del credito di imposta in vista di futuri periodi impositivi, in via ricollegata alla ipotetica maturazione di futuri redditi imponibili; ciò a condizione che vi sia la “ragionevole certezza” appunto di futuri redditi imponibili; in altri termini quando si prevede di poter avere redditi imponibili sufficienti per utilizzare le perdite fiscali»;
- per una società di calcio, la ragionevole previsione di ottenere redditi imponibili discende dalla possibile cessione di giocatori che comportino l’emersione di una plusvalenza ed il Palermo, nel recente passato, aveva realizzato importanti operazioni di valorizzazione di calciatori;
- nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2015 la U.S. Palermo aveva effettuato cessione di diritti pluriennali su giocatori per € 47 milioni con plusvalenze per 38,6 milioni di euro e, pertanto, «era tutt’altro che improbabile che anche in futuro ci sarebbero stati consistenti flussi di ricavi per plusvalenze la cui fiscalità sarebbe stata compensata dall’utilizzo di perdite pregresse»;
- nel bilancio al 30 giugno 2018 «si evidenia un utile fiscale di 2,8 milioni parzialmente compensato con perdite pregresse per euro 2,2 milioni. Quindi il prospettato beneficio fiscale è stato effettivamente conseguito. In conseguenza di ciò, è stato ridotto di euro 546.192 (24% di euro 2.2 milioni), il credito per imposte anticipate attive di originari euro 5,5 milioni».
Pertanto, sarebbe falso, nella prospettazione difensiva dell’appellante, «che la società non fosse in grado di produrre imponibili fiscali, presupposto essenziale dell’iscrizione del credito per imposte anticipate attive. La discrezionalità tecnica degli amministratori non soltanto è insindacabile, se contenuta entro limiti di ragionevolezza, ma è stata anche ben esercitata».
Quanto alla iscrizione di poste relative a contenziosi tributari (iscrizione nello stato patrimoniale di “crediti tributari” per un valore pari a 3.063.115,00 euro) evidenzia, anzitutto, l’appellante, la complessità del contenzioso tributario radicato dall’US Palermo avverso alcuni atti di accertamento.
«La U.S. Palermo», prosegue l’appellante Morosi, «ha impugnato tutti i suddetti accertamenti e ha radicato i relativi contenziosi, convinta delle proprie ragioni e della erroneità dei rilievi elevati. Ha dovuto effettuare i pagamenti dovuti per legge in pendenza di giudizio ma, in base alla propria valutazione secondo cui in esito ai suddetti contenziosi vi sarebbe stato un totale o parziale annullamento degli accertamenti, ha iscritto la suddetta voce di credito, derivante dagli accantonamenti e pagamenti effettuati per somme che sarebbero poi state riconosciute come non dovute all’erario».
In effetti, aggiunge l’appellante, vi sono state poi alcune sentenze sfavorevoli, alcune favorevoli ed alcune parzialmente favorevoli, ciò che comunque dimostrerebbe «che le argomentazioni e le eccezioni avanzate dalla U.S. Palermo erano tutt’altro che assurde o dolose». Fino ad arrivare ad alcune ipotesi di conciliazione giudiziale di tutte le pendenze, con riduzione – da parte di Agenzia Entrate – dell’ammontare delle somme pretese a titolo di imposte e riduzione al 40% delle sanzioni: «ciò a definitiva conferma della correttezza dell’impostazione originaria della società, la quale, nell’iscrivere i potenziali debito verso l’Erario in relazione a tali contenziosi, aveva del pari iscritto crediti a proprio favore nell’ottica di un ragionevole esito finale favorevole, sia integralmente che parzialmente».
Fermo restando, precisa l’appellante, che «l’importo eventualmente oggetto di addebito non è di € 3.063.115 ma eventualmente di € 2.940.599».
In relazione al marchio, infine, ritiene il sig. Morosi che le valutazioni effettuate nei bilanci siano assolutamente congruee corrette in base ai vigenti metodi. A tal riguardo, il TFN avrebbe omesso avrebbe omesso di «compiutamente analizzare ed attentamente vagliare sia le argomentazioni sollevate dall’odierno ricorrente con la propria memoria depositata in atti», che «tralasciato le risultanze emerse in sede di giudizio prefallimentare».
Ed anche con riferimento alla cessione della Mepal ad Alyssa, i giudici di primo grado, sostiene l’appellante, continuano a ripetere tutta una serie «di “anomalie” e criticità» senza spiegare «come tali “anomalie” possano giustificare una conseguenza così grave quale l’inesistenza del credito» e «ipotizzando necessità di ricapitalizzazione che viceversa non hanno impedito alla società di proseguire la propria attività». Mentre, quanto alle ipotizzate false informazioni finalizzate ad ostacolare l’attività di vigilanza, «il Collegio neppure fornisce quali sarebbero tali “ostacoli”, e cosa avrebbe dovuto essere segnalato».
Conclusioni: annullamento e/o riforma della gravata decisione del TFN.
Controdeduzioni dellaProcura Federale alreclamo della società US Città diPalermo s.p.a.
Con atto del 16 maggio la Procura Federale ha depositato, «in replica alle eccezioni formulate ed alla documentazione depositata dalla U.S. Città di Palermo s.p.a. in sede di gravame» gli atti «trasmessi dalla Procura della Repubblica di Palermo con nota del 21/11/2018 e pervenuti presso gli uffici della Procura Federale il 17.12.2018», la richiesta di attestazione formulata dalla Procura federale alla Procura della Repubblica di Palermo in data 16/05/2019, nonché la nota della Procura della Repubblica di Palermo del 16/05/2019», evidenziando che «i motivi di reclamo e la prospettata tesi difensiva non trovano alcun fondamento e comunque risultano inidonei per una riforma della gravata sentenza di primo grado».
Replica del Sig. Maurizio Zamparini al ricorso della Procura Federale
Con atto datato 16 maggio 2019 il Sig. Maurizio Zamparini, come assistito e difeso dagli avv.ti Lorenzo Stanghellini e Enrico Maria Mancuso, si è costituito nel presente giudizio di appello.
Ripercorso l’iter del procedimento, ripropone, anzitutto, in rito, il Sig. Zamparini, le eccezioni preliminari dichiarate assorbite dal TFN.
In primo luogo, ribadisce, il resistente, la initilizzabilità delle «note redatte dalla Polizia giudiziaria operante, che contengono mere valutazioni di parte, non suffragate da alcuna valenza probatoria», nonché la inutizzabilità degli atti dell’indagine penale e, segnatamente, censura la decisione di prime cure nella parte in cui dichiara, appunto, ammissibili «le intercettazioni contenute nel fascicolo delle indagini del parallelo procedimento penale, qualificandole come “prove”». Invero, afferma, «le intercettazioni adottate dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e riprese dalla decisione di primo grado sono frammenti di brogliacci, vale a dire stralci incompleti e parziali di conversazioni avulse da ogni contesto. Le conversazioni sono state semplicemente trascritte dalla Polizia Giudiziaria per la parte di interesse dell’accusa, e non sono ancora state valutate da un perito, né sono state acquisite come prove in dibattimento a seguito di un contraddittorio tra le parti».
«L’introduzione di tali brogliacci nel presente procedimento», prosegue il resistente Zamparini, «si pone, quindi, in aperto contrasto con i principi del giusto processo, determinando un’inammissibile compressione del diritto di difesa, nonché una frustrazione del principio del contraddittorio. Tali principi sono certamente applicabili anche alla Giustizia sportiva, come affermato dall’art. 2, comma 2 ddel codice di giustizia sportiva» del CONI «e sono anche sanciti da fonti costituzionali (art. 111 Cost.) e sovranazionali (art. 6 Cedu)».
Ed a nulla vale, aggiunge il resistente, il richiamo del TFN alle relative valutazioni operate dalla giustizia ordinaria in sede cautelare.
Viene poi anche ribadita l’eccezione di inammissibilità del deferimento per l’illegittima riapertura delle indagini ex art. 32 ter, comma 5, CGS.
Osserva, a tal riguardo, il sig. Maurizio Zamparini, «come la riapertura dell’inchiesta federale, sfociata nell’odierno procedimento n. 816pf18-19, è stata determinata – a dire della stessa Procura Federale – dalla trasmissione degli atti di indagine da parte della Procura della Repubblica di Palermo in data 31 gennaio 2018». Tuttavia, quest’ultima Procura «aveva già inviato gli atti di indagine prima dell’archiviazione del primo procedimento disciplinare, in ben due occasioni. Come emerso nel giudizio di primo grado, parte degli atti era stata trasmessa il 21 novembre 2018» e nella stessa «viene fatto chiaro ed inequivocabile riferimento ad una precedente trasmissione di atti di indagine, avvenuta in data 31 luglio 2018». In altri termini, secondo l’assunto difensivo la Procura Federale già al 21 novembre 2018 aveva a disposizione «molti degli atti» su cui poi ha scelto di impostare l’impianto accusatorio.
Inoltre, la Procura Federale sarebbe rimasta inerte, potendo richiedere sia al Tribunale di Palermo, ancora nel 2018, gli atti relativi al procedimento prefallimentare, sia alla Co.Vi.So.C., gli esiti delle ispezioni.
Reitera, poi, il sig. Zamparini, l’istanza di sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione «del parallelo procedimento penale», considerato che «l’affermata autonomia del procedimento sportivo rispetto al parallelo procedimento penale non implica una completa impermeabilità del primo alla pendenza o agli esiti del secondo». E nel caso di specie, non vi è dubbio, secondo Zamparini, che «nonostante la diversità di presupposti per l’irrogazione di sanzioni penali e disciplinari, ciò che interessa sottolineare è la completa sovrapposizione delle incolpazioni del deferimento a quelle dell’imputazione penale».
In ogni caso, «nella denegata ipotesi» in cui la Corte decidesse di «accogliere l’infondato ricorso della Procura Federale», il sig. Maurizio Zamparini «contesta in fatto e diritto le argomentazioni di merito riporartate del Comunicato n. 63 emesso dal TFN – sezione disciplinare», lamentando, in primo luogo, come i giudici di prime cure sia siano “appiattiti” «sulle pronunce emesse nel corso dell’iter cautelare del parallelo procedimento penale» e ciò inammissibilmente, poiché le decisioni sulle misura cautelari sono provvisorie ed hanno come unico scopo la verifica della «sussistenza di indizi ed esigenze cautelari» e non si fondano su prove acquisite in contradditttorio tra le parti.
Semmai, prosegue il resistente, il solo provvedimento che può essere preso in considerazione è quello del Tribunale di Palermo («unico provvedimento giurisdizionale di merito defenitivo») che ha rigettato l’istanza di fallimento proposta nei confronti della U.S. Città di Palermo s.p.a. Anche per questa ragione il resistente richiama la Consulenza tecnica «le cui argomentazioni sono state accolte dal Tribunale Civile in un provvedimento divenuto irrevocabile».
Si sofferma, poi, il resistente, sulla legittimità dell’ammissione della U.S. Città di Palermo s.p.a. ai campionati 2015/2016 e 2016/2017.
Legittima, anzitutto, l’iscrizione al campionato 2015/1206, che è stata fatta sulla base del bilancio al 30 giugno 2014, ritenuto corretto dallo stesso TFN, sulla base della legittimità del conferimento del marchio e dei relativi diritti in Mepal, che ha dichiarato infondato il punto 1) ed il punto 5a) del deferimento.
Del pari legittima, reputa il resistente, l’ammissione al campionato 2016/2017, avendo – il TFN – ritenuto insussistente la violazione di cui al punto 2a) dell’atto di deferimento (bilancio al 30 giugno 2015), mentre ha «invece (erroneamente) ritenuto sussistenti le violazioni di cui ai crediti per imposte anticipate (punto 2b) e la relativa comunicazione alla Co.Vi.So.C. (punto 5b)». Tuttavia, prosegue, «l’accertata violazione relativa ai crediti per imposte anticipate non sussiste, ed è comunque grave che si ritenga accertato un falso sulla base di una scelta ritenuta (non falsa, ma al più) non prudente».
Ad ogni buon conto, secondo il resistente deferito, «anche in ipotesi accedendo alla ricostruzione del TFN, tuttavia, non vi è stata alcuna incidenza sull’iscrizione al campionato 2016/2017, in quanto:
- sulla base del bilancio depositato il patrimonio netto di U.S. Palermo al 30 giugno 2015 era pari a euro 11.263.731 (si veda la CTU nel giudizio prefallimentare);
- la voca contestata era pari a euro 5.500.000;
- anche togliendo tutta la voce in questione il patrimonio netto di U.S. Palermo restava pari a euro 5.763.731, ampiamente positivo».
Legittima, sempre a dire del sig. Maurizio Zamparini, anche l’ammissione al campionato 2017/2018.
In tal ottica, «il TFN ha ritenuto sussistenti le violazioni relative a: credito verso Alyssa s.a. … (punto 3a), crediti per imposte anticipate (punto 3 b), crediti tributari (punto 3c). Da ciò conseguirebbe anche la violazione per la comunicazione del bilancio alla Co.Vi.So.C. (punto 5c)».
Sul punto, il resistente, anche richiamando la CTU espletata in sede prefallimentare e, segnatamente, la pag. 245 della stessa, osserva quanto segue:
« - sulla base del bilancio depositato il patrimonio netto di U.S. Palermo al 30 giugno 2016 era pari a euro 11.659.475 (si veda la CTU nel giudizio prefallimentare);
- la voce relativa alle imposte anticipate era pari a euro 5.500.000;
- la voce relativa ai crediti tributari era pari a euro 3.063.115. In realtà il numero è frutto di un errore e la contestazione è per un importo minore, circa 2,4 milioni […], ma qui assumiamo in ipotesi che la contestazione sia per l’intero importo;
- anche togliendo entrambe le voci in questione, il patrimonio neto di U.S. Palermo sarebbe restato pari a euro 3.096.360 ampiamente positivo»;
- «tutte le società di serie A e B, a quanto sappiamo, si reggono su importanti e continui apporti del socio di controllo al loro patrimonio»;
- il TFN opera confusione tra negosio simulato e negozio indiretto;
- «il bilancio consolidato … non solo non impedisce l’iscrizione del credito-debito infragruppo, ma anzi la esige a pena di impossibilità di procedere con l’elisione»;
- nessuna anomalia rilevata dalla Banca d’Italia vi è, al contrario di quanto ritenuto dal TFN, con riferimento al soggetto stipulante per conto di Alyssa, al corrispettivo pattuito ed alla tempistica dell’operazione: in cosa soprende che «il socio fornisca risorse alla propria controllata per adempiere un proprio debito?»; a tal riguardo «l’assunto della Procura è straordinario: pagare un debito significherebbe ammettere che il debito non c’è, o comunque attivarsi per far risultare, ex post, che il debito che andiamo a pagare, contrariamente alla realtà, esiste davvero»;
- la superficialità del provvedimento impugnato emerge anche dal fatto che in nessun atto accusatorio si mette in dubbio l’esistenza del credito STD di euro 7.500.000».
Insomma, tutto ruoterebbe, secondo l’impostazione difensiva qui sintetizzata, sull’esistenza del credito verso Alyssa: «se il credito era esistente, allora la società aveva pieno diritto di iscriversi al campionato 2017/2018».
Vero è, secondo la prospettazione difensiva, che «in questo procedimento si sta cercando di punire il Sig. Maurizio Zamparini per aver finanziato la U.S. Palermo, e con lui si sta punendo la società finanziata e tutta la città».
Quanto al capo della sentenza impugnata relativa alle imposte anticipate attive, nel rinviare alle argomentazioni svolte nelle difese di cui al primo grado di giudizio, il resistente evidenzia come la relativa motivazione sia apparente, essendo «l’espressione “né può ritenersi”» priva di «qualsiasi ulteriore supporto argomentativo».
Quanto alle motivazioni del capo della sentenza impugnata relativa ai crediti tributari il resistente rinvia alle argomentazioni svolte nelle difese di cui al primo grado di giudizio, per dedurne la infondatezza.
Così, dunque, conclude il sig. Maurizio Zamparini:
«1) in rito, confermare l’inammissibilità del deferimento;
2) in subordine, nella denegata ipotesi in cui la Corte decidesse di riformare la statuizione di cui al comunicato ufficiale n. 63/TFN – sezione disciplinare (2018/2019) nella parte in cui dichiara inammissibile la procedura di deferimento nei suoi confronti:
2.1. in rito, dichiarare l’irritualità del deferimento per l’illegittima riapertura delle indagini, ex art. 32 ter, comma 5 C.G.S. F.I.G.C., per l’assenza di un elemento nuovo sopravvenuto alla prima archiviazione del procedimento sportivo;
2.2. in rito, sospendere il procedimento disciplinare per le ragioni di cui in narrativa, in ragione della parallela pendenza del procedimento penale;
2.3. ancora in rito, disporre un rinvio del procedimento nell’attesa della definizione della vicenda penale, in ragione della pregiudizialità logica e giuridica dell’addebito penale rispetto all’illecito sportivo contestato;
2.4. nel merito, rilevata l’illegittimità degli elementi probatori acquisiti dal fascicolo penale, prosciogliere il Sig. Maurizio Zamparini da tutti gli addebiti elevati per infondatezza in fatto e in diritto delle incolpazioni formulate;
2.5. nel merito, prosciogliere il Sig. Maurizio Zamparini anche in considerazione degli ulteriori elementi di prova versati in atti con il presente atto di costituzione;
2.6. in via istruttoria, qualora l’On.le Tribunale Federale lo ritenga necessario per procedere al proscioglimento, si chiede che venga disposta una CTU ex art. 34, comma 4, C.G.S. F.I.G.C. al fine di accertare la correttezza dei bilanci della U.S. Palermo e l’infondatezza di ogni ulteriore addebito già formulato».
Intervento del Benevento Calcio s.r.l.
Con atto datato 17 maggo 2019 la società Benevento Calcio s.r.l. ha proposto proprie controdeduzioni al ricorso proposto dalla U.S. Città di Palermo s.p.a.
Quanto alla eccezione di inammissibilità del deferimento per violazione dell’art. 32 ter, comma 5, CGS, svolta dalla società Palermo, bene ha fatto il Procuratore Federale, secondo la suddetta controdeducente, una volta scaduto il termine per il compimento delle indagini ed Federale, in assenza di riscontro da parte della Procura della Repubblica, a disporre l’archiviazione, atteso che la condivisione dell’archiviazione da parte della Procura Generale dello Sport è avvenuta sulla scorta degli elementi indicati nella proposta di archiviazione, ossia, in attesa dell’esito della pronuncia della Suprema Corte, e dell’invio degli atti di indagine da parte della Procura della Repubblica e non già di tutti gli altri elementi indicati nell’ atto di deferimento.
Infatti, solo in data 31 gennaio 2019 la Procura della Repubblica di Palermo ha proceduto a consegnare un CD contenente gli atti di indagine in riscontro alla richiesta del luglio 2018, unitamente, tra l’altro, al dispositivo della Suprema Corte del 24 gennaio 2019 che rigettava il ricorso di Zamparini Maurizio e, pertanto, il provvedimento di riapertura delle indagini, giustificati da tali nuove rilevanti circostanze, sarebbe del tutto legittimo.
Richiamando, poi, per condividerli, i passaggi salienti della decisione del TFN, la società Benevento ritiene che, «al cospetto di tanti e tali inadempimenti ed illeciti, tutti inequivocabilmente comprovati per tabulas e determinanti ai fini della indebita ammissione della compagine sicula ai campionati professionistici di competenza (Serie A e B), ogni ulteriore commento appare a dir poco pleonastico e superfluo: la naturale ed ineluttabile conclusione, sul piano disciplinare, di un simile pervicace ed ininterrotto sistema violativo non poteva (e non può) che essere, per il Sodalizio coinvolto a titolo sia diretto che oggettivo, una sanzione adeguata alla enormità dei comportamenti accertati.
In un contesto del genere, gli strenui quanto convulsi tentativi del club rosanero di mitigare le proprie responsabilità e di sminuirne gli effetti punitivi, anche attraverso il richiamo a precedenti (Foggia e Chievo) caratterizzati, peraltro, da inottemperanze incommensurabilmente meno stigmatizzabili e compromettenti di quelle qui in delibazione, sono destinati ad infrangersi fragorosamente contro la barriera, saldissima ed insormontabile, della evidenza adamantina e della realtà storica, precludendo ogni spiraglio a soluzioni attenuative di sorta».
