CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 25 del 07/04/2017 – Santarcangelo Calcio s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio Marco Di Chio/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Paganese Calcio 1926 s.r.l./ Federazione Italiana Giuoco Calcio Fabrizio Maglia/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Cosimo d’Eboli/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Claudio Arpaia/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Vigor Lamezia srl/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Vito Falconieri/ Federazione Italiana Giuoco Calcio Salvatore Casapulla/ Federazione Italiana Giuoco Calcio
Decisione n. 25
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente e Relatore
Mario Sanino
Attilio Zimatore
Massimo Zaccheo
Dante D’Alessio – Componenti e Relatori
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nei giudizi riuniti e iscritti:
- al R.G. ricorsi n. 16/2017, presentato, in data 15 febbraio 2017, dalla società Santarcangelo Calcio s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo e Michele Cozzone,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
nonché contro
- al R.G. ricorsi n. 17/2017, presentato, in data 15 febbraio 2017, dalla società Paganese Calcio 1926 s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo e Michele Cozzone,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
nonché contro
la Procura Federale della FIGC, non costituitasi in giudizio;
- al R.G. ricorsi n. 18/2017, presentato, in data 15 febbraio 2017, dal sig. Marco Di Chio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Michele Cozzone Fabio Della Longa e Paolo Rodella,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
nonché contro
la Procura Federale della FIGC, non costituitasi in giudizio;
- al R.G. ricorsi n. 20/2017, presentato, in data 15 febbraio 2017, dal sig. Fabrizio Maglia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo, Michele Cozzone, Annalisa Roseti e Gaetano Mari,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
nonché contro
la Procura Federale della FIGC, non costituitasi in giudizio;
- al R.G. ricorsi n. 21/2017, presentato, in data 17 febbraio 2017, dal sig. Cosimo D’Eboli, rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Morescanti,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
nonché contro
la Procura Federale della FIGC, non costituitasi in giudizio;
- al R.G. ricorsi n. 22/2017, presentato, in data 17 febbraio 2017, dal sig. Claudio Arpaia, rappresentato e difeso dall’avv. Cesare Di Cintio,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli;
- al R.G. ricorsi n. 23/2017, presentato, in data 17 febbraio 2017, dalla società Vigor Lamezia s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Scalco,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli;
- al R.G. ricorsi n. 24/2017, presentato, in data 18 febbraio 2017, dal sig. Vito Falconieri, rappresentato e difeso dagli avv.ti Annalisa Roseti e Michele Cozzone,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli;
- al R.G. ricorsi n. 25/2017, presentato, in data 19 febbraio 2017, dal sig. Salvatore Casapulla, rappresentato e difeso dall’avv. Fiorella Testani,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli;
tutti vertenti sull’impugnazione della medesima decisione della Corte Federale d’Appello – Sezioni Unite - FIGC, di cui al C.U. n. 092/CFA del 19 gennaio;
viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza dell’8 marzo 2017, quanto ai ricorsi iscritti:
A. al R.G. ricorsi n. 16/2017, gli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo e Michele Cozzone, per la ricorrente - Santarcangelo Calcio s.r.l. -, nonché i difensori della resistente FIGC, avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata;
B. al R.G. ricorsi n. 17/2017, gli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo e Michele Cozzone, per la ricorrente - Paganese Calcio 1926 s.r.l. -, nonché i difensori della resistente FIGC, avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata;
C. al R.G. ricorsi n. 18/2017, gli avv.ti Michele Cozzone e Fabio Della Longa, per il ricorrente – sig. Marco Di Chio -; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
D. al R.G. ricorsi n. 20/2017, gli avv.ti Eduardo Chiacchio, Monica Fiorillo e Michele Cozzone, per il ricorrente - sig. Fabrizio Maglia -; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
E. al R.G. ricorsi n. 21/2017, l’avv. Silvia Morescanti, per il ricorrente - sig. Cosimo D’Eboli -; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
F. al R.G. ricorsi n. 22/2017, l’avv. Cesare Di Cintio, per il ricorrente - sig. Cluadio Arpaia -; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
G. al R.G. ricorsi n. 23/2017, l’avv. Cesare Di Cintio, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Andrea Scalco, per la ricorrente - Vigor Lamezia s.r.l. -, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata;
H. al R.G. ricorsi n. 24/2017, l’avv. Michele Cozzone, per il ricorrente - sig. Vito Falconieri -; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
I. al R.G. ricorsi n. 25/2017, l’avv. Fiorella Testani, per il ricorrente - sig. Salvatore Casapulla; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
uditi, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, i relatori, Presidente Franco Frattini, e Componenti Mario Sanino, Attilio Zimatore, Massimo Zaccheo e Dante D’Alessio.
