CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 42 del 20/07/2018 – Procura Generale CONI/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Stefano Merulla/Alessandro Nicola D’Angelo Francesco Calvo/Federazione Italiana Giuoco Calcio Juventus F.C. S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale CONI

Decisione n. 42

Anno 2018

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE

         

 

composta da

Franco Frattini - Presidente 

Mario Sanino 

Gabriella Palmieri

Massimo Zaccheo - Relatore

Dante D’Alessio - Componenti 

 

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

 

nei giudizi iscritti: 

 

1) al R.G. ricorsi n. 19/2018, presentato, in data 21 febbraio 2018, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport - gen. Enrico Cataldi – e del Procuratore Nazionale dello Sport – avv. Federico Vecchio,

 

contro

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,

  

nonché contro

 

i sig.ri Alessandro Nicola D’Angelo e Stefano Merulla, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Maria Turco,  vertente sull’impugnazione della decisione della Corte Federale d’Appello FIGC, di cui al C.U. n. 078/CFA del 22 gennaio 2018, resa nel procedimento promosso, tra gli altri, a seguito di ricorso presentato dai sig.ri Stefano Merulla e Alessandro Nicola d’Angelo, nella parte in cui, in accoglimento del ricorso proposto dagli incolpati, in riforma della decisione resa in primo grado dal Tribunale Nazionale Federale della FIGC – Sezione Disciplinare (C.U. n. 11/17 TFN del 25 settembre 2017), è stato dichiarato il difetto di giurisdizione sportivo-disciplinare degli Organi della giustizia federale e, per l’effetto, sono state annullate le sanzioni agli stessi inflitte all’esito del giudizio di primo grado (inibizione di un anno e ammenda di € 20.000,00 in capo al sig. Stefano Merulla, per violazione dell’art. 1 bis, comma 1, ed art. 12, commi 1, 2 e 9 CGS; inibizione di un anno e tre mesi ed ammenda di € 20.000,00 in capo al sig. Alessandro Nicola D’Angelo, per violazione dell’art. 1 bis, comma 1 ed art. 12, commi 1, 2 e 9 CGS);

 

2) al R.G. ricorsi n. 20/2018, presentato, in data 21 febbraio 2018, dal dott. Francesco Calvo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Leandro Cantamessa Arpinati e Luigi Chiappero,

contro

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,

 

vertente sull’impugnazione della decisione della Corte Federale d’Appello FIGC - Sezioni Unite, di cui al C.U. n. 078/CFA del 22 gennaio 2018, nella parte in cui la Corte Federale d’Appello ha respinto il ricorso del dott. Calvo e, per l’effetto, ha confermato le sanzioni allo stesso inflitte all’esito del giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale Federale (inibizione di un anno ed ammenda di € 20.000,00), per violazione dell’art. 12, commi 1 e 2, CGS;

 

3) al R.G. ricorsi n. 25/2018, presentato, in via incidentale, in data 6 marzo 2018, dalla Juventus F.C. S.p.A., in persona del Presidente, dott. Andrea Agnelli, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Chiappero, a seguito dell’impugnazione del Procuratore Generale presso il CONI, con ricorso iscritto al R.G. n. 19/2018, avverso la decisione emessa dalla Corte Federale d’Appello presso la FIGC, pubblicata il 22 gennaio 2018 con il C.U. n. 078/CFA, che, in parziale accoglimento dei ricorsi proposti dal Procuratore Federale FIGC e dalla stessa società Juventus, con riferimento alla posizione della medesima predetta società, ha rideterminato la sanzione dell’ammenda irrogata alla Juventus F.C. S.p.A. nella misura di € 600.000,00, oltre alla chiusura del settore denominato “Tribuna (Curva) Sud” dello stadio Allianz Stadium di Torino, in occasione della prima partita del Campionato di Serie A dell’anno 2018;

 

riuniti i ricorsi in epigrafe per connessione oggettiva;

 

viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

uditi, nell’udienza del 16 marzo 2018:

 

  • quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 19/2018, il Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, ed il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Federico Vecchio, per la ricorrente Procura Generale dello Sport, nonché l’avv. Maria Turco, per i resistenti sig.ri Stefano Merulla e

Alessandro Nicola D’Angelo;

 

  • quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 20/2018, i difensori del ricorrente - dott. Francesco Calvo - avv.ti Leandro Cantamessa Arpinati e Luigi Chiappero, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC;
  • quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 25/2018, il difensore della ricorrente - Juventus F.C. S.p.A. - avv. Luigi Chiappero, nonché gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la resistente FIGC;

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. prof. Massimo Zaccheo.