Per queste ragioni, il Benevento Calcio s.r.l. conclude perché la Corte voglia integralmente respingere il ricorso proposto dalla società U.S. Città di Palermo s.p.a.
Intervento della Lega Nazionale Professionisti diserie B
Con atto pervenuto il 21 maggio 2019 la Lega Nazionale Professionisti serie B, in persona del presidente pro tempore Mauro Balata, assistita dagli avv.ti Avilio Presutti e Marco Laudani, ha depositato nota difensiva «per resistere al ricorso U.S. Palermo s.p.a.».
La Lega B deduce in ordine alla asserita legittimazione a stare in giudizio, eccepisce violazione del principio del contraddittorio, ritenendo che «(quantomeno) alle sei partecipanti a play off (Spezia, Cittadella, Verona, Perugia, Benevento, Pescara) deve esser riconosciuta la veste di litisconsorti necessari (perché appunto controinteressati sopravvenuti) in virtù della quale queste avrebbero dovuto essere chiamate in causa per vedersi accordato il diritto di ivi esercitare le facoltà riconosciute dall’art. 24 Cost.)».
Nel merito la Lega palesa il proprio interesse «a che l’impatto della sanzione sul regolare andamento dei campionati sia minimizzato per quanto più possibile», evidenziando che questa è anche «la linea di condotta da anni tenuta dalla giurisprudenza: nel doveroso bilanciamento delle posizioni, è stato sempre ritenuto prevalente l’interesse generale alla sicurezza e garanzia del regolare svolgimento dei campionati (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I ter, 7 novembre 2018, n. 6732 ed ivi innumerevoli precedenti del Consiglio di Stato)» e concludendo, quindi, per «il rigetto di tutte le domande della U.S. Palermo s.p.a. perché inammissibili e comunque infondate in fatto ed in diritto».
Intervento della società U.S. Salernitana 1919 s.r.l.
Con atto pervenuto il 21 maggio 2019 la società U.S. Salernitana 1919 s.r.l., come rappresentata ed assistita dall’avv. Gian Michele Gentile, ritenendo di rivestire «la posizione di controinteressato sopravvenuto a seguito della decisione del TFN Sezione Disciplinare di cui al C.U. n. 63 del 13 maggio 2019», ha dichiarato di intervenire nel procedimento d’appello promosso dalla U.S. Città di Palermo s.p.a.
Deduce, la società salernitana, che «l’eventuale accoglimento del reclamo del Palermo, determinerebbe, per la società interveniente, un grave danno, determinando il rischio della retrocessione nella serie inferiore».
Evidenzia, la società campana, che le operazioni economiche contestate alla società Palermo dalla Procura Federale «hanno alterato vistosamente la situazione patrimoniale e finanziaria del Palermo, in aperta violazione delle norme federali che regolano l’attività sportiva alla quale è preposto il Coni; analago violazione è stata effettuata rispetto alle norme del codice divile che disciplinano il funzionamento delle società di capitali». E lo stesso TFN, prosegue la U.S. Salernitana, «ha posto in rilievo l’illiceità sportiva delle operazioni effettuate, che avevano il solo scopo di evitare di dover ricapitalizzare la società Palermo per non incorrere nella mancata iscrizione al campionato».
Conclude, quindi, la U.S. Salernitana, per il rigetto del ricorso in appello proposto dalla U.S. Palermo.
Intervento dellaSporting Network s.r.l.
Con atto pervenuto il 22 maggio 2019 la società Sporting Network s.r.l., come rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Belli, «in qualità di società acquirente dell’intero pacchetto azionario della Palermo Football Club s.r.l.», ha proposto intervento ad adiuvandum.
Deduce, anzitutto, la Sporting Network s.r.l., in ordine all’asserito interesse ad intervenire nell’odierno giudizio, evidenziando, anche a tal fine:
- di essere stata costituita recentemente, in data 25 marzo 2019, e di essere iscritta nel registro delle imprese;
- che soci della stessa sono la Arkus Network s.r.l. (quota 50%), l’Amandatour s.p.a. (quota 30%) e la Higt Share Holding s.p.a. (quota 20%);
- di avere il presente oggetto sociale: “esercizio di attività sportive e di intrattenimento e quelle ad esse connesse e strumentali in modo diretto o indiretto; assunzione e gestione di partecipazioni o interessenze, in qualsiasi forma, in altre imprese, nonché l’assunzione di rappresentanze ed agenzie di società nazionali ed estere”;
- che il capitale sociale originariamente versato per la costituzione ammontava a 100 mila euro, poi ricapitalizzato a cinque milioni di euro;
- di aver acquistato in data 3 maggio 2019, ossia soltanto tre giorni prima della pronuncia del TFN in questa sede impugnata, il 100% della Palermo Football Club s.p.a. e con essa le sue partecipate, ossia la U.S. Città di Palermo s.p.a. e la Mepal s.r.l.;
- di aver dato subito prova della serietà e delle proprie capacità economico-finanziarie, segnatamente, attestando, tra l’altro, «adeguata capacità creditizia e finanziaria del Gruppo Arkus Network s.r.l.»;
- di aver provveduto, successivamente all’acquisto della predetta partecipazione societaria, al pagamento diretto «di ulteriori debiti verso fornitori e procuratori sportivi, impegnandosi altresì al pagamento degli stipendi di calciatori e tesserati per le mensilità di marzo aprile e maggio 2019 da saldare entro la fine di giugno 2019»;
- di aver provevduto a documentare «la propria capacità economica e finanziaria di potere fare fronte alla gestione del Club sportivo sia in caso di partecipazione alla serie A che alla serie B»;
- di aver ricevuto, nella giornata del 21 maggio 2019, «una prooposta di acquisizione di quote societarie da parte di un gruppo di imprenditori siciliani per un valore complessivo di € 3.000.000,00».
Ciò evidenziato la società interveniente ritiene che, «diversamente da quanto affermato dal TFN, la circostanza che la U.S. Città di Palermo s.p.a. sia stata acquistata da altro soggetto, che ha dato dimostrazione di solidità e capacità economico e finanziaria e che si è impegnata al pagamento del cosiddetto “debito Alyssa”, certamente non può essere ininfluente rispetto alla valutazione della fondatezza dell’impianto accusatorio della Procura Federale su tale capo di incolpazione».
In particolare, secondo la Sporting Network l’operazione di cessione del marchio per ottenere l’iscrizione al campionato per la stagione sportiva 2017/2018 non può dirsi “un mero artifizio contabile” se non si verifica l’effettivo o meno pagamento. Ed in tal senso, «non solo i pagamenti sinora effettuati, ma anche l’accollo del debito in questione da parte di un soggetto estraneo all’originaria operazione, lungi dall’essere irrilevanti, dimostrano senza ombra di dubbio l’erroneità e l’infondatezza dei rilievi mossi dalla Procura Federale all’U.S. Città di Palermo s.p.a. rispetto all’operazione di cessione del marchio».
Chiede, pertanto, la Sporting Network s.r.l., accogliersi il ricorso della società U.S. Città di Palermo s.p.a. e, dunque, «annullarsi e/o riformarsi la decisione n. 63/TFN del 13.05.2019 e conseguentemente dichiarare inammissibile il deferimento proposto dal Procuratore Federale nei confronti del predetto Club sportivo».
Prima dell’inizio del dibattimento risultano irritualmente depositati i seguenti atti:
- nota di deposito, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse del Sig. Maurizio Zamparini;
- “integrazione alla memoria del 15 maggio 2019 trasmessa a mezzo pec in pari data”, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse del Sig. Giovanni Giammarva;
- “nota di accompagnamento del deposito documentale”, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse di Città di Palermo s.p.a.
In data 24 maggio 2019 la US Città di Palermo s.p.a. ha depositato, del pari irritualmente, istanza contenente un (poco comprensibile, invero) invito alla Corte a “pronunciarsi sull’eventuale insussistenza di elementi che possano giustificare l’astensione dei suoi componenti ai sensi dell’art. 51 ult. co. c.p.c.”, senza tener peraltro presente che laddove dovessero rilevarsi (o sopravvenire) eventuali motivi di incompatibilità o di opportunità il giudice è sempre, in qualsiasi momento, tenuto a dichiarare la propria astensione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio deve, anzitutto, dichiarare irrituale e, per l’effetto, inammissibile il deposito dei seguenti atti (ed eventuali allegati documenti):
- “nota di deposito, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse del Sig. Maurizio Zamparini;
- “integrazione alla memoria del 15 maggio 2019 trasmessa a mezzo pec in pari data”, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse del Sig. Giovanni Giammarva;
- “nota di accompagnamento del deposito documentale”, dd. 21 maggio 2019, nell’interesse di U.S. Città di Palermo s.p.a.
Dichiara, invece, ammissibile la produzione della sola giurisprudenza allegata ai suddetti atti e quella effettuata in udienza dalla Procura Federale.
In via preliminare, occorre poi, scrutinare gli atti di intervento spiegati, già dal primo grado di giudizio, dalla società Benevento Calcio s.r.l., e (solo) nel presente grado di giudizio, anche dalla U.S. Salernitana 1919 s.r.l., dalla Lega Nazionale Professionisti serie B e dalla società Sporting Network s.r.l.
L’intervento in giudizio di terzi è disciplinato dall’art. 41, comma 7, CGS, che limita la fruibilità dell’istituto ai “terzi portatori di interessi indiretti di cui all’art. 33, comma 3, che non abbiano esercitato la facoltà di reclamo”; a sua volta, l’art. 33, comma 3, CGS, prevede la legittimazione a proporre reclamo dei terzi portatori di interessi indiretti, compreso l’interesse in classifica (come, per l’appunto, nel caso de quo, per il Benevento Calcio s.r.l.), unicamente “nei casi di illecito sportivo”.
Ritiene, questa Corte, che le società Benevento Calcio s.r.l., U.S. Salernitana 1919 s.r.l., Lega Nazionale Professionisti serie B e Sporting Network s.r.l. seppur titolari di un interesse di fatto, indiretto, seppur rilevante, non possono – di certo – vantare una specifica posizione giuridica differenziata che ne legittimi la partecipazione al presente giudizio disciplinare. Del resto, la legittimazione ad intervenire non può essere ricondotta alla mera sussistenza del presupposto sostanziale costituito dall’esistenza di un collegamento tra le posizioni giuridiche rappresentate, seppur qualificate.
In tale prospettiva, come chiarito dal Collegio di Garanzia del CONI (decisione n. 40 del 2018) e come già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (C.U. 022/CFA del 20 agosto 2018) la lettura delle citate disposizioni normative del codice di giustizia sportiva della FIGC porta a ritenere che la facoltà di intervento da parte di terzi portatori di interessi indiretti sia stata – dal legislatore federale – legittimamente limitata ai soli casi di illecito sportivo, dai quali – evidentemente – esula la presente fattispecie, atteso che il presente procedimento disciplinare non riguarda, appunto, l’ambito dell’illecito sportivo, bensì attiene alle violazioni in materia economico-finanziarie e gestionali.
Ne consegue, in riforma – sul punto – della decisione del Tribunale Federale Nazionale, in questa sede fatta oggetto di gravame, la declaratoria di inammissibilità dell’intervento spiegato dal Benevento Calcio s.r.l. sin dal giudizio di primo grado.
Nella stessa direzione, meritano di essere dichiarati inammissibili anche gli interventi della Lega Nazionale Professionisti serie B, della società U.S. Salernitana 1919 s.r.l. e della Sporting Network s.r.l.
Passando all’esame dei diversi gravami il Collegio ritiene opportuno iniziare da quello proposto dal Procuratore Federale e dal Procuratore Federale aggiunto nei confronti del Sig. Maurizio Zamparini.
Appare, anzitutto, priva di pregio l’eccezione – svolta in udienza dalla difesa dll’U.S. Città di Palermo s.p.a. – di inammissibilità del ricorso della Procura Federale, perché non notificato anche alla stessa predetta società. Infatti, il ricorso è stato proposto nei soli confronti del capo di sentenza relativo alla posizione del sig. Maurizio Zamparini ed a questi ritualmente notificato.
Ciò, preliminarmente, osservato e passando al merito dell’appello, la Procura Federale censura la decisione del Tribunale Federale Nazionale laddove ha ritenuto che le comunicazioni di conclusione indagini del 15 e del 18 aprile notificate all’Avv. Mancuso, in difetto di un formale atto di conferimento di mandato e di una formale elezione di domicilio non possano essere considerate valide, non potendo – l’elezione di domicilio – avvenire per facta concludentia.
Quanto alla notifica effettuata al domicilio del sig. Zamparini, il Tribunale osserva che l’avviso di conclusioni indagini del 15 aprile 2019, ritualmente ricevuto, è stato annullato e, comunque, integrato e superato da quello del 18 aprile 2019 (a seguito del quale, poi, è stata emanato l’atto di deferimento), che però è stato ricevuto dall’incolpato (solo) in data 29 aprile 2019, ossia lo stesso giorno in cui la Procura Federale ha emesso l’atto di deferimento. Ciò, a giudizio del TFN, in palese violazione dei termini a difesa che l’ordinamento sportivo garantisce a tutela dei presunti responsabili, non potendo essere condivise le considerazioni – della Procura Federale – in ordine alla sostanziale identità delle contestazioni formulate nella due comunicazioni di chiusura indagini del 15 aprile e del 18 aprile 2019. Ad avviso del Tribunale, infatti, «in disparte ogni considerazione, pure fondata, in ordine all’utilità della riproduzione dell’avviso di conclusione indagini per la mera indicazione della norma violata, in presenza dell’analitica indicazione dei fatti idonea ad individuare con chiarezza la fattispecie pur in assenza della specificazione della norma violata, ciò che rileva è che, con l’atto in questione, la Procura Federale ha riaperto i termini a difesa, concedendo ai deferiti, cinque giorni per presentare memorie difensive ovvero per essere ascoltati, già fissando, altresì, per il giorno 24 aprile, la data per l’eventuale audizione».
Appare evidente, prosegue il TFN, «che, ricevendo tale comunicazione il giorno 29 aprile 2019, vale a dire lo stesso giorno in cui la Procura Federale ha emesso il deferimento, l’indagato non ha potuto esercitare le prerogative difensive preprocessuali previste dall’ordinamento sportivo […]». Costituendo, poi, la comunicazione di conclusione indagini presupposto indefettibile per l’emanazione del successivo atto di deferimento, lo stesso, nei confronti del sig. Zamparini, non può che essere dichiarato inammissibile, rendendosi, dunque, superflua, si legge nella decisione in questa sede oggetto di gravame, «superflua la valutazione degli altri motivi di inammissibilità, con riferimento alla posizione dello Zamparini».
La decisione non può essere condivisa e il ricorso della Procura Federale merita accoglimento nei limiti e nei termini che seguono.
Queste le date di emissione degli atti di cui trattasi e quelle di notificazione degli stessi, da quanto è dato ricavare dall’esame del fascicolo di causa.
In data 15 aprile 2019 la Procura Federale invia l’avviso di conclusione sia per raccomandata al domicilio del sig. Zamparini, sia via pec (quella dell’Avv. Mancuso). La notificazione si realizza, in pari data, mediante la ricezione della pec da parte dell’Avv. Mancuso, mentre in data 19 aprile 2019, si realizzano gli effetti di quella effettuata personalmente all’incolpato Zamparini: in ipotesi, dunque, anche a condiderare solo quest’ultima notificazione, nei termini – secondo la prospettazione della pubblica accusa federale – per l’esercizio per le prerogative di difesa garantite dall’ordinamento settoriale, essendo – nella stessa comunicazione – indicato il termine di cinque giorni (scadenza, dunque, 24 aprile 2019) per siffatto esercizio.
In data 18 aprile 2019 la Procura Federale, «per mero scrupolo, “ad integrazione della C.C.I. prot. Prot. 11543 /816pf18-19/GP/GC/blp, del 15 aprile 2019” (cfr. ricorso Procura) emette nuovo avviso di conclusione indagini, poiché, ferme restando tutte le condotte contestate, nel primo avviso non era stata indicata, nella contestazione di cui al n. 5a), 5b), 5c), la violazione della norma contestata (ossia, l’art. 8, comma 4, CGS). La notificazione della comunicazione risulta perfezionatasi in pari data all’Avv. Mancuso e (solo) in data il 29 aprile 2019 personalmente al domicilio del sig. Zamparini. Stesso giorno, quest’ultimo, in cui il Tribunale Federale Nazionale ha notificato alle parti l’avviso di convocazione dell’udienza di discussione, che risulta essere stato ricevuto, in pari data, via pec, dall’Avv. Mancuso, ed il 6 maggio dal Sig. Zamparini.
Orbene, la Procura Federale evidenzia come, «tre giorni prima della ricezione delle raccomandate de quibus, ovvero il 3 maggio 2019, l’avv. Enrico Maria Mancuso, “nell’interesse del sig. Maurizio Zamparini, deferito nell’ambito del procedimento disciplinare indicato in epigrafe”, trasmetteva a mezzo pec al Tribunale Federale Nazionale formale istanza di sospensione del procedimento disciplinare ed, in subordine, istanza di rinvio dell’udienza fissata per il 10 maggio», sottolineando come, «nell’epigrafe di detta istanza il sig. Zamparini, per il tramite dell’Avv. Mancuso, già il 3 maggio (dunque prima di aver ricevuto le relative raccomandate presso il suo domicilio), conferma espressamente di aver ricevuto il deferimento, poiché ne indica formalmente gli estremi “prot.n. 12055/816pf18-19/GP/GC/bpl del 29.04.2019” e nelle premesse della istanza da atto di essere stato attinto dal deferimento, nel punto in cui dichiara che “i fatti per i quali il sig. Maurizio Zamparini è stato deferito nell’ambito del presente giudizio disciplinare sono, a ben vedere, i medesimi fatti oggetto del procedimento penale ora citato”. Inoltre da atto che “è stato comunicato al sig. Maurizio Zamparini che l’udienza innanzi al Tribunale Federale è stata fissata per il 10 maggio 2019”».
Solo il 4 maggio 2019 il sig. Zamparini depositava agli atti del giudizio (tramite la Polizia Giudiziaria) delega a rappresentarlo e difenderlo a favore degli avv.ti Lorenzo Stanghellini, Enrico Maria Mancuso e Nicola Leone De Renzis Sonnino, confermando di aver ricevuto la notifica del deferimento il 29 aprile 2019 e la convocazione per l’udienza del 10 maggio 2019, giacchè riferisce di aver “ricevuto notifica del deferimento della Procura Federale notificata il 29 aprile 2019 e della convocazione per l’udienza del 10 maggio 2019, notificata in pari data nell’ambito del procedimento disciplinare indicato in epigrafe”» (cfr. ricorso Procura Federale).
Ne deduce, la ricorrente Procura, che (anche) la notificazione della seconda comunicazione di chiusura delle indagini effettuata al sig. Zamparini mediante invio alla pec dell’Avv. Mancuso deve ritersi legittima e valida, poiché «il sig. Zamparini nel presente procedimento sportivo si è sempre avvalso della difesa e della rappresentanza processuale dell’Avv. Mancuso», sia perché, tanto «l’attività processuale dello stesso Zamparini», quanto «quella svolta dal proprio difensore hanno ratificato nei fatti l’eventuale formale omissione di elezione di domicilio», tenuto anche conto del fatto che, riscontrando le comunicazioni via pec (del deferimento e dell’avviso di fissazione di udienza), gli stessi hanno sanato ogni eventuale irregolarità formale sul punto. Ad ogni buon conto, per quanto rappresentato, gli atti avrebbero raggiunto il loro scopo, sanando eventuali vizi.
Sul punto – ritiene il Collegio – l’appello della Procura Federale non può essere accolto. Infatti, per quanto il comportamento processuale del sig. Zamparini e l’interlocuzione – del difensore dello stesso nel procedimento penale – con gli organi di giustizia sportiva (segnatamente, Procura Federale e Tribunale Federale Nazionale) abbiano indotto, per così dire, in errore la Procura Federale sulla circostanza che l’Avv. Mancuso fosse stato incaricato dal deferito della difesa tecnica anche nel relativo procedimento disciplinare – sportivo, non è possibile vincere e superare l’eccezione di difetto di rituale conferimento di mandato e/o di formale elezione di domicilio.
Coglie nel segno, dunque, la difesa del sig. Zamparini quando osserva che il codice di rito civile, cui deve farsi riferimento nella ipotesi di mancata disciplina di un dato istituto da parte dei codici sportivi (FIGG o CONI), «impone necessariamente la formalizzazione della procura alle liti e dell’elezione di domicilio in un atto ad hoc, non sostituibile» (come correttamente rilevato dal TFN) «per facta concludentia».