Ritenuto in fatto
1- In data 4 agosto 2016, il Procuratore Federale, in seguito all’acquisizione della documentazione relativa al procedimento penale n. 1110/2009 r.g.n.r. (indagine Dirty Soccer) pendente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – D.D.A., deferiva, tra i tanti, al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare:
- Arpaia Claudio, all’epoca dei fatti presidente e legale rappresentante della società Vigor Lamezia s.r.l., per violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, e con le aggravanti di cui all’art. 7, com. 6, del CGS FIGC;
- Casapulla Salvatore, all’epoca dei fatti dirigente tesserato per la società SS Barletta Calcio s.r.l., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 7, del CGS FIGC;
- D’Eboli Cosimo, all’epoca dei fatti direttore generale della Paganese Calcio 1926 s.r.l., per violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del CGS FIGC;
- Di Chio Marco, all’epoca dei fatti allenatore iscritto nei ruoli tecnici della FIGC, non tesserato, per violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del CGS FICG;
- Falconieri Vito, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società Santarcangelo Calcio s.r.l., per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC;
- Maglia Fabrizio, all’epoca dei fatti direttore sportivo tesserato per la società Vigor Lamezia s.r.l., per violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del CGS FIGC;
- Paganese Calcio 1926 s.r.l., per responsabilità oggettiva ex art. 7, com. 2, e art. 4, com. 2, del CGS FIGC, in ordine alle violazioni contestate al sig. Cosimo D’Eboli (art. 7, commi 1 e 2, del CGS FIGC);
- Santarcangelo Calcio s.r.l., per responsabilità oggettiva ex art. 7, com. 2, e art. 4, com. 2, del CGS FIGC, in ordine alle violazioni contestate al sig. Vito Falconieri (art. 7, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC);
- Vigor Lamezia s.r.l., per responsabilità diretta ex art. 7, com. 2, e art. 4, com. 1, del CGS FIGC, in ordine alle violazioni contestate al sig. Claudio Arpaia (art. 7, commi 1, 2 e 7, del CGS FIGC) e per responsabilità oggettiva ex art. 7, com. 2, e art. 4, com. 2, del CGS FIGC, in ordine alle violazioni contestate al sig. Fabrizio Maglia (art. 7, commi 1 e 2, del CGS FIGC); contestando a ciascuno le violazioni disciplinari trascritte nell’atto di deferimento, in relazione alle partite:
- Martina – Paganese del 20 dicembre 2014;
- Pistoiese – L’Aquila del 12 aprile 2015;
- Salernitana – Barletta del 25 aprile 2015;
- Vigor Lamezia – Casertana del 25 aprile 2015;
- Tuttocuoio – Gubbio del 29 marzo 2015;
- Santarcangelo – Ascoli del 25 aprile 2015;
- Gubbio – Santarcangelo del 19 aprile 2015;
- L’Aquila – Grosseto del 3 maggio 2015 e
- Juve Stabia – Vigor Lamezia del 3 maggio 2015.
Ad eccezione del solo sig. Arpaia, le parti resistenti si costituivano in giudizio con proprie memorie scritte, contestando i fatti addebitati nel merito e concludendo per il proscioglimento ovvero per il contenimento della sanzione.
In particolare, i sigg. Falconieri e Maglia e le società calcistiche Paganese e Santarcangelo eccepivano l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del deferimento a causa dell’inosservanza, da parte della procura, dei termini di cui all’art. 32 ter, com. 4, del CGS FIGC, recante norme sull’azione del Procuratore Federale.
Il Tribunale Nazionale Federale riteneva che il deferimento era stato promosso tardivamente, violando la perentorietà dei termini sancita dal combinato disposto dell’art. 32 ter, com. 4, del CGS FIGC e dall’art. 38, com. 6, del CGS FIGC e, per ciò, veniva dichiarato irricevibile.