Ritenuto in fatto

 

I) In seguito a un’indagine della Procura della Repubblica di Torino sulla criminalità organizzata, è emerso che la Juventus F.C. S.p.A. (d’ora in avanti, “Juventus”) avrebbe venduto biglietti ad alcune persone connesse a gruppi “ultras”, che avrebbero, a loro volta, intrattenuto rapporti con esponenti della c.d. ‘ndrangheta’.

L’indagine penale ha generato, di riflesso, un’indagine disciplinare della Procura Federale F.I.G.C., incentrata sulla violazione, da parte di alcuni dirigenti della Juventus, degli articoli 1bis e 12 C.G.S.

II) All’esito dell’indagine, in data 18 marzo 2017 il Procuratore Federale ha deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale:

- il sig. Alessandro Nicola D’Angelo, all’epoca dei fatti dipendente addetto alla Sicurezza (Security Manager) della Juventus, che avrebbe svolto, in favore di quest’ultima, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, C.G.S., in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. e dell’art. 12, commi 1, 2, 3, e 9 C.G.S.; e ciò in quanto, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras”, al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, avrebbe intrattenuto personalmente rapporti costanti e duraturi con i c.d. “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo in modo che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi; e ciò con il fine di far assistere questi ultimi a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio e partecipando, inoltre, a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata della tifoseria “ultras” nonché, in occasione della gara Juventus – Torino del 23 febbraio 2014, introducendo di persona, all’interno dell’impianto sportivo, materiale vietato al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”; - il Sig. Stefano Merulla, all’epoca dei fatti dipendente responsabile del Ticket Office della Società, che avrebbe svolto, per quest’ultima, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5 C.G.S., in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis comma 5, C.G.S. e dell’art. 12, commi 1, 2 e 9, C.G.S., perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras”, al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, avrebbe intrattenuto personalmente rapporti costanti e duraturi con i c.d. “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata; e così, facendo in modo che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, nonché partecipando personalmente a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata della tifoseria “ultras”.

- il dott. Francesco Calvo, all’epoca dei fatti direttore commerciale della Juventus, che avrebbe svolto, per quest’ultima, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, C.G.S., in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. e dell’art. 12, commi 1, 2 e 9 C.G.S., in quanto, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a tutta la stagione sportiva 2015/2016, avrebbe intrattenuto personalmente, nonché avrebbe consentito ad altri dipendenti della Juventus, a lui subordinati, di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i c.d. “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata; e così, facendo in modo che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, nonché partecipando personalmente a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata della tifoseria “ultras”.

- il dott. Andrea Agnelli, all’epoca dei fatti tesserato quale presidente della Juventus F.C. S.p.A., in ordine alla violazione dei principi di lealtà correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. e dell’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 dello stesso codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras”, al fine di evitare alla Società da lui presieduta pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, non avrebbe impedito a tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus F.C. S.p.A. di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i c.d. “gruppi ultras”, anche per il tramite e con i contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, nonché partecipando personalmente a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata della tifoseria “ultras” e assecondando, in occasione della gara Juventus - Torino del 23 febbraio 2014, l’introduzione all’interno dell’impianto sportivo, ad opera dell’addetto alla sicurezza della Società, sig. D’Angelo, di materiale pirotecnico vietato e di striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”.

- la Juventus F.C. S.p.A., a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, e 12, commi 1, 2 e 3, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al suo Presidente, nonché a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 4, comma 2, e 12, commi 1, 2 e 3, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati ai sig.ri Francesco Calvo, Alessandro Nicola D’Angelo e Stefano Merulla, che avrebbero svolto tutti, all’epoca dei fatti, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, C.G.S., per la stessa predetta società.

III) Con decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare, C.U. n. 11/17 TFN del 25/09/2017, ai deferiti sono state irrogate le seguenti sanzioni:

  • Andrea Agnelli: anni uno di inibizione e € 20.000 di ammenda;
  • Francesco Calvo: anni uno di inibizione e € 20.000 di ammenda;
  • Stefano Merulla: anni uno di inibizione e € 20.000 di ammenda;
  • Alessandro Nicola D’Angelo: anni uno e tre mesi di inibizione, nonché € 20.000 di ammenda; - Juventus F.C. S.p.A.: € 300.000 di ammenda.