Cionondimeno, i fatti come rappresentati dalla Procura Federale, ed in atti acclarati, avrebbero dovuto indurre il TFN a rimettere in termini l’organo requirente, invitandolo ad essegnare all’interessato un nuovo termine a difesa, all’esito del quale provvedere all’eventuale deferimento (per inciso, questa Corte non provvede in tal senso, per quanto di seguito rappresentato).
Con altra argomentazione l’appellante Procura ritiene che il deferito Zamparini «ha avuto piena contezza di tutti i “fatti” oggetto di contestazione da parte della Procura Federale in virtù della comunicazione di chiusura delle indagini del 15 aprile 2019, ritualmente ricevuta il 19 aprile 2019, e pertanto è stato messo nelle condizioni di esercitare tutte le proprie facoltà di difesa; ed invero, la comunicazione chiusura indagini integrativa non modifica affatto le condotte dell’incolpazione, bensì, come si è già precisato, integra – e soltanto in alcuni capi – il riferimento ad una norma violata. Poiché per principio di diritto generale applicabile ai procedimenti accusatori, enunciato nel processo penale dall’art. 521, 1° e 2° comma, c.p.p. e dalla giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. Cass. S.U. 19 giugno 1996, n. 16; Cass. S.U. 15 luglio 2010, n. 36551; Cass. S.U. 10 maggio 2013, n. 34969), spetta al giudicante di qualificare i fatti oggetto di contestazione da parte del pubblico ministero ovvero di attribuire alle condotte contestate la corretta qualificazione giuridica, nessun pregiudizio ai diritti di difesa può sussistere a fronte di una mera attività ermeneutica – propria del giudicante – di riconduzione della fattispecie concreta a quella astratta descritta dalla norma violata».
Per aversi una violazione dei diritti di difesa dell’incolpato, secondo la Procura ricorrente, «“occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri una incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa;… la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione” (così Cass. S.U. 15 luglio 2010, n. 36551)».
Sotto tale profilo, il motivo di gravame è fondato.
Una attenta lettura della prima (15 aprile, ritualmente allo stesso notificata il 19 aprile 2019) e della seconda (18 aprile) comunicazione di conclusione indagini consente di rilevare come le incolpazioni riferite alla posizione del sig. Zamparini siano le medesime (i.e. identiche) quanto al “fatto” contestato. Rispetto al primo avviso, quello successivamente notificato contiene soltanto in più il riferimento, per i capi di incolpazione sub. 5a), 5b), 5c), alla norma ritenuta violata (ossia, l’art. 8, comma 4, CGS). Ed in tale senso, la Procura ha cura di precisare, nella seconda comunicazione: «la presente viene notificata ad integrazione della Comunicazione Chiusura Indagini prot. n. prot. 11543/816 pf 18-19/GC/blp del 15 aprile 2019, solo in quanto per mero errore materiale non è stato indicato, nella contestazione di cui al n. 5a), 5b), 5c), l’art. 8, comma 4, del C.G.S.».
Orbene, ciò rilevato, occorre, anzitutto, osservare come il primo avviso di conclusione indagini, ritualmente – nei termini – notificato al sig. Maurizio Zamparini, non sia stato annullato o sostituito dal secondo, che ha soltanto integrato il primo, nella sola parte relativa alla formale indicazione della norma del codice sportivo ritenuta violata e soltanto con riferimento ai capi di incolpazione sopra indicati. Pertanto, la prima comunicazione conserva la sua efficacia.
Ciò premesso ritiene, questa Corte, che l'errata o mancata indicazione di una norma nel corpo del deferimento non possa, di per sé, costituire causa di inammissibilità o nullità dello stesso, laddove nel contesto della vocatio in ius possa evincersi, in modo inequivoco – come è effettivamente avvenuto nel caso di specie – quale sia la contestazione e, segnatamente, il fatto contestato (cfr., per una fattispecie analoga, seppur non sovrapponibile alla presente, Cassazione, sezioni unite, 24 luglio 2013, n. 17931). In altri termini, laddove – come nel caso di specie – nell’avviso di conclusione indagini o nello stesso deferimento la condotta sia compiutamente descritta ed inequivocabilmente ascrivibile ad una sola fattispecie normativa, il capo di incolpazione non può considerarsi viziato ed il relativo deferimento non può essere giudicato inammissibile, specie laddove l’interessato abbia avuto, come ha avuto, ampia possibilità di difesa ed abbia specificamente contestato – anche nel merito – seppur solo in sede processuale, le incolpazioni allo stesso ascritte.
«In tema di contestazione dell'accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all'indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia precisato in modo puntuale, la mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell'esercizio del diritto di difesa» (Cassazione, sez. III penale, 5 dicembre 2013, n. 5469. In senso conforme, tra le altre: Cassazione, sez. I penale, 19 marzo 2004, n. 18027; Cassazione, sez. VI penale, 16 settembre 2004, n. 437; Cassazione, sez. V penale, 9 novembre 2005, n. 44707; Cassazione, sez. IV penale, 17 ottobre 2006, n. 39533).
Insomma, «ai fini della contestazione dell'accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto e non anche l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati» (Cassazione, sez. III penale, 19 febbraio 2013, n. 22434)
Del resto, il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto di difesa) va inteso non in senso "meccanicistico formale", ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella cioè della tutela del diritto di difesa. Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un mero esame formale della lettera dell’imputazione, essendo necessari che l’indagine venga condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto (cfr. Cassazione, sez. VI penale, 8 novembre 1995, n. 618).
La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità del procedimento sportivo (posto dalla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, del codice di giustizia sportiva del Coni), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, più volte affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come, dunque, occorra, per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di garantire una effettiva risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia.
Peraltro, ad ogni buon conto, per quanto sopra evidenziato, anche laddove il Tribunale avesse ritenuto di seguire l’impostazione difensiva del sig. Zamparini, il deferimento nei suoi confronti restava, comunque, valido ed ammissibile con riferimento ai capi di incolpazione diversi da quelli – sub. 5a), 5b), 5c) – per i quali nella prima comunicazione di conclusione indagini era stata omessa l’indicazione dell’art. 8 CGS.
Deve, pertanto, essere, in parte qua, accolto, il ricorso della Procura Federale e, per l’effetto, in parziale riforma della impugnata decisione, deve dichiararsi l’ammissibilità del deferimento anche nei confronti del sig. Maurizio Zamparini. Per l’effetto, visto l’art. 37, comma 4, ultimo periodo, CGS, restituisce gli atti al Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare.
Per quanto sopra, resta assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale la Procura Federale deduce erroneità della decisione del TFN per la mancata restituzione degli atti (al fine di esercitare l’azione disciplinare, con rinnovazione degli atti ritenuti inammissibili), quale conseguenza del rilevato (presunto) vizio procedurale di cui sopra si è detto, non essendo qui necessario restituire gli atti al Giudice di primo grado, atteso che il giudizio nei confronti di Zamparini si è comunque ritualmente celebrato e questi si è ampiamente difeso, essendo intervenuta solo all’esito del dibattimento la dichiarazione di inammissibilità del deferimento.
Possono, poi, essere esaminati congiuntamente il motivo di reclamo di cui al punto 6 (pag. 24 ss.) dell’US Città di Palermo s.p.a. ed il motivo dedotto al punto 4.2 (pag. 9) delle Controdeduzioni del sig. Maurizio Zamparini, in ordine alla inammissibilità del deferimento per l’illegittima riapertura delle indagini ex art. 32 ter, comma 5, CGS.
Deducono, in sintesi, tanto US Palermo, quanto il sig. Zamparini che non corrisponde a vero che la riapertura delle indagini, sfociata nel presente procedimento, è stata determinata dalla trasmissione degli atti di indagine da parte della Procura della Repubblica di Palermo in data 31 gennaio 2019. Ciò in quanto la predetta Procura aveva già inviato gli atti di indagine in un momento precedente quello dell'archiviazione del primo procedimento disciplinare: con la nota di trasmissione del 21 novembre 2018, nella quale si fa riferimento anche ad una precedente nota di trasmissione di atti di indagine avvenuta il 31 luglio 2018. Ne conseguirebbe, a dire degli anzidetti deferiti, in sostanza, che il provvedimento di riapertura delle indagini non è giustificato da alcun fatto nuovo, presupposto indivividuato come necessario dall’art. 32 ter, comma 5, CGS, poiché le ordinanze del Tribunale del riesame trasmesse in datta 21 novembre 2018, contenevano già tutti gli elementi poi posti dalla Procura Federale a fondamento del provvedimento di riapertura delle indagini.
E, poi, la prima richiesta di proroga delle indagini sarebbe fondata su un errato presupposto (esisterebbe, a dire della ricorrente US Palermo, una precedente trasmissione di documenti da parte della Procura della Repubblica in data 31.7.2018 in riscontro ad una richiesta formulata dalla Procura Federale in data 24.7.2018), e, dunque, non avrebbe dovuto essere concessa e senza possibilità «di verifica da parte dell’organo giurisdizionale» non può «essere garantita la parità delle parti né la piena tutela dei diritti e degli interessi degli affiliati e tesserati» (cfr. ricorso appello U.S. Palermo, pag. 35). Ancora, vi sarebbe stata violazione dell’art. 2 CGS CONI in relazione all’omessa esecuzione di indagini autonome da parte della Procura Federale nel corso del procedimento pf 18/19, poi, come detto, archiviato.
E, inoltre, poi vi sarebbe discrepanza tra la data (31.1.2019) di consegna da Procura Repubblica a Procura Federale di 1 cd contenente “atti di indagine” e quella (20.2.2019) dell’elenco dei relativi atti e, comunque, né la nota di trasmissione del 31 gennaio 2019, né il provvedimento di riapertura indagini indicherebbero «quali atti siano stati esaminati per determinare la nuova iscrizione del fascicolo disciplinare» (cfr. ricorso appello U.S. Palermo, pag. 32).
I vari motivi di censura, come detto, possono essere trattati congiuntamente.
Dagli atti acquisiti al presente procedimento emergono i seguenti elementi in fatto:
- in data 09.07.2018 la Procura Federale apre un procedimento avente ad oggetto “Presunti reati tributari e falso in bilancio posti in essere dagli amministratori della società US Città di Palermo” (proc. n. 8 pf 18-19);
- in data 24.07.2018 la Procura Federale chiede alla Procura della Repubblica di Palermo;
- in data 07.09.2018 la Procura Federale chiede la proroga indagini alla Procura Generale dello Sport CONI;
- in data 12.09.2018 la Procura Generale dello sport del Coni concede la proroga;
- in data 30.10.2018 la Procura Federale chiede alla Procura Generale dello sport l’intendimento per l’archiviazione allo “stato degli atti”, in quanto non ancora pervenuta alcuna documentazione da parte della Procura della Repubblica di Palermo;
- in data 21.11.2018 (ricevute 17.12.2018) la Procura della Repubblica di Palermo trasmette alla Procura Federale una parte della documentazione richiesta (citata successivamente sia nella relazione di indagine della Procura Federale, che nella comunicazione di conclusione indagini notificata alle parti, anche se non risuta allegata al deferimento);
- in data 21.12.2018 la Procura Generale dello sport condivide l’archiviazione allo stato degli atti della Procura Federale;
- in data 31.01.2019 la Procura della Repubblica di Palermo concede alla Procura Fedderale gli atti penali;
- in data 11.02.2019 la Procura Federale dispone la riapertura del procedimento n. 8 pf 18 – 19 e con separato atto apre un nuovo procedimento n. 816 pf 18 – 19 (avente ad oggetto, appunto, la riapertura del proc. n. 8 pf 18 19 a seguito di trasmissione degli atti dall’AGO Palermo);
- in data 20.02.2019 la Procura della Repubblica di Palermo trasmette alla Procura Federale la lista dei documenti presenti all’interno del DVD consegnato alla Procura Federale in data 31.1.2019.
Orbene, da quanto sopra risulta, anzituto, che la difformità di data, oggetto di doglianza della US Città di Palermo s.p.a., tra la produzione del DVD e la presentazione della lista documenti all’interno del DVD medesimo è verosimilmente dovuta a quanto prima rappresentato e non importa alcun vizio del procedimento, né, tantomeno, alcuna inammissibilità del deferimento. Peraltro, il TFN ha giustamente ritenuto generiche le doglianze sul punto e, comunque, non idonee «a deporre per l’inammissibilità dell’odierno deferimento giacché non si comprende se la difesa - in assenza di formale querela di falso - ponga in dubbio la genuinità del verbale di consegna del 31 gennaio 2019 e del conseguente provvedimento di riapertura delle indagini».
Dallo stesso predetto elenco in atti emerge, poi, quali siano i nuovi elementi di provenienza dall’autorità giudiziaria ordinaria che la Procura Federale ha ricevuto con la nota del 31 gennaio 2019 e posto a base del provvedimento di riapertura delle indagini ed anche, per sottrazione, quali siano le risultanze degli autonomi accertamenti effettuati dall’organo federale inquirente.
Recita, a tal riguardo, l’art. 32 ter, comma 5, CGS: «Dopo il provvedimento di archiviazione la riapertura delle indagini può essere disposta d’ufficio nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza. Se tali fatti o circostanze si desumono da un provvedimento che dispone il giudizio penale, il diritto di sanzionare si prescrive comunque entro il termine della ottava stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la violazione».
Occorre, allora, verificare se il provvedimento di riapertura delle indagini del 11 febbraio 2019 è o meno legittimo alla luce della disposizione prima ricordata.
Orbene, considerato che con la nota prima indicata la Procura Federale ha ricevuto dalla Procura della Repubblica tutti gli atti del procedimento penale (v. lista dei relativi faldoni), non nutre dubbio alcuno, questo Collegio, che vi fossero i presupposti richiesti dall’art. 32 ter, comma 5, CGS per disporre la riapertura delle indagini
Con riferimento alla questione agitata dalla ricorrente società palermitana secondo cui la Procura Federale avrebbe potuto disporre la riapertura delle indagini già a seguito della ricezione della precedente nota della Procura della Repubblica è possibile, brevemente, osservare quanto segue.
Anzitutto, il TFN ha osservato come si tratti di valutazioni di natura prevalentemente tecnica, correttamente ritenendo, pertanto, che «l’aver disposto la riapertura delle indagini sulla scorta dei complessivi nuovi elementi e circostanze pervenute in data 31 gennaio 2019, piuttosto che sui soli atti pervenuti in data 21 novembre 2018 (ovvero 17 dicembre 2018), peraltro non utilizzati ai fini del presente deferimento (all’infuori del provvedimento del riesame emanato nei confronti di Zamparini Maurizio trasmesso anche in data 31 gennaio 2019), non può avere alcuna» ricaduta, specie in termini di ammissibilità, del relativo deferimento.
In ogni caso, le deduzioni sul punto appaiono, comunque, superate dall’attestazione dd. 16 maggio 2019 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, dalla quale si evince che «la prima nota di trasmissione alla Procura Federale risultante dagli atti, è quella datata 21.11.2018, a mezzo della quale sono state trasmesse solamente le ordinanze pronunciate (con appello del Pubblico Ministero) dal Tribunale di Palermo – sezione per il Riesame, senza i correlati atti di indagine».
Fermo restando quanto sopra detto, con riguardo al presunto vizio connesso alla prima richiesta di proroga delle indagini e/o del relativo procedimento di concessione della stessa, è possibile specificamente – e su un piano più generale – osservare quanto segue.
L’art. 32 quinquies, comma 3, CGS, nel fissare un termine massimo di durata delle indagini, prevede sia l’inutilizzabilità dei documenti acquisiti oltre il termine, sia la possibilità di deroga a tale principio, in virtù della concessione, da parte della Procura Generale dello sport, di massimo due proroghe consecutive, previa presentazione di istanza congruamente motivata. Tale fase preprocessuale non si svolge innanzi all’organo giudicante, né prevede il contraddittorio con le parti, per l’ovvio motivo che la richiesta di proroga si situa in un momento addirittura precedente quello in cui si potrebbe concretizzare l’intenzione del Procuratore Federale di procedere al deferimento (intenzione che, ai sensi dell’art. 32 ter, comma 4, CGS, impone l’instaurazione del contraddittorio con l’incolpato) e, pertanto, precede la stessa concretizzazione dell’ipotesi accusatoria e la conseguente individuazione degli eventuali incolpati.
Ne consegue che l’atto di concessione della proroga non è ricorribile ex se, fermo restando il diritto della parte incolpata di dolersi nel successivo giudizio della sua eventuale assenza, laddove questa abbia reso inutilizzabili i documenti acquisiti oltre la scadenza del termine (originario o prorogato) delle indagini. Inoltre, il citato art. 32 quinquies, comma 3, CGS non prevede alcuna sanzione in caso di non corrispondenza tra i motivi posti alla base della richiesta di proroga e la successiva attività della Procura Federale.
Ne consegue, altresì, sotto altro profilo, che nessun rilievo possono avere nel presente giudizio, le deduzioni di US Città di Palermo s.p.a. in ordine alla eccepita contraddittorietà della motivazione in relazione alla (presunta, peraltro) omissione di indagini autonome, da parte della Procura Federale, nel procedimento pf 18/19, poi archiviato, considerato che in questa sede non possono venire in rilievo che fatti e circostanze relative al procedimento riaperto (e, come detto, prima ancora, alla sussistenza dei presupposti per la riapertura del medesimo) per quanto capaci di rifluire sulla ritualità ed ammissibilità del conseguente atto di deferimento.
Deve, poi, essere disattesa l’eccezione svolta dal sg. Maurizio Zamparini in ordine alla «doverosità della sospensione del procedimento disciplinare, vista la pendenza del parallelo procedimento penale» (cf. Controdeduzioni, pag. 11).
A tal riguardo, questa Corte intende, ancora una volta, ribadire che il principio dell’autonomia del giudizio sportivo consente la trattazione separata del presente giudizio disciplinare rispetto ad eventuale analoga vicenda processuale di carattere penale, anche al fine di assicurare l’esigenza di una celere e rapida definizione della stessa. Del resto, le disposizioni di cui all’art. 34 bis e 38, comma 5, lett. a), codice di giustizia sportiva del Coni, prevedono espressamente una trattazione separata del procedimento disciplinare e del procedimento penale, e la norma contenuta nell’art. 39, comma 7, del medesimo predetto codice dispone testualmente che «in nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento, salvo che per legge debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’autorità giudiziaria». Circostanza non rinvenibile nella fattispecie.
Si aggiunga, del resto, che la condotta di un soggetto appartenente all’ordinamento federale, fermo restando l’eventuale accertamento della stessa in sede penale, può essere diversamente valutata a fini sportivo-disciplinari, rispetto alla sede ordinaria e, pertanto, non sempre le decisioni rese dall’Autorità giudiziaria, specie se – allo stato – solo in sede cautelare, possono utilmente riflettersi sul piano del procedimento disciplinare. Come già affermato da questa Corte, il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito federale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva all’ordinamento federale e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno.
È, infatti, conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo e di una struttura valutativa che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport.
Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un lato, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti, siano essi civili, amministrativi, penali, disciplinari ecc.); lo stesso ordinamento, d’altra parte, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva – nei confronti dei propri appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti dell’ordinamento settoriale – con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento giuridico generale, fatta ovviamente salva la garanzia del diritto di difesa, costituzionalmente protetto.
Da questo punto di vista, non rappresenta violazione alcuna, tantomeno del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga – senza attendere l’esito di eventuali procedimenti penali pendenti – sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del codice di giustizia sportiva e secondo una valutazione che abbia come linea guida il rispetto delle disposizioni, delle regole e dei principi dell’ordinamento federale: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova, anche mediante produzione documentale, come è accaduto nel presente procedimento.
