CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 74 del 05/10/2017 – F.C. Forlì s.r.l./Lega Italiana Calcio Professionistico/Federazione Italiana Giuoco Calcio Vibonese calcio s.r.l./ Lega Italiana Calcio Professionistico/Federazione Italiana Giuoco Calcio S.S. Racing Club Roma s.r.l./ Lega Italiana Calcio Professionistico/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Decisione n. 74
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente e Relatore
Mario Sanino
Attilio Zimatore
Massimo Zaccheo
Dante D’Alessio – Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nei giudizi iscritti:
- al R.G. ricorsi n. 72/2017, presentato, in data 6 luglio 2017, dalla società F.C. Forlì S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Crocetti Bernardi e Federica Ferrari,
contro
la Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi, con notifica effettuata anche nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
avente ad oggetto l’impugnazione
della comunicazione di diniego all'accesso agli atti, da parte della Lega Pro, ricevuta dalla ricorrente in data 6 giugno 2017 (prot. n. 4072/2017);
- al R.G. ricorsi n. 73/2017, presentato, in data 7 luglio 2017, dalla società U.S. Vibonese Calcio S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Federica Ferrari,
contro
la Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi,
con notifica effettuata anche nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
avente ad oggetto l’impugnazione
della comunicazione di diniego all'accesso agli atti, da parte della Lega Pro, ricevuta dalla ricorrente in data 7 luglio 2017 (prot. n. 4831/2017);
- al R.G. ricorsi n. 75/2017, presentato, in data 7 luglio 2017, dalla società S.S. Racing Club Roma s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Federica Ferrari,
contro
la Lega Italiana Calcio Professionistico (Lega Pro), rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi, con notifica effettuata anche nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,
avente ad oggetto l’impugnazione
della comunicazione di diniego all'accesso agli atti, da parte della Lega Pro, ricevuta dalla ricorrente in data 13 giugno 2017 (prot. n. 4193/2017).
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 26 luglio 2017, quanto ai ricorsi iscritti:
- al R.G. ricorsi n. 72/2017, l’avv. Cesare Di Cintio, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Federica Ferrari, per la ricorrente - F.C. Forlì S.r.l. -; i difensori della resistente Lega Pro, avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, per la resistente FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 73/2017, l’avv. Cesare Di Cintio, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Federica Ferrari, per la ricorrente - F.C. Forlì S.r.l. -; i difensori della resistente Lega Pro, avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, per la resistente FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 75/2017, l’avv. Cesare Di Cintio, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Federica Ferrari, per la ricorrente - S.S. Racing Club Roma S.r.l. -; i difensori della resistente Lega Pro, avv.ti Lorenzo Lentini e Chiara Faggi, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, per la resistente FIGC;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Presidente Franco Frattini.
Ritenuto in fatto
Al termine della stagione sportiva 2016/2017 del Campionato di Lega Pro, le società calcistiche F.C. Forlì S.r.l., U.S. Vibonese Calcio S.r.l. e S.S. Racing Club Roma S.r.l. (da qui in poi, rispettivamente, il Forlì, la Vibonese e il R.C. Roma) retrocedevano sul campo. Il Forlì veniva sconfitto dall’A.J. Fano nella finale dei playout, mentre la Vibonese ed il R.C. Roma si classificavano all’ultimo posto dei rispettivi campionati di Lega Pro, gironi C e A, e retrocedevano direttamente.
Nel corso della stagione, la società Gable Insurance - che aveva stipulato polizze fideiussorie con gran parte delle compagini sportive della Lega Pro - veniva sottoposta a procedura fallimentare nello Stato del Lichtenstein, presso il quale aveva sede. Di conseguenza, la FIGC intimava, con C.U. n. 97/A del 16 dicembre 2016, le società obbligate con la Gable di sostituire le garanzie fideiussorie entro il termine del 31 gennaio 2017. Qualora i club non si fossero uniformati alla prescrizione, sarebbero incorsi in illecito disciplinare sanzionato con la decurtazione di punti in classifica.
Il Forlì, la Vibonese e il R.C. Roma manifestavano, quindi, l’interesse a verificare il rispetto degli adempimenti richiesti dalla FIGC riguardo alle garanzie fideiussorie da parte di tutte le partecipanti ai tre gironi del Campionato di Lega Pro. Pertanto, le tre squadre avanzavano alla FIGC e alla Lega Pro l’istanza di accesso agli atti che comprovassero la sostituzione della fideiussione per tutte le società del proprio girone. La prima si dichiarava incompetente nel soddisfare tale richiesta, mentre la Lega Pro, con le comunicazioni come meglio in epigrafe individuate ed aventi il medesimo contenuto, rappresentava alle istanti che “La Lega Italiana Calcio Professionistico, in quanto associazione giuridica privata non riconosciuta, non è sottoposta alla normativa che prevede e disciplina l’accesso agli atti, in quanto applicabile ai soli enti pubblici. Ciò premesso, in relazione a quanto richiesto, si comunica a Codesta Società, che le sostituzioni sono state effettuate nei termini federali, tanto che, sul punto, i competenti Organi Federali non hanno mosso alcuna osservazione. Laddove, successivamente al deposito, si siano verificate anomalie (leggi il Messina, ndr), queste sono state tempestivamente e debitamente segnalate ai competenti Organi Federali per le necessarie e conseguenti valutazioni del caso”.
