CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 2 del 10/01/2018 – Procura Generale CONI/Federazione Italiana Danza Sportiva e altri
Decisione n. 2
Anno 2018
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente
Dante D’Alessio
Mario Sanino
Massimo Zaccheo
Attilio Zimatore - Relatore
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 104/2017, presentato, in data 9 ottobre 2017, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi, e dei Procuratori Nazionali, Avv. Thomas Martone e Prof. Avv. Maria Elena Castaldo,
contro
i Signori (tesserati della FIDS): Michele Barbone, Michele Lauletta, Edilio Pagano, Fernando Tiberio, Piercarlo Pilani, Gianluca Matarese, Roberto Musiani, Alberto Pregnolato, Sergio Rotaris, difesi dagli Avvocati Prof. Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, Viale delle Milizie, n. 106; Christian Zamblera, residente in Casazza (BG), Via Nazionale, n. 23, difeso dall’Avv. Simona Filippone, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Savoia, n. 84; Giovanni Costantino, residente in Messina, Via S.S. 114, Km 4,700, difeso dall’Avv. Lorenzo Fascì, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Reggio Calabria, Via Sbarre Centrali, trav. V^, n. 33; Davide Cacciari, residente a San Martino in Argine (BO), Via San Vittore, n. 1, difeso dall’Avv. Michela Vecchi, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rimini, Corso D’Augusto, n. 14,
nonché contro
la Federazione Italiana Danza Sportiva – FIDS, con sede in Roma, Stadio Olimpico, Curva Sud, in persona del Legale Rappresentante pro-tempore il Presidente Federale, rappresentata e difesa dagli Avvocati Prof. Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, unitamente e disgiuntamente tra loro, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Viale delle Milizie, n. 106,
avverso
la decisione della Corte Federale d'Appello della Federazione Italiana Danza Sportiva F.I.D.S. (di seguito, per brevità, designata semplicemente come FIDS), pubblicata in data 18 settembre 2017 (C.U. n. 8/2017), con la quale, nel respingere il reclamo presentato dalla Procura Federale e dai Procuratori Nazionali dello Sport, è stata confermata la decisione del Tribunale Federale,
che ha dichiarato l'azione disciplinare promossa nei confronti dei suddetti tesserati FIDS, con
atto di deferimento del 21 aprile 2017, inammissibile per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport, nonché improcedibile per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello Sport applicati.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 7 novembre 2017, il Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi, e i Procuratori Nazionali dello Sport, Avv. Thomas Martone e Prof. Avv. Maria Elena Castaldo, nell’interesse della ricorrente Procura Generale dello Sport presso il CONI; l’Avv. Prof. Guido Valori e l’Avv. Paola Maria Angela Vaccaro, nell’interesse dei resistenti Sigg. Michele Barbone, Michele Lauletta, Edilio Pagano, Fernando Tiberio, Piercarlo Pilani, Gianluca Matarese, Roberto Musiani, Alberto Pregnolato, Sergio Rotaris, nonché nell’interesse della resistente Federazione Danza Sportiva; l’Avv. Michela Vecchi, nell’interesse del resistente, Sig. Davide Cacciari; l’Avv. Simona Filippone, per il resistente, Sig. Christian Zamblera; l’Avv. Lorenzo Fascì per il resistente, sig. Giovanni Costantino;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Prof. Avv. Attilio Zimatore.
Ritenuto in fatto
- Con atto del 21 aprile 2017, la Procura Generale dello Sport, nelle persone del Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi, del Procuratore Nazionale dello Sport Applicato, Avv. Thomas Martone, e del Procuratore Nazionale dello Sport delegato, Prof. Avv. Maria Elena Castaldo, deferiva dinanzi al Tribunale Federale FIDS i tesserati:
- Piercarlo Pilani, Michele Lauletta, Sergio Rotaris, Roberto Musiani, Christian Zamblera, Giovanni Costantino, Fernando Tiberio, Alberto Pregnolato, Edilio Pagano, Davide Cacciari, Gianluca Matarese, per la violazione degli artt. 1, comma 1, e 8, comma 1, RdG FIDS e dell’art. 11, comma 1, Statuto FIDS;
- Michele Barbone, Edilio Pagano, Michele Lauletta, Fernando Tiberio, Piercarlo Pilani, per la violazione dell’art. 1, comma 1, RdG FIDS e dell’art. 11, comma 1, Statuto FIDS;
- Michele Barbone per la violazione degli artt. 1, comma 1, 8, comma 1, RdG FIDS e dell’art. 11, comma 1, Statuto FIDS;
- Michele Barbone per la violazione dell’art. 1, comma 1, dell’art. 7 bis, comma 3, RdG FIDS e dell’art. 11, comma 1, Statuto FIDS;
- Piercarlo Pilani, Edilio Pagano e Roberto Musiani per la violazione degli artt. 1, comma 1, RdG FIDS e art. 11, comma 1, Statuto FIDS;
- Edilio Pagano per la violazione dell’art. 1, comma 1, dell’art. 7 bis, comma 2, RdG FIDS e dell’art. 11, comma 1, Statuto FIDS.