Queste considerazioni consentono di superare anche le questioni, agitate da alcune difese, relativamente al valore «erroneamente attribuito ai giudizi cautelari» (cfr. Controdeduzione Zamparini, pag. 12). Viene evidenziato come il Tribunale ordinario non si sia «ancora pronunciato e le contestazione della Procura della Repubbica di Palermo non sono mai state accolte in una pronuncia di merito fondata su prove acquiste nel contraddittorio tra le parti. Non si comprende allora perché il TFN, commettendo il medesimo errore della Procura Federale, abbia fondato la sua pronuncia su valutazioni provvisorie e basate su meri indizi che non hanno alcuna valenza probatoria» (cfr., ancora, Controdeduzioni Zamparini, pag. 13). La pronuncia del TFN, insomma, sarebbe da riformare poiché conseguenza di un presupposto assolutamente errato e “parziale”, costituito dalle “provvisorie” risultanze di un procedimento cautelare penale «acriticamente ed assiomaticamente trasposte dal Giudice di primo grado anche nella presente vicenda […] al contempo negando qualsiasi rilevanza probatoria alle risultanze, divenute definitive stante il passaggio in giudicato del decreto che ha rigettato l’istanza della procura» (cfr. ricorso in appello Morosi, pag. 14).
Le argomentazioni, sul punto, effettuate dalle diverse difese appaiono, nel complesso, contraddittorie. Infatti, in alcuni passaggi sembra richiedersi agli organi di giustizia sportiva di non prendere in considerazione le risultanze dei provvedimenti emessi, in sede cautelare, dall’autorità giudiziaria, perchè provvisorie, fondate su prove non acquisite in contraddittorio o in dibattimento; dall’altro, però, sembra affermarsi che occorre tenere conto di siffatte risultanze che hanno avuto come esito la sentenza della Corte di Cassazione 17 maggio 2019, n. 21780, che avrebbe “correttamente inquadrato” i fatti posti – dalla Procura Federale – a base dell’impianto accusatorio, «osservando come non vi siano elementi per considerare simulata l’ “operazione Alyssa”» (cfr. “note di deposito nell’interesse del sig. Zamparini”, del 21 maggio 2019). E, ancora, in siffatta direzione: «alla luce di questa sentenza della Cassazione, la sentenza del Tribunale fallimentare, di cui era contestata la correttezza, e l’accertamento dei fatti in essa contenuto ha efficacia vincolante e dirimente nei confronti del presente giudizio, che non potrà in alcun modo discostarsi dalle indicazioni del Supremo Collegio» (cfr. “Integrazione alla memoria del 15 maggio 2019, nell’interesse del sig. Giovanni Giammarva, del 21 maggio 2019).
In disparte la rilevata (nella loro considerazione complessiva) contraddittorietà dello stesso approccio in ordine alla valenza, nel presente giudizio, dei provvedimenti resi, in sede cautelare, nei vari gradi di giudizio, dall’Autorità giudiziaria ordinaria, tutti sembrano muovere da un medesimo erroneo presupposto: ossia, che il giudizio disciplinare-sportivo è dipendente e/o deve limitarsi a prendere atto di quanto (a diversi fini, va sottolineato) ha accertato e/o dichiarato l’Autorità giudiziaria ordinaria. Se così fosse, non vi sarebbe un ordinamento sportivo qualificato dall’autonomia e non si sarebbe alcuna necessità di celebrare un giudizio sportivo.
Viceversa, come sopra già osservato, il presente giudizio disciplinare-sportivo è autonomo ed indipendente dagli eventuali paralleli giudizi penali e gli organi della giustizia sportiva (salvo le tassative ipotesi codificate di rilevanza del giudizio penale o civile) hanno autonomi ambiti di valutazione degli elementi acquisiti al giudizio, compresi quelli provenienti dagli accertamenti o dai provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ordinaria, che, in questa sede, sono e restano, come detto, liberamente valutabili per quello che sono: ossia, meri elementi probatori.
Sulla stessa scia di tali considerazioni è possibile disattendere anche l’eccezione di inutilizzabilità delle «intercettazioni contenute nel fascicolo delle indagini del parallelo procedimento penale, qualificandole come “prove”» (cfr. “memoria di costituzione nell’interesse del sig. Maurizio Zamparini, pag. 7).
Occorre, a tal riguardo, osservare come i relativi assunti non siano proponibili nell’ambito dei procedimenti che si svolgono innanzi al giudice sportivo, anche considerato che esula dai poteri dello stesso ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria, alla cui esclusiva competenza è rimesso il controllo tanto formale, quanto sostanziale degli atti trasmessi, rilevando unicamente, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, la provenienza istituzionale, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi.
Correttamente, ad avviso di questo Collegio, è stata evidenziata la specialità del procedimento per illecito sportivo nell’ambito del più ampio genus disciplinare, «correlata alla natura - parimenti speciale – dettata dalla legge n. 401/1989: sia sufficiente richiamare, sotto questo profilo, l’esclusione di ogni pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare sportivo (art.2) e – per quanto più direttamente rileva in questa sede – la stessa possibilità di attingere dal primo atti ritenuti rilevanti ai fini del secondo (art. 2, comma 3)» (CDN, C.U. n. 13/CDN del 9 agosto 2011. In termini analoghi, v. CAF, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006, n. 5/C e 6/C del 17 agosto 2006; CF, C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006, 6/C e 7/C del 1 settembre 2006; CDN, C.U. n. 10 del 27 luglio 2005).
Infatti, l’acquisizione e dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali presuppone, in termini di sufficienza, la provenienza delle stesse dall’Autorità Giudiziaria, da ciò derivando la presunzione iuris tantum di conformità. A tal riguardo, peraltro, la stessa Corte di Cassazione ha affermato che il divieto di utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte non è applicabile ai procedimenti disciplinari (cfr. Cassazione, sezioni unite, 29 maggio 2009, n. 12717).
Anche secondo i giudici amministrativi le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano «l’epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare, alla “giustizia sportiva” si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi». Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente del processo penale.
Peraltro, in tema di rapporti fra processo penale e procedimento disciplinare, gli eventuali errori nella procedura di acquisizione delle prove da parte dell'autorità giudiziaria che rendano le stesse inutilizzabili nel procedimento penale non ne comportano l'automatica inutilizzabilità in sede amministrativa: «pertanto, le intercettazioni telefoniche, ancorché conseguite nell'ambito di un processo concluso con il patteggiamento, nel quale quindi nemmeno sia stato affrontato il problema della loro corretta acquisizione, devono ritenersi utilizzabili nel procedimento disciplinare» (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 7703).
Ciò premesso in punto, sul piano della valenza probatoria «ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni» (CAF, C.U. n. 7/C del 2004).
Considerazioni, queste, anche in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni qualora siano gravi, e cioè consistenti e resistenti alle obiezioni, precisi, e cioè non generici e non suscettibili di diverse interpretazioni, concordanti, e cioè non contrastanti tra loro.
In diversi termini, «per ritenere provato l'illecito sportivo contestato al dirigente di una società calcistica, gli organi di giustizia sportiva possono basarsi sulle intercettazioni telefoniche raccolte in un procedimento penale, a prescindere dalla loro utilizzabilità in quella sede, ove il contenuto delle conversazioni intervenute tra il soggetto deferito e i suoi interlocutori sia stato sottoposto a vaglio critico e venga considerato espressivo di un comune intento fraudolento» (così TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n. 2472).
Pertanto, a prescindere che si tratta essenzialmente di conversazioni telefoniche non disconosciute dai deferiti diretti interessati ed al di là degli eventuali riscontri esterni, si pone solo una questione di attendibilità, che impone all’organo di giustizia sportiva un attento controllo dei contenuti delle conversazioni, avuto riguardo alla tipicità del settore disciplinare-sportivo di riferimento. Controllo, questo, che deve essere effettuato secondo una triplice prospettiva: «rileva, innanzi tutto, la necessaria distinzione tra circostanze riferite dall’interlocutore per cognizione diretta e circostanze riferite de relato. Non può escludersi infatti che la circolarizzazione delle informazioni assunte, caratterizzate da linguaggio criptico e da accentuata gergalità, possa alterare il contenuto e significato della conversazione stessa.
Rileva altresì la collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti. E’ evidente infatti la diversa valenza probatoria tra quanto promana da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico, nonché tra meri collettori di informazioni e soggetti abitualmente dediti alle scommesse e, quindi, portatori di interessi economici personali.
Rileva, infine, la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contenuto logico e temporale di riferimento, al fine di una valutazione complessiva e non parcellizzata» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 48/CGF del 27 settembre 2011).
In conclusione, le risultanze delle captazioni telefoniche sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nei procedimenti disciplinari di ambito sportivo, ferma restando e premessa la necessaria attenta lettura delle conversazioni intercettate e della loro meditata valutazione nell’ambito del contesto logico- temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio.
È forse, a questo, opportuno, dunque, ribadire che esula, dal presente procedimento disciplinare, ogni eventuale rilevanza di natura civilistica o penalistica, dei fatti contestati, essendo ovvio che l’accertamento dell’eventuale sussistenza di un reato o di violazioni connesse al diritto societario ed alla redazione tecnico-formale dei bilanci sono assegnati ai competenti organi della giustizia ordinaria.
Ciò premesso ed osservato, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata la fattispecie della violazione delle disposizioni di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS, all’art. 84, commi 1 e 3, NOIF, all’art. 8, comma 4, CGS e all'art. 85 NOIF.
In tale prospettiva, il Collegio ritiene di dover indicare alcune premesse attinenti alla esposizione dell’iter motivazionale che si intende seguire. In particolare, appare utile riassumere quello che è lo standard probatorio applicabile in materia, evidenziando, di seguito, gli arresti della giurisprudenza sportiva sul punto.
In ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC).
Nella stessa direzione è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui «per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012).
Ebbene, sotto un profilo metodologico, questa Corte ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza federale ed esofederale prima richiamati in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato o di una affiliata.
Ed allora, alla luce del sopra ricordato standard probatorio, ritiene, questa Corte, che nel complesso ed al di là delle singole specifiche contestazioni, dalla considerazione unitaria e non atomistica dei numerosi elementi di valutazione acquisiti al presente giudizio emerge, comunque, una condotta gestionale del vertice della società U.S. Palermo opaca, non chiara e trasparente, tanto e vero che ripetutamente gli organi di controllo sono dovuti intervenire con ispezioni e con reiterate specifiche richieste di informazioni e chiarimenti, i cui riscontri non sempre sono stati rispettosi del principio di lealtà e probità di cui all’art. 1 bis CGS.
Convergono, in tale direzione, solidi elementi probatori e, in primo luogo, le complessive risultanze istruttorie di cui alle attività di investigazione poste in essere dalla Procura della Repubblica di Palermo. Le risultanze dell’attività captativa, i riscontri provenienti da una parte delle dichiarazioni rilasciate da alcuni dei deferiti in sede di audizione innanzi la Procura federale, convergono verso quella ragionevole certezza, necessaria per un giudizio di colpevolezza in questa sede, circa le responsabilità del sig. Giovanni Giammarva, del sig. Anastasio Morosi e dell’U.S. Città di Palermo s.p.a., in relazione ai fatti loro specificamente e rispettivameme contestati in questa sede disciplinare, nei limiti accertati e riconosciuti dal Tribunale Federale Nazionale. Fatti, del resto, in relazione ai quali si ritiene manchino concreti, idonei e, comunque, decisivi elementi di prova a discarico, atteso che le ricostruzioni alternative dei fatti medesimi e/o le diverse spiegazioni degli stessi fornite dagli incolpati non appaionono verosimili, né, tantomeno, supportate da elementi probatori o anche soltanto logici.
Le approfondite indagini della Procura ordinaria, come riesaminate ed utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, alla luce delle integrazioni istruttorie operate dalla Procura federale, consentono, dunque, di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti disciplinari in questa sede sportiva contestati agli anzidetti odierni deferiti ed alla società U.S. Città di Palermo s.p.a.
In particolare, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità dei deferiti sopra indicati in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento, come accertati dal TFN, per aver posto in essere atti diretti a dissimulare una situazione gestionale e/o economico-finanziaria della società US Città di Palermo s.r.l. che consentisse di superare i relativi controlli da parte dei competenti organi federali e, in particolare, assicurasse la partecipazione ai campionati di cui trattasi.
Passando alle specifiche contestazioni effettuate dalla Procura Federale nell’atto di deferimento, occorre, anzitutto, prendere atto del fatto che il Tribunale Federale Nazionale ha ritenuto «che non sussistono le violazioni contestate al punto 1) dell’atto di deferimento, nonché quelle di cui al punto 2A) e 5A)». Sul punto, con riferimento al procedimento nei confronti dei sigg.ri Giammarva e Morosi, nonchè dell’US Città di Palermo s.p.a., in difetto di specifico appello della Procura, è intervenuto giudicato.
L’esame di questa Corte, dunque, si impunta sulle contestazioni effettuate dalla Procura Federale con i restanti capi di incolpazione.
Con il capo di incolpazione n. 2 di cui all’atto di deferimento, al sig. Anastasio Morosi e, ex art. 4, commi 1 e 2, CGS, alla società US Città di Palermo s.p.a., per quanto qui rileva, è stata contestata la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio ex art. 84, commi 1 e 3, NOIF, anche in relazione all'art. 2621 c. c., per avere, segnatamente, rappresentato – nel bilancio al 30 giugno 2015 – un patrimonio netto societario superiore a quello reale, esponendo, in particolare: a) nella voce "Partecipazioni in imprese controllate", un valore della partecipazione nella Mepal Srl pari a 18.053.664,00 euro a fronte di un valore effettivo di 14.156.000,00 euro; b) nella voce "crediti per imposte anticipate", iscritto, in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate, un valore pari ad euro 5.500.000,00 («così riportando un patrimonio netto pari a euro 10.966.847,00 superiore di 9.937.664,00 euro rispetto a quello reale, pari a soli 135.712,00 euro»), dichiarando nella Nota integrativa che “la società ha calcolato le imposte anticipate di euro 5.500.000 sulle perdite pregresse. Le attività per imposte anticipate sono state rilevate poiché esiste la ragionevole certezza dell'esistenza negli esercizi futuri di un reddito imponibile. (...) Sulla base dei redditi imponibili previsti nei prossimi esercizi la società considera prudente non procedere all'iscrizione di ulteriori crediti per imposte anticipate”.
Le violazioni di cui sopra possono ritenersi provate.
Dalle complessive risultanze acquisite al giudizio emerge, in sintesi:
- che la Mepal s.r.l. è una società amministrata dal sig. Diego Paolo Zamparini, figlio di Maurizio, partecipata al 100 dalla US Città di Palermo s.p.a.;
- che il 26 giugno 2014, prima della scadenza del contratto di leasing (6 novembre 2015) ed a soli quattro giorni dalla chiusura del bilancio annuale, la società US Città di Palermo s.p.a. ha conferito nella Mepal s.r.l. il ramo d’azienda costituito dall attività di diffusione sviluppo e valorizzazione del marchio Palermo calcio e dell’attività di produzione e vendita dei prodotti del merchandising (comprensivo del marchio del contratto di locazione finanziaria stipulato con la Locat Unicredit leasing
- nel 2006, del piano di merchandising dei contratti di licenza stipulati con le società Flash trading group s.r.l. e Swan Co s.r.l., dei computer, degli arredi e degli impianti);
- il marchio è stato valutato in 23.400.000,00 euro secondo una relazione di stima giurata redatta dal deferito Anastasio Morosi, nella sua veste “anomala” di consulente contabile della società, atteso che lo stesso, comunque, era già anche presidente del Collegio sindacale della società Palermo;
- il valore del ramo d’azienda è stato valutato dallo stesso Morosi in euro 17.000.000,00, considerata anche la presenza dei debiti per i canoni di leasing da pagare alla Locat Unicredit leasing
- e siffatto valore è stato registrato nello stato patrimoniale alla voce “partecipazioni in imprese controllate”;- a fronte della registrazione del costo storico della partecipazione nella Mepal s.r.l. è stata rilevata in contropartita la chiusura di tutti i rapporti di credito e debito relativi al contratto di locazione finanziaria del marchio con la Locat Unicredit leasing s.p.a.;
- nel conto denominato “riserva straordinaria” è stata iscritta la riserva da conferimento per complessivi euro 25.150.190,71 corrispondente alla differenza tra il valore attribuito al conferimento (17.000.000,00 euro) e il valore contabile dei rapporti di debito e credito direttamente collegati al contratto di leasing sopra indicato;
- nel bilancio è stato, dunque, riportato un valore delle quote della partecipata Mepal s.r.l. pari ad euro 18.053.664,00.
Orbene, al di là di quanto è già sopra cenno con riferimento all’anomalia rappresentata dal fatto che una perizia di stima di una tale rilevanza venga richiesta dal Palermo al sig. Morosi, presidente del collegio sindacale della stessa medesima società, e da questi resa, ciò che rileva è che il dato appare sovrastimato, non tanto e non solo alla luce della contestata perizia del dott. Colaci, quanto alla perizia «scritta rinvenuta tra la docurnentazione acquisita nel corso delle perquisizioni redatta da tale dott Jacobacci per Unicredit leasing s p a che riportava un valore compreso in una forbice tra 9,2 milioni di euro e 16,2 milioni di euro; è quindi stato calcolato che le quote della Mepal s r l alla data del 30.6.2014 valevano tra i 10,3 ed i 15,2 milioni di euro per un valore medio pari a 12.509.000,00 euro.
Di conseguenza l’appostazione nel bilancio al 30.6.2014 di un valore pari a 18.053. 664,00 euro superiore a quello reale di 5.544.644,00 euro, costituisce un fatto materiale non rispondente al vero.
Al 30.6.2014 il reale patrimonio netto della U S Citta di Palermo s p a è quindi pari a 5.422.182,00 euro così ricadendosi nella fattispecie di cui all’art 2446 c.c.
[…]
Rispetto al bilancio dell esercizio precedente l’iscrizione della partecipazione in Mepal s.r.l. nel bilancio al 30 6 15 è rimasta invariata (18 053 664 00 euro).
Il consulente tecnico del pubblico ministero ha comunque proceduto a un ricalcolo dell’effettivo valore della partecipazione alla data del 30 6 2015 quantificato in 14.156. 000,00 euro superiore rispetto a quello al 30 6 2014 e corrispondente come si vedrà a quello riportato nel bilancio al 30 6 2016 con una differenza dunque di 3.897.664,00 euro falsamente indicati in bilancio» (così Tribunale ordinario di Palermo, GIP, decreto di sequestro preventivo e contestuale ordinanza di rigetto della richiesta del Pubblico ministero di applicazione delle misure cautelari personali per difetto di esigenze cautelari, 25 giugno 2018).
Ora, è evidente, per quanto concerne la prospettiva disciplinare-sportiva qui in esame ed a prescindere, dunque, dalla eventuale rilevanza in sede penale o contabile delle condotte e delle operazioni di bilancio sopra sintetizzate, che la sovrastima di cui trattasi ha comportato una alterazione dei reali valori di bilancio, con i conseguenti effetti per l’ordinamento sportivo e con violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, anche in relazione all’art. 84 NOIF, che così dispone ai commi 1 e 3: «1. La contabilità deve essere tenuta dalle società in osservanza delle norme di legge ed in conformità con il piano dei conti della F.I.G.C.; […] 3. Il bilancio d’esercizio deve essere predisposto nel rispetto della vigente normativa e sulla base dei principi contabili emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità, utilizzando le raccomandazioni contabili F.I.G.C., ovvero sulla base dei principi contabili internazionali ove applicabili».
Conferma che le predette operazioni, stime ed appostazioni contabili violino il principio generale di lealtà, probità e correttezza e quelli connessi alla fedele rappresentazione dei dati di bilancio si ricava, in modo non equivoco, anche dalle risultanze delle captazioni investigative. Così, ad esempio:
Progressivo n 9054 Data 01 07 2017 Ora 10 57 20
Omissis
G. oggi ha mandato una mail (Zamparini ndr) abbastanza farneticante adesso lui rivende la Mepal al Palermo ma è una follia Ma va in galera per sta roba eh Va in galera perché fa bancarotta dopo
B. io non so neanche cosa vuol dire ma ti credo
G. cioè lui dice e questo caso qua tu prendi il peggior giocatore che c hai vai non lo so all’Inter e prendi lo stesso giocatore il più scarso che c hanno e dite tutte due che vale 40 milioni ve lo scambiate per 40 milioni e quindi generi un utile no perchè avevo un giocatore che valeva 1000 euro e lo hai venduto per 40 e l’Inter fa la stessa cosa Questo questo è bancarotta un domani se succede qualcosa. E lui cosa ha fatto? Ha preso il marchio l’ha venduto per una cifra folle non lo ha mai pagato e adesso si ricompra la società. Di fatto ha fatto la stessa roba! … roba … ha dei consulenti veramente pericolosi
B. ah su questo non c’è alcun dubbio
G. perchè queste non sono cose che si è inventato lui Oltretutto l’unica perizia che c’è l’ha fatta Morosi che è il tuo consulente il tuo presidente del collegio sindacale che si dichiara così indipendente da poter valutare il marchio. Cioè è una follia, ma proprio una follia
Omissis
G. e quel pazzo di Morosi che lo segue anzi che gli firma le perizie, probabilmente è uno vecchio che non ha più niente da perdere che ha preso una valanga di soldi da Zamparini gli dirà di sì su tutto
Omissis
L’altra contestazione di cui al capo di incolpazione qui esaminato riguarda l’iscrizione, nel bilancio al 30 giugno 2015, di crediti per imposte anticipate per il valore di 5.500.000,00.
