CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Consultiva – coni.it – atto non ufficiale – Parere n. 1/2015 del 23/02/2015 – (su richiesta FIPAV)
Parere n. 1
Anno 2015
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONE CONSULTIVA
composta da
Virginia Zambrano - Presidente e Relatore
Carlo Bottari
Barbara Agostinis
Giovanni Bruno
Pierpaolo Bagnasco - Componenti
ha pronunciato il seguente
PARERE 1/2015
Su richiesta di parere presentata, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del Coni, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, dal Segretario Generale della Federazione Italiana Pallavolo, dott. Alberto Rabiti, prot. n.1152/UL del 19 gennaio 2015.
LA SEZIONE
Visto il decreto di nomina del Presidente del Collegio di Garanzia, prot. n. 00012/14 del 17 settembre 2014;
Vista la richiesta di parere n. 1- 2015, presentata dal Segretario Generale della Federazione Italiana Pallavolo, dott. Alberto Rabiti, in data 19 gennaio u.s., ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del CONI e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva;
Visto l’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in base al quale alla Sezione consultiva spetta, tra l’altro, l’adozione di pareri su richiesta del CONI;
Visto l’art. 3, commi 2-4, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport, che definisce la competenza della sezione consultiva dell’organo de quo
Esaminati gli atti e udito il relatore, prof.ssa Virginia Zambrano;
PREMESSO
Con atto del 19 gennaio 2015, pervenuto il 20 gennaio 2015, la Segreteria Generale della Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV) proponeva al Collegio di Garanzia dello Sport istanza per parere sulla seguente questione:
è pervenuto alla scrivente Federazione un “ricorso alla Corte Federale” in data 9 dicembre 2014 che si allega in copia.
Detto Organo di Giustizia è cessato con l’entrata in vigore del Nuovo regolamento di Giustizia Federale, approvato con Decreto del Commissario ad Acta e con delibera del Presidente n.151/79 del 17/10/2014 ratificata dalla Giunta nazionale CONI, delibera n.408 del 28/10/2014.
Anche alla luce della nomina transitoria recata dall’art. 118 comma 3 del regolamento di Giustizia FIPAV, si chiede di conoscere come debba essere regolata la fattispecie in esame e quale Organo debba pronunciarsi in rito e/o nel merito del suddetto ricorso.
DIRITTO
1. In relazione all'attuale testo della norma transitoria si è dunque posto il quesito in ordine all’individuazione temporale del momento in cui un procedimento può dirsi “pendente” ai sensi dell’art. 118, comma 3, del Nuovo regolamento giurisdizionale della FIPAV secondo cui “I procedimenti pendenti davanti agli organi di giustizia presso la Federazione al momento dell’entrata in vigore delle presenti disposizioni continuano a svolgersi in base a quella precedente”. Lo spazio che si apre alla riflessione del Collegio attiene, pertanto, alla definizione del concetto di procedimento pendente, se cioè esso faccia riferimento ad un concetto astratto di procedimento che vada dal suo incardinamento alla definizione con provvedimento non più impugnabile, ovvero debba ricavarsi dalla disciplina processualcivilistica. Ma v’è più. La soluzione del quesito non potendo prescindere da un corretto inquadramento sistematico.
2. Come noto, il nuovo Statuto della FIPAV (Del. Pres. Coni 151/79 del 17 ottobre 2014, entrato in vigore il 28 ottobre 2014), stabilisce (art. 57, comma 2) che “Sono organi di giustizia Federale: d) il Tribunale Federale; e) la Corte di Appello Federale”. Improntata alla necessità di rendere omogenei i gradi della Giustizia Federale, la riforma, determinando una concentrazione dei gradi di giustizia, ha dunque inciso sul vecchio art. 57 (Statuto approvato con Del. Pres. Coni 0.29 del 21 giugno 2012) che – da parte sua – recitava “Sono organi di giustizia Federale: a) la Corte Federale; b) la Corte di Appello Federale; c) la Commissione Giudicante Nazionale; d) il Giudice Unico Federale (…). La modifica realizzata è sostanziale, laddove altresì chiaro è l’obiettivo del riordino normativo, voluto al fine di scongiurare un disallineamento del sistema delle impugnazioni delle decisioni endofederali in dipendenza della opzione praticata da ciascuno Statuto.
