CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 12/2021 del 5 febbraio 2021 – ASD Pro Sambonifacese 1921/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti/C.R. Veneto FIGC/LND
Decisione n. 12
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Angelo Maietta - Relatore
Giuseppe Andreotta
Pier Giorgio Maffezzoli
Cesare San Mauro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 108/2020, presentato, in data 20 novembre 2020, dalla A.S.D. Pro Sambonifacese 1921, rappresentata e difesa dall'avv. Mariano Dalla Valle,
avverso
il provvedimento della Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Veneto FIGC - LND, pubblicato con C.U. n. 33 del 21 ottobre 2020 (stagione sportiva 2020/2021), con il quale, nel respingere il reclamo della Società ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo Territoriale, di cui al C.U. n. 29 del 7 ottobre 2020, pubblicata con Comunicato della Delegazione Provinciale di Verona, sono state confermate, a carico della Pro Sambonifacese, la non omologazione del risultato di 0-1 conseguito sul campo nell'incontro Albaredo Calcio - Pro Sambonifacese; la sanzione della perdita della suddetta gara con il risultato di 0-3; l'ammenda pari ad € 50,00; la sanzione, a carico del dirigente, Antonio Sterchele, dell'inibizione sino al 18 ottobre 2020; la squalifica per una giornata a carico dei giocatori Ajeti Arion e Kuqi Kadri, tesserati della Pro Sambonifacese; la trasmissione di copia degli atti alla Procura Federale in merito alla posizione irregolare dei suddetti calciatori anche in occasione della competizione del 20 settembre 2020 contro l'A.C. Pozzo.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 28 gennaio 2021, il difensore della parte ricorrente - A.S.D. Pro Sambonifacese 1921 - avv. Mariano Dalla Valle, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, cons. dott. Giuseppe Leotta, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Angelo Maietta.
Ritenuto in fatto
Con ricorso ritualmente depositato, la ASD Sambonifacese 1921 proponeva gravame avverso alla decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale, pubblicata dalla FIGC – LND, Comitato Regionale Veneto n. 33 del 21 ottobre 2020. Il ricorso si articola su due motivi di gravame entrambi relativi alla contestazione di violazione di legge per avere essa Corte male interpretato o falsamente interpretato una disposizione normativa, omettendo e motivando in maniera carente le proprie determinazioni.
Il punto del contendere viene identificato nella circostanza che la ASD Albaredo Calcio avrebbe proposto reclamo al giudice sportivo con un messaggio di posta elettronica che conteneva nel testo il ricorso verso una violazione commessa dalla Pro Sambonifacese e che tale ricorso non recasse la sottoscrizione digitale. L’accoglimento del ricorso di primo grado portò alla perdita della gara della odierna ricorrente, che gravava la decisione del primo Giudice adducendo la inesistenza e/o nullità del ricorso di primo grado per mancanza di sottoscrizione dell’atto, atteso che il medesimo non era sottoscritto né con firma grafica scannerizzata né con firma digitale. La Corte d’Appello Territoriale rigettava il gravame, ritenendo infondate le doglianze sulla scorta di argomentazioni in diritto relative alle modalità di notificazione dei ricorsi per via telematica, citando a sostegno precedenti giurisprudenziale amministrativi.
Avverso questa decisione la Pro Sambonifacese ha proposto ricorso al Collegio di Garanzia.
Nessuna delle contro interessate si è costituita e, all’udienza del 28 gennaio 2021, celebratasi in modalità telematica con collegamento da remoto su piattaforma Microsoft Teams, la ricorrente si è riportata ai propri scritti chiedendone l’accoglimento.
E’ intervenuta la Procura Generale dello Sport che ha insistito per il rigetto del ricorso, sostenendo la bontà della decisione gravata.
Udito il relatore nella camera di consiglio, prof. avv. Angelo Maietta, la causa è stata introitata in decisione.
Considerato in diritto
Deve in limine litis dichiararsi la contumacia della ASD Albaredo Calcio, della FIGC e della Lega Nazionale Dilettanti.
Il ricorso, in diritto, è fondato.
Va premesso che il Codice di Giustizia Sportiva del Coni, all’art. 2, comma 6, espressamente precisa che “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”. La puntualizzazione va fatta, sebbene già più volte ribadito in diverse decisioni di Questa sezione, ancora una volta e di più nella odierna vicenda, laddove il motivo principale di gravame attiene alla nullità/inesistenza del ricorso di primo grado (e consequenzialmente a cascata anche dei gradi successivi) per essere stato il medesimo proposto via pec senza la sottoscrizione dell’atto. Più correttamente, ai fini della inquadrabilità della questione oggetto di scrutinio, si sottolinea che il ricorso al Giudice Sportivo fu trasmesso non come allegato alla pec, ma come file/testo della pec medesima.