Si legge nella Nota integrativa al bilancio al 30 giugno 2015: «la società ha calcolato le imposte anticipate di euro 5.500.000 sulle perdite pregresse. Le attività per imposte anticipate sono state rilevate poichè esiste la ragionevole certezza dell’esistenza negli esercizi futuri di un reddito imponibile. Sulla base dei redditi imponibili previsti nei prossimi esercizi la società considera prudente non procedere all’iscrizione di ulteriori crediti per imposte anticipate».
Ora, come condivisibilmente già osservato dal GIP del Tribunale di Palermo nel suddetto provvedimento del 25 giugno 2018, «secondo il principio contabile OIC 25 per poter usufruire di tale beneficio la società deve dimostrare che esistano futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate iscritte. Nel caso di specie le imposte anticipate di 5.500.000,00 euro iscritte dalla società nel bilancio al 30 6 2015 dovrebbero corrispondere nell’ipotesi di aliquota fiscale IRES costante ad un imponibile fiscale futuro di almeno 20.000.000,00 euro. Posto che come sancito dal TUIR tale ultimo importo può essere dedotto nella misura dell’80 %, per recuperare interamente tali crediti la società avrebbe dovuto prevedere di poter genere redditi fiscali imponibili per 25.000.000,00 (20.000.000,00 euro / 80 %). La società calcistica dunque avrebbe dovuto presentare un piano attendibile che dimostrasse l’effettiva recuperabilità delle perdite pregresse per effetto di una gestione in grado di generare imponibili fiscali futuri tali da assorbire le perdite riportate
Tuttavia secondo il consulente tecnico l’analisi dei risultati storici della società evidenzia risultati economici negativi o lievemente positivi insufficienti ad ipotizzare futuri imponibili fiscali in grado di coprire le perdite pregresse in quanto generati da operazioni straordinarie non collegate alla gestione operativa della società». Segnatamente, difetta «la pianificazione fiscale che costituisce condizione essenziale ed imprescindibile per procedere all’iscrizione» (così Cassazione, III sez. penale, 23151 del 2019, depositata il 27 maggio 2019, che ha rigettato il ricorso proposto dal Sig. Procuratore della Repubblica di Palermo e dal sig. Zamparini avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 5 ottobre 2018, con la quale era stato parzialmente accolto l’appello del pubblico ministero avverso il decreto di misure cautelari personali nei confronti di Maurizio Zamparini emesso il 25 giugno 2018 dal GIP dello stesso Tribunale di Palermo).
Ora, sul punto le difese – peraltro, formulate in modo non specifico – non colgono nel segno, quantomeno per quanto concerne il presente giudizio disciplinare. Del pari, gli assunti difensivi non trovano soccorso nelle risultanze del procedimento prefallimentare (che ha, peraltro, altre ragioni e differenti finalità). Infatti, la circostanza, seppur accertata, che nelle ultime stagioni la società ha chiuso il bilancio in utile non giustifica, comunque, che, alla data del 30 giugno 2015, quelle valutazioni e quelle appostazioni contabili non erano corrette o, quantomeno, prudenti, anche considerato che, come detto, non risultavano concrete prospettive di realizzare utili per recuperare le imposte tenuto conto delle perdite degli anni precedenti.
Insomma, le annotazioni contabili sopra indicate contrastano con il principio contabile OIC 25, con criteri di valutazione e, ad ogni buon conto, con i canoni di prudenza che le società di calcio, per quanto riguardo il nostro ordinamento settoriale, sono tenute ad osservare. Pertanto, nessun utile valenza scriminante può avere l’assunto difensivo dell’US Palermo, secondo cui «i principi contabili in questione rispondono a canoni di mera prudenza, con la conseguenza che dalla loro eventuale violazione non potrà certo farsi discendere l’applicazione delle sanzioni che puniscono false comunicazioni sociali».
Ne risulta, dunque, accertata, ai fini di cui al presente procedimento disciplinare, la responsabilità personale del sig. Anastasio Morosi e quella diretta (ex art. 4, comma 1, CGS) della società US Città di Palermo s.p.a., nonché quella oggettiva della stessa predetta società (ex art. 4, comma 2, CGS) per effetto della medesima violazione accertata in capo al presidente del Collegio sindacale dell’epoca.
Con i capi di incolpazione n. 3 e n. 4 di cui all’atto di deferimento è stata contestata la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS e dell'art.84, commi 1 e 3, NOIF, nonchè della disposizione di cui all'art. 2621 c.c., per avere i sigg.ri Morosi e Zamparini, in concorso con soggetto non tesserato (procuratore speciale della venditrice US Città di Palermo s.p.a. intervenuto nella stipula del contratto datato 30.6.2016 di vendita delle quote di partecipazione nella Mepal Srl., in favore della Alyssa s.a.), nonchè la società Palermo a titolo di responsabilità diretta, al fine della rappresentazione di un patrimonio netto societario superiore a quello reale, anche al fine di sottrarsi agli obblighi di ricapitalizzazione di cui all'art. 2447 c.c., esposto:
- nel bilancio al 30 giugno 2016,
a) alla voce "crediti verso altri" dello stato patrimoniale, un credito inesistente, pari ad euro 40.000.000,00, asseritamente vantato nei confronti della Alyssa s.a., quale prezzo della vendita delle quote di partecipazione nella società Mepal s.r.l., come da contratto del 30.6.2016 e, in ogni caso, indicato un credito non corrispondente all'effettivo valore delle quote cedute, pari ad euro 14.156.000,00;
b) nello stato patrimoniale "crediti per imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate;
c) nello stato patrimoniale, "crediti tributari" per un valore pari a 3.063.115,00 euro, inesistenti; così riportando nel bilancio un patrimonio netto positivo pari a 11.659.475,00 euro, a fronte di un patrimonio netto reale negativo pari a 36.328.492,00 euro;
-nel bilancio al 30 giugno 2017,
a) alla voce "crediti verso altri" dello stato patrimoniale, un credito inesistente pari ad euro 40.000.000,00 asseritamente vantato nei confronti della lussemburghese Alyssa s.a., quale prezzo della vendita delle quote di partecipazione nella società Mepal s.r.l., come da contratto di cessione del 30.6.2016 e, in ogni caso, indicato un credito non corrispondente all'effettivo valore delle quote cedute, pari ad euro 14.156.000,00;
b) nella Nota integrativa al bilancio, che il credito di euro 40.000.000 verso Alyssa s.a. per la cessione dello controllata Mepal s.r.l, avvenuta il 30 giugno 2016 il cui incasso, inizialmente previsto in 3 rate, è stato rideterminato in 2 tranches di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2018 e la seconda entro il 30 giugno 2019; a fronte di tale credito, la società Gasda s.p.a., che detiene una partecipazione nella società U.S. Città di Palermo s.p.a. e in Alyssa s.a., ha rilasciato una fideiussione rendendosi irrevocabilmente garante direttamente e a prima richiesta per l'esatto e puntuale adempimento degli obblighi assunti da Alyssa s.a.;
c) nello stato patrimoniale crediti per "imposte anticipate" per un valore pari a 5.500.000,00 euro in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate; così riportando nel bilancio un patrimonio netto positivo per 15.674.204,00 euro, a fronte di un patrimonio netto reale negativo per 35.527.849,00 euro.
Quanto alle violazioni di cui ai capi di incolpazione n. 3b) e 4c) valgano le considerazioni già sopra svolte e le relative conclusioni.
Deve ritenersi accertata anche la violazione contestata sub. 3c), relativa al bilancio al 30 giugno 2016.
Dall’esame degli atti riversati in giudizio emerge come, in modo (quantomeno) imprudente ed incauto (e, dunque, comunque in contrasto con le norme federali contestate nel relativo capo di incolpazione) la società ha appostato, nel bilancio al 30 giugno 2016, alla voce "altri crediti verso l'erario", circa 3 milioni di euro come ''imposte iscritte a ruolo relative a contenziosi pendenti in commissione tributaria regionale".
Si tratta di alcune cartelle esattoriali relative ad oneri fiscali, in relazione alle quali, la società, anziché iscrivere tra i costi del conto economico il carico fiscale, ha imputato – come correttamente contestato dalla Procura Federale, «tale partita tra i crediti nella considerazione che si trattava di iscrizioni a ruolo provvisorie a fronte di contenzioni pendenti e con sentenze "parzialmente favorevoli" relative alle medesime controversie, contravvenendo in tal modo ai principi contabili in materia ed alle stesse disposizioni del codice civile, che impongono che i crediti vengano iscritti in bilancio solo quando certi, liquidi ed esigibili».
Prova ne sia, che nella redazione del bilancio al 30 giugno 2017, la società ha, di fatto, azzerato siffatta voce, giustificando (nella nota integrativa) tale “cambio di rotta” con il consistente decremento della voce crediti tributari determinato dalla decisione della società di rivedere le modalità di contabilizzazione per imposte iscritte a ruolo sui contenziosi pendenti in Commissione tributaria regionale, anche a seguito della parziale definizione delle liti fiscali pendenti nei primi mesi dell’esercizio successivo.
Le censure dell’US Palermo sono, prima ancora che prive di pregio, del tutto generiche, limitandosi – sostanzialmente – a ribadire, senza neppure specifica dimostrazione concernente tempi, esiti, quantum, ecc., né idoneo quadro riassuntivo, l’esistenza di alcuni contenziosi tributari, alcuni dei quali provvisoriamente risoltisi a favore della stessa predetta società. In ogni caso, non si tratta di mere (“al più”) violazioni delle regole di prudenza, come sostenuto dalla società deferita, ma di contabilizzazione in contrasto con quanto stabilito dai principi contabili OIC 15, che, in materia di requisiti per l’iscrizione dei crediti stabiliscono che i crediti che si originano per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi ad esempio per operazioni di finanziamento sono iscrivibili in bilancio se sussiste titolo al credito e cioè se essi rappresentano effettivamente un obbligazione di terzi verso la società.
Le obiezioni, inoltre, della reclamante società non apportano alcuna motivata specifica critica alle affermazioni del TFN, qui condivise, secondo cui esula dalla presente indagine la verifica, ex post, della sorte di quel contenzioso (peraltro, poi, conclusosi non già con esito favorevole per la società, bensì con conciliazioni e pagamenti), rilevando, invece, «la condotta materiale tenuta nel particolare momento storico, volta a neutralizzare, in bilancio, gli effetti del debito».
In relazione ai fatti oggetto dei capi di incolpazione di cui ai nn. 3a), 4a) e 4b), relativi alla vicenda c.d. Alyssa s.a. legate alle operazioni connesse al marchio, si osserva quanto segue.
Questi i fatti, come si rinvengono dall’esame della corposa documentazione acquisita al fascicolo.
Il 30 giugno 2016 (ossia, il medesimo giorno della chiusura del bilancio, la US Città di Palermo (a mezzo dei procuratore speciale) ha venduto la partecipazione nella Mepal s.r.l. ad una società anonima lussemburghese, la Alyssa s.a.
Il prezzo della cessione è stato fissato in 40.000.000,00 euro.
In forza di siffatta operazione l’US Città di Palermo s.p.a. ha riportato nel bilancio al 30 giugno 2016, nella voce proventi e oneri straordinari, una plusvalenza da alienazione pari a circa 22 milioni di euro derivanti dalla differenza di valore tra il ramo di azienda conferito nel 2014 in Mepal s.r.l. (come detto, valutato oltre 17 milioni di euro) e il prezzo di realizzo della vendita delle quote della medesima Mepal s.r.l. pagate dalla Alyssa s.a. euro 40.000.000,00.
«In occasione del Consiglio di amministrazione del 20 5 2016», si legge nel decreto di sequestro preventivo e contestuale ordinanza di rigetto della richiesta del Pubblico ministero di applicazione delle misure cautelari personali per difetto di esigenze cautelari, del Tribunale ordinario di Palermo, GIP, del 25 giugno 2018, «Zamparini aveva informato i Consiglieri di aver portato a conclusione dopo una lunga trattativa l’operazione per la cessione delle quote della Mepal s.r.l. Lo stesso aveva inoltre illustrato i seguenti vantaggi dell’operazione come risulta dal verbale del Consiglio di Amministrazione tenutosi il 20 5 2016: la disponibilità di liquidità per 40.000.000,00 euro sia pure dilazionata avrebbe conferito serenità sul piano finanziario alla gestione; la plusvalenza di oltre 20.000.000,00 euro avrebbe permesso di chiudere in utile l’esercizio al 30 6 2016; la Alyssa s.a. operava sul piano internazionale e quindi era avvantaggiata nell attività di merchandising dei prodotti con marchio Palermo Calcio; la Alyssa s.a. avrebbe potuto garantire la realizzazione del centro sportivo di Carini disponendo delle necessarie risorse finanziarie e di capacità di credito.
L’operazione di cessione della società Mepal s.r.l. è stata descritta con le medesime considerazioni nel fascicolo di bilancio dell’esercizio chiuso al 30 6 2016.
In particolare nella relazione sulla gestione e nella relazione di revisione è stato riportato che a fine stagione la socieà ha ceduto l’intera partecipazione detenuta nella società Mepal s.r.l. per l’importo di Euro 40 000 000 e realizzando una plusvalenza di Euro 21.946.336. L’acquirente è una società che opera nel campo internazionale con maggiori possibilità di raggiungere i sostenitori e i tifosi della squadra anche all estero ed è dotata di mezzi finanziari tali da poter anche realizzare il centro sportivo di Carini.
Nella sezione immobilizzazioni finanziarie partecipazioni della nota integrativa è stato aggiunto inoltre che anche se gli incassi saranno dilazionati ciò ha permesso di dotare il Palermo Calcio di mezzi finanziari per la gestione corrente o eventualmente anche straordinaria».
Il 30 giugno 2016, vista la cessione di quote, l’US Città di Palermo ha stornato dal bilancio la partecipazione nella Mepal s.r.l. per un valore pari a 18 milioni di euro, così riportando contestualmente il credito vantato nei confronti della Alyssa s.a. a pari (ossia, 40 milioni di euro). La differenza tra i due valori, pari a circa 22 milioni, veniva dunque a costituire una plusvalenza riportata nel conto economico del bilancio.
Da numerosi elementi in atti deve, tuttavia, ritenersi che il credito verso Alyssa s.a appostato nel bilancio al 30 giugno 2016 (approvato in data 8 novembre 2016), sia in realtà un credito insussistente e che, comunque, si tratti di una operazione simulata meramente finanziaria, volta, di fatto, a coprire perdite di bilancio e, verosimilmente, ad evitare che il sig. Zamparini, presidente del consiglio di amministrazione ed anche socio, dovesse sostenere gli oneri di ricapitalizzazione imposti dal codice civile.
Numerosi, come si diceva, gli elementi che conducono il Collegio ad un tale convincimento:
- Alyssa s.a. e Mepal s.r.l. sono di fatto riconducibili e, comunque, riferibili allo stesso Maurizio Zamparini;
- l’amministratore unico della Mepal s.r.l. è il sig. Paolo Diego Zamparini (figlio di Maurizio);
- sebbene abbia ceduto la MEPAL s.r.l., l’US città di Palermo risulta abbia continuato ad erogare finanziamenti alla stessa, anche per importi consistenti (al sostanziale fine di corrispondere i canoni del leasing contratto con la Locato leasing Unicredit);
- alquanto “anomale” (anche considerate le ingenti somme in rilievo) le pattuizioni relative ai tempi ed alle modalità di pagamento (più rate entro il 30 giugno 2019 e salve proroghe), nonché la mancata previsione, ab origine, di idonea garanzia fideiussoria o di altro tipo;
- sebbene gli effetti economici e giuridici del contratto di cessione decorrano dal giorno stesso della stipula, non era prevista, come detto, alcuna garanzia del pagamento del corrispettivo e né, sotto tale profilo, rilievo alcuno assume, a supporto della tesi difensiva e di una diversa ricostruzione della vicenda, la predisposizione (verosimilmente, ad hoc, peraltro) di successive garanzie pignoratizie e fideiussorie (senza considerare che, quest'ultima risulta rilasciata dalla capogruppo Gasda s.p.a., a sua volta titolare di debiti non irrilevanti ed anche gravata da diversi pignoramenti), peraltro, prive di data certa e di dubbia esperibilità;
- ad oggi ancora il credito non risulta saldato;
- anche dalle intercettazioni effettuate e come si ricava dalla ordinanza del GIP di Palermo del 25 Giugno 2018 (si ribadisce che dalle predette intercettazioni e ordinanza questo Collegio intende trarre soltanto elementi, circostanze e fatti e non già assumere le connesse valutazioni relative ad un giudizio, non solo cautelare, ma anche legato ad un più ampio processo ancora pendente e, comunque, autonomo, indipendente e diverso dal presente):
*Alyssa s.a. non aveva a disposizione il denaro per effettuare il pagamento pattuito;
* per siffatta ragione Maurizio Zamparini, tramite un consulente svizzero, faceva ricorso al credito bancario per ottenere un finanziamento di 4.000.000,00 euro;
*sono registrate le seguenti operazioni finanziarie: Zamparini trasferisce 1,7 milioni di euro da un conto svizzero intestato alla figlia Greta su un conto intestato alla STD, acceso presso banca LGT, nell'ambito del quale la società vantava un fido di euro 2.578.400,00; Zamparini ottiene, poi, l'estensione del fido, di cui si avvaleva per arrivare all’importo di 4 milioni di euro; effettuava, quindi, un bonifico in favore della Kalika s.a. per 4 milioni di euro; effettuava altro bonifico (importo, 4 milioni di euro) in favore della Alyssa s.a. a titolo di finanziamento; Alyssa s.a. effettuava il pagamento di 4 milioni di euro in favore della U.S. Città di Palermo s.p.a.; il resto dovuto a titolo di prima rata non veniva pagato con denaro liquido, ma mediante appostazione in contabilità, in compensazione, di un credito di euro 7.500.000,00 vantato dalla STD verso la U.S. Città di Palermo s.p.a., dalla prima ceduto ad Alyssa s.a.;
- dalla intercettazione telefonica tra Zamparini e B.A. (proqressivo n: 44889 Data: 15/01/2018 Ora: 09:03:32) emerge che Zamparini dice ad A. che deve preparare subito C., che è con Morosi, immediatamente, perché c'è da fare il bonifico di 4 milioni, da Zamparini alla Kalika, dalla Kalika alla Alyssa, e dalla Alyssa al Palermo. A. annuisce;
- Alyssa s.a. non sembra avere adeguate strutture societarie e capacità finanziarie;
- «dall’esame della documentazione trasmessa dalle autorità lussemburghesi alla Guardia di Finanza e in particolare dai bilanci 2015 e 2016 si ricava oltre al debito da 40 000 000 00 euro verso la U S Città di Palermo s p a che la società ha all’attivo solamente la partecipazione nella Mepal s r l; che l’attivo circolante è pari a zero; che il patrimonio netto è negativo per decine di migliaia di euro; in altri termini la società è di fatto inattiva perchè incapace di conseguire il proprio oggetto sociale» (decreto di sequestro preventivo e contestuale ordinanza di rigetto della richiesta del Pubblico ministero di applicazione delle misure cautelari personali per difetto di esigenze cautelari, del Tribunale ordinario di Palermo, GIP, del 25 giugno 2018);
- in una e mail inviata il 9 marzo 2017, alle ore 14.43, dalla segretaria a Maurizio Zamparini si trae conferma del fatto che il capitale sociale della Alyssa s.a. (euro 31 mila) sia interamente posseduto dalla società di diritto lussemburghese Kalika s.a., di proprietà dello stesso Maurizio Zamparini e della di lui moglie;
- in altra e mail dd. 11 maggio 2017, inviata dallo studio Morosi, anche a firma del sig. Anastasio, si descrivono diverse ipotesi di riacquisizione, da parte della US Città di Palermo s.p.a., delle quote della Mepal s.r.l.;
- in un documento rinvenuto in sede di perquisizione dell’A.G. presso lo studio del sig. Morosi, apparentemente datato 24 giugno 2016, è stato annotato, «dopo una breve premessa sul patrimonio netto della Mepal s r l e sul valore di carico della stessa nel bilancio della società calcistica che la perdita del Palermo ipotizzata al 30 6 2016 è di 19 milioni per cui si potrebbe cedere la partecipazione a 40 milioni chiudendo il bilancio con un leggero utile. Tale formula che difficilmente ammette interpretazioni divergenti rivela chiaramente lo scopo dell operazione economica effettuata ovverosia la copertura della perdita patrimoniale nonchè le sue modalità di attuazione consistenti nella cessione della partecipazione a un valore idoneo a coprire la perdita quale appunto i 40 milioni di euro. Infatti se il valore fosse stato inferiore la società avrebbe comunque chiuso il bilancio in perdita. La nota prosegue inoltre con “perché l’operazione permetta anche di evitare il problema del bilancio consolidato occorre che il soggetto acquirente non sia riconducibile a Lei diversamente le norme federali comportano l’obbligo del consolidato con la società acquirente o la sua capo gruppo”» (cfr. decreto di sequestro preventivo e contestuale ordinanza di rigetto della richiesta del Pubblico ministero di applicazione delle misure cautelari personali per difetto di esigenze cautelari, del Tribunale ordinario di Palermo, GIP, del 25 giugno 2018).