2- Avverso la decisione di primo grado, il Procuratore Federale proponeva reclamo alla Corte Federale d’Appello sulla base di due motivi.
Anzitutto, il reclamante censurava la valutazione del giudice di prime cure sulla perentorietà dei termini imposti dall’art. 38, com. 6, CGS FIGC sull’art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC.
In secondo luogo, la Procura Federale contestava, altresì, l’individuazione del dies a quo cui far decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione del deferimento. Infatti, l’atto di deferimento risultava tempestivo, in quanto l’ultima notifica della conclusione delle indagini era ritualmente avvenuta in data 23 maggio 2016, al domicilio del sig. Di Lauro. L’unica istruttoria e la conseguente trattazione unitaria delle posizioni dei soggetti deferiti, determinando una connessione oggettiva e soggettiva dei fatti, giustificava la decorrenza del termine a difesa dall’ultima notifica della comunicazione di conclusione delle indagini, anche in virtù del principio di economia processuale.
I resistenti continuavano ad insistere sulla perentorietà dei predetti termini e sul principio di personalità dell’azione disciplinare, seppur trattata cumulativamente insieme ad altri deferiti.
Secondo le difese, i termini per proporre il deferimento dovevano essere conteggiati in base alle singole notifiche delle comunicazioni di conclusione delle indagini pervenute a ciascuno degli incolpati, non valendo come dies a quo la data dell’ultima notifica.
Il giorno 21 dicembre 2016 la Corte Federale d’Appello accoglieva il reclamo della Procura Federale, annullava la decisione impugnata e rinviava la trattazione nel merito al Tribunale Nazionale Federale – Sezione Disciplinare, ai sensi dell’art. 37, com. 4, ultimo periodo, del CGS FIGC. Il TNF, a sua volta, recependo la decisione della CFA, fissava per il giorno 17 marzo 2017 l’ulteriore discussione nel merito.
3- Gli odierni ricorrenti, tra il 15 febbraio ed il 20 febbraio 2017, hanno presentato ricorso presso codesto Collegio di Garanzia dello Sport per ottenere l’annullamento e l’integrale riforma della decisione emessa dalla Corte Federale d’Appello.
I principali motivi di doglianza proposti nei ricorsi si incentrano sulla valenza perentoria dei termini dell’art. 32 ter, com. 4, del CGS FIGC e sull’individuazione del dies a quo di calcolo della decorrenza dei termini entro i quali la Procura Federale può esercitare l’azione disciplinare, procedendo al deferimento degli incolpati.
Secondo i ricorrenti, l’atto di deferimento, notificato in data 4 agosto 2016, risulta tardivo e viola il termine previsto dalla predetta norma in quanto la Procura Federale dispone di trenta giorni, decorrenti dalla scadenza del termine concesso per l’audizione o per la presentazione di memorie scritte da parte dell’incolpato, per procedere al deferimento, da calcolare dal giorno di ricevimento della comunicazione della conclusione delle indagini.
In particolare, la Procura Federale ha comunicato la conclusione delle indagini in data 3 maggio 2016 a quasi la totalità degli interessati e ha concesso 45 giorni, decorrenti da detta comunicazione, per consentire ai soggetti medesimi di essere sentiti o di presentare memorie difensive. Il deferimento, di conseguenza, avrebbe dovuto essere notificato entro il 18 luglio 2016 (anziché il 17, in quanto giorno festivo), cioè nei trenta giorni successivi alla scadenza dei 45 giorni concessi alla difesa (3 maggio + 45 = 17 giugno 2016). Secondo il predetto calcolo, il deferimento avvenuto in data 4 agosto 2016 viola palesemente il termine di trenta giorni previsto dall’art. 32 ter, com. 4, del CGS FIGC.
In relazione all’individuazione del dies a quo, le difese dei ricorrenti asseriscono che il dedotto assunto temporale si deve estendere anche ai deferiti che avevano ricevuto la comunicazione di conclusione delle indagini in data posteriore al 3 maggio 2016. Nella fattispecie, l’ultima notifica del 17 maggio 2016, inviata al sig. Perpignano (che non si costituisce nell’odierno giudizio), non giustifica un atto di deferimento prodotto in data 4 agosto, dal momento che, sommando i 45 giorni concessi per audizioni e memorie difensive, si perviene al 1° luglio 2016 e, aggiungendo gli ulteriori trenta giorni ex art. 32, com. 4, del CGS FIGC, si arriva al 31 luglio 2016 (più precisamente al 1° agosto 2016, essendo il 31 luglio giorno festivo), quale ultimo giorno valido.
