CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 86 del 15/11/2017 – Antonio Migotto/Federazione Italiana Pallacanestro
Decisione n. 86
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente
Giuseppe Andreotta - Relatore
Vincenzo Ioffredi
Pier Giorgio Maffezzoli
Giusepe Musacchio - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 90/2017, presentato, in data 31 agosto 2017, dal sig. Antonio Migotto (nato a Motta di Livenza – VE il 16/03/1976), rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Bonetta;
contro
la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.), in persona del Presidente Federale, dott. Giovanni Petrucci, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Guido Valori e dall’avv. Paola Maria Angela Vaccaro, costituitisi in giudizio con memoria di costituzione dell’11 settembre 2017;
avverso
la pronuncia della Corte d’Appello della Federazione Italiana Pallacanestro, deliberata il 25 luglio 2017, con motivazioni pubblicate nel comunicato ufficiale della FIP n. 121 del 3 agosto 2017, nel giudizio di rinvio ex art. 62, comma 2,del Codice della Giustizia Sportiva del CONI.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 16 ottobre 2017, l’avv. Angelo Bonetta per il ricorrente - sig. Antonio Migotto -; l’avv. prof. Gudo Valori e l’avv. Paola Maria Angela Vaccaro, per la resistente FIP, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Thomas Martone, all’uopo delegato dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. Giuseppe Andreotta.
Ritenuto in fatto
La vicenda trae origine dall’impugnazione dinanzi al Tribunale Federale FIP da parte del sig. Migotto – tesserato FIP in qualità di arbitro del settore A2 maschile e A1 femminile – della delibera del Comitato Italiano Arbitri (CIA) n. 79 del 7 luglio 2016 e della delibera del Consiglio Federale del 16 luglio 2017, di approvazione delle liste arbitrali per la stagione sportiva di A2 maschile e A1 femminile 2016/2017, all’esito delle valutazioni tecniche del CIA in relazione alla stagione sportiva precedente.
Dolendosi dell’esclusione dalle suddette liste, il sig. Migotto promosse ricorso al Tribunale Federale adducendo di essere stato vittima di un comportamento ritorsivo degli organi di valutazione degli arbitri della FIP. Narrava il ricorrente che, durante il raduno arbitrale di metà campionato della FIP 2015/2016, egli ebbe a muovere talune lamentele in merito alle valutazioni arbitrali con uno dei responsabili del suo settore, il sig. Giovanni Di Modica, il quale esortò il sig. Migotto a dirigere le proprie rimostranze direttamente ai vertici dell’Organo Tecnico e del Consiglio Direttivo del CIA. Tali lamentele suscitarono in quella sede un alterco tra il sig. Migotto e l’allora responsabile dell’Organo Tecnico del CIA, sig. Mauro Pozzana, da cui scaturì una segnalazione alla Procura Federale della FIP al fine di aprire un procedimento disciplinare nei confronti del sig. Migotto, poi archiviato.
Dinanzi al Tribunale Federale, il sig. Migotto sostenne la consequenzialità tra detto episodio (l’alterco con il Pozzana) e la valutazione negativa del suo operato, atteso che il Pozzana si espresse in termini minacciosi verso chi lo aveva criticato.
Il Giudice di prime cure, con decisione n. 23/2016, di cui al C.U. 114 del 13 settembre 2016, respinse il reclamo, ritenendo – all’esito dell’esame della scheda di valutazione di fine stagione del sig. Migotto e della relazione finale dell’Organo Tecnico – che l’esclusione risultasse non già da motivi di ritorsione, bensì esclusivamente da ragioni tecniche, pertanto insindacabili dall’Organo di giustizia adito.
Proposto appello, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte Federale, furono versate in atti talune registrazioni di telefonate comprovanti, a detta del ricorrente, la condotta persecutoria perpetrata ai suoi danni.
La Corte d’Appello Federale, con decisione 18/2016, di cui al C.U. del 29 novembre 2016, respinse il gravame confermando la decisione del Tribunale e, altresì, ritenendo inammissibile il suddetto materiale probatorio in virtù del disposto dell’art. 116, comma 7, del RG FIP, recante divieto di iusnovorum in appello.
