CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 11 del 08/03/2018 – Vincenzo Pastore/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 11

Anno 2018

 

 

 

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE

 

composta da

Franco Frattini - Presidente

Mario Sanino

Attilio Zimatore

Massimo Zaccheo - Componenti

Dante D’Alessio - Relatore 

 ha pronunciato la seguente

 

 

DECISIONE

 

                       Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 1/2018, presentato, in data 5 gennaio 2018, dal dott. Vincenzo Pastore, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Aita;

 

contro

 

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli;

 

nonché contro

 

la Procura Federale della FIGC;

 

                       con notifica effettuata anche a Procura Generale dello Sport presso il CONI;

per l’annullamento

 

 

della decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC - SS. UU. -, di cui al C.U. n. 065/CFA del 6 dicembre 2017, con la quale, in accoglimento del ricorso della Procura Federale FIGC, è stata riformata la decisione del Tribunale Federale Nazionale, di cui al C.U. n. 12/TFN del 27 settembre 2017, e, per l'effetto, è stata rideterminata la sanzione irrogata all’odierno ricorrente nell'inibizione di 5 anni con la preclusione nella permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, in luogo della inibizione di 18 mesi, per la violazione degli artt. 1bis, comma 1, e 7 del CGS FIGC.

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

uditi, nell'udienza del 1 febbraio 2018, l’avv. Gaetano Aita, per il ricorrente, dott. Vincenzo Pastore; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC;

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Dante D’Alessio.

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

1. Il Procuratore Federale, il Procuratore Federale Interregionale ed il Procuratore Federale Interregionale Aggiunto, all’esito di una complessa attività di indagine, con nota prot. 734/1037pf16-17/GP/MB/CS/gb del 24 luglio 2017, deferivano al Tribunale Federale della FIGC il sig. Vincenzo Pastore, all’epoca dei fatti Presidente del Comitato Regionale Campania della Lega Nazionale Dilettanti (LND).

Al tesserato veniva addebitata la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 6, CGS, perché, nella sua qualità di Presidente del Comitato Regionale della Campania (dal 5.12.2012 al 13.9.2015), aveva posto in essere, in particolare nella stagione sportiva 2014/2015, molteplici e reiterate condotte rivolte ad alterare il risultato di singole gare e, di riflesso, il medesimo esito dei relativi campionati, nella piena consapevolezza delle conseguenze del proprio operato.

Secondo l’atto di deferimento, l’incolpato, in particolare, aveva provveduto a concretizzare un vero e proprio sistema illecito, incentrato sulla costante, deliberata violazione della regolamentazione sportiva del C.O.N.I., nonché delle norme federali, legittimando l’utilizzazione, nei vari campionati, di un numero elevatissimo di calciatori risultati privi di tesseramento e di certificazione di idoneità sanitaria.

La Procura aveva, inoltre, contestato all’incolpato le seguenti circostanze aggravanti:

a) l’avere agito con abuso della qualità e delle funzioni di Presidente del Comitato Regionale Campania;

b) l’assoluta gravità dei fatti, per l’estensione del fenomeno in tal guisa ingenerato all’intero calcio dilettantistico della Regione Campania, con conseguente ingente danno per l’immagine della organizzazione federale;

c) l’avere predisposto una lettera da indirizzare alle Società, con richiesta di “regolarizzazione” delle posizioni di tesseramento (lettera fatta firmare da un dipendente addetto all’Ufficio Tesseramenti), con indicazione di un termine per effettuare tale regolarizzazione, così consentendo alle Società un ulteriore impiego, in posizione illegittima, dei calciatori e delle calciatrici non in regola con la posizione di tesseramento.

2. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare, ha sanzionato il signor Vincenzo Pastore con l’inibizione per mesi 18, per la ritenuta violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del CGS, in relazione all’art. 17 del CGS (Com. Uff. n. 12/TFN del 27.9.2017).