Inoltre, i ricorrenti insistono sul fatto che i termini di cui si tratta devono essere considerati perentori in base alle disposizioni dell’art. 38, com. 6, del CGS FIGC e, pertanto, non possono essere prorogati.
Si costituisce in giudizio anche la Federazione Italiana Giuoco Calcio con una pluralità di memorie, tante quante i ricorsi avanzati dalle parti interessate, contestando le medesime questioni di diritto. Con il primo motivo, la FIGC contesta la perentorietà dei termini eccepita dai ricorrenti in forza dell’art. 38, com. 6, CGS FIGC, argomentando che un’interpretazione sistematica delle norme in esame (artt. 32 ter, com. 4, CGS FIGC e 44, com. 4, CGS CONI) esclude che le previsioni a disciplina dell’esercizio dell’azione disciplinare attribuiscano natura perentoria ai termini contemplati, non rinvenendosi una comminatoria di sanzione specifica per la loro eventuale inosservanza.
La resistente FIGC, inoltre, insiste per la tempestività del deferimento effettuato in data 4 agosto 2016, condividendo l’interpretazione delle norme di natura processual-civilistica propugnata dalla CFA, tenuto conto anche della volontà del legislatore sportivo di concentrare in un unico procedimento le vicende connesse sia oggettivamente sia soggettivamente. Difatti, l’atto di comunicazione di conclusione delle indagini varato contestualmente nei confronti di una pluralità di incolpati è stato emesso il 3 maggio 2016 e ha ritualmente raggiunto l’ultimo di questi in data 23 maggio 2016. Secondo questa tesi, la FIGC conclude affermando la tempestività del deferimento diramato agli incolpati il giorno 4 agosto 2016.
All’udienza dell’8 marzo 2017 si è costituita in udienza anche la Procura Generale dello Sport, esponendo oralmente le proprie argomentazioni, contestando gli stessi motivi del ricorso e, infine, concludendo per la conferma della decisione di secondo grado emessa dalla CFA.
Considerato in diritto
I ricorsi sopra elencati, tutti proposti avverso la medesima decisione della Corte Federale di Appello, vanno riuniti e quindi valutati con le argomentazioni che seguono, comuni ad ognuno di essi.
1- Invertendo l’ordine degli argomenti seguito dai ricorrenti, la prima questione da esaminare è quella che attiene alla regolare costituzione del rapporto processuale e, quindi, quella concernente il termine di proposizione dell’azione disciplinare. Questione questa che è stata dedotta, appunto, con il secondo motivo del ricorso. Ed invero, con il detto motivo di ricorso, i ricorrenti hanno censurato la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 32 ter, comma 4, del CGS FIGC, nonché dell’art. 16, commi 1 e 2, dell’art. 347 e dell’art. 369, com. 1, del c.p.c., così come richiamati attraverso l’art. 1, com. 2, del CGS FIGC e l’art. 2, com. 6, CGS CONI.
Secondo i ricorrenti, il dies a quo per l’avvio dell’azione disciplinare andrebbe individuato nella data di comunicazione, a ciascun indagato, dell’avviso di conclusione delle indagini da parte della procura federale. L’individuazione di un giorno iniziale uguale per tutti, coincidente con quello dell’ultima notifica, non solo non troverebbe riscontro in alcuna disposizione codicistica o regolamentare, ma contrasterebbe con le norme di carattere generale dell’ordinamento giuridico. La contraria tesi di parte resistente ritiene condivisibile l’interpretazione delle norme di natura processual-civilistica propugnata dalla Corte d’Appello, richiamando, inoltre, una fattispecie analoga rinvenibile nel codice del processo contabile. Secondo la FIGC, la decorrenza del termine dalla data dell’ultima notifica sarebbe anche più coerente con la volontà del legislatore sportivo di concentrare in un unico procedimento le vicende oggettivamente e/o soggettivamente connesse. Il motivo di doglianza è infondato.
Ritiene il Collegio che la decisione impugnata sia corretta quanto all’individuazione di un unico dies a quo per tutti i soggetti coinvolti, coincidente con quello dell’ultima notifica.
