CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta.- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 63 del 29/12/2016 – Procura Generale CONI/Omissis /Federazione Italiana Sport Equestri

Decisione n. 63

 

Anno 2016

                  IL COLLEGIO DI GARANZIA

                   QUARTA SEZIONE

 

composta da

Dante DAlessio - Presidente

Alfredo Storto - Relatore

Giovanni Iannini

Cristina Mazzamauro

Laura Santoro - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 59/2016, presentato, in data 3 novembre 2016, dalla

 

 

 

Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e del Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Livia Rossi,

 

 contro

 

 

 

[omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Maiorana,

 

 

 

nonché nei confronti

 

della Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), non costituitasi in giudizio,

avverso la decisione emessa in data 27 settembre 2016 dalla Corte Federale d'Appello FISE, depositata in data 6 ottobre u.s., che, in parziale accoglimento del reclamo in sede di gravame del sig. [omissis], ha ridotto la sanzione irrogata dal Tribunale Federale Nazionale (decisione n. 27/15 - P.A. 141/2014 del 6-7 luglio 2016) ad anni cinque di sospensione dall'attività agonistica, nonché da ogni carica o incarico sociale o federale, inclusa la qualifica di istruttore, tecnico, operatore tecnico, ufficiale di gara ex art. 6, lettere d) ed e), del Regolamento di Giustizia FISE;

 

 

viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

 

 

uditi, nell'udienza del 7 dicembre 2016, il Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, ed il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, alluopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dellart. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in sostituzione dell’avv. Livia Rossi, per la ricorrente Procura Generale dello Sport, nonché lavv. Andrea Maiorana, per il resistente, sig. [omissis], anchegli presente in aula;

 

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, cons. Alfredo Storto.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

1.  Nel dicembre del 2014, il Comitato Regione Piemonte segnalava alla Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.) che [omissis], riconosciuto responsabile dei reati di cui agli artt. 600-bis, comma 2, e 609-bis c.p. per fatti commessi ai danni di minori, alcuni dei quali infrasedicenni, anche in occasione dello svolgimento della sua attività di istruttore e all’interno del maneggio di sua proprietà, era stato condannato dal Tribunale penale di Biella, con sentenza del 4 marzo 2014, a quattro anni e nove mesi di reclusione, oltre alla interdizione per cinque anni dai pubblici uffici e in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno, nonché da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.

1.1.  Tanto assunto in informazione, la Procura Federale lo deferiva il 3 giugno 2015 innanzi al Tribunale Federale per rispondere dell’illecito di cui all’art. 1, comma 1, del Regolamento di Giustizia della F.I.S.E. in combinato disposto con l’art. 10, commi 1 e 2, dello Statuto Federale e con gli artt. 1 e 2 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, ratione temporis vigenti nell’arco temporale di svolgimento dei fatti contestati, compreso tra il 2002 e il 2008.

1.2.  Il Tribunale Federale, con decisione del 6 luglio 2016 (n. 27/15), avendo riconosciuti fondati gli addebiti, applicava al tesserato la sanzione della radiazione.

2.   Tale decisione veniva reclamata dal [omissis] alla Corte Federale d’Appello la quale, con decisione del 27 settembre 2016 (depositata il successivo 6 ottobre), accoglieva parzialmente il gravame, riducendo la sanzione inflitta ad anni cinque di sospensione dallattività agonistica nonché da ogni carica o incarico sociale o federale, inclusa la qualifica di istruttore, tecnico, operatore tecnico, ufficiale di gara ex art. 6, lettere d) ed e), del Regolamento di Giustizia.

3.  La Procura Generale dello Sport presso il CONI ha quindi impugnato tale decisione davanti al Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendone la riforma.

3.1.  Si è difeso l’appellato invocando, sotto diversi profili, una declaratoria di inammissibilità del ricorso o, comunque, di infondatezza dello stesso.