Che su questa via la stessa FIPAV si fosse tempestivamente incamminata è testimoniato dal fatto che il vecchio Statuto (artt. 61 e 63) aveva recepito i “Principi fondamentali degli statuti delle Federazioni Sportive” (art. 15.2.3, di cui al Consiglio nazionale del Coni) già prima della riforma del 2014 venendosi di fatto a delineare un doppio grado alternativo (endo ovvero esofederale) di giustizia, con lo scopo di garantire, per un verso, celerità e certezza dei procedimenti, per l’altro, riduzione del numero dei gradi di giustizia (gradi, appunto, variabili da ordinamento a ordinamento). Di tal che e, a tacer d’altro, già sotto il vigore della vecchia normativa, il potere di impugnazione avrebbe dovuto ritenersi consumato per essere stati già percorsi due gradi di giudizio, la sentenza della Corte di Appello federale FIPAV essendo intervenuta il 20 novembre 2014, dopo l’adozione del Nuovo Statuto.
Se, tuttavia, la problematica che ha condotto alla riforma della Giustizia sportiva è ampiamente nota e trova fondamento nella primaria esigenza di uniformare gli Organi di Giustizia per tutte le Federazioni, con l’obbiettivo di ottenere, dai vari organismi federali di Giustizia, decisioni sulle violazioni di norme o regolamenti o disposizioni statutarie sempre più omogenee in forza di principi di Giustizia codificati e di riferimento comune; più complessa è la questione (che qui si esamina) della definizione delle vicende e dei rapporti in essere al momento dell’entrata in vigore di una nuova normativa nuova.
3. A fronte di un mutato quadro, sostanziale e processuale, di riferimento normativo, per quanto attiene alla giustizia endofederale, il Collegio non è chiamato semplicemente a segnare i confini di una norma di applicazione intertemporale ma a dar forma ad una nozione univoca di “pendenza del procedimento”, codicisticamente orientata e inquadrata alla luce dei principi generali dell’ordinamento, nonché valevole anche per il futuro stante la oggettività e l’assolutezza dei contenuti.
La norma transitoria di cui all’art. 118 del Nuovo regolamento di Giustizia della FIPAV fa emergere dei caratteri informatori tipici delle moderne tecniche legislative. Il parametro della giustificazione di queste norme, incompatibili con un canone di legittimazione (rappresentato dal cd. tempus regit actum), si fonda infatti sulla consapevolezza della complessità delle vicende giuridiche e dei rapporti e mira a non pregiudicare gli assetti di interessi esistenti. La norma di diritto transitorio intende, in tal senso, temperare gli effetti conseguenti ad una rigida applicazione di nuove disposizioni destinate a disciplinare situazioni giuridiche già esistenti, rapporti già costituiti, fatti già compiuti senza che ne sia totalmente esaurito l'effetto, o compiuti solo in parte. Ma se è vero la problematica della funzione del diritto intertemporale è ampiamente nota, del pari indubbio è che la ponderazione del Collegio non può limitarsi a registrare la mera evidenza di un dato letterale senza offrirne una riconduzione a sistema, specie ove non del tutto univoca appaia (o possa apparire) l’espressione utilizzata dal legislatore.
La funzione nomofilattica del Collegio impone, infatti, di tenere conto di una serie di principi desumibili da un tessuto normativo articolato e complesso che rinviene i propri riferimenti oltre che nel codice di procedura altresì nell’art. 12 delle Preleggi.
Del resto, nelle stesse regole ermeneutiche che – per ragioni più espositive che concettuali – distinguono il momento letterale (cfr. art. 12 disp. Prel. C.c.“… del senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore (…)” da quello logico già si annidano le ragioni tecniche di una rilettura, in senso più ampio e finalistico, della norma. Sì che, laddove non sia chiara la norma è all’intenzione del legislatore che bisogna risalire, ovvero ai principi generali dell’ordinamento. Che è poi quanto espressamente statuisce lo stesso Codice di Giustizia laddove sancisce che gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva (art. 2, comma 6).
Ne consegue che l’interpretazione non può che essere vincolata alle scelte ed ai valori dell’ordinamento e, lungi dal risolversi in un mero fatto linguistico, deve rispondere ai criteri logici dell’argomentazione, nonché a quelli teleologici e sistematici. Il significato da attribuire all’espressione “procedimento pendente” non può, allora, che individuarsi tramite un criterio di collegamento, di combinazione tra una norma ed un’altra, tra una norma e il sistema, tra questa e i principi generali.
4. Ora, come noto, è alla notificazione al convenuto, della citazione o del ricorso, che deve farsi risalire il momento in cui il processo inizia a “pendere”. Il perfezionamento della notificazione è, così, il momento della creazione della litisdipendenza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 c.p.c., che si individua nel periodo compreso, appunto, fra la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (o il deposito dello stesso presso la cancelleria del giudice adito) e la decisione del giudice o l’estinzione del processo per eventi espressamente determinati a cui segue l’inattività delle parti. Momento importante al quale ricollegare sia la circostanza che le parti della controversia diventano parti del processo e quindi titolari di diritto ed obblighi particolari, sia la circostanza che il diritto controverso assume carattere strumentale rispetto alla decisione su di esso. A seguito della pronuncia il giudice si spoglia della competenza a decidere della causa che viene devoluta, qualora sia possibile, al giudicante di grado superiore. D’altro canto che il giudice “consumi” il proprio potere con la sentenza si desume, pur in assenza di una norma espressa, dal tessuto normativo del codice di rito (cfr., artt. 279 c.p.c., da cui si ricava che l’organo giudicante in alcuni casi pronuncia sentenza a cui segue la sola possibilità di appello, laddove per le sole ordinanze è prevista la possibilità di revoca).