A militare per tale conclusione vi sono vari argomenti di carattere sistematico e teleologico.
La fattispecie del deferimento con pluralità di destinatari non è espressamente prevista né dal CGS FIGC che nel CGS CONI; infatti, l’art. 32 ter, comma 4, CGS FIGC si limita a stabilire che il termine per la proposizione del deferimento decorre “dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”, disciplinando, con ogni evidenza, l’ipotesi di procedimento disciplinare aperto nei confronti di un solo indagato.
Non rimane, quindi, che rifarsi ai principi e alle norme generali del processo civile, così come richiamate dal combinato disposto degli artt. 1, comma 2, CGS FIGC e 2, comma 6, CGS CONI.
Si ritiene condivisibile il richiamo, da parte della Corte d’Appello Federale, delle norme relative all’iscrizione a ruolo dei giudizi e degli appelli - artt. 165, com. 2, 347 e 369, com. 1, c.p.c. – le quali prevedono la decorrenza del termine dalla data dell’ultima notificazione.
Parimenti condivisibile e pertinente è il richiamo, da parte della FIGC, della disciplina processualistica di una fattispecie analoga a quella in esame, ossia la citazione in giudizio della Procura della Corte dei Conti a seguito dell’invito a dedurre. L’art. 67, com. 6, del codice del processo contabile prevede che “Nel caso l’invito a dedurre sia stato emesso contestualmente nei confronti di una pluralità di soggetti, il termine di cui al comma 5 (il deposito dell’atto di citazione, quindi nel caso in esame il deferimento) decorre dal momento del perfezionamento della notificazione per l’ultimo invitato”.
Parte resistente richiama, altresì, la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 1/2005/QM che, nell’esprimere la ratio della norma, chiarisce che “tali conclusioni si fondano sull’esigenza… che l’invito a dedurre, quando il Procuratore regionale ha individuato una pluralità di presunti corresponsabili del danno pubblico, debba essere emesso contestualmente nei confronti di tutti e formulato in modo tale da far emergere le assunte corresponsabilità onde permettere ai soggetti convenibili di esercitare pienamente la loro difesa avanzata e di esaminare nell’ambito di un unico processo le azioni di responsabilità promosse a carico di più soggetti in relazione allo stesso danno”.
L’individuazione del dies a quo nella data dell’ultima notifica appare anche più coerente con ragioni di ordine logico.
Far decorrere il termine con scansioni temporali differenti per ciascun avvisato significherebbe imporre al Procuratore federale di emettere tanti deferimenti per quanti sono gli indagati da mandare a processo.
Tale conclusione contrasterebbe con la volontà del legislatore sportivo di concentrare (fatte salve eccezioni) in un unico procedimento le vicende oggettivamente e/o soggettivamente connesse. Come osservato dalla Corte d’Appello Federale, è di certo interesse dell’ordinamento federale esaminare in un unico giudizio, ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare personale di ciascuno, il complessivo materiale probatorio acquisito dagli inquirenti, che inevitabilmente, sebbene in parte, intreccia o può intrecciare le posizioni di tutti i soggetti deferiti o di alcuni di essi. Ciò non significa, come già più volte affermato dalla giurisprudenza endofederale, che non vi sia la possibilità, per ragioni eccezionali, di frazionare i procedimenti disciplinari, stralciando la posizione di alcuni incolpati, con prosecuzione del giudizio per gli altri; ma si tratta di un’eccezione che, come tale, non va sovrapposta alla regola.
La Corte Federale, inoltre, ha giustamente evidenziato che è anche interesse degli incolpati poter esaminare, in modo integrale, le emergenze probatorie complessivamente acquisite dalla Procura e quelle offerte a discarico da ciascun incolpato, unitamente alle argomentazioni difensive degli stessi, al fine di potersi difendere da tutti gli elementi che potenzialmente possono incidere sfavorevolmente in ordine all’accertamento della responsabilità dello stesso e, al contempo, desumere dal predetto materiale eventuali utili elementi a discarico. Senza contare che, fino alla scadenza dell’ultimo termine a difesa assegnato agli indagati, l’organo inquirente potrebbe acquisire documenti, elementi e argomentazioni difensive di un indagato che potrebbero rivelarsi utili anche per la posizione di altro o altri coindagati, tanto da poter anche giungere, in ipotesi, all’archiviazione dell’azione nei confronti dello stesso o di alcuni degli indagati.