Successivamente, il ricorrente adiva il Collegio di Garanzia dello Sport, che provvedeva all’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello Federale.
In particolare, questa Sezione del Collegio (Decisione 15/2017) ritenne viziata la suddetta pronuncia poiché: i) la sentenza di secondo grado risultava emanata, come da motivazione del 29 novembre 2016, da un Collegio giudicante composto in maniera diversa da quello che aveva adottato il dispositivo del 22/11/2016, con ciò violando il principio di immutabilità del giudice;
ii) risultava che talune delle violazioni denunciate dal ricorrente nel corso di riassunzione del ricorso innanzi alla Corte Federale potevano ritenersi pertinenti ed accoglibili, donde l’opportunità di enunciare principi di diritto ai quali la Corte Federale si sarebbe dovuta attenere. In particolare, il Collegio di Garanzia dello Sport con detta decisione, affermava :
a) “a mente dell'art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI (cui ogni Federazione deve uniformarsi), i principi che ispirano il processo sportivo sono principi tesi alla piena tutela degli interessati secondo regole di informalità, pur facendo riferimento alle regole del processo civile, in quanto compatibili; ma quest'ultima locuzione non può far perdere di vista che nell'ordinamento sportivo il fine principale da perseguire, al di là dell'aspetto giustiziale pur fondamentale, è quello di affermare sempre e con forza i principi di lealtà, imparzialità e trasparenza, tipici del movimento sportivo, come pensato sin dalla sua fondazione da Pierre De Coubertin e, quindi, è compito degli Organi di giustizia considerare meno stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali, che siano utili all'accertamento dei menzionati valori”, concludendo che la Corte Federale doveva ammettere le trascrizioni richieste e le prove orali articolate, perché dirimenti ai fini della dissipazione dei dubbi sollevati ed indispensabili ai fini dell’accertamento di quei principi di lealtà, trasparenza e imparzialità che governano il movimento sportivo e, più in generale, l’ordinamento giuridico;
b) “se è vero che l'articolo 63 reg. CIA gode della guarentigia della insindacabilità sulle valutazioni tecniche, è, altresì, vero che a livello ordinamentale, sia generale che sportivo, va censurata la valutazione che sia frutto del mero arbitrio o che si spinga oltre l'aspetto tecnico, andando a sindacare anche stati d'animo od occasionali momenti di poca serenità, sempre che questi ultimi possano essere valutati da un Comitato tecnico arbitrale piuttosto che da un sanitario”, concludendo che, se la Corte si era accorta dell’esistenza di riferimenti non tecnico- arbitrali nel giudizio sul Migotto, avrebbe dovuto immediatamente chiedersi, alla luce dei sospetti denunziati dallo stesso, quale cittadinanza avessero tali giudizi in una valutazione che, per essere assistita dalla blindatura della insindacabilità, ex art. 63 Reg. CIA, avrebbe dovuto essere contenuta nel perimetro tecnico e non andare oltre. Tale indagine andava condotta assumendo nuove prove ai fini dell’accertamento della verità;
c) se è vero che la legge (ergo, non un regolamento, per di più di un comitato inserito in una organizzazione federale) è assistita dal principio della irretroattività, salvo espresse deroghe contenute nella legge stessa, è vieppiù vero che, laddove un soggetto veda comprimersi un diritto, rectius, una legittima chance, intesa come proiezione di realizzazione di un percorso professionale, sebbene circoscritto ad un contesto sportivo, ma con soddisfazione reputazionale utile all'affermazione del dettato Costituzionale di cui all'art. 3, comma secondo, è compito dell'ordinamento e, per esso, dei suoi organi, verificare l'impatto di norme, poi abrogate, su tale diritto. Apertis verbis, il principio del favor rei, cristallizzato, nel codice penale, all'art. 2, in particolare al secondo comma, per il quale: "...nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; se vi é stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali..", può e deve trovare cittadinanza nella odierna vicenda, con la conseguenza che la Corte Federale avrebbe dovuto verificare se i Criteri di Impegno e Valutazione, come approvati per la successiva stagione 2016/2017, fossero più favorevoli al ricorrente, dovendo in tal caso applicarli.
