CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 87 del 21/11/2017 – Francesco Millesi/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 87

Anno 2017

 

 

 IL COLLEGIO DI GARANZIA

SECONDA SEZIONE

 

composta da

Attilio Zimatore - Presidente

Ermanno de Francisco - Relatore

Oreste Michele Fasano

Patrizia Ferrari

Vincenzo Nunziata - Componenti

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

 

 

nel giudizio iscritto al R.G. n. 82/2017, proposto, in data 3 agosto 2017, dal sig. Francesco Millesi, rappresentato e difeso, come da procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Dario Vannetiello, con studio in Roma, via Calabria, n. 56;

 

contro

 

 

la F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via Allegri, n. 14, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa, come da procura in calce alla memoria di costituzione, dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama, n. 58;

 

nonché

 

nei confronti:

 -        della Corte Federale d’Appello della F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, via Allegri, n. 14;

-         del Tribunale Federale Nazionale della F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, via Allegri, n. 14;

-         della Procura Federale della F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, via Allegri, n. 14;

 

per l’annullamento

 

della decisione della Corte Federale d'Appello F.I.G.C. – Sezioni Unite – presidente il Dott. Sergio Santoro, di cui al C.U. n. 007/CFA, 2017-2018, assunta nella riunione del 18 maggio 2017, C.U. n. 133/CFA, e pubblicata in data 4 luglio 2017, con la quale, in parziale accoglimento del gravame dell’odierno ricorrente, le sanzioni inflitte dalla Sezione Disciplinare del Tribunale della F.I.G.C. sono state rideterminate, rispetto al predetto sig. Millesi, nella misura di anni 3 di squalifica e € 20.000,00 di ammenda.

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

uditi, nell’udienza del 25 settembre 2017, l’avv. Dario Vannetiello per il ricorrente, sig. Francesco Millesi; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, per la resistente F.I.G.C., nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Antonio Marino, all’uopo delegato dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, cons. Ermanno de Francisco.

 

Ritenuto in fatto

 

1. – Il sig. Francesco Millesi ha impugnato davanti a questo Collegio la decisione della Corte Federale di Appello – Sezioni Unite – della Federazione Italiana Giuoco Calcio, di  cui  in epigrafe, che, in parziale accoglimento dell’appello, gli ha irrogato le sanzioni di anni 3 di squalifica ed € 20.000,00 di ammenda, così riducendo la più grave sanzione (di anni 5 di squalifica ed € 50.000,00 di ammenda) che gli era stata inflitta in primo grado dalla Sezione Disciplinare del Tribunale Federale della F.I.G.C..

2.1.    – Il ricorso a questa suprema istanza di giustizia sportiva deduce come primo motivo la “Omessa motivazione (totale) circa un punto decisivo della controversia …: la [dedotta] estinzione del procedimento per avvenuto superamento del termine di cui all’art. 34-bis CGS”.

2.2.    – Quanto al secondo motivo di ricorso, si anticipa sin d’ora il rilievo che questo Collegio non è in grado di indicarne la rubrica, essa essendo formulata alle pagine 4 o 5 del gravame in trattazione; le quali, però, non sono fisicamente contenute nell’atto che il ricorrente ha inoltrato a questo Giudice; nondimeno – ciò che eviterà una declaratoria d’inammissibilità, almeno in parte qua – è possibile ritrarne il contenuto (in sostanza e almeno parzialmente, come meglio si dirà infra) alla stregua di quanto si legge nelle successive pagine.

2.3.    – Il terzo motivo di ricorso deduce la “violazione dell’art. 37 IV co. CGS”, sub specie di “violazione del principio del reale contraddittorio”, di “lacune della decisione determinate [dal]la insufficiente motivazione di cui all’art. 54”, nonché, in merito, l’omessa considerazione della “ipotesi alternativa tracciata dalla difesa, quella del millantare esclusivo di Pini con i camorristi/scommettitori, non valutata dalla Corte” e “la assenza e/o insufficienza della prova dell’illecito sportivo di cui alla partita Modena-Avellino”.