Pertanto, far decorrere il termine diversamente per ciascuno porterebbe alla conseguenza che l’organo giudicante, da un lato, e lo stesso deferito, dall’altro, vedrebbero pregiudicata la possibilità di avere la piena cognizione su tutti i fatti e posizioni riguardanti una medesima fattispecie, con il pericolo di insorgenza di contrasti tra giudicati.
L’instaurazione di diversi autonomi processi sarebbe dunque irragionevole, nonché contraria tanto all’interesse di ciascun incolpato, quanto all’interesse superiore della giustizia.
A supporto della tesi contraria, non possono richiamarsi esigenze di immediatezza e celerità del procedimento sportivo, poiché l’individuazione di termini diversi per ciascun indagato condurrebbe proprio alla conseguenza opposta. Infatti, la proliferazione di procedimenti comporterebbe un diseconomico dispendio di attività giudiziaria con un conseguente rallentamento della giustizia. Ciò sarebbe in palese contrasto con i principi di economia processuale, di efficienza dell’azione disciplinare e di celerità dei procedimenti, cui l’ordinamento sportivo è informato.
L’intepretazione qui accolta risulta, in ogni caso, maggiormente garantista per tutti gli incolpati, in quanto anche l’incolpato primo notificatario, pur non conoscendo il momento esatto della ricezione della notifica da parte dell’ultimo incolpato, momento dal quale deve decorrere il termine per l’emanazione dell’atto di deferimento, avrà comunque a disposizione il termine di 30 giorni decorrente dalla notifica ricevuta, al quale poi dovrà evidentemente sommarsi il periodo di tempo intercorrente tra la propria notifica e quella dell’ultimo incolpato. Il periodo di tempo per la preparazione della propria difesa sarà quindi maggiore, spostandosi in avanti il relativo termine per il deferimento.
Ancorare la decorrenza del termine alla data dell’ultima notifica è, quindi, la conclusione più ragionevole e più coerente con i principi e le esigenze del procedimento disciplinare sportivo. Rilevato che nel caso in esame l’ultima notifica ad uno degli incolpati – Fabio Di Lauro - è avvenuta in data 23.5.2016, se ne desume che l’atto di deferimento di cui trattasi risulta tempestivamente proposto, essendo stato effettuato in data 4.8.2016, e quindi entro i 45+30
giorni decorrenti dal 23.5.2016.
Il secondo motivo di ricorso va quindi respinto.
2 - Passando ora all’esame del motivo con il quale si è denunciata la decadenza del deferimento in quanto non sarebbe stato osservato il termine per l’avvio del procedimento disciplinare, è sufficiente osservare quanto segue.
Le parti ricorrenti hanno sollevato innanzi a codesto Collegio la questione relativa alla falsa applicazione dell’art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC, ai sensi del quale l’azione del Procuratore Federale, antecedente all’instaurazione del contraddittorio davanti agli organi di giustizia sportiva, si esercita all’interno di predeterminati spazi temporali. A sostegno delle proprie ragioni, i ricorrenti argomentano che, seguendo un’interpretazione di carattere letterale delle norme, la valenza perentoria di detti termini si ricava dall’art. 38, com. 6, CGS FIGC, il quale afferma espressamente che “tutti i termini previsti nel presente codice sono perentori”. I ricorrenti hanno, altresì, richiamato un recente orientamento giurisprudenziale pronunciato da codesto Collegio, secondo cui “nessun dubbio, può esservi, allora, circa la perentorietà di termini come innanzi stabiliti, anche considerando come gli stessi risultino essere in perfetta armonia con i principi generali della Giustizia Sportiva che prevedono, espressamente, la massima restrizione dei tempi per la risoluzione delle controversie sportive, dovendosi la giurisdizione armonizzare all’incalzare di qualificazioni, tornei, campionati, ecc. …” (Decisione n. 27/2016).
Il motivo di doglianza appare limitato e riduttivo, dal momento che non tiene conto dell’inquadramento generale delle norme richiamate e di una loro lettura coordinata, in armonia con i principi del procedimento di giustizia sportiva.