Il Tribunale ha, infatti, ritenuto che il signor Pastore aveva violato l’art. 1 bis, comma 1, del CGS in relazione al concorso consapevole… alla causazione delle infrazioni perpetrate dalle Società, dai dirigenti e dai calciatori ex art. 17 CGS”, in relazione alla partecipazione agli incontri dei campionati federali, nel corso della stagione sportiva 2014/2015, di calciatori non tesserati, dei quali era stato attestato falsamente l’avvenuto regolare tesseramento.

Il Tribunale ha ritenuto che, tuttavia, non risultavaallo stato degli atti sufficientemente provata la più grave responsabilità contestata dalla Procura Federale di violazione dell’art. 7 del CGS.

3. La decisione del Tribunale Federale Nazionale è stata impugnata davanti alla Corte Federale d’Appello, con tre distinti ricorsi, dal signor Pastore, dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND) e dalla Procura Federale della FIGC.

4. La Corte Federale d’Appello, a Sezioni Unite, riuniti i tre gravami, con dispositivo pubblicato in data 25 ottobre 2017 (in C.U. n. 51/CFA) e con motivazioni pubblicate il 6 dicembre 2017 (in C.U. n. 65/CFA), ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Lega Nazionale Dilettanti, ha respinto l’appello proposto dal signor Pastore ed ha accolto l’appello proposto dalla Procura Federale della FIGC, ritenendo il signor Pastore (responsabile della violazione dell’art. 7 del CGS, con la conseguente applicazione all’incolpato della sanzione di cinque anni di inibizione e la preclusione nella permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC.

La Corte Federale d’Appello ha, in particolare, ritenuto di dover irrogare l’indicata sanzione avendo considerato che “la complessa vicenda delineata ha permesso di evidenziare, nel precipuo contesto di riferimento, come il Pastore fosse persona adusa a condotte riferibili a delitti, posti in essere dolosamente e con sistematicità che, per numero e gravità elevati, hanno creato un vero e proprio sistema illecito nei tratti già rassegnati, con l’ulteriore e grave effetto dell’esposizione a pericolo dell’incolumità di giocatori, nonché, conseguentemente, del serio nocumento all’immagine ed al prestigio dell’Organizzazione federale”.

5. Il signor Vincenzo Pastore ha impugnato la decisione della CFA  davanti al  Collegio di Garanzia dello Sport e ne ha sostenuto l’erroneità per diversi motivi.

Al ricorso si oppone la FIGC che ne ha chiesto il rigetto.

  

Considerato in diritto 

 

6. Con il primo motivo del suo ricorso, il signor Pastore ha sostenuto che gli organi di giustizia federale non potevano sanzionarlo, per difetto di giurisdizione, non rivestendo più la funzione di Presidente del Comitato Regionale, a seguito del commissariamento disposto con atto in C.U. n. 113 del 14 settembre 2015.

Il signor Pastore ha richiamato, in proposito, l’art. 45, comma 5, del CGS secondo il quale la sopravvenuta estraneità all’ordinamento federale da parte di chi abbia commesso o concorso a commettere violazioni di qualsiasi natura non impedisce l’esercizio dell’azione disciplinare ma sospende la prescrizione finché non sia nuovamente acquisita posizione rilevante nell’ordinamento sportivo”.

Il ricorrente ha anche aggiunto che la CFA ha già respinto l’eccezione che viene però riproposta davanti al Collegio di Garanzia anche perché si è in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, investita dal TAR Lazio con ordinanza n. 10171 dell’11 ottobre 2017, sul sindacato del giudice amministrativo sulla tutela annullatoria”.

6.1. Al riguardo, questo Collegio deve, in primo luogo, osservare che sulla questione in esame non può avere alcun rilievo la citata ordinanza con la quale il TAR per il Lazio, Sezione Prima Ter, ha chiesto alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità delle disposizioni, contenute nell’art. 2 del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280, che dettano limiti al sindacato del giudice amministrativo sulle pronunce emesse dagli organi della giustizia sportiva. La questione di legittimità costituzionale investe, infatti, chiaramente non i poteri decisori degli organi della giustizia sportiva, ma i limiti che sono stati posti al successivo sindacato del giudice amministrativo in materia di sanzioni  disciplinari irrogate dagli organi della giustizia sportiva.