2.4.    – Infine, il quarto e ultimo motivo di ricorso deduce la “Violazione della norma di diritto di cui all’art. 7 comma 7 CGS (omessa qualificazione dei fatti in tale fattispecie)” e la “Omessa o insufficiente motivazione rispetto alle specifiche argomentazioni devolute sul tema ed alla specifica richiesta”.

3.       – Giova ricordare, in punto di fatto, che, come si legge nell’appellata decisione della Corte Federale d’Appello, “Millesi Francesco, calciatore tesserato all’epoca dei fatti con la società A.S. Avellino 1912 S.r.l.”, nel giudizio sportivo di primo grado era stato ritenuto responsabile (ma solo parzialmente, perché già in prime cure era stata esclusa la sussistenza dell’illecito associativo contestato dalla Procura) della “violazione dell’art. 9 C.G.S. perché”, insieme a altri tesserati ivi parimenti sanzionati, commetteva “una serie di illeciti disciplinari, fra i quali illeciti sportivi, ex art. 7 C.G.S., operando con condotte finalizzate ad alterare il regolare svolgimento e il risultato di gare del campionato nazionale di serie B con lo scopo di assicurarsi un vantaggio economico mediante percezione di somme di denaro da soggetti facenti parte di organizzazioni malavitose dedite alle scommesse sulle gare in questione”: trattasi, nel dettaglio, delle gare Avellino/Reggina del 25 maggio 2014 e Modena/Avellino del 17 maggio 2014.

In parziale riforma della prima decisione, la qui gravata decisione d’Appello ha però escluso la sussistenza del fatto ascritto circa la gara Avellino/Reggina, confermandola, invece, solo quanto alla gara Modena/Avellino; per l’effetto, la sanzione applicata è stata  riduttivamente rideterminata nella suindicata misura, sostanzialmente ricavata dalla pena edittale minima prevista dalla normativa più favorevole ritenuta ratione temporis applicabile (art. 7, comma 5, C.G.S., nel testo in vigore alla data di svolgimento della partita Modena/Avellino: “squalifica per un periodo minimo di tre anni e … ammenda non inferiore ad € 50.000,00”).

4.       – Come si è già visto, l’odierno ricorso deduce, in rito, le violazioni procedimentali indicate nei motivi di gravame sopra trascritti; e, nel merito, confuta la sussistenza dell’illecito nei residui termini ritenuti sussistenti dalla Corte Federale di Appello.

La difesa della F.I.G.C., ut supra costituita nel presente grado del giudizio, pur non volendo formulare espressamente un’eccezione preliminare sul punto – che, però, pare difficile non considerare comunque proposta, pur se nell’ambiguità della specifica formulazione letterale volutamente utilizzata dalla parte resistente – ha richiesto che in questa sede “Valuti preliminarmente il Collegio se il gravame avversario possa superare la soglia di ammissibilità, risultando privo dei requisiti minimi indicati dall’art. 59, co. 3, lett. C) del CGS CONI, per essere stata totalmente omessa «l’esposizione dei fatti essenziali alla decisione domandata»”.

Resiste, quindi, ai motivi di rito e deduce l’inammissibilità, davanti a questo Collegio, di quelli ulteriori, volti a ottenere l’emissione di “una decisione sostitutiva di merito”.

 

Considerato in diritto

 

1.       – Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame in trattazione – eccezione che, sebbene formulata in via meramente esortativa dalla difesa della F.I.G.C., non può non ritenersi formalmente proposta, non essendo dato alle parti sollecitare l’esercizio dei poteri, pur se officiosi, del giudice, disconoscendo di aver proposto un’eccezione sul punto; eccezione che, beninteso, rientra tra quelle c.d. “improprie”, appunto perché concernente un ambito comunque conoscibile ex officio dal giudicante a prescindere dall’attività sollecitatoria di parte – per omessa analitica specificazione dei fatti di causa.

