T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 388/2013

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Pavoni, Stefano Mattii, con domicilio eletto presso Domenico Pavoni in Roma, via Riboty 28;

contro

Agenzia Per Lo Sviluppo del Settore Ippico;

per l'annullamento

irrogazione della sanzione della sospensione per mesi due dalla qualifica di allenatore con euro 500,00 di multa - risarcimento danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il dott. Carlo Taglienti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 25 ottobre 2011 e depositato il 28 successivo OMISSIS, allenatore di cavalli al galoppo, ha impugnato la decisione della Commissione di disciplina d’appello di ASSI (ex UNIRE) n. 1226/a/g del 12.9.2011 con la quale è stata confermata la sanzione di sospensione per mesi due dalla qualifica di allenatore e di € 500,00 di multa in relazione alla positività del prelievo operato sul cavallo OMISSIS alla sostanza fenilbutazone-oxifenilbutazone.

Deduce:

eccesso di potere, illogicità per aver effettuato le prime e le seconde analisi nello stesso laboratorio;

violazione dell’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite che implicitamente esclude la possibilità di effettuare le prime e le seconde analisi nello stesso laboratorio;

irregolarità delle seconde analisi : mancata acquisizione cromato grammi e spettri;

mancanza del parere della Commissione scientifica;

mancanza analisi quantitativa.

I^-Tanto premesso, il Collegio ritiene che il ricorso, nella sua parte impugnatoria, sia inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’art. 2 comma 1 lett b) del decreto legge n.220 del 19 agosto 2003 convertito in legge con modificazioni dalla legge 17 ottobre 2003 n.280, riserva all’ordinamento sportivo, nell’ambito del principio di autonomia tra ordinamento sportivo ed ordinamento della Repubblica di cui all’art.1 comma 2 stessa legge, la disciplina dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Il successivo art. 3, dedicato alla giurisdizione, affermata quella del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI e delle federazioni sportive, con esclusione di quelle riservate agli organi di giustizia sportiva ai sensi dell’art. 2.

Come noto il Consiglio di Stato sez. VI con sentenza del 25 novembre 2008 n.5782, in riforma della sentenza di questo TAR n.5645/07, ha declinato la propria giurisdizione in materia di sanzioni disciplinari sportive, affermando invece la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di risarcimento del danno conseguente alla sanzione, in quanto incidente anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale.

Il TAR Lazio quindi, recependo tale impostazione, ha però sollevato questione di costituzionalità dell’art.2 comma 1 lett. b) cit per contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nella parte in cui riserva al giudice sportivo la competenza a decidere in via definitiva tali controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari sportive.

La Corte Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 2011 n.49 ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità.

Con sentenza del Consiglio di Stato sez, VI n.302/2012 è stata quindi ribadita la suddetta posizione ed è stata esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo proprio in relazione ad una sanzione disciplinare consistente in pena pecuniaria nonché nella inibitoria a ricoprire cariche federali ed a svolgere attività di tecnico per un certo periodo.

In detta sede il Consiglio di Stato ha ricordato, in particolare, quanto segue:

“Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:

• una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;

• una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;

• una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario – , per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

La stessa Corte costituzionale -nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, comma 2, d.l. 19 agosto 2003 n. 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione sollevata con ordinanza del Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 11 febbraio 2010, n. 241)- ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria.

Nel condividere l’impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che - laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.

Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.

La Corte costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività della tutela, previsto dall’art. 24 Cost., essendo comunque consentita una diversificata modalità di tutela giurisdizionale. “

. Alla stregua dell’illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale, ritiene il Collegio che l’impugnazione della sanzione disciplinare inflitta al ricorrente non possa essere conosciuta dal giudice amministrativo, nella cui sfera di giurisdizione rientra la sola domanda di tipo risarcitorio.

II^-In ordine a tale domanda il Collegio ritiene che la stessa sia formulata in maniera generica e con formula di stile, talchè non possa essere funditus esaminata, dovendosi ritenere inammissibile.

