T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 3156/2012
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Simona Fioravanti, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, situato in Rom, viale Jonio n. 143;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.;
Questura di Roma, in persona del Questore p.t.;
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento della Questura di Roma n.000457 del 2010 del 14.12.2010, notificato in data 18.1.2011, avente ad oggetto il divieto di accesso agli impianti sportivi ai sensi dell’art.6 comma 6 L. 13.12.1989 n.401, e degli atti preordinati, connessi e conseguenti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Questura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato il 4 marzo 2011 e depositato in medesima data, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale, in data 24 dicembre 2010, il Questore della Provincia di Roma – dopo avergli contestato che, in occasione dell’incontro di calcio OMISSIS – OMISSIS , disputatosi presso il Salaria Sport Village in data 19 dicembre 2010, si è reso responsabile del tentativo di oltrepassare le barriere che danno accesso al settore riservato agli ospiti del centro sportivo Salaria Sport Village, evitato dall’intervento delle forze dell’ordine preposte, “scatenando poi un fitto lancio di oggetti contundenti ad artifizi pirotecnici, causando delle lesioni al viso di un tifoso ospite con una prognosi di 30 giorni” - gli ha vietato per anni 5 l’accesso all’interno degli “stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati”, prescrivendo, nel contempo che “il divieto … da due ore prima e sino a due ore dopo, è altresì esteso agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo”.
Ai fini dell’annullamento, il ricorrente – dopo aver premesso che, intorno alle ore 14,20 del 19 dicembre 2010, si è effettivamente recato presso il centro sportivo Salaria Sport Village per assistere all’incontro di calcio della squadra OMISSIS, di cui è tifoso, assieme al padre ed amici, ma si è subito allontanato dalla zona, come può essere confermato da testimoni “che lo vedevano andare via … alle ore 14,35/40 circa”, ed aver riferito che la perquisizione in seguito effettuata presso la sua abitazione ha dato “esito completamente negativo” – deduce i seguenti motivi di diritto:
1) ECCESSO DI POTERE: FALSITA’ DEL PRESUPPOSTO, TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI. Posto che il GIP, in sede di convalida dell’obbligo di presentazione alla P.G., del pari imposto dal provvedimento impugnato, ha già dedotto che non sussistono presupposti di pericolosità sociale “in quanto il precedente di polizia per ricettazione riportato nel provvedimento a fondamento dell’erogazione della restrizione non sussiste” e tenuto, altresì, conto della carenza di elementi oggettivi che comprovino l’effettiva commissione da parte del ricorrente dei fatti contestati, il divieto impartito è illegittimo.
2) VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 6 L. 377/01 ED ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO ED INDETERMINATEZZA DEI PRESUPPOSTI. L’ordinanza è generica in quanto non consente di individuare con certezza i luoghi e gli spazi antistanti e limitrofi agli stadi a cui il divieto è esteso.
3) ILLOGICITA’ E CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE. Il provvedimento è illogico perché impone il divieto negli stadi Olimpico e Flaminio mentre i fatti contestati riguardano un incontro di serie D che riguarda piccoli centri sportivi di periferia e di piccoli centri abitati.
4) VIOLAZIONE DI LEGGE PER MANCATA NOTIZIA DELL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO EX ARTT. 7 E 8 L. 241/90, specie in considerazione del rilievo che l’Amministrazione ha tenuto conto di “un precedente di polizia per ricettazione che era invece insussistente ed inveritiero”.
Con atto depositato in data 16 marzo 2011 si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma.
Con ordinanza n. 1530/2011 del 22 aprile 2011, la Sezione ha parzialmente accolto l’istanza cautelare.
In data 30 gennaio 2012 il Ministero dell’Interno ha prodotto documenti, tra cui una relazione in data 14 aprile 2011, il cui contenuto può essere così sintetizzato: - il ricorrente è stato individuato come uno dei componenti del gruppo che si è reso responsabile di episodi di violenza in occasione dell’incontro di calcio di serie D OMISSIS/OMISSIS e per questo è stato formalmente denunciato alla competente autorità giudiziaria per i reati previsti dagli artt. 110, 112, 337 e 339 c.p, nonché per la violazione di cui all’art. 6 bis della legge n. 401 del 1989; - la condotta contestatagli è indice di pericolosità sociale sotto il profilo di una dimostrata tendenza a non rispettare i rigorosi divieti imposti da esigenze di ordine pubblico; - per quanto attiene alla violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90, è sufficiente ricordare che, come già affermato in numerosi precedenti giurisprudenziali, tali provvedimenti hanno natura urgente e, dunque, è escluso l’obbligo della previa comunicazione dell’avvio del procedimento; - la sussistenza di precedenti di polizia o giudiziari non è un presupposto necessario per l’applicazione della misura di prevenzione in questione.; - in relazione alla indeterminatezza del divieto, va rilevato che, per quanto attiene agli stadi di Roma – Olimpico e Flaminio, i luoghi interessati dal divieto “sono dettagliatamente indicati mentre è oggettivamente incontestabile l’assoluta impossibilità di indicare tassativamente” tutti gli altri.