Ciò in quanto nessuna norma del C.G.S. pone per il giudizio sportivo il principio formale di c.d. autosufficienza del ricorso, solo in base al quale potrebbe fondatamente invocarsi in questa sede l’inammissibilità del gravame per omessa indicazione dei fatti materiali da cui si origina la controversia; con il corollario che, nel difetto di una siffatta previsione normativa riferibile al presente procedimento, non può trovare automatica applicazione la notoria giurisprudenza in proposito elaborata dalla Corte di Cassazione; dovendosi viceversa affermare che l’inammissibilità del gravame sportivo per tal causa può predicarsi unicamente in quei casi – tra cui quello in esame palesemente non rientra – in cui risulti concretamente impossibile, anche all’esito di una ragionevole relatio ad altri atti del procedimento richiamati nell’atto processuale introduttivo, pervenire a un’adeguata comprensione dei fatti di causa che ne consenta lo scrutinio.

Nel caso in esame è sufficiente leggere (doverosamente) l’impugnata decisione della Corte Federale di Appello per poter comprendere e quindi scrutinare le censure che il ricorrente ha svolto su di essa, in rapporto ai fatti materiali occorsi e per cui è causa.

Sicché la pretesa di un’analitica esposizione di tali fatti in ricorso si risolverebbe in una non essenziale superfetazione del relativo contenuto, che non avrebbe altri effetti che quello (pernicioso) di un’ipertrofica lunghezza dell’atto introduttivo, sostanzialmente disallineata rispetto al sempre più generale principio di sinteticità degli atti processuali; ai quali – con specifico riferimento ai ricorsi a questo Collegio – non si richiede alcun contenuto che ecceda il minimo occorrente per rendere intellegibili le censure proposte.

2.       – Ciò posto, occorre prendere le mosse dallo scrutinio del primo motivo di ricorso (di cui al § 2.1 della superiore narrativa in fatto), con cui si deduce la “omessa motivazione (totale) circa un punto decisivo della controversia”, consistente nella già eccepita, ma non esaminata, deduzione di intervenuta “estinzione del procedimento per avvenuto superamento del termine di cui all’art. 34-bis CGS”.

2.1.    – Tale motivo è svolto dal ricorrente nelle pagine da 1 a 3 (salvo quelle successive) dell’atto introduttivo del presente ultimo grado del giudizio sportivo e solo in tali limiti può essere scrutinato; infatti, sebbene sia dato evincere che l’esposizione prosegua anche (almeno) nella pagina successiva, la pagina n. 4 (al pari di quella n. 5) non è fisicamente presente nell’atto che è stato inoltrato dal ricorrente a questo Giudice (come si è già riferito nel § 2.2 della narrativa in fatto che precede) – e del quale atto, ovviamente, non può consentirsi l’integrazione postuma, rispetto alla scadenza del termine per la proposizione del gravame in trattazione – sicché detto primo motivo può qui scrutinarsi solo nei limiti in cui è stato svolto nelle prime tre pagine del ricorso.

Tuttavia, e sia pure in tali limiti, il motivo in esame è fondato in punto di fatto – com’è del resto ammesso nella stessa memoria di costituzione della F.I.G.C. versata in atti – giacché “sul punto, va riconosciuto, … la CFA non si è pronunciata”.

2.2.    – Nondimeno – pur se la parte resistente ulteriormente affermi che “ciò comporta, ai sensi dell’art. 62.1 del CGS, la cassazione con rinvio al giudice a quo, salvo che le parti non avanzino concorde richiesta [al] … Collegio di Garanzia di decidere direttamente la questione”, tanto che è solo “in tale prospettiva” che detta parte abbia svolto le proprie difese “in ordine all’infondatezza della questione” –, questo Collegio rileva come la fattuale fondatezza della censura, testé riscontrata, si risolva, nel caso in esame, in una mera declaratoria di sussistenza del dedotto difetto formale di pronunzia, che però, per le ragioni di cui infra, non implica la necessità del rinvio al giudice a quo.