Delle effettive ragioni dell’operazione di cui trattasi si ha contezza anche da alcune captazioni. Così, ad esempio, in data 8-9 maggio 2017, tra il signor Maurizio Zamparini ed il signor A. B., nella quale è atto che: “Mepal e Alyssa non sono niente altro che operazioni finanziarie permesse dalla legge italiana per ottimizzare il bilancio, stop, chiuso, siccome Gamil è nel settore ha trovato la parola giusta: questa è ottimizzazione finanziaria ... ma finanziaria vuol dire di bilancio non di soldi ... Una operazione che ha scritto Gamil di efficienza amministrativa secondo le leggi e dal punto di vista patrimoniale non conta un c…”.
Ed ancora (progressivo n: 47954 Data: 21/03/2018 Ora: 17:26:36): Zamparini dice a Giammarva che “... la Alyssa è pronta a rimettere dentro, ti dirò di più, ti dirò di più, che la Alyssa molto probabilmente sta comprando in questo momento eheheh dal leasing il marchio e per cui, ritornerà al Palermo e senza debito (inc) e ne niente, hai capito? ...". [17:27:46] Zamparini afferma "... le operazioni che come quelle della Alyssa, sono operazioni che facciamo del calcio, per dare la possibilità al club di rifinanziarsi, di andare, da fare. Una volta le facevano con le plusvalenze sui giocatori, hai capito? [Giammarva: certo] Noi non facciamo cose fittizie, il marchio vale, punto ...".
Lo stesso deferito – appellante – sig. Giovanni Giammarva, già presidente della U.S. Città di Palermo (periodo 8 novembre 2017 a - 8 agosto 2018), sebbene decideva di non rispondere alle domande degli inquirenti federali, dichiarava di essere a conoscenza delle modalità attraverso cui Alyssa aveva provveduto a versare nelle casse della società una parte del debito, precisando, poi, che prima delle proprie dimissioni (luglio 2018) aveva firmato una lettera inviata, a mezzo raccomandata, alla società Alyssa s.a. attraverso cui sollecitava il pagamento del debito residuo con l'intimazione che in caso di mancata ottemperanza la società avrebbe avviato le procedure di recupero.
Insomma, deve ritenersi accertata, per quanto concerne le finalità del presente giudizio, la natura di strumentale preordinazione (a scopi meramente contabili di “ottimizzazione” del bilancio) della operazione “Alyssa”, con evidente grave violazione dei principi di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS, anche in relazione all’art. 84 NOIF.
Del resto, grazie a siffatta alienazione, avvenuta (altra circostanza significativa) lo stesso giorno di chiusura del bilancio di cui trattasi, la società US Palermo ha potuto iscrivere utili ed evitare una perdita per una cifra sostanzialmente coincidente a quella della plusvalenza di cui si è detto, con un patrimonio netto negativo pari a 10.286.860,00 euro che avrebbe comportato un azzeramento del capitale sociale e, dunque, un obbligo di ricapitalizzazione.
Se ne ricava, con ogni evidenza e con ragionevole certezza, secondo lo standard probatorio di cui si è detto in premessa, proprio del presente giudizio disciplinare – sportivo, cha la ragione effettiva della cessione delle quote e dell’immediato insorgere del credito è da ricercarsi nelle suddette esigenze (di “bilancio”) di Zamparini ed US Città di Palermo s.p.a.
Tale giudizio non può, in alcun modo, essere scalfito dalle argomentazioni difensive svolte dalla società US Città di Palermo s.p.a., secondo cui «tale tipo di operazione è stata “importata” nella serie A dalla metà degli anni duemila con operazioni il cui valore contabile ha superato i 600 milioni di euro». Anche a voler ritenere l’assunto, non può certo scriminare od elidere la responsabilità della società Palermo il fatto che anologhe o simili operazioni siano state eventualmente poste in essere da altre società (la reclamante cita ad esempio Milan, Inter, Reggina, Brescia, Sampdoria, Lazio, Roma, Hellas Verona). Peraltro, a tal riguardo, questa Corte condivide le considerazioni, che fa proprie, del GIP del Tribunale di Palermo, che, nel decreto-ordinanza del 25 giugno 2018, ha tra l’altro cura di osservare:
«La circostanza sottolineata pure dal Tribunale fallimentare che la CoViSoC abbia negli anni valutato con una certa indulgenza i bilanci di alcune società professionistiche che hanno fatto ricorso alla pratica di cedere il marchio a società consorelle accordando di fatto delle ricapitalizzazioni parziali non fa venir meno evidentemente la rilevanza penale della condotta in esame tenuto conto della decisiva importanza che la plusvalenza dall’apparente alienazione ad Alyssa assume per la complessiva tenuta dei conti della US Città di Palermo senza la quale il patrimonio della società sarebbe azzerato».
Lo stesso dicasi per la sentenza della Corte di Cassazione n. 21780 del 2019, depositata il 17 maggio 2019, invocata dal collegio difensivo a supporto del proprio assunto in ordine alla reale natura di concreta operazione finanziaria della vicenda “Alyssa” e della esistenza del relativo credito. Segnatamente, la Suprema Corte sembra ritenere corretto quanto affermato dal Tribunale fallimentare di Palermo in ordine alla insussistenza di obiettivi elementi per ritenere che l’operazione sia fittizia, essendo stata, la stessa medesima operazione, «articolata sul pagamento di una prima tranche di 4 milioni di euro del debito, e sulla assunzione di una personale garanzia fideiussoria di Maurizio Zamparini che lo esponeva realmente alle pretese dei creditori della US Palermo».
Ora, è a dirsi, anzitutto, che, in senso diamentralmente contrario, la stessa Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza depositata appena qualche giorno dopo (27 maggio 2019) afferma: «Anche il terzo motivo di doglianza, riferito all’iscrizione nei bilanci 2016 e 2017 di un credito di 40 milioni di euro nei confronti di Alyssa s.a., conseguente alla cessione della partecipazione nella Mepal s.p.a., è infondato. Il Tribunale fornisce una motivazione pienamente logica e coerente, laddove evidenzia che il carattere di artificio contabile di tale appostazione si desume dall’assoluta sproporzione tra il valore della partecipazione e il corrispettivo pattuito. Con ampia e analitica motivazione, si sottolinea che, nelle conversazioni intercettate, si manifesta in modo chiaro la natura fittizia dell’operazione, compiuta strumentalmente per mettere i conti in ordine, dissimulando la reale situazione economico- patrimoniale della società.
Del resto, l’acquirente è riconducibile allo stesso Zamparini e, come sostanzialmente ammesso dalla difesa anche con il ricorso per cassazione, non ha pagato la cifra pattuita, ma una cifra di molto minore (4 milioni di euro direttamente, euro 7.500.000 mediante accollo di un debito, euro 5.700.000 di nuovo direttamente), non esistendo in natura, neanche in un ipotetico futuro, la capienza necessario nelle casse della stessa Alyssa, società di comodo sostanzialmente non operativa (pagg. 43 – 48 dell’ordinanza)».
In ogni caso, in disparte quanto sopra, valga, a tal riguardo, quanto già in precedenza osservato in relazione all’autonomia di giudizio propria del presente procedimento disciplinare-sportivo ed alle considerazioni svolte a proposito delle specifiche finalità e modalità proprie degli accertamenti svolti in sede cautelare - penale, nonché – ad ogni buon conto – la circostanza che il convincimento di questo Collegio si è formato non già (e, comunque, non solo e non tanto) sulla base di quanto affermato nei diversi provvedimenti giudiziari invocati dalle diverse parti del presente giudizio, bensì in considerazione dei numerosi fatti ed elementi probatori sopra in sintesi rappresentati e valutati alla luce del ricordato standard probatorio applicabile in questa sede giustiziale.
Per inciso, sotto tale profilo, occorre anche evidenziare come sia priva di pregio la tesi agitata da alcune delle difese in atti e/o in dibattimento in ordine alla prevalenza degli accertamenti compiuti dal Tribunale fallimentare di Palermo rispetto quelli effettuati dagli inquirenti o contenuti in provvedimenti giudiziari assunti nelle diverse sedi cautelari, anche considerato che, in primo luogo, non sono in rilievo, nel presente giudizio disciplinare-sportivo, fatti e contestazioni riferibili allo stato di insolvenza della società US Città di Palermo s.p.a. e, comunque, poiché – come anche correttamente affermato dai Giudici di prime cure - «a prescindere dalle attuali vicende societarie e dalle evoluzioni delle stesse, l’esame delle condotte non può che essere riferito al momento storico in cui si sono verificati i fatti ed al contesto in cui gli stessi sono stati posti in essere […]» (così l’impugnata decisione del TFN, pag. 17).
Con il capo di incolpazione n. 5 di cui all’atto di deferimento è stata contestata al sig. Maurizio Zamparini e, ex art. 4, comma 1, CGS, alla US Città di Palermo s.p.a., la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme federali in materia di contabilità e bilancio, di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS, all’art. 8, comma 4, CGS e all'art. 85 NOIF, nonché della disposizione di cui all'art. 2638, commi 1 e 2, c.c., per avere esposto alla Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche, al fine di ostacolarne l'esercizio delle funzioni di vigilanza, fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e patrimoniale della società e, in particolare:
b) al fine di ottenere la ammissione al campionato di serie A, s.s. 2016/2017, nel periodo dal 16.11.2015 al 28.6.2016, inviato il bilancio al 30.6.2015 e atti corredati riportanti i medesimi dati ivi contenuti, documenti contenenti i fatti materiali non rispondenti al vero di cui ai capi precedenti;
c) al fine di ottenere la ammissione al campionato di Serie B, s.s. 2017/2018, nel periodo dal 18.11.2016 al 23.6.2017, inviato il bilancio al 30.6.2016 e atti corredati riportanti i medesimi dati ivi contenuti, documenti contenenti fatti materiali non rispondenti al vero e, altresì, occultato una situazione di perdita di capitale societario rilevante ex art 2447 c.c., che, nella prospettazione accusatoria, avrebbe, appunto, impedito l'iscrizione ai campionati di calcio.
Con il capo di incolpazione di cui al n. 6 dell’atto di deferimento i sigg.ri Maurizio Zamparini ed Anastasio Morosi, unitamente, ex art. 4, commi 1 e 2, CGS, ad US Città di Palermo s.p.a., sono stati chiamati a rispondere delle violazioni dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all'art. 1 bis, comma 1, e art. 8 CGS, della violazione dell'art. 85 delle NOIF e della disposizione di cui all'art. 2638, commi 1 e 2, c.c, per avere comunicato alla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio professionistiche fatti materiali non rispondenti al vero, al fine di ostacolare il controllo della predetta Commissione sull'equilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società.
L’esame delle incolpazione di cui ai capi 5 e 6 del deferimento può essere condotto unitariamente.
La Corte ritiene fondate le contestazioni di cui trattasi, con la sola eccezione di cui si dirà in seguito quanto alle ripercussioni delle relative predette medesime condotte sulla iscrizione ai campionati.
Dalla corposa documentazione acquisita agli atti del processo e, segnatamente, dalle dichiarazioni rilasciate dal sig. Casamassima, segretario della Co.Vi.So.C., nonché dalla corrispondenza intercorsa tra il predetto organo di vigilanza e controllo e la società U.S. Città di Palermo s.p.a. appare evidente come le informazioni da questa fornite risultino, in parte errate e fuorvianti, in parte elusive, in parte non trasparenti e, comunque, volte a dissimulare una situazione patrimoniale e/o economico- finanziaria diversa da quella effettiva.
Il sig. Casamassima, sentito dai militari della Guardia di Finanza, il 23 dicembre 2017, ha riferito che le società professionistiche devono rispettare determinati adempimenti, in termini prefissati e inderogabili, al fine di conseguire l’ammissione al campionato di calcio professionistico, precisando che il Manuale licenze nazionali prevede ulteriori oneri che riguardano anche l’assolvimento dei debiti tributari, il pagamento dei debiti per trasferimenti internazionali dovuti a società affiliate a federazioni estere, il pagamento degli emolumenti (e dei relativi contributi assicurativo-previdenziali) dovuti ai tesserati riferiti a mensilità successive a quelle oggetto del controllo periodico, la verifica del rispetto della misura minima dell indicatore di liquidità e del parametro P/A, l’avvenuto superamento delle condizioni di sottocapitalizzazione di cui all’art 2447 c.c.
Ripetute, poi, richieste di chiarimenti e documenti da parte della Co.Vi.So.C., nonché le numerose ispezioni disposte dagli organi di controllo (che, peraltro, per inciso, avrebbero potuto forse tradursi in iniziative più incisive volte a scongiurare la reiterazione di condotte poco trasparenti ed a verificare l’effettiva consistenza dello stato patrimoniale della società Palermo, anche per le connesse ripercussioni sulla esigenza di garantire la regolarità del campionato cui la predetta società partecipava).
Riprova delle violazioni di cui trattasi, inoltre, si trae dai numerosi elementi acquisiti dall’Autorità giudiziaria ordinaria, come riversati agli atti del presente giudizio.
Come anche ben sintetizzato nel più volte ricordato decreto-ordinanza GIP Palermo del 25 giugno 2018, la U.S. Città di Palermo, per l’iscrizione ai campionati 2016/17 in avanti, «ha sempre prodotto all’organismo di vigilanza i bilanci contenenti le falsità di cui si è detto nel capitolo I della presente richiesta e tutta la documentazione a corredo espressamente richiesta dalla Co Vi So C inclusa quella indicante i parametri dell equilibrio economico patrimoniale della società, è stata elaborata facendo riferimento a quei bilanci; si veda l’informativa di p.g. del 23 1 2018.
Altre falsità sono poi state commesse in relazione alle verifiche della Co Vi So C sull’operazione concernente la vendita delle quote del capitale sociale della Mepal s r l alla Alyssa s a; il Casamassima ha precisato che già nel novembre 2016 erano stati richiesti all U S Città di Palermo s p a dettagli circa la citata operazione e in particolare era stata richiesta precisazione circa l’effettiva consistenza contabile del credito e le tempistiche dell’incasso dello stesso. Al riguardo le risposte fornite dalla società calcistica non sono risultate totalmente esaustive».
Anche dalle intercettazioni si ricavano utili elementi ai fini del convincimento di questo Collegio.
Il 24 ottobre 2017 la Co.Vi.So.C. apre una nuova ispezione in ordine alla quale viene stata intercettata (il 12 ottobre 2017) una telefonata tra Maurizio Zamparini e A.B. (R I T 1669 Linea 9682 Utenza intercettata 3492935091 in uso a ZAMPARINI Maurizio): A. dice a Zamparini che stava parlando con Morosi per quanto riguarda l approvazione del bilancio del Palermo Calcio e adesso glielo passerà; dice che le ha portato i libri sociali e che siccome il 24 a Palermo ci sarà la Co.Vi.So.C., ma Zamparini non ci sarà, li manderà tramite corriere a L. che glieli farà firmare e li spedirà direttamente a Palermo. Poi gli passa Morosi il quale gli dice che il 24 la Co.Vi.So.C. ha richiesto la presenza di un sindaco e Morosi propone di mandare il ragazzo che era stato proposto da P. a F. e dice di fare il consiglio di approvazione successivamente anche il 25 in modo da non dover dare loro i documenti e propone di fare l’assemblea per l approvazione il 30 e nell’occasione dovrebbero nominare il terzo consigliere. Zamparini si mostra d’accordo dice di avere il consigliere e chiede se si deve nominare il presidente e Morosi dice di si che finchè ci sono stati due consiglieri poteva non esserci ma con il terzo si».
Così, riassuntivamente, si esprime il GIP di Palermo nella sua ordinanza 25 giugno 2018: «La disamina critica del compendio accusatorio costituito da documenti intercettazioni e dalle sommarie informazioni di Casamassima Giuseppe segretario della CoViSoC consente di integrare a carico degli indagati un grave quadro indiziario in ordine ai delitti di cui all’art 2638 commi 1 e 2 c c quanto meno in riferimento ai bilanci 2016 e 2017 gli unici per i quali è possibile sostenere con elevato grado di ragionevolezza che l’esposizione delle false appostazioni contabili e segnatamente della plusvalenza da cessione era altresì finalisticamente orientata ad ostacolare la funzione di vigilanza ed ottenere l’iscrizione al campionato di calcio pur in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale».
È utile anche ricordare come la Corte di Cassazione (sez. V penale, 31 ottobre 2014, n 10108) abbia avuto modo di affermare che «integra il delitto di ostacolo all esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza la dolosa omissione da parte del presidente di una società di calcio professionistica di fornire informazioni obbligatorie alla Federazione Italiana Gioco Calcio - FIGC posto che a questa è riconosciuta la titolarità di un potere ispettivo e di controllo di rilevanza pubblicistica attinente alla regolarità della gestione delle società professionistiche di calcio».
Ed allora, riassuntivamente, possono ritenersi fondate le contestazioni mosse dalla Procura Federale, per quanto qui rileva, al sig. Morosi ed alla società US Città di Palermo s.p.a., di cui al capo di incolpazione n. 6 del deferimento, ma non anche quelle di cui al capo 5B e 5C (il 5A era già stato escluso dal Tribunale Federale).
Occorre, a tal riguardo, ricordare la lettera delle disposizioni di cui all’art. 8, commi da 1 a 4, CGS. La norma, rubricata “Violazioni in materia gestionale ed economica”, così recita:
«1. Costituiscono illecito amministrativo la mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, dei documenti richiesti dagli Organi della giustizia sportiva, dalla CoViSoC e dagli altri organi di controllo della FIGC, nonché dagli organismi competenti in relazione al rilascio delle licenze UEFA e FIGC, ovvero il fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali.
2. Costituiscono altresì illecito amministrativo i comportamenti comunque diretti a eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica, nonché la mancata esecuzione delle decisioni degli organi federali competenti in materia.
3. Salva l’applicazione delle più gravi sanzioni previste dalle norme in materia di licenze UEFA o da altre norme speciali, nonché delle più gravi sanzioni che possano essere irrogate per gli altri fatti previsti dal presente articolo, la società che commette i fatti di cui ai commi 1 e 2 è punibile con la sanzione dell’ammenda con diffida.
4. La società che, mediante falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi ovvero mediante qualsiasi altra attività illecita o elusiva, tenta di ottenere od ottenga l'iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa sulla base delle disposizioni vigenti, è punita con una delle sanzioni previste dalle lettere g), h), i), l) dell’art. 18, comma 1».
Ora, a tal proposito, questa Corte ha già avuto occasione di affermare quanto segue:
«Preliminarmente all’esame delle concrete fattispecie sottoposte all’esame di questo Collegio, occorre ricordare che il principio nullum crimen, nulla poena sine lege costituisce un principio di civiltà giuridica che non solo permea la Carta costituzionale ma costituisce valore di civiltà immanente in tutto l’ordinamento giuridico – ivi compreso quello sportivo – con riferimento non solo alle disposizioni penali ma a tutte quelle lato sensu sanzionatorie.