3.2.  Con memoria del 23 novembre 2016, il [omissis], nel confermare le proprie difese, ha altresì chiesto, ai sensi dell’art. 12 del vigente Regolamento di Giustizia F.I.S.E. e in conformità con quanto previsto dall’art. 2 dello Statuto Federale, di sostituire la sanzione della sospensione residua con la prestazione gratuita su tutto il territorio nazionale di attività di speaker, giudice in concorsi di salti ad ostacoli e istruttore, nonché con la disponibilità a titolo gratuito e per la stessa durata della sanzione irrogata dell’intera struttura sportiva in suo possesso con tutte le attrezzature in essa presenti.

3.3.   All’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato la Procura ricorrente e il [omissis], ciascuno ribadendo le proprie conclusioni, la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

(i) Per meglio rendere ragione dei motivi di ricorso spiegati innanzi a questo Collegio, occorre procedere, negli aspetti oggi controversi, all’esame della trama motivazionale della decisione di seconde cure.

    • A suo tempo lappellante aveva lamentato l’erronea ricostruzione in fatto operata dal Tribunale Federale, laddove questo gli aveva irrogato la sanzione della radiazione, tra le altre cose, anche «tenuto conto della qualifica di Istruttore Federale rivestita dallincolpato, ora come allepoca dei fatti», svoltisi, come già ricordato, tra il 2002 e il 2008.

Il [omissis], stando alla ricostruzione operata nel provvedimento oggi impugnato, aveva, infatti, dedotto col gravame «di essere stato tesserato FISE fino al 1996, anno in cui un grave incidente stradale gli avrebbe precluso la possibilidi cavalcare, di essere stato nominato Giudice nazionale di Salto Ostacoli nel 2004 e di aver ottenuto il diploma di Istruttore Federale di primo livello soltanto nel 2010, per cui al momento degli episodi contestati non risultava avere alcun rapporto sportivo con i minori che non sarebbero stati mai suoi allievi» e, infine, che «il circolo Ippico MASSERANESE di sua proprietà e da lui presieduto si sarebbe affiliato solamente nel 2008, dopo quindi il periodo in oggetto».

Investita della questione, la Corte Federale dAppello aveva ritenuto che «dallesame delle dichiarazioni rese dai minori nel corso del giudizio penale emerge che i fatti contestati sarebbero stati commessi presso il maneggio del circolo del [omissis] oltre che in occasione di eventi sportivi ai quali il reclamante ha partecipato evidentemente come tesserato FISE e non come semplice spettatore ()» e, inoltre, che «dalle deposizioni rese nel corso del giudizio penale i minori hanno riferito di averlo sempre considerato, a prescindere dal rinnovo, il loro istruttore segno evidente che il [omissis], pur in assenza di un formale rinnovo, esercitava lattività di istruttore».

Ritenuto, pertanto, che l’incolpato nel periodo in questione «fosse indubbiamente titolare di una posizione rilevante per lordinamento sportivo e come tale soggetto alle norme federali», il giudice di seconde cure aveva ulteriormente considerato come «la circostanza che allepoca dei fatti il reclamante non rivestisse la qualifica di istruttore può essere considerata da questa Corte solo al fine della rideterminazione della sanzione, non potendosi contestare laggravante dellaver commesso il fatto sfruttando la qualifica rivestita (istruttore) ritenuta  dal Tribunale Federale rilevante per la quantificazione della pena inflitta».

Tenuto conto di ciò, in sede di quantificazione della sanzione, parzialmente accogliendo il reclamo, la Corte la riduceva nei termini sopra indicati «pur condividendo il giudizio in ordine alla gravità dei fatti sia per le persone coinvolte che per la stessa Federazione, alla luce delle risultanze istruttorie in ordine alla mancanza della qualifica di istruttore da parte del [omissis], sospesa dal 1996 al 2010, tenuto anche conto della qualificazione del fatto e della conseguente condanna in sede penale che se anche non vincolante può indubbiamente fornire elementi per la quantificazione della sanzione sportiva (…)».