Seguendo una diversa interpretazione di natura letterale, si può dedurre che la qualificazione perentoria dei termini indicati dall’art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC appare arbitraria e si pone in aperto contrasto con il disposto dell’art. 1, com. 2, del medesimo regolamento di giustizia federale. Infatti, tale norma chiama in ausilio il Codice della Giustizia Sportiva CONI emanato nel 2014 in seguito alla riforma del settore, in caso di carenza normativa all’interno del codice federale. A questo punto il passaggio logico impone il rimando al CGS CONI, il quale non contiene alcuna norma che determini i caratteri di perentorietà ai termini dell’azione disciplinare.
Non si riscontra, nemmeno, una norma replica dell’art. 38, com. 6, CGS FIGC che stabilisce una perentorietà estesa a tutti i termini presenti nel medesimo codice.
A fortiori, pertanto, codesto Collegio reputa opportuno richiamare l’art. 2, com. 6, CGS CONI che prevede espressamente il rimando alle norme generali del processo civile, per quanto compatibili, in caso di dubbio o vuoto normativo, che nella specie potrà eventualmente meglio puntualizzare il legislatore sportivo.
A tal riguardo il riferimento ricade sull’art. 152, com. 2, c.p.c. che distingue le due tipologie di termini imposti dalla legge: ordinatori o perentori. Di regola ogni termine è considerato ordinatorio, a meno che la legge non dichiari espressamente la sua perentorietà che si traduce in cause di decadenza, inammissibilità o improcedibilità. La recente evoluzione giurisprudenziale ha evidenziato, altresì, che la perentorietà può anche ricavarsi in assenza di un’espressa qualificazione normativa, purché si possa desumere “dalla considerazione dello scopo”, “dal carattere del termine e, in particolare, dagli effetti che l’inutile decorso di esso produce secondo l’espressa sanzione normativa” (Cass. Sez. Un., n. 19980/2014)
Di conseguenza, sulla base di una lettura sistematica della norma endofederale (art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC) ed esofederale (art. 44, com. 4, CGS CONI), alla luce del richiamo delle norme processual-civilistiche operato dall’art. 2, com. 6, CGS CONI, sembra ragionevole escludere la natura perentoria dei limiti temporali che disciplinano l’esercizio dell’azione disciplinare a cura delle procure federali.
Infatti, la disposizione normativa dell’art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC, integralmente mutuata dall’art. 44, com. 4, CGS CONI, non contiene un’esplicita previsione di perentorietà dei termini per l’apertura e la conclusione del procedimento disciplinare. Per quanto detto finora, di conseguenza, in difetto di una simile attribuzione, il termine di cui trattasi non può considerarsi puramente perentorio. Lo stesso Codice di Giustizia Sportiva CONI, quando ha voluto individuare termini di valenza perentoria, lo ha fatto esplicitamente. A titolo esemplificativo, è opportuno richiamare l’art. 47, com. 3, CGS CONI, secondo cui “gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati” e l’art. 48, com. 2, CGS CONI il quale, in materia di applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione, stabilisce che “decorso tale termine, in assenza di osservazioni da parte del Presidente della Federazione, l’accordo acquista efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare”.
Gli odierni ricorrenti mettono, quindi, in rilievo la disposizione di cui all’art. 38, com. 6, CGS FIGC, in forza del quale “Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”, che si applicherebbe al termine previsto all’art. 32 ter, com. 4, CGS FIGC.
Nemmeno questo argomento assume pregio. Continuando a rimanere aderenti ad un’interpretazione sistematica, l’art. 38 del Codice di giustizia federale è stato inserito all’interno del titolo IV, rubricato “Norme generali del procedimento”. Si può dedurre che il riferimento alla perentorietà di cui trattasi si adatta alla fase decisoria del procedimento sportivo, escludendone, di conseguenza, un’applicazione alla fase precontenziosa. Una simile impostazione nella lettura della normativa richiamata conferirebbe coerenza all’intero sistema di giustizia sportiva e porterebbe, altresì, a concludere che non sarebbe logico estendere la norma in esame agli altri titoli del Codice di Giustizia FIGC, come il Titolo III (“Organi di Giustizia Sportiva”), dove è inserito l’art. 32 ter, com. 4, relativo all’attività del Procuratore Federale.