In particolare, tale principio impone che la fattispecie che descrive la condotta proibita sia formulata con sufficiente chiarezza (c.d. principio di tassatività), atteso che la conoscenza (o conoscibilità) piena e puntuale degli elementi costituivi della condotta sanzionata costituisce condizione necessaria per il sorgere della responsabilità personale in capo all’autore dell’illecito.
Alla luce di tali principi, può facilmente evidenziarsi come le fattispecie descritte dai commi 1 e 2 del citato art. 8, CGS, differiscano in modo netto da quella di cui al successivo comma 4.
Infatti, mentre nel primo caso la violazione delle norme contabili è punita in quanto tale, nel secondo caso tale violazione è punita solo laddove i dati contabili alterati abbiano permesso l’iscrizione - altrimenti non possibile - al campionato.
Ne consegue che, ai fini della contestazione della violazione del suddetto art. 8, comma 1 e 2, CGS, è sufficiente la prova dell’alterazione dei dati contabili o di altro comportamento idoneo ad eludere la normativa federale in materia gestionale o economica, senza alcuna necessità di precisa quantificazione dell’importo alterato.
Nell’ipotesi di cui al citato comma 4 del medesimo art. 8, invece, occorre non solo la prova dell’alterazione dei dati contabili ma anche l’esatta quantificazione dell’importo illecitamente alterato, così da dimostrare che, in assenza di tale alterazione, sarebbe stata preclusa alla società autrice dell’illecito l’iscrizione al campionato» (Corte Federale d’Appello, Com. Uff. n. 043 del 5 novembre 2018).
Da quanto sopra deriva che, data la differenza di contenuti tra le due fattispecie, dall’accertamento della violazione della prima (art. 8, commi 1 e 2) non può sic et simpliciter arguirsi la prova della violazione della seconda (art. 8, comma 4)
Ora, come si è già sopra evidenziato ed affermato, numerose sono le condotte poste in essere, dai soggetti sopra indicati, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 8, commi 1 e 2, CGS e, in ogni caso, la complessiva gestione patrimoniale ed economico-finanziaria sottoposta all’esame di questo Collegio suscita numerose perplessità ed appare discutibile sotto diversi profili.
Come detto, dunque, e conformemente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, deve rilevarsi che tale gestione appaia senza dubbio contraria ai principi di buona e corretta amministrazione come tutelati dai citati commi 1 e 2 dell’art. 8 CGS. .
Una prudente e corretta gestione economica, conforme ai principi contabili in materia, avrebbe imposto, ben altro tipo di valutazioni ed appostazioni. Deve, dunque, ritenersi raggiunta la prova dell’avvenuta violazione del disposto dell’art. 8, commi 1 e 2, CGS, in ragione della manifesta e reiterata violazione ed elusione delle norme di prudenza e correttezza contabile come indicate non solo dalla tecnica contabile, ma anche dalle disposizioni federali.
Altrettanto, tuttavia, non può affermarsi con ragionevole serenità, quanto alla effettiva violazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 4, CGS, specificamente, appunto, contestata con i capi 5B e 5C del deferimento, attesa, come detto, la mancanza di specifica prova (e, comunque, l’assenza di certezza) in ordine all’effettivo quantum di alterazione delle appostazioni contabili di cui si è detto e, di conseguenza, in ordine alle ricadute di siffatti erronei e/o illegittimi dati di bilancio sulla iscrizione ai campionati di cui trattasi.
In altri termini, raggiunta la prova delle violazioni contestate, come sopra ricordate, ritiene questo Collegio che, in difetto di specifica determinazione degli importi oggetto delle infedeli rappresentazioni delle voci di bilancio, non possa essere – con ragionevole certezza - affermato che le stesse predette violazioni hanno effettivamente consentito, quale effetto, l’iscrizione della società US Città di Palermo al campionato di serie A, s.s. 2016/2017 ed a quello di serie B, s.s. 2017/2018.
In tal senso, peraltro, dalle analitiche deduzioni ed illustrazioni delle voci di bilancio di cui ai capi di incolpazione di cui si è detto, operate dalla difesa Zamparini, emerge come, anche atteso il particolare contesto valutativo di alcune voci di bilancio, non sia possibile escludere una ricostruzione, degli importi delle singole voci e rappresentazioni contabili, diversa da quella ritenuta dagli inquirenti. Né il reale assetto contabile risulta ancora cristallizzato in un accertamento giudiziario definitivo.
Quanto alla posizione del sig. Morosi, al di là delle singole condotte già sopra specificamente esaminate, deve rilevarsi, su un piano più generale, come la responsabilità dello stesso sia, in primo luogo, strettamente connessa alla sua funzione di presidente del collegio sindacale e, dunque, come correttamente osservato dagli inquirenti federali e di polizia giudiziaria, di destinatario dei precetti dell’ordinamento generali e di quelli dettati dall’ordinamento settoriale, di cui si è ampiamente detto.
Inoltre, il sig. Morosi, come correttamente colto dal GIP di Palermo, appare «legato a doppio filo allo Zamparini perchè oltre ad aver asservito di fatto i poteri di sindaco a qualsiasi desiderata anche illecita dell’imprenditore friuliano, è il suo commercialista di fiducia il suo stabile e privilegiato interlocutore di riferimento per qualsiasi aggiustamento ed artificio contabile in una singolare commistione di ruoli ed attribuzioni che svela un plateale conflitto di interessi. Ad esempio è il Morosi l’ideatore e l’architetto della più eclatante e spregiudicata falsificazione di bilancio asseverata dalle indagini rappresentata dalla simulata cessione ad Alyssa della partecipazione in Mepal allo scopo di creare una fittizia ed abnorme plusvalenza come si desume anche dal vademecum sequestrato presso il suo studio datato 24 giugno 2016 ed apparentemente da lui vergato e destinato allo Zamparini dal seguente contenuto testuale: “la perdita del Palermo ipotizzata al 30 6 2016 è di 19 milioni per cui si potrebbe cedere la partecipazione a 40 milioni chiudendo il bilancio con un leggero utile. Poichè l’operazione permetta anche di evitare il problema del bilancio consolidato occorre che il soggetto acquirente non sia riconducibile a Lei diversamente le norme federali comportano l’obbligo del consolidato con al società acquirente o la sua capogruppo”. Dalle intercettazioni trascritte nella memoria integrativa del 16 18 aprile 2018 si evince che la compiacente disponibilità del Morosi ad assecondare e strutturare qualsiasi operazione artificiosa per creare una rappresentazione di apparente solidità patrimoniale finanziaria ed economica della società di calcio perdura ancor oggi nonostante la cessazione a far data dal 27 luglio 2017 della carica di presidente del collegio sindacale perchè appunto connaturata più che al ruolo societario al consolidato e persistente rapporto fiduciario con lo Zamparini».
Ragioni, queste, che conducono, comunque, anche a disattendere le eccezioni difensive volte ad escludere una responsabilità del sig. Morosi in considerazione del fatto che lo stesso, al momento dell’approvazione del bilancio al 30 giugno 2017, poi, approvato, il 30 ottobre 2017) non rivestisse più la carica di presidente del Collegio sindacale, essendosi dimesso nel luglio 2017 e non ha sottoscritto alcuno dei documenti di cui al capo di incolpazione sub. n. 6.
Con il capo di incolpazione di cui al n. 7 dell’atto di deferimento, la Procura Federale ha contestato ai sigg.ri Giovanni Giammarva (in qualità di presidente del Consiglio di amministrazione della società U.S. Città di Palermo s.p.a) e Maurizio Zamparini (quale componente dello stesso predetto consiglio), nonché all’US Città di Palermo s.p.a., la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all'art. 1 bis, comma 1, all’art. 8 CGS e, inoltre, la violazione dell'art.85 NOIF e della disposizione di cui all'art. 2638, commi 1 e 2, c.c, per avere esposto alla Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e patrimoniale della società e, in particolare:
a) in data 27 febbraio 2018 il Consiglio di amministrazione procedeva all'approvazione di uno stato patrimoniale riportante dati non rispondenti al vero e, in particolare, riportante alla voce "attività immobilizzate", il credito inesistente di 40 milioni di euro della U.S. Città di Palermo s.p.a. nei confronti della Alyssa s.a.;
b) in data 27 marzo 2018 il Consiglio di amministrazione procedeva all'approvazione della Relazione semestrale sull'andamento della gestione al 31.12.2017, riportante dati non rispondenti al vero e, in particolare, riportante:
- nello "stato patrimoniale attivo": un credito inesistente di 40 milioni di euro della U.S. Città di Palermo s.p.a. nei confronti della Alyssa s.a. e un credito per imposte anticipate pari a 5.297.213 euro, falso perché appostato in violazione del principio contabile OIC 25, stante l'impossibilità di ipotizzare futuri redditi imponibili idonei a recuperare le imposte anticipate;
c) nelle date del 29 e del 31 marzo 2018 veniva inviata alla Co.Vi.So.C. la documentazione di cui ai punti precedenti insieme ad un prospetto sull'indicatore di liquidità e a un altro prospetto sul rapporto patrimonio netto contabile - attivo patrimoniale, anche questi non corrispondenti al vero perché basati sul predetto credito da 40 milioni di euro.
In relazione a quanto già più sopra evidenziato in relazione ai fatti ed alle contestazioni oggetto dei precedenti capi di incolpazione devono ritenersi accertate anche le violazioni contestate al sig. Giammarva.
I documenti e le comunicazioni dei documenti prima indicati, contenenti rappresentazioni non veritiere, dimostrano che, come condivisibilmente affermato dalla Procura Federale, «con la nomina del signor Giammarva Giovanni alla presidenza della US Città di Palermo non si era inaugurato “un nuovo corso”, quanto, invece, una volontà di continuare a “celare” lo stato delle cose.
Secondo il Pubblico Ministero, infatti: “Le false comunicazioni realizzate in occasione della chiusura del semestre vedono per la prima volta la concreta partecipazione del neo Presidente Giammarva.
Alla prima occasione utile per la commissione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede e già provvisoriamente contestati, lo stesso Giammarva non ha esitato a prestarsi ai desiderata di Zamparini, cosi non soltanto concorrendo con lui nella commissione del fatto ma, in ogni caso, anche venendo meno ai propri doveri, inderogabilmente e necessariamente connessi alla propria carica di Presidente del Consiglio di amministrazione. Emblematica è in tal senso la conversazione captata in occasione dell'assemblea "virtuale" del Consiglio di amministrazione tenutasi il 27 marzo 2018, durante la quale il Presidente del collegio sindacale Caimi aveva proposto a Maurizio Zamparini e a Giovanni Giammarva, in collegamento telefonico, l'approvazione ("bene, approviamo allora la semestrale?"), cosi ottenendo la loro positiva risposta (Zamparini: "perfetto, perfetto, approvato da parte mia, ok" e Giammarva pedissequamente: "approvato"). Nessun dubbio sussiste in ordine alla piena consapevolezza in capo a Giammarva della falsità del documento approvato.
Ed infatti, alle date del 27.2.2018 e del 27.3.2018, erano già ampiamente note le accuse mosse da questo Ufficio, data l'ostensione a Giovanni Giammarva nella qualità di rappresentante anche processuale della U.S. Città di Palermo s.p.a., della "Nota I" della consulenza tecnica del pubblico ministero, dei verbali di sommarie informazioni rese da […] e anche dei rilievi già mossi dalla stessa Co.Vi.So.C., tutti atti integralmente prodotti nell'ambito della procedura pre-fallimentare e fatti posti a supporto dell'istanza presentata da questo Ufficio ai sensi dell'art. 7 legge fallimentare.
E' di tutta evidenza che un soggetto particolarmente qualificato come il Giammarva, dottore commercialista, certamente si era reso conto della falsità del credito da 40 milioni di euro, ma nonostante questo non ha esitato ad approvare i documenti di cui sopra».
La consapevolezza in capo al sig. Giammarva, del suo stesso operato, è stata anche apprezzata dal GIP del Tribunale di Palermo, che, nella propria più volte citata ordinanza 25 giugno 2018, – ha tra l’altro – avuto modo di evidenziare come «il commercialista palermitano non sia ignaro delle pregresse falsificazioni dei dati contabili, dei più recenti sviluppi per far rientrare Mepal nel patrimonio della società di calcio (vedi "prima bozza transazione Alyssa/US Palermo" elaborata dallo staff di professionisti della società di calcio) e degli stratagemmi cui ha fatto ricorso lo Zamparini, durante la fase prefallimentare, per attribuire parvenza di effettività ad una operazione negoziale - la vendita della partecipazione in Mepal adAlyssa - geneticamente e finalisticamente fraudolenta". Infine, a prescindere da chi abbia istigato e materialmente effettuato l'invio della falsa documentazione, Giovanni Giammarva ben sapeva che la Relazione Semestrale e lo Stato Patrimoniale al 31.12.2017 sarebbero stati trasmessi alla Co.Vi.So.C, poiché tali documenti sono stati adottati proprio al fine della loro trasmissione all'Autorità di vigilanza, imposta dalle norme interne della F.I.G.C. (cosiddetto N.O.I.F.).
Non vi è quindi dubbio che il contributo causale, apportato dal Giammarva, all'inoltro delle false comunicazioni all'autorità di vigilanza è stato non solo determinante ma anche consapevole».
Anche il Tribunale per il Riesame ha avuto occasione di affermare che l’ostacolo all’attività di vigilanza e controllo della Co.Vi.So.C. (ad esempio, occultamento di notizie fondamentali quali la sostanziale riconducibilità a Zamparini di Alyssa s.a.) «si è essenzialmente realizzata attraverso la trasmissione alla predetta autorità di documenti contabili (tra cui gli stessi bilanci di esercizio e ulteriori documenti sull’andamento della gestione) contenenti l’esposizione di fatti rilevanti non rispondenti che hanno precluso alla Co.Vi.So.C l’assunzione di informazione che avrebbero potuto incidere sulle determinazioni concernenti l’iscrizione e la partecipazione ai campionati di calcio» (cfr. ordinanza n. 1208/2018 RG, pag. 48).
Il compendio probatorio utile all’affermazione della responsabilità del sig. Giammarva risulta, altresì, implementato da fonti dichiarative e rafforzato e “colorato” dalle risultanze captative dell’attività degli inquirenti palermitani.
Nel richiamare gli stralci delle conversazioni qui rilevanti riportate o ritrascritte nell’atto di deferimento, dalla Procura Federale, e nel decreto – ordinanza del 25 giugno 2018, dal GIP del Tribunale di Palermo, si evidenzia, a titolo esemplificato, l’esito di una comunicazione telefonica intercorsa tra Maurizio Zamparini e D.A., premesso che: «in data 3 maggio 2018 lo Zamparini ha formalizzato le proprie dimissioni dalla carica di consigliere delegato e rappresentante legale della società di calcio (cfr pag 2 dell annotazione di PG del 4 maggio 2018) pur continuando ad esserne proprietario esclusivo; le dimissioni, già ventilate ai primi di aprile seguono quelle rassegnate dalla moglie in data 9 aprile 2018; le deleghe operative amplissime e senza alcuna limitazione che sino a quel momento egli aveva continuato a trattenere per sè anche dopo la riorganizzazione della compagine amministrativa dell’8 novembre 2017 e la nomina del Giammarva a presidente del consiglio di amministrazione29 sono state adesso attribuite interamente a quest ultimo […]
Appena poche ore dopo la diffusione della notizia sulla stampa la D.A., manifestando perplessità e smarrimento telefonava allo Zamparini per chiedere delucidazioni questi le spiegava senza scendere nei dettagli, perchè poi ne parliamo meglio a voce, che rimarrà comunque il patron della società, che la donna dovrà redigere una relazione settimanale che trasmetterà a Giammarva il quale a sua volta la trasmetterà a lui, che lo Giammarva gli deve fare tutto e gli illustrerà tutta la situazione che lui non vuole più apparire officialmente nell’amministrazione del Palermo, perchè in questo momento qui non è opportuno perchè non hanno ancora finito di perseguitarci riferendosi evidentemente alle indagini della Procura della Repubblica» (così, pagg. 209, 210, del decreto – ordinanza GIP Tribunale di Palermo, 25 giugno 2018).
Ciò, appunto, premesso, questa la conversazione intercettata (R I T 1456 Linea 9682 Utenza intercettata 393492935091 in uso a ZAMPARlNI Maurizio):
ZAMPARINI Ciao D.
D.A. Si buonasera pres ZAMPARINI Dimmi
D.A. Scusi scusi l’ora … no è che son scesa dall’aereo e ho visto tutta la comunicazione ZAMPARINI Si ma la comunicazione ne parlerà Giammarva domani mattina con tranquillità, hai capito. Eeh io rimango il patron tu in questo momento, eh parlerai con GIAMMARVA e ne parleremo eh quando ne parliamo inc insieme ok
D.A. Mmh mmh ZAMPARINI Va bene
D.A. Ok
ZAMPARINI Lavora tranquilla
D.A. inc
ZAMPARINl La lavora tranquilla con lui perchè lui ha con me come io patron; tutte le settimane tu gli fai la relazione lui poi me la trasmetterà
D.A. Ma io eh ma io a le cioè con lei posso comunque sempre
ZAMPARINI No allora in questo momento qui poi ti spiegherò non è opportuno perchè dal punto di vista non hanno ancora finito di perseguitarci io non voglio più niente a che fare con l’amministrazione ufficialmente del Palermo, naturalmente, e GIAMMARVA mi deve fare tutto. E naturalmente tu, dandolo a Giammarva, poi Giammarva mi illustrerà tutta la situazione … io sono (inc) perchè ne parliamo a voce io e te, ok
D.A. Eh
ZAMPARINI Va bene
D.A. Ok va bene
ZAMPARINI Va bene ciao ciao
D.A. Grazie buon viaggio.
Insomma, ne emerge un ruolo di Giammarva quale sostanziale prestanome del presidente Zamparini, tanto che il GIP di Palermo ha ritenuto sussistenti «elementi significativi per ritenere altamente probabile la rinnovazione da parte dello Giammarva quale presunto prestanome e schermo gestorio dell imprenditore friulano delle condotte falsificatorie e fraudolente già riscontrate negli esercizi passati ovvero la commissione di altre ad esse correlate o funzionali».
In definitiva, ne risulta, dunque, affermata, nei termini e nella misura sopra meglio precisata, la responsabilità personale dei deferiti Morosi e Giammarva, in relazione ai rispettivi capi di incolpazione come, in questa sede, accertata e, per l’effetto, gli appelli degli stessi vanno rigettati, ad eccezione della domanda relativa al profilo sanzionatorio di cui si dirà oltre.
Occorre, peraltro, in tale prospettiva anche ricordare il costante indirizzo della legittimità «secondo cui nell’ambito del potere di valutazione delle risultanze probatorie al giudice di merito è affidata altresì la facoltà di scegliere, tra le varie quelle ritenute più attendibili ed idonee a sorreggere la motivazione, senza nemmeno alcun obbligo di esplicita confutazione degli elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti» (cfr, ex multis, ancora di recente, Cassazione, 14 maggio 2019, n. 12829).
Quanto al motivo d’appello dell’US Città di Palermo s.p.a. in ordine alla impossibilità di sanzionare la società nell’ipotesi di mancato giudizio nei confronti del suo dirigente apicale e di un accertamento della sua responsabilità, lo stesso appare infondato, sotto un duplice ordine di profili.
Anzitutto, occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, CGS «Le società rispondono direttamente dell'operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali», mentre, ai sensi del successivo comma 2, «Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5». Ne consegue che la circostanza che il presidente della società che ha agito – in maniera antidoverosa per l’ordinamento federale – per conto della stessa non sia perseguibile o concretamente punibile, per vicende legate ad aspetti procedimentali, processuali o a ragioni strettamente personali, non significa che la società medesima debba andare esente da sanzione. Proprio, appunto, perché la società risponde, in questi casi, in via propria e diretta.
La speciale architettura della giustizia sportiva, alla luce delle finalità istituzionali assegnate dall’ordinamento generale a quello settoriale sportivo e, segnatamente, federale, inducono ad affermare l'autonoma possibilità di procedere nei confronti della società a prescindere dal materiale accertamento della responsabilità, personale, dell'autore del reato (i.e. illecito) presupposto o correlato, essendo, questa, evenienza in cui è anzi più forte l'esigenza di sancire la responsabilità dell'ente.