Tutti i soggetti hanno proposto appello avverso la predetta decisione:

1. I sig.ri Merulla e D’Angelo, congiuntamente, hanno impugnato la decisione deducendo, in via preliminare, l’errata motivazione della medesima con riferimento alla sussistenza, in capo ad entrambi, dei requisiti di cui all’art. 1, comma 5, C.G.S. e, conseguentemente, il mancato accoglimento dell’eccezione di carenza della giurisdizione sportiva, perché gli stessi non sarebbero mai stati tesserati per la F.I.G.C., nonché, nel merito, per la mancata applicazione della scriminante dello stato di necessità nella valutazione delle loro condotte. In via subordinata, entrambi hanno richiesto la riduzione della sanzione ed il contenimento della stessa nella sola ammenda.

2. Il dott. Francesco Calvo ha proposto appello per l’errata valutazione dei fatti in merito all’invocata scriminante dello stato di necessità e conseguente mancato riconoscimento della stessa; per una errata e illogica valutazione dei fatti in ordine all’applicabilità dell’art. 12, comma 1, CGS; per difetto di motivazione in ordine alle circostanze attenuanti invocate dall’incolpato e conseguente mancato riconoscimento delle stesse.

3. Il dott. Andrea Agnelli e la Juventus F.C. S.p.A. hanno proposto ricorso avverso, rispettivamente, i capi della sentenza con cui il giudice di primo grado ha ritenuto la responsabilità del presidente per la violazione dell’art. 12, commi 1 e 2, C.G.S. ed i capi della sentenza che hanno ritenuto la responsabilità diretta della società per i fatti addebitati al presidente Agnelli e quella oggettiva per i fatti addebitati al dirigente Calvo ed ai dipendenti D’Angelo e Merulla.  4. Ha, altresì, interposto appello la Procura Federale, con riferimento alle posizioni di Andrea Agnelli, Alessandro Nicola D’Angelo e Juventus F.C. S.p.A.

In ordine al sig. D’Angelo, il Procuratore Federale ha dedotto l’erronea valutazione del materiale probatorio, l’incongruità della sanzione, nonché l’errata applicazione dell’art. 12, comma 6, C.G.S. in riferimento all’art. 19, comma 1, stesso codice, ed ha richiesto l’inibizione del D’Angelo per ventiquattro mesi, con conferma dell’ammenda di € 20.000.

In ordine al sig. Andrea Agnelli, il Procuratore Federale ha dedotto l’erronea valutazione del materiale probatorio con riguardo alla esclusione della violazione contestata ai sensi dell’art. 12, comma 3, C.G.S., chiedendo, di conseguenza, di comminare la sanzione della inibizione per mesi 30, nonché l’ammenda di € 50.000.

Con riferimento alla società Juventus F.C. S.p.A., il Procuratore Federale ha dedotto l’errata applicazione dell’art. 12, comma 6, C.G.S. in relazione all’art. 18, comma 1, lett. d), e), f), stesso codice e carenza assoluta di motivazione circa la mancanza dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni della disputa di due gare a porte chiuse e della chiusura della curva sud per una ulteriore gara, ed ha chiesto che tali sanzioni fossero irrogate nei confronti della Società, confermando l’ammenda di € 300.000, stabilita dal Tribunale Federale 

IV) I ricorsi sono stati preliminarmente riuniti dalla Corte Federale d’Appello – Sezioni Unite. 

La Corte, con C.U. n. 078/CFA del 22 gennaio 2018, ha: (i) accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione sportiva sollevata dagli appellanti Merulla e D’Angelo, annullando le sanzioni loro inflitte; (ii) parzialmente accolto i ricorsi proposti dalla società Juventus e dal Procuratore Federale con riferimento alla posizione della stessa predetta società, fissando, da un lato, un aggravamento della sanzione, vista la gravità dei fatti addebitati, ma, dall’altro, riconoscendole l’esistenza di alcune circostanze attenuanti; e così, rideterminando la sanzione dell’ammenda in € 600.000, e disponendo la disputa della prima gara interna di Campionato di Serie A dell’anno 2018 con il Settore denominato “Tribuna (Curva) Sud”, dello stadio Allianz Stadium di Torino, privo di spettatori; (iv) respinto il ricorso del dott. Francesco Calvo, confermando le sanzioni allo stesso inflitte.

V) La richiamata decisione è stata oggetto di plurime impugnazioni avanti questo Collegio: 1) con ricorso del 21 febbraio 2018, il Procuratore Generale dello Sport ha proposto gravame chiedendo l’annullamento della decisione nella parte in cui ha annullato le sanzioni inflitte in primo grado a carico dei deferiti per la violazione e/o mancata applicazione dell’art. 1, comma 5, C.G.S. F.I.G.C. (in vigore fino al 1° agosto 2014) e dell’art. 1 bis, comma 5, del nuovo C.G.S.\ F.I.G.C., nonché per contraddittorietà, illogicità e omessa e/o insufficiente motivazione. 