6.2. Il motivo, come questo Collegio di Garanzia ha già avuto modo di affermare più volte, è comunque chiaramente infondato.

I soggetti tesserati con le Federazioni Sportive devono ritenersi, infatti, pacificamente soggetti alle giurisdizione degli organi della giustizia sportiva, per fatti verificatisi quando erano tesserati ed anche nel caso in cui il tesseramento è venuto meno nel corso dell’azione disciplinare e del conseguente giudizio.

In proposito l’art. 1, comma 4, dei Principi di giustizia sportiva, approvati dal CONI, con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1519 del 15 luglio 2014, espressamente prevede che sono punibili coloro che,  anche se non più tesserati,  per  i fatti commessi in costanza di tesseramento si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile”.

Anche le Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia hanno affermato, in proposito, che rileva, ai fini dell’assoggettamento alla giustizia sportiva, la posizione rivestita al momento della commissione delle violazioni contestate (decisione n. 46 dell’11 ottobre 2016).

Mentre la disposizione di cui all’art.  45,  comma 5,  del CGS,  richiamata  dal ricorrente,  ha l’evidente fine di evitare che la mancanza di una (anche temporanea) posizione rilevante” nell’ordinamento sportivo possa incidere sui termini per l’esercizio dell’azione disciplinare.

si può ritenere che il giudizio nei confronti del signor Pastore potesse o dovesse essere sospeso per effetto dell’intervenuto commissariamento del Comitato Regionale.

7. Con il secondo articolato motivo, il signor Pastore ha sostenuto che l’azione disciplinare doveva ritenersi estinta e non poteva essere comunque nuovamente avviata nei suoi confronti in quanto, nel procedimento che si è concluso con la decisione ora impugnata, sono stati trasfusi gli atti di indagine di precedenti deferimenti, che avevano già determinato l’irrogazione di una sanzione a suo carico, con la sola modifica del capo di imputazione.

In conseguenza, sostiene il ricorrente, i fatti che hanno determinato l’irrogazione della nuova sanzione sono stati contestati tardivamente, ben oltre il termine di 90 giorni dalla ricezione della notitia criminis e il termine di un anno dal verificarsi dell’evento, stabiliti dall’art. 15, comma 4, dei Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive nazionali e dagli articoli 32 ter, 32 quinquies, 34 bis e 38 del CGS della FIGC.

7.1. Il motivo non è fondato.

Come ha ricordato anche la FIGC, nella sua memoria difensiva, si deve preliminarmente rilevare che la disposizione richiamata dal ricorrente e contenuta nell’art. 15, comma 4, dei Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive nazionali, secondo cui il giudizio disciplinare doveva comunque svolgersi entro un anno dal momento in cui si era verificato l’evento oggetto di indagine, è stata abrogata in occasione della riforma della Giustizia Sportiva e dell’emanazione dei nuovi Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive nazionali (deliberazioni del Consiglio Nazionale del CONI n. 1519 del 15 luglio 2014 e n. 1523 del 28 ottobre 2014).

In particolare, l’art. 15 dei Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive nazionali si limita ora a prevedere che “Le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate devono adeguare i propri statuti e regolamenti ai Principi di Giustizia Sportiva emanati dal Consiglio Nazionale del CONI”. Mentre nei Principi di Giustizia Sportiva non sono state dettate disposizioni specifiche riguardanti i termini di esercizio dell’azione disciplinare.

Come questo Collegio di Garanzia ha affermato (decisione n. 25 del 7 aprile 2017), resta fermo, peraltro, l’obbligo della Procura di avviare tempestivamente e portare celermente a compimento l’azione disciplinare non appena ha avuto notizia di fatti che possono essere oggetto di rilievo disciplinare.