La responsabilità diretta e quella oggettiva, nel nostro ordinamento settoriale, non si traducono in una responsabilità sussidiaria per il fatto altrui, sulla falsariga della responsabilità civile ordinaria da reato del dipendente o proposto, ovvero di quella delineata dall'art. 197 cod. penale. La società è, invece, punita per il fatto proprio, e a radicare la “personalità” della sua responsabilità, sta la necessità di poter muovere “direttamente” alla stessa un rimprovero fondato sul fatto che l’illecito contestato possa considerarsi espressione di una gestio aziendale deviante o frutto di una colpa d'organizzazione o difetto di adeguato controllo.
Per inciso ed al fine di evitare possibili letture strumentali della presente decisione, questa Corte tiene qui a ribadire, ancora una volta, come il principio della responsabilità diretta ed oggettiva costituisca un pilastro sul quale l’ordinamento federale poggia le proprie fondamenta. Come già da tempo affermato dalla giustizia sportiva la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale (e non necessariamente “processuale”) del responsabile fisico, «e non può, quindi, in nessun caso, essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori» (cfr. Corte appello federale, C.U. n. 30/c del 18 giugno 1985).
Istituto, quello della responsabilità oggettiva («esigenza di tutela dei terzi», la cui ratio è quella «di indurre le società sportive a porre in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’accadimento di certi fatti. La scelta di una simile adozione deriva da una chiara scelta politica per porre freno a determinati comportamenti che potrebbero causare seri danni all’incolumità delle persone e compromettere la regolarità dei campionati», così, ad esempio, A. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2009) è manifestazione peculiare ed insopprimibile dell’ordinamento sportivo e, ad avviso di questa Corte, ne rappresenta un architrave.
Del resto, «la fattispecie della responsabilità oggettiva, dunque, non è altro che una conseguenza dell’organizzazione della società moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali e delle c.d. attività rischiose, si preferisce utilizzare criteri di imputabilità della responsabilità che non richiedano analisi complesse, ma che rendano conoscibile a priori il soggetto che deve essere tenuto al risarcimento» (M. SANINO, Diritto sportivo, Padova, 2002, p. 445).
L’impiego, dunque, nell’ordinamento sportivo del modello della responsabilità addebitale pur in difetto del criterio di collegamento rappresentato dal dolo e dalla colpa o di quello connesso alla concreta (i.e. processuale) possibilità di perseguire e/o punire il suo autore materiale, è volto ad impedire che determinati eventi rimangano, quantomeno sotto il profilo disciplinare che qui rileva, privi di conseguenza. Nel contempo, lo stesso è diretto ad assicurare salvaguardia al perseguimento delle finalità istituzionali dello sport, in generale, e del giuoco del calcio, in particolare, garantendo la regolarità delle competizioni sportive. Si tratta, come anche osservato in dottrina, di responsabilità la cui natura esula da una dimensione meramente “punitiva”, mirando, invece, a dare giusto equilibrio ai valori che determinano il risultato sportivo (cfr. F. PAGLIARA, Ordinamento giuridico sportivo e responsabilità oggettiva, in Rivista diritto sportivo, 1989, p. 158).
In ogni caso, poi, è corretta la decisione del Tribunale con riferimento alla possibilità di accertare e dichiarare la responsabilità amministrativa degli enti anche a carico delle società sportive.
A tal riguardo – lo si rammenta – il TFN ha ritenuto «che conformemente a quanto previsto in ordine alla cd. responsabilità amministrativa degli enti, che la stessa, qualora si qualifichi come diretta, sia del tutto autonoma rispetto alla responsabilità dell’autore materiale dell’illecito e, pertanto, che l’ente debba esserne chiamato a risponderne autonomamente, previa verifica incidentale delle condotte illecite realizzate».
L’US Città di Palermo s.p.a., nel censurare siffatta decisione, ritiene che – in difetto di disciplina da parte dell’ordinamento sportivo – non possa essere applicata, alla fattispecie, la normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti (richiama, a tal proposito, l’art.2 CGS, secondo cui, “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile…”». La mancata partecipazione al processo disciplinare da parte del sig. Zamparini genera quindi gli effetti previsti dall’art. 102 c.p.c., a mente del quale “se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo».
Del resto, a dire dell’US Palermo, si tratterebbe di una «anticipazione del giudizio di merito nei confronti di un soggetto che rimane estraneo al procedimento in cui viene sanzionato, senza alcuna possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa».
In ogni caso, secondo il Palermo non ricorrerebbero i presupposti per applicare l’art. 5 del decreto legislativo n. 231/2001, che prevede che l’ente è responsabile “per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”: circostanza, questa, che non sarebbe rinvenibile nel caso di specie, atteso che quando le condotte sono state realizzate, la proprietà della US Città di Palermo sp.a. «era costituita per il 99,9% proprio dal sig. Maurizio Zamparini e per 0,1% dalla società Gasda (cfr allegato 13-816pf18-19) costituita da soggetti riconducibili al nucleo familiare del medesimo, ovvero moglie e figli». Sarebbe, dunque, ovvio, secondo la società palermitana, che «gli eventuali “benefici” conseguenziali alla condotta rilevante ai sensi del d.lgs. 231, del soggetto agente (Maurizio Zamparini) non abbiano generato alcun vantaggio in favore della società deferita proprio perchè realizzate “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”».
Il reclamo è sul punto infondato.
Recita l’art. 5 del richiamato decreto:
«1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi».
Precisa, poi, il successivo art. 8:
«1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando:
a) l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;
b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.
2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione.
3. L'ente può rinunciare all'amnistia».
Occorre, anzitutto, osservare come la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 231/2001 si applichi agli enti forniti di personalità giuridica e alle società, quale che sia la forma della sua costituzione e quale che sia l’attività svolta ed il suo oggetto sociale. Non vi è dubbio, dunque, che anche la società U.S. Città di Palermo s.p.a. è destinataria delle norme di cui trattasi e che, nel caso di accertamento di una tale responsabilità, ne debba essere chiamata a rispondere anche nell’ambito dell’ordinamento sportivo, che, peraltro, non esclude l’ipotesi della responsabilità delle società per fatti connessi all’organizzazione gestionale e finanziaria.
La responsabilità (dell’ente) disegnata dal corpo normativo di cui trattasi è autonoma (e si aggiunge) rispetto alla responsabilità penale dell’agente.
La responsabilità degli enti è configurata come derivante da fatto proprio degli stessi, dipendente da uno dei reati specificamente previsti nel catalogo normativo (cfr. Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343).
Danno luogo a responsabilità dell'ente i reati commessi, nel suo interesse o a suo vantaggio, da chi riveste posizione apicale di rappresentanza, amministrazione o direzione, anche di unità organizzativa dotata di autonomia, o da persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti apicali. La dottrina ha precisato che l’interesse ricorre quando chi agisce lo fa con l’intenzione di procurare un arricchimento all’ente, mentre il vantaggio ricorre quando, dalla commissione del reato, l’ente consegua un effettivo beneficio.
La responsabilità si fonda su una colpa di organizzazione, in senso normativo, correlata ai reati specificamente previsti (cfr. Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343). Il sistema nel suo complesso, come posto in luce anche dalla dottrina, si basa, dunque, sulla concreta riconducibilità del fatto alla sfera di operatività e interesse dell'ente e ad un profilo di immedesimazione della responsabilità.
La responsabilità di cui trattasi può essere contestata all’ente societario qualora si sia in presenza di un fatto-reato che rientra nell’elenco di cui agli art. 24 e seguenti dello stesso decreto. Tra questi, anche i reati societari (tra cui, false comunicazioni sociali).
L’impianto normativo di cui qui è cenno ha, dunque, consentito il superamento del (vecchio) principio della esclusione della responsabilità diretta delle persone giuridiche (“societas delinquere non potest”).
Quanto, poi, alla eccezione svolta dalla società Palermo, secondo cui non può essere celebrato il processo a suo carico, senza che sia presente e punibile anche l’agente, è possibile ricordare come la stessa Corte di Cassazione, sez. III penale, 17 novembre 2017, n. 9072 ha avuto modo di affermare che, «anche nelle ipotesi di prescrizione del reato, l'accertamento della responsabilità dell'ente deve effettuarsi, sia pure con accertamento della sussistenza del reato: "In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato" (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013 - dep. 17/05/2013, Barla e altri, Rv. 25536901)».
Secondo Cassazione, sez. I penale, 2 luglio 2015, n.35818, «ai sensi dell’art. 8 d.lg. n. 231 del 2001, la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non sia stato identificato o non sia imputabile e, pertanto, anche nel caso in cui la persona fisica cui era stata attribuita la responsabilità del reato presupposto venga assolta per non aver commesso il fatto».
«In tema di responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, in caso di prescrizione del reato presupposto commesso dall'amministratore, il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito è stato commesso, senza prescindere però da una verifica quantomeno incidentale della sussistenza del fatto reato» (Cassazione, sez. II penale, 19 ottobre 2018, n.52470).
Insomma, il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso, anche considerato che la pratica o giuridica attribuibilità del reato al suo autore materiale non incide sulla natura e sull'ampiezza dell'accertamento incidentale in ordine all'esistenza dello stesso demandato al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla sola responsabilità dell'ente sociale, nè risulta incidere sull'esercizio del diritto di difesa di questo, che, lungi dal risultarne menomato, ne è semmai agevolato.
Con riferimento alla eccezione dell’US Palermo secondo cui il sig. Zamparini avrebbe, comunque, agito nel proprio interesse, visto che le quote societarie erano riferibili all’ambito suo e della propria famiglia, è possibile osservare, anzitutto, come il vantaggio dell’illecito contestato sia, comunque, andato a favore di soggetto giuridico (appunto, l’US Città di Palermo s.p.a.) diverso e distinto dall’agente Maurizio Zamparini e, ad ogni buon conto, come la responsabilità dell’ente sussista anche qualora l'autore del reato presupposto abbia agito per un interesse prevalentemente proprio (cfr. Cassazione, sez. VI penale, 25 settembre 2018, n. 54640).
E' stato al riguardo affermato che la lettera della disposizione di cui all’art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2001, non configura un'endiadi ma individua criteri alternativi e concorrenti tra loro, «in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post", sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito» (Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343).
Negli stessi termini Cassazione, sez. II penale, 27 settembre 2016, n.52316: «in tema di responsabilità amministrativa degli enti, l'articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, che ne individua il presupposto nella commissione dei reati "nel suo interesse o a suo vantaggio ", non contiene un'endiadi, perché i predetti termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, ed evocano criteri concorrenti, ma alternativi: il richiamo all'interesse dell'ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, per effetto di un indebito arricchimento prefigurato, ma non necessariamente realizzato, in conseguenza dell'illecito; il riferimento al vantaggio valorizza, invece, un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post quanto all'obbiettivo conseguimento di esso a seguito della commissione dell'illecito presupposto, pur in difetto della sua prospettazione ex ante».
Nel caso di specie, in disparte l’interesse personale del sig. Maurizio Zamparini, non vi è dubbio che le condotte contestate – direttamente riferibili anche alla società US Città di Palermo s.p.a. – come qui accertate, hanno recato un sicuro vantaggio della società, anche secondo la valutazione ex post.
Del resto, il riferimento all'interesse, pur caratterizzato da una prevalente connotazione soggettiva, implica nondimeno il confronto con un parametro oggettivo, non rimesso esclusivamente ad imperscrutabili intendimenti dell'agente.
In ogni caso, come con sentenza di pochi giorni or sono ha avuto modo di chiarire la Suprema Corte di Cassazione, sezioni unite civili, (con principio di diritto di portata generale e di certo riferibile anche all’ambito degli enti con natura privatistica), anche «lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente anche quando questi abbia approfittato delle sue attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle dell’amministrazione di appartenenza, purchè la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che il dipendente esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviato o abusivo od illecito, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo» (cfr. Cassazione, sezioni unite civili, 9 aprile 2019, n. 13246, depositata 16 maggio 2019). In conclusione, il quadro della condotta complessiva della società U.S. Palermo denota una situazione che, anche a prescindere da un esame parcellizzato di singoli episodi, risulta palesemente incompatibile con qualsiasi concetto di etica sportiva e merita, perciò stesso, l’adozione di una sanzione adeguata e necessariamente afflittiva, anche a tutela della stessa ragione d’essere della Federazione calcio, il cui fine essenziale e, comunque, primario è quello di garantire la regolarità delle competizioni sportive che si svolgono sotto la sua egida e, con questa, la pubblica fede che vi ripongono i cittadini, in generale, nonché gli sportivi, tifosi ed appassionati, in particolare.
Cosi definite le responsabilità per le violazioni qui riconosciute ed accertate (ai fini del presente giudizio) in capo ai sigg.ri Giovanni Giammarva e Anastasio Morosi, nonché alla società US Città di Palermo s.p.a., rimane da esaminare il profilo sanzionatorio.
In tal ottica, la società siciliana ha dedotto erroneità ed abnormità della sanzione. Il motivo è infondato.
Infatti, la sanzione individuata dal Tribunale Federale Nazionale (retrocessione all’ultimo posto del campionato di serie B della stagione sportiva in corso 2018/2019) è del tutto corretta, rammostrandosi come misura adeguata e proporzionale alla gravità delle violazioni accertate e dichiarate all’esito del giudizio di prime cure. In particolare, oltre a tutte le altre contestazioni già riconosciute fondate dal Tribunale e qui confermate in questa sede d’appello, la grave misura della retrocessione all’ultimo posto della classifica era stata (correttamente) assunta anche quale effetto della ritenuta influenza delle varie violazioni sulla iscrizione ai campionati di serie A (2016/2017) e di serie B (2017/2018). Del resto, è evidente che se si ritiene che le errate e/o infondate e/o illegittime e/o illecite rappresentazioni contabili accertate e (anche in questa sede di gravame) dichiarate abbiano anche prodotto, quale ulteriore effetto, l’iscrizione ai predetti campionati che, invece, con appostazioni contabili veritiere e corrette informazioni agli organi di vigilanza e controllo, la società Palermo non avrebbe ottenuto, non vi è dubbio che giusta misura remunerativa non può che essere la retrocessione alla categoria inferiore rispetto a quel campionato che la stessa predetta società non avrebbe avuto diritto a disputare.
Ciò premesso per completezza di esposizione, tale contestazione è caduta in questa sede di giudizio d’appello, seppur in virtù della formula “insufficienza di prova”, segnatamente, come precisato, in ordine alla specifica quantificazione delle voci di bilancio alterate, onde consentire a questo giudice di verificare se le alterazioni od erronee e/o infondate rappresentazioni dei dati contabili di cui si è detto fossero, nella loro consistenza numerica, tali, appunto, da rendere possibile l’iscrizione ai campionati, altrimenti preclusa.
Ne consegue, inevitabilmente, la necessità di una corposa rideterminazione, in riduzione, della misura sanzionatoria, pur restando, ovviamente, gravi le diverse violazioni come sopra accertate, peraltro reiterate nel tempo, indice di una gestione economico-finanziaria e patrimoniale della società lontana dalle regole di prudenza contabili, nonché dai principi di lealtà e probità sanciti dal nostro ordinamento settoriale.
Del pari prive di pregio appaiono le censure mosse dall’US Città di Palermo s.p.a. con riferimento alla ingiustizia della decisione di primo grado, avuto riguardo ad altri giudizi, quali quelli relativi al Foggia Calcio s.r.l. (cfr. Corte Federale d’Appello, Com. Uff. n. 022/CFA del 20 agosto 2018) ed all’AS Chievo Verona s.r.l. (cfr. Corte Federale d’Appello, Com. Uff. n. 043/CFA del 5 novembre 2018). A prescindere, infatti, dalla stessa improponibilità concettuale, per gli effetti processuali, di una tale richiesta di “confronto”, non si può non osservare che già dalla semplice lettura delle decisioni invocate dall’appellante Palermo risulti come le fattispecie relative al Foggia ed al Chievo siano tutt’altro che sovrapponibili a quella oggetto del presente giudizio d’appello ed appaiono, già prima facie, senz’altro meno gravi.
Ritiene, poi, possibile – questa Corte – valorizzare il comportamento tenuto, nella immediatezza, dal nuovo assetto proprietario della società. Siffatta valorizzazione appare, infatti, funzionale non solo alla equa commisurazione della pena alla concreta fattispecie ed all’oggettivo disvalore della condotta, ma anche strumento logico – razionale di incentivo verso comportamenti virtuosi di soggetti che, acquisita la società, provvedano a sanare tutte le pendenze, nonché a corrispondere gli emolumenti ancora dovuti a dipendenti e collaboratori. Diversamente opinando, del resto, nel caso di specie, la rigida applicazione della sanzione nella sua misura generale si tradurrebbe in un disincentivo all’ingresso nel mondo dello sport di assetti societari che, segnando una netta discontinuità rispetto alla gestione passata e, comunque, prendendo atto della situazione debitoria, diano segnali di solidità economica e correttezza nell’osservanza delle regole federali in materia.
Affermato quanto precede e facendone applicazione alla presente fattispecie, visto l’art. 10, comma 3, CGS, secondo cui la sanzione deve essere applicata, ai sensi della disposizione di cui all’art. 16 stesso CGS, tenuto conto della natura e della gravità dei fatti commessi, valutate le circostanze aggravanti ed attenuanti, si deve allora sanzionare la società US Città di Palermo, con una misura proporzionale alle violazioni contestate, che, alla luce della valorizzazione delle particolari circostanze di fatto sopra evidenziate, questa Corte reputa congruo determinare nella penalizzazione di complessivi punti 20 (venti) in classifica, da scontarsi nella corrente stagione sportiva. Ragioni di proporzionalità e ragionevolezza inducono, altresì, questa Corte ad infliggere la ulteriore sanzione dell’ammenda di euro 500.000,00 (cinquecento mila euro). Del resto, l’applicazione della misura della penalizzazione di punti venti in classifica, toglie all’U.S. Città di Palermo, soltanto la possibilità di disputare i play off per la promozione in serie A, dunque, una chance, ma non già la certezza della serie
Di conseguenza, esigenze di effettiva afflittività della sanzione e di ricerca di una congrua ed equilibrata misura sanzionatoria complessiva conducono il Collegio ad irrogare, come detto, altresì, la suddetta sanzione dell’ammenda.
In applicazione dei medesimi criteri di proporzionalità e ragionevolezza, tenuto conto della gravità delle condotte riferibili a ciascuno dei deferiti qui giudicati (Morosi e Giammarva), tenuto conto del tempo durante il quale le stesse sono state poste in essere e del loro disvalore ai fini dell’ordinamento federale, considerato l’effettivo apporto di ciascuno alle violazioni contestate all’US Città di Palermo, questa Corte ritiene congruo ridurre, nei termini di cui al dispositivo, anche la sanzioni inflitta agli stessi predetti sigg.ri Giammarva e Morosi.
Per questi motivi la C.F.A., preliminarmente disposta la riunione dei procedimenti relativi ai ricorsi come sopra proposti dalla società US Città di Palermo SpA, dal sig. Giammarva Giovanni, dal Sig. Morosi Anastasio, dal sig. Procuratore Federale e dal Procuratore Federale Aggiunto così dispone:
- dichiara inammissibili gli interventi proposti da Benevento Calcio Srl, Lega Nazionale Professionisti Serie B, US Salernitana 1919 Srl e Sporting Network Srl
- in parziale accoglimento del ricorso come proposto dalla US Città di Palermo SpA ed in parziale riforma della decisione impugnata, così ridetermina la misura sanzionatoria alla stessa inflitta: punti 20 (venti) di penalizzazione in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva 2018/19; ammenda di € 500.000,00 (cinquecentomila);
- in parziale accoglimento del ricorso come proposto dal sig. Giammarva Giovanni ed in parziale riforma della decisione impugnata riduce la sanzione allo stesso inflitta ad anni 1 (uno) di inibizione;
- in parziale accoglimento del ricorso come proposto dal sig. Morosi Anastasio ed in parziale riforma della decisione impugnata riduce la sanzione allo stesso inflitta ad anni 3 (tre) di inibizione;
- in parziale accoglimento del ricorso in appello come proposto dal Procuratore Federale e dal Procuratore Federale Aggiunto e in parziale riforma della decisione impugnata, rilevata l’insussistenza della inammissibilità del deferimento dichiarata nei confronti del sig. Zamparini Maurizio, visto l’articolo 37, comma 4 C.G.S., restituisce gli atti al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare.
Dispone la restituzione delle tasse reclamo.
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