Con reclamo in riassunzione del 16 marzo 2017, il sig. Migotto istava nuovamente la Corte d’Appello Federale, affinché questa provvedesse, sulla base dei summenzionati principi, all’annullamento della decisione di primo grado n. 23/2016 (di cui al C.U. 114 del 13 settembre 2016), riformandola, previo accoglimento delle istanze istruttorie precedentemente formulate; tenendo conto, altresì, dei criteri adottati per la formazione delle graduatorie, così come medio tempore approvati per la stagione sportiva 2016/2017.
All’esito del procedimento di rinvio, la Corte d’Appello Federale rigettava il gravame, con C.U. n. 121 del 3 agosto 2017, ritenendo che, nonostante la cospicua istruttoria espletata, non erano emersi elementi probatori idonei a corroborare di effettività i temi di indagine devolutile, in termini di discriminazione e ingiusta esclusione per ragioni personali.
Avverso tale decisione è nuovamente insorto il sig. Migotto, con ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, che affidava a n. sei censure, la nuova impugnazione, e cioè:
- “Nullità della decisione della Corte FIP per violazione dell’art. 38 del Codice della Giustizia Sportiva” (sostenendo la violazione di termini perentori previsti per la durata del processo);
- “Violazione dei limiti del giudizio di rinvio e dei principi fissati dal Collegio di Garanzia – Reazione stizzita della Corte FIP – Interrogatorio libero di taluni testi senza assunzione dei capitoli formulati dal ricorrente – Violazione del contraddittorio – Utilizzo di argomenti e prove inammissibili e inattendibili – Carente motivazione sul punto” (sostenendo, in particolare, l’introduzione del teste Pozzana, controinteressato, non citato in fase di rinvio da parte del ricorrente, e la non univocità delle prove raccolte);
- “Gli argomenti decisivi trattati dal ricorrente e pretermessi in una motivazione ora assente, ora contraddittoria, ora illogica: i vizi del procedimento di valutazione dell’arbitro Migotto confermati dall’istruttoria” (censurando la non esaustiva contemplazione di tutte le emergenze probatorie, vale a dire lamentando l’obliterazione di quanto di esse sarebbe stato favorevole alle ragioni del ricorrente);
- “La violazione dei principi stabiliti dal Collegio di Garanzia – Omessa valutazione delle prove circa l’atteggiamento ritorsivo del Sig. Pozzana – Violazione degli artt. 2727-2729 c.c. in tema di presunzioni – Motivazione assente, insufficiente o contraddittoria” (deducendo che la Corte Federale avrebbe decampato dal percorso indicato dal Collegio di Garanzia, in relazione alla individuabilità dell’intento persecutorio);
- “Omessa valutazione dei fatti accertati nel giudizio circa l’apporto dei sigg. Pozzana, Grotti e Grandini nel procedimento di esclusione dell’arbitro Migotto–Violazione degli artt. 2727- 2729 c.c. in tema di presunzioni – Motivazione assente, insufficiente o contraddittoria” (sostanzialmente ribadendo la censurabilità della motivazione per essersi basata su un complicato percorso deliberativo, ancora una volta in violazione delle prescrizioni del Collegio di Garanzia);
- “Omessa e contraddittoria motivazione sulla questione della non trasparenza dei criteri di valutazione degli arbitri – Ulteriore violazione del giudicato interno dettato di principi del Collegio di Garanzia” (occupandosi della errata considerazione di come i criteri recentemente adottati per concretizzare una valutazione numerica a scaglioni avesse modificato non solo formalmente, ma anche sostanzialmente i criteri di valutazione stessi, a dispetto di quanto ritenuto dalla Corte Federale).
Si costituiva in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro, con Atto dell’11 settembre 2017, concludendo per la inammissibilità del ricorso e/o per il suo rigetto nel merito, con conseguente conferma del provvedimento impugnato.