- A seguito del deferimento, il Tribunale Federale della FIDS fissava l’udienza di discussione per il 16 giugno 2017, all’esito della quale emetteva ordinanza con cui, ritenute rilevanti e non manifestamente infondate: i) l’eccezione di improcedibilità dell’azione disciplinare per difetto di titolarità in capo alla Procura Generale, sul rilievo della mancanza in atti dei provvedimenti motivati di avocazione; ii) l’eccezione di improcedibilità per difetto di titolarità della Procura Generale dello Sport sotto l’aspetto della carenza di potere; iii) l’eccezione di nullità degli atti di applicazione; iv) la questione, sollevata d’ufficio, di nullità dell’atto del 19 aprile 2017 della Procura Generale dello Sport con cui era stato delegato il Procuratore Nazionale, Avv. Prof. Castaldo, concedeva termine alle difese per note illustrative e rinviava alla successiva udienza del 3 luglio 2017.
Nei termini concessi, le parti depositavano le memorie illustrative. All’udienza del 3 luglio 2017, la difesa del Sig. Zamblera rappresentava di aver proposto istanza di ricusazione del Collegio presso la Corte Federale di Appello FIDS con ricorso inoltrato il precedente 29 giugno 2017, chiedendo la sospensione del procedimento. A tale richiesta si associava la Procura Generale dello Sport.
Il Tribunale, rigettata l’istanza di sospensione, riservava la decisione.
Con decisione n. 20/2017, resa e pubblicata in data 3 luglio 2017 (CU n. 20/2017), il Tribunale Federale dichiarava inammissibile e improcedibile l’azione disciplinare e non si pronunciava nel merito. In particolare dichiarava: inammissibile l’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21 aprile 2017 “per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport”; improcedibile l’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21 aprile 2017 “per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello sport applicati”; la nullità dell’atto di delega del 19 aprile 2017; la nullità di tutti gli atti di indagine, ritenendo assorbita ogni altra questione.
Successivamente, con ordinanza del 13 luglio 2017, la Corte d’Appello Federale FIDS rigettava l’istanza di ricusazione della quale si è riferito sopra (CU n. 6/2017).
- Avverso la decisione del Tribunale Federale, proponevano reclamo il Procuratore Federale della FIDS, Avv. Scarfone, e i Procuratori Nazionali dello Sport, Avv. Martone e Prof. Avv. Castaldo, in forza di atto di applicazione del 17 luglio 2017. La Corte d’Appello Federale, con decisione del 15 settembre 2017 (CU n. 7/2017) e motivazione comunicata il 18 settembre 2017 (CU n. 8/2017), rigettava il reclamo confermando la decisione di primo grado, senza entrare nel merito delle contestazioni disciplinari.
- In data 9 ottobre 2017, la Procura Generale dello Sport ha quindi presentato ricorso dinanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport chiedendo, in via principale, l’annullamento e l’integrale riforma della decisione emessa dalla Corte Federale d’Appello, nonché la decisione della controversia senza rinvio, con conseguente assoluzione del Sig. Edilio Pagano e condanna degli altri soggetti deferiti alle sanzioni richieste; in via subordinata, l’accoglimento dell’impugnazione e, per l’effetto, ove ritenuti necessari ulteriori accertamenti di fatto, il rinvio all’organo che ha emesso la decisione.
Con successivo atto del 16 ottobre 2017, la ricorrente ha presentato una richiesta di rettifica delle richieste sanzionatorie per la posizione del Sig. Edilio Pagano (per il quale è stata richiesta una condanna soltanto in relazione ad alcuni capi di incolpazione).
