T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 3398/2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. (…), proposto dal sig. Emiliano OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Celani, Raffaele Carito e Tommaso Marchese e con questi elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli n. 180,

contro

la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Valori e Paola M.A. Vaccaro e con questi elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Guido Valori in Roma, V.le delle Milizie n. 106,

per l'annullamento

del provvedimento adottato dal Segretario Generale della Federazione Italiana Pallacanestro del 31 luglio 2002, n. 180 con il quale, in applicazione dell’art. 10, comma 4, del regolamento esecutivo federale, gli è stato opposto il diniego di tesseramento per disputare il Campionato nazionale di Pallacanestro di Serie C1 con OMISSIS , nonché del citato art. 10, comma 4, del regolamento esecutivo federale, nonché

per il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittimo diniego di tesseramento.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.);

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 27 marzo 2013 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 16 agosto 2002 e depositato il successivo 23 agosto il sig. OMISSIS ha impugnato il provvedimento adottato dal Segretario Generale della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) del 31 luglio 2002, n. 180 con il quale, in applicazione dell’art. 10, comma 4, del regolamento esecutivo federale, anch’esso impugnato, gli è stato opposto il diniego di tesseramento per disputare il Campionato Nazionale di Pallacanestro di Serie C1 con l’OMISSIS.

Ha altresì chiesto la condanna della F.I.P. al risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illegittimo diniego di tesseramento.

Espone, in fatto, di essere cittadino argentino jus soli e italiano ius sanguinis. Ha militato nel Campionato regionale italiano della Sardegna di Serie C2 con la OMISSIS. In ragione delle sue capacità sportive è stato chiamato in Serie C1 ma con il provvedimento impugnato gli è stato negato il tesseramento in applicazione dell’art. 10, comma 4, del regolamento esecutivo federale, perché privo del requisito di aver preso parte “per almeno due anni, ai campionati italiani di attività giovanile”.

2. Avverso il predetto provvedimento e la presupposta norma regolamentare il ricorrente è insorto deducendo censure di violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

3. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.), che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito e l’irricevibilità per tardività del ricorso, mentre nel merito ne ha sostenuto l'infondatezza.

4. Con ordinanza n. 4885 del 4 settembre 2002 della sezione III ter del Tar Lazio è stata accolta l’istanza cautelare di sospensiva.

5. All’udienza del 27 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, il sig. OMISSIS ha impugnato il provvedimento adottato dal Segretario Generale della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) del 31 luglio 2002, n. 180 con il quale, in applicazione dell’art. 10, comma 4, del regolamento esecutivo federale, anch’esso impugnato, gli è stato opposto il diniego al tesseramento per disputare il Campionato Nazionale di Pallacanestro di Serie C1 con l’OMISSIS. Alla base del diniego è la mancanza del requisito, prescritto dalla citata disposizione regolamentare, di aver preso parte “per almeno due anni, ai campionati italiani di attività giovanile”.

Deve essere disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, sollevata dalla Federazione italiana pallacanestro (da ora in poi F.I.P.) sul rilievo che la questione oggetto della controversia è il riconoscimento o non di un requisito di carattere puramente tecnico-sportivo (la formazione italiana) in capo ad un soggetto-atleta.

Rileva infatti il Collegio che la controversia attiene alla legittimità della disciplina regolamentare introdotta dalla F.I.P. – della quale l’impugnato diniego ha fatto pedissequa applicazione – e rientra quindi nella giurisdizione esclusiva di questo giudice ai sensi dell’art. 3, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, vigente all’epoca della proposizione del ricorso, e oggi dell’art. 133, comma 1, lett. z), c.p.a.. Alla base della scelta di riconoscere o non il tesseramento nel Campionato di Serie C1 non è, infatti, un giudizio di carattere tecnico ma l’accertamento del possesso di un requisito oggettivo quale è l’aver preso parte “per almeno due anni, ai campionati italiani di attività giovanile”.

2. Duplice è l’azione proposta dal sig. OMISSIS, e cioè l’annullamento del diniego di tesseramento nel Campionato di Serie C1 e la condanna della F.I.P. a risarcirgli i danni subiti per effetto dell’illegittimo diniego.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle ulteriori eccezioni in rito sollevate dalla F.I.P. in considerazione dell’esito del ricorso.

Rileva il Collegio che l’azione di annullamento è divenuta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, come comunicato alle parti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., non residuando ormai in capo al ricorrente alcun interesse all’annullamento dell’impugnato diniego.