Orbene, il rinvio del CGS CONI al processo civile deve guidare l’interprete nell’individuazione delle norme esistenti in materia di validità degli atti processuali e delle relative notificazioni o comunicazioni. Ed allora, il punto di partenza della indagine decisionale non può che essere l’art. 125 del codice di procedura civile che, al primo comma, espressamente prescrive che “salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale.” La norma, tra le altre prescrizioni, ne impone, ai fini che qui interessano, una in particolare: la sottoscrizione dell’atto a pena di nullità/inesistenza, come chiarito anche dalla giurisprudenza per la quale, “poiché l’art. 125 c.p.c. prescrive che l’originale e le copie degli atti ivi indicati devono essere sottoscritti dalla parte che sta in giudizio personalmente oppure dal procuratore, il difetto di sottoscrizione è causa di inesistenza dell’atto (nella specie, di appello) atteso che la sottoscrizione è elemento indispensabile per la formazione dello stesso (Cass., 20 gennaio 2011, n. 1275).
Orbene, la sottoscrizione di un atto può essere apposta nelle forme ordinarie, con la firma della parte o del difensore, oppure digitalmente. Quest’ultima modalità di sottoscrizione è stata introdotta dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (codice delle amministrazioni digitali, in acronimo CAD), e consiste nella sottoscrizione di tipo elettronico basata su un certificato digitale e su un sistema di chiavi crittografiche (una pubblica e una privata) correlate tra loro, che consente al titolare, tramite la chiave privata, e al destinatario, tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici, indipendentemente dal tipo di supporto fisico sul quale è memorizzato. Essa è rilasciata da certificatori autorizzati e può essere apposta ad un documento (ovviamente informatico, quindi un file) mediante un particolare dispositivo (smartcard, chiavetta USB, firma remota), i cui certificati elettronici hanno, per ragioni di sicurezza (potenzialmente violabile con il progresso tecnologico), una validità limitata nel tempo.
In particolare, l’articolo 1, comma 1, lett. p), del CAD definisce documento informatico la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. In altri termini, un documento informatico è un file digitale, ovvero una determinata sequenza di valori binari e, pertanto, non è legato al tipo di supporto fisico sul quale è memorizzato. Al contrario, i duplicati di uno stesso documento informatico possono essere memorizzati sul medesimo dispositivo o su supporti fisici diversi mantenendo intatte le caratteristiche dell’originale, trattandosi della medesima sequenza di valori binari. Il medesimo l’articolo 1, comma 1, lett. p-bis), definisce, invece, documento analogico la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Ne consegue che qualunque documento non informatico – e, perciò, ogni documento tradizionale o cartaceo – è un documento analogico. Inoltre, con la locuzione autenticazione del documento informatico si intende, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lett. b), del CAD, la validazione del documento informatico attraverso l’associazione di dati informatici relativi all’autore o alle circostanze, anche temporali, della redazione. Infatti, analogamente a quanto accade per i documenti cartacei, i documenti informatici possono essere sottoscritti e tale sottoscrizione elettronica è utilizzata quale metodo di identificazione informatica del firmatario del documento.
Al riguardo giova rammentare la distinzione, prevista dal nostro ordinamento, tra:
- firma elettronica, definita come l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica (CAD, articolo 1, comma 1, lett. q);
- firma elettronica avanzata, definita come l’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico, che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati (CAD, articolo 1, comma 1, lett. q-bis);
- firma elettronica qualificata, definita come un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma (CAD, articolo 1, comma 1, lett. r);
- firma digitale, definita come un particolare tipo di firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare, tramite la chiave privata, e al destinatario, tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici (articolo 1, comma 1, lett. s).
Infine, l’articolo 1, comma 1, lett. v-bis), definisce la posta elettronica certificata come il sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi.
E’ opportuno, altresì, evidenziare la diversa finalità cui assolvono la firma digitale e la posta elettronica certificata, che talora vengono ritenuti dalle amministrazioni strumenti alternativi ugualmente idonei a garantire la validità della documentazione inviata per il controllo di regolarità amministrativa e contabile. La prima, infatti, è un meccanismo riconosciuto dall’ordinamento per sottoscrivere, in formato elettronico, un documento informatico; la seconda è un mezzo di trasmissione in grado di identificare univocamente il mittente ed il destinatario di un messaggio di posta elettronica e di attestarne i momenti di invio e ricezione. Ne consegue che, mentre la firma digitale è uno strumento idoneo a comprovare la provenienza e l’autenticità di un documento informatico, la posta elettronica certificata dimostra l’invio e la ricezione del messaggio, ma non garantisce, di regola, il contenuto del documento o dei documenti ivi presenti.