La Procura, dopo alcuni rilievi preliminari in ordine all’ammissibilità del ricorso, ha affidato la propria impugnazione ai seguenti motivi: (i) violazione delle norme di diritto, per aver la Corte respinto il reclamo della Procura avverso la decisione del Tribunale, nella parte in cui si censurava la nullità di tale decisione per violazione dell’art. 2, comma 6, CGS CONI in relazione agli artt. 55 RdG FIDS e 52 c.p.c, ovvero siccome resa in pendenza della necessaria sospensione dovuta alla presentazione di istanza di ricusazione del giudice o, comunque, in assenza di sommaria delibazione dell’istanza; violazione o falsa applicazione delle norme di diritto relative alla procedibilità dell’azione disciplinare; (ii) omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ossia sul rilievo di ufficio in primo grado della nullità del provvedimento di nomina del Procuratore Nazionale, Prof. Avv. Maria Elena Castaldo, da parte del Procuratore Generale dello Sport.
Detti motivi, per quanto occorre, saranno illustrati nel corso della motivazione.
Si sono costituiti in giudizio: la Federazione Italiana Danza Sportiva; i Sigg. Michele Barbone, Michele Lauletta, Edilio Pagano, Fernando Tiberio, Piercarlo Pilani, Gianluca Matarese, Roberto Musiani, Alberto Pregnolato, Sergio Rotaris con una medesima memoria; il Sig. Davide Cacciari; i quali, in sintesi, hanno chiesto, tutti, che il ricorso della Procura Generale fosse dichiarato inammissibile o rigettato. Si è, altresì, costituito il Sig. Christian Zamblera, il quale, avendo “riconosciuto la propria responsabilità in ordine ai fatti contestati”, ha chiesto al Collegio di Garanzia, “nell’ipotesi di condanna del resistente per i fatti oggetto del presente giudizio, provvedere alla irrogazione della sanzione ritenuta di giustizia, comunque non superiore a quella richiesta ed indicata dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, con concessione delle ulteriori diminuzioni previste per la sussistenza delle circostanze attenuanti”. Si è costituito anche il Sig. Giovanni Costantino, il quale ha chiesto al Collegio di Garanzia di “riformare la Sentenza emessa dalla Corte d’Appello Federale e per l’effetto annullare, dichiarare nullo e/o revocare il provvedimento di cui alla presente impugnazione. Quindi, nel merito mandare assolto il ricorrente in quanto non ha violato nessuna norma Federale e/o sportiva”.
Le eccezioni e le tesi difensive della FIDS e dei sopradetti tesserati costituiti in giudizio saranno esposte, per quanto necessario, nel corso della motivazione che segue.
Considerato in diritto
1.
In via preliminare, occorre esaminare il problema dell’ammissibilità del ricorso della Procura Generale dello Sport dinanzi a questo Collegio alla stregua dei criteri stabiliti dall’art. 12 bis, comma 1, dello Statuto CONI e dall’art. 54, comma 1, CGS CONI, che delimitano la cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport e ne escludono - tra l’altro - le decisioni “che hanno comportato la irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro”. Tale questione, che riveste carattere preliminare e dovrebbe comunque essere delibata dal Collegio, ha formato oggetto di discussione tra le parti, le quali hanno sostenuto opposte interpretazioni delle disposizioni sopra citate.
Secondo la Procura Generale ricorrente, la pronuncia di improcedibilità dell’azione emessa dalla Corte Federale d’Appello (e la conseguente mancata irrogazione di alcuna sanzione a carico dei deferiti) non escluderebbe la competenza del Collegio di Garanzia, ai sensi dei citati artt. 12 bis, comma 1, Statuto CONI e 54, comma 1, CGS CONI, secondo una interpretazione logica di dette disposizioni. Osserva la Procura Generale che la ratio legis delle norme in questione sarebbe “quella di consentire il giudizio di legittimità …. allorché la controversia …. abbia il connotato della gravità”; gravità che in questo caso sarebbe attestata dalle severe richieste di sanzioni da parte della Procura Federale e della Procura Generale nonché dalla presentazione dell’accordo di patteggiamento da parte di uno degli incolpati. Ad argomentare diversamente, ammettendo cioè l’impugnazione solo per le decisioni che abbiano effettivamente irrogato una sanzione superiore a novanta giorni, si introdurrebbe un principio implicito di non ricorribilità delle decisioni favorevoli all'incolpato, di cui nelle norme non vi è traccia. Così ragionando - secondo la Procura Generale - vi sarebbe un’alterazione del principio del giudice naturale della legittimità sportiva, che potrebbe conoscere della controversia non già per la sua oggettiva gravità, ma in rapporto all’eventuale ed incerta, caso per caso, decisione di secondo grado di mantenere o meno una condanna sopra la soglia temporale di durata (in questi termini a pag. 14 del ricorso).