Secondo la FIP:
il ricorso non supererebbe il vaglio imposto dall’art. 12 bis , comma 3, dello Statuto del CONI, che ammette ulteriore ricorso al Collegio di Garanzia a seguito del giudizio rescissorio, solamente per violazione del principio/i di diritto emanato/i in fase rescindente.
I motivi rassegnati nel ricorso, infatti, tenderebbero esclusivamente ad una rivalutazione della decisione della Corte d’Appello.
Quanto alla asserita estinzione del giudizio per superamento dei termini per la pronuncia di secondo grado, la Federazione faceva notare come il termine perentorio, stabilito dall'articolo 38 del Codice della Giustizia Sportiva, comportasse l’estinzione del procedimento esclusivamente quando questo verta su materie di tipo disciplinare e non anche di natura tecnica, quale quello in questione.
Infine, la difesa della FIP entrava nel merito della valutazione delle prove, contestando, punto per punto, la ricostruzione in fatto che il ricorrente effettuava delle risultanze delle prove raccolte.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
Occorre, invero, ricordare che il procedimento innanzi al Collegio di Garanzia, come anche più volte affermato in precedenti decisioni (CDG, SS.UU., n. 14/2017; CDG, Sez. II, n. 57/2016; CDG, Sez. IV, n. 55/2016; CDG, Sez. II, n. 53/2016; CDG, Sez IV, n. 50/2016), è modellato sul tipo del procedimento previsto dal codice di rito innanzi alla Suprema Corte ed invero le disposizioni che in argomento si rinvengono nel C.G.S. CONI descrivono, all’art. 54, comma 1, le competenze del Collegio stesso nei seguenti termini:
“…Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti…”.
Vi è, poi, la norma di rinvio al codice di procedura civile, contenuta nell’art. 2, comma 6. Consegue a tale premessa che anche il ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport soggiace alle regole della cosidetta necessità di “autosufficienza”, mutuata questa dall’art. 366
c.p.c. e della specificità dei motivi di cui all’art. 342 c.p.c., applicabile anche al ricorso per Cassazione (cfr. Cass. Sez. Unite 17/09/2015 n.18218).
Circa la specificità dei motivi, invero, si richiede che questi esprimano, individuando le parti della sentenza impugnata che si intende censurare, le norme violate e in che modo, applicate correttamente, dette norme avrebbero dato luogo ad una diversa decisione.
Il ricorrente, cioè, non può limitarsi ad esporre un approdo ermeneutico alternativo rispetto a quello accolto dal Giudice a quo, ma è necessario che egli espliciti le ragioni per le quali dissente da quest’ultimo, indicando, altresì, le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni normative asseritamente violate (cfr. Cass. Civ. Sez. V, 27/05/2015 n. 10905), con una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (cfr. Cass. Sez. VI, 22/9/2014 n. 19959).
Nel caso che ci occupa, è facile notare come il ricorso proposto dal Migotto risenta innanzitutto della mancata descrizione del decisum impugnato, omettendo di riportare perfino il dispositivo della sentenza, oltre che della mancata puntuazione, motivo per motivo, delle parti della sentenza stessa che, riformate, avrebbero dato luogo ad una decisione favorevole al ricorrente, senza che altre ragioni del decisum, risultassero, comunque, efficienti per la tenuta complessiva della decisione adottata.
Orbene, nel caso di specie, in cui la trattazione degli argomenti difensivi risulta veramente sovrabbondante, purtroppo non si rinviene la necessaria scansione del rapporto tra le parti della sentenza impugnata, i motivi di censura e le norme violate, con la conseguenza che si “richiede” al Collegio di Garanzia di andare a ricercare nella decisione della Corte d’Appello FIP quanto possa dare riscontro alle critiche mosse dal ricorrente, risultando così, in modo evidente, il difetto di autosufficienza del ricorso stesso (che, ripetesi, non narra neppure della pur intuibile decisione di rigetto adottata dalla Corte Federale). Quanto, poi, alla mancanza di specificità, è sufficiente leggere il capo quarto, punto A] (ma anche punto B], ecc.), riservato alla descrizione della così detta “cornice normativa”, la cui collocazione in atto, a seguito della narrazione della decisione già adottata dal Collegio di Garanzia il 21/02/2017, dovrebbe costituire il corollario di censure che non trovano riscontro specifico nei motivi di ricorso, neppure presentati come tali, per come introdotti senza soluzione di continuità con una “lettera B)” che annuncia la tesi della nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva.