Ed invero, per effetto dell’ordinanza n. 4885 del 4 settembre 2002 della Sezione III ter del Tar Lazio, il ricorrente ha potuto giocare nella stagione 2002-2003 nel campionato di Serie C1 con l’ OMISSIS, come conferma l’e-mail da egli stesso inviata in data 8 febbraio 2013 al proprio difensore e da quest’ultimo depositata agli atti di causa il successivo 13 febbraio. Dalla stessa e-mail si evince che il sig. OMISSIS ha giocato in Italia, nella Serie C1, sino alla stagione 2009-2010. Nella successiva stagione ha giocato nel Campionato B2 con il Piombino, per poi andare in Argentina, dove tuttora gioca.

Da questa premessa, in punto di fatto, deriva, questa volta in diritto, che il ricorrente non ha più interesse ad una pronuncia di annullamento dell’impugnato diniego di tesseramento nella Serie C1 atteso che in virtù della sospensione degli effetti dell’impugnato diniego, accordata con la citata ordinanza n. 4885 del 2002 il sig. OMISSIS ha potuto giocare per 8 stagioni nel Campionato di Serie C1 (e per un’ulteriore stagione nel Campionato B1).

Né rileva, in senso contrario, la circostanza che tale sopravvenuta carenza di interesse non sia stata dichiarata dal ricorrente. E’ noto, infatti, che nel processo amministrativo la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse può essere pronunciata dal giudice al verificarsi di una situazione di fatto o di diritto nuova, che comunque muta radicalmente la situazione esistente al momento della proposizione del ricorso e che sia tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per aver fatto venir meno per il ricorrente o per l'appellante qualsiasi residua utilità della pronuncia sulla domanda azionata, foss’anche soltanto strumentale o morale. Dunque la carenza sopravvenuta va accertata e dichiarata dal giudice amministrativo e non è nella solitaria determinazione potestativa del ricorrente, spettando al primo indagarne i presupposti con il massimo rigore, e non al secondo a pretenderne la pronuncia, per evitare che la declaratoria d'improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla fondatezza, o meno, della domanda (Cons. St., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 1534).

3. Il ricorrente, come si è detto, ha proposto anche un’azione di condanna della F.I.P. al risarcimento dei danni patiti per effetto del diniego di tesseramento per disputare il Campionato Nazionale di Pallacanestro di Serie C1. In relazione a tale azione permane naturalmente l’interesse.

La pretesa non è suscettibile di positiva valutazione.

E’ noto, infatti, che presupposti per la liquidazione del risarcimento dei danni sono: a) la colpa dell’Amministrazione; b) l’effettiva sussistenza del danno; c) il nesso di causalità fra il provvedimento ed il danno (Cons. St., sez. V, 23 maggio 2011, n. 3070).

Nel caso all’esame del Collegio il ricorrente non ha provato, come era suo onere fare, il danno che ha subito per effetto dell’atto impugnato.

Nel processo amministrativo il contemperamento del principio dispositivo con il metodo acquisitivo si giustifica solo in ragione della disponibilità degli elementi probatori in capo alla Pubblica amministrazione, con la conseguenza che laddove tali elementi rientrino nella disponibilità del ricorrente, come accade nel giudizio risarcitorio, ove soprattutto, se non esclusivamente, l’istante è a conoscenza di quali danni ha subito ed è in possesso degli elementi idonei a provarli, il giudizio non può che essere governato dal principio dell’onere della prova e occorre che il ricorrente supporti la propria domanda dimostrando la sussistenza del danno medesimo. In sostanza, il ricorrente deve necessariamente allegare e dimostrare in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa risarcitoria e il metodo acquisitivo può essere utilizzato laddove siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l’Amministrazione, non sia in grado di provarli (Cons. St., Sez. III, 30 maggio 2012, n. 3245; id., Sez. V, 21 settembre 2011, n. 5317; id., Sez. III, 30 novembre 2011, n. 6342; Tar Lazio, sez. III quater, 24 luglio 2012, n. 6853; Tar Basilicata 16 maggio 2012, n. 210).

L’onere di provare il danno patito era, nel caso in esame, tanto più necessario in quanto il provvedimento impugnato è stato sospeso da questo Tribunale con ordinanza n. 4885 del 2002 e il sig. OMISSIS ha potuto giocare per 8 stagioni (dalla stagione 2002-2003 a quella 2009-2010) nel Campionato di Serie C1. Alcuna prova è stata prodotta in atti a dimostrazione del danno patito per la produzione degli effetti del diniego di tesseramento per un brevissimo arco temporale, essendo stato il giocatore tesserato proprio dalla squadra OMISSIS che lo aveva chiamato. Tale prova non è stata offerta neanche alla vigila dell’udienza di discussione, essendosi il ricorrente limitato a ribadire, nella memoria depositata il 21 febbraio 2013, la richiesta di risarcimento per i danni morali e patrimoniali subiti.

Il ricorso deve quindi, in parte qua, essere respinto

4. Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Domenico Lundini, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 04/04/2013

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