La contraria tesi delle parti resistenti muove, invece, dalla mancata irrogazione di qualsivoglia sanzione in entrambi i gradi di giudizio federale; mancanza di sanzione che, alla stregua della lettera delle norme sopra citate, precluderebbe l’accesso al sindacato di legittimità. Secondo i resistenti, il requisito della gravità (dal quale dipende la cognizione del Collegio di Garanzia) non potrebbe mai essere affidato alla valutazione di una parte, quale è la Procura, alla quale così si rimetterebbe il giudizio sulla competenza del Collegio, con un evidente contrasto col principio di certezza del diritto. Piuttosto, sarebbe già stato il legislatore sportivo ad aver valutato il concetto di gravità, e ad averlo individuato nelle controversie già decise dal Giudice federale con la comminatoria di una sanzione superiore ai 90 giorni o ai 10.000 euro.
Il Collegio reputa che la soluzione della questione in esame debba necessariamente passare attraverso un’attenta e ponderata opera di interpretazione delle disposizioni citate, che non si arresti al profilo meramente letterale, ma ne indaghi il significato anche secondo un criterio logico, funzionale e sistematico. In effetti, il testo delle richiamate disposizioni fa espresso riferimento alle decisioni “che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni …”, ma il dato letterale si scontra inconciliabilmente con quello logico.
Gli artt. 12 bis, comma 1, dello Statuto CONI e 54, comma 1, del CGS CONI dettano due diversi criteri per individuare e delimitare la cognizione del Collegio di Garanzia: uno per materia, in virtù del quale sono escluse le controversie in materia di doping; l’altro che si potrebbe definire per valore, essendo legato alla misura delle sanzioni irrogate in sede endofederale, misura che non deve essere inferiore alla soglia minima di novanta giorni, per le sanzioni tecnico sportive, e di 10.000 euro, per quelle pecuniarie.
La ratio delle norme è stata enunciata con molta chiarezza da queste Sezioni Unite nella decisione n. 6 del 10 febbraio 2016, ove si è affermato che “La ratio complessiva della riforma (…) è, sul punto, quella di evitare che l’organo di “legittimità” della giustizia sportiva si occupi di controversie c.d. “bagatellari”, cioè relative - in riferimento ai procedimenti disciplinari - a fatti di lievissima entità, per i quali è sufficiente la definizione della giustizia endofederale. La "ratio legis" è , ad avviso del Collegio, quella di consentire il giudizio di legittimità del Collegio di Garanzia allorché la "controversia", cui l'art. 12 bis Statuto CONI si riferisce, abbia il connotato della gravità (…)” (in tal senso, anche Coll. Gar. CONI, Sez. Un., 18 gennaio 2016, n. 3). Anche nella decisione n. 29 del 27 luglio 2016, sempre le Sezioni Unite hanno affermato che “appare chiaro l’obiettivo di perseguire la facoltà di limitare il vaglio di legittimità alle sole controversie più rilevanti”.
Pertanto, le disposizioni in esame hanno inteso stabilire un filtro di accesso al Supremo Organo della Giustizia Sportiva, investendolo del controllo delle decisioni assunte dagli organi di giustizia endofederali solo quando queste riguardino controversie che abbiano il connotato della gravità. In altre parole, secondo la logica delle disposizioni in esame, la cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport sussiste ogniqualvolta la controversia da esaminare e decidere presenti il carattere della gravità; mentre è esclusa per le controversie di modesta rilevanza. E si tratta di una logica pienamente condivisibile, poiché evita che il massimo organo della giustizia sportiva debba farsi carico di controversie di scarsa rilevanza, concentrandosi invece su quelle che presentino un requisito di gravità. Il criterio di selezione riposa dunque non tanto sulla misura delle sanzioni effettivamente irrogate in sede federale quanto sulla gravità delle controversie, la quale dipende dalla gravità delle condotte censurate e, conseguentemente, dalla misura delle sanzioni previste per quelle violazioni.
Se la ratio delle norme in esame è quella di evitare che le controversie bagatellari siano devolute alla cognizione del Collegio di Garanzia, escludere l’ammissibilità del ricorso anche nei casi in cui - come nel ricorso del quale si discute in questa sede - siano state ravvisate condotte gravemente censurabili, astrattamente idonee a motivare sanzioni ben superiori alla soglia minima prevista dagli artt. 12 bis e 54 citt., significherebbe sostenere tout court la non ricorribilità di qualunque decisione di assoluzione, indipendentemente dai fatti contestati ed indipendentemente dal fatto che vi sia stata o meno un’indagine sulla configurabilità delle violazioni ravvisate e sulla gravità di esse. Una siffatta preclusione condurrebbe a esiti aberranti, considerato che potrebbe sottrarre alla cognizione del Collegio di Garanzia - senza alcuna giustificazione logica - controversie aventi ad oggetto anche fatti oggettivamente gravi e idonei a suscitare una sanzione notevolmente superiore a quella minima stabilita dagli artt. 12 bis e 54 citt.