Il Forlì, la Vibonese ed il R.C. Roma presentavano, quindi, ricorso diretto al Collegio di Garanzia dello Sport per ottenere l’annullamento dei provvedimenti di diniego rispettivamente emessi dalla Lega Pro, adducendo un interesse concreto e attuale all’ostensione della documentazione richiesta, nonché dolendosi della circostanza di non poter esercitare una difesa efficace contro eventuali illeciti disciplinari commessi dalle rivali rimaste insolventi o ritardatarie nella sostituzione della fideiussione; e, per l’effetto, affinché il Collegio disponesse l’accesso ai summenzionati atti.
Si sono costituite in giudizio la Lega Italiana Calcio Professionistico e la Federazione Italiana Giuoco Calcio, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, per la reiezione dello stesso.
Considerato in diritto
La fattispecie in esame, che ha per oggetto il diniego, da parte della Lega Italiana Calcio Professionistico, all’istanza di accesso agli atti presentata dalle odierne ricorrenti, non sembra sottrarsi alla regola del necessario presupposto circa la portata cognitiva del Collegio di Garanzia, limitata, come noto, a motivi di legittimità.
A ben vedere, la tutela richiesta dalle odierne ricorrenti, come quella in materia di accesso in generale, ha una precipua finalità istruttoria che si attaglia ad un giudizio di merito sull’accertamento del diritto delle ricorrenti/istanti ad ottenere la ostensione dei documenti richiesti, nonché sulla legittimità o meno del diniego. Siffatta forma di sindacato, ai sensi dell’articolo 54 del Codice della Giustizia Sportiva, sfugge alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport.
Priva di fondamento è la motivazione addotta dalle ricorrenti circa l’interpretazione fornita dell’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva, per la quale si doterebbe il Collegio di una competenza residuale per le impugnazioni per le quali non è previsto un diverso organo. La dizione “avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale” deve continuare ad essere intesa come la possibilità di impugnare i provvedimenti decisionali degli organi di giustizia federali che, alla luce dell’attuale strutturazione della Giustizia Sportiva, non potrebbero esser contestati in altra maniera (Collegio di Garanzia, Terza Sezione, decisione n. 22/2017).
Privo, altresì, di fondamento è l’argomento con cui si fa riferimento alla Ordinanza di questo Collegio del 13 febbraio 2015. Ebbene, nella fattispecie, non solo non si discorreva del tema dell’accesso agli atti, ma, altresì, si trattava di un “mero” provvedimento del Collegio adito, di tipo istruttorio, propedeutico all’esame dei motivi di ricorso allora dedotti e non già di un provvedimento che ordinava l’ostensione documentale.
Per i motivi suesposti, il ricorso è inammissibile.
Ritenuta assorbente tale censura, il Collegio ritiene di non dover procedere alla delibazione degli ulteriori profili di diritto addotti dalle odierne ricorrenti.
Pur tuttavia, attesa la novità e l’importanza della questione de qua, le Sezioni Unite sono chiamate a far luce sul necessario contemperamento tra i principi di trasparenza dell’attività amministrativa ed i principi che governano l’ordinamento sportivo, tra cui lealtà, correttezza e probità.
Al di là dalle seppur pregevoli deduzioni e ricostruzioni versate in atti nel presente procedimento, circa la possibilità ovvero impossibilità di applicazione della normativa sull’accesso agli atti alle Leghe, il Collegio ritiene di dover porre l’attenzione su un diverso aspetto, sollecitando nel contempo il legislatore sportivo al compimento di un fondamentale passo in avanti per l’evoluzione dell’ordinamento giuridico sportivo.
A ben osservare, il procedimento de quo pone un interrogativo che il Collegio non può non prendere in considerazione. Ebbene, si tratta, infatti, di comprendere se, nell’autonomia dell’ordinamento sportivo, i principi che governano quest’ultimo possano indurre a ritenere che il silenzio serbato dagli organi sportivi nei confronti degli associati, titolari di una situazione giuridicamente tutelata dall’ordinamento settoriale e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, possa essere violativo del legittimo diritto a conoscere atti e documenti per potersi difendere nelle sedi proprie.