In proposito va dato atto di come, nell’udienza di discussione del presente affare, tutti i difensori presenti abbiano, da un lato, riconosciuto come pacifico il fatto che, nel corso del giudizio di primo grado, le parti avessero congiuntamente richiesto un rinvio per esaminare la documentazione versata in atti dalla Procura Federale in data 27 febbraio 2017;  ma che, tuttavia, la parte qui ricorrente – ritenendo tardivo detto deposito e, come tale, non idoneo il rinvio d’udienza che ne è scaturito a implicare la necessità di sospendere il termine procedurale (decadenziale) entro cui la vertenza disciplinare deve concludersi, a norma dell’art. 34-bis, comma 5, del C.G.S. – ha insistito per la declaratoria di intervenuta estinzione del potere sanzionatorio in base a tale ultima norma del C.G.S., opponendosi comunque a un’immediata pronunzia su tale questione da parte di questo Collegio (in contrario allegando l’esigenza di non privarsi d’un grado di giudizio per il caso che l’eccezione non abbia trovato accoglimento) e invece instando per una mera decisione di annullamento restitutorio alla Corte Federale d’Appello della F.I.G.C..

2.3.    – Non è però questa la conclusione cui questo Giudice ritiene di dover pervenire.

2.4.    – È incontroverso che la documentazione versata in atti all’udienza di primo grado del 27 febbraio 2017 fosse pervenuta alla Procura Federale in allegato alla nota del 23 febbraio 2017 della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Napoli.

In proposito, la difesa del Millesi ha sostenuto che la tardività della trasmissione dei documenti de quibus – tardività insita nel fatto che si è trattato di documentazione da tempo acquisita alle indagini penali – dalla Procura della Repubblica alla Procura Federale non possa riverberare in danno del prevenuto nel procedimento sportivo, con la conseguenza che anche la produzione nel giudizio sportivo vada considerata tardiva e, conseguentemente, che non vi fosse luogo a disporre la sospensione dei termini del procedimento sanzionatorio a causa della sopravvenienza di tale documentazione.

2.5.    – Siffatta prospettazione – sostanzialmente implicante una sorta di simbiotica unicità tra le due menzionate procure, che renderebbe imputabili anche a quella sportiva le scelte degli inquirenti della sede penale – certamente non può condividersi.

Essa, infatti, collide in radice con la reciproca estraneità delle due predette procure – immediato corollario, peraltro, della teoria c.d. istituzionale, affermatasi a partire dalla prima metà del secolo scorso, che postula l’indipendenza reciproca tra gli ordinamenti giuridici pur coesistenti: nella specie, quello sportivo e quello statuale – che induce ognuno a comprendere come le libere scelte processuali della Procura della Repubblica siano, per la Procura Federale, meri fatti (e non atti) giuridici; con la conseguenza che i fatti (e le prove) comunicati o trasmessi dalla prima alla seconda sono, per quest’ultima, fatti (e prove) nuovi – anche nei sensi di cui agli artt. 345, III comma, e 395, n. 3, c.p.c. – e, come tali, oggettivamente non passibili di esser prodotti in giudizio anteriormente a siffatta comunicazione o trasmissione.

Del tutto congruente con siffatta ricostruzione sistematica, peraltro, risulta la norma di cui all’art. 32-quinquies, comma 3, V periodo, in forza del quale “Possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”.

Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte qui ricorrente, la documentazione versata agli atti del giudizio sportivo in data 27 febbraio 2017 deve considerarsi esistente ed acquisita, da parte della Procura Federale, solo a far data dal 23 febbraio 2017 (proprio perché in nessun modo possono riferirsi alla Procura Federale la condotta o le scelte della Procura della Repubblica); sicché, con ogni evidenza, tale documentazione non avrebbe potuto essere prodotta anteriormente e, perciò, in nessun modo la data di tale produzione da parte della Procura Federale può considerarsi tardiva.