Il concetto di pendenza del procedimento, a cui consegue la possibilità di fare applicazione della normativa previgente, si invera dunque con l'effettiva proposizione del gravame e non già con la semplice conclusione del giudizio. La formula di cui all’art. 118 deve cioè essere valutata "nella sua specificità ", attribuendo rilievo alla presenza di un atto introduttivo del giudizio. Cosa che, nella specie non è dato riscontrare. Ed invero, che debba operare la nuova disciplina si ricava per tabulas dal fatto che – al momento dell’entrata in vigore del Nuovo Regolamento di giustizia Del. Pres. Coni 151/79 del 17 ottobre 2014 – non era ancora stata assunta la decisione della Corte di Appello Federale. Non si tratta quindi di ricostruire la nozione generale ed astratta di pendenza del giudizio ma piuttosto l'esatto significato che la locuzione normativa assume nel particolare contesto in cui è stata introdotta, considerando gli interessi perseguiti e le condizioni per le quali è stata prevista la disciplina transitoria. Né potrebbe giovare un richiamo dogmatico al dato testuale posto che il concetto di pendenza non ha ricevuto definizione nel nostro sistema, il che consente di adeguarlo alle caratteristiche ed alla finalità delle situazioni in cui è destinato ad incidere.
Si rende evidente che la situazione di pendenza non può essere declinata in altro modo. Infatti la soluzione di far dipendere il verificarsi o meno della situazione di pendenza da comportamenti delle parti sarebbe priva di plausibile fondamento.
Risulta essere pertanto preferibile attribuire rilievo alla decisione della Corte di Appello federale che conclude il giudizio di secondo grado, e definitivamente segna la linea di demarcazione temporale tra la pregressa e la nuova normativa.
5. Si evidenzia come non si possa aderire ad una diversa interpretazione di pendenza del procedimento che abbia riguardo non al singolo grado di giudizio, ma all’intero procedimento dal suo incardinamento alla definizione con provvedimento non più impugnabile; e ciò non solo perché tale scelta non appare conforme all’ordinamento processuale dal quale il Regolamento federale mutua la sua strutturazione.
Militano a favore della mancata valorizzazione del procedimento così come delineato al precedente capoverso le ulteriori considerazioni:
- L’attenzione al passaggio in giudicato della decisione dilaterebbe i tempi di sopravvivenza degli organi di giustizia federali soppressi dal nuovo ordinamento, in contrasto con la ratio sottesa alla riforma della giustizia sportiva;
- Nella prassi normativa, qualora si è inteso enfatizzare l’intero procedimento, si è espressamente data rilevanza ai termini per l’impugnazione 1.
Sull’abbrivio di tale ragionamento pertanto questo Collegio ritiene che l’applicazione delle norme previgenti all’entrata in vigore delle nuove disposizioni previsto dal 3 comma dell’art. 118 debba essere limitato ai soli procedimenti pendenti dinanzi all’organo di giustizia federale e non ancora definiti.
Così delimitato il campo d’applicazione dell’art. 118, III comma, del Regolamento Giurisdizionale della FIPAV, ne discende che gli organi di Giustizia competenti a decidere per tutte le vertenze introdotte successivamente al 28 ottobre 2014 (a prescindere dal grado di giudizio) sono esclusivamente quelli previsti dal menzionato nuovo regolamento, mentre solo per i procedimenti pendenti nel senso sopra descritto si perpetuerà la giurisdizione dei soppressi organi fino all’emanazione del provvedimento decisorio.
Pertanto per tutte le decisioni rese successivamente al 28 ottobre 2014 dalla Corte d’appello federale (CAF) l’eventuale gravame dovrà essere proposto innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport che deciderà, quale organo di giustizia di ultimo grado, per i casi e nei limiti previsti dallo Statuto del Coni.
Esprime il pare come in motivazione.
PQM
Il Presidente e Relatore
Prof. Virginia Zambrano
Il Segretario
F.to Alvio La Face
1 L’art. 65, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva statuisce: Al Collegio di Garanzia dello Sport è devoluta la cognizione delle controversie la cui decisione non altrimenti impugnabile nell’ambito dell’ordinamento federale è pubblicata a far data dal 1° luglio 2014.