All’udienza pubblica dell’1 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini e nei limiti di seguito indicati.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento con il quale il Questore di Roma gli ha impartito il divieto per anni cinque di accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale “ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati”, estendendo il su detto divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni.
A tale fine denuncia, tra l’altro, eccesso di potere per falsità del presupposto ed erronea valutazione dei fatti.
Tale censura è infondata per le ragioni di seguito indicate.
Come risulta dal tenore letterale del provvedimento impugnato, il divieto in contestazione è stato adottato in applicazione delle prescrizioni di cui agli artt. 6 e 6 bis della legge n. 401 del 1989, i quali – per quanto di rilevanza in questa sede - prevedono la possibilità per il Questore di disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime nei confronti di chi ha preso “parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze” abbia “incitato, inneggiato o indotto alla violenza”, o, ancora, risulta denunciato o condannato per reati inerenti il lancio di materiale pericoloso, lo scavalcamento e l’invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive (art. 6 bis).
Al riguardo, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che l’art. 6 di cui sopra – il quale costituisce la norma cardine della vicenda in esame – non impone indagini specifiche sulla pericolosità del soggetto, ossia non richiede alcun previo accertamento attinente – in generale – alla personalità del destinatario del provvedimento, in quanto presuppone e, dunque, si fonda precipuamente sulla pericolosità specifica dimostrata dal soggetto in occasione di manifestazioni sportive (cfr., tra le altre, TAR Umbria, Sez. I, 15 dicembre 2009, n. 767; TAR Campania, Napoli, 13 settembre 2010, n. 17403).
In altri termini, si tratta di una norma introdotta al fine esclusivo di fronteggiare il fenomeno della violenza negli stadi, ispirata dalla necessità di offrire idonea salvaguardia ad interessi primari, quali l’incolumità personale, e, quindi, richiede – ai fini della sua applicazione – che un soggetto si sia reso responsabile di comportamenti atti a rivelare la pericolosità di cui sopra.
Ciò detto, nel caso di specie tale prescrizione risulta correttamente applicata.
Come si trae dal provvedimento impugnato, il Questore di Roma ha disposto il divieto di accesso agli stati nei confronti del ricorrente in quanto sussiste una informativa di reato a carico di quest’ultimo “nella quale si evidenzia che”, in occasione di un incontro di calcio, “lo stesso appartenente ad un gruppo di circa 30 persone, si rendeva responsabile, fuori dell’impianto sportivo, del tentativo di oltrepassare le barriere che danno accesso al settore riservato agli ospiti, evitato dall’intervento delle forze dell’ordine preposte, e scatenando poi un fitto lancio di oggetti contundenti ed artifizi pirotecnici, causando delle lesioni al viso di un tifoso ospite con una prognosi di 30 giorni. Una parte del gruppo subito dopo ha assalito anche l’autobus della squadra ospite,” procurandone l’incendio.
Orbene, la condotta sopra indicata, valutata autonomamente e, quindi, senza riferimento alcuno al precedente di polizia per il reato di ricettazione di cui pure si fa menzione nel provvedimento impugnato, ben giustifica - in termini di “presupposto di fatto”, nel rispetto, tra l’altro, dell’art. 3 della legge n. 241/90 - l’adozione della misura adottata.