Radicalmente infondato, in proposito, deve dunque giudicarsi l’assunto di parte ricorrente, secondo cui non “servirebbe rifugiarsi in un mancato coordinamento tra gli Uffici inquirenti della Giustizia sportiva con quelli della giustizia ordinaria”; appunto perché nessun rapporto, men che mai in termini di necessario coordinamento, sussiste tra essi e tra i distinti ordinamenti giuridici cui essi appartengono.

2.6.    – È sulla base di tali premesse qualificatorie che va deciso questo motivo di ricorso.

L’art. 62, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva prevede che, “Se non dichiara l’inammissibilità del ricorso, il Collegio di Garanzia dello Sport provvede all’accoglimento a norma dell’art. 12 bis, comma 3, Statuto del Coni, decidendo la controversia senza rinvio solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto ovvero le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale”.

Letteralmente, dunque, questo Collegio, a tenore di detto art. 62, comma 1, decide “la controversia senza rinvio solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto ovvero le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale”;

sistematicamente, ciò va necessariamente inteso nel senso che la norma ha previsto due ipotesi alternative:

1)       si decide senza rinvio quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto (anche se non vi sia stata concorde richiesta delle parti);

2)       si decide comunque nel merito, in base al principio dispositivo, quando le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale (implicitamente rinunziando a ogni ulteriore accertamento di fatto).

Diversamente opinando – ossia ritenendo che le due ipotesi siano concorrenti, nel senso della necessità del consenso di tutte le parti e della cumulativa non necessità di ulteriori accertamenti di fatto – il primo profilo (quello oggettivo) sarebbe fatto oggetto di una sorta di inammissibile interpretatio abrogans, la fattispecie unicamente incentrandosi sul secondo profilo (quello soggettivo) costituito dal consenso delle parti.

Invero – dovendosi escludere che si verta in un ambito di giurisdizione oggettiva – non si vede come, in presenza di un consenso espresso di tutte le parti, il giudice potrebbe rifiutarsi di decidere la controversia senza rinvio, quand’anche ritenesse inadeguato il materiale istruttorio acquisito agli atti di causa (dovendo tuttavia decidere, in tal caso, secondo le regole dell’onere probatorio).

Del resto, siffatta esegesi è quella più coerente con il significato, intrinsecamente disgiuntivo, della locuzione “ovvero” che si rinviene nella norma de qua.

2.7.    – Per concludere sul mezzo in esame, questo Collegio ritiene:

I)        di dover dichiarare il difetto d’una pronunzia espressa della Corte Federale d’Appello sull’eccezione di estinzione del giudizio per intervenuto superamento del termine di cui all’art. 34-bis, comma 1, del C.G.S. della F.I.G.C. (ai sensi del quale “Il termine per la pronuncia della decisione di primo grado è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare”), dedotta dall’appellante e reiterata in questa sede;

II)       di dover decidere comunque la causa senza rinvio, non essendoci necessità di alcun ulteriore accertamento di fatto e pur in difetto di una concorde richiesta delle parti;

III)      di dichiarare tempestiva, rispetto alla data in cui sono state acquisite, la produzione documentale effettuata in primo grado dalla Procura Federale in data 27 febbraio 2017;

IV)     conseguentemente, di dichiarare che il termine fissato per la conclusione del giudizio di primo grado non può considerarsi superato perché – ai sensi dell’art. 38, comma 4 e comma 5, lett. c), del C.G.S. del C.O.N.I. – il suo decorso è stato sospeso legittimamente dal Tribunale Federale di primo grado con provvedimento assunto all’udienza del 3 marzo 2017, stante che, ai sensi del cit. comma 5, lett. c), “Il corso dei termini è sospeso se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore” (purché, ovviamente, tale richiesta di rinvio non sia stata indotta dalla tardività della produzione documentale della Procura Federale: tardività nella specie insussistente);

V)      di dichiarare inammissibili – non potendoli oggettivamente esaminare – eventuali ulteriori profili del primo motivo di ricorso che fossero svolti in pagine successive alla n. 3 del gravame, tali pagine non essendo fisicamente presenti nell’atto di parte inviato.