Nel caso di specie, occorre considerare che la doppia assoluzione in sede endofederale è dipesa dall’accoglimento di motivi strettamente procedurali; con la conseguenza che lo scrutinio circa la sussistenza e la gravità dei fatti contestati non ha mai avuto luogo. Infatti, nè il Tribunale Federale né la Corte d’Appello Federale sono entrati nel merito delle contestazioni disciplinari, arrestandosi alla declaratoria di inammissibilità dell’azione disciplinare.
In conclusione, il Collegio di Garanzia ritiene che, nel caso di specie, non sussista alcuna preclusione - derivante dagli artt. 12 bis dello Statuto CONI e 54 del CGS CONI - che impedisca l’esame del ricorso e, in particolare, impedisca di verificare se la dichiarazione di inammissibilità dell’azione disciplinare sia stata legittimamente pronunciata dal Tribunale Federale e dalla Corte Federale d’Appello della FIDS, in relazione alle censure svolte dalla Procura Generale ricorrente.
Ferma la conclusione che precede, il Collegio di Garanzia reputa opportuno porre ancora una volta in evidenza quanto già osservato (v. decisione 29/2016) in merito alla infelice formulazione letterale delle disposizioni dettate dagli art. 12 bis dello Statuto CONI e 54 del CGS CONI, le quali possono suscitare il dubbio che il ricorso al Collegio di Garanzia non sia mai consentito avverso decisioni dei Giudici Federali che non abbiano comportato l’irrogazione di alcuna sanzione, a prescindere dalla gravità delle condotte censurate e a prescindere dall’avvenuto scrutinio nel merito in sede di giustizia federale. In questo senso, si auspica un intervento chiarificatore da parte dei competenti organi del CONI.
2.
2.1. Affermata l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo di cui al paragrafo che precede, si può quindi procedere all’esame del primo motivo del ricorso proposto dalla Procura Generale, la quale lamenta la “violazione delle norme di diritto” sotto due distinti ed autonomi aspetti: in primo luogo, si deduce la violazione delle norme di diritto per aver la Corte respinto il reclamo della Procura avverso la decisione del Tribunale, nella parte in cui si censurava la nullità di tale decisione per l’irregolare trattazione del procedimento in violazione dell’art. 2, comma 6, CGS CONI in relazione agli artt. 55 RdG FIDS e 52 c.p.c, ovvero siccome resa in pendenza della necessaria sospensione dovuta alla presentazione di istanza di ricusazione del giudice o, comunque, in assenza di sommaria delibazione dell’istanza; in secondo luogo, si lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto relative all’esercizio dell’azione disciplinare.
2.2. Invertendo l’ordine delle censure, il Collegio reputa che la prima questione da esaminare sia quella relativa alla contestata legittimazione ad esercitare l’azione disciplinare da parte del Procuratore Generale (Gen. Cataldi) e del Procuratore Nazionale applicato (Avv. Martone).
A tale riguardo, assume la ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe errato nel respingere i motivi di reclamo relativi alla nullità della decisione di prime cure in punto di difetto di titolarità e di legittimazione all’azione da parte del Procuratore Generale e del Procuratore Nazionale Applicato, Avv. Martone, poiché la Procura avrebbe ben operato tenuto conto delle disposizioni dettate dagli artt. 40, comma 4, (rectius 8) CGS CONI, 52 CGS CONI e 11 Regolamento di Organizzazione e Funzionamento PGS.