7.2. Considerato che, come emerge dagli atti, la (nuova) azione disciplinare è stata avviata a seguito della segnalazione fatta dal Commissario straordinario della Lega Nazionale Dilettanti alla Procura, in data 20 marzo 2017 e che la Procura ha trasmesso l’atto di deferimento il successivo 24 luglio 2017, non sussiste, nella fattispecie, alcuna violazione dei limiti temporali dettati dalla normativa federale per l’esercizio dell’azione disciplinare.

Come ha rilevato anche la FIGC nella sua memoria, il procedimento si è quindi svolto con una tempistica più che ragionevole ed in linea con i termini previsti dal CGS in relazione allo svolgimento delle indagini e all’emanazione dell’atto di deferimento che, come affermato da questo Collegio di Garanzia a Sezioni Unite con la citata decisione n. 25 del 7 aprile 2017, non sono perentori.

7.3. Il procedimento disciplinare ha peraltro riguardato fatti oggettivamente in parte diversi da quelli che erano stati già oggetto della precedente indagine e della precedente sanzione disciplinare. Non si può quindi ritenere che la Procura non potesse agire nei confronti dell’interessato per quanto emerso a seguito delle nuove indagini compiute sulla vicenda in questione.

Sul punto la CFA ha richiamato la decisione del Tribunale Federale che aveva osservato che Invero l'azione risulta essere stata avviata a seguito della segnalazione del 20 marzo 2017 del Commissario Straordinario Cosimo Sibilia; se è vero che tale nota ha contenuto similare rispetto a quelle già presentate dal precedente commissario straordinario, che hanno condotto ai diversi deferimenti già proposti avverso il Pastore, è pur vero che l'ampiezza e l'entità delle irregolarità contestate ben hanno potuto legittimare diverse azioni della Procura Federale volte a censurare svariati profili di illiceità. In altri termini le precedenti segnalazioni, lungi dall'essere state accantonate ed ignorate dal Procuratore Federale, hanno portato all'adozione di atti di deferimento ben definiti; pertanto, a parere del Collegio nulla vieta alla Procura Federale di avviare, sulla scorta di una notizia analoga ad altre precedentemente inviate, ulteriori indagini riguardanti diverse e/o più ampie e delineate condotte illecite poste in essere dal presunto responsabile”.

8. Con il terzo motivo di ricorso, il signor Pastore ha sostenuto che, dovendosi applicare in materia l’abbreviazione dei termini, il procedimento disciplinare si è concluso, sia in primo che in secondo grado, oltre i termini massimi, rispettivamente di 45 e di 30 giorni, stabiliti dalle norme federali.

8.1. Il motivo è chiaramente infondato. L’abbreviazione di alcuni termini processuali, disposta per il giudizio in esame con C.U. n. 147/A del 21 aprile 2017, non ha riguardato, infatti, come ha correttamente rilevato le FIGC, anche l’abbreviazione dei termini entro i quali il giudizio di primo e di secondo grado dovevano essere portati a compimento, pena l’estinzione.

si può ritenere che la disposta abbreviazione di alcuni termini potesse estendersi anche ai termini non espressamente contemplati nel citato C.U..

9. Con il quarto motivo di ricorso, il signor Pastore ha sostenuto che il giudizio è risultato viziato a causa della mancata assunzione, da parte della CFA, di prove decisive e, in particolare, delle dichiarazioni dei signori Battaglia, Annella, Angelicchio, Guarriello, Molfino,  Corsale, Spina, Toglia, Pucino, Sessa, Avino e De Maria.

9.1. Il motivo deve ritenersi inammissibile e comunque infondato.

In primo luogo, come ha rilevato anche la FIGC nella sua memoria, la CFA non ha ritenuto di assumere tali dichiarazioni perché (avendole evidentemente vagliate) ha ritenuto che non incidevano sul quadro probatorio riguardante il ricorrente, ma potevano eventualmente incidere solo sulle responsabilità di altri soggetti coinvolti nella vicenda.