Ne consegue la reiezione, nei sensi predetti, del primo motivo del gravame.

3.       – Passando a scrutinare il secondo motivo del ricorso, e congiuntamente quelli ulteriori, s’è già detto che di esso non può conoscersi la rubrica, che è formulata alle pagine 4 o 5 del gravame in trattazione, le quali appunto non sono fisicamente contenute nell’atto pervenuto a questo Collegio.

3.1.    – Tuttavia, da quanto è dato evincere dalle pagg. 6 e ss. del ricorso, in tale motivo di gravame si deducono plurimi profili di difetto motivazionale della sentenza gravata.

In particolare, il ricorrente deduce che “la omessa motivazione e/o la insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia” si paleserebbe in relazione ai “numerosi passi/temi del reclamo che non hanno trovato risposta alcuna nei due giudizi di merito”.

In argomento – così come con riguardo ai due ulteriori motivi di ricorso – la difesa della F.I.G.C. ha eccepito “la palese inammissibilità, essendo la stessa difesa avversaria, nell’incipit che ne precede l’illustrazione, a dare esplicitamente atto che essi esorbitano dal perimetro delineato dall’art. 54 del C.G.S. CONI, laddove afferma il potere di codesto Collegio di «(e)mettere una decisione sostitutiva di merito»”.

Il riferimento, che coglie palesemente nel segno, è alle righe 5-6 di pag. 6 del gravame. L’argomentazione  di  parte  ricorrente  vorrebbe  fondarsi,  in  effetti,  sulla  “conformità  ad  un orientamento anche di recente espresso dalla cassazione civile ed avvalorato ancor di più … dall’entrata in vigore dell’ultima riforma del processo penale che ha ampliato i poteri dell’Ecc.ma Corte di annullamento senza rinvio”.

Risulta, però, sin troppo agevole osservare che i poteri e le competenze del Collegio di Garanzia dello Sport – ed i conseguenti limiti di ammissibilità dei ricorsi a questa suprema istanza della giustizia sportiva – non sono delineati dalle norme processuali civili o penali che disciplinano la Corte di Cassazione, bensì dal C.G.S. del C.O.N.I. e, segnatamente, dal relativo art. 54, comma 1, in base al quale: “Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti” (mentre è solo nei casi, qui certamente non ricorrenti, di cui al relativo comma 3 che “il giudizio può essere anche di merito e in unico grado”).

3.2.    – Ciò posto come criterio fondamentale di perimetrazione dell’ammissibilità della devoluzione delle questioni di fatto a questo Collegio, vanno dichiarati inammissibili sia il secondo, sia anche il terzo ed il quarto dei motivi posti a base del presente ricorso.

3.3.    – Come s’è detto nella narrativa in fatto che precede, il terzo motivo di ricorso deduce la “violazione dell’art. 37 IV co. CGS”, sub specie di “violazione del principio del reale contraddittorio”, di “lacune della decisione determinate [dal]la insufficiente motivazione di cui all’art. 54”, nonché, in merito, l’omessa considerazione della “ipotesi alternativa tracciata dalla difesa, quella del millantare esclusivo di Pini con i camorristi/scommettitori, non valutata dalla Corte” e “la assenza e/o insufficienza della prova dell’illecito sportivo di cui alla partita Modena- Avellino”.

3.4.    – Da ultimo, il quarto motivo deduce “Violazione della norma di diritto di cui all’art. 7 comma 7 CGS (omessa qualificazione dei fatti in tale fattispecie)” e “Omessa o insufficiente motivazione rispetto alle specifiche argomentazioni devolute sul tema ed alla specifica richiesta”.