In particolare, la Procura ha lamentato un vizio di interpretazione in merito al difetto di giurisdizione rilevato dal giudice di secondo grado, che non avrebbe ritenuto applicabili ai due soggetti deferiti le norme dell’ordinamento sportivo, non essendo tesserati né sottoscrittori della clausola compromissoria. 

La Procura ha richiesto, in via principale, l’accoglimento dell’impugnazione e la conseguente conferma della decisione assunta dal Tribunale Federale della F.I.G.C. - Sezione Disciplinare, C.U. n. 11/17 TFN del 25/09/2017 e di riflesso delle sanzioni ivi irrogate.

1) Con ricorso del 21 febbraio 2018, il dott. Francesco Calvo ha proposto gravame avverso la predetta decisione per difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia, omessa motivazione in ordine all’aggravamento della pena inflitta al ricorrente, nonché per la natura ed entità della sanzione irrogata.

2) Con ricorso del 6 marzo 2018, la Juventus F.C. S.p.A. ha presentato ricorso incidentale a seguito dell’impugnazione del Procuratore Generale presso il C.O.N.I. avverso la predetta decisione della Corte Federale d’Appello - Sezioni Unite per violazione di legge con riferimento all’art. 4 C.G.S., nonché per l’illegittima applicazione delle regole sulla responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 3, C.G.S.

3) Non ha interposto ricorso il dott. Andrea Agnelli.

VI) Si sono costituiti in giudizio rispettivamente: 

1) i sig.ri Stefano Merulla e Alessandro D’Angelo, con memoria del 2 marzo 2018, deducendo che la Procura avrebbe domandato una inammissibile rivalutazione delle risultanze processuali. 

2) la F.I.G.C., con memoria del 27 febbraio 2018, con riferimento al ricorso presentato dal dott. Francesco Calvo, e con memoria del 12 marzo 2018 con riferimento al ricorso incidentale presentato dalla Juventus e a quello presentato dalla Procura Generale dello Sport.

VII) In data 16 marzo 2018 si è tenuta l’udienza davanti alle Sezioni Unite.

 

Considerato in diritto

 

1) Da un punto di vista logico e cronologico è opportuno esaminare il ricorso ex art. 54 C.G.S. proposto dalla Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I., nei confronti del sig. D’Angelo, del sig. Merulla e della F.I.G.C., nonché il ricorso incidentale proposto dalla Juventus ex art. 59, comma 5, C.G.S.

Secondo la Corte Federale di Appello, il criterio discretivo fondante la giurisdizione degli organi della giustizia sportiva riposa sul c.d. “tesseramento” e sulla sottoscrizione di apposita clausola compromissoria.

Nonostante i sig.ri Merulla e D’Angelo abbiano svolto, per il periodo dal 2012 al 2016, attività nell’interesse della Juventus, oggetto delle contestazioni di cui ai capi di incolpazione, tuttavia, i medesimi, nella loro qualità di meri dipendenti della società, non sarebbero soggetti alle regole dell’ordinamento sportivo, ma esclusivamente al rapporto disciplinare nei confronti del datore di lavoro o all’autorità giudiziaria ordinaria, nell’ipotesi in cui le condotte dagli stessi tenute dovessero assumere rilievo penale.

A conforto di tale conclusione, la CFA invoca l’art. 19 C.G.S. “Per i fatti commessi in costanza di tesseramento, i dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali o di altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, fermo restando l’applicazione degli articoli 16, comma 3, dello Statuto e 36, comma 7 delle NOIF, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura ed alla gravità dei fatti commessi…”.

Come è dato osservare, l’art. 19 C.G.S. punisce esclusivamente le condotte dei soggetti tesserati, in costanza del rapporto di tesseramento, con le sanzioni nel medesimo indicate. Seguendo l’itinerario logico della CFA, argomentando a contrario, i soggetti non tesserati, non essendo destinatari delle sanzioni di cui all’art. 19, non sarebbero nemmeno giustiziabili da parte dell’ordinamento sportivo. Di qui, il difetto di giurisdizione fissato dalla CFA.

Ad avviso del Collegio di Garanzia il quadro ordinamentale va diversamente ricostruito. 

L’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. (ma pure l’art. 1 C.G.S. ante 2014) prevede che “sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali le società … e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere… organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale”.