In ogni caso, anche a voler esaminare in via incidentale la legittimità dell’atto dal quale il danno deriverebbe, deve richiamarsi sempre la sentenza del Consiglio di Stato sez. VI n. 5782/07, che individua tale atto sulla base del principio contenuto nell’art. 3 del d.l. 220/2003, e cioè previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, ed in buona sostanza nella decisione che esaurisce i gradi della giustizia sportiva.

Nel caso in esame quindi la decisione della commissione di disciplina d’appello, che il Collegio, seppure con un giudizio sintetico in via incidentale, non ritiene affetta dai vizi evidenziati nel ricorso.

Con il primo ed il secondo motivo di gravame si eccepisce la violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’identità del laboratorio di 1^ e 2^ analisi: in particolare si lamenta la violazione dell’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite dell’UNIRE che impedirebbe di svolgere le seconde analisi nello stesso laboratorio nel quale sono state effettuate le prime analisi; nonché dei principi di imparzialità, efficienza e ragionevolezza.

Invero, dopo oscillazioni giurisprudenziali sulla questione, recentemente il Consiglio di Stato ha affermato, riformando una decisione del TAR Bolzano (n. 72/2011), che l’art. 10 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite non impone di effettuare le seconde analisi in laboratorio diverso da quello nel quale sono state effettuate le prime analisi; peraltro le seconde analisi sarebbero un accertamento ex novo e non un riesame ed inoltre alle seconde analisi può partecipare anche la parte privata delegando se del caso sanitario di fiducia (Cons di St sez.VI n. 5525/2011 del 12.10 2011).

Considerato che il Collegio condivide tale orientamento giurisprudenziale, le argomentazioni del Giudice d’appello portano ad escludere, nella fattispecie, la fondatezza del primo motivo di gravame. (cfr anche TAR Lazio sez III ter n. 360/2012).

Con il terzo motivo si assume che nelle analisi mancherebbero cromatogrammi e spettri in violazione delle Linee guida Unire .

Ma, a prescindere dalla circostanza che nelle linee guida non si rintraccia un obbligo a pena di nullità delle analisi di fornire detti elementi, la cui necessità o meno nella presente fattispecie appartiene all’area di discrezionalità tecnica non sindacabile da questo Giudice se non per evidenti illogicità, comunque la circostanza affermata dal ricorrente non risulta provata; a ciò deve aggiungersi che, come detto, le seconde analisi possono svolgersi in contraddittorio con un tecnico di parte, che avrebbe potuto rilevare la omissione, cosa che non risulta..

Con il quarto profilo di gravame si rileva la violazione dell’art. 15 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite, per mancanza del parere della Commissione scientifica dell’Unire; illogicità: non sarebbe tale il foglio prodotto.

E’ chiaro che il ricorrente stesso ammette che tale parere è presente in atti e lo individua nel documento datato 20 luglio 2011 sottoscritto da cinque membri della Commissione scientifica.

Che poi detto parere non sia un parere è una opinione di merito del ricorrente, ed è comunque una valutazione rimessa alla Commissione di disciplina che valuterà l’utilità dello stesso ai fini del procedimento; del resto non può ammettersi un sindacato sui contenuti che la Commissione scientifica intende dare al suo parere.

E’ comunque esclusa la sua mancanza sotto un profilo procedimentale.

Con il quinto motivo si lamenta la mancanza, nelle seconde analisi, dell’analisi quantitativa in violazione delle linee guida.

Nemmeno tale rilievo può essere accolto.

Le suddette Linee guida infatti, in due capitoli separati, indicano le procedure che devono essere seguite per l’analisi quantitativa e per l’analisi qualitativa, ma non individuano le ipotesi in cui sia obbligatorio effettuarle.

Invece l’art. 2 del Regolamento per il controllo delle sostanze proibite prevede il divieto della presenza nell’organismo del cavallo di una qualsiasi quantità di una delle sostanze indicate in allegato, tra le quali quella qui riscontrata; non era quindi necessaria alcuna analisi quantitativa, in quanto la normativa non prevede alcuna soglia minima di tolleranza.

Per le suddette ragioni il ricorso non può essere accolto

Sussistono tuttavia giuste ragioni, anche in relazione alla complessità della questione di giurisdizione, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile e comunque, in via incidentale, infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Carlo Taglienti, Consigliere, Estensore

Giampiero Lo Presti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 16/01/2013

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