3.5.    – Indubbiamente, il già ricordato art. 54, comma 1, del C.G.S. consente la proposizione del ricorso in questa sede “per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”, con il corollario che sarebbe ammissibile dedurre specifici profili di contraddittorietà o insufficienza motivazionale della sentenza gravata; il che non è nella vicenda de qua.

Tutti gli ulteriori tre motivi di ricorso ora congiuntamente in trattazione sono invero inammissibili, in quanto essi – sotto le malcelate sembianze di asseriti vizi afferenti a profili motivazionali – ripropongono in effetti in questa sede di legittimità questioni di merito, vuoi perché afferenti a valutazioni già effettuate (e congruamente motivate) dalla Corte Federale d’Appello, vuoi perché reiterative di tesi e argomentazioni di parte già offerte al Giudice sportivo di secondo grado che non irrazionalmente le ha disattese.

Invero, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa di parte ricorrente, per pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale la sentenza è congruamente ed esaustivamente motivata allorché, come nella specie, essa dia adeguatamente conto delle motivazioni della decisione assunta e dei ragionamenti svolti; senza che occorra che essa rechi la confutazione di tutte e ciascuna delle argomentazioni difensive e delle tesi giuridiche svolte e proposte dalla parte ricorrente, allorché risulti chiara e coerente – com’è nella specie – la ragione  della decisione assunta dal giudice di merito.

Ricorrendo tali condizioni, la rivisitazione della valutazione contenutistica da quest’ultimo svolta esula in radice dalle competenze (ex art. 54 cit.) di questo Collegio, una volta che sia assodata l’insussistenza di un effettivo difetto motivazionale della decisione gravata.

Tutte le questioni residualmente in esame impingono, infatti, nella confutazione del ragionamento e delle valutazioni svolte dalla Corte di merito, con motivazione peraltro congrua, completa e persuasiva, dunque intrinsecamente scevra da vizi logico giuridici.

In particolare, la Corte d’Appello Federale ha valorizzato specifiche differenze fattuali tra le vicende in cui si sono storicamente collocate le due partite in contestazione (Avellino/Reggina e Modena/Avellino), giungendo peraltro a conclusioni diverse da quelle del Giudice di prime cure, più favorevoli all’appellante nonché divergenti, nel merito, nella specifica valutazione della condotta del prevenuto rispetto a ciascuna di tali due gare; per ciascuna di esse, inoltre, la Corte ha dettagliatamente espresso ed esposto le ragioni per cui ha ritenuto, non implausibilmente, che la condotta contestata fosse configurabile solo rispetto all’una vicenda (Modena/Avellino) e non all’altra.

Rimane da aggiungere che le valutazioni in base alle quali il Giudice del merito ha formato il proprio convincimento di (peraltro solo parziale) colpevolezza dell’odierno ricorrente devono necessariamente essere sottratte al tentativo processuale di sottoporle a un’intrinseca rivisitazione in questa sede.

Ciò in quanto, com’è stato sempre ribadito dalla giurisprudenza di questo Collegio (cfr., da ultimo, Sezioni Unite, n. 19/2017), “i limiti di censura del sindacato motivazionale in sede di giudizio di legittimità sono estremamente ridotti”; dal che deve dedursi la inammissibilità di motivi “volti a contrapporre alla selezione dei fatti reputati rilevanti o alla loro valutazione da parte del Giudice del merito una possibile selezione o valutazione alternativa” (ibidem).

Anche in questo caso, invero, l’accoglimento di alcuno dei profili di censura sollevati con gli ultimi tre motivi del ricorso implicherebbe “una rinnovata valutazione di elementi già ponderatamente vagliati dai giudici federali: il che corrisponde esattamente a ciò che è precluso al Collegio di Garanzia”.