A norma del comma 5, del medesimo art. 1 bis, “sono tenuti all’osservanza delle norme contenute nel presente codice e nelle norme statutarie anche… coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale”.  È pacifico che D’Angelo e Merulla svolgano un’attività all’interno della struttura organizzativa della Juventus e nell’interesse della medesima in qualità di dipendenti di quest’ultima. Ne discende che la condotta degli stessi rientra a pieno titolo nella fattispecie descritta dal comma 5 dell’art. 1 bis C.G.S. che pretende, a carico di questi ultimi, il rispetto delle norme contenute nel Codice di Giustizia Sportiva, nonché il rispetto delle norme statutarie e federali.

La previsione di cui al comma 5, dell’art. 1 bis C.G.S., restringe la portata del comma 1, dell’art. 1 bis e si pone, rispetto a quest’ultimo, in un rapporto di specialità. Se, infatti, “le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici e gli ufficiali di gara sono tenuti al rispetto delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva” e possono essere oggetto di sanzione, ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 19, comma 1, C.G.S., invece, gli ulteriori destinatari della previsione di cui al comma 5, art. 1 bis, sono tenuti all’osservanza esclusivamente delle norme del C.G.S., nonché alle norme statutarie e federali, anche ove il loro rapporto non sia riferibile direttamente all’attività sportiva, come nel primo comma.

Ciò non esclude che il comportamento dei medesimi, a norma del comma 5, dell’art. 1 bis C.G.S., rientri nella giurisdizione del giudice sportivo, trovando loro applicazione le norme richiamate dall’ordinamento sportivo stesso. 

Il fatto che a coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società non trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 12, 15, 18 e 19 C.G.S. (invece limitate ai dirigenti, tesserati, soci e non soci, di cui all’art. 1 bis), si giustifica alla luce del rilievo che la sanzione loro comminata sarebbe del tutto irrilevante, tenuto conto che le pene ivi previste, in particolare quelle comminate ai sensi dell’art. 19 C.G.S., sanzionano temporaneamente o definitivamente o puniscono la loro attività nello svolgimento dell’attività di carattere agonistico. Invece, con riguardo ai soggetti dipendenti, quel tipo di sanzione non avrebbe alcun effetto, non potendo l’ordinamento sportivo impedire, nell’ambito del rapporto lavorativo ai soggetti medesimi, di svolgere le mansioni loro affidate dalla società. Un’eventuale sanzione irrogata dall’ordinamento sportivo determinerebbe di riflesso l’obbligo per la società di demansionare o assumere altro provvedimento punitivo nei confronti del dipendente destinatario della medesima.

La ratio del sistema sportivo riposa, al contrario, sulla giustiziabilità della condotta di questi ultimi, nel senso della doverosità del rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva e delle norme statutarie e federali, che, laddove da loro violate, determinano una responsabilità diretta della società sportiva cui appartengono, per la condotta da questi ultimi tenuta anche all’insaputa degli organi apicali della stessa; e, conseguentemente, una sanzione che tenga conto della gravità della condotta direttamente riferibile alla società.

Ne discende che la violazione delle norme dello statuto e delle norme federali, da parte di dipendenti, rilevante ai sensi dell’art.1 bis, comma 5, C.G.S., determina una applicazione diretta dell’art. 18 C.G.S. a carico della Società.

Dall’accoglimento del motivo proposto dal Procuratore Generale dello Sport, nei limiti di cui in motivazione, con conseguente rinvio alla Corte Federale d’Appello F.I.G.C., per la sua natura pregiudiziale, deriva l’assorbimento del ricorso incidentale della Juventus.

2. Quanto al ricorso proposto dal dott. Calvo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Collegio non ravvisa alcun difetto di motivazione. La decisione impugnata dà atto, ai fini della determinazione della sanzione, della c.d. coercizione psicologica degli incolpati, posta in comparazione, tuttavia, al ruolo rivestito dal Calvo stesso, nonché alla natura, gravità e durata dell’illecito ascrittogli. Né, tantomeno, hanno rilievo gli altri motivi di ricorso, tenuto conto della provata gravità della condotta ascritta al Calvo, al quale, invece, trovano diretta applicazione le sanzioni di cui all’art.19 C.G.S. L’entità della sanzione irrogata sfugge, peraltro, alla valutazione di questo Collegio in ragione della sua natura di organo di legittimità. Le spese del giudizio seguono la soccombenza quanto al ricorso n. 20/2018. 

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite

 

Accoglie il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 19/2018 e, per l’effetto, rinvia alla Corte Federale d’Appello FIGC, nei sensi di cui in motivazione.  Nulla per le spese. 

Respinge il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 20/2018.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 16 marzo 2018.

 

 

Il Presidente                                                                                  Il Relatore

F.to Franco Frattini                                                                        F.to Massimo Zaccheo                                                                                                       

 

Depositato in Roma, in data 20 luglio 2018.

 

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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