In questa ottica il riferimento al precedente di codesto Collegio (Decisione n. 27/2016) invocato dai ricorrenti conferma l’interpretazione della natura non perentoria del termine in questione, considerato che la perentorietà del termine attiene al momento processuale e non al procedimento istruttorio, ad esso antecedente.
Ancora, la natura perentoria del termine rischierebbe di compromettere il contemperamento delle esigenze di accertamento della responsabilità dell’indagato e di garanzia dell’indagato stesso dal resistere ad un processo manifestamente infondato. Tra le funzioni dell’ordinamento sportivo e, in particolare, dell’ordinamento federale, vi è l’esigenza di reprimere le condotte illecite attraverso l’azione dei propri organi inquirenti. Uno spazio temporale eccessivamente vincolante entro cui svolgere le proprie attività potrebbe creare una serie di difficoltà in capo al Procuratore Federale nel mettere insieme sufficienti elementi probatori che giustifichino la chiusura delle indagini ed il conseguente atto di deferimento dell’incolpato, specie in procedimenti dove il numero dei co-indagati è consistente. Infatti, le attività di indagine sono finalizzate alla ricerca delle prove a carico, ma anche a favore dell’indagato. Qualora risultasse, dagli esiti della fase istruttoria, la manifesta infondatezza della notizia di illecito, l’azione della Procura Federale si tradurrebbe nella decisione di archiviazione. Se, dunque, ipoteticamente, la perentorietà dei termini relativi all’esercizio dell’azione disciplinare si dovesse applicare anche al procedimento di archiviazione, si giungerebbe al paradosso per cui la Procura Federale che non la rispettasse sarebbe costretta a procedere al deferimento nonostante le notizie di illecito si rivelino prive di fondamento. Tutto questo a discredito del principio del giusto processo e del connesso favor rei che ispirano il nostro ordinamento.
All’opposto, la perentorietà del limite temporale in questione si porrebbe in contrasto anche con l’interesse dell’indagato a non essere condotto dinnanzi ad un giudice federale sulla base di un quadro probatorio sprovvisto di concreti elementi di fondatezza. In particolare, un termine estremamente rigido, soprattutto nel caso di procedimenti complessi che coinvolgono una pluralità di indagati, rischierebbe di comprimere eccessivamente le garanzie difensive dell’indagato che sarebbe limitato nella produzione e nella valutazione di memorie scritte o audizioni.
Con particolare riferimento alle attività inquirenti della fase istruttoria, è, altresì, necessario escludere che i termini applicati siano puramente ordinatori. Nel momento preprocessuale è opportuno che i tempi in cui si definiscono gli addebiti a carico degli indagati siano ragionevolmente brevi, in ossequio alle esigenze di celerità e speditezza poste a garanzia del procedimento di giustizia sportiva. La durata delle indagini antecedente al deferimento non gode, dunque, della discrezionalità del Procuratore Federale, ma deve rispettare un determinato percorso temporale che può essere adeguato in relazione alla complessità del caso e alle eventuali difficoltà nei rilievi probatori. Infatti, se la Procura Federale dovesse disattendere sistematicamente il rispetto del termine di cui si tratta, la norma risulterebbe inadeguata alla funzione cui è deputata o l’attività investigativa si rivelerebbe inadatta alla tutela dell’ordinamento sportivo.
Nel caso qui esaminato, in cui sono deferiti più soggetti dell’ordinamento sportivo in relazione a fatti tra loro connessi, l’acquisizione del materiale probatorio e le notificazioni delle comunicazioni si distribuiscono fisiologicamente lungo un lasso di tempo superiore rispetto a quanto avviene nei procedimenti che coinvolgono un numero più ristretto di soggetti. Di conseguenza, disattendere il termine di cui trattasi rappresenterebbe un’eccezione alle normali attività istruttorie che l’ordinamento può tollerare, in ragione delle particolari esigenze connesse con il caso di specie.
Sono, quindi, da condividere le osservazioni sul punto illustrate dalla Federazione, per cui anche tale motivo è da respingere.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Respinge i ricorsi di cui in epigrafe. Spese compensate.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 8 marzo 2017.
IL PRESIDENTE I RELATORI
F.to Franco Frattini F.to Attilio Zimatore
F.to Dante D’Alessio F.to Mario Sanino
F.to Massimo Zaccheo
IL SEGRETARIO
F.to Alvio La Face
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