La disamina innanzi svolta soccorre l’interprete nella qualificazione sostanziale dei documenti informatici e della loro sottoscrizione. Sul punto, giova precisare che la firma digitale è pienamente equiparata, quanto agli effetti, alla sottoscrizione autografa, in forza dell’applicazione del d. lgs. n. 82/2005 (C.A.D.) al processo civile, come normativamente previsto dall’art. 4 del D.L. n. 193/09, convertito, con modificazioni, dalla L. 24/10 e, consequenzialmente, al processo sportivo, in forza del rinvio per relationem che il CGS CONI fa al medesimo, ex art. 2, comma 6.
Analogamente, per quanto attiene, invece, alla notificazione, quest’ultima segue le forme ordinarie del codice di procedura civile (artt. 137 e ss. c.p.c.), oppure può essere effettuata anche in proprio dal difensore secondo i dettami della legge 53/1994 (si veda, sul punto, l’art. 3- bis, comma 1, della testé citata norma che stabilisce: “la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici) anche via pec (posta elettronica certificata), la cui fonte normativa è rinvenibile nel DPR 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3), e che all’art. 1, comma 2, lett. G) la definisce come “ ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna di documenti informatici”; quest’ultima norma, ai fini che qui interessano, va raccordata con la lettera f) del predetto articolo 1, comma 2, del DPR 11 febbraio 2005, n. 68, in cui si declina anche la definizione del messaggio di posta elettronica certificata come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. Apertis verbis, la pec ha lo stesso valore legale di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento (ma, si noti bene, nel senso di veicolo, cioè di “contenitore”), purché la trasmissione avvenga tra due pec, ovverosia quella del mittente e quella del destinatario. A tal proposito, è bene avvertire che, come si diceva innanzi, ove la dichiarazione allegata come file alla pec (o la pec stessa) non sia stata sottoscritta mediante firma digitale, è come spedire una raccomandata cartacea non firmata, cioè priva di “contenuto” giuridico senz’altro riferibile al mittente titolare della pec. Tale principio, che distingue concettualmente il “contenente” dal “contenuto”, ha trovato un primo conforto nella giurisprudenza di legittimità, per la quale “la spedizione dell'impugnazione mediante raccomandata inviata con il mezzo telematico attraverso il servizio internet di posta raccomandata online, non consentendo la trasmissione dell'atto scritto in originale, in quanto si sostanzia nell'inoltro di un testo o un'immagine in formato digitale che le poste provvedono successivamente a stampare e recapitare al destinatario, deve ritenersi inidonea a soddisfare i requisiti di forma prescritti, a pena di inammissibilità, per la proposizione e la spedizione dell'atto d'impugnazione” (Cass. Pen., sez. III, 31 gennaio 2014, n. 7337) e, più recentemente, una conferma puntuale, affermando che “il giudice di appello ha ritenuto inesistente la notificazione dell’atto di gravame non solo perché la copia di esso trasmessa via PEC dal difensore dell’appellante era carente di firma digitale, ma, soprattutto, in quanto l’originale del medesimo ne era privo”, “[…] essendo la firma digitale – al pari della sottoscrizione dell’atto analogico (c.d. cartaceo) ai sensi dell’art. 125 c.p.c. (cfr. tra le tante Cass., n. 1275/11) – requisito di validità dell’atto introduttivo del giudizio (anche di impugnazione), in quanto essa attiene alla formazione dello stesso e alla sua riconducibilità a chi lo ha formato (nella specie, necessariamente al difensore munito di procura), l’inammissibilità dell’appello deriva già da siffatta carenza, non sanabile” (Cass. Civ., n. 14338/17). Quest’ultimo orientamento è ormai da considerarsi jus receptum, avendo di recente ricevuto ulteriore adesione anche dalla giurisprudenza di merito, per la quale “la firma digitale – al pari della sottoscrizione dell’atto analogico (c.d. cartaceo) ai sensi dell’art. 125 c.p.c. – costituisce requisito di validità dell’atto introduttivo del giudizio (anche di impugnazione)”, in quanto attiene alla formazione dello stesso e alla sua riconducibilità di chi lo ha formato, ossia il difensore munito di procura, pertanto la relativa carenza non è sanabile, con la conseguente inammissibilità dell’appello principale proposto” (Corte App. Bologna, n. 234/2019). In buona sostanza, quello che è utile chiarire è che la trasmissione (invio e ricezione) di una pec è valida agli effetti di legge, siccome attestata rispettivamente dalle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, che vengono generate in base alla seguente procedura: la pec spedita dal mittente passa prima dal suo