Anche a prescindere, peraltro, dall’inammissibilità del ricorso in sé, non v’è dubbio che, trascorrendo all’esame di quelli che sembrerebbero essere i singoli motivi di gravame, si possa cogliere, ad esempio in reazione a quello “sub D)”, una vera e propria censura di merito, inammissibile come tale, con la stessa richiedendosi sostanzialmente un riesame del materiale probatorio (al pari di quanto avviene con il “motivo F]”).
E’, invero, censura di merito anche quella con la quale si pretende di dimostrare l’asserita violazione dei principi fissati con la sentenza rescindente, in quanto, pur nella sua libertà di valutazione dei fatti, la Corte Federale si è attenuta ai principi e agli indirizzi espressi dal Collegio di Garanzia nella sentenza n. 15 del 21/02/2017, pervenendo (tuttavia) a conclusioni diverse da quelle auspicate dal ricorrente, ma sulle quali non è possibile una rivalutazione da parte del Collegio di Garanzia, se non, per l’appunto, riesaminando e raffrontando le risultanze probatorie al cospetto di un percorso motivazionale seguito dalla Corte Federale che non presenta criticità sul piano logico, anche lìddove trattano degli elementi raccolti per confermare l’indipendenza degli organi valutativi.
D’altra parte, il Collegio di Garanzia, nella decisione del 21/2/2017, confermava l’insindacabilità della norma interna contenuta nell’art. 63 del regolamento CIA, pur se ne definiva il perimetro applicativo, e pertanto risulta alquanto sterile ogni critica circa la compatibilità di detta norma (peraltro non precedentemente impugnata) con altri principi generali dell’ordinamento sportivo.
A tutto voler consentire, potrebbe avere un qualche rilievo, sul piano della legittimità, la questione se la Corte Federale abbia violato le norme di rito, quando chiamava a deporre il sig. Pozzana, anche per come possa rilevare in relazione all’altro aspetto che potrebbe connotarsi in termini di ammissibile censura innanzi al Collegio di Garanzia, e cioè della asserita violazione dell’art 38 CGS Coni (con conseguente nullità della decisone adottata dalla Corte Federale). Orbene, circa l’introduzione del teste in questione, occorre subito stigmatizzare che la decisione della Corte Federale prescinde pressoché del tutto dalle dichiarazioni rese dal detto teste e, pertanto, poggiando la decisione stessa sulle deposizioni degli altri testi, ed in particolare su quella del Di Modica, anche la rimozione dal quadro probatorio della deposizione di quegli, non è dimostrato che avrebbe condotto ad una diversa decisione di merito.
Quanto, poi, alla già accennata censura di avvenuta violazione dell’art. 38 CGS CONI, quand’anche si volesse superare la già rilevata inammissibilità del ricorso in sè, questa risulta infondata, giacché:
a) i termini perentori previsti nell’ordinamento sportivo sono quelli espressamente dichiarati tali, e non è possibile ritenerli non ordinatori attraverso un procedimento di carattere interpretativo, quale quello che il ricorrente propone;
b) la Corte adita, al cospetto del termine ordinatorio, bene ha fatto a disporre cautelativamente la sospensione del termine stesso, in dipendenza della istruttoria a farsi;
c) l’istruttoria espletata risulta effettivamente articolata e ponderosa, così da potersi giustificare la dilatazione del termine ordinatorio;
d) il fatto che la Corte si sia indotta ad un istruttoria più laboriosa del necessario, introducendo il teste Pozzana, non sembra possa costituire atto illegittimo inficiante la decisione, sia perché il teste risultava già indicato dallo stesso ricorrente, sia perché proprio la sentenza del Collegio di Garanzia, che la Corte si accingeva ad “applicare” in sede di rinvio, affermava il principio di doversi espandere l’istruttoria in tutte le direzioni ritenute utili, sia perché previsto dal codice di rito, all’art. 257 c.p.c. (che è norma applicabile anche al giudizio di secondo grado quando in detta sede si procede all’assunzione di mezzi di prova non ammessi in primo grado - Cass. civ., Sez. III, n. 18468/2015; Cass. n. 11436/2002), sia perché lo imponevano i detti principi di lealtà sportiva, legittimanti l’accertamento della verità e perciò idonei a giustificare un’applicazione non rigida della norma processuale (purchè, ovviamente, nei limiti della portata precettiva).