Infatti, secondo la ricorrente, una volta ravvisate le ragioni di grave convenienza a fondamento della richiesta di astensione da parte del Procuratore Federale FIDS e considerato che la Procura Federale FIDS è costituita da un Procuratore Federale e da un solo Sostituto Procuratore (senza la presenza di un Procuratore Aggiunto, che, ai sensi dell’art. 40 CGS, fosse legittimato a “sostituire” il Procuratore Federale impedito), la Procura Generale non poteva far altro che sollevare la Procura Federale così composta dalla trattazione del procedimento, disponendo l’applicazione di un Procuratore Nazionale ai sensi dell’art. 11, comma 2, Regolamento di Organizzazione e Funzionamento PGS in combinato disposto con l’art. 52 CGS CONI; ciò anche in ragione della situazione di vacanza determinatasi prima che il nuovo Procuratore Federale, Avv. Scarfone, prendesse servizio presso la Procura Federale. Aggiunge la ricorrente che, tra l’altro, l’Avv. Scarfone, una volta insediatosi, nemmeno ha richiesto la revoca dell’applicazione e la restituzione degli atti, bensì ha sempre condiviso l’azione disciplinare intrapresa e partecipato alle udienze, manifestando così la volontà di proseguire nella gestione del procedimento secondo il meccanismo dell’applicazione ex art. 52 CGS CONI. La tesi della Procura ricorrente è stata contestata dalle parti resistenti le quali - in sintesi - hanno eccepito che l’interpretazione seguita dalla Procura Generale sarebbe in contrasto con il disposto degli artt. 44 e 52 CGS CONI e con l’art. 11 Regolamento di Organizzazione e Funzionamento PGS, ribadendo un asserito difetto di legittimazione all’esercizio dell’azione disciplinare da parte del Procuratore Generale per carenza di potere. Osservano i resistenti che l’azione disciplinare nel processo sportivo è di esclusiva pertinenza del Procuratore Federale, onde il Procuratore Generale non diventerebbe mai titolare di alcun potere di indagine né di alcun potere di esercitare l’azione disciplinare mediante la formulazione dell’atto di deferimento. Relativamente, poi, al difetto di legittimazione del Procuratore Nazionale, Avv. Martone, secondo i resistenti l’applicazione sarebbe avvenuta in difetto dei presupposti normativi, giacchè l’applicazione a seguito di astensione ex art. 52 CGS può intervenire quando tutti i componenti della Procura Federale abbiano chiesto, e siano stati autorizzati, ad astenersi e le ragioni di convenienza riguardino tutti i detti componenti. Per contro, secondo i resistenti, nel caso di specie, a fronte di istanze di astensione del solo Procuratore Federale nelle quali questi fa riferimento solo a proprie ragioni di convenienza, i procedimenti sarebbero dovuti essere assegnati e gestiti dal Sostituto Procuratore, presente presso la Procura Federale FIDS. Infine, aggiungono i resistenti che l’applicazione dovrebbe determinare l’immissione del Procuratore Nazionale presso la Procura Federale, alla quale si dovrebbe sempre riferire tutta l’attività, mentre nel caso di specie ciò non sarebbe avvenuto, dato che tutta l’attività sarebbe stata posta in essere dal Procuratore Generale e dal Procuratore Nazionale presso e per conto della stessa Procura Generale.
Il Collegio di Garanzia reputa che la censura dedotta dalla Procura Generale, ora in esame, sia fondata, mentre le eccezioni sollevate dalle predette parti resistenti non possono essere condivise.
Muovendo dalla questione relativa alla legittimazione del Procuratore Nazionale, Avv. Martone, si osserva che nel caso de quo si erano verificati i presupposti per darsi luogo all’applicazione di cui all’art. 11, comma 2, Regolamento di Organizzazione e Funzionamento PGS in combinato disposto con l’art. 52 CGS CONI.
Si rammenta che l’art. 40, comma 8, del CGS CONI, nel disciplinare la Composizione dell’Ufficio del Procuratore Federale, prevede che “i Procuratori Aggiunti e i Sostituti Procuratori coadiuvano il Procuratore federale. I Procuratori Aggiunti, inoltre, sostituiscono il Procuratore federale in caso d’impedimento e possono essere preposti alla cura di specifici settori, secondo le modalità stabilite da ciascuna Federazione nei rispettivi regolamenti di giustizia”. La disposizione, pertanto, attribuisce espressamente ai soli Procuratori Aggiunti la possibilità di sostituire il Procuratore Federale in caso d’impedimento. Se ne desume che il Sostituto Procuratore non ha le stesse prerogative e gli stessi poteri dell’Aggiunto; può ‘coadiuvare’ il Procuratore Federale nell’esercizio delle sue funzioni, ma in caso di impedimento di questi non ha il potere di sostituirlo ed esercitare l’azione disciplinare.
Orbene, occorre considerare - come rilevato correttamente dalla ricorrente - che nella struttura della Procura Federale FIDS vi è un solo Procuratore Federale e un solo Sostituto Procuratore (Sostituto e non Aggiunto), così come previsto dall’art. 43, comma 1, Regolamento di Giustizia FIDS.