    • Nel ricorso innanzi a questo Collegio, la Procura Generale dello Sport, rubricando il motivo di impugnazione come «omessa o comunque insufficiente motivazione circa la riduzione della sanzione inflitta», ha censurato il salto logico a suo avviso compiuto dalla Corte laddove, dopo aver correttamente attribuito rilievo al dato sostanziale dell’essere stato il [omissis] “di fattoistruttore dei minori, sarebbe poi giunta «a conclusioni del tutto contraddittorie con le premesse ed errate in fatto oltre che insufficientemente motivate» in quanto: a) avrebbe erroneamente indicato la circostanza dell’aver commesso il fatto sfruttando la qualifica formale di istruttore” come aggravante, mai contestata dalla Procura né valutata per tale dal Giudice di prime cure; b) avrebbe omesso di considerare che il ruolo di istruttore, di fatto rivestito dallincolpato (e per mera imprecisione indicato dal Tribunale come «qualifica di Istruttore»), aveva costituito solo un aspetto secondario di un impianto motivatorio di commisurazione della sanzione molto più ampio, in quanto fondato su una molteplicità di argomentazioni da sole sufficienti a sostenere il decisum della radiazione (segnatamente: straordinaria gravità degli illeciti anche per le loro ricadute sulle persone e sulle istituzioni federali; contegno assunto dall’incolpato durante il giudizio e qualità dei minori, allievi preso la sua struttura; affidamento a questi dei minori per attivifederali; venir meno del rapporto di fiducia fondante il tesseramento); c) contraddittorietà della motivazione ravvisabile tra l’esplicito richiamo, effettuato proprio in punto di commisurazione della sanzione, alla condanna penale (la quale irrogava la pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio che ponesse il condannato in rapporto con minori o con incapaci) e la conclusione, peraltro non ulteriormente motivata, di ridurre la sanzione a soli cinque anni di sospensione dall’attività agonistica e da cariche sociali e federali.
    • La difesa del resistente ha eccepito in primo luogo l’inammissibilità del ricorso sulla scorta di due considerazioni.

Innanzitutto, il motivo di ricorso articolato dalla Procura censurerebbe un vizio riconducibile non tanto alle categorie della “omessa o insufficiente motivazione”, quanto piuttosto a quella della “contraddittorietà della motivazione” che, tuttavia, l’articolo 54 del Codice della Giustizia Sportiva non contemplerebbe tra quelle invocabili innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport laddove, al secondo periodo del comma 1, esplicitamente sancisce che «il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

In secondo luogo, ad avviso del resistente, l’impugnativa sarebbe volta a censurare la scelta discrezionale della Corte Federale dAppello in ordine alla commisurazione della sanzione da irrogare, risolvendosi pertanto in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito.

      • Lo stesso resistente ha quindi opposto l’infondatezza del ricorso, in quanto correttamente la Corte Federale, avendo valutato irrilevante l’assenza della qualifica formale di istruttore ai fini dell’applicabilità della norma del regolamento, avrebbe, invece, ritenuto tale circostanza rilevante per la valutazione della gravità dei fatti e, conseguentemente, per la determinazione della sanzione.
      • A sua volta, la Procura Generale dello Sport ha puntualizzato di non aver censurato la contraddittorietà del percorso argomentativo seguito dal Giudice dappello, quanto piuttosto la contraddittorietà delle conclusioni tratte rispetto alle premesse, in ragione della mancanza di una motivazione che quelle conclusioni possa giustificare.

(ii) Tanto considerato in ordine alle posizioni delle parti, osserva la Sezione come la controversia in esame ponga in limine la questione dell’ampiezza dei motivi di ricorso proponibili innanzi al Collegio di Garanzia per lo Sport per censurare vizi della motivazione e, in particolare, della possibilità di articolare anche il motivo di contraddittorietà della motivazione.