Fa da sfondo al processo sportivo il principio generale di cui al comma 1 dell’art. 2 del CGS CONI, che prevede: “tutti i procedimenti di giustizia regolati dal Codice assicurano l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati, degli affiliati e degli altri soggetti dal medesimo riconosciuti”.
Fatto è che tutti i motivi di impugnazione, come già accennato, finiscono nel sollecitare diverse valutazioni soggettive rispetto a risultanze probatorie non univoche (almeno a dire del ricorrente), ma che, dunque, avrebbero consentito l’adozione di decisioni alternative, cosicché l’una non può prevalere sull’altra, se non attraverso una inammissibile rivalutazione di merito da parte di questo Collegio. Né è sufficiente che, incidentalmente, la Corte Federale abbia prima affermato e poi negato il dissidio tra Migotto e Pozzana, nel mentre appare corretta la conclusione che, quand’anche questo sussistesse, la decisione pregiudizievole non veniva assunta solo dal Pozzana, bensì da un organismo collegiale, peraltro ricettivo di altre valutazioni espresse da altri organismi indipendenti (le designazioni non vengono fatte dal CIA e dall’OT, ma vengono fatte dal Settore Agonistico (SA) della FIP, ossia un ufficio diverso e del tutto indipendente e ciò proprio onde evitare che sia lo stesso Comitato Arbitri a stabilire le designazioni).
Ne consegue la già preannunciata inammissibilità del ricorso (oltre che, incidentalmente, la sua infondatezza), ma anche la sussistenza di sufficienti ragioni, da cogliersi nella complessità di tutta la vicenda processuale, per disporre una compensazione delle spese di lite.
Al contempo, si pone la necessità di dover sollecitare alla Procura Federale competente, ove non già adita sul punto, una indagine circa la sussistenza di presupposti per deferimenti disciplinari, in relazione a quanto emerge dalle dichiarazioni testimoniali rese innanzi alla Corte Federale (anche in via di conferma del contenuto di talune conversazioni telefoniche).
Si tratterebbe, invero, di fatti che - come nel caso di quanto riferito da Enrico Boscolo e da Giovanni Di Modica (nella telefonata del 16/05/2016) - se riscontrati, comporterebbero perfino la possibilità di un’alterazione dei risultati sportivi attraverso lo sviamento del procedimento di designazione degli arbitri.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 90/2017, presentato, in data 31 agosto 2017, dal sig. Antonio Migotto, per l’annullamento della decisione della Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), deliberata in data 25 luglio 2017, con motivazioni pubblicate nel comunicato ufficiale della FIP n. 121 del 3 agosto 2017, che ha respinto il ricorso proposto dal medesimo ricorrente nel giudizio di rinvio, promosso, ex art. 62, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva CONI, a seguito della decisione n. 15/2017 del Collegio di Garanzia dello Sport e, per l’effetto, ha confermato l’esclusione del ricorrente dalla lista degli arbitri di Serie A2 maschile e A1 femminile, come da deliberazione del Consiglio Federale della FIP del 16 luglio 2016, dichiara inammissibile il ricorso.
Rimette gli atti alla Procura Federale della Federazione Italiana Pallacanestro per i profili di sua competenza in ordine a quanto emerso in fase istruttoria dinanzi alla Corte Federale d’Appello della FIP; il tutto come in motivazione.
Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 16 ottobre 2017.
Il Presidente Il Relatore
F.to Vito Branca F.to Giuseppe Andreotta
Depositato in Roma in data 15 novembre 2017.
Il Segretario
F.to Alvio La Face