Orbene, si tratta ancora una volta di ricercare la giusta interpretazione del sistema di rapporti che intercorrono tra l’ordinamento giuridico sportivo e l’ordinamento generale. Come affermato in un recente arresto di queste Sezioni Unite (cfr. Decisione n. 42/2017), nel quadro del problema della pluralità degli ordinamenti giuridici va valutata la soggezione di ciascun individuo alle regole di uno od anche di più ordinamenti. La pluralità possibile degli ordinamenti giuridici risulta, perciò, dalla concepibilità di più di un tipo di ordinamento (oltre quello statale). I vari tipi di ordinamenti, ossia le species del genus, risultano dalle differenze distinguibili in ciascuno degli aspetti essenziali del genus. Così sono possibili altri ordinamenti, rispetto a quello statale, ogni volta che la soggettività è diversa da quella stabilita dall’ordinamento statale (cittadinanza, riconoscimento della personalità a tutti gli esseri umani che si trovino nell’ambito dell’ordinamento statale, riconoscimento della personalità ad alcuni ben determinati gruppi di persone - associazioni o corporazioni - o di entità unitariamente considerate, fondazioni o istituzioni, riconoscimento di altre forme non personificate di soggettività), ogni volta che la normazione non è, almeno in parte, di provenienza statale, ma è prodotta da un’altra collettività o comunità, e dunque ogni volta che l’organizzazione è distinta, almeno in parte, da quella propriamente statale. La pluralità di ordinamenti è ipotizzabile proprio in quanto siano concepibili ordinamenti sociali, con una propria predeterminazione dei soggetti, con una propria (almeno parziale) produzione normativa, con una propria (almeno parziale) organizzazione (autorità). È sufficiente rilevare come sia oggi comune la divisione degli ordinamenti giuridici in due categorie: a) ordinamenti giuridici esprimenti interessi generali (fra i quali, soprattutto, gli enti pubblici territoriali e fra questi, innanzitutto, lo Stato); b) ordinamenti giuridici esprimenti interessi settoriali (come, ad esempio, le associazioni). Il rapporto tra le due categorie di ordinamenti deve essere risolto in termini di non autosufficienza degli ordinamenti settoriali, se pur autonomi sotto il profilo funzionale; e la detta mancanza di autosufficienza deve esprimersi quanto meno nella conseguenza che gli effetti connessi ad atti provenienti da un ordinamento esprimente interessi settoriali e determinanti conseguenze contrastanti con i principi fondamentali dello Stato (o di altro ente pubblico territoriale) possono legittimamente essere conosciuti e giudicati da quest’ultimo. Deve, quindi, aderirsi alla ricostruzione secondo cui tra gli ordinamenti giuridici esprimenti interessi settoriali e gli ordinamenti giuridici esprimenti interessi generali, che a quelli corrispondono, si instaura un rapporto asimmetrico, in quanto i primi hanno giuridica ragion d’essere soltanto ove riconosciuti dai secondi. Sotto un profilo di assoluta generalità, è, dunque, configurabile l’ordinamento giuridico sportivo: ordinamento esprimente interessi settoriali e connotato dal carattere dell’autonomia, ma non dell’autosufficienza, dunque, necessariamente in rapporto di collegamento con il corrispondente ordinamento giuridico esprimente interessi generali (o con i corrispondenti ordinamenti giuridici esprimenti interessi generali).
Il che val quanto dire che gli interessi e le situazioni giuridiche soggettive dei soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo devono essere valutati anche in correlazione alle norme dell’ordinamento statale.
Dunque, qualora le norme dell’ordinamento statale stabiliscono dei principi che possono essere in un certo modo espressione anche dei principi che permeano l’ordinamento settoriale, quest’ultimo è chiamato a recepirli e ad adattarli al proprio diritto positivo, attesa anche la propria non autosufficienza e il suddetto rapporto di collegamento con l’ordinamento statale esprimente interessi generali.
Applicando siffatti principi alla vicenda fattuale che ci occupa, è necessario, dunque, osservare come il legislatore nazionale abbia inteso disciplinare, in linea di principio, il diritto di accesso, allo scopo di favorire forme di controllo sul perseguimento dei fini istituzionali delle amministrazioni e di promuovere la partecipazione di queste al dialogo con il pubblico.
Di là dall’analisi dell’istituto dell’accesso agli atti, di cui agli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, il Collegio ritiene di doversi soffermare piuttosto sulla recente disciplina di cui al d.lgs. 97/2016, recante «Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
Il d.lgs. 97/2016 ha apportato numerosi cambiamenti alla normativa sulla trasparenza, rafforzandone il valore di principio che caratterizza l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni e i rapporti con i cittadini. Ebbene, la riforma ha quale ratio la volontà di incentivare forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa.
I principi sottesi a tale nuova tipologia di accesso, c.d. “generalizzato”, ben si evincono dal novellato art. 5, comma 2, del decreto trasparenza: “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis”. Questo, evidentemente, è espressione di un diritto di accesso non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto dati, documenti e informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione.