gestore di posta, che gli rilascia anzitutto la ricevuta di accettazione e, quindi, inoltra la pec al gestore di posta del destinatario, il quale mette anzitutto la pec a disposizione del destinatario nella sua casella di posta e, quindi, rilascia al mittente la ricevuta di consegna, che certifica in modo opponibile ai terzi sia la consegna della pec sia il momento della consegna stessa al destinatario (c.d. data certa), e ciò indipendentemente dall’avvenuta sua lettura da parte del destinatario medesimo, giacché “il documento informatico trasmesso per via telematica si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore” (cfr. art. 14, co. 1, dpr 28 dicembre 2000, n. 445). Sostanzialmente, quindi, la trasmissione via pec del documento certifica unicamente la provenienza e la consegna di un contenuto che, però, laddove si riferisca ad atti che debbono avere una valenza giuridica, debbono rispettare determinati requisiti che, nel caso che ci occupa, difettano. Infatti, dall’esame della produzione del ricorrente si può notare come il reclamo (ergo una impugnazione per il diritto sportivo) era inserito come testo della pec medesima (neppure come allegato) con una mera sottoscrizione dattiloscritta della firma, che avrebbe potuto essere utile ai fini del precetto di cui all’art. 125 c.p.c. unicamente se soddisfacente i requisiti previsti dal d.lgs. 82/05 in materia di sottoscrizione digitale come innanzi richiamato.
Va anche chiarito, ad abundantiam, che Questa Sezione ben conosce i principi dettati dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in relazione alla sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo (cfr. Corte di Cassazione, terza sez. civile, ordinanza n. 8815 del 12 maggio 2020), ma tale principio è stato applicato in relazione ad una sottoscrizione in formato diverso da quello richiesto (estensione pdf anziché pdf.7m) e non già di assenza assoluta di sottoscrizione prevista espressamente dall’art. 125 c.p.c.
Infine, non è da trascurare che l’ordinamento giuridico statale è improntato al formalismo giuridico inteso quale elemento di idoneità di atti e negozi a produrre effetti giuridici vincolanti, con la conseguenza che la mancanza di presupposti formali inficia la sostanza dei provvedimenti. È quanto stabilito dalla giurisprudenza amministrativa più volte e recentemente proprio in tema di sottoscrizione di atti, affermando che “la sottoscrizione di un provvedimento amministrativo costituisce uno degli elementi essenziali del medesimo, con la conseguenza che la sua mancanza, impedendo di stabilire con certezza la riferibilità dell'atto al suo autore, è da considerare vizio insanabile che ne determina la nullità” (T.A.R. Pescara, (Abruzzo) sez. I, 15 giugno 2020, n. 186); orbene, a nessuno sfugge che gli atti dell’ordinamento sportivo e del processo sportivo sono atti amministrativi, tant’è che si discute di attività giustiziale e non giurisdizionale (si veda sul punto la decisione di Questa Sezione, n. 31/20), per la qual cosa pertinente è il richiamo alla citata giurisprudenza in punto di atti formali, che, unitamente alla disciplina processualistica in ambito civile, costituiscono i due binari su cui innervare i principi cardine dell’ordinamento di settore.
Da quanto innanzi, discende che l’atto di impugnazione originariamente proposto dalla ASD Albaredo Calcio, oggidì non costituita, è inesistente e la Corte Sportiva d’Appello Territoriale ha errato nella disamina della fattispecie, ignorando totalmente le norme primarie e secondarie innanzi richiamate e che governano i processi della digitalizzazione e dei procedimenti giurisdizionali e giustiziali telematici. E’, pertanto, palese la violazione di legge in cui è incorso il Giudice a quo, per la qual cosa la decisione va annullata con ogni consequenziale statuizione. La contumacia delle resistenti e, quindi, l’assenza di contestazioni, unitamente alla novità della vicenda approdata alla attenzione del Collegio, non consente la liquidazione delle spese che, pertanto, vanno compensate seguendo l’insegnamento della giurisprudenza di merito per la quale, “se è pur vero che la contumacia non costituisce motivo per compensare le spese, l'assenza di contestazioni da parte delle controparti, se valutata unitamente ad altre specifiche circostanze o aspetti della controversia, può contribuire a determinare la compensazione
delle spese legali” (Tribunale Torre Annunziata, 12 maggio 2018, n. 1195).
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso. Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 28 gennaio 2021.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Angelo Maietta
Depositato in Roma, in data 5 febbraio 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face