3.6.    – Tale – e perciò inammissibile – sarebbe, dunque, la cognizione che, in questa sede, si estendesse allo scrutinio, nel merito, della tesi secondo cui la decisione qui impugnata avrebbe “trascurato le dichiarazioni del calciatore incolpato”, ossia quelle rese davanti alla Procura Federale, nonché “davanti alla Corte Federale di appello”.

Senonché l’assunto di parte che financo queste ultime sarebbero “state erroneamente ignorate dai giudici di seconde cure” non può configurare, neppure in astratto, un vizio motivazionale, né “Una rilevante contraddizione interna alla decisione”, unicamente in ciò integrandosi il tentativo della parte stessa di reiterare in questa sede la richiesta di una valutazione nel merito di una tesi difensiva che, prospettata al giudice del merito, non ha trovato in tale sede accoglimento e condivisione: né occorrendo, come già si è accennato, che l’iter motivazionale ripercorra e confuti una ad una le argomentazioni difensive, all’opposto essendo più che sufficiente che il giudice del merito abbia dato motivatamente e plausibilmente atto della propria ricostruzione dei fatti occorsi.

Sicché non risulta condivisibile l’assunto di parte – palesemente volto alla strumentale reiterazione della richiesta di giudizio sul fatto in questa sede di legittimità sportiva – secondo cui “l’obbligo di motivazione deve necessariamente intendersi correlato ai concetti ed agli argomenti devoluti dalla difesa con atto scritto”.

In proposito – mutuando la piana esposizione della tematica in discorso che è dato leggere in Cass., 23 maggio 2007, n. 12052 – deve, viceversa, affermarsi che “il ricorso … con il quale si facciano valere vizi di motivazione della sentenza, … deve contenere … la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ond’è che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento … . Diversamente, si risolverebbe il motivo di ricorso … in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi d’aver omesse l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa all’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo”.

Non può esservi dubbio alcuno che la sentenza qui gravata abbia, effettivamente, motivato adeguatamente circa il convincimento cui, in punto di fatto, è pervenuta la Corte d’Appello Federale, all’esito di un esame logico e coerente – non necessariamente l’unico possibile, né dunque quello più gradito a una delle parti (ciò essendo, del resto, logicamente impossibile in doveroso riferimento ad entrambe) – di tutte le emergenze istruttorie nonché, su di esse, delle contrarie prospettazioni delle parti; né v’è dubbio che le ragioni della decisione appellata risultino ex se idonee a sorreggere la decisione.

Ulteriore e definitiva riprova di ciò è costituita, nel caso di specie, dalla circostanza che il giudice a quo abbia motivatamente ridotto l’ambito oggettivo della responsabilità del ricorrente (escludendola per una partita e confermandola per l’altra) sulla base di una ragionata e ponderata valutazione dei fatti occorsi – che certamente non compete a questo Collegio ripercorrere: né per condividerla, né per modificarla – diversa da quella del primo giudice (che, a sua volta, aveva ridotto quella implicata dalla contestazione della Procura Federale, essendosi escluso già in prime cure l’illecito associativo) e, con ogni evidenza, ampiamente argomentata e motivata sia in fatto sia sul piano logico.

3.7.    – Le stesse considerazioni devono reiterarsi anche con più specifico riferimento al quarto motivo di ricorso: che, al di là della rubrica, analogamente svolge, in una pagina, censure impingenti nel merito delle valutazioni del giudice a quo, perciò inammissibili.

4.       – Conclusivamente – dovendosi disattendere il primo dei motivi del presente ricorso, nei sensi indicati supra (cfr., in particolare, il superiore § 2.7), e risultando invece inammissibili il secondo, il terzo e il quarto di tali motivi, per le ragioni testé esposte – il ricorso va dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato.

Le spese del grado seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione

 

Dichiara il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato.

 

Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 1.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 25 settembre 2017.

 Il Presidente                                   Il Relatore

F.to Attilio Zimatore           F.to Ermanno de Francisco

 

 

Depositato in Roma in data 21 novembre 2017.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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