Pertanto, in un caso come quello di specie, ove, a seguito dell’accoglimento dell’istanza di astensione presentata dal Procuratore Federale, questi risulta impedito, non risultano esservi altri componenti all’interno della Procura Federale aventi titolo a svolgere le funzioni inquirenti e requirenti; il Sostituto, infatti, non ne ha la qualifica, non offrendo le stesse garanzie di indipendenza di un Aggiunto. Dinanzi a una situazione in cui l’attività investigativa rischia di restare paralizzata, non pare esservi altra via - come quella appunto intrapresa - che un intervento in aiuto da parte della Procura Generale con l’affidamento dell’indagine al Procuratore Nazionale applicato e coadiuvato dal Sostituto Procuratore Federale.
E’ vero che l’art. 11, comma 2, Regolamento di Organizzazione e Funzionamento PGS prevede quale presupposto dell’applicazione di un Procuratore Nazionale la circostanza che le ragioni di convenienza poste a fondamento della richiesta di astensione riguardino “tutti i componenti” della Procura Federale, mentre, nel caso de quo, la richiesta di astensione avanzata dall’Avv. Ponzelletti, Procuratore Federale FIDS, aveva ad oggetto motivi che riguardavano esclusivamente la sua persona; tuttavia, considerato che la Procura Federale FIDS è composta da un solo Procuratore Federale e da un Sostituto, e la norma di rango superiore racchiusa nell’art. 40, comma 8, CGS CONI attribuisce ai soli Procuratori Aggiunti (in tal caso, assenti) la facoltà di sostituire il Procuratore Federale in caso d’impedimento, è evidente che non restava alcun altro soggetto all’interno della Procura titolato a esercitare l’azione disciplinare. Con la conseguente necessità di procedere alla applicazione di un Procuratore Nazionale CONI.
In senso contrario è stato eccepito che l’istituto dell’applicazione previsto dall’art. 52, comma 2, CGS presuppone una “richiesta del Procuratore federale interessato”; richiesta che, nel caso di specie, non vi sarebbe mai stata; onde, in difetto di una richiesta, l’applicazione non avrebbe potuto avere legittimamente luogo. Ma l’eccezione è infondata: è bensì vero, infatti, che l’art. 52, comma 2, cit., prevede che l’applicazione intervenga “su richiesta del Procuratore federale interessato”, ma, nel caso di specie, l’istanza di astensione proveniente proprio dal Procuratore Federale comportava implicitamente e necessariamente una richiesta di applicazione in mancanza di un Procuratore Aggiunto che, da un lato, potesse sostituire il Procuratore Federale, e, dall’altro, potesse formulare la stessa richiesta di applicazione.
Né può giungersi a diversa conclusione muovendo da alcune disposizioni (richiamate da alcune parti resistenti) che parrebbero legittimare il Sostituto Procuratore Federale all’espletamento delle indagini e al conseguente esercizio dell’azione disciplinare: segnatamente, l’art. 43, comma 1, CGS CONI, il quale statuisce che “Le funzioni del Procuratore federale sono esercitate nelle indagini preliminari, nei procedimenti di primo grado e nei giudizi di impugnazione; esse sono svolte personalmente ovvero mediante assegnazione delle questioni a uno o più addetti al medesimo Ufficio. Con l’atto di assegnazione il Procuratore può stabilire i criteri ai quali l’addetto all’Ufficio deve attenersi anche relativamente alla fase dibattimentale.”; e l’art. 77, comma 4, Statuto FIDS, il quale prevede che “Le funzioni del Procuratore Federale sono esercitate nelle indagini preliminari, nei procedimenti di primo grado e nei giudizi di impugnazione; esse sono svolte personalmente ovvero mediante assegnazione a un Sostituto”. Osserva il Collegio che tali disposizioni presuppongono che il Sostituto agisca a seguito di assegnazione da parte del Procuratore Federale, quindi su sua delega e nell’ambito delle sue direttive. E’ evidente che nel caso in esame non sussistono tali presupposti: il Procuratore Federale si è astenuto e non vi è stata alcuna delega.
La Procura Generale non aveva altra via, dunque, che ricorrere all’applicazione di cui all’art. 11, comma 2, del Regolamento di Organizzazione e funzionamento della PGS, il quale richiama espressamente l’art. 52 CGS CONI. Ed è appena il caso di notare che, in questo caso, l’applicazione cui deve farsi riferimento - nel silenzio dell’art. 11 citato - non può reputarsi sia quella di cui al comma 1 dell’art. 52, bensì quella di cui al comma 2 dell’art. 52, trattandosi di un intervento in aiuto da parte della Procura Generale anziché di un’ipotesi di avocazione (come, del resto, la Procura Generale ha ripetutamente affermato, ribadendolo anche nel corso della discussione finale).