Più in generale il motivo è, tuttavia, inammissibile, come pure ha rilevato nella sua memoria la FIGC, perché è finalizzato ad ottenere una nuova valutazione delle emergenze istruttorie e, quindi, è volta ad ottenere dal Collegio di Garanzia una valutazione che è ad esso preclusa.

Per principio pacifico, il Collegio di Garanzia deve limitarsi, infatti, a verificare la legittimità della decisione emessa dagli organi della giustizia federale e non può estendere le sue valutazioni sul merito delle valutazioni che sono state fatte, anche in tema di assunzione delle prove, dagli organi della giustizia federale.

Correttamente, sul punto, la FIGC ha richiamato la pacifica giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia che ha affermato che la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegate dalle parti (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 46 dell’11 ottobre 2016, n. 19 del 7 marzo 2017).

Nella fattispecie la decisione, emessa sulla base degli elementi di fatto che sono stati accertati dagli organi inquirenti, non risulta palesemente illogica e risulta coerente con i fatti accertati e le testimonianze acquisite sulla vicenda e non può ritenersi, quindi, viziata per la mancata assunzione di alcune dichiarazioni ritenute non rilevanti.

Costituisce, peraltro, un tipico potere dell’organo giudicante quello di limitare l’assunzione di ulteriori dichiarazioni o testimonianze quando ritiene che i fatti oggetto di indagine siano stati già compiutamente vagliati e le testimonianze già acquisite risultino credibili e coerenti con le conclusioni raggiunte.

10. Con il quinto motivo di ricorso, il signor Pastore ha sostenuto che la decisione impugnata è viziata perché è stata emessa in violazione del principio del divieto della reformatio in pejus, per l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Procura Federale.

Secondo il ricorrente, infatti, l’impugnativa della Procura era tardiva e irrituale, con la conseguenza che la CFA non avrebbe potuto riformare la decisione del Tribunale Federale irrogando una sanzione maggiore rispetto a quella irrogata all’esito del giudizio di primo grado.

10.1 Al riguardo, si deve preliminarmente chiarire che non è posto in discussione il principio pacifico secondo il quale la Procura Federale che non ha visto accogliere tutte le sue richieste nel primo grado del giudizio federale possa impugnare la decisione davanti all’organo di appello della giustizia federale (e poi eventualmente anche davanti al Collegio di Garanzia dello Sport). Nella  fattispecie  sostiene,  invece,  il  ricorrente  che  la  Procura  Federale,  con  atto  del  28 settembre  2017,  ha  formalizzato  il  “preannuncio  di  reclamo”,  non  ammesso  nel  regime  di abbreviazione dei termini, e non ha depositato il ricorso entro i due giorni dalla decisione.

10.2. Il motivo è chiaramente infondato.

Come risulta dagli atti, infatti, la Procura ha inoltrato il preannuncio di reclamo, con la contestuale richiesta di copia degli atti, il 28 settembre 2017 ed ha provveduto a depositare i motivi di impugnazione il successivo 5 ottobre, entro il secondo giorno successivo al ritiro della copia degli atti, nei termini quindi dettati dal già citato C.U. n. 147/A del 21 aprile 2017, che aveva stabilito che “le parti appellanti, entro il secondo giorno successivo al ritiro della copia degli atti, dovranno depositare i motivi di gravame”.

Del tutto irrilevante, al fine del rispetto del termine in questione, è poi la circostanza che, nel richiedere gli atti, la Procura avesse già preannunciato il suo reclamo.

10.3. A ciò si deve aggiungere che, come correttamente ha osservato la FIGC, la  Corte Federale d’Appello aveva comunque il potere di aggravare la sanzione a carico del reclamante, ai sensi dell’art. 37, comma 4, del CGS.