Infatti, come già visto, l’articolo 54 del Codice della Giustizia Sportiva ammette il ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport «esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

Detta disposizione non contempla, dunque, espressamente anche la motivazione contraddittoria che, invece, tenuto conto del principio per cui il tenore formale della rubrica del motivo non assume carattere vincolante per la qualificazione del vizio denunciato, corrisponde ad un profilo di censura della decisione dappello articolato dalla Procura Generale dello Sport, laddove ha ritenuto percepibile, oltre ad un salto logico e alla erroneità, anche l’intrinseca contraddizione tra le premesse poste dal Giudice dappello e le conclusioni da questi tratte con necessità dalle prime.

    • Più puntualmente, si può osservare come la lettera della norma oggi in esame – quanto alla verifica della motivazione – trovi nell’ordinamento giuridico il più prossimo, ancorché parziale, riferimento nel tenore del motivo di ricorso per cassazione di cui all’art. 360, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, come vigente fino alla prima modifica operata dal d.lgs. n. 40 del 2006, poi seguita dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che oggi, invece, lo scolpisce con riferimento all’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».

La formula originaria («per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile dufficio») – e quella oggetto della prima modifica («per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio») – descrivevano il confine del potere della Corte di Cassazione di scrutinio della correttezza del ragionamento operato dal giudice di merito attraverso un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto che, senza spingersi a verificare nel merito la ricostruzione stessa di questo, appartiene in quanto tale a pieno titolo al giudice di legittimità, tanto più che la motivazione dei provvedimenti rappresenta un aspetto di importanza fondamentale nell’esercizio della giurisdizione.

In linea generale, si è osservato in dottrina che il controllo della motivazione così consentito alla Cassazione, quale forma di sindacato indiretto della quaestio facti, non può estendersi  a censure che si risolvano in travisamento o erronea valutazione dei fatti (per le quali è prospettabile l’errore revocatorio), né può fondarsi su un errore di diritto ovvero su una ricostruzione dei fatti oggetto di causa, operata in sostituzione di quella effettuata dal giudice di merito, cosicché il residuo spazio di indagine ad esso consentito fa del motivo di cui al n. 5) in parola (nella formulazione in questione) quello attraverso il quale il giudizio di cassazione si avvicina di più all’esame del merito, fino a fargli assumere i caratteri propri del rimedio di giustizia.

Il contenuto di tale giudizio è stato dunque variamente ritenuto ammissibile per censurare il ragionamento del giudice di merito, emergente dal tenore della sentenza, nel quale sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti (poi «fatti») decisivi della controversia – come nel caso in cui, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, questi non ne ha compiuto una approfondita disamina logico-giuridica – ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.

Inoltre, occorre considerare come l’elaborazione giurisprudenziale abbia distinto tra i tre vizi della motivazione enunciati nelle formule in esame, stabilendo che il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino insanabilmente contrastanti e razionalmente incompatibili, così da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi e, cioè, del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione di merito.

Infine, vale di porre laccento sul fatto che anche la formulazione oggi vigente del motivo di cui al n. 5), pur non facendo più alcun esplicito cenno alla motivazione, è ritenuta dalla giurisprudenza comprendere le censure relative alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili (cfr. Cass., sez. lav., 8 marzo 2016, n. 4505), nonché ancora alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, esclusa solo qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della stessa (SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8053).

    • Non vè dubbio che anche la formulazione dell’art. 54, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI configuri quello innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport come un giudizio di legittimità, per certi versi assimilabile a quello di cassazione, come traspare senzaltro dalla previsione in ordine allenunciazione del principio di diritto (art. 62, comma 2).

Nondimeno, alcuni dati normativi contenuti nel medesimo Codice sembrano attribuire al giudizio in parola tratti affatto peculiari che appaiono connotare questultimo nei termini di un unicum nel sistema delle impugnazioni, impedendo, peraltro, di dispiegare appieno sul punto il rinvio operato dall’art. 2, comma 6, alle norme generali del processo civile, com’è noto, «per quanto non disciplinato» e «nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva» i quali, in ogni caso, sono rigidamente governati dal principio di effettività (art. 2, comma 1).