Del resto, le argomentazione del ricorrente non valgono a svilire la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, tenuto conto che:
- l’invocata “ordinanza di non convalida ex art. 61 l. 13.12.1989 n. 401” emessa dal Tribunale Penale di Roma, prodotta agli atti, si basa essenzialmente sulla circostanza che, in relazione al reato di ricettazione, è intervenuto decreto di archiviazione ma, comunque, non esclude la “pericolosità” del ricorrente, atteso che reputa “del tutto sufficiente alla salvaguardia dell’ordine pubblico la diffida prevista dall’art. 6 comma 1 L. 401/89”;
- non risultano prodotti dal ricorrente elementi oggettivi e concreti, atti a comprovare la propria estraneità ai fatti contestati, posto che – a tale fine – non può valere l’esito negativo della perquisizione eseguita presso la sua abitazione in data 21 dicembre 2010;
- per contro, l’Amministrazione ha prodotto documentazione da cui risulta che agenti di P.G., “che … avevano fronteggiato gli scontri tra le due tifoserie, riconoscevano, senza ombra di dubbio, nella persona del Ciammetti Andrea, il responsabile, unitamente ad altre persone in via di identificazione, del lancio di sassi, torce incendiarie e bastoni contro le forze dell’ordine ed i tifosi avversari nonché come partecipante” al gruppo che si recava al parcheggio per distruggere il veicolo della tifoseria avversaria.
1.2. Il ricorrente denuncia, poi, illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto afferma che il divieto riguarda gli stadi Olimpico e Flaminio e tutte le zone limitrofe ai grandi stadi mentre “ha avuto il DASPO a causa di un incontro di serie D che si disputa in piccoli centri sportivi di periferia”.
Anche tale censura non è meritevole di positivo riscontro.
Come già accennato, la disposizione del divieto previsto dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989 implica che un soggetto si sia reso responsabile di comportamenti idonei a rivelarne una pericolosità specifica, strettamente connessa alle manifestazioni sportive negli stadi di calcio.
In ragione di tale rilievo, non è rinvenibile alcun obbligo per l’Amministrazione di correlare il divieto di cui trattasi con i fatti accaduti nel senso di imporre lo stesso solo in relazione allo svolgimento di ben determinate partite di calcio, disputate dalle squadre interessate dall’incontro in occasione del quale si sono verificati gli atti di violenza contestati al destinatario del provvedimento.
Sotto tale profilo va, infatti, riconosciuto un potere di scelta dell’Amministrazione, basato sulle condotte rilevate e, dunque, sulla pericolosità dimostrata.
Si tratta di un potere chiaramente sindacabile dal giudice amministrativo entro precisi limiti, quali quello dell’irragionevolezza e della illogicità, i quali – comunque – non appaiono riscontrabili nel caso in esame.
1.3. Tenendo anche conto di quanto denunciato con la censura di cui sopra in ordine alla genericità del divieto imposto con il provvedimento impugnato, merita valutazione il motivo di ricorso riguardante l’eccesso di potere per “difetto ed indeterminatezza dei presupposti”.
Tale motivo non può essere condiviso in relazione al divieto di “accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio”, posto che le competizioni dallo stesso interessate risultano determinabili in modo certo sulla base di precisi elementi di identificazione indicati nel provvedimento, quali i calendari ufficiali e pubblicizzati (cfr., tra le altre, sent. 3 maggio 2011, n. 3774).
In tal senso – del resto – ha avuto modo di pronunciarsi anche la Corte di Cassazione, (cfr., tra le altre, sent. n. 8435 del 2011; n. 12127 del 2009 e n. 11151 del 2008).
Permane la valutare l’estensione del divieto.
Al riguardo, la censura in esame è fondata, con eccezione della prescrizione riguardante gli stadi Olimpico e Flaminio, posto che – rispetto a quest’ultimi - l’Amministrazione ha provveduto a specificare – seppure in “nota” – le zone limitrofe.
In proposito, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare luoghi “interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime” “specificamente indicati”.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).
Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, tenuto conto della genericità che caratterizza - nonostante le specifiche riportate in “nota” – l’individuazione dei luoghi interessati dall’estensione divieto, la quale – con l’unica eccezione dei riferimenti allo stadio Olimpico ed allo stadio Flaminio - è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso, con conseguente illegittimità della relativa prescrizione provvedimentale.
1.4. In ultimo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90.
Tale motivo è infondato.
Il Collegio ritiene, infatti, che sussistano ragioni di urgenza di cui, tra l’altro, il provvedimento dà conto.
In ogni caso, è da soggiungere che - in linea con il disposto dell’art. 21 octies, comma 2, della già citata legge n. 241/90 - l’Amministrazione ha dimostrato “che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” e, pertanto, tale vizio di procedura si rivela inidoneo a determinare l’annullamento del provvedimento impugnato, a norma del medesimo art. 21 octies.
2. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei limiti e nei termini sopra indicati.
Tenuto conto delle peculiarità della vicenda, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1984/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui – fatta eccezione per gli stadi Olimpico e Flaminio di Roma – estende il divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché “alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipino o assistono alle medesime competizioni”.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2012 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/04/2012