In aggiunta alle considerazioni già svolte, reputa il Collegio che certamente debba riconoscersi rilievo alla circostanza che il Procuratore successivamente insediato, Avv. Scarfone, non abbia mai chiesto la revoca dell’applicazione con conseguente restituzione dei fascicoli, bensì abbia manifestato la volontà di associarsi all’azione disciplinare intrapresa, sviluppando richieste insieme alla Procura Generale e partecipando alle udienze. La gestione dei procedimenti è infatti proseguita secondo i canoni della coassegnazione del procedimento tra il Procuratore Nazionale e il Procuratore Federale, dovendosi intendere per coassegnazione una gestione congiunta, una condivisione del procedimento e dei suoi esiti, la quale, tuttavia, non implica una necessità di firma congiunta dei provvedimenti assunti.
Appurata la legittimità dell’applicazione del Procuratore Nazionale (Avv. Martone) e di conseguenza la titolarità in capo allo stesso dell’azione disciplinare, la questione relativa alla legittimazione del Procuratore Generale e alla sottoscrizione dell’atto di deferimento da parte di quest’ultimo appare priva di rilievo. Infatti, la circostanza che anche il Procuratore Generale, Gen. Cataldi - insieme ai Procuratori Nazionali dello Sport Applicati, Avv. Martone e Avv. Castaldo - abbia firmato l’atto di deferimento del 21 aprile 2017, anche ove il Procuratore Generale fosse privo di legittimazione e la sua sottoscrizione risultasse esuberante, non inficerebbe comunque la validità di tale atto, proveniente dal Procuratore Nazionale legittimamente applicato.
2.3. L’accoglimento del primo motivo del ricorso della Procura Generale sotto il profilo sopra considerato comporta necessariamente l’annullamento della decisione impugnata con rinvio del procedimento al Giudice Federale di primo grado perché questo - affermata la ammissibilità dell’esercizio dell’azione disciplinare - proceda allo scrutinio del merito, vagliando le domande e le eccezioni formulate da tutte le parti.
2.4. Accolta la censura afferente al tema della legittimazione del Procuratore Nazionale Applicato, l’altro aspetto sotto il quale la Procura Generale ha dedotto la lamentata violazione di norme di diritto deve ritenersi assorbito.
3.
Con il secondo motivo di ricorso, la Procura ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia. Precisamente, la censura attiene alla nullità - rilevata d’ufficio dal Tribunale Federale - del provvedimento del 19 aprile 2017 con il quale era stato delegato il Procuratore Nazionale dello Sport, Prof. Avv. Maria Elena Castaldo, “perché atto non previsto dalla vigente disciplina normativa, nonché per genericità ed indeterminatezza delle funzioni delegate”.
Il Collegio ritiene che, accertata la legittimazione all’esercizio dell’azione disciplinare da parte del Procuratore Nazionale Applicato (Avv. Thomas Martone), appare superfluo interrogarsi sulla questione relativa alla legittimità della delega al Procuratore Nazionale, Prof. Avv. Maria Elena Castaldo. La questione risulta priva di concreto rilievo, dato che, anche ove quella delega non risultasse legittima, la ulteriore presenza e sottoscrizione del secondo Procuratore Nazionale non vizierebbe gli atti compiuti dal Procuratore Nazionale già legittimamente applicato. Del resto, la stessa Procura Generale sembra consapevole del carattere subordinato e secondario di questo secondo motivo di ricorso laddove, proprio a conclusione di questo motivo di ricorso, ribadisce che “la validità di tutti gli atti del procedimento de quo sia inequivocabilmente fondata sulla sottoscrizione dell’avv. Thomas Martone, Procuratore Nazionale dello Sport applicato”, traendone la conseguenza che “Ferma restando, dunque, la esistenza e validità degli atti, le ulteriori sottoscrizioni del Procuratore Generale e del Procuratore Nazionale dello Sport prof. avv. Castaldo, potrebbero, al massimo, essere considerate ultronee e quindi ‘innocue’ ” (pag. 37 del ricorso della Procura Generale dello Sport).
In definitiva, l’avvenuto accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe e preclude l’esame del secondo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, rimette gli atti al Tribunale Federale Nazionale di primo grado, affinchè si proceda all’esame del merito.
Nulla per le spese.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 7 novembre 2017.
Il Presidente Il Relatore
F.to Franco Frattini F.to Attilio Zimatore
Depositato in Roma, in data 10 gennaio 2018.
Il Segretario
F.to Alvio La Face