11. Il signor Pastore ha poi sostenuto, con il sesto motivo, l’erroneità della decisione della CFA che si è basata su una incolpazione generica ed è stata emessa in violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

11.1. Anche tale motivo è chiaramente infondato, tenuto conto che non risultano violazioni del diritto di difesa del ricorrente che ha potuto far valere le sue ragioni in ogni fase del giudizio endofederale (e poi davanti a questo Collegio di Garanzia). emerge dagli atti una possibile violazione del contraddittorio.

Non si può nemmeno condividere la tesi secondo cui l’incolpazione che ha determinato l’irrogazione della sanzione con la decisione della CFA in esame sia indeterminata o generica, risultando invece ben esplicitate le ragioni per le quali il Tribunale Federale, in primo grado, e la Corte Federale d’Appello hanno ritenuto il ricorrente responsabile dei fatti per i quali era stato deferito. Anche se la Corte Federale d’Appello ha ritenuto che tali fatti, secondo quanto sostenuto dalla Procura Federale, avevano determinato la violazione dell’art. 7 del CGS, con la conseguente irrogazione di una sanzione più grave rispetto a quella irrogata in primo grado.

12. Inammissibile e comunque infondato, per le ragioni che si sono già prima esposte, è anche il settimo motivo con il quale il signor Pastore ha sostenuto l’insussistenza dei fatti per i quali è stato sanzionato.

Si è, infatti, già ricordato che il Collegio di Garanzia non può svolgere un nuovo esame nel merito del materiale probatorio che è stato già compiutamente vagliato dagli organi di giustizia federale, dovendosi limitare a verificare la correttezza della procedura seguita e la non manifesta illogicità delle conclusioni raggiunte dagli organi di giustizia federale, nel rispetto dei limiti di un giudizio che è di sola legittimità.

13. Con il motivo rubricato al n. 8 il signor Pastore ha insistito nel sostenere che la CFA lo ha sanzionato per fatti che erano già stati oggetto di una precedente indagine e di una precedente sanzione e, quindi, in violazione del principio del ne bis in idem.

Anche tale motivo non è fondato.

13.1. Al riguardo, si deve ricordare che il signor Pastore, in relazione alla sua attività di Presidente del Comitato Regionale,  era  stato già più volte sanzionato,  con l’inibizione per complessivi tre anni e tre mesi, con decisioni oggetto anche delle pronunce di questo Collegio di Garanzia n. 49 del 18 ottobre 2016, n. 10 del 30 gennaio 2017 e n. 51 del 12 luglio 2017.

In particolare, per la vicenda riguardante i numerosi casi di giocatori privi di tesseramento che avevano partecipato ai campionati federali, il signor Pastore è stato sanzionato con l’inibizione per mesi 21 (decisione della Corte Federale d’Appello di cui al dispositivo in C.U. n. 103/CFA del 10 febbraio 2017 e di cui alle motivazioni in C.U. n. 112/CFA del 17 marzo 2017).

Il signor Pastore ha impugnato la citata decisione della CFA davanti al Collegio di Garanzia dello Sport che, con decisione della Sezione II, del 12 giugno 2017 (e con motivazione n. 51 del 12 luglio 2017) ha respinto il suo ricorso.

13.2. Ciò ricordato, effettivamente, come ha sostenuto il ricorrente, la vicenda riguardante la partecipazione di numerosi calciatori ai campionati dilettanti regionali, pur in assenza del necessario tesseramento, era stato già oggetto di precedenti indagini della Procura Federale ed aveva determinato già l’irrogazione di una sanzione disciplinare a carico del ricorrente (che era stata oggetto della precedente già citata decisione della Sezione II di questo Collegio di Garanzia), tuttavia, come si rileva chiaramente dagli atti, la Procura Federale ha compiuto ulteriori accertamenti sulla vicenda all’esito dei quali sono emerse nuove e più gravi responsabilità del signor Pastore che, nelle sue funzioni di Presidente del Comitato Regionale della Campania, non si era limitato ad omettere la necessaria vigilanza sulle attività degli organi addetti al tesseramento e sulle attività delle società coinvolte nella vicenda, con l’omissione di ogni opportuna iniziativa volta ad evitare che un numero rilevante di calciatori partecipasse a gare ufficiali senza averne titolo, come era emerso nel giudizio disciplinare concluso con la precedente sanzione, ma era risultato egli stesso responsabile dei fatti per aver avuto la piena consapevolezza che le irregolarità, determinate anche dal proprio operato, determinavano l’alterazione delle partite e quindi la non regolarità dei campionati.