Così, l’art. 62, comma 1, consente la decisione senza rinvio del Giudizio innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport non «solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto», ma anche se «le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale».

Allo stesso modo, con la decisione finale il Collegio «può indicare al Procuratore generale dello sport fatti e circostanze nuovi che, risultanti dagli atti del procedimento o dalla discussione, appaiono connessi con gli ulteriori accertamenti necessari per il giudizio di rinvio o comunque rilevanti ai fini dellart. 51, comma 4».

    • Ciò posto, al fine dell’odierno decidere, occorre chiarire, su un piano più squisitamente sistematico, quali siano, nel sistema di giustizia sportiva,  connotato da istituti ed esigenze peculiari (si pensi, tra le altre, a quelle di concentrazione e di celerità), la portata e lampiezza della formula innovativa declinata dall’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice, la quale consente il ricorso a questo Collegio, oltre che per violazione delle norme di diritto, anche per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, senza tuttavia espressamente richiamare anche la motivazione contraddittoria.

In proposito, nella giurisprudenza sia delle Sezioni semplici (Sezione IV, n. 50 del 2016) sia delle Sezioni Unite di questo Collegio (n. 58 e n. 63 del 2015, n. 4 del 2016) è ricorrente l’affermazione secondo la quale, alla stregua del richiamato articolo 54, «il Collegio di Garanzia non può procedere ad una nuova valutazione dei fatti, ma può solo verificare se il Giudice di merito abbia nelle sue valutazioni violato una norma (sostanziale o processuale), ovvero abbia motivato la propria decisione in modo lacunoso o illogico o contraddittorio» e ciò in quanto «il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport è preordinato () all'annullamento delle pronunce che si assumono viziate solo da violazione di specifiche norme ovvero viziate da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione».

Sembra, in sostanza, che la formula normativa in parola, ancorché nell’esercizio di una rigorosa opera ermeneutica, possa essere sciolta facendovi rientrare anche la censura di motivazione contraddittoria senza, tuttavia, mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o ancora in ricostruzioni dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l'azione (così la decisione n. 4/2016 delle Sezioni Unite).

Ritiene, peraltro, la Sezione che l’insieme degli elementi normativi e delle proposizioni decisorie fin qui considerate richiedano, ai fini della decisione del caso sottopostole, un chiarimento sistematico dell’Organo nomofilattico in ordine ai confini dell’area entro la quale possano essere denunciati innanzi al Collegio di Garanzia i diversi vizi della motivazione (omessa o insufficiente), con l’ulteriore specificazione se tra essi, e con quale estensione, sia compreso anche il vizio di motivazione contraddittoria, con particolare riguardo  alla  denunciata insufficienza e contraddizione del segmento motivo che lega una circostanza accertata in premessa dal giudice di merito alle conclusioni cui questi perviene.

Il Collegio, rilevatane l’importanza, ritiene, pertanto, di dover deferire all’esame delle Sezioni Unite la questione suddetta.

(iii) La decisione delle Sezioni Unite è inoltre pregiudiziale anche alla decisione dellistanza formulata dal ricorrente, ai sensi dell’articolo 12 del Regolamento di Giustizia F.I.S.E.

(iv) Nulla va disposto, poi, quanto alle spese di queste fase, dovendo le stesse essere regolate con la decisione definitiva.

(v) Infine il Collegio, ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 2 e 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, manda alla Segreteria di procedere, nel caso di riproduzione in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, all’oscuramento delle generalità delle parti private, dei minori coinvolti o di altri soggetti interessati, nonché di ogni altro dato idoneo a identificare le persone ora indicate, riportato sulla sentenza o su altro provvedimento.

 

P.Q.M.

 

Dispone la rimessione della questione alle Sezioni Unite. Nulla per le spese.

DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

 

Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 7 dicembre 2016.

 

 

 

IL PRESIDENTE                                                                            IL RELATORE

 

 

 

 

Depositato in Roma in data 29 dicembre 2016.

IL SEGRETARIO

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