Il principio di trasparenza dell’attività amministrativa è stato, pertanto, rimodulato nel senso di garantire l’accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, come strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa (cfr. articolo 1, comma 1, del decreto trasparenza). La nuova disciplina, coerentemente con i principi dell’Unione Europea in materia, di cui all’art. 15 TFUE e al Capo V della Carta dei diritti fondamentali, eleva il concetto di trasparenza quale condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino. La trasparenza diviene, quindi, principio cardine e fondamentale dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e dei loro rapporti con i cittadini (in tal senso: Linee guida dell’ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico).
Siffatta impostazione comporta, pertanto, un ribaltamento di prospettiva: dall’attivazione del diritto di accesso civico solo strumentalmente all’adempimento degli obblighi di pubblicazione, alla libertà di accedere ai dati e ai documenti. In altri termini, il diritto all’informazione diviene ancor più generalizzato, in cui la trasparenza è regola generale, mentre la riservatezza e il segreto solo delle eccezioni, ciò in coerenza ed in analogia con gli ordinamenti in cui vige il c.d. Freedom of Information Act (FOIA).
Con il Freedom of Information Act, l’ordinamento italiano riconosce e tutela la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni quale diritto fondamentale. Il fil rouge della normativa è evidentemente la tutela dell’interesse conoscitivo di tutti i soggetti della società civile. Ciò ha come corollario che, in assenza di ostacoli riconducibili ai limiti legali, l’amministrazione è obbligata a dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni possedute dalla stessa, in virtù del più alto principio di trasparenza.
Riprendendo quanto detto sui rapporti che intercorrono tra l’ordinamento nazionale e quello sportivo, il principio della trasparenza, fondamentale nell’esercizio della funzione amministrativa e manifestazione del principio di imparzialità e buon andamento, contenuto nell’articolo 97 della Costituzione, ben può e deve essere trasferibile, altresì, agli organi amministrativi dello sport.
Ebbene, il Collegio ritiene che la trasparenza possa, a seguito della suddetta evoluzione normativa e del mutamento degli interessi settoriali, essere enucleata e posta accanto ai principi generali attinenti alle modalità di svolgimento del rapporto tra CONI, Federazioni e Leghe nei confronti dei tesserati ed affiliati, insieme ai principi di lealtà, probità e correttezza.
Nel coacervo di interessi e situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo in seno all’ordinamento sportivo, infatti, è impensabile, a giudizio del Collegio, che la governance dello sport italiano, soprattutto in ambito federale, non si conformi ai principi di economicità, efficacia e pubblicità. Il binomio pubblicità-trasparenza deve, infatti, permeare l’attività delle istituzioni sportive al fine di comprenderne l’azione da parte degli associati e in modo da consentire la conoscenza reale della loro attività e di effettuare il controllo sulla stessa. L’azione delle Federazioni e delle Leghe deve, pertanto, consentire agli interessati di accedere alle informazioni relative ai “procedimenti” in corso, con il dovere, altresì, di comunicare agli stessi tutte le informazioni richieste.
Consentire un accesso funzionale all’attività sportiva consentirebbe all’associato che abbia un interesse diretto, concreto e attuale di interloquire con gli apparati di governo dello sport, a tutela del proprio interesse, prima che sia adottata la decisione finale.
A tali fini, a giudizio del Collegio, andrebbe ripensata anche la disciplina giustiziale sportiva.
Tale particolare giudizio, al pari di quanto accade dinnanzi ai Tribunali Amministrativi, potrebbe essere istaurato dinnanzi ai Tribunali federali, dotandoli di competenza specifica in merito all’accertamento del diritto di un tesserato o affiliato ad ottenere dei documenti richiesti avverso il diniego di ostensione documentale, attesa la loro cognizione estesa al merito delle controversie che si ingenerano nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ciò anche in considerazione della incompetenza del Collegio di Garanzia per le suesposte ragioni.
Le Sezioni Unite, dunque, nel trasmettere alla Giunta Nazionale del CONI la presente decisione, sottopongono alla valutazione degli organi di governo dello sport italiano tale ormai non più rinviabile questione dell’adeguamento delle regole dell’ordinamento sportivo ai principi generali di libertà e diritto di accesso di ciascun soggetto alle informazioni possedute dagli organismi che del sistema sportivo sono componenti, nell’ambito in cui essi esprimono funzioni non meramente negozial-privatistiche.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Riuniti i ricorsi di cui in epigrafe per connessione oggettiva. Dichiara inammissibili i ricorsi.
Spese compensate.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 26 luglio 2017.
Il Presidente e Relatore
F.to Franco Frattini
Depositato in Roma in data 5 ottobre 2017.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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