La CFA, nella decisione impugnata, ha richiamato  in proposito,  facendo proprie, le ampie motivazioni che sul punto erano state fatte dal Tribunale Federale che aveva correttamente affermato che i fatti contestati con il presente procedimento, pur riguardanti lo stesso periodo storico nonché la medesima attività gestoria, siano ontologicamente diversi rispetto a quelli contestati con i precedenti deferimenti, sia sotto il profilo del nesso causale che sotto il profilo degli eventi consequenziali.

Oggetto di contestazione, nel caso attuale, infatti, a prescindere dalle norme che si sussumono violate, è l'aver posto in essere reiterate condotte illecite volte a favorire una serie di club al fine di alterare il regolare svolgimento delle gare. I deferimenti precedenti, invece hanno avuto ad oggetto da un lato le irregolarità nella gestione finanziaria del Comitato Regionale Campania, dall'altra la circostanza che alcune società ben definite, si fossero iscritte ai campionati di loro competenza con un numero di giocatori tesserati di gran lunga inferiore rispetto al necessario, gettando le basi per l'utilizzo di calciatori non tesserati e in posizione irregolare. Ciò viene precisato anche nel corpo motivazionale della sentenza della Corte Federale d'Appello 112/CFA del 17 marzo 2017, laddove si specifica che "appare circostanza pacifica e, comunque, non contestata e tantomeno smentita che le società meglio specificate nel deferimento di cui trattasi sono state iscritte a competizioni ufficiali organizzate nell'ambito del Comitato regionale Campania pur in difetto del numero minimo di calciatori tesserati e, ancor meno, di un numero utile di giocatori ponendo, così, le premesse perché le società dovessero, di fatto, avvalersi per la disputa di singole gare, di calciatori tesserati." Trattasi, pertanto, di contestazione fattuale che, per l'ampiezza del fenomeno contestato, per la ripetitività delle condotte contestate, per  il diverso titolo di responsabilità contestata, si appalesa differente rispetto a quelle oggetto dei precedenti deferimenti, così come appare diversa la qualificazione del fatto contestato, inquadrato sotto il profilo del dolo e non già di una mera violazione colposa dell'obbligo di vigilanza”.

14. Il signor Pastore ha poi sostenuto, con il motivo rubricato al n. 9, l’erroneità della decisione impugnata per l’insussistenza della recidiva e per l’applicazione del principio della continuazione.

Il motivo è stato dichiaratamente proposto nell’ottica di un annullamento da parte di questo Collegio della decisione e in vista della rimessione degli atti alla CFA.

Considerato che, per tutti i motivi che si sono prima indicati, il ricorso del signor Pastore non risulta fondato, tale censura risulta inammissibile per carenza di interesse.

15. Per lo stesso motivo risulta inammissibile per carenza di interesse il decimo e ultimo motivo con il quale il signor Pastore ha sostenuto che, qualora il Collegio annullasse l’impugnata decisione, dovrebbe essere dichiarata la prescrizione del giudizio.

16. In conclusione, per tutti gli esposti motivi, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite

 

Respinge il ricorso. 

 

Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC. 

 

DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 

 

Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 1 febbraio 2018.

 

 

Il Presidente                                                                                    Il Relatore

F.to Franco Frattini                                                                         F.to Dante D’Alessio 

 

 

Depositato in Roma in data 8 marzo 2018

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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